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Festa di Ognissanti: origine, significato e tradizioni del 1° novembre
Scopriamo la storia, il significato e le celebrazioni della Festa di Ognissanti, dedicata a tutti i Santi e celebrata il 1° novembre.
Scopriamo la storia, il significato e le celebrazioni della Festa di Ognissanti, dedicata a tutti i Santi e celebrata il 1° novembre. Il 1° novembre si celebra la Festa di Ognissanti, una delle ricorrenze più importanti del calendario liturgico cristiano, dedicata a tutti i Santi, noti e sconosciuti. È una giornata di riflessione e raccoglimento per i credenti, ma anche di festa e celebrazione…
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Preghiera: Una via verso la tranquillità e la riflessione spirituale
La preghiera, una pratica spirituale universale La preghiera è una pratica spirituale universale che si trova in molte religioni e tradizioni spirituali in tutto il mondo. È un atto di comunicazione o interazione con una divinità, uno spirito o un potere supremo e serve a esprimere una gamma di emozioni e intenzioni, tra cui gratitudine, supplica, riflessione e lode. Pregare è un mezzo…
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PRIMA PAGINA Identita di Oggi venerdì, 20 dicembre 2024
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Storia Di Musica #328 - Francesco De Gregori, Titanic, 1982
I dischi che ho scelto il mese di Giugno hanno un valore ancora più personale, e sono legati da un fatto. A metà Maggio per aggiustare due tegole lesionate salendo in soffitta per fare spazio ho ritrovato degli scatoloni, e in uno di questi, catalogati in buste di carta, come quelle del pane, vi erano dei dischi. Ne ho scelti 5 per le domeniche di questo Giugno. Il primo era nella busta Dischi di Angela, il nome di mia madre. Interrogata, e felicemente sorpresa di aver ritrovato quello scatolone pensato perso dopo un temporaneo trasloco da casa, mi ha raccontato che non comprò il disco appena uscito, ma dopo qualche anno, dopo aver visto un concerto dell'artista di oggi, uno dei più grandi autori della canzone italiana.
Francesco De Gregori era stato lontano dagli studi di registrazione per tre anni: il 1979 era stato l'anno straordinario di Banana Republic con Lucio Dalla e di Viva L'Italia, disco fondamentale e che contiene una storia particolare. Fu infatti il tentativo della RCA, la sua casa discografica, di promuovere l'artista a livello internazionale. Fu ingaggiato Andrew Loog Oldham, leggendario scopritore e primo produttore dei Rolling Stones, che portò con sé una schiera di tecnici e turnisti britannici, e lo stesso De Gregori registrò delle versioni in inglese di alcune delle sue canzoni più note (Piccola Mela, Rimmel, Generale, una versione di Buffalo Bill con Lucio Dalla) con i testi tradotti da Susan Duncan Smith e Marva Jan Marrow, poetessa statunitense che rimase in Italia per un decennio, collaborando con numerosi artisti (Ivan Graziani adatta un suo brano, Sometimes Man, per Patti Pravo, che diviene una dedica per lei, intitolata Marva).
Decide quindi di concentrarsi su un disco che da un lato riprende progetti giovanili sul recupero delle musiche tradizionali, e dall'altro sia una sorta di concept album. Su questo ultimo punto, fu decisiva la lettura nei mesi precedenti le registrazioni di un libro, L'Affondamento Del Titanic di Hans Magnus Enzensberger. Prodotto da De Gregori con Luciano Torani, Titanic esce nel giugno del 1982. È un disco dove De Gregori lascia da parte la canzone d'amore (solo un brano è riconducibile ad una canzone romantica), musicalmente molto vario e che sembra, attraverso il racconto della mitica nave e del suo tragico destino, una riflessione faccia faccia, personale e spirituale, con il mare, i suoi messaggi potenti e profondi. Si apre con Belli Capelli, l'unica canzone d'amore, che lascia lo spazio a Caterina, emozionate omaggio a Caterina Bueno, cantautrice fiorentina che fu la prima a credere nel giovane De Gregori, chiamato come chitarrista nel 1971: i versi «e cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo» sono un omaggio ad un brano di Bueno, «e cinquecento catenelle d'oro/hanno legato lo tuo cuore al mio/e l'hanno fatto tanto stretto il nodo/che non si scioglierà né te né io». La Leva Calcistica Del '68 è uno dei classici degregoriani, toccante racconto di un provino calcistico di un dodicenne nel 1980, con uno dei testi più belli del Principe (E chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai\Di giocatori tristi che non hanno vinto mai\Ed hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro\E adesso ridono dentro al bar\E sono innamorati da dieci anni\Con una donna che non hanno amato mai\Chissà quanti ne hai veduti\Chissà quanti ne vedrai). La parte centrale del disco, musicale ed emozionale, è la cosiddetta trilogia del Titanic. L'Abbigliamento Di Un Fuochista, cantata con Giovanna Marini (grande custode della musica tradizionale italiana, recentemente scomparsa) racconta una storia di emigrazione attraverso il doloroso dialogo madre-figlio sullo sfondo della tragedia, e De Gregori in un disco successivo, altrettanto famoso, La Donna Cannone (1983), inserirà un brano, La Ragazza E La Miniera, che è la prosecuzione narrativa di questo brano. Titanic, dal meraviglioso ritmo sudamericano, è il brano metafora della questione sociale: la divisione in classi, prima, seconda e terza, che accomuna la nave alla società. I Muscoli Del Capitano inizia come Il Tragico Naufragio Della Nave Sirio, canzone popolare resa celebra da Caterina Bueno, e molti notarono lo stile particolare del testo, un riferimento alla narrazione futurista del progresso, della potenza meccanica, al mito dell'acciaio e dell'industria. La canzone, meravigliosa, sarà oggetto anche di numerose riletture, e ricordo quella convincente di Fiorella Mannoia in Certe Piccole Voci (1999). Il disco si chiude con il riff, spiazzante, di 150 Stelle, sulle bombe e i bombardamenti, con il simpatico rock'n'roll di Rollo & His Jets, che nel testo cita due dei suoi migliori collaboratori, Peppe Caporello (bassista mezzo messicano soprannominato chicco di caffè) e Marco Manusso (chitarrista con quel nome strano) che insieme con Mimmo Locasciulli suonarono nel disco. Leggenda vuole che per gli arrangiamenti dei fiati Caporello volle un paio di scarpe di tela Superga bianche. Chiude il disco il pianoforte, dolcissimo e malinconico, di San Lorenzo, in ricordo dei bombardamenti del 19 luglio 1943 sul quartiere romano di San Lorenzo ad opera degli alleati. Canzone stupenda, è anch'essa ricchissima di riferimenti: i versi su Pio XII che incontra la gente si rifà ad una famosissima fotografia (scattata però, ma si seppe anni dopo, davanti alla Chiesa di San Giovanni In Laterano, nell'agosto del '43 dopo la seconda sequenza di bombardamenti), il verso Oggi pietà l'è morta, ma un bel giorno rinascerà è presa dal famoso canto partigiano di Nuto Revelli.
Il disco, con in copertina il merluzzo su un piatto in un frigorifero accanto a un limone tagliato fotografato da De Gregori e colorata da Peter Quell, fu anche un successo di critica e di vendite: nonostante non ebbe traino da nessun singolo, vendette 100000 copie nel primo mese, regalando le sue canzoni stupende, con De Gregori che fu il primo a ripercorrere le orme del Battiato de La Voce Del Padrone, unendo nel modo più convincente la tradizione cantautorale, in questo lui un Maestro insuperato, con il grande pubblico.
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Einstein e la gatta
Giochiamo subito a carte scoperte. Questo articolo trae spunto da una dolorosa riflessione scaturita dalla recente morte della mia gatta Luna, avvenuta esattamente un mese fa mentre ero con lei, dal veterinario. E tratta del legame indissolubile fra il principio di causa-effetto e lo spaziotempo. L'immediata sensazione di aver perso qualcosa di importante della mia vita mi ha portato a chiedermi se avrei potuto consolarmi con l'affermazione "lei esiste ancora". Non un senso metafisico o spirituale, ma scientifico. Mi sono chiesto, cioè, a partire dalla relatività della simultaneità introdotta da Einstein, se in qualche modo un evento del mio passato potesse tornare ad essere simultaneo a me, pur se fosse tanto lontano da essere irraggiungibile. La consolatoria ipotesi –o forse sarebbe meglio chiamarla fantasia– da testare scientificamente era quindi la possibilità di spostarsi in un sistema di riferimento dove Luna fosse ancora viva, anche al costo che in tale sistema di riferimento lei fosse troppo lontano per poterci interagire.
Ognuno affronta un lutto con gli strumenti che ha a disposizione.
Leggi il resto sul mio blog scientifico La Scimmia Sapiens.
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Organizziamo la nostra vita per avere maggiori conoscenze possibili in tutto ciò che ci piace e ci capita sotto mano.
E anche la società pensa a questo, con l'istituzione scolastica (con quali risultati non è argomento di questa riflessione...).
Ma quanto tempo e quante energie mettiamo per conoscere noi stessi? La nostra anima? Ciò che ci trascende e nutre il nostro io più profondo e spirituale?
Forse è per questo che siamo ferrati in ogni campo ma sempre con un fondo di insoddisfazione e di vuoto?
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NEANCHE UN PRETE PER CHIACCHIERAR…
Al contrario di Celentano io un prete per chiacchierare ce l’ho, ma soprattutto ho un prete da ascoltare. Ho pensato che come dono di Natale e come augurio per il nuovo anno, invece delle solite stupidaggini e dei soliti discorsi di circostanza, fosse interessante presentarvelo. Molti di Voi forse lo conosceranno già, alcuni lo conosceranno solo di nome, ma conoscere una persona solo di nome equivale a non conoscerla affatto. Perché voglio farvelo conoscere? Certamente perché sono un credente (anche se imperfetto), ma soprattutto perché continuo ad esserlo grazie a lui (non imperfetto, ma credente). Lo conosco da moltissimi anni e lo ascolto tutte le domeniche nella sua omelia dal “pulpito” del Duomo di Novara, dove celebra la Messa ogni domenica alle dodici (salvo imprevisti, s’intende). Si tratta di Don Carlo Scaciga: è lui la mia sicura guida spirituale. Don Carlo, oltre che un carissimo amico, è un fine intellettuale, anzi, a mio modo di vedere, una delle figure intellettuali e spirituali di maggior spessore di questa città. Lo so, può sembrare strano che in un social o in un blog si parli di un prete, e so anche che Don Carlo non ha alcun bisogno di un “endorsment” da parte di chicchessia, ma essendomi dato come scopo ultimo del mio scrivere, qui e altrove, quello di rendere partecipe il mio prossimo di ciò che valga la pena essere conosciuto, almeno secondo il mio modestissimo punto di vista, non potevo tacere a lungo su di lui. Don Carlo è un formidabile interprete della realtà, è il giusto tramite tra la verità rivelata dalla Bibbia e dai Vangeli e la realtà fattuale di ogni giorno. Ricordo bene le parole di mio nonno Giovanni che, lui socialista fino al midollo, credente laico e sui generis e magari anche un po’ anticlericale, qualche volta mi diceva di qualche sacerdote: “parla che non sembra neanche un prete!” Ecco, Don Carlo sarebbe piaciuto molto a mio nonno Giovanni, solo che il punto non è affatto quello di “non sembrare un prete”, Don Carlo lo è convintamente, il punto è che parla come dovrebbe parlare un prete. La sua omiletica porta con sé, oltre ad una profondissima conoscenza teologica, il seme che permette alla Parola di fecondare la nostra realtà quotidiana. La sua non è mai una “predica” è sempre una “riflessione”, ed una riflessione senza ipocrisie, senza preconcetti, senza elusione del dubbio. Don Carlo mi aiuta a comprendere ciò che mi circonda, i comportamenti dei miei simili e, conseguentemente, quali dovrebbero essere i miei. È spesso critico con i comportamenti della Chiesa della quale lui fa parte e della quale facciamo parte anche noi credenti, ma della quale tutti sono invitati a far parte. La Scrittura spesso non parla la stessa nostra lingua, spesso è allusiva, metaforica, profetica : ci vuole quindi qualcuno che sappia rendere vivo e tangibile ciò che le Sacre Scritture hanno predetto. La soglia del Duomo con Don Carlo, come dovrebbe accadere in ogni chiesa e con ogni celebrante, non è più il confine tra buoni e cattivi, tra giusto e sbagliato, quel confine che non esiste se non nei nostri pregiudizi. La chiesa diventa uno spazio dove interrogarci collettivamente e reciprocamente, scoprendoci a volte dei giusti, a volte degli indifferenti, spesso delle anime (o degli spiriti) smarriti. Don Carlo mi aiuta a capire chi sono, dove sbaglio, dove persevero nell’errore, ma mi suggerisce come essere diverso. Non lo fa con le tuonanti parole di un prelato, pur rispettandone formalmente tutti i crismi, lo fa magari conversando di arte, facendo cenno alla letteratura o alla musica, prendendo spunto dai giornali, alludendo ai sordidi comportamenti di certa politica. Insomma non parla come un prete, come brontolava mio nonno Giovanni. E allora, vi lascio questo invito, magari un po’ desueto per un social, per un blog o per un giornale on line: venite a “sentire” una Messa al Duomo di Novara, magari dopo averla “sentita” vi verrà voglia di parteciparvi. Ci sono sempre preti con cui vale la pena chiacchierare, ma anche solo starli ad ascoltare. Buon Natale.
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“Paprika”di Satoshi Kon, 2006
(no spoiler)
«Tutti i progressi nella cultura, mediante i quali l’uomo compie la propria educazione, hanno per fine l’applicazione delle conoscenze e delle abilità così acquisite al loro uso nel mondo; ma nel mondo l’oggetto più importante a cui rivolgere questa applicazione è l’uomo, perché l’uomo è il fine ultimo di se stesso. Quindi la conoscenza dell’uomo, nella sua qualità di essere terrestre dotato di ragione, merita in modo particolare di esser detta conoscenza del mondo, benché l’uomo sia solo una parte delle creature terrestri.» (Kant, Antropologia dal punto di vista pragmatico)
La dottoressa Atsuko Chiba detta At-Chan, è una giovane psichiatra che sta partecipando a un esperimento segreto e innovativo: una macchina che può curare le patologie mentali permettendo al medico di entrare nei sogni dei suoi pazienti e lavorare con loro curandoli e collaborando con loro in questa realtà parallela.
Per “entrare” nei sogni dei suoi pazienti Atsuko usa il suo alter ego: una lievissima ragazzina dai capelli rossi piena di vita e gioia, chiamata Paprika. Paprika cura i pazienti di Atsuko (che non conoscono l’identità del medico) facendo loro ritrovare la gioia di vivere e il coraggio di affrontare i propri vissuti e i propri incubi per superarli.
La tecnologia usata segretamente da Atsuko sta per essere perfezionata al punto da poter essere miniaturizzata e utilizzata anche con il medico sveglio, fino a creare quasi una realtà parallela con cui curare il paziente.
Un oggetto come la macchina che permette la terapia è ovviamente un oggetto di grande potere e fa gola a un misterioso psicopatico che ruba due device e comincia a entrare nei sogni delle persone senza il loro consenso, portandoli a compiere atti autolesionistici, distruggendone il cervello e compiendo veri e propri atti terroristici.
Fino a cercare di fondere tutti i sogni delle persone e creare una realtà alternativa, dominata dalle proprie patologie, su cui imperare per sempre. Finché il debole diaframma che separa inferno mentale e inferno reale si lacera.
Atsuko dovrà percorrere una discesa agli inferi nelle menti degli psicopatici che hanno rubato la sua tecnologia, mettendo in prima linea il suo alter ego Paprika, aiutata dal suo maestro, dal giovane inventore della tecnologia e da un detective triste un po’ innamorato di lei, che lei curava pro bono per sperimentare, per salvare i sogni dell’umanità.
Permettereste al vostro medico di entrare nei vostri sogni per curarvi? Fino a quel punto vi affidereste? E soprattutto: è etico?
Un autentico capolavoro, da cui Christopher Nolan ha tratto il suo “inception”, la visione immaginifica e splendente di un regista che ci ha lasciati troppo presto, a soli 46 anni, il suo testamento spirituale tra filosofia, meditazione sulle “maschere” pirandelliane, sul dualismo tra ego e es, sogno a occhi aperti e riflessione sul potere curativo dell’amore.
Enorme.
PS: l’introduzione iniziale, con Paprika che se ne va a spasso per i sogni delle persone in una Tokyo addormentata, per suo semplice divertimento, finché le luci dell’alba la riportano alla vita reale, è una delle più belle introduzioni cinematografiche io abbia mai visto.
Che Paprika possa sempre vegliare sui vostri sogni.
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L’eredità del nostro tempo
La meditazione sulla storia e la tradizione che Hannah Arendt pubblica nel 1954 porta il titolo, certo non casuale, Tra passato e futuro. Si trattava, per la filosofa ebreo-tedesca da un quindicennio rifugiata a New York, di interrogarsi sul vuoto tra passato e futuro che si era prodotto nella cultura dell’Occidente, cioè sulla rottura ormai irrevocabile della continuità di ogni tradizione. È per questo che la prefazione al libro si apre con l’aforisma di René Char Notre héritage n’est précédé d’aucun testament. In questione era, cioè, il problema storico cruciale della ricezione di un’eredità che non è più in alcun modo possibile trasmettere.
Circa venti anni prima, Ernst Bloch in esilio a Zurigo aveva pubblicato col titolo L’eredità del nostro tempo una riflessione sull’eredità che egli cercava di recuperare frugando nei sotterranei e nei depositi nella cultura borghese ormai in disfacimento («l’epoca è in putrefazione e al tempo stesso ha le doglie» è l’insegna che apre la prefazione al libro). È possibile che il problema di un’eredità inaccessibile o praticabile solo per vie scabrose e spiragli seminascosti che i due autori, ciascuno a suo modo, sollevano non sia per nulla obsoleto e ci riguardi, anzi, da vicino – così intimamente che a volte sembriamo dimenticarcene. Anche noi facciamo esperienza di un vuoto e di una rottura fra passato e futuro, anche noi in una cultura in agonia dobbiamo cercare se non una doglia del parto, almeno qualcosa come una parcella di bene sopravvissuta allo sfacelo.
Un’indagine preliminare su questo concetto squisitamente giuridico – l’eredità – che, come spesso avviene nella nostra cultura, si espande al di là dei suoi limiti disciplinari fino a coinvolgere il destino stesso dell’Occidente, non sarà pertanto inutile. Come gli studi di un grande storico del diritto – Yan Thomas – mostrano con chiarezza, la funzione dell’eredità è quella di assicurare la continuatio dominii, cioè la continuità della proprietà dei beni che passano dal morto al vivo. Tutti i dispositivi che il diritto escogita per sopperire al vuoto che rischia di prodursi alla morte del proprietario non hanno altro scopo che garantire senza interruzioni la successione nella proprietà.
Eredità non è forse allora il termine adatto per pensare il problema che tanto Arendt che Bloch avevano in mente. Dal momento che nella tradizione spirituale di un popolo qualcosa come una proprietà non ha semplicemente senso, in questo ambito un’eredità come continuatio dominii non esiste né può in alcun modo interessarci. Accedere al passato, conversare coi morti è anzi possibile solo spezzando la continuità della proprietà ed è nell’intervallo fra passato e futuro che ogni singolo deve necessariamente situarsi. Non siamo eredi di nulla e da nessuna parte abbiamo eredi ed è solo a questo patto che possiamo riallacciare la conversazione col passato e coi morti. Il bene è, infatti, per definizione adespota e inappropriabile e l’ostinato tentativo di accaparrarsi la proprietà della tradizione definisce il potere che rifiutiamo in ogni ambito, nella politica come nella poesia, nella filosofia come nella religione, nelle scuole come nei templi e nei tribunali.
31 luglio 2023
Giorgio Agamben
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Oggi faremo un viaggio onirico pieno di ambigutà e mal di pancia.
Teatro grottesco di Thomas Ligotti è una raccolta di racconti guidata da un sottile filo conduttore della filosofia dell'autore. Thomas Ligotti é l'erede spirituale di H.P. Lovecraft e Edgar Allan Poe il cui orrore, però, si manifesta in un contesto urbano e suburbano. Cittadine strane e inquetanti nonostante la loro apparente normalità fanno da sfondo e da antagonista nelle storie di questo libro che con un ironia sottile mette in mostra i problemi della società contemporanea.
Le storie che mi hanno colpito di più sono:
A favore dell'azione punitiva;
Il nostro supervisore temporaneo;
I luna park alle stazioni di rifornimento;
Il villino.
La lettura richiede impegno e attenzione ma regala emozioni forti e spunti di riflessione.
Ecco alcune citazioni che ritengo degne di nota:
"Sono giunto persino a credere che il mondo stesso, per sua stessa natura, sia insopportabile. A deviare è soltanto il modo in cui ciascuno di noi reagisce a questo fatto" (A favore dell'azione punitiva)
"Il mondo è strapieno di fatalità banali. Trovati un posto tranquillo e aspetta che sia una di esse a portarli via." (I luna park alle stazioni di rifornimento)
"Che cosa significa essere vivi se non corteggiare ogni attimo il disastro e la sofferenza?" (I luna park alle stazioni di rifornimento)
Questo libro è consigliatissimo a coloro che cercano spiegazioni e riflessioni sull'umanità nella forma di racconti da interpretare e fare propri.
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Potente il canto: un inno alla vita e all'amore. La forza della preghiera e il calore della speranza nella poesia di Miranda Ranalli. Recensione di Alessandria today
La poesia "Potente il Canto" di Miranda Ranalli è un viaggio emozionale che intreccia le sensazioni di una città ancora assonnata con i richiami di una fede che invita a sperare e amare.
La poesia “Potente il Canto” di Miranda Ranalli è un viaggio emozionale che intreccia le sensazioni di una città ancora assonnata con i richiami di una fede che invita a sperare e amare. Un’opera che, con parole vibranti e sincere, celebra la vita e il suo valore inestimabile, in un canto libero che emerge con forza dal cuore dell’autrice. Una lettura profonda e ispirata Nella sua composizione,…
#Alessandria today#Amore#Avvento#bellezza della vita#bellezza di Roma#bellezza nella semplicità#canto libero#celebrazione della vita#Cuppolone#donare#Emozioni#Fede#forza del sole#forza dell’amore#Google News#Inno alla Vita#invito alla riflessione#italianewsmedia.com#messaggio di speranza#Miranda Ranalli#Natale#Natale a Roma#Pier Carlo Lava#Poesia#poesia d’Avvento#poesia e fede#poesia italiana#poesia religiosa#Poesia spirituale#poesia sul dono
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⚜SIETE UN'ANIMA ANTICA BLOCCATA NEL 21° SECOLO?⚜
"C'è un tipo particolare di persona che si trova sola e isolata quasi dalla nascita.
L'esistenza solitaria non è dovuta a preferenze o a un temperamento antisociale. Questa persona è un'anima antica che ha una visione della vita molto diversa e più matura di quella di chi la circonda.
Di conseguenza, la vecchia anima vive la sua vita interiore, andando per la sua strada.
Che cos'è un'anima antica?
In poche parole, un'Anima Vecchia è una persona che si sente molto più vecchia di quanto la sua età rifletta. Questo sentimento è spesso accompagnato dal dono dell'empatia, da un'elevata intelligenza, dall'intuizione e da un'acuta comprensione della condizione umana.
Le Anime Antiche spesso appaiono come estranee, si guardano dentro, sentono di "non essere adatte" a questo mondo o a questo periodo. Di conseguenza, la maggior parte delle Anime Antiche cerca un senso di vero significato, uno scopo e una soddisfazione interiore che il denaro, il potere e il successo non possono raggiungere.
Esistono due tipi principali di Anime Antiche: quelle che nascono con un senso di "diversità" e quelle che "crescono" e diventano Anime Antiche nel processo di risveglio spirituale.
Se non avete ancora capito se siete un'Anima Antica, leggete alcuni segnali:
1. Tendete ad essere dei lupi solitari
Poiché le Anime Antiche non sono interessate alle aspirazioni e agli interessi delle persone della loro fascia d'età, non amano essere amiche di persone con le quali hanno difficoltà a trovare un terreno comune. Di conseguenza, le Anime Antiche trascorrono la maggior parte del tempo da sole.
2. Amate la conoscenza, la saggezza e la verità
Le Anime Antiche gravitano naturalmente verso il lato intellettuale della vita. Le Anime Antiche inizialmente capiscono che la conoscenza è potere, la saggezza è felicità e la verità è libertà, quindi perché non cercare queste cose?
3. Tendete alla spiritualità
Le anime anziane tendono ad avere una natura sensibile e spirituale. L'esperienza del risveglio spirituale, il superamento delle limitazioni dell'ego, la ricerca dell'illuminazione spirituale e dell'autorealizzazione, il nutrimento dell'amore e della pace sono spesso al centro della ricerca ultima dell'Anima Antica nella vita.
4. Capite la caducità della vita
In effetti, l'Anima Vecchia ha spesso diverse crisi esistenziali nel corso della vita, soprattutto in situazioni difficili che evidenziano l'impermanenza dell'esistenza. Essendo molto percettive e sensibili alla realtà, le anime antiche scelgono una vita diversa.
5. Pensate molto
Le vecchie anime tendono a pensare molto... a tutto. Per un'anima anziana è molto importante avere spazio e tempo sufficienti per la riflessione, l'introspezione e lo sviluppo di una maggiore consapevolezza di sé. Questa tendenza naturale a riflettere li aiuta a imparare rapidamente dalle loro azioni e a capire le persone e l'ambiente che li circonda. Molte Anime Antiche praticano una forma naturale di incessante lavoro in cui riflettono costantemente su come potrebbero avere più successo, evitare che i loro problemi peggiorino e creare una maggiore armonia interiore.
6. Vedete più di altri
Le Anime Antiche non amano perdersi nei dettagli superficiali di ottenere lauree inutili, promozioni, prestigio sociale, ecc. Le Anime Antiche preferiscono invece avere una visione a volo d'uccello della vita, sforzandosi di trovare il modo più saggio e significativo di vivere e utilizzare il proprio tempo. Dopo tutto, la vita può finire da un momento all'altro, quindi perché perdere tempo con le banalità?
7. Non siete materialisti.
Ricchezza, status, fama e gli ultimi gadget tecnologici... Le vecchie anime hanno poco interesse per queste cose. Dopotutto, che senso ha cercare questi obiettivi socialmente esposti se possono essere facilmente sottratti? A cosa serve se la soddisfazione non è duratura o non arricchisce l'anima?
8. Eravate dei bambini solitari
Non è sempre così, ma molte anime anziane mostrano strani segni di maturità in giovane età. Questi bambini sono spesso descritti come "troppo sviluppati", "introversi" o "ribelli", incapaci di adattarsi ai comportamenti tradizionali. Di solito questi bambini sono estremamente curiosi e intelligenti, vedono l'inutilità di molte cose che i loro insegnanti, genitori e coetanei dicono e fanno, e vi si oppongono.
9. Avete vissuto una crisi esistenziale
Le anime anziane spesso pongono domande profonde e penetranti sulla vita, sulla ricerca di amore, verità e libertà. Questa ricerca di una vita significativa implica inevitabilmente che prima o poi si debba affrontare una crisi esistenziale. Una crisi esistenziale è ciò che accade quando una persona inizia a vedere attraverso le bugie e le illusioni della società. Potrebbero chiedersi che cos'è veramente la vita, se hanno un vero scopo, e inizierebbero a pensare di più alla condizione umana. La vita è semplicemente un prodotto del caso? Qual è il senso di tutto quello che ho fatto? Ma di cosa si tratta? Queste sono le domande che le Anime Antiche si pongono durante una crisi esistenziale.
10. Guardate la vita attraverso un prisma poetico/contemplativo.
Un'anima antica si godrà il modo in cui il vento danza tra gli alberi, mentre qualcun altro potrebbe passare oltre, disinteressato o cieco di fronte alla semplice bellezza. Anche le anime anziane hanno bisogno di tempo per riflettere sulla vita. La bellezza di un'opera d'arte fa riflettere. Ci sono così tante cose nella vita che vale la pena di fermarsi, apprezzare e riflettere.
11. Tendete a riflettere su tutto
Sebbene le Anime Antiche siano un tipo di persona contemplativa, questa può anche essere una qualità impegnativa. Per esempio, la maggior parte delle Anime Antiche lotta con la maledizione di pensare troppo a quasi tutto.
12. Voi e la società
Se si combina la tendenza a pensare troppo a tutto con la coscienziosità e la forte empatia, più un po' di eccentricità (cioè la mancanza di interessi comuni con la maggior parte delle persone), si ottiene l'inevitabile tendenza al disagio sociale. Sebbene molte Anime Antiche siano persone sicure di sé, calme e fredde, le situazioni sociali sono per loro difficili e faticose. Detto questo, quando le Anime Antiche trovano qualcuno con cui socializzare o trovare interessi comuni, tendono a formare legami forti abbastanza rapidamente.
13. È facile che vi troviate nel ruolo di consulenti.
Attratti dal loro portamento e dalla loro saggezza, i familiari, gli amici e i colleghi di lavoro si trovano naturalmente a chiedere consigli all'Anima Vecchia. Sebbene alla maggior parte delle Anime Antiche questo non dispiaccia, spesso si sentono sopraffatte dall'entità dei problemi degli altri. Nonostante questo, amano aiutare gli altri. È più un piacere (piuttosto che un peso) dare consigli a chi ne ha bisogno.
14. Vi piace la compagnia di persone molto più anziane di voi
C'è qualcosa di così concreto, attraente e stratificato in coloro che vivono molto più a lungo di noi. Inoltre, è bello essere circondati da persone la cui energia esterna corrisponde all'energia interna dell'Anima Antica. C'è qualcosa di compatibile.
15. Desiderate la semplicità
C'è una certa purezza, bellezza e attrazione nella vita semplice. Alcune Anime Antiche possono essere attratte dal minimalismo, mentre altre possono assumere un atteggiamento minimalista nei confronti dei doveri quotidiani e di altre attività. Il desiderio di semplicità di un'Anima Antica è strettamente legato all'amore per il cuore, l'anima e l'essenza. Tutto ciò che è vero e degno si trova facilmente nella semplicità.
16. Siete attratti da tutto ciò che è vintage.
Sebbene questo non valga per tutte le Anime Antiche, molte si sentono attratte dalla vecchia musica, dai vecchi mobili, dalla vecchia architettura, dai vecchi libri, dai vecchi vestiti.
Alcune Anime Antiche si sentono più a loro agio con le epoche passate (cavalli e carri del XVIII secolo, jazz degli anni Venti, ecc.), mentre altre apprezzano culture ancora più antiche (ad esempio i periodi sciamanici e tribali).
17. Vi sentite vecchi dentro
Scartate per un attimo l'etichetta di "vecchia anima" e concentratevi su come vi sentite dentro. Quanti anni avresti se non sapessi quanti ne hai? Coloro che si rendono conto di sentirsi molto più vecchi di quanto la loro età consenta sono spesso Anime Vecchie nel cuore."
La Russia Esoterica
@lupoleo
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PRIMA PAGINA Identita di Oggi giovedì, 19 dicembre 2024
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⚠️ NOVITÀ IN LIBRERIA ⚠️
Olivier Eichenlaub
EUROPA POTENZA
Una geopolitica continentale dinanzi al mondo
A cura dell’Institut Iliade
L’Europa può tornare ad essere una potenza nel 21° secolo? Sì, risponde Olivier Eichenlaub. Ma per farlo, deve essere consapevole delle linee di forza che strutturano il nostro continente e ne definiscono il posto nel mondo. L’Europa è una potenza terrestre o una forza marittima? Entrambe le cose, ma in un sottile equilibrio che è il prodotto di alcuni millenni di storia.
Questo libro – che riunisce molte discipline – apre una riflessione sul potenziale rinnovamento del Vecchio Continente. Una ricognizione – documentata, seria e di alto livello – che attraversa la storia, la cultura, la geopolitica, l’economia, il Diritto e la geografia, arrivando a fotografare l’attualità del presente e ad immaginare il futuro.
Dalla lezione di Carl Schmitt all’esempio di Dominique Venner, queste pagine esortano gli europei ad un patriottismo di Civiltà, oltre l’egemonia americana e il declino spirituale: perché questo risveglio della stirpe non sia un miraggio, ma il destino manifesto dei nostri popoli.
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Il presepe, un libro aperto
Durante il tempo di Avvento si prepara il presepe ed è molto salutare dedicare dei momenti della giornata in cui sospendere tutte le occupazioni per riflettere e meditare davanti ad esso. Don Dolindo Ruotolo ci dà qualche spunto di riflessione che può aiutare ciascuno di noi nella crescita spirituale. Continue reading Il presepe, un libro aperto
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Luca Amoroso: l'oscurità degli anni '90 portata nel 2024
Pensate a tutto ciò che di lento, oscuro e pesante hanno portato gli anni ’90. Ora aggiungete un azzeccato cantato in italiano e suoni a metà strada tra il lisergico, l’acustico e il caustico. Il tutto senza dimenticare la tradizione nostrana guidata dai Diaframma.
Ecco, siete quasi riusciti a visualizzare l’ultima fatico di Luca Amoroso.
Con il suo nuovo album “Gli Angeli Torneranno A Prenderci”, Luca Amoroso trasforma profondi dilemmi esistenziali in arte, guidando l’ascoltatore attraverso un viaggio musicale che esplora il delicato rapporto tra gli esseri umani, la religione e la loro stessa spiritualità. Attraverso undici tracce, Luca Amoroso intreccia testi complessi e significativi con arrangiamenti musicali che sanno essere tanto evocativi quanto emotivamente potenti. Ogni brano è costruito con una cura straordinaria per i dettagli, bilanciando perfettamente melodia e tematiche.
La traccia di apertura, “Crocifiggetemi”, pone le fondamenta di questo viaggio spirituale. Partendo dalla sofferenza della crocifissione per arrivare alla rinascita, la musica riflette questa dualità con un arrangiamento intenso, alternando momenti cupi a impennate di luce sonora simboleggiando la liberazione. Con “Gli stessi giorni”, Luca Amoroso utilizza un arrangiamento ipnotico di chitarre acustiche amplificando il senso di monotonia e appartenenza a cicli ripetitivi. Questa atmosfera condensa l’alienazione descritta nel testo, rendendo palpabile il desiderio di una guida per spezzare quelle catene invisibili per esplodere in un ritornello dai toni grunge d’altri tempi.
L’apice emotivo arriva con “Dolore, Comprensione e Sangue”. Qui si evoca l’agonia e la speranza dell’episodio biblico a cui si ispira. Il mix è profondo e avvolgente, con un uso sentito e profondo della voce dell’artista che sa passare da accenti drammatici a toni quasi sussurrati, coinvolgendo l’ascoltatore in una sorta di cine-sonoro spirituale.
Canzoni come “Il tuo rossetto sul parabrezza” e “La lamentela delle quattro e un quarto” aggiungono una vena più intima e personale, affrontando temi universali come l’amore tossico e il tradimento. Gli arrangiamenti, in questo caso, si fanno più essenziali, enfatizzando i testi e creando un dialogo diretto con chi ascolta. L’album termina con “Apocalisse 18:33”, una traccia conclusiva che unisce tutti i fili tematici in una catarsi sonora. La chitarra elettrica torna protagonista e si mescola a una ritmica quasi mistica, evocando una fine che è al tempo stesso distruttiva e rivelatrice.
Con “Gli Angeli Torneranno A Prenderci”, Luca Amoroso offre non solo un’esperienza musicale stratificata, ma anche un invito all’introspezione e alla riflessione. Un album che colpisce l’anima con la stessa forza con cui accarezza l’orecchio.
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