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I falsari di Sandro Borelli.Una riflessione sull'arte, l'inganno e l'identità. Recensione di Alessandria today
Biografia dell'autore. Sandro Borelli è uno scrittore di grande sensibilità, capace di intrecciare temi complessi con una scrittura elegante e coinvolgente.
Biografia dell’autore.Sandro Borelli è uno scrittore di grande sensibilità, capace di intrecciare temi complessi con una scrittura elegante e coinvolgente. La sua capacità di esplorare le zone d’ombra della società e dell’individuo lo rende una voce originale nel panorama letterario contemporaneo. Recensione.“I falsari” è un romanzo che esplora il mondo dell’arte e della contraffazione…
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[Lei s’innamorò come s’ innamorano sempre le donne intelligenti:
come un’ idiota]
La zia Daniela s’innamorò come s’innamorano sempre le donne intelligenti: come un’idiota. Lo aveva visto arrivare un mattino, le spalle erette e il passo sereno, e aveva pensato: «Quest’uomo si crede Dio». Ma dopo averlo sentito raccontare storie di mondi lontani e di passioni sconosciute, si innamorò di lui e delle sue braccia come se non parlasse latino sin da bambina, non avesse studiato logica e non avesse sorpreso mezza città imitando i giochi poetici di Góngora e di suor Juana Inés de la Cruz come chi risponde ad una filastrocca durante la ricreazione. Era tanto colta che nessun uomo voleva mettersi con lei, per quanto avesse occhi di miele e labbra di rugiada, per quanto il suo corpo solleticasse l’immaginazione risvegliando il desiderio di vederlo nudo, per quanto fosse bella come la Madonna del Rosario. Gli uomini avevano paura di amarla, perché c’era qualcosa nella sua intelligenza che suggeriva sempre un disprezzo per il sesso opposto e le sue ricchezze.
Ma quell’uomo che nulla sapeva di lei e dei suoi libri le si accostò come a chiunque altra. Allora la zia Daniela lo dotò di un’intelligenza abbagliante, una virtù angelica e un talento d’artista. Il suo cervello lo guardò in tanti modi che in capo a dodici giorni credette di conoscere cento uomini.
Lo amò convinta che Dio possa aggirarsi tra i mortali, abbandonata con tutta se stessa ai desideri e alle stramberie di un uomo che non aveva mai avuto intenzione di rimanere e non aveva mai capito neppure uno di tutti i poemi che Daniela aveva voluto leggergli per spiegare il suo amore.
Un giorno così com’era venuto, se ne andò senza neppure salutare. Non ci fu allora in tutta l’intelligenza della zia Daniela una sola scintilla in grado di spiegarle ciò che era successo.
Ipnotizzata da un dolore senza nome né destino, diventò la più stupide delle stupide. Perderlo fu un dolore lungo come l’insonnia, una vecchiaia di secoli, l’inferno.
Per pochi giorni di luce, per un indizio, per gli occhi d’acciaio e di supplica che le aveva prestato una notte, la zia Daniela sotterrò la voglia di vivere e cominciò a perdere lo splendore della pelle, la forza delle gambe, l’intensità della fronte e delle viscere.
Nel giro di tre mesi divenne quasi cieca, le crebbe una gobba sulla schiena e dovette succedere qualcosa anche al suo termostato interno, perché, nonostante indossasse anche in pieno sole calze e cappotto, batteva i denti dal freddo come se vivesse al centro stesso dell’inverno. La portavano fuori a prendere aria come un canarino. Le mettevano accanto frutta e biscotti da becchettare, ma sua madre si portava via il piatto intatto mentre Daniela rimaneva muta, nonostante gli sforzi che tutti facevano per distrarla.
All’inizio la invitavano in strada, per vedere se, guardando i colombi e osservando la gente che andava e veniva, qualcosa in lei cominciasse a dare segni di attaccamento alla vita. Provarono di tutto. Sua madre se la portò in Spagna e le fece girare tutti i locali sivigliani di flamenco senza ottenere da lei nulla più di una lacrima, una sera in cui il cantante era allegro. La mattina seguente inviò un telegramma a suo marito:«Comincia a migliorare, ha pianto un secondo». Era diventata come un arbusto secco, andava dove la portavano e appena poteva si lasciava cadere sul letto come se avesse lavorato ventiquattr’ore di seguito in una piantagione di cotone. Alla fine non ebbe più forze che per gettarsi su una sedia a dire a sua madre:«Ti prego, andiamocene a casa».
Quando tornarono, la zia Daniela camminava a stento, e da allora non volle più alzarsi dal letto. Non voleva neppure lavarsi, né pettinarsi, né fare pipì. Un mattino non riuscì neppure ad aprire gli occhi.
«E’ morta!», sentì esclamare intorno a sé, e non trovò la forza di negarlo.
Qualcuno suggerì a sua madre che un tale comportamento fosse un ricatto, un modo di vendicarsi degli altri, una posa da bambina viziata che, se di colpo avesse perso la tranquillità di una casa sua e la pappa pronta, si sarebbe data da fare per guarire da un giorno all’altro. Sua madre fece lo sforzo di crederci e seguì il consiglio di abbandonarla sul portone della cattedrale. La lasciarono lì una notte con la speranza di vederla tornare, affamata e furiosa, com’era stata un tempo. La terza notte la raccolsero dal portone e la portarono in ospedale tra le lacrime di tutta la famiglia.
All’ospedale andò a farle visita la sua amica Elidé, una giovane dalla pelle luminosa che parlava senza posa e che sosteneva di saper curare il mal d’amore. Chiese che le permettessero di prendersi cura dell’anima e dello stomaco di quella naufraga. Era una creatura allegra e attiva. Ascoltarono il suo parere. Secondo lei, l’errore nella cura della sua intelligente amica consisteva nel consiglio di dimenticare. Dimenticare era una cosa impossibile. Quel che bisognava fare era imbrigliare i suoi ricordi perché non la uccidessero, perché la obbligassero a continuare a vivere.
I genitori ascoltarono la ragazza con la stessa indifferenza che ormai suscitava in loro qualsiasi tentativo di curare la figlia. Davano per scontato che non sarebbe servito a nulla, ma autorizzarono il tentativo come se non avessero ancora perso la speranza, che ormai avevano perso.
Le misero a dormire nella stessa stanza. Passando davanti a quella porta, in qualsiasi momento, si udiva l’infaticabile voce di Elidé parlare dell’argomento con la stessa ostinazione con la quale un medico veglia un moribondo. Non stava zitta un minuto. Non le dava tregua. Un giorno dopo l’altro, una settimana dopo l’altra.
«Come hai detto che erano le sue mani?», chiedeva.
Se la zia Daniela non rispondeva, Elidé l’attaccava su un altro fronte.
«Aveva gli occhi verdi? Castani? Grandi?».
«Piccoli», rispose la zia Daniela, aprendo bocca per la prima volta dopo un mese.
«Piccoli e torbidi?», domandò Elidé.
«Piccoli e fieri», rispose la zia Daniela, e ricadde nel suo mutismo per un altro mese.
«Era sicuramente del Leone. Sono così, i Leoni», diceva la sua amica tirando fuori un libro sui segni zodiacali. Le leggeva tutte le nefandezze che un Leone può commettere. «E poi sono bugiardi. Ma tu non devi lasciarti andare, sei un Toro: sono forti le donne del Toro».
«Di bugie sì che ne ha dette», le rispose Daniela una sera.
«Quali? Non te ne scordare! Perché il mondo non è tanto grande da non incontrarlo mai più, e allora gli ricorderai le sue parole: una per una, quelle che ti ha detto e quelle che ha fatto dire a te».
«Non voglio umiliarmi».
«Sarai tu a umiliare lui. Sarebbe troppo facile, seminare parole e poi filarsela».
«Le sue parole mi hanno illuminata!», lo difese la zia Daniela.
«Si vede, come ti hanno illuminata!», diceva la sua amica, arrivate a questo punto.
Dopo tre mesi ininterrotti di parole la fece mangiare come Dio comanda. Non si rese neppure conto di come fosse successo. L’aveva portata a fare una passeggiata in giardino. Teneva sottobraccio una cesta con frutta, pane, burro, formaggio e tè. Stese una tovaglia sull’erba, tirò fuori la roba e continuò a parlare mettendosi a mangiare senza offrirle nulla.
«Gli piaceva l’uva», disse l’ammalata.
«Capisco che ti manchi».
«Sì» disse la zia Daniela, portandosi alla bocca un grappolo d’uva. «Baciava divinamente. E aveva la pelle morbida, sulla schiena e sulla pancia».
«E com’era… sai di che cosa parlo», disse l’amica, come se avesse sempre saputo che cosa la torturava.
«Non te lo dico», rispose Daniela ridendo per la prima volta dopo mesi. Mangiò poi pane e burro, formaggio e tè.
«Bello?», chiese Elidé.
«Sì», rispose l’ammalata, ricominciando a essere se stessa.
Una sera scesero a cena. La zia Daniela indossava un vestito nuovo e aveva i capelli lucidi e puliti, finalmente liberi dalla treccia polverosa che non si era pettinata per tanto tempo.
Venti giorni più tardi, le due ragazze avevano ripassato tutti i ricordi da cima a fondo, fino a renderli banali. Tutto ciò che la zia Daniela aveva cercato di dimenticare, sforzandosi di non pensarci, a furia di ripeterlo divenne per lei indegno di ricordo. Castigò il suo buon senso sentendosi raccontare una dopo l’altra le centoventimila sciocchezze che l’avevano resa felice e disgraziata.
«Ormai non desidero più neppure vendicarmi», disse un mattino a Elidé. «Sono stufa marcia di questa storia».
«Come? Non mi ridiventare intelligente, adesso», disse Elidé. «Questa è sempre stata una questione di ragione offuscata: non vorrai trasformarla in qualcosa di lucido? Non sprecarla, ci manca la parte migliore: dobbiamo ancora andare a cercare quell’uomo in Europa e in Africa, in Sudamerica e in India, dobbiamo trovarlo e fare un baccano tale da giustificare i nostri viaggi. Dobbiamo ancora visitare la Galleria Pitti, vedere Firenze, innamorarci a Venezia, gettare una moneta nella Fontana di Trevi. Non vogliamo inseguire quell’uomo che ti ha fatto innamorare come un’imbecille e poi se n’è andato?».
Avevamo progettato di girare il mondo in cerca del colpevole, e questa storia che la vendetta non fosse più imprescindibile nella cura della sua amica era stata un brutto colpo per Elidé. Dovevano perdersi per l’India e il Marocco, la Bolivia e il Congo, Vienna e soprattutto l’Italia. Non aveva mai pensato di trasformarla in un essere razionale dopo averla vista paralizzata e quasi pazza quattro mesi prima.
«Dobbiamo andare a cercarlo. Non mi diventare intelligente prima del tempo», le diceva.
«E’ arrivato ieri», le rispose la zia Daniela un giorno.
«Come lo sai?»
«L’ho visto. Ha bussato al mio balcone come una volta».
«E che cosa hai provato?»
«Niente».
«E che cosa ti ha detto?»
«Tutto».
«E che cosa gli hai risposto?»
«Ho chiuso la finestra».
«E adesso?», domandò la terapista.
«Gli assenti si sbagliano sempre».
Ángeles Mastretta
[racconto tratto dal libro “Donne dagli occhi grandi”]
*traduzione di Gina Maneri
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica Valentina Pace
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: marcos y marcos
Buona lettura a tutti!
𝕋𝕌𝕋𝕋𝕆 ℚ𝕌𝔼𝕊𝕋𝕆 𝔽𝕌𝕆ℂ𝕆 – 𝔸𝕟𝕘𝕖𝕝𝕖𝕤 ℂ𝕒𝕤𝕠
«Pochi cuori mortali / soffrono in terra come il tuo.»
(Emily Brontë)
Quello delle sorelle Brontë è un caso forse unico nel panorama letterario mondiale. Charlotte, Emily e Anne, tre donne unite da un fortissimo legame di sangue, tutte e tre poetesse e scrittrici, vissute in simbiosi e morte giovanissime, autrici di alcuni tra i più famosi classici della letteratura ottocentesca, sono le protagoniste indiscusse di “Tutto questo fuoco”.
Si tratta di un romanzo in cui Angeles Caso, con amore, ammirazione ed estremo rispetto, racconta la vita familiare delle tre sorelle, ponendo l’accento sul fuoco divorante della creazione letteraria che le ha portate alla fama imperitura.
L’autrice inizia dalla loro infanzia sfortunata: rimaste orfane di madre in giovanissima età, sono state allevate dalla severa quanto amorevole zia Elizabeth e dal padre, il reverendo Patrick Brontë.
Charlotte, la più ambiziosa e determinata, è quella che insegue la fama: vuole che il talento suo e delle sorelle sia noto a tutti.
Emily, la grande poetessa, è timida e riservata al punto da rasentare la maleducazione, ma ha uno spirito indomito e appassionato, e una pienezza emotiva che la spingono a comporre versi di una bellezza incommensurabile. Niente al mondo potrebbe portarla lontano da Haworth e dalla sua amata brughiera. Inoltre, non condivide assolutamente il desiderio di Charlotte di pubblicare i loro scritti.
Anne, la più giovane, dolce e remissiva, desidera soltanto restare a casa con le sorelle piuttosto che lavorare come istitutrice e farsi maltrattare da ragazzini ricchi, ignoranti e viziati.
La Caso racconta gli amori impossibili o sfortunati delle tre giovani donne, il rapporto difficilissimo con il fratello Branwell, ma, soprattutto, permette al lettore di entrare nella canonica di Haworth quando Charlotte, Emily ed Anne, dopo aver terminato tutte le faccende domestiche, possono finalmente riunirsi in salotto, tirare fuori i loro scrittoi, affilare le penne e comporre i loro capolavori.
COSA MI È PIACIUTO
Sono una grande appassionata dei romanzi delle sorelle Brontë e mi sono sempre chiesta come tre giovani donne, cresciute in una canonica in mezzo alla brughiera, in piena età vittoriana, potessero creare dei personaggi complessi e indimenticabili come Jane Eyre, Edward Rochester, Cathy e Heathcliff: finalmente ho trovato la risposta.
COSA NON MI È PIACIUTO
Come sempre quando un libro mi piace enormemente, mi trovo in difficoltà a evidenziarne gli aspetti negativi. Sinceramente, in questo caso, non ne ho trovato nessuno.
L’AUTRICE
Angeles Caso nasce a Gijón nel 1959, figlia di un filologo che dava la buonanotte ai figli con le ballate del Cinquecento. Dopo aver studiato arte e storia moderna, per due anni è il volto di un telegiornale spagnolo, ma non si sente a casa. Torna a dedicarsi alla letteratura a tempo pieno. Alterna il romanzo storico alla fiction, e al centro della sua attenzione c’è sempre il coraggio delle donne. “Controvento”, che racconta la vera storia della sua baby-sitter di Capo Verde, le è valso il premio Planeta. “Tutto questo fuoco” è un omaggio amorevole alla passione inarrestabile delle sorelle Brontë.
LA CASA EDITRICE
Marcos y Marcos più che una casa editrice, in principio era una mansarda a Milano dove Marco Franza e Marco Zapparoli, poco più che ventenni, inventavano, assemblavano e spedivano nel mondo edizioni numerate dai caratteri splendidi e la carta fabbricata a mano. Spesso quei fascicoli esili erano accompagnati da stampe d’artista o riproduzioni di manoscritti originali. Gli autori? Da Mario Luzi a Novalis, da Leonardo da Vinci a Heinrich von Kleist. Il mestiere si imparava strada facendo. Ai tempi, si vendevano meno libri di oggi e la concorrenza era esigua. C’era più tempo per sperimentare e anche per sbagliare. I librini di trenta pagine in un decennio si sono trasformati in una collana “di culto”. Sempre con un occhio ai classici, certo, magari non più così indietro nel tempo.
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Il film più bello che tu abbia mai visto e perché. Grazie.
Buona domenica.
Questa è sempre una domanda complessa, per me; ogni film mi ha colpito in un modo diverso e mi risulta molto difficile prediligerne uno rispetto agli altri... ma succede anche con i dischi, con i videogames, con i libri, con le opere d'arte e via dicendo.
Ciò premesso, in questa luminosa mattina di maggio scelgo ...
UN FILM PER OGNI ARBITRARIA CATEGORIA DELLA MIA TESTA!
Categoria "Film di Quentin Tarantino"
A mani bassissime, "Bastardi Senza Gloria". Visto al cinema con un carissimo amico, ricordo ancora le nostre facce stupefatte dalla maestria vista a schermo, specialmente nella primissima parte introduttiva, e credo sia il film che più di tutti in assoluto dimostri che Tarantino sia molto di più di un simpatico cazzone con un gran talento e il vizio delle citazioni facili.
Runner-up: "Kill Bill" ma se fai un film in due parti è un po' barare, per me. Comunque notevole.
Categoria "Film d'azione degli anni '80-'90"
Qui mi trovo quasi in un imbarazzo serio quanto come con la prima domanda. Però non sarà domenica mattina per sempre (ah-ah, citazione in incognito) e quindi scelgo "Grosso Guaio a Chinatown", troppo spesso dimenticato dalle programmazioni regolari pur avendo due frecce incredibili al proprio arco, vale a dire Carpenter alla regia e Kurt Russell come protagonista.
Runner-up: "Predator".
Categoria "Fantasy & Derivati"
Quando hai visto la trilogia de "Il Signore Degli Anelli" al cinema, c'è poco da fare o da discutere. Oggi magari sembra poca roba, all'epoca (e non stiamo parlando degli anni '50, ma degli scarsi primi del secolo) lo si guardava sul grande schermo pensando: come cazzo hanno fatto?
Runner-up: "Conan" di Milius e "Ladyhawke".
Categoria "Film d'epoca"
Qui, per ragioni sentimentali, scelgo "L'anno scorso a Marienbad" di Alain Resnais. Le ragioni sentimentali sono: mio padre. (Ci ho fatto un post, qualche anno fa. Non so se resista ancora da qualche parte.).
Runner-up: "Harvey", di Henry Koster, con James Stewart. Bellissimo.
Categoria "Commedie Italiane"
Uh, questa è durissima. Però quando hai sottomano una roba come "Non ci resta che piangere", scritto, diretto e interpretato da Benigni e Troisi in stato di grazia, è difficile fare meglio.
Runner-up: "Vieni avanti, cretino!" di Luciano Salce, con un Lino Banfi che si mangia a colazione qualsiasi Jim Carrey in una sequenza di gag e scenette una più nonsense dell'altra.
Categoria "Fantascienza e dintorni"
"Blade Runner" e "Alien". Si, tutti e due. No, non sono disposto a trattare.
Runner-up: "Star Trek II: L'Ira di Khan", perché cazzo se regge bene al passare del tempo. E no, non ci metto Star Wars nonostante l'affetto che provo per il franchise.
Categoria "Film tratti da libri"
In genere si dice "è meglio il libro"... ma qui almeno va detto che merita tantissimo (anche per la sua genesi, consiglio di recuperare diversi articoli a proposito del rapporto tra regista e scrittori) "Stalker", di Andrej Tarkovskij, tratto da "Picnic sul ciglio della strada" di Arkadij e Boris Strugackij.
Runner-up: "Arancia Meccanica" perché puoi dare qualsiasi cosa a Kubrick e ne trarrà fuori il capolavoro che non sapevi di avere in mano.
Categoria "Commedie Americane"
Qui sicuramente si vede quanto io sia old-school, dato che tutti i film "commedia" sull'onda dei vari something-movie (scary movie, epic movie etc.) mi fanno abbastanza pena.
E quindi non posso che votare per "Una pallottola spuntata", diretto da David Zucker e con quel figo di Leslie Nielsen (e relativi seguiti, ma qui il primo è imbattibile).
Runner-up: "L'aereo più pazzo del mondo", perché "lo so lo so lo so!" "lo sa, lo sa, lo sa!" "lo faaaaaaaa"
Basta, mi fermo qui o vado avanti tutta la mattina. Grazie per l'ask!
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Amare… Il mal d’amore prima o poi tocca a tutti. È terribile ma se sopravvivi è fatta. Niente più ti può più toccare.
“S’INNAMORÒ come s’innamorano sempre le donne intelligenti: COME UN’ IDIOTA”.
Lo aveva visto arrivare un mattino, le spalle erette e il passo sereno, e aveva pensato: «Quest’uomo si crede Dio». Ma dopo averlo sentito raccontare storie di mondi lontani e di passioni sconosciute, si innamorò di lui e delle sue braccia come se non parlasse latino sin da bambina, non avesse studiato logica e non avesse sorpreso mezza città imitando i giochi poetici di Góngora e di suor Juana Inés de la Cruz come chi risponde ad una filastrocca durante la ricreazione. Era tanto colta che nessun uomo voleva mettersi con lei, per quanto avesse occhi di miele e labbra di rugiada, per quanto il suo corpo solleticasse l’immaginazione risvegliando il desiderio di vederlo nudo, per quanto fosse bella come la Madonna del Rosario. Gli uomini avevano paura di amarla, perché c’era qualcosa nella sua intelligenza che suggeriva sempre un disprezzo per il sesso opposto e le sue ricchezze.
Ma quell’uomo che nulla sapeva di lei e dei suoi libri le si accostò come a chiunque altra. Allora la zia Daniela lo dotò di un’intelligenza abbagliante, una virtù angelica e un talento d’artista. Il suo cervello lo guardò in tanti modi che in capo a dodici giorni credette di conoscere cento uomini.
Lo amò convinta che Dio possa aggirarsi tra i mortali, abbandonata con tutta se stessa ai desideri e alle stramberie di un uomo che non aveva mai avuto intenzione di rimanere e non aveva mai capito neppure uno di tutti i poemi che Daniela aveva voluto leggergli per spiegare il suo amore.
Un giorno così com’era venuto, se ne andò senza neppure salutare. Non ci fu allora in tutta l’intelligenza della zia Daniela una sola scintilla in grado di spiegarle ciò che era successo.
Ipnotizzata da un dolore senza nome né destino, diventò la più stupide delle stupide. Perderlo fu un dolore lungo come l’insonnia, una vecchiaia di secoli, l’inferno.
Per pochi giorni di luce, per un indizio, per gli occhi d’acciaio e di supplica che le aveva prestato una notte, la zia Daniela sotterrò la voglia di vivere e cominciò a perdere lo splendore della pelle, la forza delle gambe, l’intensità della fronte e delle viscere.
Nel giro di tre mesi divenne quasi cieca, le crebbe una gobba sulla schiena e dovette succedere qualcosa anche al suo termostato interno, perché, nonostante indossasse anche in pieno sole calze e cappotto, batteva i denti dal freddo come se vivesse al centro stesso dell’inverno. La portavano fuori a prendere aria come un canarino. Le mettevano accanto frutta e biscotti da becchettare, ma sua madre si portava via il piatto intatto mentre Daniela rimaneva muta, nonostante gli sforzi che tutti facevano per distrarla.
All’inizio la invitavano in strada, per vedere se, guardando i colombi e osservando la gente che andava e veniva, qualcosa in lei cominciasse a dare segni di attaccamento alla vita. Provarono di tutto. Sua madre se la portò in Spagna e le fece girare tutti i locali sivigliani di flamenco senza ottenere da lei nulla più di una lacrima, una sera in cui il cantante era allegro. La mattina seguente inviò un telegramma a suo marito:«Comincia a migliorare, ha pianto un secondo». Era diventata come un arbusto secco, andava dove la portavano e appena poteva si lasciava cadere sul letto come se avesse lavorato ventiquattr’ore di seguito in una piantagione di cotone. Alla fine non ebbe più forze che per gettarsi su una sedia a dire a sua madre:«Ti prego, andiamocene a casa».
Quando tornarono, la zia Daniela camminava a stento, e da allora non volle più alzarsi dal letto. Non voleva neppure lavarsi, né pettinarsi, né fare pipì. Un mattino non riuscì neppure ad aprire gli occhi.
«E’ morta!», sentì esclamare intorno a sé, e non trovò la forza di negarlo.
Qualcuno suggerì a sua madre che un tale comportamento fosse un ricatto, un modo di vendicarsi degli altri, una posa da bambina viziata che, se di colpo avesse perso la tranquillità di una casa sua e la pappa pronta, si sarebbe data da fare per guarire da un giorno all’altro. Sua madre fece lo sforzo di crederci e seguì il consiglio di abbandonarla sul portone della cattedrale. La lasciarono lì una notte con la speranza di vederla tornare, affamata e furiosa, com’era stata un tempo. La terza notte la raccolsero dal portone e la portarono in ospedale tra le lacrime di tutta la famiglia.
All’ospedale andò a farle visita la sua amica Elidé, una giovane dalla pelle luminosa che parlava senza posa e che sosteneva di saper curare il mal d’amore. Chiese che le permettessero di prendersi cura dell’anima e dello stomaco di quella naufraga. Era una creatura allegra e attiva. Ascoltarono il suo parere. Secondo lei, l’errore nella cura della sua intelligente amica consisteva nel consiglio di dimenticare. Dimenticare era una cosa impossibile. Quel che bisognava fare era imbrigliare i suoi ricordi perché non la uccidessero, perché la obbligassero a continuare a vivere.
I genitori ascoltarono la ragazza con la stessa indifferenza che ormai suscitava in loro qualsiasi tentativo di curare la figlia. Davano per scontato che non sarebbe servito a nulla, ma autorizzarono il tentativo come se non avessero ancora perso la speranza, che ormai avevano perso.
Le misero a dormire nella stessa stanza. Passando davanti a quella porta, in qualsiasi momento, si udiva l’infaticabile voce di Elidé parlare dell’argomento con la stessa ostinazione con la quale un medico veglia un moribondo. Non stava zitta un minuto. Non le dava tregua. Un giorno dopo l’altro, una settimana dopo l’altra.
«Come hai detto che erano le sue mani?», chiedeva.
Se la zia Daniela non rispondeva, Elidé l’attaccava su un altro fronte.
«Aveva gli occhi verdi? Castani? Grandi?».
«Piccoli», rispose la zia Daniela, aprendo bocca per la prima volta dopo un mese.
«Piccoli e torbidi?», domandò Elidé.
«Piccoli e fieri», rispose la zia Daniela, e ricadde nel suo mutismo per un altro mese.
«Era sicuramente del Leone. Sono così, i Leoni», diceva la sua amica tirando fuori un libro sui segni zodiacali. Le leggeva tutte le nefandezze che un Leone può commettere. «E poi sono bugiardi. Ma tu non devi lasciarti andare, sei un Toro: sono forti le donne del Toro».
«Di bugie sì che ne ha dette», le rispose Daniela una sera.
«Quali? Non te ne scordare! Perché il mondo non è tanto grande da non incontrarlo mai più, e allora gli ricorderai le sue parole: una per una, quelle che ti ha detto e quelle che ha fatto dire a te».
«Non voglio umiliarmi».
«Sarai tu a umiliare lui. Sarebbe troppo facile, seminare parole e poi filarsela».
«Le sue parole mi hanno illuminata!», lo difese la zia Daniela.
«Si vede, come ti hanno illuminata!», diceva la sua amica, arrivate a questo punto.
Dopo tre mesi ininterrotti di parole la fece mangiare come Dio comanda. Non si rese neppure conto di come fosse successo. L’aveva portata a fare una passeggiata in giardino. Teneva sottobraccio una cesta con frutta, pane, burro, formaggio e tè. Stese una tovaglia sull’erba, tirò fuori la roba e continuò a parlare mettendosi a mangiare senza offrirle nulla.
«Gli piaceva l’uva», disse l’ammalata.
«Capisco che ti manchi».
«Sì» disse la zia Daniela, portandosi alla bocca un grappolo d’uva. «Baciava divinamente. E aveva la pelle morbida, sulla schiena e sulla pancia».
«E com’era… sai di che cosa parlo», disse l’amica, come se avesse sempre saputo che cosa la torturava.
«Non te lo dico», rispose Daniela ridendo per la prima volta dopo mesi. Mangiò poi pane e burro, formaggio e tè.
«Bello?», chiese Elidé.
«Sì», rispose l’ammalata, ricominciando a essere se stessa.
Una sera scesero a cena. La sia Daniela indossava un vestito nuovo e aveva i capelli lucidi e puliti, finalmente liberi dalla treccia polverosa che non si era pettinata per tanto tempo.
Venti giorni più tardi, le due ragazze avevano ripassato tutti i ricordi da cima a fondo, fino a renderli banali. Tutto ciò che la zia Daniela aveva cercato di dimenticare, sforzandosi di non pensarci, a furia di ripeterlo divenne per lei indegno di ricordo. Castigò il suo buon senso sentendosi raccontare una dopo l’altra le centoventimila sciocchezze che l’avevano resa felice e disgraziata.
«Ormai non desidero più neppure vendicarmi», disse un mattino a Elidé. «Sono stufa marcia di questa storia».
«Come? Non mi ridiventare intelligente, adesso», disse Elidé. «Questa è sempre stata una questione di ragione offuscata: non vorrai trasformarla in qualcosa di lucido? Non sprecarla, ci manca la parte migliore: dobbiamo ancora andare a cercare quell’uomo in Europa e in Africa, in Sud America e in India, dobbiamo trovarlo e fare un baccano tale da giustificare i nostri viaggi. Dobbiamo ancora visitare la Galleria Pitti, vedere Firenze, innamorarci a Venezia, gettare una moneta nella Fontana di Trevi. Non vogliamo inseguire quell’uomo che ti ha fatto innamorare come un’imbecille e poi se n’è andato?».
Avevamo progettato di girare il mondo in cerca del colpevole, e questa storia che la vendetta non fosse più imprescindibile nella cura della sua amica era stata un brutto colpo per Elidé. Dovevano perdersi per l’India e il Marocco, la Bolivia e il Congo, Vienna e soprattutto l’Italia. Non aveva mai pensato di trasformarla in un essere razionale dopo averla vista paralizzata e quasi pazza quattro mesi prima.
«Dobbiamo andare a cercarlo. Non mi diventare intelligente prima del tempo», le diceva.
«E’ arrivato ieri», le rispose la zia Daniela un giorno.
«Come lo sai?»
«L’ho visto. Ha bussato al mio balcone come una volta».
«E che cosa hai provato?»
«Niente».
«E che cosa ti ha detto?»
«Tutto».
«E che cosa gli hai risposto?»
«Ho chiuso la finestra».
«E adesso?», domandò la terapista.
«Adesso sì ce ne andiamo in Italia: gli assenti si sbagliano sempre».
da Donne dagli occhi grandi di Angeles Mastretta - Traduzione di Gina Maneri
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Aforismi sulla genialità
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Leonardo Da Vinci Aforismi sulla genialità, citazioni, frasi, massime, idee sul genio, la genialità e la creatività, pensieri brevi che possono stimolare le nostre abilità e conoscenze. Se desideriamo conoscere la forza del genio umano dobbiamo leggere Shakespeare. Se vogliamo constatare quanto sia insignificante l'istruzione umana possiamo studiare i suoi commentatori. William Hazlitt Genio è un'infinita capacità di sopportare il dolore. Jane Ellice Hopkins Nullum magnum ingegnum sine mixtura dementiae fuit. Seneca We are all born mad. Some have the fortune to remain so. Carl William Brown Via Ionesco L'amore passionale per una donna o per un uomo è una cosa strana, misteriosa, subdola, stupida, incompleta. Gli unici amori che meritano sono forse quelli del genio. Carl William Brown Ogni genio è un gran fanciullo, già per il suo guardare al mondo come a un che di estraneo. Chi nella vita non resta per qualche verso un fanciullo e diventa invece un uomo serio, sobrio, posato e ragionevole, sarà certo un bravo e utilecittadino di questo mondo, ma un genio non sarà mai. Arthur Schopenhauer A differenza del talento del genio, la stupidità non può essere nascosta: appartiene alla sua natura l’urgenza di manifestarsi. Mario Andrea Rigoni Genio: inutile ammirarlo, è una nevrosi. G. Flaubert La grandezza del genio sta nella sua capacità di fare connessioni tra idee apparentemente disparate. Nikola Tesla La qualità principale del genio non è la perfezione ma l’originalità, l’apertura di nuovi confini. Arthur Koestler Ricercate nell’albumina di Cartesio i segni del genio. A. Huxley Come ha potuto un genio come Freud scrivere tutti quei libri dimenticandosi allo stesso tempo di elaborare una benché minima teoria della stupidità; ma forse intendeva andarci vicino quando scrisse Il problema economico del masochismo. Carl William Brown Compensate con onori e favori quelli che con la loro lampada notturna rischiarano il mondo. H. von Kleist
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Dante Alighieri Si considerava un genio e forse lo era, o lo è; il primo libro che scrisse lo fece leggere ad un insigne professore che dopo averlo in larga parte copiato lo pubblicò con grande successo di pubblico e di critica. Carl William Brown Un monologo in cui parla tutta una nazione o una razza o parla una voce della natura, ecco il genio. G. Bovio Il genio richiede la solitudine, questo è il segreto dell'inventiva. Nikola Tesla Il genio è la capacità di vedere dieci cose là dove l’uomo comune ne vede solo una, e dove l’uomo di talento ne vede due o tre. Ezra Pound Le nazioni hanno grandi uomini a loro dispetto, come le famiglie. Fanno ogni sforzo per non averne. C. Baudelaire È che so fare tutto quello che tu fai Ma anche altre cose che tu non immagini. M. Schettini Come si sa, funzione propria del genio è fornire idee ai cretini vent’anni dopo. L. Aragon La memoria, la velocità di calcolo, la precisione, tutte cose che non riescono a competere con la creatività della genialità. Carl William Brown Il potere non è che lo stupido tentativo dell’umanità di sopravvivere alla sua banalità, è lo sterile e ingenuo tentativo di imbalsamare la trasformazione della materia, di contenere l’assurda e inconcepibile energia della problematica genialità. Carl William Brown Un uomo di genio è femminile. H. Utamaro Quando nel mondo appare un nuovo genio potete riconoscerlo da questo segno inequivoco: tutti i mediocri si coalizzano contro di lui. J. Swift Mentre per l’uomo comune il proprio patrimonio conoscitivo è la lanterna che illumina la strada, per l’uomo geniale è il sole che rivela il mondo. A. Schopenhauer Il genio è la capacità di mettere in pratica ciò che si ha nella mente. Non c’è altra definizione del genio. F.S. Fitzgerald Il genio di Shakespeare sta nell'aver fatto osservare con grande maestria la grande buffonata dell'esperienza umana e nell'aver analizzato blandamente le cause che sconvolgono l'ordine naturale e la serenità del mondo, la sua stupidità consiste invece nel non averci prospettato quale sia questa grande armonia. Carl William Brown Il primo grande ribelle della storia è un angelo, satana, al quale non andava troppo a genio lo strapotere di dio; benché sconfitto egli rimane pur sempre immortale, così come la ribellione ed il male. Carl William Brown Il genio è nonconformismo. V. Nabokov Il Genio è un gran dolore. A. de Lamartine Le grandi idee sono rarissime: vengono come doni degli dei alle menti preparate e non sono il risultato di pure e semplici sgobbate. P. Samuelson Coloro che hanno disturbato il sonno del mondo. Ch. F. Hebbel Diventa necessario, quasi fatale, che alla forma in tante direzioni più evoluta del genio, corrisponda un arresto, un regresso, non solo in altre direzioni, ma anche spesso nell’organo che è la sede della maggiore evoluzione. C. Lombroso Nullum magnum ingegnum sine mixtura dementiae fuit. Seneca Secondo me il genio consiste nell’abilità di dire una cosa profonda in modo semplice. Ch. Bukowski
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Albert Einstein È in grado di accendere un fuoco con uno strofinaccio bagnato. H. Walpole Il mondo chiama folli quelli che non lo sono della follia comune. R. Rolland Il genio si muove nella follia, nel senso che si tiene a galla là dove il demente annega. Paul Valéry Adam Smith non era certo un genio della filosofia, però aveva ben chiari alcuni principi; per esempio, nella sua opera principale esprime con convinzione l'idea che nel processo produttivo ai lavoratori deve essere concesso il minimo necessario per sopravvivere, e poi basta affidarsi al "laisser faire" di imprenditori e governanti e tutto andrà per il meglio. Non c'è che dire, un vero economista della filantropia. Carl William Brown Talvolta è preferibile isolarsi piuttosto che contaminare il proprio genio con la perniciosa arroganza della stupidità e della sciocca e colta vanità. Carl William Brown Il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso. E. Flaiano Attenzione a quando il gran Dio scatena un pensatore su questa terra. R.W. Emerson Alcuni credono che il genio sia ereditario. Gli altri non hanno bambini. Marcel Achard Come si sa, funzione propria del genio è fornire idee ai cretini vent'anni dopo. Louis Aragon Troppo spesso il vizio e il genio producono effetti simili, che ingannano l'uomo comune. Il genio non è forse un eccesso costante che divora tempo, denaro, corpo, e conduce all'ospedale ancor più rapidamente delle cattive passioni? Honoré de Balzac Sembra che gli uomini abbiano addirittura più rispetto per i vizi che per il genio, giacché rifiutano di dargli credito. Honoré de Balzac Il genio è fatto dal 1% di talento e dal 99% di lavoro instancabile. Albert Einstein Talvolta i curatori di alcuni testi ne scremano le parti migliori e cremando così la genialità non fanno altro che favorire la loro banalità. Carl William Brown Si possono plagiare delle frasi, dei testi, delle idee, dei progetti, ma la genialità non si può né rubare né comperare. Carl William Brown Genio è colui che fa grandiosamente e con naturalezza ciò che altri soltanto con grosso impegno e studio riescono a fare modestamente. Vannuccio Barbaro Un autore popolare è uno che scrive ciò che pensa la gente. Il genio la invita a pensare qualcosa di diverso. Ambrose Bierce Il genio è la capacità di vedere dieci cose dove l'uomo comune ne vede una o dove l'uomo di talento ne vede due o tre. Ezra Pound Un dotto è colui che ha molto imparato, un genio, colui dal quale l'umanità impara ciò che il genio stesso non ha imparato da nessuno. Arthur Schopenhauer Chi ha un minimo di genio e di mentalità artistica non può certamente occuparsi di leggi e leggine, inoltre è difficile che venda la propria anima e la propria psiche al Dio denaro o a qualsiasi altra forma di coercizione, ecco perché nello squallido mondo della burocrazia del potere finiscono tutti i personaggi più frustrati e mediocri, ed è da lì, da questo avamposto privilegiato della stupidità che perpetuano la loro vendetta nei confronti dell'umanità. Carl William Brown Il nostro organismo è una macchina perfetta che percorre per un certo periodo l'autostrada dell'assurdo, dunque niente di più nobile ed eroico che a qualcuno non vada molto a genio di percorrere questo stupido viaggio e cerchi quindi di guastare il veicolo. Carl William Brown Per la vita comune, pratica, in quanto adeguata alle energie spirituali normali, il genio è una dote scomoda e, come ogni anormalità, un ostacolo. Arthur Schopenhauer Il genio è, tra le altre teste, ciò che è il carbonchio fra le pietre preziose: esso irradia luce propria, mentre gli altri riflettono solo la luce che ricevono. Arthur Schopenhauer
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Galileo Galilei Forse solo il genio può comprendere interamente un altro genio. Robert Schumann Il genio è fatto per un due per cento di ispirazione e per la rimanente parte di traspirazione. Thomas Edison I geni e gli inventori, all’inizio della loro carriera (e molto spesso anche alla fine), sono stati sempre considerati dalla società nient’altro che degli imbecilli. Fëdor Dostoevskij Quand’ero giovane, avevo ali forti e instancabili; / ma non conoscevo le montagne. / Quando fui vecchio, conobbi le montagne / ma le ali stanche non tennero più dietro alla visione. / Il genio è saggezza e gioventù. E.L. Masters In this stupid and waste land it would certainly be better for all those hollow men to become a bit more humanly and geniously Fool! Carl William Brown Gli stupidi sono per i cultori del genio quello che le tenere cavie di laboratorio sono per i ricercatori della scienza. Carl William Brown È forse meno difficile essere un genio che trovare chi sia capace di accorgersene. Ardengo Soffici Al genio non serve riflettere – gli basta mostrarsi. Giovanni Soriano Per la genialità la censura non esiste, come non esistono del resto né il potere né l’autorità; lo stesso discorso purtroppo non vale però per la stupidità. Carl William Brown Come ha potuto un genio come Freud scrivere tutti quei libri dimenticandosi allo stesso tempo di elaborare una benché minima teoria della stupidità; ma forse intendeva andarci vicino quando scrisse Il problema economico del masochismo. Carl William Brown Tutti lo credevano un genio, ma lui sapeva di non esserlo: era un fesso incompreso. Giovanni Soriano I geni sono quelle persone che ci stai a fianco senza nessuno sforzo. Ecco chi sono i geni. Paolo Sorrentino Quando un vero genio appare in questo mondo, lo si può riconoscere dal fatto che gli idioti sono tutti coalizzati contro di lui. Jonathan Swift Gli uomini di genio sono meteore destinate a bruciare per illuminare il loro secolo. Napoleone Bonaparte Quasi tutti sono nati geni e sepolti idioti. Charles Bukowski Se il vero genio è sconosciuto e gli stupidi sono invece così popolari, allora bisogna di certo riequilibrare un po’ le sorti. Carl William Brown Per me non esiste la censura, ciò che oggi è vietato domani sarà libero e il genio non da molta importanza al tempo, anche se in genere preferisce anticiparlo. Carl William Brown Il genio è un uomo capace di dire cose profonde in modo semplice. Charles Bukowski Il genio stesso non è che una forte capacità di osservazione, unita a fermezza di carattere. Qualsiasi uomo tenga aperti gli occhi e sappia restar fedele alle decisioni prese, senza neanche rendersene conto diventa un genio. Edward Bulwer-Lytton Il genio è una salute, uno stile superiore, un buon umore, ma al culmine di una lacerazione. Albert Camus In effetti non esiste alcun posto nella società ordinaria per un individuo straordinario. G.B. Shaw Un altro indizio ci è dato dalla notizia che il nostro genio delle fesserie è uno dei più illustri figli di quella madre che è sempre incinta. Carl William Brown Comunque devo e dovrò sempre ringraziare la sfiga, mia musa ispiratrice, per il suo inesauribile contributo artistico alle mie creazioni. Il male infatti è per me un bene, la fonte della mia genialità, della mia filosofia della protesta, è dunque un bene che ci sia il male. In questo non sono molto distante dal pensiero di S. Agostino! Carl William Brown Qualcuno potrebbe credere che uno Stravinsky, un Einstein o un Picasso si sia conquistato, in forza del suo genio, il diritto all'eccentricità, all'idiosincrasia, alla caparbietà. Io sostengo al contrario che è stata la decisione di diventare padroni del proprio destino che ha dato loro il coraggio di tentare vie nuove. Ari Kiev Il genio conosce l’angoscia in un tempo diverso del comune degli uomini. Questi scoprono il danno quando sopravviene; fino ad allora sono nella sicurezza che ancora una volta il pericolo si allontanerà. Il genio è fortissimo nell’ora del danno; in compenso è nell’angoscia prima e dopo, in quel momento febbrile in cui bisogna fare i conti con il grande sconosciuto, il destino. S. Kierkegaard
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William Shakespeare Il genio non commette errori. Spalanca le grandi porte dell’esperienza. Grandi porte apre il genio per cui entra poi il tentennante bibliofilo calvo, assiduo, dalle orecchie lunghe e dal piede tenero dolcemente scricchiolante. J. Joyce Che cos'è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione. Amici miei Una delle più spiccate caratteristiche del genio è il potere di alimentarsi da solo. Ari Kiev Credere nel proprio pensiero, credere che ciò che è vero per voi, personalmente per voi, sia anche vero per tutti gli uomini, ecco, è questo il genio. Date voce alla convinzione latente in voi, ed essa prenderà significato universale. Ralph Waldo Emerson È forse meno difficile essere un genio che trovare chi sia capace di accorgersene. Ardengo Soffici Chiamasi genio il disgraziato che non riesce a diventar filisteo. Italo Tavolato La medicorità è così diffusa che non ci si deve rammaricare di incontrarla ovunque; al limite ci si può stupire quando si trova un po’ di genialità. Carl William Brown La genialità non è che la faccia opposta della stupidità, volto dell’universale nullità. Carl William Brown Non voglio essere un genio: ho già problemi a sufficienza cercando di essere solo un uomo. Albert Camus I deboli di mente e l'uomo di genio non dovrebbero essere uguali davanti alla legge. Alexis Carrel I geni, nelle inaudite profondità dell'assurdo e della storia pura, situati per così dire al di sopra dei dogmi propongono le loro idee a Dio. La loro preghiera offre audacemente la discussione. La loro adorazione interroga. Questa è la religione diretta, piena d'ansietà e di responsabilità per chi ne tenta l'erta. Victor Hugo I geni sono quelle persone che ci stai a fianco senza nessuno sforzo. Ecco chi sono i geni. Paolo Sorrentino Il genio è la capacità di vedere dieci cose là dove l'uomo comune ne vede solo una, e dove l'uomo di talento ne vede due o tre. Ezra Pound Il genio è uno che sa fare una cosa anche senza sapere come si fa. Pino Caruso Non è grazie al genio ma grazie alla sofferenza, e solo grazie ad essa, che smettiamo di essere una marionetta. Emil Cioran Il genio è la punta estrema del senso pratico. Jean Cocteau La legge del più forte è senz'altro uno dei capisaldi della natura, ma poiché il genio dell'uomo talvolta ama andare contro natura, penso che sarebbe meglio rivederla. Carl William Brown Il genio e la pazzia hanno creato Hitler ma il conformismo e la stupidità hanno poi causato il nazismo e le sue conseguenze. Carl William Brown Un genio ammogliato è sterile: bisogna optare tra il lasciare alla posterità delle opere o il lasciarle dei figli. Charles Dufresny Niente è più crudele di un genio che inciampa in qualcosa di idiota. Friedrich Dürrenmatt Il genio è uno per cento ispirazione e novantanove per cento sudore. Thomas Edison Il buon senso è raro quanto il genio - è la base del genio. Ralph Waldo Emerson Secondo Honoré de Balzac il genio è lunga fatica e perseveranza. Carl William Brown Poiché la strada maestra è la mediocrità, gli artisti di grande talento non possono certo sperare di essere stimati ed apprezzati. Questo d’altronde è il prezzo pagato per il loro genio. Carl William Brown Il peggio che può capitare ad un genio è di essere compreso. Ennio Flaiano Genio. Inutile ammirarlo, è una "nevrosi". Gustave Flaubert Forse la mia genialità sarà anche un elogio della ripetitività, ma di certo non è mai un’adulazione della stupidità. Carl William Brown Certi pedagogisti aiutati da famosi e illustri burocrati sono giunti all’illuminata conclusione che la cultura e l’educazione devono essere massimamente originali, solo che forse hanno dimenticato che talvolta la vera genialità per essere veramente creativa deve essere fortemente distruttiva. Carl William Brown Dio si è riservato la distribuzione di due o tre piccole cose sulle quali non può nulla l'oro dei potenti della terra: il genio, la bellezza e la felicità. Théophile Gautier Se gli ostacoli e le difficoltà scoraggiano un uomo mediocre, al contrario al genio sono necessari, e quasi lo alimentano. Théodore Géricault Il primo dovere di un genio è dimostrarlo. Roberto Gervaso
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Nikola Tesla Il genio è applicazione. Read the full article
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Com’è facile non sapere niente, com’è facile muoversi a tentoni, com’è facile essere ingannati e ancora di più mentire, non richiede alcun talento ed è alla portata di tutti, è strano che i bugiardi si credano tanto astuti, quando non occorre nessuna abilità. Tutto quello che ci viene detto può essere e non essere, il fatto più decisivo come quello più irrilevante, il più innocuo come il più cruciale, quello che decide della nostra esistenza come quello che nemmeno lo sfiora. Possiamo vivere nell’errore continuo, credere di avere una vita comprensibile, stabile e afferrabile, e poi scoprire che tutto è insicuro, melmoso e sfuggente, che non abbiamo un terreno solido su cui poggiare; o che è tutto una rappresentazione, come se fossimo a teatro convinti di vivere la realtà e non ci fossimo resi conto che si sono spente le luci e si è alzato il sipario e che per di più siamo sul palcoscenico e non sopra o sotto, tra gli spettatori …
Javier Marías– Berta Isla
Hulton Archive Collection (Getty Images)
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RAFFAELLA FENOGLIO È IN SEMIFINALE DEL PREMIO BANCHERELLINO CON LA RAGAZZA CHE AMAVA MIYAZAKI
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La Commissione di scelta del Premio Bancarellino, presieduta dal Presidente della Fondazione Città del Libro Ignazio Landi, dal Vicepresidente Giuditta Bertoli, dal Segretario del Premio Enrico Polverini, dal Consigliere della Fondazione Città del Libro Giovan Battista Varoli, dalla Professoressa Daniela Loreni, dall’ Autrice Valentina Zinzula e dalla Dottoressa Paola Rubbi delegata di Vittoria Assicurazioni S.p.A. ha selezionato i venti libri che parteciperanno al 68° Premio Bancarellino 2025.
I 63 libri, pubblicati da 31 case editrici, sono stati analizzati e discussi dalla Commissione di scelta che ne ha apprezzato la qualità, le tematiche affrontate, i contenuti e la veste grafica. I venti volumi, che d’ora in poi parteciperanno al Progetto Lettura riservato alle Scuole Secondarie di 1° grado di tutto il territorio nazionale, sono da ritenersi, a parere insindacabile della Commissione, la massima espressione dell’editoria per ragazzi 2024.
Tra i libri semifinalisti spicca La ragazza che amava Miyazaki scritto da Silvia Casini, Raffaella Fenoglio e Francesco Pasqua e edito da Einaudi Ragazzi. Uno degli aspetti più interessanti dell’opera è il modo in cui la figura di Miyazaki funge da catalizzatore per l’esplorazione di temi complessi. Il regista, noto per le sue straordinarie opere d’animazione, non è solo un simbolo culturale, ma diventa un punto di riferimento per la protagonista, Sofia, un’aspirante mangaka che cerca di trovare la propria voce nel tumulto dell’adolescenza. Le opere di Miyazaki, caratterizzate da una profonda connessione con la natura e un’attenzione alle dinamiche interpersonali, rappresentano un’ispirazione per la giovane protagonista, la quale attraversa un viaggio di auto-scoperta che riflette i valori di rispetto, amore e ricerca del vero sé.
Inoltre, il libro affronta anche la dimensione dell’immaginazione, sottolineando come queste sia una componente essenziale non solo nel processo creativo, ma anche nel cammino verso la realizzazione personale. La fantasia, così intrisa nei film di Miyazaki, diventa un mezzo attraverso il quale la protagonista può esplorare le proprie aspirazioni. In un certo senso, l’opera invita i lettori a non rinunciare mai ai propri sogni, anche quando il mondo esterno sembra opprimente.
Per giunta, dato che le eroine di Miyazaki sono protagoniste attive in grado di affrontare e superare le avversità, anche Sofia riflette questi principi morali. Infatti, non cerca di conformarsi a ideali esterni, ma si mostra per quello che è, con tutti i suoi difetti e le sue virtù. Ciò sottolinea un messaggio fondamentale: la salvezza non è sempre un atto eroico compiuto da qualcun altro, ma un viaggio di auto-determinazione, perché la vera forza risiede nello scovare il proprio talento, nell’accettare la propria unicità e nel riconoscere l’importanza dei propri desideri.
In definitiva, La ragazza che amava Miyazaki è una storia che non solo offre una celebrazione dell’immaginifico, ma spinge i lettori a riflettere sulla propria esistenza. In un mondo sempre più complesso e frenetico, il libro rappresenta un invito a tornare all’essenziale, a coltivare la bellezza delle piccole cose e soprattutto a scovare lo straordinario nell’ordinario. In fin dei conti, se davvero ascoltati nel profondo, il tumulto dei sogni e il rombo del cuore sanno davvero fare la differenza.
RAFFAELLA FENOGLIO
Fa parte del comitato «Città che legge» di Bordighera.
È fondatrice di P.E.N.E.L.O.P.E. odv per la parità di genere.
È fondatrice e presidente dell'associazione "Il festival delle Ragazze" di Bordighera che promuove scrittrici e artiste.
È foodblogger di «Tre Civette sul Comò».
È scrittrice per ragazzi:
La ragazza che amava Miyazaki – Einaudi Edizioni;
8 giorni per diventare furba - Giunti;
Gala Cox – Fanucci;
Storie della buonanotte per principesse pestifere e mostri favolosi - Didattica Attiva Voglino.
È autrice di ricettari:
Detox – Gribaudo;
Abbasso l'indice glicemico! 50+4 ricette per contenere l'IG mangiando bene - Terra Nuova Edizioni;
Indice gliceAmico: Ricette per vivere meglio, restare in forma e tenere sotto controllo il diabete – Gribaudo.
È autrice dei cinericettari:
Pulp Kitchen. Le ricette tratte dai film di Quentin Tarantino - Trenta editore;
Il taccuino delle parole perdute – L’Erudita;
50 sfumature di caffè. Segreti, curiosità e ricette sulla bevanda più amata al mondo - Sonda Editore;
Lettere d'amore in dispensa. 10 ingredienti afrodisiaci, 10 menu romantici, 10 appassionate lettere d'amore - Megenes;
Un tè con Mr Darcy: Tutta la magia dei veri tea party inglesi - Ultra;
I dolci dello zodiaco. Vaniglia, popcorn e polvere di stelle - Megenes;
Indomite in cucina. Le ricette amate da Hermione Granger, Katniss Everdeen, Lisbeth Salander (e tante altre) – Trenta editore;
Stranger food. Le ricette tratte dalla serie dei Duffer Brothers - Trenta editore;
La cucina incantata (Trenta editore), che dopo essere uscito in versione illustrata (La cucina incantata illustrata, Trenta editore), pubblicato anche in Spagna (La cocina encantada, Dolmen Editorial) col titolo La cucina incantata illustrata, ed è stato anche fonte di ispirazione della mostra Itadakimasu - Piccole Storie Nascoste nella Cucina degli Anime (la prima edizione si è tenuta presso il Palazzo della Meridiana a Genova).
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Maud Lewis: l’Arte Folk che ha Conquistato il Mondo
Maud Lewis (South Ohio, 7 marzo 1903 – Digby, 30 luglio 1970) rimane una delle figure più amate nel panorama dell’arte folk canadese. La sua vita, segnata da difficoltà personali e povertà, è stata illuminata dalla sua straordinaria passione per l’arte, che le ha permesso di trasformare il quotidiano in opere d’arte vibranti e ricche di significato.
Una Vita Dedicata all’Arte
Maud Dowley, nata a South Ohio, Nuova Scozia, mostrò un talento precoce per l’arte grazie all’influenza della madre, che le insegnò a creare cartoline natalizie con gli acquerelli. Tuttavia, la sua infanzia fu segnata dalla sofferenza: Maud soffriva di artrite reumatoide giovanile, una condizione che limitò la sua mobilità per tutta la vita. Dopo la morte dei genitori negli anni ’30, si trasferì a vivere con la zia a Digby, dove continuò a dedicarsi all’arte nonostante le avversità.
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L’arte, per Maud, non era solo una passione ma un rifugio. Iniziò vendendo cartoline natalizie fatte a mano per pochi centesimi, un’attività che le permise di entrare in contatto con il pubblico e di diffondere il suo talento unico. Questa umile attività fu il trampolino di lancio per la sua carriera artistica.
Un Matrimonio e una Casa-Studio
Nel 1938, all’età di 34 anni, Maud sposò Everett Lewis, un pescivendolo della zona. La loro casa, un piccolo monolocale a Marshalltown, divenne lo studio in cui Maud creò molte delle sue opere. Questa casa, decorata con i suoi dipinti, è oggi uno dei simboli più iconici della sua arte. L’interno e l’esterno erano coperti da motivi floreali, animali e scene di vita quotidiana, trasformando lo spazio abitativo in un’estensione della sua creatività.
Everett incoraggiò Maud a proseguire nel suo percorso artistico, acquistandole colori a olio e supporti su cui dipingere. Maud iniziò così a dipingere non solo su tela ma anche su cartone, masonite e perfino su oggetti domestici come teglie per dolci. La sua tecnica era semplice ma efficace: applicava un fondo bianco, tracciava le linee guida e dipingeva direttamente dal tubetto, senza sfumare i colori.
Lo Stile Unico di Maud Lewis
I dipinti di Maud Lewis sono caratterizzati da colori vivaci e soggetti semplici ma affascinanti. Scene di vita rurale, animali come gatti, buoi e uccelli, e paesaggi della Nuova Scozia erano al centro della sua arte. La sua capacità di catturare la bellezza e la gioia delle piccole cose l’ha resa una delle artiste folk più amate. L’arte di Maud era profondamente ispirata dai ricordi della sua infanzia e dal paesaggio circostante, che ritraeva con un tocco di innocenza e meraviglia.
La Popolarità dell’Arte di Maud Lewis
Negli anni ’40 e ’50, i turisti iniziarono a fermarsi a casa sua per acquistare i suoi dipinti, che vendeva a prezzi modesti, tra i due e i tre dollari. La sua popolarità crebbe ulteriormente quando un articolo del Toronto Star Weekly e un’apparizione sulla CBC-TV la portarono all’attenzione nazionale. Tra i suoi ammiratori figurava persino la Casa Bianca, che acquistò due dei suoi dipinti nel 1970 durante la presidenza di Richard Nixon.
Negli ultimi anni, i dipinti di Maud Lewis hanno raggiunto prezzi impressionanti nelle aste, con opere vendute fino a 45.000 dollari. Questo dimostra quanto l’arte di Maud sia stata apprezzata e riconosciuta per il suo valore culturale e artistico.
Un’Eredità che Vive
Dopo la sua morte nel 1970, la casa di Maud Lewis cadde in rovina, ma un gruppo di cittadini locali si mobilitò per salvarla. Oggi, la casa è conservata nella Art Gallery of Nova Scotia ad Halifax, dove attira visitatori da tutto il mondo. Il sito originale della casa è stato commemorato con un monumento in acciaio che ne riproduce la struttura.
Maud Lewis è anche protagonista di libri, documentari e film. Il lungometraggio Maudie (2016), con Sally Hawkins nel ruolo di Maud, ha portato la sua storia sul grande schermo, rendendola nota a un pubblico ancora più vasto.
Conclusione
L’arte di Maud Lewis non è solo un’espressione della sua creatività, ma anche un simbolo di resilienza e speranza. Nonostante le sfide della sua vita, Maud ha trovato nell’arte un mezzo per condividere la bellezza del mondo con gli altri. Oggi, è ricordata non solo come un’artista folk di talento, ma anche come una fonte d’ispirazione per chiunque sogni di superare le avversità attraverso la passione e la dedizione.
L’arte di Maud Lewis continua a vivere, affascinando generazioni di ammiratori e dimostrando che, con il cuore e la creatività, è possibile lasciare un’impronta indelebile nel mondo.
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io non so, forse sono io la maggior parte delle volte. non provavo da tanto tempo questa voglia di nascondermi, allontanarmi, stare sola. "sola" per me è sempre stata una normalità. troppe volte sono stata l'unica a capire me stessa e troppe volte sono stata sola a guardare i cocci per terra.
come le marachelle dei bambini. fanno una cosa e poi si pentono. le mamme li sgridano e loro piangono. io sono troppo grande per piangere, resto così a guardare per terra, pezzi di me che avevo scordato. alla fine mi perdonavo sempre perché chi ti vuole bene? ho scritto parole e sprecato talento così tanto spesso che posso dire di sentirmi un po' una sperduta pazza incomprensibile.
non che mi sia mai preoccupata di essere capita, mi bastava venire ascoltata.
mi basta ancora. perchè capire è l'ultimo passo, il primo è ascoltare.
e parlo come una vecchia. con la gioventù bruciata e il coltello alla gola.
ma sono giovane ancora, solo un po' matta, stramba. così tanti pensieri che quasi non mi conosco neanch'io. respiro un po', sospiro. libri come sempre siate i miei migliori amici e spiegatemi cosa fare. vorrei tanto capire cosa fare.
l'altra volta pensavo che vorrei diventare una stella. sì, una stella del cinema, quel cinema che piace tanto a me. e uscire un giorno su quel mini programma che fanno sul 22 parlando dei nuovi film e dei set e gli attori e i registi..
un'altra volta camminavo e allora pensai "se non riesco a diventare un' attrice perdo tutto". così decisa e seria. che se non realizzo il mio sogno non ha senso vivere.
un'altra ancora poco prima di salire sul palco pensavo "wow. non ho paura eppure sono la prossima. guarda quanta gente, ma quanti sono? Manuela, questo sarà quello che farò per tutta la vita" e sorridevo anche se non fisicamente ma dentro.
e ultimamente non vedo l'ora di essere assegnata la parte impararla e recitare e salire ancora sul palco.
e brillare. quanto mi piacerebbe brillare, come le stelle. sperando non diventi una stella cadente.
alla fine nella mia vita è sempre tutto così assurdo che non lo capisco neanche io come faccio. chi sono? è questo che adesso non riesco a capire. una persona che ama. una donna? a 30 anni mi chiameranno donna. ora sono solo una ragazzina, di 17 anni che suonano grossi. vorrei essermeli vissuti meglio gli ultimi 5 anni.
sono un vulcano. forte e sensibile. dentro di me c'è la lava bollente e proprio nessuno ci si avventurerebbe, uno si, un matto. o forse uno innamorato; di me, che strano.
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Madame Clicquot Ponsardin
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Madame Clicquot Ponsardin, la famosa Veuve Clicquot, imprenditrice francese trasgressiva e rivoluzionaria, è stata la signora dello champagne.
In un’epoca in cui le donne avevano un ruolo molto limitato nella società e meno che meno nell’economia, ha dimostrato un talento straordinario per gli affari e un coraggio fuori dal comune.
Il suo impegno per l’eccellenza, la qualità e l’innovazione, ha reso il marchio Veuve Clicquot uno dei più rinomati nel settore dello champagne.
Audace, pioniera e innovatrice, è stata capace di trasformare una piccola azienda vincola in una grande Maison di Champagne.
Sue sono le invenzioni della prima bottiglia millesimata nel 1810, l’idea di distinguere delle vigne grand cru e l’invenzione di un meccanismo per ruotare le bottiglie in cantina, la table de remuage.
L’azienda che porta il suo nome le è sopravvissuta attraverso i secoli e continua a essere tra le più importanti e prestigiose produttrici della bevanda più amata e preziosa al mondo.
Nata col nome di Barbe-Nicole Ponsardin, il 16 dicembre 1777 a Reims, in Francia, era figlia di un ricco barone, divenuto sindaco della città, grazie all’appoggio di Napoleone Bonaparte.
Nel 1799 aveva sposato Francois Clicquot che possedeva un’azienda di champagne e che, nel 1805, era morto suicida.
A soli 27 anni ha preso in mano la Maison fondata nel 1772 dal suocero, unica donna a gestire un’azienda vinicola, e ha cominciato a introdurre significativi cambiamenti nella gestione delle vigne e della produzione in generale.
Con lungimiranza e fiuto per gli affari, è riuscita a portare avanti e far crescere l’attività, adoperandosi sul miglioramento qualitativo del prodotto e sulla sua promozione.
Ha lavorato per rendere il vino più limpido inventando una tecnica, il Remuage, che consente di eliminare i depositi presenti nella bottiglia al termine del processo di rifermentazione. Una pratica che ha migliorato notevolmente la qualità e il gusto del celebre vino.
È stata una delle prime imprenditrici a sperimentare la spedizione di champagne in tutto il mondo, esportandolo in Russia, Europa, e persino negli Stati Uniti, diventando una leggenda che non ha eguali.
Aveva addirittura studiato diverse ricette a seconda dei mercati a cui erano destinate le bottiglie.
In anni turbolenti, pieni di guerre, ha attuato le prime strategie di comunicazione per aprire il suo marchio ai mercati esteri.
Nel 1810 ha cambiato nome all’azienda in Veuve Clicquot Ponsardin.
Nel 1814 è riuscita a contrabbandare in Russia 10.000 bottiglie di Champagne nonostante l’embargo di Napoleone. Da quel momento, il palazzo reale degli Zar è stato il suo più fedele cliente, aumentando i suoi commerci con l’estero, i vigneti di produzione e di conseguenza i propri ricavi.
Nel 1818 ha prodotto il primo Champagne Rosè.
La Grande Dame de la Champagne si è ritirata a vita privata nel 1841, lasciando la sua azienda a Edouard Werlé, con il quale aveva avuto una lunga e scandalosa relazione perché era di 23 anni più giovane di lei.
È morta il 29 luglio 1866, a 89 anni, nel castello di Boursault che aveva fatto costruire nel 1839.
Determinata e visionaria, grazie alla sua incredibile capacità imprenditoriale, la sua volontà di ferro e l’intenzione di portare i vini Clicquot in tutte le corti d’Europa, ha conquistato un posto d’onore nella storia e fatto diventare il suo marchio un simbolo di eccellenza che sopravvive fino ai nostri giorni.
Sulla sua vita e impresa pioneristica sono stati tratti libri, spettacoli teatrali, un musical e un recente film.
In suo onore lo Champagne di punta della Maison di Reims si chiama Veuve Clicquot Grande Dame.
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TUTTE LE OPERE DI SCOTT WESTERFELD
Oggi intendo presentarvi tutte le opere di Scott Westerfeld (o quasi, ho tralasciato dei fumetti e dei romanzi singoli, ma vi accenno nel video che seguirà) l'autore della serie di libri Uglies tornata dopo anni sulla bocca di tutti grazie al film di Netflix.
Iniziamo dal passato per arrivare sino al presente:
Serie Succession, serie fantascientifica con protagonisti adulti pubblicata anche in italiano nella collana Urania Mondadori e formata dai libri: 1. The Risen Empire (2003) 2. The Killing of Worlds (2003)
In italia pubblicati con i titoli
Risen
Risen lo sterminio dei mondi
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Trama: L'impero retto dal potere del Risen, l'Imperatore Non-Morto, non è solo un luogo stagnante e malsano: è un lager che uccide ogni residuo di umanità. Quando le Rix, amazzoni cyborg ribelli, lanciano un'azione disperata e prendono in ostaggio la sorella del tiranno, sul pianeta imperiale una coraggiosa senatrice osa sfidare, pressoché da sola, l'oligarchia impazzita, mentre sul lontano pianeta Legis un temerario comandante spaziale è costretto a guidare una rischiosissima contro-incursione. E' solo l'inizio di un conflitto galattico destinato a sfidare le stesse barriere del tempo e dello spazio.
Serie Midnighters, serie paranormal young adult, che fu interamente pubblicata in italiano, formata dai libri 1. The Secret Hour (2004) 2. Touching Darkness (2005) 3. Blue Noon (2006)
In Italia la serie fu pubblicata in un unico volume con il titolo I diari della mezzanotte ma anche in tre volumi separati:
L'ora segreta. I diari della mezzanotte
2. Dentro le tenebre. I diari della mezzanotte
3. I cacciatori della notte I diari della mezzanotte
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Trama: Strani eventi accadono nella città di Bixby, in Oklahoma. Ogni notte, allo scoccare della mezzanotte il tempo si congela per un'ora. Una venticinquesima ora in cui gli incubi peggiori strisciano tra le vite degli umani. Solo alcuni ragazzi della città conoscono quest'ora segreta. Rex, Dess, Jonathan e Melissa frequentano la Bixby High School e condividono un'ora di nascita speciale, un'antipatia per la luce del sole e un segreto: allo scoccare della mezzanotte, quando il resto della città si congela, loro "entrano" in una misteriosa venticinquesima ora, liberi di girare indisturbati per vicoli e strade e di usare i loro poteri magici. Ciascuno di loro, infatti, possiede un talento particolare: Dess è il matematico, Melissa legge la mente e Rex è un erudito e un profeta. Jonathan, invece, è un acrobata. Jessica Day che si è appena trasferita da Chicago ed è subito stata riconosciuta dagli altri come una midnighters dovrà scoprire di quale potere sia dotata e perché le creature della notte, esseri potenti e crudeli, antichi migliaia di anni, vogliono eliminarla a tutti i costi.
Serie Uglies, serie distopica youg adult interamente pubblicata anche in italiano composta dai libri: 1. Uglies (2005) 2. Pretties (2005) 3. Specials (2006) 4. Extras (2007) (spin off con protagonisti diversi) In italia i primi tre libri sono stati anche raccolti in un unico volume intitolato Beauty. La trilogia: Brutti-Perfetti-Speciali
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Trama: Tally è una ragazza normale. Ma essere normali, nel suo mondo, equivale a essere brutti. Brutti solo fino a sedici anni, fino a quando non si è sottoposti per legge a un'operazione di chirurgia estetica che rende bellissimi e uguali a tutti gli altri ‘perfetti’. Ecco perché Tally non vede l'ora di compiere sedici anni. Ma poco prima del giorno fatidico incontra Shay, che la convince a figgire dalla città verso i territori inesplorati dove vivono coloro che hanno rifiutato l'operazione. Queste persone, tutt'ora cercate dai governanti della città che li vogliono uccidere, rivelano a Tally il brivido dell'imprevisto e il fascino dell'imperfezione e la mettono al corrente di un'inquietante versione dei fatti. Tally incontra inoltre un ragazzo e se ne innamora ricambiata. Ora però deve affrontare un piccolo problema. Prima di fuggire con Shay, i governanti l'hanno convinta a lavorare per loro e ad aiutarli a stanare i fuggitivi. Ora non vuole più aiutarli ma se non lo farà non diventerà mai bella…Cosa deciderà?
Serie Peeps, dedicata a dei vampiri estremamente atipici frutto di un parassita che attacca gli umani, formata dai libri: 1. Peeps (2005) aka Parasite Positive 2. The Last Days (2006)
La serie è stata interamente pubblicata in italiano, con i titoli:
1. Vampirus
2. Apocalypse vampirus
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Trama: Come milioni di giovani studenti, era più interessato a divertirsi che al corso di biologia per il quale si era trasferito a New York dal Texas. Oggi, dopo una notte con Morgan, una ragazza misteriosa e affascinante incontrata in un bar, la biologia è diventata la sua unica via di salvezza. Il rapporto con Morgan gli ha infatti trasmesso un parassita temibile, quello del vampirismo. Per fortuna Cal risulta essere un portatore sano: non si trasforma dunque in un cannibale impazzito, pur conservando un robusto appetito di carne, ma si ritrova dotato di sensi acuiti, forza e velocità sovrumane, anche se con una caratteristica piuttosto frustrante: una costante eccitazione sessuale. Un dramma per il ragazzo, che non può concedersi neppure un bacio se non vuole contagiare altre ragazze innocenti. Assoldato da un'antichissima organizzazione segreta che si occupa di tenere sotto controllo altri vampiri infetti come lui, i pip, ovvero i "parassita-positivi", Cal ha il compito di rintracciare le sue ex fidanzate, ormai contagiate, e catturarle perché possano essere curate
Serie Leviathan, ucronica e steampunck (serie young adult ma anche anche se l'età dei protagonisti lo categorizza così essi si comportano quasi come adulti), pubblicata interamente anche in italiano, è formata dai libri: 1. Leviathan (2009) 2. Behemoth (2010) 3. Goliath (2011) In Italia i tre volumi furono anche raccolti in un solo volume intitolato Leviathan la trilogia.
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Trama: Sarajevo, 1914: dopo l'attentato all'arciduca d'Austria scoppia la Prima guerra mondiale. Ma se a combattersi fossero bestie e macchine? Allora sareste nel mondo di Leviathan, Behemoth e Goliah. Sareste nel mondo di Alek e Deryn. È come una guerra tra universi differenti. Da una parte, le potenze Cigolanti e le loro macchine. Dall'altra, gli alleati Darwinisti e le loro creature di sintesi. Carburante contro cibo, metallo contro pelle. Alek contro Deryn. Aleksander è il figlio dell'arciduca assassinato, in fuga da un impero di cui nessuno lo vuole erede. Deryn è una ragazza arruolata in vesti maschili nell'Aviazione britannica, decisa a vivere come vuole. Si incontrano per caso ma si alleano per scelta e affrontano il conflitto insieme: da Istanbul a New York, tra battaglie aeree e rivoluzioni, Alek e Deryn impareranno che cosa sono il caos e l'odio, ma anche l'amicizia e la speranza - forse addirittura l'amore. In una trilogia steampunk che incalza il lettore con colpi di scena e scontri all'ultimo sangue, Scott Westerfeld ci regala un viggio appassionante nelle infinite possibilità della storia: che sia quella del mondo o di ciascuno di noi.
Serie Zeroes , una serie young adult con adolescenti con super poteri formata dai libri: 1. Zeroes (2015) 2. Swarm (2016) 3. Nexus (2018)
Solo il primo libro è dispnibile in italiano con il titolo Zeroes. Ogni potere ha il suo prezzo.
Link: https://amzn.to/4gNWFQp
Trama: Scam, Crash, Flicker, Mob, Anonymous, Glorioso leader: sei adolerscenti californiani dotati di super poteri, ma tutt'altro che supereroi. Tanto che si fanno chiamare gli Zeroes: gli zeri. Una volta insieme hanno cercato di fare qualcosa di buono, ma fallito questo, si sono sciolti. Ora però uno di loro è finito in grossi guai e per aiutarlo devono di nuovo collaborare insieme anche se questo vorrà dire ritrovarsicatapultati in incontri vorticosi con criminali sempre più pericolosi.
Serie Impostors, ambientata nello stesso universo della serie Uglies, ma circa ven'anni dopo e con prtagonisti diversi, sempre young adult. La serie è formata dai libri:
1. Impostors (2018) 2. Shatter City (2019) 3. Mirror's Edge (2021) 4. Youngbloods (2022)
Per ora questa serie è inedita in italiano, ma visto il successo del film Uglies credo proprio sarà pubblicata anche nel nostro pase a breve.
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"Armonie Visive e Sonore: Un Viaggio nel Festival 'Corde di Primavera' 2024" VI Edizione
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La sesta edizione del rinomato festival chitarristico "Corde di Primavera" è alle porte, inaugurando il 18 maggio 2024 un'esperienza musicale senza precedenti.
Questo evento annuale, curato con passione dall'Associazione Culturale Musicale Neos Kronos e legato al prestigioso Master di Interpretazione del maestro Frédéric Zigante, si è guadagnato un posto d'onore nel panorama culturale grazie alla sua eccellente selezione di artisti e alla sua innovativa distribuzione degli eventi in sedi di prestigio.
Quest'anno, il festival, sotto la guida esperta del Maestro Stefano Spallotta, si arricchisce della presenza dell'artista Bianca Coggi, la cui mostra "Giochi di luce" promette di essere un dialogo visivo stimolante, esplorando il rapporto intrinseco tra colore e luce. Le sue opere saranno esposte in maniera unica, integrandosi con l'ambiente storico del cinema-teatro Vittorio Veneto di Colleferro, offrendo una scenografia vibrante per il concerto di chitarra acustica del Maestro Leonardo Vannimartini.
Il talento tutto italiano di Vannimartini, già riconosciuto internazionalmente con il primo premio al Concorso di Bruxelles nel 2023 e il premio "Villa-Lobos" l'anno seguente, sarà in mostra il 26 maggio alle ore 18:00. Il suo concerto è un evento imperdibile per gli amanti della musica, che avranno l'opportunità di assistere a una performance di rara intensità emotiva.
Vi invitiamo a partecipare a questo incontro tra arte e musica, un'esperienza che promette di essere indimenticabile. L'ingresso è gratuito, un'opportunità da non perdere per immergersi nella bellezza dell'arte in tutte le sue forme. Per ulteriori dettagli, vi invitiamo a consultare i numeri presenti sulla locandina dell'evento. Non mancate, vi aspettiamo! ���
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Il Maestro e L' Associazione
Il Maestro Stefano Spallotta è un noto chitarrista, compositore e direttore. Ha composto e diretto il “Concerto Breve” per chitarra e orchestra d’archi, accompagnato dalla Neos Kronos Orchestra. Ha anche un canale YouTube ufficiale dove condivide video dei suoi diversi progetti musicali.
L’Associazione Musicale Neos Kronos, fondata dal Maestro Spallotta, è un’organizzazione che promuove e diffonde le attività musicali e la cultura musicale sul territorio italiano. L’associazione organizza vari eventi, tra cui il Festival “Corde di Primavera”, che offre concerti, conferenze, presentazioni di libri e masterclass di chitarra. Questo festival è collegato al Master annuale di Interpretazione tenuto dal M. Frédéric Zigante.
L’Associazione Neos Kronos è nota per il suo impegno nel sostenere talenti emergenti e affermati nel campo della musica. Ha avuto un ruolo fondamentale nel portare in scena alcune tra le personalità più rilevanti del panorama nazionale delle sei corde. L’associazione ha anche collaborato con diverse istituzioni, tra cui la Provincia di Frosinone e la Città metropolitana di Roma Capitale.
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#corde di primavera#the board behind#theboardbehind#festival musicale#Neos Kronos#Maestro Spallotta#Leonardo Vannimartini#Bianca Coggi#BC Art Gallery#Giochi di Luce#Teatro Comunale V. Veneto#Colleferro
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What will you be reading this weekend? Luca Baccolini - "Bravi e dannati"
Ogni volta che ci passavo davanti, mi incuriosiva. Esposto lì, in una grande libreria, assieme ad improbabili autobiografie, libri fotografici e manuali sul calcio. Il titolo che parafrasava un film epico di Gus Van Sant, “Belli e dannati” con Keanu Reeves e River Phoenix. Un libro che a prima vista, dalla copertina, mi sembrava commerciale e scontato. Dopo una, due, tre volte che ci passai davanti, decisi però di portarmelo via. “Bravi e dannati” è una corposa raccolta di brevi, a volte brevissimi biografie riguardanti calciatori che nelle loro carriere sono stati capaci di accomunare genio e sregolatezza, talento e spreco, impegno politico e vittorie. L’autore, il giornalista sportivo bolognese Luca Baccolini, ci racconta le loro imprese, calcistiche e non, analizzandole come fulmini a ciel sereno, contestualizzandone la narrazione nello spazio e nel tempo, riuscendo a coprire un secolo di storie da sviscerare in tutta la loro umanità.
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I “Carneadi” (termine che ricorre tantissimo nelle pagine del volume ) di Baccolini ci vengono raccontati con spudorata umanità e uno stile molto giornalistico, che evita ripercussioni emotive. Le storie descritte sono tristi, violente, iperboliche e a lieto fine. Appartengono a vite di calciatori, e quindi di esseri umani, e forse la bravura dell’autore risiede proprio nel raccontarle in maniera distaccata e disillusa, senza soffermarsi su giudizi e opinioni personali. Spetta quindi al lettore trovare spunti di riflessione e farne, in seguito, tesoro. La sgroppata trionfale di Saeed Al-Owarian nella partita contro il Belgio a USA 94, che fu classificata come il sesto gol più bello di sempre nella storia dei Mondiali, viene così narrata in contrapposizione all’intera carriera del trequartista saudita, conclusasi senza mai aver avuto la possibilità di giocare in un campionato europeo. Dino Ballacci, poi, il difensore partigiano che militò nel grande Bologna del dopoguerra, ci viene inquadrato nella sua più totale normalità di uomo che, oltre alla fede calcistica, visse la propria vita in nome di ideali libertari e di uguaglianza. Poco importa se si presentò al rinnovo del contratto portando con sé una pistola, perché sapeva che il presidente Dall’Ara ne avrebbe avuto con sé una. E poi la tragica storia di Fashanu e del suo soffertissimo coming-out, la Via Crucis giudiziaria a cui fu sottoposto Beppe Signori, la morte nel disastro del Vajont di Giorgio de Cesero. Persino la collocazione in rigido ordine alfabetico dei protagonisti ci fa rimanere con i piedi ben saldi a terra, e la parte finale, dedicata a citazioni e aforismi più o meno famosi, fa da corollario alla ricerca sociale dell’autore. “Bravi e dannati” trasuda di cultura e storia. Di politica e divertimento, di illusioni e vittorie. “Spiazzato di netto, il portiere egiziano si alza e proietta le braccia al cielo in un urlo liberatorio. Simultaneamente, tutti i giocatori del Camerun le portano dietro alla testa in un gesto di disperazione collettiva, condiviso da un Paese intero. Womé, l’eroe degli undici metri, questa volta ha tradito. Ma per lui, quello, è solo l’inizio dell’incubo. La sera stessa un gruppo di tifosi inferociti entra nella sua casa in Camerun e si porta via tutto. Nella fuga sfasciano anche l’automobile, rendendola inservibile. Non sfugge alla loro ferocia nemmeno il negozio della compagna del calciatore, saccheggiato e dato alle fiamme. Womé, nel frattempo, è stato scortato dalla polizia locale e imbarcato a bordo del primo aereo in partenza per l’Europa, come in un film di spionaggio. Quando atterrerà in Italia, ascolterà dalla bocca del suo compagno di squadra Samuel Eto’o un doloroso retroscena, che forse avrebbe preferito non venisse divulgato: >, rivelerà l’attaccante del Barcellona.”
#lucabaccolini#football#footballculture#ufficiosinistri#pierrewome#footballliterature#thebeautifulgame#maradona#book#braviedannati#fashanu#dinoballacci#readingisnotacrime#footballstories#beppesignori#andrade
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Grazie a @vivenda per il tag! Ecco le mie risposte:
1. Are you named after anyone? Nopes. Essendo il quarto di quattro figli, su di me si sono permessi la fantasia. Leggenda vuole che sia stata mia sorella a darmi questo nome perché lo aveva un suo compagno di classe che le piaceva.
2. Quando è stata l'ultima volta che hai pianto? Sul finale di Everything, Everywhere, All at once.
3. Hai figli? Due!
4. Fai largo uso del sarcasmo? Anche troppo.
5. Quali sport pratichi o hai praticato? Mai praticato sport. Il mio massimo è stata la pallavolo o il basket al liceo, ed è stato pure troppo.
6. Qual è la prima cosa che noti in una persona? Il modo di sorridere, la voce, lo sguardo, il gesticolare. Posso impazzire per delle mani o per alcuni tagli di occhi.
7. Qual è il colore dei tuoi occhi? Nocciola.
8. Scary movies o happy endings? Happy endings, la vita è tanto amara... però, ancora di più le happy endings con il twist finale.
9. Qualche talento particolare? Orecchio musicale.
10. Dove sei nato? A Catanzaro, sulla meravigliosa costa Jonica.
11. Quali sono i tuoi hobby? Libri, film e videogames, qualsiasi contenuto nutra il mio spirito. Disegno meno di quanto vorrei e di quanto mi piacerebbe. Suono, ma non più quanto facevo un tempo.
12. Hai animali domestici? Una bellissima gatta vecchietta di nome Evìta.
13. Quanto sei alto? 1.73.
14. Materia preferita a scuola? Quando ero a scuola non sapevo ancora quanto lo fosse, ma senz'altro il greco. Il latino era un buon secondo. Riformulo: tradurre. Risolvere l'enigma di un'altra lingua e renderlo leggibile nella mia.
15. Dream job? Dipingere ed essere così autosufficiente da non dovermi mai più preoccupare dei soldi. Il lavoro mi interessa solo come fine di sostentamento.
Devo taggare altre persone ma lo avete fatto un po' tutti... proviamoci: @vslpdbq @crisigenerica @mrs-emptiness @matermorbi @biggestluca @gimsydelfuturo @melancolje @mandorloinfiore @percocca @ravi0lina @x-yanara-x @nelterzocassetto @morganadiavalon e poi chiunque voglia.
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Voglio condividere una cosa con voi
Quasi ogni domenica mi reco verso il cimitero della mia città natale portando con me sempre due libri che ho scritto ma non ho ancora pubblicato in sé questi due libri racchiudono delle mie frasi in qui le mie fragilità le mie paure le mie insicurezze le miei emozioni racchiudono parti di me racchiudono frasi adolescenziali ma sicuramente voi mi direte è perché vai al cimitero che fai scrivi la ??
Bhe no vado lì perché vado a leggere ogni volta una pagina di questi due miei libri sulla tomba di mio zio che in sé lui mi aveva dato l’ispirazione di scrivere
In qualche modo sono sicuro che lui possa sentirmi possa guardarmi possa ascoltare questi almeno così mi piace pensare esattamente come faceva quando lui era ancora qua questi due libri si intitolano
1) perso nel tempo
2) (You need to be able to embrace your dreams exactly as you embrace life) ovvero Devi riuscire ad abbracciare i tuoi sogni esattamente come abbracci la vita
Comunque ciò che volevo condividere con voi non si trattava di questo ma bensì che oggi quando sono sceso di casa vicino da me abita una ragazza che conoscono a malapena la vedo quasi tutti i giorni non mi ha mai parlato fino ad oggi mattina mi a chiesto perché portassi sempre con me questi due libri io la guardai mi misi seduto sopra un gradino delle scale e le dissi questi due libri li ho scritti io lei sorpresa mi dissi ah bene quindi sei un poeta io riposi di no perché in realtà non sono un poeta mi disse il perché io scrivessi allora dato che non avevo nessuna passione per la scrittura gli dissi che quei libri erano protagonisti della mia stessa vita in qui dentro quei libri ci fosse racchiuso tutto ciò che io non ho mai detto a voce alta quindi lei mi dissi ah quindi allora non sono libri ma sono dei diari per te io risposi sempre sì no così gli dissi facciamo una cosa se mi prometti che tene prendi cura telo farò leggere lei rispose di sì arrivato la sera mi vidi mi a fermato per ridarmi il libro con gli occhi lucidi mi dissi che avevo un gran talento e che ammirava tutto quello che ho scritto
Quindi ho deciso di lasciarvi una piccola frase del mio libro così che potete riuscire a capire almeno la metafora di questi due libri
E quando i tuoi occhi si sono chiusi non ho avuto più stelle da poter guardare sono ritornato a casa con la faccia bagnata dalle lacrime so che sei in qualche stella non posso dirti quanto mi manchi ma avevo bisogno di fartelo sapere avevo bisogno di parlare con qualcuno avevo bisogno che tu sapessi che adesso è abbastanza buio e mi fa paura il chiaro di luna stasera non fa neppure un po’ di luce non capisco perché non ci sono più stelle da poter guardare so che non potrò più portarti a casa sono rimasto troppo indietro e mi piacerebbe poterti lasciare andare accettare che non ci sei più mi sono seduto da solo sulla tua tomba in attesa di una tua risposta ma l’unica cosa che sentivo era il mio ego che singhiozzava e del vento gelido che mi spostava i capelli avrei dovuto saperlo che saresti andato via avrei dovuto dirti addio e andarmene via fingendo che non mi importassi spero soltanto di avere un po’ più di tempo perché non ci sono più stelle da trovare non posso pensare che non ci sia più mi bastava soltanto una parola con te almeno per poterti dire per un ultima volta una misera e ultima volta ti voglio bene ci vediamo presto
Questo è il finale del mio primo libro spero via sia piaciuto ho deciso di condividerlo con voi per avere la vostra opinione al riguardo non piacerà a tutti perché lo so lo sento ma voglio dirvi inoltre che questo per me è una cosa molto importante c’è un pezzo della mia vita scritto in queste pagine come d’altronde tutto ciò che ho scritto sul mio profilo se vi è piaciuto fatemelo sapere
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