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Farmaci di Automedicazione: Il 90% degli Italiani Richiede Maggiore Consapevolezza e Responsabilità
L’indagine Assosalute-Federchimica rivela una crescente attenzione alla salute e all’uso informato dei farmaci, con farmacie e medici di famiglia come punti di riferimento per il territorio.
L’indagine Assosalute-Federchimica rivela una crescente attenzione alla salute e all’uso informato dei farmaci, con farmacie e medici di famiglia come punti di riferimento per il territorio. In un contesto di evoluzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), emerge un dato significativo: il 90% degli italiani desidera una maggiore consapevolezza nella gestione della propria salute, in…
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Stefano Bonaccini
Attaccare frontalmente i nostri sindaci e i nostri amministratori regionali mentre l’emergenza è ancora in corso e il sistema di protezione civile è impegnato a soccorrere le persone, significa non avere rispetto né delle comunità alluvionate, né delle istituzioni. Se a farlo sono poi il Ministro Musumeci e il viceministro Bignami, per il Governo, che dovrebbe assicurare sostegno e leale collaborazione, allora siamo precipitati nel punto più basso del senso istituzionale.
Dopo l’alluvione del maggio 2023, mai registrata nella storia per quantità d’acqua caduta, come tutti sanno il Governo decise di non ascoltare il territorio e di accentrare nelle proprie mani la ricostruzione: ma con quale faccia gli esponenti dello stesso Governo e dello stesso partito scaricano oggi le responsabilità sugli amministratori locali? Dopo aver promesso il 100% il rimborso dei danni a cittadini, famiglie e imprese, i quali hanno ricevuto invece nulla. O dopo aver ricevuto dall’Unione Europea un miliardo e duecento milioni di euro da PNRR, per la ricostruzione pubblica, che ai nostri sindaci non sono mai arrivati?
L’intento è chiaro: accendere polemiche in chiave elettorale per le prossime regionali, così come fecero in previsione delle elezioni amministrative ed europee dello scorso giugno.
Un grazie immenso a tutti coloro che si stanno prodigando a soccorrere e assistere le comunità colpite.
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(Il gruppo TNT.)
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Marker certi di irrimediabile e grave disagio mentale sono:
credere
- al cambiamento climatico antropico e che la CO2 sia un problema.
- e parlare di uguaglianza e non di equità.
-che i sessi non siano solo due.
- che astenersi dal voto sia qualcosa di più di una piccola soddisfazione personale.
- che il greenpass fosse giusto.
- che schierarsi a favore di qualcuno in una guerra non nostra sia utile, intelligente o “buono”.
- che esistano “responsabilità collettive”.
- che chiunque sia non italiano non bianco o non cristiano meriti un trattamento di favore.
- credere che l’accoglioneria sia una questione di buoni sentimenti.
- sia giusto abolire il contante.
- quelli che mettono il rating e fanno la recensione.
- sia normale prendersela con gli evasori e non con chi e come spende i denari sottratti ai cittadini, prima.
- di essere qualcosa di più che un povero essere umano che spende in vita un tempo assai breve e con evidenti limiti sul possibile.
(Boc)
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Ovviamente il disagio è diagnosticabile al ricorrere di anche uno solo dei marker elencati.
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Sette punti cardinali tratti da Murray Rothbard (1926-1995), economista .
1/ "Più lo Stato 'pianifica', più diventa difficile per tutti". Nessuna autorità centralizzata può agire con precisione nel migliore interesse di TUTTI. Gli obiettivi si assegnano ai dipendenti. Di più, i piani non prevedono gli imprevisti. Un piano unico centrale applicato al destino di milioni di persone può senza volerlo portarle tutte alla fame (già successo). Solo la libertà di ognuno di perseguire un proprio piano indipendente, assicura statisticamente che uno possa trovare la soluzione ottima per il sistema complessivo, seguito poi dagli altri.
2/ "Il pericolo più grande per lo Stato è la critica intellettuale indipendente". Le persone sono distratte. Se pensassimo davvero con la nostra testa, comprenderemmo immediatamente che dipendere dal governo è il modo per ostacolarsi. A vicenda! Limitare lo Stato dovrebbe essere un processo simile alla emancipazione dai genitori.
3/ "Le persone tendono a schiavizzare se stesse, a lasciarsi governare dai tiranni". È più facile dar fiducia a qualcuno che promette di occuparsi di te, che rimboccarsi le maniche. La tua vita è una tua responsabilità.
4/ "Il governo è una malattia che si maschera da cura". Crea problemi, poi pretende di risolverli: • Corruzione • Repressione • Inefficienza.
5/ "Lo Stato è la grande entità fittizia con cui tutti cercano di vivere a spese di tutti gli altri". Quando gli viene dato il potere, le persone l sfruttano per interessi personali. Non essere ingenuo. Nessuno combatte le tue battaglie perché gli stanno a cuore.
6/ "Lo Stato è una cosca di malavita organizzata ai massimi livelli". La natura del governo è quella di forzare i cittadini ad attuare i suoi scopi. Tipo mandarli in guerra. E la cosca ha il monopolio della violenza (polizia, esercito, magistratura) per ottenere ciò che vuole.
7/ "La libertà si basa sul riconoscimento che ci sono cose più importanti dell'interesse personale". Sembra un paradosso, ma come, l'individualismo è sinonimo di egoismo. Tutto il contrario: in realtà l'interesse personale ci fa appoggiare al governo per ottenere vantaggi personali. Ma è una dipendenza che dissolve la libertà, la cosa più importante di tutte. Mica solo per uno: se tutti fossero liberi si massimizzerebbe le probabilità di sopravvivenza del gruppo, dell'Umanità intera e della Vita sul Pianeta. Altro che egoismo!
tradotto via https://x.com/heirsjournal/status/1830666267709120799
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Gianluca Cicinelli
Il governo di Giorgia Meloni, fatto più grave che sia una donna a prendere questa decisione, sta introducendo politiche per permettere alle organizzazioni anti-aborto di accedere liberamente ai consultori, con finanziamenti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), riducendo di conseguenza le risorse disponibili per la sanità pubblica.
Una misura specifica è stata adottata attraverso un emendamento proposto dal deputato Lorenzo Malagola di Fratelli d’Italia, già passato in commissione Bilancio della Camera, che modifica l’articolo 44 del disegno di legge del Piano riguardante la sanità.
L’emendamento, come riportato dal Quotidiano Sanità, autorizza le regioni a destinare i fondi del Pnrr per la salute a sostenere i servizi nei consultori che possono includere, senza oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche, l’apporto di enti del terzo settore con esperienza nel supporto alla maternità.
Questo emendamento in realtà è superfluo, poiché la legge 194/78 già permette ai consultori di collaborare con volontari come assistenza per le maternità difficili, il suo scopo reale è quindi quello di fornire sostegni finanziari pubblici ad associazioni vicine al governo e palesemente contrarie all’aborto. Un attacco senza precedenti alla legge 194.
Organizzazioni come la “Pro vita e famiglia” promuovono proposte di legge come quella di costringere le donne a sentire il battito cardiaco e vedere un’ecografia del feto prima di un aborto. Le forze che sostengono il governo in alcune regioni hanno già dispiegato tutta la loro ideologia anti abortista. Per esempio in Piemonte, dove il “Movimento per la vita” ha ricevuto l’autorizzazione per gestire uno spazio di ascolto fetale negli ospedali.
I consultori offrono già supporto a chi sceglie di proseguire una gravidanza, semmai sono fortemente limitati nei fondi e nel personale. In Italia l’accesso all’aborto è tra i più bassi al mondo mentre l’obiezione di coscienza degli anti abortisti è altissima e diviene spesso un ostacolo al lavoro dei consultori.
Il becero cinismo del governo Meloni non fa che aggravare il dolore e lo stress psicologico delle donne che cercano aiuto nei consultori. Iniziative come quella di costringere una donna ad ascoltare il battito cardiaco del feto non servono a far cambiare idea alle donne ma a colpevolizzarle, manipolando il senso di colpa.
Le donne del centrodestra non hanno niente da dire sull’argomento? Quando in Italia l’aborto era reato le donne delle classi più agiate superavano l’ostacoio andando ad abortire in Svizzera o in strutture compiacenti. Erano le donne dei ceti medi e bassi a dover ricorrere a strumenti, come le “mammane”, che spesso provocavano la loro morte. Difficile credere che tutte le elettrici del centrodestra siano ricche e favorevoli a questa ulteriore restrizione dei diritti delle donne che riguarda anche loro.
Ormai non è più questione politica ma etica. Un’involuzione che non riguarda soltanto le scelte in economia o in politica estera, discutibili ma legittime. Quando un governo politico si assume la responsabilità di diventare “governo etico”, obbligando a un’unica morale i suoi cittadini e violando i diritti civili e umani, va verso la strada intrapresa decenni fa da altri governi, rappresentati senza vergogna dal simbolo della fiamma nel logo del partito che esprime il presidente del consiglio.
Il professor Luciano Canfora è stato querelato da Giorgia Meloni esattamente per aver posto in rilievo questa comunanza ideologica con un passato totalitario di governi “etici”, che, al di là della parola usata per descriverla, nella sostanza pone esattamente il problema etico che molti italiani e italiane iniziano ad avere con questo governo.
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In un’era in cui il potere economico sembra spesso eclissare quello politico emergono inquietanti verità sul ruolo delle grandi aziende nel plasmare – e talvolta minare – i fondamenti stessi della democrazia globale. Un recente rapporto dell’International Trade Union Confederation (Ituc) getta luce su pratiche di cui forse la politica dovrebbe occuparsi con più coraggio.
Al centro di questa rete di influenza troviamo nomi che quotidianamente entrano nelle nostre vite: Amazon, Tesla, Meta, ExxonMobil, Blackstone, Vanguard e Glencore. Giganti dell’economia mondiale che, secondo l’ITUC, non si limitano a dominare i mercati ma estendono i loro tentacoli fino a toccare le corde più sensibili della politica e della società.
Multinazionali e regole democratiche
Amazon, il colosso dell’e-commerce guidato da Jeff Bezos, si distingue non solo per la sua posizione dominante nel mercato ma anche per le sue pratiche aggressive nei confronti dei sindacati. L’azienda, quinta maggiore datore di lavoro al mondo, è stata accusata di violare i diritti dei lavoratori su più continenti, di eludere le tasse e di esercitare una pressione lobbistica senza precedenti a livello nazionale e internazionale. La sua influenza si estende fino al punto di sfidare la costituzionalità del National Labor Relations Board negli Stati Uniti e di tentare di sovvertire le leggi sul lavoro in Canada.
Non meno controverso è il ruolo di Tesla e del suo eccentrico fondatore, Elon Musk. L’azienda automobilistica, simbolo dell’innovazione tecnologica, si trova al centro di accuse di violazioni dei diritti umani nella sua catena di approvvigionamento e di feroci opposizioni alle organizzazioni sindacali in Stati Uniti, Germania e Svezia. Musk stesso è finito sotto i riflettori per il suo sostegno a figure politiche controverse come Donald Trump, Javier Milei in Argentina e Narendra Modi in India, sollevando interrogativi sul ruolo dei magnati tech nella formazione dell’opinione pubblica e nelle dinamiche politiche globali.
Meta, l’impero dei social media di Mark Zuckerberg, si trova al centro di un ciclone di critiche per il suo ruolo nell’amplificare la propaganda dell’estrema destra e nel facilitare la crescita di movimenti antidemocratici. La piattaforma, che raggiunge miliardi di utenti in tutto il mondo, è accusata di essere un veicolo per la diffusione di disinformazione e odio, minando le basi stesse del dibattito democratico in numerosi paesi.
Multinazionali della finanza e dell’energia
Il rapporto dell’ITUC non risparmia nemmeno i giganti della finanza e dell’energia. Blackstone, guidata dal miliardario Stephen Schwarzman, noto sostenitore di Donald Trump, è accusata di finanziare movimenti politici di estrema destra e di investire in progetti fossili e di deforestazione nell’Amazzonia. ExxonMobil, dal canto suo, è citata per il suo ruolo nel finanziare ricerche anti-climatiche e per le sue aggressive attività di lobbying contro le regolamentazioni ambientali.
Le aziende, con le loro vaste risorse finanziarie e la loro influenza capillare, sembrano in grado di plasmare l’agenda politica globale a loro vantaggio, spesso a discapito dei diritti dei lavoratori, dell’ambiente e della stessa sovranità degli Stati nazionali.
La sfida che si presenta è titanica. Come sottolinea Todd Brogan, direttore delle campagne e dell’organizzazione dell’ITUC, “si tratta di potere, di chi ce l’ha e di chi stabilisce l’agenda”. In un mondo in cui le corporazioni multinazionali spesso superano il potere degli Stati, e in cui non esiste alcuna responsabilità democratica, è fondamentale che i lavoratori e i cittadini si organizzino per contrastare questa deriva.
Il 2024 si preannuncia come un anno cruciale, con 4 miliardi di persone chiamate alle urne in tutto il mondo. In questo contesto, l’ITUC sta spingendo per un trattato internazionale vincolante che possa finalmente rendere le corporazioni transnazionali responsabili ai sensi del diritto internazionale sui diritti umani. Anche da noi Meloni aveva promesso di fare “la guerra alle multinazionali”. Per ora l’abbiamo solo ricevere un premio da Musk.
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Corte penale, l’autogol di Kiev e il doppio standard del diritto
Luigi Daniele
Ucraina/Russia. Zelenksy chiede l’adesione allo Statuto di Roma ma invoca l’articolo 124: nessuna indagine nei prossimi sette anni. A restare fuori, però, non sarebbero solo eventuali crimini ucraini: “via libera” anche a quelli russi commessi sul territorio del paese invaso. Torna l’idea di regole internazionali à la carte, buone solo quando servono contro i nemici
Nel 1945 il giudice che avrebbe servito come procuratore capo americano a Norimberga, Robert Jackson, criticando i profili di «giustizia dei vincitori» che le giurisdizioni penali internazionali avrebbero mantenuto da allora per molti decenni, dichiarò alla Conferenza di Londra: «Non possiamo codificare norme penali contro gli altri che non saremmo disposti a vedere invocate contro di noi».
Sembra questa, al contrario, la scelta del governo Zelensky, che ha ottenuto ieri dalla Verchovna Rada l’approvazione della propria proposta di legge di ratifica dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale (Cpi). La legge contiene l’invocazione dell’articolo 124 dello Statuto, che stabilisce che «uno Stato che diviene parte al presente Statuto può, nei sette anni successivi all’entrata in vigore dello Statuto nei suoi confronti, dichiarare di non accettare la competenza della Corte per quanto riguarda la categoria di reati di cui all’articolo 8 quando sia allegato che un reato è stato commesso sul suo territorio o da suoi cittadini».
LA PROCURA della Cpi, giova ricordarlo, dal 2022 ha considerato la situazione in Ucraina una priorità assoluta, stanziando la più alta cifra del proprio budget (4,5 miliardi di euro) per le indagini, assegnandovi 42 investigatori, organizzando numerose visite in situ del procuratore e aprendo un country office nel paese. Un paese, però, che non aveva mai ratificato lo Statuto, essendosi limitato a una dichiarazione ad hoc di accettazione della giurisdizione della Corte sul proprio territorio e sui propri cittadini nel 2014 e nel 2015 (una sorta di invocazione di intervento della Cpi consentita anche agli stati che non ratificano il suo trattato istitutivo).
L’Ucraina si è trovata nella singolare posizione di essere al vertice delle priorità della Corte, pur non essendo uno Stato parte. La richiesta di aderire al sistema Cpi ridimensiona questa anomalia, aggiungendone però una ancor più stridente: l’invocazione della clausola dell’articolo 124, ovvero una richiesta di temporanea immunità per crimini internazionali eventualmente commessi da propri cittadini o, problematicamente, sul proprio territorio.
Relitto dei compromessi del 1998, anno in cui lo Statuto istitutivo della Corte fu approvato, l’introduzione dell’articolo 124 fu voluta dalla Francia, che minacciava di non firmare se non fosse stata inserita questa clausola, funzionale a tenere il proprio territorio e i propri cittadini «al riparo» dalla giurisdizione della Corte per sette anni dall’adesione.
L’articolo 124 apparì subito così contrario allo spirito dello Statuto che fu immediatamente destinato (come specificato nell’articolo stesso) a essere emendato nella prima conferenza di revisione del trattato. Nel 2015, quindi, l’Assemblea degli stati parte ha approvato un emendamento di cancellazione dell’articolo, che entrerà in vigore se sostenuto dai sette ottavi degli stati parte (tra quelli che hanno già acconsentito alla cancellazione figura la stessa Francia).
Nella speranza di mettere al riparo propri cittadini da possibili responsabilità per crimini di guerra, quindi, Kiev ha optato per la clausola in via di cancellazione. Tuttavia, anche se accettata, la clausola non potrebbe essere applicata retroattivamente.
QUELLO dell’Ucraina potrebbe rivelarsi un clamoroso autogol: se l’articolo 124 fosse applicato, non escluderebbe solo la giurisdizione della Corte su possibili crimini di guerra commessi da cittadini ucraini, ma anche su crimini di guerra commessi su suolo ucraino, inclusi quelli contestati alla leadership e alle forze russe. L’articolo parla di crimini di cui sono sospettati cittadini dello Stato e di crimini la cui commissione è sospettata sul territorio dello stato. È indubbio che i crimini di guerra contestati a Putin, Lvova-Belova e ai comandanti delle forze russe rientrino in tale categoria.
Le implicazioni di questo tentativo, tuttavia, non si limitano ai gravi rischi di effetti controproducenti per il diritto alla giustizia delle stesse vittime ucraine. Segnalano, più profondamente, una riproduzione dell’approccio tipico degli Stati uniti al diritto internazionale penale: ci si indigna per i barbarici crimini internazionali dei nemici, proclamando a reti unificate la necessità morale della loro punizione, mentre si mantiene in vigore nella propria legislazione la cd. «Legge di Invasione dell’Aja», che autorizza all’uso della forza armata per liberare cittadini americani o di stati alleati imputati di crimini internazionali e in custodia della Corte.
Persino le norme più elementari di diritto internazionale, ovvero quelle funzionali alla prevenzione e punizioni dei crimini di massa (e di Stato) si dichiarano senza infingimenti buone solo per i nemici e simultaneamente inapplicabili a se stessi.
TRAMONTA così il nucleo di tre secoli di sviluppo della tradizione giuridica illuministico-liberale, cardine dei modelli democratici di giustizia penale, che esigono che sia il tipo di condotta, con il danno sociale che produce e non il tipo di autore, a essere al centro dell’attenzione dei codici penali e delle istituzioni punitive. Al contrario, l’enfasi sui tipi di autore – identificati di volta in volta come nemici «della razza», «della patria» o «della rivoluzione» – fu il tratto distintivo dei modelli punitivi delle esperienze autoritarie e totalitarie.
È un paradosso degno del regresso a cui la guerra ci condanna che siano proprio le forze che si proclamano a difesa delle democrazie a formalizzare e istituzionalizzare nuovi modelli di diritto del nemico, che globalizzano l’etica della diseguaglianza di fronte alla legge e forgiano politiche internazionali che riducono il diritto a strumento di guerra ibrida.
Il nemico totale, la guerra e il diritto del nemico totale sono stati i motori della distruzione della democrazia nel Novecento. Piaccia o meno, è solo l’ultimo a mancare all’appello nell’attuale discorso dominante delle democrazie occidentali. Guerra e democrazia, è una legge della storia, si combattono sempre, spesso all’ultimo sangue. Caduto il bastione dell’eguaglianza di fronte alla legge, anche crimini internazionali e genocidi potranno essere crimini buoni e giusti, purché a commetterli sia la nostra tribù, la tribù delle democrazie.
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Parabola del buon pastore
Una notte dei ladri sconosciuti entrarono nell’ovile di un pastore e rubarono alcuni dei migliori agnelli del suo gregge; il buon pastore appena se ne accorse se ne dispiacque moltissimo, si rattristò, quasi tutti i nuovi nati erano stati portati via e l’alternativa era usare quelli rimasti per le ricorrenze e per i rituali previsti dalla sua cultura e dalla sua religione, oppure venderli per sopravvivere.
Dopo qualche anno un imprevisto lo costrinse ad allontanarsi dal suo gregge, ma fece in modo da affidarlo a persone di sua completa fiducia dietro un lauto compenso promesso loro.
Al suo ritorno il pastore si accorse che le persone avevano venduto a pastori itineranti non soltanto tutti i suoi agnelli, ma anche le pecore migliori e persino il suo unico montone.
Allora si stracciò le vesti e si cosparse il capo di cenere, perse l’appetito per giorni, si disperò, lanciò imprecazioni irripetibili e il suo animo si accese alla vendetta, per questo si armò del coltello con cui sgozzava il bestiame e tagliò la gola a tutti i pastori che l’avevano beffato.
Durante il processo per omicidio gli fu chiesto come mai non aveva reagito allo stesso modo contro i ladri del primo furto, e lui disse con estrema semplicità che i primi erano ladri, notoriamente conosciuti, che era nella loro natura rubare, e che per quanto grave fosse il loro crimine, la responsabilità del furto era in gran parte loro e in minima parte sua che non aveva vigilato abbastanza: dei ladri non bisogna fidarsi.
Nel secondo caso, quelle persone godevano della sua completa fiducia ed erano da lui state pagate lautamente, egli non si aspettava che lo tradissero in quel modo, per cui il carcere che spetta ai ladri a lui non bastava per punire il crimine, bisognava punire pure la fiducia tradita, e quello solo il suo coltello poteva farlo.
Ora, un ladro che ruba poco o tanto e che fa del ladrocinio il suo mestiere e il suo stile di vita, le persone oneste devono premurarsi, e pretendere che lo Stato li catturi e faccia giustizia.
Ma se un funzionario di Stato, mettiamo il caso di un sindaco, di un presidente di regione, di un politico, di un ministro o di un amministratore, che invece di fare l’interesse dei cittadini, ne tradisce la fiducia e fa gli interessi propri e quelli dei suoi sodali, allora merita una pena ben più gravosa del semplice ladro, anche se hanno rubato entrambi.
Se poi questo funzionario colto con le mani nel sacco, auspicasse delle leggi per farla franca nel caso volesse replicare la sua condotta truffaldina, se ritenesse di aver agito correttamente nonostante intercettazioni telefoniche che lo smentiscono (il versante giudiziario è un’altra cosa, ma se sei stato eletto dai cittadini non rispondi solo alla giustizia delle tue azioni ma anche a chi ti ha dato il voto), se dichiarasse di essere il miglior amministratore in circolazione e che ciò che doveva gestire non è mai stato amministrato meglio: beh, allora si merita di essere preso pure a calci in culo e sputi in faccia.
Nel Far West i ciarlatani e i truffatori venivano cosparsi di melassa e coperti di piume d’uccello, e dovevano attraversare tutta la main street prima di potersela dare a gambe e non farsi più rivedere; i ladri, poi, venivano persino impiccati se recidivi o se ladri di cavalli.
Se siamo in uno stato di diritto il Far west è una barbarie, ma se lo stato di diritto è scomparso e il ladro può circolare liberamente dopo poche settimane dall’arresto e fare dichiarazioni spavalde, spalleggiato dagli amicuzzi, allora il Far West ritorna auspicabile e inevitabile.
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" La democrazia è esigente poiché esige non soltanto comportamenti coerenti con obiettivi definiti attraverso la libera competizione elettorale. È esigente soprattutto perché vuole che quei comportamenti abbiano un fondamento etico, di moralità pubblica, di rispetto di principi e di criteri. La democrazia non è […] un regime politico privo di un corpus di principi etici, fondato su un relativismo assoluto. Al contrario, a suo fondamento stanno alcuni valori, fra i quali preminenti la libertà e il dominio della legge. Nel perseguimento di equilibri democratici, derivanti dalle loro preferenze e dai loro voti, i cittadini decidono quanto e quale spazio dare ad altri valori quali la giustizia sociale, l'eguaglianza e la solidarietà. Le decisioni su queste assegnazioni di importanza e di preminenza sono democraticamente sempre (ri)discutibili: suscettibili di essere ritoccate, cambiate, addirittura rovesciate. In questa discussione quanto più possibile pubblica, aperta a tutti coloro che sono interessati, un ruolo particolare, che significa più importante anche perché marcato da maggiori responsabilità, spetta agli intellettuali, agli opinion-makers, a quello che potremmo definire il potere culturale. Quanta maggiore influenza hanno le loro idee e le loro prese di posizione tanta maggiore responsabilità porteranno gli intellettuali. "
Gianfranco Pasquino, La democrazia esigente, Il Mulino (collana Tendenze), 1997¹, pp. 68-69.
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«Io e i miei servizi saremo estremamente vigili rispetto a qualsiasi prova che indichi violazioni del DSA (il Digital Services Act, ndr) e non esiteremo a sfruttare appieno i nostri strumenti, anche adottando misure provvisorie, qualora ciò fosse giustificato per proteggere i cittadini dell’Ue da gravi danni”. Per comprendere il senso della lettera aperta che il francese Thierry Breton ha indirizzato lo scorso 12 agosto a Elon Musk, bisogna partire dalla fine e cioè da questa non troppo velata minaccia che il Commissario europeo per il mercato interno e i servizi ha rivolto al patron di X.
A poche ore dal faccia a faccia con Donald Trump – ma è solo un caso, ça va sans dire – Breton ha sentito la necessità di ricordare a Musk che “da un grande pubblico derivano ancor più grandi responsabilità” e che l’Unione Europea è sempre lì, pronta a sanzionarlo qualora non ottemperasse ai dettami del Digital Services Act. Il DSA impone, tra le altre cose, di adottare misure di mitigazione proporzionate ed efficaci per quanto riguarda l’amplificazione di contenuti dannosi in relazione a eventi rilevanti o che promuovono odio, disordini, incitamento alla violenza o determinati casi di disinformazione e si applica “senza eccezioni o discriminazioni alla moderazione dell’intera comunità di utenti e ai contenuti di X (incluso lei stesso come utente con oltre 190 milioni di follower) accessibili agli utenti dell’Ue”, avverte Breton.
Insomma, una sorta di “odiare ti costa” in salsa UE con cui le istituzioni si preoccupano di tenere al sicuro i cittadini dalla disinformazione, dal linguaggio d’odio e dalla propaganda di contenuti dannosi. Bello, bellissimo – anche se un tantinello paternalistico (a proposito, non dovevamo combattere tutti contro il patriarcato?) – se non fosse che a decidere cosa sia vero, a stabilire cosa sia dannoso, a sancire cosa sia odio sono gli stessi che da anni caldeggiano il totale sovvertimento della realtà in favore di un mondo “fatato” in cui, per esempio, è odio dire che una persona con i cromosomi XY sia un uomo, mentre risponde al vero che ci siano uomini che mestruano o partoriscono. Ma non solo.
È “odio” sostenere la vita umana sia sacra, inviolabile e non possa essere mercificata, mentre è “sacrosanto” sponsorizzare la compravendita di neonati per la soddisfazione dei desideri degli adulti. È propaganda omofoba sostenere che un bambino abbia diritto a crescere con una mamma e un papà mentre è assolutamente normale che l’aborto assurga a diritto fondamentale al pari della libertà personale perché, in fondo, quello nel ventre materno è solo un grumo di cellule. Ovviamente, donna è chi donna si sente e Fragolina83 può dire la sua su tutto purché garantisca un adeguato livello di petaloarcobalenosità, mentre il Presidente degli Stati Uniti può essere tranquillamente messo a tacere quando lo decide Mark Zuckerberg.
D’altronde, veniamo da anni in cui affermazioni quali “il vaccino fornisce la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose” o “non ti vaccini? Ti ammali, muori” sono state certificate dai sacerdoti della verità come oro colato mentre l’opinione di chi ha avuto l’ardire di porsi qualche domanda è stata bollata come negazionismo o fake news, paroline magiche che stanno bene su tutto ciò che contraddice il mainstream e mette in pericolo le verità precostituite che tutti noi abbiamo il dovere di accettare con fede cieca e totale devozione.
Non sorprende, dunque, che Breton richiami all’ordine Musk ricordandogli che c’è qualcuno che si preoccupa di certificare cosa sia vero e cosa no e di punire chi sbaglia, anche, eventualmente, imbavagliandolo. È necessario che al popolo sia somministrata una verità testata e approvata nei massimi consessi. Per il nostro bene e per il bene della democrazia. Tutto torna, no?
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La Costituzione dell'Uzbekistan: Fondamento di Diritti, Sovranità e Benessere Sociale
Un'analisi sul significato e l'importanza della Costituzione uzbeka, simbolo di indipendenza e guida per la società
Un’analisi sul significato e l’importanza della Costituzione uzbeka, simbolo di indipendenza e guida per la società. La Costituzione della Repubblica dell’Uzbekistan è più di un semplice documento giuridico: è il pilastro della sovranità nazionale e il fondamento per i diritti e la dignità dei cittadini. Approvata il 8 dicembre 1992 e arricchita da successivi emendamenti, la Costituzione…
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Che dire... della Ferragni mi importa il giusto, ovvero molto poco. Fino a due, tre anni fa non sapevo neppure chi fosse. Se mi avessero chiesto qualcosa su di lei, avrei risposto con un sontuoso boh. E, confesso, anche oggi, mentre sto scrivendo, avrei serie difficoltà a evidenziarne talenti e difetti. Francamente non so. Mi intriga il fatto che questa persona possa influenzare comportamenti, usi, gesta e perfino acquisti di milioni di persone. Non riesco a capirne i motivi. Frutti di stagione, forse. Di questa stagione piena di greggi e di pastori imperatori. Mi si dirà: è sempre stato così. Non sono d'accordo. Se mi è consentito, senza passare per un boomer nostalgico, i giovani di oggi sono molto più ignoranti e consumatori di quanto lo fossimo noi. Quindi: forse anche no.
Una cosa è certa: Ferragni è un'azienda. Lo è diventata. Nella sua immagine pubblica, quella patinata e piena di pubblicità, di umano ha ben poco. Sarà umana in privato, certamente. Pertanto mi sembra strana, anche un poco eccessiva l'attenzione che le si sta dedicando. Perchè odiare o amare la Ferragni equivale ad amare o odiare la Barilla, la Nestlè o la Pasta del Capitano. Le richiedono etica. Una parola grande. La stessa etica non viene richiesta ai politici, per esempio. Abbiamo il parlamento pieno di gentaglia che con l'etica ha un rapporto quanto meno problematico, eppure... Tutti se ne fregano, non interessa a nessuno. Ma neppure si chiede etica alla Barilla, alla Nestlè o alla Pasta del Capitano. La Barilla ci ha avvelenati per anni con il glifosato, cosa è successo?
Ha sbagliato, ok. Lo ha ammesso lei stessa. Ha sbagliato a mischiare marketing, business e aiuto. Ha mischiato vendite con sofferenza. Un errore tragico. Però: 50.000 euro in beneficienza sono stati donati e la grande responsabilità è da attribuire al cinismo della Balocco, ma alla Balocco nessuno reclama nulla. Donerà un milione di euro. Benissimo. Mi pare che molti altri ne abbia donati in passato e la cosa, da parte di chi oggi la attacca, non è stata evidenziata con la stessa passione dedicatale adesso. E, comunque, non mi pare che ci siano molti in Italia che brillino di generosità. Sicuramente non sono stati, nè sono altrettanto sensibili o generosi gli attuali detrattori. Tanto per dire: quanta beneficienza ha fatto nella sua dorata vita la signora Meloni? eppure di soldi ne ha guadagnati tanti, vero?
Ma c'è da dire un'ultima cosa: è vergognoso che un presidente del consiglio in carica, con il solo intento di sviare l'attenzione dai problemi che sta causando al paese, attacchi in una maniera così violenta e becera un privato cittadino. E' rivoltante che, invece di parlare del peggioramento della qualità di vita degli italiani e delle misure che intende adottare per migliorarla, se la prenda con Saviano e con la Ferragni. Nessuno dei due ha rubato nulla, anzi. Mentre gli oltre due miliardi tolti ai pensionati, ai cittadini, alla salute, al welfare, alle famiglie, per regalarli a un ipotetico costruttore di un immaginifico ponte, sono un vero e proprio furto fatto al paese. E di quale etica può parlare la presidento, di quella che le ha impedito di prelevare dalle banche una giusta tassa, ma non le ha impedito di gettare in mezzo a una strada centinaia di migliaia di famiglie italiane, o di azzerare il fondo per le non autosufficienze? Se dovessimo dare un voto alla cattiveria, la presidento uscirebbe con un bel 10.
Dovrebbe vergognarsi lei, solo dopo, ma molto dopo, la Ferragni.
Giancarlo Selmi
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In seguito ai fatti degli ultimi giorni, il governo italiano di Giorgia Meloni ha condannato l’attacco di Hamas, esprimendo sostegno e vicinanza alla popolazione israeliana, una posizione condivisa in generale da tutti i partiti politici presenti in Parlamento. Allo stesso tempo, però, sia oggi sia negli ultimi anni i partiti hanno espresso idee diverse su quelle che secondo loro sono le responsabilità del conflitto tra Israele e Palestina.
Fratelli d’Italia
Poco dopo la notizia degli attacchi di Hamas in Israele la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha tenuto una riunione con alcuni ministri per approfondire «quanto accaduto nelle ultime ore, sia a livello diplomatico che di intelligence». Il giorno successivo Meloni ha avuto un colloquio telefonico con il primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu, durante il quale la presidente del Consiglio ha ribadito «la piena solidarietà del governo italiano per gli attacchi subiti e la vicinanza ai familiari delle vittime, agli ostaggi e ai feriti». «L’Italia è al fianco del popolo israeliano in questo difficile momento», ha concluso Meloni nella nota ufficiale. Posizioni simili sono state espresse da altri esponenti di Fratelli d’Italia, tra cui il ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha dichiarato di provare «un grande dolore e una grande preoccupazione per Israele e i suoi cittadini, vittime di un indiscriminato e violentissimo attacco pari a una dichiarazione di guerra». Al netto della posizione presa dal governo italiano, nel 2014 Meloni aveva scritto su Twitter (ora X) che «nessuna causa è giusta quando sparge il sangue degli innocenti», sostenendo la tesi del riconoscimento sia di Israele sia della Palestina, ossia la soluzione dei “due popoli, due Stati”.
Un'altra strage di bambini a #Gaza. Nessuna causa è giusta quando sparge il sangue degli innocenti. #Israele e #Palestina #duepopoliduestati— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) July 28, 2014
Un anno dopo, quando a febbraio 2015 il governo Renzi aveva approvato due mozioni riguardanti la Palestina, l’allora deputato di Fratelli d’Italia Fabio Rampelli ne aveva depositato una, poi respinta, per impegnare il governo a «sostenere la causa del dialogo diretto tra le parti coinvolte» per arrivare «in tempi rapidi all’obiettivo del riconoscimento dello Stato palestinese nella condizione di reciprocità con Israele». Una mozione è un testo non vincolante che deve essere approvato dal Parlamento e che ha l’obiettivo di indirizzare la politica del governo su uno specifico argomento.
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Lega
Il 7 ottobre il leader della Lega Matteo Salvini ha espresso «sostegno al popolo di Israele, sotto violento e vigliacco attacco da parte di estremisti islamici». Il giorno successivo Salvini ha ripetuto che «il nostro pensiero e la nostra preghiera sono costantemente rivolti al popolo israeliano». La Lega si è sempre espressa a sostegno di Israele, come rivendicato dallo stesso leader. Ad aprile, per esempio, Salvini ha festeggiato i dati dell’Israel Ranking 2023, una classifica stilata dalla European Coalition for Israel per rilevare i partiti che hanno manifestato maggior supporto a Israele nelle votazioni al Parlamento europeo.
La Lega è il primo partito italiano 🇮🇹 nel sostegno a Israele al Parlamento Europeo, quarta tra tutte le forze politiche del continente. Un supporto condotto concretamente, negli anni, attraverso le votazioni e le attività dei nostri parlamentari, nel segno della storica amicizia… pic.twitter.com/ozuSKfbaNb— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) April 26, 2023
L’European Coalition for Israel è una piattaforma di organizzazioni cristiane che si batte contro l’antisemitismo in Europa e per i buoni rapporti tra l’Ue e Israele. «La Lega è il primo partito italiano nel sostegno a Israele al Parlamento europeo, quarta tra tutte le forze politiche del continente», aveva scritto Salvini su X. Nella classifica citata da Salvini la Lega è effettivamente quarta tra i partiti nel Parlamento europeo e prima tra gli italiani davanti a Fratelli d’Italia. Al primo posto c’è il Deutsche Zentrumspartei, partito tedesco di centro e di ispirazione cattolica. Nel Parlamento italiano la Lega ha sempre manifestato posizioni pro-Israele, come accaduto con l’esposizione delle bandiere israeliane alla Camera a maggio 2021, mentre nel 2015 l’allora deputato della Lega Gianluca Pini definì «un azzardo pericolosissimo» il riconoscimento unilaterale della Palestina.
Forza Italia
Per quanto riguarda Forza Italia, il segretario del partito Antonio Tajani ha condannato «con la massima fermezza gli attacchi a Israele», affermando che il governo italiano sostiene «il diritto di Israele a esistere e difendersi». Nelle ore successive il ministro degli Esteri ha sottolineato su X che «ogni sforzo sarà a difesa dello Stato d’Israele». A dicembre 2022 Tajani aveva incontrato il suo omologo palestinese Riad Malki, a cui aveva «ribadito la posizione italiana per la soluzione dei due Stati come unica via per una pace duratura tra Palestina e Israele».
Lungo colloquio con @elicoh1 Ministro degli Esteri d'Israele. Ho espresso la solidarietà del nostro Governo per il duro attacco che ha subito 🇮🇱, anche per i due turisti israeliani uccisi in Egitto. Ogni sforzo sarà a difesa dello Stato d'Israele.— Antonio Tajani (@Antonio_Tajani) October 8, 2023
Anche per il fondatore di Forza Italia Silvio Berlusconi il diritto di Israele a difendersi non poteva essere messo in discussione. Nel 2018 Berlusconi scriveva su Twitter: «Considero Israele una parte della nostra cultura e della nostra civiltà, un faro di libertà e democrazia nel Medio Oriente» e aggiungeva che «i palestinesi hanno pieno diritto ad avere uno stato pienamente sovrano, a vivere in pace, nel benessere e nella sicurezza, ma che a questo si potrà arrivare solo attraverso un processo di pace che garantisca pienamente i diritti e la sicurezza di tutti». Nel 2012 Tajani aveva espresso una posizione simile: «Israele non può essere cancellato dalla carta geografica, ha diritto a difendersi», per poi precisare che «i palestinesi musulmani e cristiani hanno il diritto di vivere dove sono nati, ma questo non vuol dire eliminare Israele».
Partito Democratico
Sul fronte dell’opposizione, la segretaria del Partito Democratico Elly Schelin ha condannato l’attacco di Hamas contro Israele attraverso i canali social del partito, invitando la comunità internazionale a mobilitarsi per «fermare questa aggressione ed escalation violenta». Il 9 ottobre, in un’intervista a la Repubblica, l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini si è riconosciuto nella linea della segretaria, affermando che la prospettiva del partito sulla questione israelo-palestinese è quella di “due popoli, due Stati”.
Le parole della Segretaria @ellyesse sull’attacco terroristico di Hamas contro Israele, a cui va la solidarietà di tutta la nostra comunità democratica. pic.twitter.com/MH6bbGNfaA— Partito Democratico 🇮🇹 🇪🇺 (@pdnetwork) October 7, 2023
Anche in passato il Partito Democratico si era espresso contro Hamas. L’ex segretario Enrico Letta aveva definito l’organizzazione «contro Israele e contro la Palestina» in occasione di alcuni attacchi avvenuti a maggio 2021, ricordando che la posizione del partito è «per la pace e per due Stati». Anni fa, invece, l’attuale segretaria Schlein aveva condiviso posizioni più decise sul riconoscimento della Palestina come uno Stato a tutti gli effetti. Nel 2021 Schlein aveva sostenuto che lo scontro tra palestinesi e israeliani non è «alla pari», a svantaggio dei primi. Negli anni precedenti l’attuale segretaria ha condiviso sui social network alcuni post dell’ex deputato del PD Giuseppe Civati, con posizioni pro Palestina. Più di recente altri membri del Partito Democratico hanno espresso opinioni critiche nei confronti di Israele. In occasione della campagna elettorale del 2022 Raffaele La Regina, capolista nel collegio plurinominale della Basilicata alla Camera, è stato costretto a rinunciare alla candidatura in seguito alle polemiche per un tweet del 2020 in cui ironizzava sulla legittimità dello Stato di Israele, paragonando la sua esistenza a quella degli alieni. Anche Rachele Scarpa, oggi deputata del PD, era stata criticata per alcune frasi critiche nei confronti di Israele scritte su Facebook a maggio 2021.
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Movimento 5 Stelle
Il Movimento 5 Stelle ha condannato le violenze di questi giorni, facendo alcune precisazioni. Il presidente del partito Giuseppe Conte ha condannato «senza se e senza ma» gli «attacchi terroristici» di Hamas, ricordando però che per il suo partito «il popolo palestinese ha il diritto a vivere in pacifica convivenza». Da presidente del Consiglio, nel 2021 Conte ha inviato una lettera a Netanyahu in cui ripeteva come l’Italia sostenesse la formula di “due popoli, due Stati”. In passato, però, il Movimento 5 Stelle aveva posizioni più vicine alle istanze palestinesi: nel 2014 per esempio il gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle aveva chiesto di interrompere la vendita di armi a Israele, suscitando accuse di antisemitismo da parte dell’ambasciata israeliana a Roma. Nel 2015 invece, la Camera aveva respinto la mozione dell’allora deputato del Movimento 5 Stelle Gianluca Rizzo, che impegnava il governo a «riconoscere pienamente e formalmente lo Stato di Palestina», senza quindi aspettare il riconoscimento da parte di Israele. Al termine delle votazioni alcuni deputati del Movimento 5 Stelle definirono le due mozioni approvate dal Parlamento «un bluff vergognoso», dal momento che per loro era stato negato «il sacrosanto diritto di esistere a un popolo che da 67 anni attende giustizia».
Azione, Italia Viva e Più Europa
Azione e Italia Viva hanno condannato l’attacco terroristico di Hamas ed espresso solidarietà al popolo israeliano. Il leader di Italia Viva Matteo Renzi ha ribadito il messaggio espresso durante il suo intervento alla Knesset (il Parlamento israeliano) nel 2015, quando era presidente del Consiglio e segretario del Partito Democratico: «Per me Israele ha il diritto e il dovere di esistere e di resistere». Il leader di Italia Viva ha dedicato al tema la sua newsletter Enews del 9 ottobre, definendo le azioni di Hamas «atti di terrorismo che tutta la comunità internazionale deve condannare senza se e senza ma».
Gli estremisti sostengono che Israele non abbia il diritto di esistere. L’ho detto da premier parlando alla Knesset, lo dico da cittadino e senatore oggi: per me Israele ha il diritto e il DOVERE di esistere e di resistere. La mia solidarietà alle famiglie delle vittime di… pic.twitter.com/3iB7RdK7dH— Matteo Renzi (@matteorenzi) October 7, 2023
Il leader di Azione Carlo Calenda ha auspicato «che si utilizzino tutti gli strumenti diplomatici a disposizione per fermare l’aggressione il prima possibile». Nel 2021, in occasione di una manifestazione a sostegno di Israele, il leader di Azione aveva sottolineato che «il primo passo verso una soluzione è quello di non trattare in modo equidistante una democrazia e Hamas, un’organizzazione terroristica che non può rappresentare i palestinesi in nessun negoziato». Benedetto Della Vedova, deputato di Più Europa, ha definito l’attacco di Hamas contro Israele come «un gravissimo e irresponsabile atto di guerra», mentre il segretario Riccardo Magi ha sottolineato che «la destra israeliana non ha certo lavorato negli ultimi anni per favorire la risoluzione del conflitto israelo-palestinese, ma questo non giustifica minimamente le atrocità che Hamas sta commettendo contro la popolazione civile israeliana».
Sinistra italiana
Sia Sinistra Italiana sia Europa Verde – che in Parlamento compongono Alleanza Verdi-Sinistra – hanno condannato l’attacco di Hamas a Israele, ma hanno messo in evidenza quelle che secondo loro sono le responsabilità della comunità internazionale e del governo israeliano. Il 7 ottobre il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni ha detto, per esempio, che dietro alla situazione in Israele c’è la responsabilità della comunità internazionale, che «da troppo tempo si gira dall’altra parte, che dimentica il conflitto israelo-palestinese, che dimentica la violazione sistematica della legalità internazionale e dell’occupazione israeliana», aggiungendo che è necessario garantire la sicurezza di Israele ma anche la protezione del popolo palestinese. Il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli è sulla stessa linea di Fratoianni. «Profonda angoscia per quello che sta accadendo in Israele. L’attacco di Hamas va condannato e non aiuta la causa palestinese. La questione palestinese è stata dimenticata dalla comunità internazionale e per questo bisogna lavorare per la pace e per due Stati e due popoli», ha scritto Bonelli su X.
Profonda angoscia per quello che sta accendendo in Israele. L’attacco di #Hamas va condannato e non aiuta la causa palestinese. La questione palestinese e’ stata dimenticata dalla comunità internazionale e per questo bisogna lavorare per la pace e per due stati e due popoli— Angelo Bonelli (@AngeloBonelli1) October 7, 2023
Unione popolare
Il partito più critico nei confronti di Israele è Unione popolare, il movimento di sinistra radicale guidato dall’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris. In seguito all’attacco del 7 ottobre Unione popolare ha scritto: «Non simpatizziamo per Hamas ma va detto che non può essere qualificata come terrorismo la resistenza palestinese». Oltre al riconoscimento di «un libero Stato palestinese», Unione popolare ha quindi chiesto agli Stati Uniti e alla Nato di interrompere l’invio di armi a Israele.
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1. "Fact-checker" è il nuovo sinonimo per "servo di regime".
2. Globalisti, grande finanza e politici che guidano la narrazione dei media di regime, consapevoli che i cittadini hanno smesso di credere alle loro narrazioni e bugie, si sono inventati la "verifica dei fatti" per travestire la loro propaganda da "verifica indipendente".
3. Immancabilmente i "fact-checking" si concludono confermando la versione del regime, salvo quelle rare eccezioni che gli servono per dare una parvenza di "imparzialità", quando un fatto è talmente enorme ed evidente da non poterlo nascondere perché già dimostrato da altri.
4. Il "fact-checking" non può che concludersi confermando la versione di regime, visto che come "fonte indipendente" usano quella del regime stesso, di media di regime, giornalisti di regime, scienziati di regime, professori di regime, organizzazioni di regime, etc. di regime.
5. I "fact-checker" sono gli stessi narcisisti autoritari in ogni paese che affermano di avere poteri speciali per discernere la verità. Questo perché la caratteristica indispensabile per essere un "fact-checker" è essere un utile idiota con una cultura approssimativa.
6. (...) I "fact-checker" si dividono in due categorie: L'utile idiota puro e il fanatico globalista ideologizzato.
7. I "fact-checker" sono fermamente convinti di essere moralmente superiori. Di questa convizione se ne vantano spesso in pubblico, arrivando al punto di "provarlo" con "fact-checking" che fanno se stessi, confermando così che di essere degli utili idioti.
8. I "fact-checker" vivono in un eterno circolo vizioso. Primi del pensiero critico che mette in dubbio le "fonti ufficiali", cercano le "fonti indipendenti" su Google, che è quello che li finanzia e che le fonti indipendenti le censura, anche grazie ai loro "fact-checking".
9. Altre "fonti indipendenti" dei "fact-checker" sono gli altri "fact-checker". Sono a tutti gli effetti una loggia massonica in cui si proteggono l'un l'altro. Invece del grembiule massonico, amano esibire il logo di IFCN che li certifica, finanziata da Soros, Google e Facebook.
10. Uno dei segni di riconoscimento dei "fact-checker" è l'enorme coda di paglia che si incendia per autocombustione quando giurano l'indipendenza dalle organizzazioni di Soros, nonostante lavorino eslusivamente per aver ricevuto la "certificazione" di IFCN finanziata da Soros.
11. La coda di paglia gli si incendia quotidianamente quando giurano indignati minacciando querela, di non avere la responsabilità per la censura di Facebook, anche se gli forniscono i "fact-checking" che sanno che verrà utilizzato come scusa per censurare la libertà di pensiero.
12. I "fact-checker" sono i paladini della libertà di pensiero, purché il pensiero corrisponda al loro. Conoscono a memoria le regole dei social in cui si autorizzano a censurare chi vogliono, ma non hanno mai letto o capito l'Art. 21 della Costituzione sulla libertà di parola.
13. Il "fact-checker" è un animale sociale che ama i meeting onanistici con altri "fact-checker". (...)
14. Il "fact-checker" di razza ha una vera e propria adorazione per tutto ciò che rappresenta il potere costituito. Non c'è nulla di troppo sporco che il "fact-checker" non sia disposto a difendere con i propri "fact-checking".
15. Il "fact-checker" adora difendere qualsiasi potere costituito. (...)
16. (...) Il "fact-checker" non occorre corromperlo, perché è nella sua intima natura conformarsi al potere come Fantozzi al mega direttore.
17. "Il fact-checking ha assunto recentemente un ruolo importante nel pilotare le masse e le decisioni politiche. (...)
18. "Stranamente le loro decisioni convergono ineluttabilmente, con rarissime eccezioni, sempre con la visione del mainstream e del pensiero unico ovvero della politica mondiale fatta di governi fantoccio che eseguono semplicemente gli ordini ricevuti da altri."
19. "Proprio come i governi fantoccio citati, anche i fact-checker identicamente si comportano, conformandosi anche a costo di dover fare i salti mortali per spiegare l'inverosimile, fino a raggiungere vette di ridicolaggine assoluta che rasentano la vergogna." - Sir Lancillotto
20. Il primo "fact-checker" noto si chiamava Giuda Iscariota. Per trenta denari d'argento confermò che Gesù non era il Messia, usando come fonte indipendente i sommi sacerdoti. A quel tempo i "fact-checking" venivano ancora pagati bene.
21. Come Giuda anche il "fact-checker" contemporaneo ha la naturale propensione alla delazione. Crede che i Termini di Servizio dei social sia il Codice Penale, e si vanta di segnalare alle autorità tutti quelli "violano" quei reati immaginari che esistono solo nella sua testa.
22. I "fact-checker" sono gli stessi narcisisti autoritari in ogni paese. Il giornalismo è morto. I "fact-checker" sono i batteri che lo stanno portando alla decomposizione. —
Nota: Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.
La guida definitiva al fact checking, via https://twitter.com/ChanceGardiner/status/1695828910955512173
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Non sapevo chi fosse il Ministro della Giustizia Belga fino a stasera, quando si è dimesso.
La motivazione: nel 2022 il pezzo di merda che ha assassinato due cittadini Svedesi qualche giorno fa, doveva essere estradato in Tunisia su richiesta degli stessi Tunisini ma il magistrato competente non si sa perché non ha provveduto.
Di fronte al Belgio e specialmente alla Svezia, il Ministro (stavolta con la M maiuscola) si è preso la responsabilità dell'accaduto e si è dimesso, anche se non ha nessuna diretta responsabilità in quello che si suppone essere l'errore di un funzionario del suo Ministero.
Una cosa inimmaginabile per i "politici" del nostro Paese.
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Al Centro vincerà Renzi, ecco perché.
I due schieramenti classici, ormai entrambi permeati dal populismo e dall'inconcludenza ideologica con partiti quali Forza Italia e PD asserviti alle compagini più rumorose e meno competenti, non sono più in grado di offrire una proposta politica completa.
Un numero crescente di cittadini ascolta il governo e sente molti annunci, lo osserva e non vede nelle azioni risposte adeguate alla situazione geopolitica globale e interna specifica del nostro Paese, ma allo stesso tempo non si riconosce in una opposizione debole e qualunquista che si scompone su temi cruciali.
Molti desiderano quindi un'alternativa.
La rottura prima della federazione tra Azione-Più Europa e in seguito di quella tentata da Azione-Italia Viva , hanno lasciato questo popolo deluso e senza un vero punto di riferimento.
In questo senso non ho apprezzato i toni esagerati o insulti di Carlo Calenda incapace di prendersi le sue responsabilità e che con una campagna di veti, vorrebbe cancellare 1 milione (contato male) di cittadini che rappresentano lo zoccolo duro di Matteo Renzi e che di lui si fidano e lo sostengono. Questo è un grave errore, lo dico obiettivamente.
Queste persone sono una grande risorsa e hanno un leader nel quale ripongono fiducia, un leader riconosciuto e rispettato a livello mondiale.
Matteo Renzi dal canto suo non ha mai messo veti e continua a parlare di Stati Uniti d'Europa, di costruire Renew anche in Italia e a evitare il più possibile la polemica, posizioni molto più simili ai dirigenti storici di Più Europa che condividono la visione di Italia Viva.
Devo dire che in questo momento ricco di insidie, ma anche di opportunità il mio personale auspicio è che l'ex Premier venga messo in condizione di mettere a frutto per gli italiani la sua esperienza in ambito Europeo.
Il suo peso estero, la conoscenza delle dinamiche internazionali e la stima di Mario Draghi in primis (che lui portò ad essere Premier), possono fare conquistare al Paese posizioni di prestigio a Bruxelles a differenza e non me ne vogliano di personaggi che sono andati più su LA7 che nei luoghi della politica che conta.
Queste dinamiche emergeranno prepotentemente nel popolo di Centro italiano avvicinandosi alle elezioni europee dove ogni voto conta con il proporzionale, posando il primo mattone di una nuova opposizione e un nuovo soggetto politico decisivo un futuro.
Vedrete che Matteo Renzi e la classe dirigente di Italia Viva sorprenderanno tutti.
#politics#matteo renzi#politica internazionale#elezioni europee#centro#Reneweurope#italia viva#italia
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