#narrativa di giustizia
Explore tagged Tumblr posts
pier-carlo-universe · 20 days ago
Text
La Legge Sono Io di Luca Mondelli. Un thriller di vendetta, giustizia e segreti oscuri. Recensione di Alessandria today
In un mondo dove la giustizia è diventata un concetto ambiguo, Ray Evans, un poliziotto dal passato tormentato, si trova a percorrere un sentiero oscuro che lo condurrà oltre ogni limite.
Sinossi In un mondo dove la giustizia è diventata un concetto ambiguo, Ray Evans, un poliziotto dal passato tormentato, si trova a percorrere un sentiero oscuro che lo condurrà oltre ogni limite. La tragica morte di Alicia, l’amore della sua vita, trasforma Ray in un uomo guidato esclusivamente dal desiderio di vendetta. Da difensore della legge a giustiziere implacabile, il suo viaggio lo porta…
0 notes
multiverseofseries · 3 months ago
Text
Beetlejuice Beetlejuice: il ritorno del cult di Tim Burton è un sentito omaggio
Tumblr media
Il classico di Tim Burton degli anni '80 torna con parte del cast originale, da Michael Keaton a Winona Ryder, oltre alla new entry Jenna Ortega. Presentato al Festival di Venezia 2024.
Tumblr media
La musica incalzante di Danny Elfman, la camera che scivola sulla cittadina di Winter River. È con un brivido che si accoglie l'apertura di Beetlejuice Beetlejuice, da fan di vecchia data del cult di Tim Burton e da amanti della filmografia del regista. Perché si capisce subito che è proprio ai fan di vecchia data che parlerà in prima battuta il film, questo ritorno che si affida a buona parte del cast originale, da Michael Keaton a Winona Ryder, con delle new entry d'eccezione come Willem Dafoe, Jenna Ortega e, ovviamente, Monica Bellucci.
Tumblr media
Winona Ryder torna nel sequel
Una trama (troppo?) elaborata per Beetlejuice Beetlejuice
Partiamo dallo spunto e l'intreccio, che ci hanno lasciato sensazioni contrastanti: ci è piaciuto lo spunto iniziale di tornare ai personaggi iconici di Beetlejuice a distanza di tanti anni, per ritrovare i Deetz e vedere come sono diventate le loro vite, dalla madre Delia che ancora insegue le sue pulsioni artistiche alla figlia Lydia la cui esistenza è ancora avvolta in quell'alone oscuro che avevamo amato negli anni '80, convogliato nella sua attività professionale. A loro si aggiunge una terza generazione di Deetz, rappresentata dalla figlia di Lydia, Astrid, tutte raccolta nuovamente a Winter River.
Tumblr media
Una sequenza di Beetlejuice Beetleuice
Lì la ragazza scopre il plastico dei Maitland ed entra in contatto con il mondo del soprannaturale in modi inaspettati, aprendo le porte al ritorno di Beetlejuice che è intanto alle prese con l'unico essere che riesce a spaventarlo: la sua ex moglie Delores. Più linee narrative che a tratti non trovano lo spazio e l'equilibrio necessario, come se la voglia di aggiungere idee e spunti avesse preso il sopravvento sulla compattezza narrativa. Un difetto che emerge soprattutto nel secondo atto, per poi sfociare con energia in un gran finale che rende giustizia alla potenza iconica dell'originale.
Un sequel tra evoluzione e omaggio
Abbiamo subito accennato a quello che ci è sembrato l'unico difetto di un film che nel complesso funziona: lo fa in quanto commedia macabra, con il gusto dark di Tim Burton che riemerge come in passato; lo fa in quanto omaggio in grado di parlare ai fan dell'originale, con richiami continui e sensati che i conoscitori sapranno identificare e amare; lo fa, ancora, come evoluzione di quei personaggi a cui ci sentiamo legati e che ritroviamo con emozione. In Beetlejuice Beetlejuice si nota, più che in altre produzioni recenti del regista, la voglia di costruire sequenze di grande impatto e nel divertimento che proviamo scorgiamo quello dello stesso Burton.
Tumblr media
Jenna Ortega è una delle new entry del film di Tim Burton
Parallelamente și percepisce la riflessione di un autore più maturo alle prese con personaggi che hanno abituato il suo passato e che esplora con curiosità a distanza di anni. Una riflessione che riguarda loro, ma in parallelo anche se stesso, un modo per ripensare alla sua vita e la sua carriera dal punto di vista privilegiato dell'autore più maturo.
La forza iconografica di Beetlejuice
È indubbio che il primo film abbia una forza iconografica incredibile, che abbia proposto al pubblico una sequenza da storia del cinema (la celebre, impagabile, cena/ballo) e il timore era che il sequel di Beetlejuice non riuscisse a rivaleggiare col suo predecessore su questo fronte. Seppur ovvio che qualcosa di quella potenza sia inarrivabile, non mancano i grandi momenti in questo nuovo film: una sequenza vede protagonista Monica Bellucci, un regalo di Burton all'attuale compagna, un altro è il gran finale, una cerimonia a ritmo di musica.
Tumblr media
Beetlejuice Beetlejuice: un'apparizione di Danny DeVito
Insomma un'operazione riuscita, un film compiuto al di là di qualche problema di gestione delle diverse linee narrative, ma soprattutto un film che i fan di Tim Burton e del primo Beetlejuice - Spiritello porcello apprezzeranno. Da estimatori non possiamo che esserne felici!
Conclusioni
In conclusione Beetlejuice Beetlejuice è un sentito omaggio di Tim Burton al suo film degli anni ’80 e a quel pubblico che l’ha seguito sin dagli esordi. Il cast originale conferma il lavoro fatto sui personaggi e ne evolve la portata, le new entry completano il quadro in termini di evoluzione della storia. Qualche incertezza di scrittura, soprattutto nella parte centrale della storia, non rovina un film che diverte ed evoca quelle sensazioni che dal sequel di Beetlejuice ci saremmo aspettati.
👍🏻
L’estetica di Tim Burton, che ritroviamo con piacere.
Quel gusto per la commedia dark, tipica dell’autore.
Michael Keaton, Winona Ryder e il cast originale.
Un paio di sequenze potenzialmente cult.
👎🏻
Alcune storyline meno sfruttate.
Qualche problema di equilibrio tra vecchi e nuovi personaggi.
7 notes · View notes
alessandro55 · 6 months ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
L'albero della cuccagna
Nutrimenti dell'arte
Achille Bonito Oliva
Analisi storica Guido Guerzoni
Skira, Milano 2017, 254 pagine,brossura, 151 ill.a colori, 24x28cm, ISBN 9788857237107
euro 35,00
email if you want to buy [email protected]
Nell’immaginario collettivo la Cuccagna rappresenta il paese dell’abbondanza e il luogo del divertimento per antonomasia.
Il gioco che da questo mito prende il nome ha alle proprie spalle una lunga tradizione e una altrettanto arcaica memoria popolare. Simbolo di gioia e prosperità – ma anche della fatica e dell’impegno indispensabili a ottenerle – questa immagine è comune a tutte le culture europee, ed è presente nelle sue diverse varianti tanto nei riti diffusi sulle sponde del Mediterraneo, quanto nelle saghe nordiche. Molteplici sono i riferimenti concettuali che conferiscono a questa icona specifica un valore d’identità condivisa, che accomuna civiltà tra loro anche distanti. L’albero della cuccagna è, dunque, identificabile come motivo iconografico capace di una funzione narrativa e interpretativa del presente globalizzato, ma anche come metafora utile a generare riflessioni sul tema dell’alimentazione e della giustizia sociale. Attraverso un innovativo progetto espositivo in progress, partito nell’ambito di EXPO 2015 e conclusosi nel 2017, Achille Bonito Oliva ha selezionato 45 artisti per realizzare opere ispirate al tema arcaico dell’albero della cuccagna, costruendo una mostra diffusa su tutto il territorio nazionale, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, che ha coinvolto musei e fondazioni pubbliche e private. Nel libro l'installazione luminosa di Giovanni Albanese, la “camera a olio” di Per Barclay, la quercia di Gianfranco Baruchello, le opulenze contraddittorie e inquietanti di Bertozzi e Casoni, per arrivare a una varietà di punti di vista con Marzia Migliora, Goldschmied &Chiari, Alfredo Jaar, Sislej Xhafa, Patrick Tuttofuoco, Michelangelo Pistoletto, Luigi Ontani, Mimmo Paladino.
L’esperienza curatoriale ed espositiva, per molti versi straordinaria, di questa mostra è ora raccolta nel volume italiano/inglese edito da Skira che, accanto al saggio del curatore e a un’analisi storica firmata da Guido Guerzoni, documenta le 45 opere attraverso i contributi critici di professionisti del mondo della cultura contemporanea (critici, storici dell’arte, direttori di museo e curatori indipendenti) e la segnalazione delle innumerevoli collaborazioni e sponsorizzazioni – pubbliche e private – che hanno supportato artisti e musei.
Mostra 25 settembre 2015 - 10 marzo 2017 Oltre 40 sedi in Italia
23/06/24
1 note · View note
abatelunare · 2 years ago
Text
Libri che vanno letti 26
Quando ero ragazzo mi ero comprato Cattedrale, libro che riuniva alcuni racconti di un certo Raymond Carver, scrittore americano. Lo avevo letto e non mi era piaciuto per niente. Me n’ero sbarazzato grazie a una fumetteria che ritirava anche libri usati. Dopo diversi anni si è scoperta una cosa. L’editor cui Carver si era affidato ne aveva arbitrariamente stravolto i testi, rendendoli del tutto diversi da come in realtà erano. In tempi relativamente recenti, hanno recuperato le stesure originali, rendendo giustizia al loro autore. Einaudi ha quindi ripubblicato la “nuova” versione dei racconti di Carver. Cattedrale è diventato Principianti. Io l’ho comprato e - sarà stata la suggestione dell’avere saputo che quella era roba genuina o l’essere nel frattempo cresciuto come lettore oltre che come persona - mi è piaciuto un sacco. Per questo lo consiglio. Per il rispetto filologico dell’opera. E per il solito mio discorso che se si vuole imparare davvero qualcosa in materia di narrativa breve, bisogna confrontarsi con gli scrittori americani del Novecento. I migliori erano loro.
Tumblr media
8 notes · View notes
stardust-artistic-studios · 14 days ago
Video
youtube
IL LUPO DI BIBBIANO
youtube
  IL LUPO DI BIBBIANO
https://www.amazon.it/Bibbiano-processo-lassoluzione-leggenda-sconvolto/dp/B0D363PYRX Il lupo di Bibbiano. Il processo a Claudio Foti, la gogna, l’assoluzione. La leggenda che ha sconvolto l’Italia. Il libro, scritto dall'avvocato Luca Bauccio, difensore di Claudio Foti, il principale imputato nella vicenda dei presunti affidi illeciti di Bibbiano, narra con immensa umanità e grande competenza il processo politico-mediatico-giudiziario che ha sconvolto l’Italia. Un caso, quello del lupo di Bibbiano, in cui i mezzi di comunicazione di massa mostrano i denti e la forza del sistema nel distruggere con precisione chirurgica la vita di persone innocenti, noncuranti delle tragiche conseguenze. Siamo di fronte a una vera e propria gogna mediatica, conclusasi però con il trionfo della Giustizia. Nel video, ascolterete alcuni estratti dal libro con la colonna sonora originale, creata in esclusiva per l'opera letteraria. Musica originale: Mariangela Ungaro (anche esecutrice al pianoforte) Attore: Francesco Ingrosso Studio di registrazione e produzione audio MILANO MUSIC ZONE https://www.milanomusiczone.com/ Dal punto di vista musicale, potrete ascoltare il tema del Lupo, il tema dell'attesa e della gogna dalle tipiche sonorità che caratterizzano le produzioni cinematografiche dei film dossier; si aggiungono diversi gesti sonori intimamente legati alla semantica narrativa, tra cui il signal sonoro di una raggelante cordiera. Ci sono alcune citazioni musicali di pubblico dominio, funzionali alla narrazione: la descrizione dell'ampollosità dell'aula con la Follia di Corelli e il celeberrimo Largo di Haendel; si unisce il tema portante del film "Gesù di Nazareth" di F. Zeffirelli, a far deflagrare la semantica dell'accanimento ingiusto, che volge infine al modo maggiore, quando Foti viene assolto. (Mariangela Ungaro) Milano, Novembre 2024
1 note · View note
carmenvicinanza · 16 days ago
Text
Toni Cade Bambara
Tumblr media
Toni Cade Bambara, scrittrice, accademica, documentarista e attivista, importante protagonista del Black Arts Movement degli anni Sessanta, ha apportato un enorme contribuito al femminismo nero.
La sua scrittura si muove attraverso la cultura afroamericana, incorporando il dialetto di strada, le tradizioni orali e tecniche riconducibili al jazz come modello strutturale ed estetico per le forme scritte. I suoi personaggi, luoghi e atmosfere sviluppano situazioni non lineari costruite come improvvisazioni su una melodia.
Nata Miltona Mirkin Cade a New York, il 25 marzo 1939, è cresciuta con suo fratello e sua madre Helen Henderson che, influenzata dal Black Harlem Renaissance, la incoraggiava a studiare, scrivere e approfondire la storia afroamericana.
Aveva sei anni quando ha cambiato il suo nome in Toni a cui, nel 1970, ha aggiunto l’appellativo Bambara, relativo al gruppo etnico dell’Africa Occidentale di cui la sua bisnonna faceva parte. 
Frequentando il Queens College, dove era una delle pochissime studenti nere, ha iniziato a utilizzare la scrittura come strumento per entrare in contatto con sé stessa e la propria identità. 
A spingerla a scrivere era stato il desiderio di dare spazio a quelle idee che non trovavano posto nello schema fisso del componimento inglese, cercando di rendere giustizia a un altro punto di vista.
All’università si è interessata di danza, lavorato a teatro e partecipato alla rivalutazione del canto popolare e del suo messaggio politico.
Si è laureata in arti teatrali e letteratura inglese nel 1959. Successivamente, è andata a studiare mimo a Parigi.
Ha conseguito un master in narrativa africana al City College nel 1964 dove ha iniziato a insegnare, l’anno successivo, al Theater of the Black Experience. Si era impegnata a rendere più inclusiva l’istituzione con l’aggiunta di un corso di nutrizione e cultura africana. Auspicava la creazione di un’accademia in cui si dedicasse maggior attenzione all’apprendimento di temi politici e sociali.
Ha fatto parte del programma SEEK – Search for Education, Elevation, Knowledge e contribuito enormemente al suo sviluppo.
È stata professoressa associata alla Rutgers University nel 1969.
La sua antologia The Black Woman del 1970, è stata la prima raccolta femminista di autrici nere.
È stata direttrice del programma della Colony Settlement House a Brooklyn, lavorato per i servizi sociali di New York e come direttrice ricreativa nel reparto psichiatrico del Metropolitan Hospital.
Negli anni Settanta è stata a Cuba per studiarne le organizzazioni politiche femminili. Ha messo in pratica queste esperienze quando si è trasferita con la figlia Karma Bene ad Atlanta, dove ha co-fondato il Southern Collective of African American Writers.
Ha insegnato in diverse università, è stata professoressa ospite di studi afroamericani alla Emory University e all’Università di Atlanta, dove ha anche insegnato alla School of Social Work.
È stata artista residente al Neighborhood Arts Center, allo Stephens College della Columbia e allo Spelman College di Atlanta.
Nel 1981, ha scritto l’introduzione di un’altra innovativa antologia femminista nera, This Bridge Called My Back.
Dal 1986, ha insegnato sceneggiatura cinematografica allo Scribe Video Center di Philadelphia e tenuto lezioni alla Biblioteca del Congresso e allo Smithsonian Institution. 
La sua prima raccolta di racconti è stata Gorilla, My Love, del 1972. Tra le storie incluse ci sono Blues Ain’t No Mockin Bird, Raymond’s Run e The Lesson, che compaiono in tutte le antologie di letteratura afroamericana e in alcuni testi scolastici.
Nel 1980 il suo romanzo The Salt Eaters ha vinto l’American Book Awards.
Per tutti gli anni Ottanta si è dedicata alla produzione cinematografica e televisiva. Ha scritto la sceneggiatura per The Bombing of Osage Avenue, film incentrato sull’assalto della polizia al quartier generale di Philadelphia del gruppo di liberazione nera MOVE il 13 maggio 1985. Ha contribuito anche alla serie di documentari American Experience con l’episodio “Midnight Ramble”: Oscar Micheauz and the Story of Race Movies e al documentario W.E.B. Du Bois: A Biography in Four Voices.
Si è spenta il 9 dicembre 1995 a Philadelphia a causa di un cancro al colon.
Il romanzo sulla scomparsa e l’omicidio di quaranta bambini neri ad Atlanta tra il 1979 e il 1981, Those bones Are Not My Child (originariamente intitolato If Blessing Come), è stato pubblicato postumo nel 1999 a cura di Toni Morrison, che lo considerava il suo capolavoro e che aveva già raccolto i suoi scritti in un volume dal titolo Deep Sightings & Rescue Missions: Ficrion: Essays & Conservations, pubblicato nel 1996.
0 notes
anchesetuttinoino · 4 months ago
Text
«Il governo Meloni è pronto a smontare l’assegno unico per i figli. Per rimontarlo in una versione più aderente alla narrativa della famiglia propria dell’esecutivo di destra».
Ieri Repubblica seminava zizzania sostenendo che con la “scusa” degli avanzi di bilancio (l’assegno pesa quest’anno 20 miliardi strutturali ma arriva al 91 per cento dei beneficiari) e della procedura di infrazione europea deferita alla Corte di giustizia Ue, il governo sarebbe prossimo, con la Legge di bilancio, a tagliare l’assegno base da 57 euro a figlio (destinato alle famiglie che non presentano l’Isee o ne hanno un o troppo alto) spostando «più risorse alle famiglie molto numerose, con disabili, con una storia di lavoro radicata in Italia».
Bufala di Repubblica: «Sparisce l’assegno unico»
1 note · View note
adrianomaini · 4 months ago
Text
0 notes
botallo · 4 months ago
Text
0 notes
claudio1959 · 7 months ago
Text
Tumblr media
*VIVA MORI, ABBASSO MORI!*
Il comunicato stampa del Comando Generale dei Carabinieri, di solidarietà al Generale Mario Mori, ha provocato, sui social, la solita forma della narrativa nazionale cui siamo abituati da tempo. La polarizzazione del tifo da stadio. Da una parte i Guelfi dall’altra i Ghibellini.
Una narrativa dalla quale nessuno, purtroppo, esce vincitore.
E nessuno ha fatto scacco a nessuno.
Perché esce certamente perdente lo Stato, di cui fa parte la Giustizia, e quindi siamo perdenti tutti.
O meglio, continueranno ad uscire vincitori solo i veri delinquenti, che restano tantissimi. E si sentiranno ancor più in diritto di confondersi con le vittime delle migliaia di casi Tortora del nostro paese. Troppi anche per le statistiche che permettono un tasso fisiologico di errori giudiziari. Migliaia di casi tortora anche tra le forze di polizia. Dove non tutti hanno la celebrità e l’attenzione riservata, nel bene e nel male, al generale Mori.
Nella Guardia di Finanza, ad esempio, io ne ho conosciuti diversi. A due dei quali, il Generale Mango ed il Colonnello Mendella, lo scorso anno ho dedicato il premio « amico del Consumatore » che mi era stato consegnato dal Codacons.
E Mori, a tanti, sembra esserlo, a 83 anni, e dopo anni di processi subiti, una vittima.
Almeno per chi, come me, sino al giorno dell’ennesimo avviso di garanzia ricevuto dopo piena assoluzione per gli stessi fatti, credeva nella sacralità del “*ne bis in idem*”…
Sacralità violata che, non so se opportunamente (a mio avviso) o meno (ad avviso di altri), il Comando Generale dei Carabinieri ha voluto denunciare pubblicamente.
Con una sobria ma ferma nota di solidarietà umana che utilizza una formula ciclostilata di questi tempi: “abbiamo fiducia nella magistratura e nella giustizia”.
Ma quale magistratura e quale giustizia? Quella di Firenze, Napoli, Palermo, Milano, Udine, Canicattí o dell’agognato « giudice a Berlino »?
Anche il tuo parere mi sarà prezioso.
0 notes
pier-carlo-universe · 3 days ago
Text
Omicidi in Pausa Pranzo di Viola Veloce: un giallo che svela segreti insospettabili tra gli uffici. Recensione di Alessandria today
Viola Veloce porta i lettori nel misterioso mondo degli impiegati, tra tensioni e delitti.
Viola Veloce porta i lettori nel misterioso mondo degli impiegati, tra tensioni e delitti. Recensione: “Omicidi in Pausa Pranzo” di Viola Veloce è un romanzo giallo che si distingue per il suo stile ironico e avvincente, ambientato nel contesto insospettabile degli uffici. La storia intreccia sapientemente intrighi, misteri e una sottile critica sociale, rendendo il libro una lettura che non…
0 notes
multiverseofseries · 4 months ago
Text
Guardiani della Galassia Vol. 3: un meraviglioso capitolo finale
Tumblr media
James Gunn termina il suo percorso in casa Marvel Studios con Guardiani della Galassia Vol. 3, un film maturo, ispirato, struggente e dedicato al senso d'appartenenza e alle ferite che ci rendono unici, confezionando un cinecomic indimenticabile.
James Gunn ha sempre avuto le idee chiare sul percorso dei suoi Guardiani della Galassia. Non ci è dato sapere se le cose sarebbero andate diversamente, qualora non fosse accaduta la vicenda del licenziamento e successiva re-integrazione, ma quel che è certo è che l'attuale co-ceo DC Studios non avrebbe desiderato comunque una successione infinita di sequel per il suo amatissimo gruppo di imbecilli. Li ha sempre sentiti suoi, sin da quando mostrò a Kevin Feige di essere la persona giusta per trasporli sul grande schermo con passione ed entusiasmo. In quasi dieci anni è cresciuto e cambiato con loro, restando sempre quell'autore un po' "weirdo" che tanto lo ha aiutato a immedesimarsi e concepire cinematograficamente i suoi Guardiani, re-interpretandoli in chiave personale e raccontandoli come una vera e propria famiglia di disadattati eroi spaziali, stramba e irresistibile eppure forte e umanissima.
Tumblr media
Guardiani della Galassia Vol. 3: una scena tratta dal trailer
È soprattutto con Rocket (Bradley Cooper) che James Gunn ha empatizzato di più, creando per lui un'evoluzione psicologica e caratteriale profondamente marcata e significativa, tanto da sentirsi in dovere di dargli una giusta conclusione, uno di quei finali che fanno bene anche quando fanno male, senza dimenticarsi ovviamente di mostrare qualcosa di intenso e maturo sul piano narrativo. Guardiani della Galassia Vol. 3 nasce proprio da questa esigenza-impellenza, rivelandosi a conti fatti lo straordinario capitolo finale di una saga pronta ormai a cambiare pelle e soluzioni, non prima di aver salutato il suo pubblico nel modo più emozionante e straripante possibile.
Tutti per uno e uno per tutti
Tumblr media
Guardiani della Galassia Vol. 3: Zoe Saldana e Chris Pratt in una scena
Il terzo e ultimo film dei Guardiani è una creatura diversa dalle precedenti. L'autore fa tesoro di una marcata sensibilità drammatica proveniente dalla sua grande affezione per i personaggi, cercando per loro giustizia. Vuole massimizzare il potenziale espressivo del proprio cinema senza cadere vittima di facili virtuosismi o semplificazioni emotive di sorta, confezionando un lungometraggio in grado di esprimersi al meglio della sua concettualità senza risultare narrativamente ridondante o mero esercizio estetico. C'è dentro il Gunn della Marvel ma anche quello della Troma, in un titolo produttivamente altisonante che questa volta vuole però affidarsi totalmente alle sue fragilità e alle sue caratteristiche più uniche che rare. Si avverte così una maturazione narrativa eccezionale che sa dove vuole arrivare e come arrivarci, partendo dall'essenziale, dal sentirsi veramente uno schifo.
Tumblr media
Guardiani della Galassia Vol. 3: una scena tratta dal trailer
Lo cantano i Radiohead in Creep ed è emblematico della situazione di Peter Quill (Chris Pratt) dopo la perdita di Gamora nella Guerra dell'Infinito (Zoe Saldana) e il mancato match amoroso con la sua variante del passato ora riscopertasi Ravenger. Come suggerisce Mantis (Pom Klementieff), Star-Lord deve "imparare a nuotare nel grande stagno della sua vita", ma nel mentre del down più clamoroso del leader dei Guardiani succede qualcosa di improvviso e preoccupante che destabilizza la situazione su Knowhere, costringendo il team a partire per la missione di salvataggio più delicata e importante di tutte. Per quanto semplice, la misura del concept è in grado di abbracciare con efficacia ogni singola transizione psicologica di tutti i protagonisti, dando ampio spazio al passato di Rocket come vera e propria storia d'origini del personaggio, dato che per comprendere dove si sta andando è essenziale capire da dove si è partiti.
Tumblr media
Guardiani della Galassia Vol. 3: Pom Klementieff, Zoe Saldana e Dave Bautista in una scena tratta dal trailer
E il vero cuore di Guardiani della Galassia Vol. 3 è questo: riconoscere la forza delle proprie unicità come grande arma di resilienza e sopravvivenza, scavando in ferite ancora aperte e sanguinanti (e questo è anche il caso di Quill) fino a trovare la forza di guarirle e suturarle. Cosa c'è di più umano di questo? Forsa le tridimensionalità che Gunn è riuscito a conferire al suo procione spaziale, trasformando un piccolo animale ferito e abusato in un protagonista esemplare, amico e compagno d'armi fidato, mente brillante ma sognatore spaventato. Il passo da colmare è quello che lo separa "dal cielo meraviglioso e infinito", un buco colmo di ricordi dolorosi che da soli danno peso e coerenza all'esistenza del film. Ed è proprio questa anima che va salvata, per salvare quella dei Guardiani stessi.
Face the music
Tumblr media
Guardiani della Galassia Vol. 3: una scena tratta dal trailer
James Gunn imbastisce uno spettacolo fatto ancora una volta di enormi set pieces, scenografie e costumi pratici, effetti speciali usati dove e quando serve senza mai strafare. È cinema palpabile e mainstream nel senso più nobile del termine. Guardiani della Galassia Vol. 3 è infatti un caso a parte, per cui vale lo stesso trasporto e lo stesso peso emotivo vissuto già in Infinity War ed Endgame, seppure con le dovute differenze. "Face the music", recita la tag line del film, e in effetti di conseguenze - a volte anche spiacevoli - si parla nel tessuto narrativo, spinto da una vena drammatica più marcata seppure sempre e comunque mitigato da ottimi dialoghi commediati e botta e risposta esilaranti. Per raccontare il passato di Rocket si utilizza enormemente lo strumento del flashback, inframezzato (a volte con soluzioni di montaggio un po' povere, in realtà) alla linea narrativa principale per quasi due ore.
Tumblr media
Guardiani della Galassia Vol. 3: una scena tratta dal trailer
Poi cambia la musica - è il caso di dirlo - e Gunn rilassa la vena di commozione personale per questo addio ai suoi personaggi e comincia ad accelerare con lo spettacolo. Nell'ultima ora l'azione torna protagonista e anche l'intuzione formale, estetica e coreografica trova una sua precisa scrittura, specie in un piano sequenza sulle note di No Sleep Till Brooklyn dei Beastie Boys che è quanto di meglio la regia action di Gunn potesse offrire in contesto. Nei primi atti c'è un crescendo di situazioni diversificate che vanno dall'heist-movie al dramma famigliare dove il senso d'appartenenza e il sacrificio per il prossimo sono le due chiavi di lettura principali, dopodiché si mischiano le carte e le suggestioni cinematografiche si accavallano senza demolirsi a vicenda, in un lungometraggio dal sapore più "contenuto" rispetto ai due capitoli precedenti ma al contempo più centrato, coinvolgente, spesso davvero toccante.
Tumblr media
Guardiani della Galassia Vol. 3: una scena tratta dal trailer
La cura è la stessa a cui l'autore ci ha abituati, ma questa volta persino la scelta del villain e del suo interprete, l'Alto Evoluzionario di Chukwudi Iwuji, si rivela straordinaria, vista e considerata la performance dell'attore di Peacemaker che qui regala un nemico freddo, impietoso e a tratti esagerato nella sua volontà di perfezionamento, esaltato e fuori controllo, megalomane e con manie quasi messianiche. Unica nota stonata è forse l'utilizzo di Adam Warlock (Will Poulter), che non raggiunge il massimale espressivo ed è invece sfruttato ad hoc ai soli fini dell'intreccio, dove il focus resta sui Guardiani e la loro ultima avventura su grande schermo. Si arriva agli sgoccioli di questa saga decennale gonfi di soddisfazione e con un nodo in gola, con la mano e la penna di James Gunn che ci ricordano come il sapore amaro della fine non deve scoraggiare nessuno a vivere con pienezza e verità il dolce gusto di un nuovo inizio, a ballare con quelle ferite ormai lenite che prudono ancora, sommersi dalla consapevolezza di non essere soli e che in quel cielo meraviglioso e infinito fluttuano ancora miliardi di possibilità.
Conclusioni
In conclusione toccante e divertente, straripante di commozione e maturità, Guardiani della Galassia Vol. 3 è un ottima conclusione della saga cinematografiche di James Gunn, uno spettacolo dove il dramma famigliare e l'importanza delle proprie unicità abbracciano battute, dialoghi e situazioni spesso esilaranti e altre davvero centrate. Tirando le somme, l'autore ha confezionato il capitolo più intimo e personale del franchise, dove la tematica dei "weirdo" costituisce l'apice della sua narrativa emozionale e Rocket diventa contenitore e sostituto della stessa. Accompagnato da una colonna sonora roboante e da una delle più belle sequenze d'azione mai dirette dal regista, il film è quel cielo meraviglioso e infinito dove Gunn voleva portarci e lasciare i suoi amati personaggi prima di cambiare definitivamente casacca.
👍🏻
La regia di James Gunn, sempre ispirata e inventiva.
Il dramma di Rocket è trattato con una sensibilità disarmante.
La scrittura è la migliore del franchise.
L'alto evoluzionario di Chukudi Iwuji convince e sorprende.
La sequenza sulle note dei Beastie Boys.
👎🏻
Adam Warlock un po' sottotono.
0 notes
cinquecolonnemagazine · 1 year ago
Text
La Meccanica Quasistica di Tiziano Distefano 
Il potere creativo delle parole La Meccanica Quasistica di Tiziano Distefano edito da Transeuropa Edizioni è il libro d’esordio dell’autore, un’insolita raccolta di storie nelle quali si intrecciano scienza, economia e filosofia. In 24 racconti l’autore crea un’interessante osmosi tra l’infinitamente logico e l’infinitamente assurdo. I protagonisti delle vicende sono sia oggetti che persone, ed entrambi si comportano in modo caotico, scomposto, proprio come particelle subatomiche. Mondo reale quindi che si confonde con il surreale per dare al lettore un microcosmo di pura creatività su cui riflettere e in cui le domande esistenziali si accompagnano a quelle legate alle ingiustizie sociali e ambientali. Ringraziamo Tiziano Distefano per l’intervista che ci ha dato modo di scoprire le sue passioni, il suo rapporto con la scrittura e alcuni aspetti centrali della raccolta di racconti La Meccanica Quasistica. La Meccanica Quasistica di Tiziano Distefano  Salve Tiziano, lei è nuovo ai lettori di Cinquecolonne Magazine. Ci racconta brevemente cosa fa nella vita, di cosa si occupa? Attualmente sono ricercatore e docente di Economia Ecologica presso il Dip. di Economia dell’Università di Firenze. Collaboro anche con università straniere in Colombia, Perù e negli Stati Uniti (quali il MIT). In particolare, studio il legame tra la transizione ecologica e la giustizia sociale, tentando di capire in che modo si possano rispettare i limiti biofisici e al contempo garantire un buono standard di vita a tutte le persone. Il concetto di Economia Ecologica si fonda in effetti su questi principi e si lega in modo stretto alle teorie dei sistemi complessi dove i fenomeni possono evolvere in modo imprevedibile, nuove proprietà possono emergere dall’incontro di molti fattori diversi e dove i concetti di causa ed effetto diventano sempre più sfumati. Queste idee impongono un modo nuovo di vedere il mondo, un cambio di paradigma. Penso che la mia ricerca accademica abbia ispirato l’intera raccolta. La Meccanica Quasistica è una raccolta di racconti. Ha mai provato a cimentarsi in un romanzo? Le piacerebbe l’idea? E se no, perché? In effetti il primo tentativo di scrittura fu un romanzo che ancora giace in un cassetto in attesa di essere recuperato. A dir il vero, ho trovato nella narrativa breve una forma più adatta per poter spaziare su molti temi diversi in libertà, trasformando in racconti gli spunti o le intuizioni che ricavavo dalle letture scientifiche e filosofiche. Infatti, per me, il Quasismo rappresenta un esperimento letterario che gioca sul confine sottile che divide realtà e immaginazione. L’obiettivo è quello di indagare il potere creativo di tutto ciò che sembra paradossale o contraddittorio. Insomma, un modo per sfidare il nostro senso comune e vedere quali nuovi mondi possiamo esplorare. Le storie che narra nel suo libro sembrano tutte molto surreali. Ma c’è un filo rosso che le unisce o che unisce i suoi protagonisti? Ognuna delle 24 storie è incentrata su un personaggio diverso, in molti casi neppure umano - c’è un sasso, una libreria, un dado, un albero e persino la Morte in persona! Quindi, ciò che unisce i personaggi è il fatto di essere “strani” e di vivere vicende assurde. La scelta di uno stile surrealista mi ha permesso di offrire diversi livelli di lettura e di seguire binari non ordinari nello svolgimento delle storie: più che la trama, diventano rilevanti le suggestioni che vengono prodotte, un po’ come accade nei sogni. Non a caso i dipinti surrealisti avevano un forte connotato onirico. In questo modo, è possibile capovolgere il nostro punto di vista e ripensare il concetto di a-normale, diverso, contraddittorio; insomma, tutto ciò che in genere escludiamo dalle nostre vite. In fondo, a detta dei fisici stessi, la meccanica quantistica è una teoria assurda, eppure funziona! Quando è entrata la scrittura nella sua vita? Com’è avvenuta la magia? Ho iniziato a scrivere in modo sistematico durante gli anni del dottorato quando, ogni giorno, dovevo fare un’ora di bus per raggiungere l’Università. Negli ultimi anni mi sono avvicinato alla narrativa breve grazie a grandi maestri quali Borjes, Calvino, Munro, Buzzati e Manganelli. E sono rimasto fulminato sulla via di Damasco: decisi che quello sarebbe diventato il mio stile.A ben pensarci, la scrittura è veramente magica: pochi segni su di un pezzo di carta sono in grado di produrre emozioni, di farci progettare grandi opere, di scoprire leggi naturali o di segnare il destino di interi popoli. Quindi è incredibilmente potente. Per questo penso che la letteratura debba essere presa sul serio: la scrittura diventa quindi un’ottima palestra per immaginare e costruire un mondo migliore. Ci racconta qualche sua abitudine di scrittura? Non so, decide diligentemente ogni sera di impegnarsi a scrivere una storia, prende la penna solo quando ha l’ispirazione, scrive sempre e di tutto in qualsiasi momento? In ossequio alla filosofia Quasista non posso di certo indicare una chiara e precisa regola, quanto un insieme frastagliato di abitudini che ho seguito in modo più o meno volontario. Il mio luogo prediletto è stato il divano rosso del salotto che, essendo troppo corto per potercisi sdraiare, impone una posizione abbastanza scomoda per addormentarsi ma piuttosto adatta alla scrittura. Inoltre, dato che ogni racconto è diverso e ispirato a suggestioni occasionali, che trovavo in altre letture o in dettagli catturati nei luoghi più disparati, ero solito registrare un audio sul cellulare per potermene ricordare. Poi, appena trovavo il tempo o ne sentivo il bisogno, mi mettevo a sedere e scrivevo direttamente al computer. Ecco, un ingrediente importante è il tempo, risorsa sempre più scarsa: in fondo tutti/e siamo alla continua “ricerca del tempo da perdere”. Insomma, l’ozio è importante per scrivere e per vivere bene. Read the full article
0 notes
frateclaudio · 1 year ago
Text
Giustizia nuova
Nella prima lettura di questa domenica (Is 55,6-9), la dichiarazione divina trasmessa dal profeta “i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le mie vie non sono le vostre vie” (55,8) trova un’esposizione narrativa nella parabola evangelica (Mt 20,1-16) secondo la quale gli operai che hanno lavorato un’ora sola nella vigna del padrone ricevono una paga identica a quella di coloro che hanno…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
incamminoblog · 1 year ago
Text
Luciano Manicardi "Giustizia e bontà"
XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)  (24/09/2023) Vangelo: Mt 20,1-16 Nella prima lettura di questa domenica (Is 55,6-9), la dichiarazione divina trasmessa dal profeta “i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le mie vie non sono le vostre vie” (55,8) trova un’esposizione narrativa nella parabola evangelica (Mt 20,1-16) secondo la quale gli operai che hanno lavorato un’ora sola nella…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
colachampagne3 · 1 year ago
Text
Ho pensato ai finali delle orufrey per molto tempo e avevo pensato a un finale pieno di vendetta per Prima di partire per un lungo viaggio perché di solito tolgo lo spirito vendicativo di Qifrey per concentrarmi su altri suoi aspetti che vengono nascosti dal suo passato, ad esempio mi piace molto come si comporta da figlio nella fase ribelle (o più nella fase "quanto è cringe mio papà") con Beldaruit eccetera.
Nel primo finale che avevo in mente per Prima di partire per un lungo viaggio, Qifrey convinceva Olruggio a portarlo all'interno della cupola e strappava via il suo occhio dai suoi abitanti senza pensare nemmeno alle conseguenze delle sue azioni (doveva mettere da parte il senso di colpa verso Beldaruit morto, ad esempio, e mettere in secondo piano i sentimenti di Olruggio e non pensare che i mostri intorno alla cupola ci sono ancora, ci sono degli attacchi anche all'interno della cupola e persone innocenti possono morire senza quell'occhio), perché volevo una storia per dire "una nazione non si può basare sul sacrificio sul sacrificio di qualcuno, anche se questo qualcuno è soltanto una persona". Non è giusto che qualcuno abbia tolto l'occhio a Qifrey e penso che avrei voluto inquadrare la scelta di Qifrey di riprendersi quello che era suo non in modo egoistico quanto per pura e semplice giustizia, con Olruggio al suo fianco e tanti sensi di colpa per entrambi, ma anche una qualche giustizia.
Non ho optato per questo finale perché volevo qualcosa di più soffice che mi permettesse di mettere al primo posto i sentimenti di entrambi. Ho dovuto fare i salti mortali per reinquadrare la narrativa nella mia testa. Non è difficile mettere al primo posto il rapporto tra Olruggio e Qifrey o tra Qifrey e Beldaruit, anzi, mi piace mostrare il loro lato tenero, soprattutto quello di Qifrey, mi sono messa a lavoro appena ho preso la decisione e ho cercato di smussare il suo spirito vendicativo per sostituirlo con il suo attaccamento per Beldaruit prima e per Olruggio poi, ho raccontato un po' della vita di Olruggio come persona che viveva dentro la cupola per dare un po' più di contesto per quello che erano almeno i bambini normali (o chi in quella cupola è arrivato più tardi) ma visto che sto scrivendo una orufrey ho cercato di tagliare corto e quindi ho ottenuto quel primo capitolo striminzito.
Speriamo le cose vadano bene adesso che sto scrivendo l'ultima parte della storia.
0 notes