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"Il Pane del Diavolo" di Valeria Montaldi: Un Intrigante Viaggio nel Passato tra Storia e Mistero. Recensione di Alessandria today
Un romanzo storico che intreccia passione, segreti e lotte di potere nell'Italia del XV secolo.
Un romanzo storico che intreccia passione, segreti e lotte di potere nell’Italia del XV secolo. Recensione Nel romanzo “Il Pane del Diavolo”, Valeria Montaldi ci conduce in un avvincente viaggio nel passato, ambientato nell’Italia del XV secolo, dove le vicende dei protagonisti si mescolano a intrighi di corte, lotte di potere e oscuri segreti. Con una narrazione intensa e coinvolgente,…
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Storia di Musica #335 - The Clash, Sandinista!, 1980
Il punto esclamativo finale di questa piccola carrellata tra i dischi che lo hanno nel titolo arriva ad uno dei più famosi dischi degli anni ’80. Protagonista una band che nasce dal calderone del punk britannico della seconda metà degli anni ’70, ma che grazie ad un percorso per molti versi unico e virtuoso, è arrivata ad essere, giustamente, considerata come una delle più importanti rock band d tutti i tempi. Joe Strummer è figlio di un alto funzionario del Ministero degli Esteri Britannico, tanto che nasce in Turchia nel 1952. Quando ha 20 anni, fonda un gruppo, i 101’ers con Clive Tiperlee e Richard Dudanski. Suonano con discreto successo nei pub londinesi e registrano persino qualche canzone. Nel loro giro c’era un altro gruppo, I London SS, che erano noti poiché non suonavano quasi mai con la stessa formazione, in una sorta di gruppo aperto: tra coloro che più spesso ne facevano parte c’erano Mick Jones, Paul Simonon, Tory Crimes e Nicky “Topper” Headon. I primi tre si uniscono a Strummer e per qualche mese al chitarrista Keith Levine (che suonerà pochi anno dopo nei PIL di Johnny Rotten) e fondano un proprio gruppo, che prima si chiama Heartdrops, e poi The Clash. La prima, storica, esibizione è allo Screen On The Green di Islington, il 26 Agosto 1976. Inizia qui la loro storia: agli esordi sono una delle punte di diamante del punk di quegli anni, espressione più matura e politicamente sensibile del periodo storico economico di quei tempi. Ne è esempio il primo grande successo, White Riot, uscito nel Marzo 1977, ispirato agli scontri tra polizia e giovani neri al carnevale di Notting Hill nel 1976. Sono il punto di incontro della visione politica più matura e curiosa, lontano dall’anarchismo furbetto dei Sex Pistols o dall’apatia politica disinteressata dei Damned. Il loro esordio discografico è fragoroso: The Clash esce nell’anno Uno del Punk Britannico, il 1977, e piazza canzoni mito come I Fought The Law e (White Man) In Hammersmith Palais, unendo i ruvidi stilemi del punk a ritmi giamaicani del dub e del reggae. Il successo li carica, e il successo lavoro è leggenda: London Calling (1979) è il primo disco in studio cui Topper Headon prende posto dietro i piatti della batteria (dopo aver suonato già nel tour post primo disco), ma soprattutto è il racconto del rapporto odio-amore con gli Stati Uniti, fonte delle musiche vitali per loro stessi ma anche dell’ipocrisia, dei complotti. È un doppio disco che mostra la personale e infinita voglia di contaminare la musica di suoni e colori differenti: album pietra miliare per le musiche (l’incandescente title track), i temi (la violenza urbana di Guns Of Brixton, il terrorismo basco di Spanish Bombs), la copertina (che riprende la grafica dei primi dischi di Elvis con la foto di Simenon che distrugge il basso sul palco).
L’idea successiva, dopo un tour che li portò in mezzo mondo a suonare e una ormai consolidata fama di band impegnata, era piuttosto bizzarra: dopo aver imposto alla CBS il prezzo politico per London Calling di disco singolo pur essendo doppio, la band progettò la pubblicazione di 12 singolo uno per mese. Negata l’idea, ottenne di poter registrare per una settimana i mitici Electric Ladyland Studios di New York. Registrano di tutto, e tornano con una montagna di materiale a Londra. Inclusi vari remix dub di idee e canzoni. Mettono un po’ a posto tutto, e decidono di pubblicare tutto quello che avevano registrato, 36 canzoni, un triplo disco. La CBS non vorrebbe pubblicarlo, poi si accorda con la band: se volete anche stavolta il prezzo “politico imposto” dovete rinunciare ai diritti per le prime 200 mila copie. La band accettò.
Sandinista! è un omaggio al Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, un movimento rivoluzionario e partito politico nicaraguense protagonista nel 1979 del crollo del regime dittatoriale di Anastasio Somoza Debayle: deve il suo nome all’ispirarsi alle teorie di Augusto César Sandino, rivoluzionario nicaraguense, nonché uno dei conduttori della resistenza rivoluzionaria alla presenza militare statunitense in Nicaragua tra il 1927 e il 1933. Tra l’altro leggenda vuole che Margareth Thatcher odiasse profondamente il termine e avesse avuto l’idea di proibirlo in Gran Bretagna. Il disco allarga a dismisura l’osservazione del mondo, proprio perché, e le interviste dopo la pubblicazione lo confermeranno, i concerti li avevano portati dove non erano mai stati, potendo così vedere quello che non avevano mai visto. La musica non è mai stata così piena di influenze, di idee, tanto che i fan della prima ora lo criticarono aspramente, accusandolo di aver perso tutta la spontanea violenza del punk. Ma a ben vedere, i nostri non hanno affatto perso lo sguardo critico e potente sulle cose, lo hanno solo voluto esprimere in modi diversi. Bastano i 6 monumentali, e storici, minuti di The Magnificent Seven per spiegare tutto: primo brano di rap bianco, Mick Jones a New York rimase ipnotizzato dai primi lavori della Sugarhill Gang e dei Grandmaster Flash & The Furious Five, è il viaggio nella testa di un operaio che si alza alle sette di mattina per andare al lavoro, che lavora per comprare regali alla sua fidanzata, ma che è anche un grande affondo alla realta del consumismo contemporaneo. Hitsville Uk è un brano che sa di gospel e di soul (il titolo è un omaggio alla Motown). C’è il Blues di Junco Partner e la sua versione dub in Version Pardner. Ivan Meets G.I. Joe è la cronaca surreale dell'incontro-scontro a ritmo di disco music tra un soldato americano e uno sovietico su una pista da ballo, in un tripudio di suoni da videogioco. The Call Up si apre con i cori dei Marines statunitensi, perché la chiamata del titolo è proprio un riferimento al servizio militare, dato che nel 1980 il Congresso ripristinò l'obbligo per gli uomini di età compresa tra 18 e 25 anni di registrarsi al Selective Service System. C’è persino un valzer, Rebel Waltz, Charlie Don't Surf è tratto da una celebre battuta del film Apocalypse Now, Police On My Back, divenuta famosissima, è una cover di un vecchio brano di Eddy Grant contro il regime dell'apartheid in Sudafrica. Il tutto con remix, versioni dub, riferimenti alle rivoluzioni in America Latina, perfino la voce di una bimba, Maria, figlia di Mick Gallagher che dà una bella mano a suonare nel disco, che canta in modo stentato alcune strofe di Guns of Brixton accompagnata al pianoforte dal padre.
Ridondante, eccessivo, imperfetto, eppure spargerà fertilità ovunque e per decenni. Ricordo un ultima curiosità: non si sa se per caso o perché i Clash lo imposero, ma il numero di catalogo del triplo era 'FSLN1', stesso acronimo di Frente Sandinista de Liberación Nacional. Un ultimo riferimento magico ad un disco leggendario.
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Dal 1972, da quei comizi in cui a parlare era Ignazio La Russa, quando la Maggioranza silenziosa si riprendeva gli spazi che già aveva, ma che sosteneva le fossero stati sottratti dalla sinistra, dal vittimismo della destra che si lamenta di essere stata esclusa ed emarginata, come se in un Paese che ha avuto vent’anni di dittatura fascista l’esclusione di queste forze politiche non fosse il minimo indispensabile, sono cambiate molte cose a livello di contesto storico, ma alcuni ritornelli sono rimasti identici. Dagli intellettuali di destra che si lamentano di non poter dire nulla quando sono ogni giorno su quotidiani e trasmissioni a dire di tutto, in un universo politico in cui un generale si candida facendo il segno della X Mas come se fosse una gag elettorale, ai presidenti del Consiglio che si sentono vittime di complotti solo perché qualcuno fa notare l’impresentabilità delle loro squadre di governo, passando per i ministri che rispondono alla giustizia con video che sembrano girati per una campagna di abbonamenti teatrali o per qualche brutta imitazione di Black Mirror. In qualsiasi decade della nostra storia recente, ci sarà sempre un mostro da sbattere in prima pagina per deresponsabilizzarsi dal fatto che forse, semplicemente, si è inadeguati a governare; e le uniche vittime, in tutto ciò, siamo noi.
“Sbatti il mostro in prima pagina” è ancora la perfetta rappresentazione del vittimismo della destra
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“ Non avevi contatti con i Kennedy. No. Io nei primi anni Sessanta ho lavorato con Bobby a Chicago. Brevemente. Lavoravamo con un tizio di nome Ed Hicks che cercava di ottenere libere elezioni per i tassisti di Chicago. Kennedy era sostanzialmente un moralista. In breve tempo si sarebbe fatto una lista di nemici stupefacente e si vantava di sapere chi fossero e cosa stessero tramando. Non lo sapeva, ovvio. Quando un paio di anni piú tardi suo fratello venne ammazzato si ritrovarono invischiati in una sequela di intrighi e complotti che non sarebbero mai stati chiariti. In testa all’elenco c’erano l’omicidio di Castro e, se questo non fosse andato a segno, l’effettiva invasione di Cuba. Alla fine non credo che sarebbe successo ma è una specie di spia dei guai in cui si trovavano. Mi sono sempre chiesto se non ci sia stato un momento in cui Kennedy rendendosi conto che stava per morire non abbia sorriso di sollievo. Dopo l’ictus del vecchio Joseph per qualche motivo i Kennedy hanno ritenuto opportuno dichiarare guerra alla mafia. Ignorando lo storico accordo che il vecchio aveva stretto con loro. Non ho idea di cos’avessero in testa.
Jack continua a scoparsi la fidanzata di Sam Giancana – una signora di nome Judith Campbell. Anche se in tutta onestà – espressione curiosa – penso che Jack l’abbia vista per primo. Se non lui uno dei suoi papponi. Un tale di nome Sinatra. Cosa vogliamo dire dei Kennedy? Piú unici che rari. Un mio amico una sera a Martha’s Vineyard è andato a una festa privata e quando è arrivato Ted Kennedy stava accogliendo gli invitati sulla porta. Indossava una tuta giallo canarino ed era ubriaco. Il mio amico ha detto: Complimenti per la mise, senatore. E Kennedy ha detto sí, ma io me la posso permettere. Il mio amico – che è un avvocato di Washington – mi ha detto che i Kennedy non li aveva mai capiti. Li trovava sconcertanti. Ma quando ha sentito quelle parole dice che gli son cadute le bende dagli occhi. Ha pensato che probabilmente erano incise nello stemma di famiglia. Comunque si dica in latino. Sia come sia, non ho mai capito perché da nessuna parte esiste un monumento intitolato a Mary Jo Kopechne. La ragazza che Ted ha lasciato annegare nell’abitacolo dopo che lui ha tirato la macchina giú da un ponte. Non fosse stato per il sacrificio di quella donna quello squilibrato sarebbe diventato presidente degli Stati Uniti. Per me a parte Bobby erano solo una banda di psicopatici. Presumo che in qualche modo Bobby sperasse di poter scagionare la famiglia. Anche se certamente sapeva che non sarebbe stato possibile. Nei forzieri che avevano finanziato tutta l’impresa non c’era un solo centesimo pulito. E poi sono morti tutti. Ammazzati, perlopiú. Non sarà Shakespeare. Ma un discreto Dostoevskij. “
Cormac McCarthy, Il passeggero, traduzione di Maurizia Balmelli, Einaudi (Collana Supercoralli), 2023; pp. 334-335.
[Edizione originale: The Passenger, Alfred A. Knopf Inc., New York City, U.S. 2022]
#Il passeggero#letture#leggere#citazioni letterarie#misteri#Cormac McCarthy#New Orleans#anni '80#mafia#passato#letteratura americana contemporanea#traumi#America#libri#scrittori statunitensi#anni 2020#Ted Kennedy#dietrologismi#Maurizia Balmelli#memorie#anni '60#moralismo#Chicago#Stati Uniti d'America#ricordi#Robert Kennedy#complottismo#Mary Jo Kopechne#Martha’s Vineyard#politica americana
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Ma davvero @medusaxxx4ever mi ha bloccato dopo questo post? 😱
Rifiutare un confronto pacato, che fra l'altro partiva da basi condivise, è il tipico atteggiamento fascista degli antifascisti, dei gretini globalisti woke e dei covidioti.
Trovo che una chiusura al dialogo di questo tipo sia di una violenza maggiore di una rissa per strada: lì posso difendermi e rispondere, qui no. Il mio pensiero non interessa, vengo escluso, rifiutato, bandito dal consesso come se fossi un appestato o un pericoloso dissidente.
Solo chi conosce la debolezza delle sue argomentazioni usa la censura per impedire di essere contraddetto. Vedi, ad esempio, come si cerca di zittire le voci fuori dal coro con la scusa delle fake news.
A volte penso che non si voglia combattere le dittature ma, semplicemente, diventare i dittatori. Cambiano le parole d'ordine ma non i comportamenti...
Nello specifico, si preferisce continuare a lamentarsi dei complotti dei poteri forti piuttosto che confrontarsi per trovare soluzioni e strategie concrete per cambiare le cose, si preferisce la denuncia sui social all'azione, un like in più dato da chi la pensa già come noi piuttosto che fare cambiare idea a chi non lo fa. Il dialogo ed il confronto sui social non esistono, ci sono solo circoli autoreferenziali che si parlano addosso, si danno ragione a vicenda e non fanno nulla che possa avere delle ripercussioni nel mondo reale.
Un'opposizione di questo tipo è il sogno bagnato di qualunque potere autoritario! Del resto è risaputo, can che abbaia non morde.
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Da PagoPa al Maxxi della gestione Giuli, dall’Istituto poligrafico al centro per il libro e la lettura. C’è una società di lobbying in Italia che nell’era del governo Meloni è diventata sempre più forte. E ricca. È Utopia lab, anche nota con l’abbreviazione Utp, di Giampiero Zurlo, golden boy del lobbismo italico ed ex pupillo di Marcello Dell’Utri. Utopia, soprattutto nell’ultimo biennio, ha infatti aumentato il volume di affari – tra affidamenti diretti e gare vinte – con le partecipate statali e gli enti pubblici.
Un caso eccezionale visto che in pubblico Giorgia Meloni lancia strali nei confronti di «lobbisti e affaristi». Un mucchio indistinto per agitare lo spauracchio dei poteri forti.
Nella lista dei nemici è stato inserito soprattutto Luigi Bisignani, giornalista, lobbista e consigliere abile a muoversi nei palazzi del potere romano. La presidente del Consiglio è ossessionata da possibili complotti e vede ombre di congiure in ogni angolo. E a palazzo Chigi Bisignani viene considerati tra i possibili registi, nonostante sia un amico di vecchia data del ministro della Difesa, Guido Crosetto, co-fondatore di Fratelli d’Italia.
Bisignani ha ribadito l’amicizia in una recente intervista. Ma non basta a risollevare la considerazione nei suoi confronti.
La tela di Zurlo
Agli antipodi di Bisignani c’è quindi Zurlo, 41 anni, che ha saputo costruire una rete tra lobby e comunicazione, investendo – coadiuvato dal socio Ernesto Di Giovanni – anche nell’editoria con l’acquisizione di quote della rivista Formiche e la fondazione del sito Watcher post.
«È uno dei pochi lobbisti capace di dialogare direttamente con il sottosegretario, Giovanbattista Fazzolari», racconta a Domani chi conosce bene il fondatore di Utopia. Il braccio destro di Giorgia Meloni è noto per la sua ritrosia a incontrare portatori di interessi o rappresentanti di poteri forti o presunti tali. A meno che non siano meritevoli della sua fiducia.
Il sottosegretario ha comunque smentito, in un articolo su Repubblica, di avere un canale privilegiato con Zurlo. Ma le entrature di Utopia a palazzo Chigi, a più livelli, non mancano sebbene si eviti di sbandierare il rapporto.
Resta poi la certezza numerica: come ha potuto ricostruire Domani, Utopia nell’ultimo biennio ha visto balzare verso l’alto gli introiti legati ai contratti pubblici. Il grafico ascende di pari passo all’arrivo del governo Meloni. Nel 2020 – nel pieno del governo Conte II – gli affidamenti e l’aggiudicazione di appalti pubblici ammontava a soli 38mila euro, l’anno successivo i ricavi con il pubblico sono incrementati di poco, a 70mila euro, e nel 2022 c’è stato un altro balzo, sempre contenuto, a 95mila euro.
Il primo vero boom si è verificato nel 2023 – quando il governo Meloni era al timone – con 257mila euro di introiti per i rapporti con il pubblico. La scalata non è finita, anzi: la somma ha toccato il picco di 339mila euro nell’anno in corso.
Società melonizzate
L’ultimo contratto, il più sostanzioso, è quello stipulato con PagoPa, la società che garantisce i pagamenti online dei contribuenti, grazie all’aggiudicazione di un bando di gara per un totale di 169mila euro per i «servizi di consulenza strategica in ambito di relazioni istituzionali e stakeholder engagement». Insomma, PagoPa ha ora la sua società di lobby. E si torna laddove si era partiti: a palazzo Chigi.
L’amministratore delegato della società è Alessandro Moricca, uomo di fiducia di Fratelli d’Italia e che vanta un buon feeling proprio con Fazzolari. Moricca è un esperto di turismo e soprattutto di dati: proprio in questa veste, nel 2020, ha partecipato a un evento – fatto in videoconferenza – promosso dai parlamentari di Fratelli d’Italia per raccontare i «veri numeri» del Covid-19. Il cerimoniere dell’evento era proprio Fazzolari, all’epoca solo senatore di FdI, coadiuvato dal suo braccio destro, Francesco Filini, diventato erede al vertice del centro studi del partito meloniano. Moricca è un manager di comprovata fiducia per palazzo Chigi, tanto che è stato tra i primi nomi piazzati nel giro di cambi al timore delle società statali.
Zurlo, comunque, vantava già un certo feeling con PagoPa. A un mese dalla vittoria elettorale del centrodestra, nel 2022, aveva ricevuto un affidamento diretto 80mila euro, stabilito dal precedente consiglio di amministrazione della partecipata pubblica.
Ma a marzo Utopia è passata all’incasso anche altrove. Esattamente con un affidamento diretto da 96mila euro, dell’Istituto poligrafico e zecca dello stato per un «servizio di consulenza strategica per i vertici aziendali». Al vertice dell’Ipzs siede come presidente del cda Paolo Perrone, ex sindaco di Lecce, e dirigente di spicco di Fratelli d’Italia in Puglia.
È un uomo di fiducia del neo-commissario europeo, Raffaele Fitto. Perrone lo ha sempre seguito nelle sue varie avventure, anche quello del partitino Direzione Italia. C’è stato un breve dissidio, poi i due si sono ritrovati dentro FdI.
Non solo. Zurlo pu�� vantare un filo diretto con il nuovo ministro della Cultura, Alessandro Giuli, che da direttore del Maxxi a Roma gli ha affidato un contratto da 30mila per un servizio di supporto alla comunicazione. L’intesa è datata 8 febbraio, quando era impensabile che l’ex editorialista di Libero diventasse ministro.
Da allora le cose sono cambiate in meglio per Giuli che ha preso il posto di Gennaro Sangiuliano al Collegio romano. E con la cultura a Utopia si mangia, a differenza della famosa frase attribuita a Giulio Tremonti (benché l’ex ministro smentisca di averla pronunciata): nel gennaio 2023 la società di Zurlo è stato stipulato un accordo, da 69mila euro in anno, con il Centro per il libro e la lettura (Cepell) per la – «realizzazione di un piano di comunicazione istituzionale esterna e di un piano editoriale per siti web e social». Il Cepell fa riferimento, attraverso la direzione generale biblioteche, che risponde al ministero della Cultura.
Insomma, le entrature di Zurlo nei mondi della destra sono varie e sfaccettate. La spinta alla sua carriera è arrivata con la Fondazione del Buongoverno, creatura di Marcello Dell’Utri lanciata per dare spinta alla coalizione all’epoca capeggiata da Silvio Berlusconi.
Zurlo, all’epoca solo un giovane intraprendente, figurava tra i soci fondatori. Poi, sfruttando le relazioni, ha ramificato la capacità di fare lobbying. Oggi detta la linea della sua società che ha sede in Santa Maria in via, a Roma, alle spalle della galleria Alberto Sordi, proprio a due passi da largo Chigi. Altri uffici hanno aperto a Milano e soprattutto a Bruxelles.
Sforzo editoriale
C’è poi una diramazione di Utopia, il lato editoriale coperto da Zurlo attraverso la società Urania media, che ha acquisito quote della società Base per Altezza, editrice della rivista Formiche, molto influente nel mondo dei lobbisti e del potere.
Urania ha quindi fondato il giornale online Watcher post, garantendosi un avamposto nel mondo dell’informazione digitale grazie all’investimento previsto fino a un milione di euro. Ma Urania consente lo spin off di ulteriori introiti grazie ai rapporti con il pubblico.
Un esempio? Da Ismea, ente che fa capo al ministero dell’Agricoltura di Francesco Lollobrigida, sono stati erogati 20mila euro per la pubblicità dei servizi dell’istituto agricolo sulla rivista Formiche.
Stessa cifra è arrivata dall’Agenzia spaziale italiana, la cui nomina ai vertici spetta al Comint, il comitato per le politiche aerospaziali, presieduto dal ministro delle Imprese di Adolfo Urso. E ancora: 30mila euro sono stati erogati dall’Enac, ente di aviazione civile, per la realizzazione di una campagna di advertising di un evento istituzionale. Affari conclusi nell’ultimo anno e mezzo, in piena era Meloni.
Oggi, insomma, con le sue società Zurlo riesce a dialogare con tutte le articolazioni di Fratelli d’Italia. Qualche difficoltà maggiore arriva sul fronte della Lega. Un caso emblematico è la Sogin, società che gestisce lo smantellamento delle centrali nucleari, in cui il partito di Matteo Salvini sta prendendo il sopravvento in asse con Forza Italia.
Nel 2023 Utopia si è aggiudicata un bando di gara per il monitoraggio sui temi di interessi e la gestione di crisis management per una somma totale di 188mila euro in due anni. Solo che a inizio 2024 è cambiato qualcosa, la società guidata dall’amministrazione delegato, Gian Luca Artizzu, ha puntato sulla Vento associati, estrazione leghista con trascorsi vicini all’ex sindaca di Milano, Letizia Moratti.
In questo caso si tratta di un affidamento diretto da 139mila euro sotto la soglia, dunque senza un bando pubblico. Poco male, comunque. Utopia, a dispetto del nome, ha una base di realtà solida. Grazie anche a FdI.
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Battaglia - Edizione definitiva
Nato in Sicilia nel sangue della Prima Guerra mondiale e cresciuto tra omicidi, complotti e giochi di potere, Pietro Battaglia è un vampiro che attraversa come una ferita pulsante le tenebre italiane. Immerso nella storia segreta e nerissima dell’ultimo secolo del nostro Paese, Battaglia ne è al centro, sia come testimone che come protagonista occulto.
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"Simbolica degli ultimi gradi di perfezione e saggezza" di Irène Mainguy, edizioni Mediterranee. A cura di Alessandra Micheli
So che quando si parla di massoneria, i capelli si rizzano sulla testa e vengono in mente oscuri complotti e tanto, troppo marcio. Massoneria oggi è sinonimo di corruzione di privilegi, di orribili escamotage dominati dal dio mammoma. E tutti sognano di entrarci non già per ottenere l’illuminazione, quanto per sentirsi finalmente arrivati ai vertici di un potere che nulla cambia se non i…
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allora (lo so che non si inizia un discorso così) so che leggi i miei post ogni tanto e spero che questo lo leggerai.(ho già scritto questo testo nelle note ma ora lo riscriverò meglio e senza troppi particolari)
mi manchi, certo se no non ti starei dedicando un post hahaha. non è la prima volta che ti scrivo per dirtelo, ora non ho più la forza di accettare un rifiuto quindi se non riceverò un tuo messaggio mi convincerò che non l’hai letto. mi manca parlare con te, so che in passato non ti ho trattato come meritavi ma come ti ho già spiegato non era a causa mia ma del mio disturbo e non è una scusa è solo un dato di fatto. dici di non avere tempo okk ci sta,non posso ribattere perch�� non sono lì a poter guardare ciò che fai e non fai nella tua vita. una parte di me ti vorrebbe di nuovo nella mia vita l’altra ha paura, paura perché è un periodo di merda dove mi rifiuto di prendere la terapia quindi i miei comportamenti sbagliati ci sono non lo posso negare, ancora oggi scompaio per giorni o mi allontano dalle persone senza un motivo valido per poi tornare come se nulla fosse, ma lo faccio per difendermi non per fare del male. beh il messaggio che vorrei inviarti non parla di me,no non è vero in realtà parla di me non lo posso negare lol ma è molto ironico, scritto male però e non aggiusterò gli errori perché mi fa ridere,ah e poi parlo di una foto, avrei dovuto parlare anche del fatto che alcune volte apro la cartella sul mio telefono con le nostre foto e sorrido come na scema, perché sono scema non capisco mai quando mettere da parte la paura, ma non voglio parlare di questo. vorrei solo che tornasse tutto come prima, impossibile lo so. mi manca parlare con te dei complotti, giocare con te a fortnite (odio quel gioco però con te diventa speciale),i tuoi messaggi a mezzanotte,forse mi manchi semplicemente tu. boh vabbè ciao se un giorno mi chiederai quel messaggio te lo invierò hahaha
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Codice d’Onore di Giovanni Nocella: Lorenzo Guerra e la Congiura di d’Avalos. Recensione di Alessandria today
Intrighi, delitti e lealtà nella Napoli del ‘600 spagnolo
Intrighi, delitti e lealtà nella Napoli del ‘600 spagnolo Il romanzo “Codice d’Onore – Lorenzo Guerra e la Congiura di d’Avalos”, scritto da Giovanni Nocella, è un thriller storico avvincente che trasporta i lettori nella Napoli del 1648, durante il vicereame spagnolo. Parte della collana “Intrighi e delitti nel ’600 napoletano”, questo è il terzo volume dedicato al Secolo d’Oro della città…
#Alessandria today#amore e potere#Andrea d’Avalos#Codice d’Onore#collana Intrighi e Delitti#complotti e cospirazioni#coraggio e lealtà#cultura del Sud Italia#Cultura napoletana#Giovanni Nocella#Google News#intrighi del passato#Intrighi storici#italianewsmedia.com#libri ambientati nel passato#libri thriller#Lorenzo Guerra#Napoli 1600#Napoli e Spagna#Napoli storica#narrativa 1600#narrativa di qualità.#narrativa italiana#Narrativa storica#Personaggi storici#Pier Carlo Lava#Restaurazione spagnola#Rivolta di Masaniello#romanzi storici#romanzi vincitori premi
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⚠️ NOVITÀ IN LIBRERIA ⚠️
Gianfranco Peroncini
LA MALEDIZIONE DEI CENTURIONI (VOL.2)
Volume II - Algeri, 13 maggio 1958: il “piano Pouget” e il colpo di Stato della democrazia
Il “piano Pouget” è l’ultima “Grande eresia” del XX secolo. Prende il nome dal maggiore dei paracadutisti francesi Jean Pouget – al quale Jean Lartéguy dedicò il best seller dal titolo Les Centurions – che lo propose sul piano storico. A quattro anni dall’inizio del conflitto algerino – pochi mesi dopo la “battaglia di Algeri” – nell’incandescente crogiolo scaturito dalla rivolta popolare del 13 maggio 1958, grazie al clima prodottosi il 16 maggio con l’incredibile fraternizzazione delle masse europee e arabe sulla piazza del Forum della Ville Blanche, un gruppo di ufficiali paras pensò di poter osare l’inosabile: costruire la nouvelle Algérie con il concorso determinante delle forze più militanti dell’Fln…
Il progetto prevedeva la liberazione di Yacef Saadi – allora detenuto ad Algeri e condannato a morte quale responsabile della Zone autonome d’Alger dell’Fln – e un suo appello alle forze combattenti del Front de Libération Nationale per un cessate il fuoco. Un disegno organico, che aveva alle spalle il passo di due divisioni di paracadutisti, per porre fine, nella gioia, alla guerra d’Algeria. Per superare, con quattro anni di anticipo, la drammatica opposizione tra Algeria francese e Algeria algerina, nella sintesi suprema e ideale di un’Algeria guerriera e fraterna.
Il “piano Pouget” disegna una cerniera storico-politica ideale che collega la prima e l’ultima fase del conflitto algerino: la mécanique dell’orrore della “battaglia di Algeri”; il malaise dell’esercito; il mito dei paras; la rivolta e i complotti del 13 maggio; il passaggio dalla IV alla V Repubblica; i retroscena dell’attentato a colpi di bazooka contro il generale Salan, tenebroso crimine che farà tremare la IV e la V Repubblica; la “settimana delle barricate”; l’affaire Si Salah; la rivolta delle legioni di Algeri; l’Oas, il definitivo délestage dell’Algeria da parte di de Gaulle; l’esodo forzato di un milione di pied-noir e il massacro degli harkis…
Un libro di storia che si legge d’un fiato. Come un romanzo.
INFO & ORDINI:
www.passaggioalbosco.it
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Maro Baco - MESSAGGIO DI FINE ANNO: DISCORSO SERIO AGLI... - Facebook MESSAGGIO DI FINE ANNO: DISCORSO SERIO AGLI ANTI “COMPLOTTISTI” Voi considerate i “complottisti” intendendo quelli che vedono complotti in ogni angolo, come delle persone disturbate mentalmente, in genere dei frustrati che si rifugiano in queste paranoie. E spesso non avete tutti i torti. Ma attenzione, nello stesso disagio mentale ci sono i debunker, gli anti complottisti, quelli del “tutto va ben madama la marchesa”, che fanno da bastian contrario per analoghe frustrazioni. Però i furfanti, cioè quelli che hanno questi atteggiamenti per interesse, tra i Complottisti sono pochi e sono più che altro quelli che fanno soldi con libri e video sugli alieni, fantasie varie e montano complotti in ogni angolo, mentre i furfanti tra gli anticomplottisti, cioè i debunker, sonomoltissimi, tutti farabutti che in un modo o nell’altro racimolano qualcosa nella greppia del Potere, visto che le autorità pagano bene per sgombrare le cronache e le vicende storiche da eventuali scheletri negli armadi. DETTO QUESTO IO MI RIVOLGO AGLI ANTI COMPLOTTISTI IN BUONA FEDE QUELLI CHE SINCERAMENTE RINTENGONO ASSURDE CERTE IPOTESI, CERTI TEOREMI E SOSPETTI E SPESSO NON HANNO TUTTI I TORTI. Ma per la miseria! Come ha anche accennato Massimo Mazzucco: quando viene raccontato che il mezzo gangsters Jack Ruby uccise Oswald, “presunto autore di uno strano e sospetto omicidio del Presidente”, per evitare, disse, a Jacqueline Kennedy la moglie di Kennedy l’umiliazione di un pubblico processo dell’assassino”,anche la persona più disponibile e credulona arriccerebbe il naso, e comincerebbe a sospettare un inganno e falsa la versione ufficiale di quel crimine. • Quando ci viene raccontato che un terrorista arabo che non ha mai pilotato un aereo di linea sarebbe riuscito a colpire il Pentagono volando rasoterra “per pura fortuna”, e guida un boeing 757 facendogli fare virate, anche la persona più disponibile verso la versione ufficiale comincia asospettare un inganno. E quando poi si aggiunge una favoletta secondo cui ben due torri in acciaio sarebbero crollate, implodendo su se stesse, simmetricamente, a seguito di un urto di un a https://www.instagram.com/p/Cm3095-tl13/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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549 GIORNI
Come cambiano le cose in 549 giorni...
549 giorni fa cominciavo a vestirmi così
e ad avvolgere i cadaveri dei miei pazienti per accatastarli sul pavimento della cappella della mia RSA.
Non riesco più a ricordare quante parole ho speso, quante telefonate ho ricevuto, audio whatsapp mandati e, soprattutto, a quanti ask pubblici e privati ho risposto.
C’era il caos ma tutto sommato la gente impaurita tendeva a fidarsi e ad appoggiarsi a chi cercava di usare parole chiare e di buon senso.
Insomma, quando ci sono grossi problemi (reali o percepiti che siano) la gente ha a disposizione molto meno tempo ed energie per smartellare il cazzo al prossimo tramite le lagnose puttanate con cui è solita propellere la propria miseria di meri sopravviventi del quotidiano.
C’era il caos ma tutto sommato si condivideva tutti un'unica finalità...
Uscire dal caos
Ci credete se vi dico che oggi mi sentirei più al sicuro a soffocare dentro quell’hazmat suit con la barba intrecciata dentro la FFP3 piuttosto che sentire i deliranti sproloqui di chi lamenta la perdita di una presunta libertà a cui prima non avrebbe nemmeno saputo dare una forma e un nome?
Ve lo dico io: la libertà di poter fare quel che cazzo gli pare.
Preferivo il clima da 31 Dicembre 999 a.D. coi monatti a buttare sul caretto gli appestati che questo fiume di immani puttanate sconclusionate che sembrano uscite da un sacchetto gigante con le lettere di Scarabeo fatto esplodere con una bomba di merda pressurizzata.
E - mi spiace dirlo - non si salvano in molti.
Se sono arrivato a odiare gli antivax, io a voi provax vi megaodio.
Dubito fortemente che sappiate come in realtà funzioni un vaccino e l’unica cosa che vi differenzia da quegli Altri è che voi vi sentite di essere più giusti di loro. Senza però immaginare l’enorme senso di giustezza che scatena l’idea che la Polizia Vaccinale possa venirti ad iniettare veleni ogm mutagenici mentre dormi al calduccio.
State facendo riscaldamento correndo intorno a un ring dentro una discarica e mi cadesse un occhio dentro al frullatore se uso più di una mano per contare sulle dita le persone che in questi 549 giorni mi hanno dimostrato pacata umiltà nell’ammettere i dubbi sulla loro reale capacità di codificare quello che stava succedendo.
Non mi sto lamentando... solo che non posso più bere caffè e ogni tanto ho bisogno di una bella botta di porcoddio adrenalinico per non addormentarmi sul pavimento dell’ambulatorio mentre la gente in sala d’aspetto sibila sottovoce di complotti che Fox Mulder scansati.
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Fascismo neoliberale
Von Hayek ispira tutti i neoliberali odierni, ispira la struttura della UE. E fu un fermo sostenitore di Pinochet in Cile. Ispira quella genia di falsi che urla “fermiamo le destre” e nello stesso tempo auspica una indefinita sospensione della democrazia in questo paese e uno stravolgimento di fatto delle regole democratiche, della sovranità, che si abbia da decenni governi privi di mandato popolare, costruiti attraverso complotti di palazzo, trame oscure, in modo da annullare quello che qualifica uno stato come democratico: la sovranità popolare. Si sa, Pinochet era il garante delle libertà care a von Hayek e ai neoliberali: la libertà di sfruttare, reprimere le richieste di diritti, di licenziare. E basta leggere la sua opera più importante per capire quanto fosse totalitario e antidemocratico von Hayek. Ecco, quando un neoliberale rappresenta se stesso come un difensore della libertà contro lo Stato, sotto la coltre romantica sta dicendo che vuole sia garantita la sua libertà di sfruttare, vuole sia garantito il potere della ricchezza. Quello che vuole dire è: la ricchezza e solo la ricchezza deve esercitare il dominio, senza che lo Stato si frapponga a questo potere senza limite. Il neoliberalismo è l’altra faccia del fascismo. Una tattica: si è liberali sin quando si riesce a mantenere l’egemonia con i media, la ricchezza, i vincoli di élite. Ma se questo non basta i vari Pinochet sono benvenuti.
VINCENZO COSTA, da Facebook
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“Il Covid l’ho preso in Bulgaria. Sono stato subito male con febbre alta, ma l’ho sottovalutato. Avevo letto che alla mia età, 37 anni, al massimo avevi tre giorni di febbre. Invece è stato un crescendo. Ho vissuto tre fasi. La prima, di malessere vero: tosse tutto il giorno e nausea. Spossante. La seconda, della paura: in ospedale allo Spallanzani, dopo aver preso la saturazione che misurava 87 i dottori, che non smetterò mai di ringraziare, hanno cambiato faccia… Sono stato quattro giorni sotto ossigeno. La terza fase è stata quella dell’attesa: finiti i sintomi, sono rimasto 18 giorni positivo, senza poter uscire. Guardavo il mare dalla finestra. Mi ero trasferito in isolamento a Ostia, dove sono nato. Sono tornato spesso con la mente a quando ero ragazzino. La mia infanzia, mio padre che quando rompevo mi diceva: prendi il pallone e vai a giocare. Oggi invece ai nostri figli per farli stare tranquilli diamo l’iPad. Altri tempi. Sono cresciuto per strada e mi è servito. Andavo a scuola alla Passeroni alle medie e passavo per la pineta per andare a casa di nonna. Oggi avrei paura a fare quel tragitto. Ho visto quartieri disagiati, palazzi diroccati. Chi ha avuto tanto dalla vita deve restituire qualcosa. Voglio fare qualcosa per Ostia: magari permettere ai ragazzini di fare sport in in una zona pulita e non pericolosa. Mi sono vaccinato, mai stato contro. Posso capire l’anziano che ha paura delle reazioni, ma le manifestazioni in piazza di chi parla di complotti e nega il Covid le ritengo pura follia. Avere intorno gente che ragiona così mi spaventa. Il vaccino è l’unica strada per tornare ad avere una vita normale. Gli obblighi e le imposizioni mi fanno schifo sempre, la democrazia non si tocca, ma la tua libertà di scegliere non può intaccare la mia salute”. Daniele De Rossi a Sportweek. (Andrea Scanzi)
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"Essere un ribelle oggi" - Le Tradizioni dell'Europa, oltre la polarizzazione USA e Russia.
𝐶𝑜𝑚𝑒 𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑜𝑟𝑖𝑐𝑜 𝑒 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑎𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑓𝑟𝑎𝑛𝑐𝑒𝑠𝑒 𝐷𝑜𝑚𝑖𝑛𝑖𝑞𝑢𝑒 𝑉𝑒𝑛𝑛𝑒𝑟 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑝𝑟𝑒𝑡𝑎𝑣𝑎 𝑖𝑙 𝑑𝑒𝑠𝑡𝑖𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙'𝐸𝑢𝑟𝑜𝑝𝑎 𝑑𝑜𝑝𝑜 𝑙𝑒 𝑔𝑢𝑒𝑟𝑟𝑒 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑖𝑎𝑙𝑖 𝑒 𝑙'𝑒𝑚𝑒𝑟𝑔𝑒𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑆𝑡𝑎𝑡𝑖 𝑈𝑛𝑖𝑡𝑖 𝑒 𝑅𝑢𝑠𝑠𝑖𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑛𝑧𝑒 𝑔𝑙𝑜𝑏𝑎𝑙𝑖 𝑛𝑒𝑙 𝑠𝑢𝑜 𝑙𝑖𝑏𝑟𝑜-𝑡𝑒𝑠𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 "𝑈𝑛 𝑠𝑎𝑚𝑢𝑟𝑎𝑖 𝑑'𝑂𝑐𝑐𝑖𝑑𝑒𝑛𝑡𝑒".
La maggior parte dei miei lavori di pensatore storico sono state guidate da due percezioni forti, quella delle catastrofi europee del XX secolo, e quella dell'ablazione della nostra memoria, altrimenti detta la coscienza della nostra incapacità di raccogliere le sfide. Ma ecco che nel tramonto della mia esistenza, osservo i primi segni di un risveglio a cui ho sempre creduto senza sperare di vederlo da vivo.Non ho mai ammesso che la decadenza e il declino europei fossero delle fatalità. A differenza di tanti intellettuali che vedo ciarlare, sono stato innanzitutto nella mia gioventù un combattente prima di diventare storico e saggista. Questo spiega probabilmente, assieme a alcuni tratti caratteriali, il mio sguardo per nulla convenzionale sulla storia in corso. La storia non è una scienza esatta. Sebbene si pretenda che sia una scienza, di fatto non lo è ma utilizza metodi scientifici. È sapere e poesia. Quel sapere non è destinato alla soddisfazione dei ricercatori, professori o eruditi. Ha per funzione quella di svelare i misteri del passato, la nascita e il declino delle potenze, il comportamento e le ragioni degli attori piccoli e grandi, le cause e le conseguenze. Ha per funzione quella di fare luce su noi stessi e sul mondo incerto in cui viviamo. Quel sapere può restituirci la nostra memoria spezzata. Procede per analogie e paragoni. Non è neutro. È creatore di significato. Ecco perché questo sapere è contemporaneamente pericoloso e inebriante per coloro che, al di là della curiosità e della distrazione, ne traggono ragioni d'essere, di agire e di sperare.Così ho rubato al passato tutto quello che poteva apportarmi per capire il presente e fiutare le promesse del futuro, anche quando erano cupe. Mi sono tenuto alla larga dalle querelle scolastiche che hanno diviso gli universitari, traendo benefici dagli uni e dagli altri. Basandomi sulla conoscenza del lungo passato delle grandi civiltà, non credo alle fatalità storiche. Non più di quelle che immaginavano Vico o Spengler rispetto alle fatalità teorizzate da Marx o più di recente da un Fukuyama. Mi ci sono spesso scontrato.Come non essere ribelli oggi? Alla vigilia delle guerre di religione, nel suo Discorso sulla servitù volontaria, Étienne de La Boétie , amico di Montaigne, aveva individuato le forme sornione di tirannie velate che subiamo chiudendo gli occhi.Nei nostri paesi, l'epoca è così satura di tirannie mascherate. È contro di esse che sono insorto.Esistere è combattere quello che mi nega. Essere un ribelle non consiste nel collezionare libri proibiti, sognare complotti fantasmagorici o darsi alla macchia nei Carpazi. Significa essere legge a sé in virtù di una fedeltà a una legge superiore. Aggrapparsi a sé stessi di fronte al nulla. Badare a non guarire mai dalla propria gioventù. Preferire mettersi il mondo dietro le spalle che mettersi a faccia in giù. Nelle disgrazie, mai porsi la domanda dell'inutilità della lotta. Agiamo perché sarebbe indegno abbassare le braccia, e vale di più morire combattendo che arrendersi.Il primo atto per cui ci rifiutiamo di essere sottomessi consiste sempre nel liberarsi dalla paura o dal fascino delle parole. Le parole suscitano immagini toniche o tossiche, turbanti o inebrianti. È attraverso le parole, attraverso il loro potere seduttore, perfido o intimidatorio che un sistema dominante rinchiude coloro che vuole neutralizzare, ben prima di ricorrere ad altre armi più temibili. Scegliere il nome con cui indichiamo un avversario, chiamarlo, è già imporsi a lui, farlo entrare senza che sappia nel suo stesso gioco, preparare il suo annientamento o, al contrario, liberarsi della sua impresa. Così fecero, per essere liberi, l'imperatore Giuliano, Macchiavelli, Voltaire, Nietzsche o Solženicyn.Le parole sono armi. Dare a sé stessi le proprie parole, e inizialmente darsi un nome, è affermare la propria esistenza, la propria autonomia, la propria libertà. Così possiamo assumere il nome di ribelli.Il ribelle è in rapporto intimo con la legittimità. Si definisce contro ciò che percepisce come illegittimo. Davanti all'impostura o al sacrilegio, è per sé stesso la sua legge ed è fedele alla legittimità schernita. La ribellione innanzitutto dello spirito, prima del ricorso alle armi. La volontà di ingaggiare la lotta foss'anche senza speranza si è incarnata nell'Antigone di Sofocle. Il suo esempio ci introduce nello spazio della legittimità sacra. Antigone è una ribelle per fedeltà. Sfida il decreto di Creonte per rispetto alla tradizione trasgredita dal re. Poco importa che Creonte avesse le sue ragioni. Queste non annullano il sacrilegio. Antigone si crede quindi legittimata nella sua ribellione e ne accetta il prezzo. Possiamo fare nostro questo esempio trasmesso da Sofocle. Appartiene alla nostra tradizione.
Dominique Venner, Un samurai d'Occidente.
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