#pane italiano
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"Al Forno": La Nuova Serie di Sky Cinema Uno che Celebra l'Arte della Cucina e dell’Amicizia
Una competizione culinaria all'insegna della passione per la cucina al forno, tra pizze, dolci e pane, con ospiti e sfide entusiasmanti
Una competizione culinaria all’insegna della passione per la cucina al forno, tra pizze, dolci e pane, con ospiti e sfide entusiasmanti. Sky Cinema Uno presenta “Al Forno”, un programma culinario che porta sullo schermo la passione per la cucina al forno, esplorando il mondo di pizze, dolci e specialità da forno. In questa serie, i partecipanti mettono alla prova le loro abilità culinarie in una…
#Al Forno Sky Cinema Uno#arte della cucina#atmosfera familiare.#celebrazione cucina italiana#chef italiani#chef ospiti#CIBO ED EMOZIONI#competizione in cucina#competizione tra chef#cottura al forno#cottura tradizionale#Creatività in Cucina#cucina al forno#cucina da forno#cucina e amicizia#cucina e creatività#cucina italiana#cultura culinaria italiana#dolci al forno#gara culinaria#gastronomia italiana#Innovazione in cucina#intrattenimento culinario#mondo della cucina#Pane#pane italiano#passione per la cucina#pizza e dolci#pizze#preparazione ricette
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conte di montecristo produzione da soldoni comunque, sam claflin bravissimo nel suo personaggio, è riuscito a rendere un mattone noiosissimo di libro qualcosa di visivamente interessante. la serie fará molto successo quando andrá in onda secondo me
nicolas bravo nel suo ruolo (non centrale ma comunque presente) inglese quasi perfetto e ottima presenza scenica. per me lui è e rimane simone balestra quindi vederlo in queste vesti totalmente diverse fa molto strano ma mi fa piacere che un talento italiano venga considerato per queste produzioni estere spero ne faccia altre
lino guanciale bono come il pane sempre anche con gli improbabili vestiti da brigante che ha dovuto indossare, anche il suo inglese ottimo
#io rimasta sconvolta da sam claflin gia in peaky blinders era mostruoso e quello non si batte#ma molto bravo anche in questa parte#poi un bonazzo pauroso e lo sapevamo tutti#anche dal vivo e anche ora che e' invecchiato
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x me onestamente il cibo degli dei è la scatoletta di tonno
se te la mangi da sola è bona
se la metti in mezzo al pane è bona
se la metti nella pasta è bona
dove la metti la metti la scatoletta di tonno fa il suo onesto mestiere
poi sta cosa che ogni 2 mesi devo parlare del tonno in scatola per ricordare al popolo italiano la sua sacralità mi rende il fanboy per eccellenza
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summer of cum day 2: thigh fucking
(previous days)
yuki tsunoda/michael italiano. 688 words.
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Whatever his driver does, Michael does.
That’s always been his philosophy. When he asked something of Daniel training-wise, Michael did it as well. It’s the same with Yuki. If he wants Yuki to have an early night in, Michael’s going to bed early too. He’s leading by example.
The problem, however, is that where Daniel was pretty easy to motivate, Yuki is no fan of training and most of the sessions are whines and complaints and pouts and puppy dog eyes and Michael is… torn between being fondly endeared and frustratingly exasperated.
Normally Michael can motivate Yuki with the promise of a good stretching sesh, maybe a massage, and definitely great food but today he’s petulant and complainy and Michael’s on edge about it.
“Focus!” He says as Yuki’s form slouches on the stationary bike. Yuki pouts but rights himself, sending a glare Michael’s way.
“I’m too horny to focus,” Yuki whines and Michael can’t help the surprised guffaw he laughs out. Yuki is nothing if not blunt and honest to a fault. “It’s not my fault your arms are all huge and in my face,” he continues and Michael just laughs.
It’s been a thing. For them. It was never even remotely close to a thing with Daniel. They were firmly in the friends-and-colleagues category and neither wanted anything more from the other. Daniel had long been with Max, anyway, by the time Michael’d come on as his trainer.
But Yuki was young and free and wild and persuasive when he really wanted something. And he often wanted Michael. Michael couldn’t deny that it was hot. He just shook his head from his position next to Yuki on his own bike, pedalling away and lifting his shirt to wipe his sweaty face. And maybe give Yuki a peek.
“And your abs!” Yuki whined next to him, Michael grinning all the while as he slowed his pace and glanced around the gym. The only other person in there was over by the free weights and Michael was pretty sure they could sneak off to the locker room. He should really make Yuki finish his workout but he supposed some shower cardio would make up the difference.
“Come on,” he said as he slowed his pace before getting off the bike, smirking when Yuki did not even hesitate to bound off the bike.
Stripped down in the shower stall, steamy water rinsing away sweat and grime, Michael slid his hands up the smooth pane of Yuki’s back to curl around his shoulders, hold him tight as he fucked between Yuki’s thighs. No lube meant they couldn’t fuck for real but this was enough – Yuki’s thighs pressed together, his hands braced on the slick shower wall as Michael’s cock grinded in between his legs and pressed up against the back of Yuki’s balls.
“Shhh,” he cautioned when Yuki whined, braced himself on his forearm instead so he could slip a hand down to jerk himself off. “Make yourself come,” Michael instructed, knowing that was the one thing he told Yuki to do that Yuki would do without complaint.
Michael moved a hand to Yuki’s hip, holding him firm as he grinded up between his legs. It was quick and dirty in the shower, both keyed up at the thought of being caught. The height difference made it a little difficult too, Michael having to hunch down, but they’d long ago figured out what worked for them.
Michael watched Yuki turn his head to bite against his arm, watched his body tense up as he came, watched it swirl the shower drain before he was right behind. Michael pulled back to get his hand around himself, jerking quickly until he came over Yuki’s back with a groan.
“Fuck,” he sighed out, Yuki turning around to face him. He indulged when Yuki reached up to slip his arm around Michael’s neck and pull him down into a kiss.
“Now lunch,” Yuki insisted, breaking into a laugh that Michael couldn’t resist to join.
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Questo è un paese dove se un anziano italiano ruba un tozzo di pane per fame lo arrestano, ma se sei un rom e rubi "per lavoro" ti proteggono. Se sei un africano e stupri "per cultura" ti comprendono, ma se sei italiano e spari ad un ladro in casa tua ti sbattono in prigione. Se sei un infermiere/medico ucraino non vaccinato ti assumono, mentre se italiano ti mandano a casa senza stipendio. Se sei indiano e vuoi aprire una frutteria e mettere il cibo sul marciapiede ti danno il permesso, ma se sei italiano ti multano. Chi è il razzista?
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Fabrizio De André - Khorakhanè (Live)
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Khorakhanè
(a forza di essere vento)
Il cuore rallenta la testa cammina
in quel pozzo di piscio e cemento
a quel campo strappato dal vento
a forza di essere vento
porto il nome di tutti i battesimi
ogni nome il sigillo di un lasciapassare
per un guado una terra una nuvola un canto
un diamante nascosto nel pane
per un solo dolcissimo umore del sangue
per la stessa ragione del viaggio viaggiare
Il cuore rallenta e la testa cammina
in un buio di giostre in disuso
qualche rom si è fermato italiano
come un rame a imbrunire su un muro
saper leggere il libro del mondo
con parole cangianti e nessuna scrittura
nei sentieri costretti in un palmo di mano
i segreti che fanno paura
finché un uomo ti incontra e non si riconosce
e ogni terra si accende e si arrende la pace
i figli cadevano dal calendario
Yugoslavia Polonia Ungheria
i soldati prendevano tutti
e tutti buttavano via
e poi Mirka a San Giorgio di maggio
tra le fiamme dei fiori a ridere a bere
e un sollievo di lacrime a invadere gli occhi
e dagli occhi cadere
ora alzatevi spose bambine
che è venuto il tempo di andare
con le vene celesti dei polsi
anche oggi si va a caritare
e se questo vuol dire rubare
questo filo di pane tra miseria e sfortuna
allo specchio di questa kampina
ai miei occhi limpidi come un addio
lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca
il punto di vista di Dio
Cvava sero po tute
i kerava
jek sano ot mori
i taha jek jak kon kasta
Poserò la testa sulla tua spalla
e farò
un sogno di mare
e domani un fuoco di legna
vasu ti baro nebo
avi ker
kon ovla so mutavia
kon ovla
(Trad. da lingua rom)
perché l'aria azzurra
diventi casa
chi sarà a raccontare
chi sarà
ovla kon ascovi
me gava palan ladi
me gava
palan bura ot croiuti
sarà chi rimane
io seguirò questo migrare
seguirò
questa corrente di ali...
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RAGA MA IO PIANGO DI NUOVO CON STA CANZONE CAPITE CHE IO SONO CRESCIUTA CON I MIEI NONNI A PANE E CANTAUTORE ITALIANO?
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"Il Pane del Diavolo" di Valeria Montaldi: Un Intrigante Viaggio nel Passato tra Storia e Mistero. Recensione di Alessandria today
Un romanzo storico che intreccia passione, segreti e lotte di potere nell'Italia del XV secolo.
Un romanzo storico che intreccia passione, segreti e lotte di potere nell’Italia del XV secolo. Recensione Nel romanzo “Il Pane del Diavolo”, Valeria Montaldi ci conduce in un avvincente viaggio nel passato, ambientato nell’Italia del XV secolo, dove le vicende dei protagonisti si mescolano a intrighi di corte, lotte di potere e oscuri segreti. Con una narrazione intensa e coinvolgente,…
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A Roma, gira che ti rigira, quartiere che vai usanza che ritrovi, i tipi di bar che puoi incontrare sono fondamentalmente quattro, vediamone due:
Il Bar dei Cinesi: Senza nome, situato in zone semi periferiche, è il simbolo di quartieri come Tor Pignattara, Quadraro, Tuscolano. Tendenzialmente non è davvero gestito da cinesi, o comunque non sempre. I gestori possono essere bengalesi, pakistani, moldavi, rumeni: per il circondario cresciuto a pane e critica neocoloniale il solo fatto di non avere un italiano al bancone lo renderà comunque automaticamente “er bar dei cinesi”. Il caffè è sempre bruciato, il Book of Ra ha i tasti consumati, le sambuche cominciano ad essere servite intorno alle 9:20 del mattino e il parco avventori è costituito da un melting pot di 40-50enni che farebbero la felicità di Daniel Pennac. Ai tavoli del Bar dei Cinesi, in un qualunque martedì mattina, è infatti possibile ascoltare insulti a cristo e catcallate potenti in almeno 12 lingue differenti.
Il Bar Italiano Anonimo: Si chiama Gecko Bar, Bar 2000, Bar Incontro, Bar Sport o una combinazione dei precedenti. A volte spiazza il pubblico con un misterioso nome tipo “l’Elefante”. Si trova ovunque, dalle piazze di Roma centro fino ai vicoli di Ostia. Interni bianchi, neon, televisore acceso fisso sulle tv delle radio che mandano in diretta i deejay che parlano (format misterioso). Serve il peggior caffè che l’essere umano abbia mai concepito, ma lo propone in versioni dal prezzo ingiustificatamente maggiorato tipo “nocciolino”, “crema pistacchiella”, “coattello”. Chi ci lavora non è MAI chi lo gestisce, e i banconisti hanno un turnover rate più asfissiante di quello che si trova in consulenza. Non ha clientela fissa ma è amatissimo dalle forze dell’ordine, che incoraggiano la popolazione locale all’uso di mezzi di circolazione alternativi all’auto bloccando con la volante l'intera carreggiata
Il Bar col Cognome Plurale: Appannaggio e quasi essenza spirituale, a volte proprio zeitgeist, dei primi municipi (in ognuno ce n’è uno, secondo gli avventori sempre il migliore bar di Roma), questo tipo di esercizio gioca sull’inconscio, sul non detto ma sull’evocato. Per esempio: da quanto è aperto? Nessuno lo sa, tutti lo ricordano presente nelle loro vite da sempre. Ti ci portava nonno a prendere il cucciolone, ma a sua volta tua madre ti racconta che ce la portava sua nonna a prendere il mottarello e così via in una catena infinita di avi sempre più remoti e gelati sempre più sconosciuti (il tuo trisavolo ci portava la tua bisnonna a prendere una Gran Coppa Mazzini al Maraschino). Al bancone hanno livrea e cappellino e sono sempre nervosissimi, come fossero nel pieno di un servizio da Marchesi. Dietro alla cassa spicca una pagina di quotidiano incorniciata su cui un cronista locale, in cambio dello stralcio di un conto lunghissimo mai saldato, ha decantato a tre colonne storicità e clientela vip del locale (è il preferito di Lino Banfi). La qualità è effettivamente alta, ma non tanto da giustificare prezzi, file per lo scontrino (in cui ci si trova a sgomitare con le creature più grottescamente stronze che l’urbe abbia mai partorito) e l’insistente namedropping che ne fanno i romani nei loro discorsi per ostentare uno stile di vita da generone orbitante in area vip. Non battono uno scontrino dall’83. Il Bar dei Vecchi: Ha direttamente il nome proprio, tutt’uno tra esercizio e proprietario, tra macchina e uomo: Bar Nello, Bar Franca, Bar da Pino, Al Bar da Vittorio e così via. Sempre più raro, lo trovi in luoghi assurdi, a volte incassato ai bordi di una consolare tra sprawl urbanistici fuori controllo come la casa del vecchio di Up!, ultimo baluardo di un’epoca in cui ci si rifugiava al bar per leggere i giornali sul pozzetto dei gelati, per telefonare coi gettoni o per sfuggire alle responsabilità domestico-familiari. Al bancone c’è un anziano segnatissimo, coi baffi se maschio o coi capelli corti e la parannanza se femmina, con le rughe che me c’è voluta na vita pe fammele veni’ come la Magnani e allenatissimo a dirti, col tono più cinico del mondo, che l’articolo che hai richiesto è terminato. “Un magnum grazie” “n c’avemo”, “una coca grazie” “n c’avemo”, “un tramezzino” “n c’avemo”. In pratica al Bar dei Vecchi puoi prendere tre cose: caffè&cornetto, freddolone alla menta e rigorosamente UN articolo assurdo e casuale che varia da bar a bar. Solero shots rimasto in frigo dal 2003, wackos al formaggio e cipolla, Kinder merendero, coppa malù. Sul cartello di lamiera dei gelati algida c’è una croce lapidaria su ogni prezzo, e ad ogni ora di ogni giorno, non importa quando entrerai, mattina pomeriggio o sera troverai sempre la nipotina del titolare a un tavolo in fondo che fa i compiti sotto a uno specchio promozionale coca-cola del 67. - via fb
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Buona Come Il Pane | Beautiful Carmen Russo | Film Completo in Italiano
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Esperienza culinaria.
Dopo aver girato la mattina per le strade di Las palmas si decide di mangiare. Ci guardiamo attorno e i ristoranti che vediamo a nostro avviso erano tutti un po’ troppo turistici. Quando ormai eravamo rassegnati abbian trovato questo buco. Il proprietario, un italiano, abbastanza scorbutico, faceva da cuoco cameriere e barista. Per mangiare ci abbiamo impiegato almeno un’ora. Tuttavia ne è valsa la pena. Il menu prevedeva culi di pane ripieno di salse a base di verdure, carne o pesce. Tutto buono e anche economico. Pizzadillo
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"Maccaroni! …uhm… maccaroni! Questa è robba da carettieri. Io nun magno maccaroni, io so' americano". Ma la tartina di pane con yogurt, marmellata e mostarda lo disgusta, e quindi: "Puah! … Ammazza che zozzeria, ahò! … Macaroni … m'hai provocato e io te distruggo, maccaroni! I me te magno! Questo o damo ar gatto! Questo ar sorcio, co questo ce ammazzamo e cimici”. Semplicemente una delle battute più famose del cinema italiano. Un americano a Roma (1954) diretto da Steno.
Buon pranzo a tutti 😊
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Mi ricordo Vergarolla o, alla polesana, Vargarola. Quel 18 agosto 1946 lo speaker di Radio-Pola ha letto il giornale radio alle 13 in italiano e alle 13.15 in serbo-croato, ha annunciato le regate, ha citato i campioni dell’anno prima. È tornato a casa in via Flanatica e dopo un quarto d’ora ne è uscito in compagnia di sua moglie, campionessa di nuoto, hanno preso le biciclette e pedalando si sono diretti verso Stoia. Si disputava le coppa dei campioni e loro due non volevano mancare. In quel momento c’è stata l’esplosione.
Zia Gina aveva voluto che nonna le desse il solito pane scuro frammisto di uva passa e un decimo di vino con tanta acqua e un cubetto di ghaccio nel bicchiere. Aveva cosi fermato la comitiva di noi cugine e delle nostre amichette. Se non fossimo arrivate in ritardo a Vergarolla, saremmo state fra le vittime. Invece quando raggiungemmo il portone della «Pietas Iulia» cominciarono a scoppiare le mine. Morti a catafascio. Il mare sputava sangue e fuoco. Non so né come né da dove spuntò fuori tra di noi, riuniti sulla spiaggia di fronte, un cannocchiale. Lo diedero per un attimo anche a me, mentre mio fratello Gianni protestava eccitatissimo perché a lui non volevano darglielo. Ecco, là, nel cono di luce che fruga, vedo zio Riccardo, il ghiaccio delle sue pupille nella faccia bianca simile a un muro di calcina, trascinare un uomo che perde sangue come un bue. Alcuni cadaveri erano distesi sulle rocce, altri galleggiavano in acqua. Feriti a decine. I soccorritori avevano il viso coperto di sudore e di sporco, erano tutti imbrattati di sangue e parevano invasi da un terrore e da un furore antichi. «Come è successo?». Silvano e Mimo, i due gemelli dei Venier, non poterono certamente rispondere. La morte li aveva colti che avevano appena finito di contare le mine. Ottanta ottantuno ottantadue ottantatré ottantaquattro ottantacinque ottanta... La conta si era fermata a ottantasei mine. Smisero di contarle quando sentirono un urlo e molti bagnanti accorsero verso il punto da cui proveniva. Mentre correvano ci fu un’esplosione assordante che scosse la baia e la prima fiammata infernale coronata di fumo nero salì verso il cielo. Poi, esplosioni a catena. Una strage fra i bagnanti. Si salvò chi era in mare, in barca, ma non tutti. Molte barche a vela si capovolsero mostrando le chiglie incrostate di alghe e fuchi di mare, molte scomparvero in un gorgo di acque sporche mentre frammenti carbonizzati galleggiavano in una disordinata vertigine che si andò allargando come ultimo segno di sventura e di disfacimento. Così si compì il destino di sessantacinque polesani, di cui cinquantanove furono identificati, cui va aggiunto un numero imprecisato di feriti gravi e leggeri. All’ospedale civile il chirurgo Geppino Micheletti riconobbe tra le salme i suoi due figli, eppure continuò a prestar soccorso ai feriti tutta la notte, senza mai allontanarsi dal tavolo operatorio.
Anna Maria Mori & Nelida Milani, Bora. Istria, il vento dell’esilio
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Pietà per l'Ucraina
Siccome Richard Moore, il capo dell’MI6, i servizi segreti esteri britannici, vaga alla ricerca di un perché, vorrei chiedere gentilmente al Corriere della Sera di fargli pervenire questa mia missiva umanitaria mentre Odessa è sotto le bombe: “Caro Richard Moore, mi chiamo Alessandro Orsini, sono un pacifista italiano. Vorrei tranquillizzarla. Lei non ha nessuna possibilità di umiliare Putin. Se andasse allo scontro con la Russia, l’Inghilterra sarebbe rasa al suolo in un secondo giacché l’Inghilterra ha circa 200 testate nucleari e la Russia oltre 6000. Eliminati i complessi di superiorità del blocco occidentale, la realtà le apparirà evidente: il massimo che il re inglese possa fare a Putin è portargli la colazione a letto con Boris Johnson a spalmare pane e marmellata a profusione. Moore, amico mio, sveglia, non siamo nel settembre 1939. Questa è l'era nucleare. L’Ucraina si trova in questa tragica situazione a causa di una classe dirigente europea che nella testa ha un criceto che gira nella ruota. Il fatto che i leader inglesi abbiano pensato, senza un briciolo di umanità, di poter distruggere la Russia per mezzo dell’Ucraina fornisce una misura precisa di quanto sia urgente che l'Europa vada in super produzione di cervelli e non di proiettili".
Alessandro Orsini.
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He escrito poemas en un papelucho,
he garabateado en el borde,
más estrellas que todas las de la vía láctea
y sigo
como ciega
en la noche
en que murió mi padre.
He quedado ausente, como si me hubiesen
otorgado visa para la niebla.
Me queda pan, aceite, olivas y vino barato.
Puedo inventar una vida de huérfana,
tengo tiempo, no llego y si llego
no pueden reconocerme.
TRADUCCION AL ITALIANO DE Bárbara Teresa Suárez
Ho scritto poesie in un fogliaccio,
ho scarabocchiato nel bordo,
più stelle di tutte quelle della via lattea
e continuo
come una cieca
nella notte
in cui è morto mio padre.
Sono rimasta assente, come se mi avessero
concesso un visto per la nebbia.
A me rimane pane, olio, olive e vino a buon mercato.
Posso inventare una vita da orfana,
ho tempo, non arrivo e se arrivasi
non possono riconoscermi.
Traduccion al italiano de Diego Dal Medico
Ho scritto poesie su un fogliaccio,
scarabocchiandone il bordo,
con più stelle che in tutta la Via Lattea
e continuo
cieca
come nella notte
nella quale morì mio padre.
Sono rimasta assente, come se mi avessero
rilasciato un lasciapassare per la nebbia
Mi rimangono pane, olive e vino scadente
Posso inventarmi una vita da orfana,
ho tempo, non sono arrivata e se arriverò
non potranno riconoscermi.
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