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pier-carlo-universe · 13 days ago
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Le Ombre del Passato - Yuri Giangrande. Un’indagine complessa che porta il vicequestore Stefano Masini a confrontarsi con i segreti nascosti di una città e i lati oscuri dell’animo umano. Recensione di Alessandria today
Nel quarto volume della serie dedicata al vicequestore Stefano Masini, Yuri Giangrande ci consegna un thriller carico di tensione e mistero
TramaNel quarto volume della serie dedicata al vicequestore Stefano Masini, Yuri Giangrande ci consegna un thriller carico di tensione e mistero. Nella giornata che avrebbe potuto segnare una svolta personale nella vita di Masini, una telefonata criptica da parte di un agente della questura lo costringe a cambiare i suoi piani. Un uomo denuncia l’assenza sospetta del vicino di casa, un dettaglio…
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deathshallbenomore · 2 years ago
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oh no una terribile tentazione mi ha sorpresa: andare in libreria a comprare frankenstein e, perché no, passare a prendere un gelato
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fashionbooksmilano · 2 months ago
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Costume Balls
Dressing up history 1870-19927
Edited by Cynthia Cooper, Photographs by Laura Dumitriu
5Continents, Milano 2024, 288 pages, 246 colour and black-and-white illustrations, Hardback, 25,4x 34,3cm, ISBN: 979-12-5460-071-9
euro 50,00
email if you want to buy [email protected]
A century and a half ago, extravagant costume balls and skating carnivals were the pinnacle of society’s entertainment, bringing forth a kaleidoscopic array of characters, most drawn from history. The opportunity to reimagine oneself as a noble hero or heroine from the past was no less than the chance of a lifetime. Participants acquired extravagant costumes and flocked to the photographer’s studio, as attested by the sheer abundance of mementos of these occasions in the McCord Stewart Museum’s collections. The book is intended to accompany the exhibition “Costume Balls: Dressing Up History, 1870-1927” at the McCord Stewart Museum. Montreal. A lead essay presents an overall view of the fancy dress phenomenon, and the major events in Canada with their colonial underpinnings. Other essays look in turn at the commemoration of these balls in art, photography, and publications, a decolonizing perspective on the representation of Indigenous and other marginalized peoples in fancy dress, and the ephemeral nature of the extant objects. A section consists of detailed profiles of astounding garments, with several images to show views of each that cannot be seen in the exhibition: interior construction and labels, closeup views of textiles and materials, and comparisons of archival photographs of ball guests in costume. The book is the first historical fashion publication to explore fancy dress in such detail. Exhibition : McCord Stewart Museum, Montreal, November 14, 2024-August 17,2025
Un secolo e mezzo fa i balli in costume e i carnevali sui pattini erano l’apice dell’intrattenimento sociale. Erano un’occasione per trasformarsi in personaggi storici, nobili eroi o eroine del passato, e rappresentavano un’esperienza indimenticabile. I partecipanti sfoggiavano costumi stravaganti e immortalavano il loro splendore negli studi fotografici, lasciandoci un’abbondanza di ricordi conservati oggi nelle collezioni del McCord Stewart Museum. Dietro l’esuberanza di questi eventi si celavano però anche messaggi più profondi, legati al destino coloniale e al futuro imperiale dell’epoca. Il libro accompagna la mostra “Costume Balls. Dressing Up History, 1870-1927” al McCord Stewart Museum di Montreal e offre una panoramica completa del fenomeno dei balli in maschera, sintetizzando le ricerche più recenti e analizzando i principali eventi in Canada e le loro radici coloniali. Altri saggi esplorano la raffigurazione di questi balli nell’arte, nella fotografia e nei libri, offrendo una prospettiva decolonizzante sulla rappresentazione degli indigeni e di altre popolazioni emarginate, e sulla loro natura effimera. Una sezione presenta profili dettagliati di abiti straordinari, con immagini che ne mostrano aspetti non visibili in mostra: la costruzione interna, le etichette, dettagli ravvicinati di tessuti e materiali, e confronti con fotografie d’archivio degli invitati ai balli. Un libro unico nel suo genere, che offre una visione completa e affascinante di un periodo storico ricco di fantasia e teatralità.
02/11/24
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canesenzafissadimora · 1 month ago
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La politica della demonizzazione morale dell’avversario ha sempre il fiato corto come dimostrano anche le recenti elezioni americane e, in un altro ordine di grandezza, il triste e fatale declino del Movimento 5 Stelle. Coloro che usano le parole come proiettili e come bastoni senza cogliere che in questo modo infrangono il fondamento più profondo della vita democratica, sono il vero terreno di coltura, politicamente trasversale, di ogni tipo di fascismo. Per questa ragione non ho mai sprecato il mio tempo per scrivere libri contro qualcuno o qualcosa, ma solo per qualcuno o per qualcosa. La destinazione ultima della parola non è mai la morte ma la vita.
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multiverseofseries · 6 months ago
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Bridgerton 3, parte 2: il peso dei segreti (in binge watching)
Ragione, sentimento e un turbine di emozioni: la terza stagione di Bridgerton ha fatto il suo ritorno su Netflix con la seconda parte dello show.
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La Bridgerton Mania non si ferma, e ancora una volta la serie Netflix targata Shondaland risulta tra i contenuti più visti della piattaforma streaming grazie al grande successo della terza stagione, che ha portato sugli schermi la storia d'amore dei Polin (a.k.a. Colin Bridgerton e Penelope Featherington, interpretati rispettivamente da Luke Newton e Nicola Coughlan).
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Nicola Coughlan è Penelope
L'operazione di suddivisione in due parti della terza stagione di Bridgerton sembra aver sortito l'effetto sperato (come da pronostico nella nostra recensione di Bridgerton 3 Parte 1), poiché l'attesa da parte dei fan per questa seconda tranche di episodi si è rivelata decisamente alta, e l'entusiasmo per il coronamento dell'amore tra i due protagonisti di turno è più che palpabile, accompagnando i quattro episodi rimanenti che si soffermando su un grande segreto (il più grande, forse) ancora da svelare.
Bridgerton 3: ritorno a palazzo
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Bridgerton: una foto di Benedict e Colin nella stagione 3
La prima parte di Bridgerton 3 ci aveva regalato un riavvicinamento tra Colin e Penelope, culminato in una delle scene più chiacchierate della serie, nonché "memate" sui social - come d'uso comune e anche auspicabile, di questi tempi, considerato il fatto che una tale pratica porta comunque lo show al centro dell'attenzione, generando nuovi trend e un forte engagement da parte del pubblico - e a un punto di svolta nella loro relazione.
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Parrucche e cipria: il mondo di Bridgerton
La brillante Penelope, abituata a fare da "carta da parati", e ad essere semplice spettatrice (al massimo narratrice, e qualche volta persino "tessitrice") delle appassionanti storie d'amore altrui, sta ora sperimentando in prima persona cosa vuol dire esserne la protagonista, e sembrerebbe proprio che anche lei, a questo punto, possa sognare un lieto fine. Ma ogni rosa, finanche la più bella, ha le sue spine, e poco importa se i fiori nuziali per eccellenza sono quelli d'arancio…
Il passaggio successivo nella storia, infatti, come prevedono le regole della narrazione, porterà con sé un turbinio di emozioni: dalla gioia per i più recenti accadimenti, ai timori e le ansie per ciò che invece potrebbe venire fuori, quelle verità nascoste che ancora non si è pronti a rivelare e condividere, che si tentano di mascherare per non far crollare quel castello di carta che, tuttavia, non avrà mai la stabilità della pietra se non verranno in ultimo in superficie.
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Luke Newton e Nicola Coughlan, protagonisti di Bridgerton
È così che il ritmo dei nuovi episodi viene scandito da un senso d'anticipazione che accompagna con costanza lo spettatore, lo prende per mano e lo conduce verso un finale di stagione tutto da scoprire (per quanto, anche grazie ai libri di Julia Quinn e alla struttura della serie stessa, sappiamo che non sarà mai lontano dall'essere lieto).
Una serie tra amore e sacrifici
Ma amare non è mai semplice, e solitamente prevede dei costi che a volte possono rivelarsi parecchio elevati. Almeno quando si viene posti dinnanzi a un bivio, al compimento di una scelta categorica. In Bridgerton 3, questo discorso non tocca solo Colin e Penelope (sebbene nel loro caso sia più che evidente il tipo di sacrificio richiesto): è infatti un tema ricorrente anche per gli altri Bridgerton, ma non solo, in quanto saranno diversi tra i personaggi secondari a dover prendere importanti decisioni in tal senso.
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Chiacchiere a palazzo
Non che non sia sempre stato uno dei fili conduttori dello show, ma il tentativo di bilanciare la propria felicità personale con quella del partner o della famiglia continua ad essere un pilastro di Bridgerton, e sarà prominente anche a questo giro. E con la varietà di personalità che abbiamo a disposizione, si rivela sempre alquanto interessante ammirare le diverse declinazioni di un simile concetto, e le ramificazioni delle decisioni di ognuno una volta arrivato il momento fatidico: da Cressida (Jessica Madsen) a Eloise (Claudia Jessie), da Francesca (Hannah Dodd) alla stessa matrona di casa Bridgerton (Ruth Gemmell), testa e cuore saranno costantemente in conflitto, in misura diversa e per differenti ragioni, ma tutte inevitabilmente da scoprire e comprendere. Rigorosamente, in binge watching.
Conclusioni
La nostra recensione della seconda parte di Bridgerton 3, che immagina uno corsa senza sosta verso un altro successo di visualizzazioni per lo show Netflix, considerando anche la capacità della produzione di tenere alta la soglia dell’attenzione e mantenere una in qualche modo costante qualità dei contenuti che, arrivati a questo punto, sarebbe invece potuta scemare fino all’ottenere quasi totale indifferenza da parte degli spettatori. Certo, popolarità non è necessariamente sinonimo di valore effettivo, ma ci riserviamo il diritto di attendere il finale di stagione per poter giudicare il tutto con maggiore cognizione di causa.
👍🏻
La trama molto coinvolgente.
I personaggi ben costruiti ed approfonditi, soprattutto quelli femminili.
I numerosi spunti di riflessioni, specialmente riguardo al ruolo della donna sia oggi che all'epoca, che offre.
Gli splendidi costumi creati da Ellen Mirojnick.
👎🏻
Il discorso sulle differenze tra classi sociali non viene sviluppato a dovere.
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nusta · 7 months ago
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Questo weekend ho fatto una delle cose che mi ero ripromessa di fare più spesso, anzi due: passare del tempo con le mie amiche di persona e dedicare di nuovo attenzione all'antropologia, che dopo la tesi ho messo un po' troppo in disparte.
Con la mia vecchia compagna di studi siamo andate a seguire degli incontri a Pistoia, organizzati proprio sul tema dell'antropologia dell'alimentazione, sulla cultura e sulle retoriche del cibo, sulle pratiche e i miti più o meno recenti che gravitano intorno alla cucina e alla produzione di ciò che mettiamo a tavola. Bellissimo *_*
Purtroppo siamo riuscite a stare solo una giornata su tre, e abbiamo perso uno degli interventi che avremmo voluto seguire di più, ma non si può avere tutto (e proprio la "temperanza" era uno dei concetti cardine di uno degli interventi che abbiamo ascoltato, quindi abbiamo cercato di contenere la delusione u_u)
Questi sono i miei appunti sparpagliati rimuginati tra ieri e oggi, in attesa di rimettere ordine nei miei pensieri:
* Sullo Sprecometro di Andrea Segrè gli astronauti della stazione spaziale sarebbero sempre ai primi posti di tutte le classifiche, ma quanto è difficile essere parsimoniosi senza un team alle spalle
* Chissà se Stefania De Pascale ha visto "For all Mankind" e quanta fantascienza c'è stata nell'infanzia di chi lavora in questo campo - chissà che ne penserebbero Fabio Dei (ricordando sua lezione dal Festival di antropologia di Bologna) e Dario Bressanini
* Se la tavola serve al dialogo e dialogare a tavola e sulla tavola serve a tutti noi, seguire il filo dei discorsi di Marino Niola e Enzo Bianchi è un viaggio nel linguaggio più suggestivo tra metafore e allegorie, una serie di immagini potentissime
* La concretezza dei numeri sulla produzione di carne di Stefano Liberti è agghiacciante anche dopo aver scritto una tesi su questi argomenti ed è tra i migliori esempi della complessità dei mondi culturali di cui parlava Adriana Destro nel mio primo libro di antropologia
* Chissà se la dimensione relazionale delle scelte alimentari collettive di cui ha parlato Adriano Favole ci porterà verso un equilibrio sostenibile prima o poi - sarebbe meglio prima che poi... - tra i paradossi dell'abbondanza e i limiti della memoria storica e la costruzione di nuove abitudini a tavola (quando ha parlato della neo-tipicità della carne in scatola in polinesia e al paragone con l'importazione della pizza in Italia non ho potuto fare a meno di pensare ad Alberto Grandi)
* Alla ricerca delle foto di Marco Aime, abbiamo visitato alcuni locali tra i vicoli e le piazzette di Pistoia, incrociando insegne di "corsi di recupero per vegani" e mostre fotografiche dedicate alla "fame chimica": sulla sola retorica sul cibo ci sarebbero ore di dialoghi da fare
* Grande emozione incontrare al volo Massimo Montanari e ringraziarlo per aver dato il via alla passione per questi argomenti 20 anni fa, ancora più bello farlo insieme alla mia amica considerato che la nostra amicizia è nata proprio tra i banchi di quel corso
* Quanti libri vorrei leggereeeee
* Per fortuna ci sono i video su youtube per recuperare gli incontri persi
Comunque non potevo non prendere appunti, ovviamente u_u
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Questa invece sono io che aspetto il treno per rientrare con 50 minuti di ritardo, ma niente può guastare questo weekend cominciato con gli gnocchi fatti in casa dalla mia amica u_u
E comunque ne ho approfittato per cominciare un libro che sembra proprio bellissimo *_*
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francescacammisa1 · 2 years ago
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La vera unione nei matrimoni e nelle coppie la portano le parole, più delle parole dette – dette volontariamente le parole che non si possono tacere – che non si possono tacere senza l’intervento della nostra volontà. Non è tanto il fatto che tra due persone che condividono il cuscino non ci siano segreti perché così hanno deciso – cosa in sé abbastanza grave per costituire un segreto, ma che non lo è se lo si tace –, quanto il fatto che non è possibile smettere di raccontare, riferire, e commentare ed enunciare, come se fosse questa l’attività primordiale delle coppie, almeno di quelle recenti che ancora non sentono l’indolenza delle parole.
Javier Marías - Un cuore così bianco
Ph Paul Almasy
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carmenvicinanza · 1 year ago
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Cecilia Vicuña
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La donna di oggi è Cecilia Vicuña, artista visiva, poeta e attivista cilena, nota per le sue performance poetiche che rivendicano la sua identità femminile provando a riscrivere la storia della cultura indigena.
È creatrice di una poetica speciale che interseca arte e coscienza ecologica.
Il suo lavoro porta avanti conoscenze millenarie attualizzate con performance, film, installazioni, sculture, libri e gesti della vita quotidiana.
Ha scritto 25 libri di arte e di poesia, tradotti in sette lingue e anticipato i più recenti dibattiti su ecologia e femminismo decoloniale, immaginando nuove mitologie personali e collettive. Molte delle sue installazioni sono realizzate con materiali trovati e detriti abbandonati che intesse in delicate composizioni, nelle quali il microscopico e il monumentale trovano un fragile equilibrio, la sua arte è precaria, intima e, insieme, potente.
I suoi dipinti si ribellano alla forma, mettendo al centro l’immaginazione di una donna indigena.
Oggi le sue opere fanno parte delle collezioni di importanti musei tra cui il Guggheneim, il MoMa, la Tate, il Museo d’Arte Latinoamericana di Buenos Aires e il Museo Nazionale delle Belle Arti di Santiago del Cile.
È nata a Santiago del Cile il 27 luglio 1948 in una famiglia di artisti e intellettuali. Dal 1966, dopo aver iniziato con tele astratte, ha iniziato a lavorare a un  progetto che ancora oggi porta avanti, le precarios, sculture assemblate con materiali da recupero, esposte agli agenti atmosferici e alle maree.
Nel 1967 ha fondato il suo primo gruppo, Tribu No, che realizzava azioni artistiche collettive nella città di Santiago.
Nel 1968 ha pubblicato il suo primo poema sul periodico messicano El Corno Emplumado.
Dagli anni ’70, il suo lavoro si è confrontato visivamente e poeticamente con i rituali dell’America latina, delle popolazioni aborigene australiane, del Sudafrica e dell’Europa paleolitica. Le sue esibizioni, installazioni site-specific, quipu, sculture, dipinti, disegni e testi legano il filo rosso al sangue mestruale e alla continuità della vita.
Dopo aver esposto per la prima volta al Museo Nazionale delle Belle Arti di Santiago ed essersi laureata in Belle Arti, nel 1972 è partita per Londra per specializzarsi alla Slade School of Fine Art.
Si trovava in Gran Bretagna quando, l’11 settembre 1973, c’è stato il violento colpo di stato militare contro Salvador Allende guidato da Pinochet e ha chiesto asilo politico.
L’anno seguente ha fondato il gruppo Artists for Democracy per raccogliere fondi per la Resistenza cilena e organizzato il Festival of Arts for Democracy in Chile che ha visto partecipare 320 artisti e artiste internazionali tra cui Julio Cortázar, Christo e Sol LeWitt. Durante il Festival erano stati denunciati i soprusi commessi dalla dittatura militare di Pinochet e dalle altre dittature dell’America Latina e la violazione dei diritti umani.
Nel 1975 si è trasferita a insegnare storia dell’arte e poesia latinoamericana all’università di Bogotà, ha lavorato in ambito teatrale e condotto laboratori artistici con la comunità guambiana della Valle del Cauca, esperienza che l’ha portata ad approfondire il suo legame con la cultura indigena.
Quando al Concorso nazionale di poesia Eduardo Coté Lamus le è stato negato il premio a causa del tono erotico e irriverente della sua opera, è partita una serie di azioni artistiche di protesta che le hanno dato grande fama. 
A questo periodo risalgono le Palabrarmas, neologismo che unisce le parole (palabra) con le armi (armas), concretizzate attraverso varie tecniche artistiche che spaziano dal disegno alla performance, dalla scrittura ai film, come risposta poetica alla distorsione del linguaggio e alla violenza delle menzogne. 
Nel 1980 ha realizzato il suo primo documentario, ¿Qué es para usted la poesía? (Cos’è per voi la poesia?), oggi nella collezione del MoMA.
A New York ha collaborato con il periodico Heresies: A Feminist Publication on Art and Politics, leggendario gruppo di artiste e intellettuali femministe.
Nel 1981 ha esposto per la prima volta al MoMA, nella collettiva Latin American Video. 
Tra i viaggi in giro per l’America Latina e gli Stati Uniti, producendo reading, performance poetiche e esposizioni, non ha mai smesso di scrivere libri.
Nel 1995 ha tenuto il primo seminario con la comunità rurale di Caleu, in Cile, per promuovere la riscoperta delle conoscenze ancestrali dando origine a un metodo di educazione decolonizzatrice che ha chiamato Oysi, titolo che ha dato alla sua organizzazione senza scopo di lucro.
Nel 1997 è stata pubblicata la biografia The Precarious. The Art and Poetry of Cecilia Vicuña. L’anno successivo ha realizzato la prima mostra multimediale Cloud-net, dedicata al riscaldamento globale e all’estinzione delle specie e delle civiltà, temi che denuncia e porta avanti, instancabile, in ogni suo lavoro.
Numerose sono state le esposizioni e retrospettive tenute in giro per il mondo e le conseguenti acquisizioni da parte dei più importanti enti museali internazionali.
Nel 2015 è stata nominata Messenger Lecturer per il Dipartimento di Antropologia della Cornell University per contribuire all’«evoluzione della civiltà con lo scopo specifico di elevare lo standard morale della nostra vita politica, commerciale e sociale».
Nel 2017 ha partecipato a documenta 14, una delle più importanti esposizioni d’arte contemporanea nel mondo.
Nel 2018 ha ricevuto il premio Achievement Award assegnato da Cisneros Fontanals Art Foundation ed è stata nominata Sherry Memorial Poet in Residence 2018 per il Programma di poesia e poetica dell’Università di Chicago.
Nel 2019 ha ricevuto il Premio Velázquez di arti plastiche assegnato dal Ministero della cultura e dello sport della Spagna.
Al Centro Cultural España di Santiago del Cile, ha presentato Minga del Cielo Oscuro, convocando personalità del mondo dell’arte, astronomia, archeologia, musica ed etnomusicologia per riflettere sull’oscurità del cielo notturno e sulle molteplici conseguenze ecologiche, neurologiche e sociali della sua scomparsa.
Il 23 aprile 2022 è stata la prima artista cilena a ricevere il Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia. Per l’occasione ha realizzato l’installazione site specific NAUfraga, dedicata alla fragilità (fraga) della laguna.
Il 3 maggio 2023 ha ricevuto la Laurea honoris causa dall’Università del Cile.
Per i suoi meriti, la poetica, l’instancabile ricerca e il fervente attivismo, si può considerare tra le più interessanti protagoniste dell’arte contemporanea.
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tecnowiz · 1 year ago
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I migliori siti web per scoprire le trame dei film
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Se sei un appassionato di cinema, sai quanto sia importante conoscere la trama di un film prima di scegliere cosa guardare. Le trame sono dei riassunti che raccontano la storia, i personaggi, i conflitti e il finale di un film, senza svelare troppi dettagli o spoiler. Le trame delle pellicole cinematografiche ti aiutano a capire se un film è adatto ai tuoi gusti, al tuo umore, al tuo tempo e al tuo budget.
Scopri i migliori siti web italiani per conoscere le trame dei film prima di vederli, offrono informazioni accurate e complete per prendere decisioni
Ma dove trovare la trama di un film in italiano? Ci sono molti siti web che offrono questo servizio, ma non tutti sono affidabili, aggiornati, completi e facili da usare. Per aiutarti a scegliere, abbiamo selezionato i migliori siti web italiani per scoprire le trame dei film.
Migliori siti per leggere le trame
Con queste risorse, sarai in grado di scoprire in anticipo se un film è adatto ai tuoi gusti o se è degno di essere incluso nella tua lista dei "must-see". Movieplayer
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Movieplayer è uno dei siti web più popolari e completi per gli amanti del cinema. Qui puoi trovare le trame di tutti i generi, dalle ultime uscite ai classici, dai film italiani ai film stranieri, dai film d'azione ai film d'animazione. Oltre alle trame dei film, puoi trovare anche le schede tecniche, i trailer, le recensioni, le interviste, le curiosità, le foto e i video dei film. Puoi anche votare e commentare i film che hai visto, e scoprire le classifiche, le novità, le anteprime e i consigli della redazione. MYmovies
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MYmovies è un altro sito web molto famoso e apprezzato dai cinefili. Qui puoi trovare le trame dei film di ogni epoca e paese, con una particolare attenzione al cinema italiano e ai film d'autore. Oltre alle trame dei film, puoi trovare anche le schede tecniche, i trailer, le recensioni, le news, i forum, i blog, i quiz e i sondaggi sui film. Puoi anche creare la tua lista dei film preferiti, e confrontarti con gli altri utenti e con i critici. Comingsoon
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Comingsoon è un sito web dedicato al mondo dell'intrattenimento, che offre le trame dei film più recenti e attesi. Qui puoi trovare la trama di un film in uscita al cinema, in streaming, in DVD e in Blu-ray, con una sezione speciale per i film originali di Netflix, Amazon Prime Video, Disney+ e altre piattaforme. Oltre alle trame dei film, puoi trovare anche le schede tecniche, i trailer, le recensioni, le interviste, le gallery, i podcast e i video dei film. Puoi anche partecipare ai concorsi, ai giochi e alle iniziative del sito. FilmTV
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FilmTV è un sito web che nasce dalla rivista omonima, che offre le trame dei film in onda in televisione e in streaming. Qui puoi trovare le trame di tutti i canali e le piattaforme, con una guida TV aggiornata e personalizzabile. Oltre alle trame dei film, puoi trovare anche le schede tecniche, i trailer, le recensioni, le news, le rubriche e le video recensioni dei film. Puoi anche esprimere il tuo giudizio sui film che hai visto, e scoprire le opinioni degli altri utenti e dei redattori. Cinematographe
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Cinematographe è un sito web che si occupa di cinema, serie TV, fumetti, libri e videogiochi, che offre le trame dei film più interessanti e curiosi. Qui puoi trovare le trame di tutti i tipi, dai blockbuster ai film indipendenti, dai film di fantascienza ai film horror, dai film di supereroi ai film di animazione. Oltre alle trame dei film, puoi trovare anche le schede tecniche, i trailer, le recensioni, le analisi, le teorie, le citazioni e le chicche dei film. Puoi anche seguire le dirette, i live, le podcast e i video del sito. IMDb
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IMDb, acronimo di Internet Movie Database, è uno dei siti web più popolari per gli amanti del cinema. È una vera e propria enciclopedia online dei film, con una vasta collezione di informazioni su attori, registi, produttori e naturalmente, trame di film. Basta cercare un film specifico sul sito e troverai una pagina dedicata che fornisce una panoramica completa, incluso un riassunto della trama. IMDb è noto per la sua accuratezza e completezza delle informazioni, rendendolo uno strumento affidabile per scoprire le trame dei film.
Conclusione
Questi sono i migliori siti web italiani per scoprire le trame delle pellicole cinematografiche. Speriamo che questo articolo ti sia stato utile e ti abbia dato delle idee per il tuo prossimo film da guardare. Ricorda che le trame dei film sono solo un'anticipazione, e che per apprezzare davvero un film devi vederlo con i tuoi occhi. Buona visione!
Note finali
E siamo arrivati alle note finali di questa guida. Ma prima di salutare volevo informarti che mi trovi anche sui Social Network, Per entrarci clicca sulle icone appropriate che trovi nella Home di questo blog, inoltre se la guida ti è piaciuta condividila pure attraverso i pulsanti social di Facebook, Twitter, Pinterest e Tumblr, per far conoscere il blog anche ai tuoi amici, ecco con questo è tutto Wiz ti saluta. Read the full article
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thegianpieromennitipolis · 1 year ago
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VENTUNESIMO SECOLO - di Gianpiero Menniti
MASCHILE E FEMMINILE: IL MUTAMENTO PROFONDO
Tra le fonti del romanzo "Le Streghe di Shakespeare" c'è un testo singolare.
Anni fa, parecchi anni fa (fine anni '80, primi '90 del secolo scorso) venni incuriosito da un titolo inconsueto, "Occidente misterioso - Baccanti, gnostici, streghe: i vinti della storia e la loro eredità".
A interrogarmi non era solo l'esordio del libro ma il nome dell'autore, Giorgio Galli, scomparso nel 2020, storico e politologo milanese di riconosciuto valore.
Inaspettatamente, l'insigne docente di storia delle dottrine politiche aveva dato alle stampe un volume per raccontare che i vinti nascosti della storia fossero spesso alcuni "modelli femminili di visione del mondo", relegati nell'impulsività mistica e quindi osteggiati per la loro forte carica emotiva, in apparenza contrari alla genesi razionalista delle società considerate progredite e naturalmente, cosa più importante, ai loro assetti.
Dal mondo antico fino all'età moderna.
Dunque, sostiene Galli, nei «passaggi cruciali della costruzione dell'Occidente come civiltà, le tensioni e i conflitti tra "femminile" e "maschile" hanno avuto un ruolo superiore a quello sinora loro accreditato.».
Ancora più singolare fu l'accoglimento della robusta e davvero interessante tesi di Galli: il sistema accademico italiano lo sospinse in un limbo di marginalità.
Il suo libro venne in altri casi fortemente criticato come si fosse trattato di uno "scivolone" dell'illustre cattedratico.
Aveva toccato un nervo scoperto il buon Galli?
Nessuno, a mia memoria, entrò mai nel merito della sua proposta interpretativa, certamente molto avanzata in quel torno di fine millennio.
Lo studioso non si arrese e negli anni successivi coltivò il filone.
Galli aveva indirettamente chiarito, argomentando con dovizia, quanto fosse rimasto fervente, nel corso di un lunghissimo arco di tempo, il fiume carsico dei diritti in capo al genere femminile, la portata storicamente rilevante degli assetti sociali costituitisi anche sul contrasto verso rivendicazioni ritenute eversive e infine si basasse su quell'antica polarizzazione anche l'origine dei fermenti politico-sociali che attraversarono l'800 e il '900, secoli nei quali si è consumata la formula stantia della superiorità "maschile", ormai ampiamente decaduta e oggi in procinto di crollare definitivamente.
Si badi: non si tratta di ridurre la storia a una divisione di potere e contropotere tra i sessi (sarebbe una grossolana fandonia) ma di saper cogliere, come Galli riuscì a fare, l'importanza di questo dinamico confronto socio-culturale percorrendo l'arco del pensiero e dunque della civiltà occidentale.
Tutti i processi storici sono segnati da avvenimenti che fanno da detonatore, come recenti e tragici casi di cronaca nera insegnano da noi.
E che osserviamo in misura ancora più rilevante in scenari distanti dal nostro modello: gli accadimenti in Iran, con la "polizia morale" che massacra ragazze indifese, sono l'esempio lampante della discrasia tra un potere reazionario e una società che sul riconoscimento delle libertà individuali in capo al genere femminile e dell'habeas corpus in particolare, arriverà ad abbattere quelle obsolete forme di dominio e con esse l'intero assetto sociale, dello Stato e dei fondamenti religiosi sui quali si regge.
Quando accadrà - e accadrà anche se le martiri saranno ancora molte - quale corso prenderà la storia in Medio Oriente?
Dunque, in relazione causale, nel resto del globo?
Nessun cambiamento di status si è mai affermato pacificamente.
Ma il cambiamento è in atto, ormai segnato e inarrestabile.
Ed è, in non rare occasioni, coinciso, quando racchiuso in termini avanzati (poichè esiste anche un conservatorismo di stampo femminile non meno intransigente e detestabile) con il ruolo delle donne.
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Questo sostengo facendomi breccia, implicitamente, attraverso il buon Galli, storico acuto e politologo lungimirante.
Gli idioti (nel significato originario greco) non se ne avvedono.
Gli imbecilli (nell'etimologia latina) tentano di contrastarlo.
Ne "Le Streghe di Shakespeare" l'argomento è scavato ancora più profondamente, in chiave antropologica.
Fino a contemplarne l'origine.
Sepolta in un abisso scabroso.
Nelle immagini: "Grande Dea Madre", periodo Paleolitico, collezione Mainetti, New York
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abatelunare · 2 years ago
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Libri che vanno letti 26
Quando ero ragazzo mi ero comprato Cattedrale, libro che riuniva alcuni racconti di un certo Raymond Carver, scrittore americano. Lo avevo letto e non mi era piaciuto per niente. Me n’ero sbarazzato grazie a una fumetteria che ritirava anche libri usati. Dopo diversi anni si è scoperta una cosa. L’editor cui Carver si era affidato ne aveva arbitrariamente stravolto i testi, rendendoli del tutto diversi da come in realtà erano. In tempi relativamente recenti, hanno recuperato le stesure originali, rendendo giustizia al loro autore. Einaudi ha quindi ripubblicato la “nuova” versione dei racconti di Carver. Cattedrale è diventato Principianti. Io l’ho comprato e - sarà stata la suggestione dell’avere saputo che quella era roba genuina o l’essere nel frattempo cresciuto come lettore oltre che come persona - mi è piaciuto un sacco. Per questo lo consiglio. Per il rispetto filologico dell’opera. E per il solito mio discorso che se si vuole imparare davvero qualcosa in materia di narrativa breve, bisogna confrontarsi con gli scrittori americani del Novecento. I migliori erano loro.
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Sorelle in Fuga di Antonio Pagliaro: Un Thriller Psicologico tra Segreti e Verità Sconvolgenti. Recensione di Alessandria today
Un’indagine che sfida il tempo e scava negli abissi della mente umana
Un’indagine che sfida il tempo e scava negli abissi della mente umana Antonio Pagliaro, con il suo romanzo “Sorelle in Fuga”, ci regala un thriller psicologico intenso e mozzafiato, ambientato in una Palermo opprimente e segnata da segreti che affiorano dal passato. Un libro che intreccia magistralmente il genere poliziesco con il dramma umano, affrontando temi come la corruzione, la famiglia e…
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automatismascrive · 2 years ago
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Appunti di genere I: Wraeththu
(Sì, il blog vive ancora. Il ritmo è calato molto per un mix di mancanza di cose da segnalare e vicende nella vita vera.)
Come ho già segnalato in altri post, sono una grande appassionata di New Weird. È stata in effetti questa passione piuttosto precoce che mi ha convinto a dare una chance alla lettura in inglese durante i primi anni delle superiori, visto che la probabilità di trovare qualche libro appartenente ad un sottogenere del fantasy diverso dagli high fantasy di stampo tolkeniano (stampo di qualità perlomeno altalenante, mi tocca aggiungere) in una qualunque libreria in Italia era molto bassa: il primo libro che lessi così fu The Year of Our War di Swainston, che cementò la sicurezza che questo genere fosse stato pensato proprio per chi come me era ossessionata dal leggere di cose che non avrebbe mai potuto immaginare da sola e vederle prendere vita con una minuzia e una precisione straordinarie. Poi Swainston scrisse, ahimè, anche altri libri, ma ormai lanciatissima iniziai a leggere quasi tutta la narrativa fantastica che mi interessava in inglese.
Vabbè, momento nostalgia a parte, anche se tra la Trilogia dell’Area X e qualche libro del Bas-Lag di Miéville qualcosa si è mosso, ci sono ancora tantissimi autori recenti che rimangono lontani dal fare il loro debutto sugli scaffali delle librerie nostrane, ma per il consiglio di oggi ci tenevo a segnalare la serie di un’autrice che è a tutti gli effetti una delle madrine (se non LA madrina) di questo sottogenere e che ha ancora meno chance di altri di arrivare anche qua in Italia: la trilogia Wraeththu di Storm Constantine, pubblicata tra il 1987 e il 1989 e tutt’ora inedita in Italia. Nonostante non mi informi spesso sul background di un autore prima di dargli una chance, qualche notizia su Storm Constantine mi ha convinto che si trattava di un tipo interessante: intanto perché quello è il suo vero nome, cambiato all’anagrafe dopo anni di pubblicazioni sotto pseudonimo, e poi perché da tutto quello che ha fatto in vita, dal sostegno alle fanfiction delle sue opere alla gestione di siti e wiki dedicati ai suoi mondi fantastici, traspare un genuino amore per i fan e un’idea della scrittura come atto comunitario che è relativamente peculiare tra gli autori che leggo. La stessa premessa della serie di cui volevo scrivere oggi – che una razza priva di genere, bellissima e letale, rimpiazzi a poco a poco gli umani – deriva dai look androgini delle band che frequentava in gioventù; senza ulteriori indugi, dunque, le mie impressioni su una serie che fa tante cose in modo mediocre o addirittura pessimo, ma che ne fa almeno altrettante in maniera interessante.
Come specificavo appena sopra, la trilogia di Wraeththu parte dall’idea che alle periferie di una civiltà umana ormai in lento declino si sviluppi una mutazione, inizialmente circoscritta a pochi individui, che ne modifichi il corpo e i sensi in maniera talmente radicale da creare una nuova specie: i Wraeththu, persone dotate di organi femminili e maschili, androgini d’aspetto e incredibilmente forti e resistenti, con abilità magiche e occulte che permettono loro di utilizzare telepatia, piromanzia e altri incantesimi molto più oscuri; l’intera trilogia è incentrata sul lento percorso che i Wraeththu compiono per ereditare la Terra – dai rapimenti di adolescenti dalle famiglie nelle periferie per trasformarli, alle guerre brutali condotte sotto il segno della conquista, fino ai tentativi di convivenza con quegli umani che si ostinano a non voler cedere il passo a questa razza che è chiaramente migliore di loro sotto tutti gli aspetti. Giusto?
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La copertina della raccolta di tutti e tre i libri. L’influenza punk è piuttosto evidente.
È rimarchevole il fatto che tutti e tre i libri si svolgano in momenti dell’avanzata molto diversi tra loro, e che lascino impressioni assai differenti sui Wraeththu coinvolti nelle vicende raccontate: il primo libro, The Enchantments of Flesh and Spirit, segue i viaggi di Pellaz, ragazzo fuggito assieme al Wraeththu Cal e iniziato rapidamente in un mondo fatto di piccole tribù sparse, che sono tutte più o meno apertamente ostili agli uomini ma che raramente hanno la forza di opporsi alle città più grandi e ben organizzate; sopravvivono grazie a fragili reti commerciali, furti e saccheggi e l’occasionale zuffa con gli abitanti delle zone isolate in cui gli uomini stanno iniziando a temere questa massa di guerrieri che hanno al loro fianco sciamani con strani poteri e una resistenza sovrumana. L’ultimo libro, che ha per protagonista Cal e il suo compagno di viaggi Panthera, dettaglia invece grandi insediamenti con culti, tradizioni e strutture sociali proprie e una società largamente abituata a considerare normalità tutte quelle caratteristiche Wraeththu che erano aliene o disturbanti ai Wraeththu stessi durante i primi anni delle loro trasformazioni; il risultato è effettivamente una cronaca dell’ascesa al potere di una nuova specie, che si trova a confrontarsi con due quesiti fondamentali che ne segnano l’intero percorso: che cosa dobbiamo fare dei nostri corpi ora che non esiste più alcuna differenza tra uomini e donne? E se siamo davvero così superiori agli uomini, saremo in grado di costruire qualcosa di meglio di quello che hanno fatto loro?
La risposta – anzi, le risposte – alla prima domanda è sicuramente uno dei motivi per cui ho deciso di parlare sul blog di questa trilogia, nonostante i suoi numerosi difetti. I Wraeththu sono a tutti gli effetti descritti come una razza che nasce dall’unione di aspetti maschili e femminili: senza peli, privi di seno e con genitali sia maschili che femminili (espressione imprecisa ma comprensibile, data l’età del testo), sono il ritratto di una bellezza androgina, a tratti anche un po’ patinata e occasionalmente perfino un filo ridicola, considerando quanto tempo i personaggi indugiano ad ammirarsi allo specchio e reciprocamente. Ma se si scrosta un po’ la patina da belli maledetti che evoca il minaccioso spettro di Twilight è evidente che l’interesse di Constantine è ben distante da quello di creare una nuova specie di Gary Stu (si dice ancora Gary Stu? Mi sento anziana) su cui far beare inesistenti schiere di fangirl, ma è piuttosto un modo di esplorare la psiche di un mucchio di giovani adolescenti che si trovano di punto in bianco in un corpo che è molto lontano dalla mascolinità che avrebbero dovuto raggiungere con la fine della pubertà.
Sì, perché la particolarità della mutazione che tramuta gli umani in Wraeththu è che sembra essere una mutazione esclusivamente maschile: i tentativi di trasmutare le donne falliscono tutti, e non incontriamo un solo Wraeththu che dichiari di essere stata una ragazza; il risultato è che, sebbene i Wraeththu siano a tutti gli effetti “l’unione di principi maschili e femminili”, il risultato della trasformazione che inizia a infettare le periferie è quello di un branco di giovani confusi che ragionano esattamente come ragionavano da ragazzi e faticano a lasciar andare quelle dinamiche di genere che caratterizzavano tutti i loro rapporti, compresi quelli sessuali. L’esempio più evidente fin dal primo libro è quello di Cal: un ragazzo gay spaventato dalle donne che da Wraeththu non riesce a scrollarsi di dosso quei rigidi ruoli che avevano caratterizzato le sue relazioni fino al momento della trasformazione e che ripropone in tutte le sue relazioni le stesse dinamiche di sottomissione e dominazione che aveva vissuto durante la sua vita umana.
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C’è anche un ttrpg! Non l’ho provato, anche perché credo sia quasi impossibile da reperire, ma giocare con quest’ambientazione dev’essere molto divertente.
Alcune delle pagine più belle sono dedicate ai rapporti tra i Wraeththu e le donne. Alcune di loro, affascinate dai Wraeththu e spesso un po’ invidiose di quella trasformazione che ha cambiato gli uomini da loro signori e padroni nella società maschilista in cui avevano vissuto fino a quel momento a entità a cui riconoscono una sorellanza precaria, vivono affiancando i Wraeththu aspettando che l’umanità sparisca lentamente dalla terra, convinte di rinascere nel principio femminile che costituisce la metà della nuova specie; altre però sperimentano subito la brutalità di alcune tribù Wraeththu, che non appare affatto diversa da quella umana: le donne nelle zone raggiunte dalla tribù dei Varr vengono uccise o schiavizzate, considerate poco più che animali incapaci di ascendere allo stadio successivo dell’evoluzione dell’umanità, e trattate con modalità per nulla diverse, se non peggiori, da quelle della società patriarcale in cui avevano vissuto fino a quel momento. È anche e soprattutto da questi scorci di inaspettata violenza e crudeltà che l’immagine perfetta dei Wraeththu inizia ad incrinarsi e qualche crepa inizia ad insinuare il sospetto che per essere una razza perfetta, al di sopra di ogni meschinità umana, molti Wraeththu si stiano comportando come tutti i conquistatori umani prima di loro.
L’incapacità Wraeththu di lasciar andare le emozioni, le passioni e i temperamenti umani ancora e ancora produce società, costumi e dinamiche identiche a quelle che avevano giurato di lasciarsi alle spalle: queste ipocrisie sono descritte molto bene da Constantine, ed è dunque sorprendente che non sia capace di risolverle in maniera soddisfacente. Il terzo libro della trilogia è sicuramente il più debole per tanti motivi (vedi i paragrafi successivi), ma uno di essi è la mancanza di una costruzione coerente che leghi assieme tutti questi momenti molto belli in cui il percorso dei Wraeththu per diventare qualcosa di più degli umani viene sfidato dalla loro incapacità di far funzionare in armonia quel loro nuovo corpo intriso di magia e nuove potenzialità e la loro mente ancora saldamente ancorata agli schemi del vecchio mondo. Forse uno degli esempi più lampanti in questo senso è l’utilizzo dei pronomi in questa serie: tutti i Wraeththu parlano di sé al maschile, ma pionieristicamente una donna di nome Kate suggerisce a Pellaz che non sembra il modo giusto di parlare di una creatura che non è né uomo né donna; questa idea viene ripresa ancora un paio di volte e avrebbe potuto avere conseguenze interessanti all’interno delle dinamiche di genere della storia, ma viene poi persa definitivamente con il passare delle pagine e nel terzo libro non viene mai più menzionata.
Insomma, la trilogia è al suo meglio quando i suoi personaggi si immergono a fondo nelle contraddizioni di una specie che dovrebbe esistere al di là di tutto ciò che è umano ma che continua a vivere come se fosse tale –  anzi, a ben vedere, spesso e volentieri (ma non sempre) come se fosse ancora maschio. Non c’è dubbio, dunque, che i personaggi migliori siano quelli in cui tali contraddizioni brillano particolarmente: la maggior parte del secondo libro, cioè The Bewitchments of Love and Hate, è dedicata alla famiglia della nobiltà Varr da cui Pellaz e Cal avevano soggiornato brevemente durante il libro precedente; è composta da Terzian, il capo della tribù, il suo compagno Cobweb, salvato da Pellaz e Cal da una ferita mortale e riportato alla corte dei Varr, e il figlio Swift, uno dei primi Wraeththu di seconda generazione. Ma la relazione tra i primi due personaggi, che dovrebbe essere uno dei fulgidi esempi di perfezione Wraeththu, immune da gelosie, dinamiche di potere patriarcali o debolezze umane che privano i rapporti della loro bellezza e li trasformano in catene con cui legarsi a vicenda, sono invece l’esempio perfetto di come questi ex-uomini fatichino a lasciar andare la binarietà che ha caratterizzato tutta la loro vita precedente: Cobweb, dai capelli fluenti alla “maternità” imposta, è in una posizione sociale e politica che fatichiamo a distinguere da quella di tutte le donne del “vecchio mondo” e nel momento in cui cerca di ricavare a corte un potere e una posizione al di là del proprio ruolo i sussurri dei Varr lo bollano come un mistico – anzi, come una strega. In maniera del tutto speculare, Terzian è l’archetipo perfetto del barbaro conquistatore: virile al massimo grado, con capelli corti e fisico scolpito, incapace anche solo di considerare la gravidanza o anche solo il ruolo di soume (chi utilizza le parti “femminili” durante il sesso), si comporta esattamente come farebbe un qualsiasi signore di un feudo con sudditi da da sfamare, terre da conquistare e popoli da sottomettere. Il lento ma inesorabile disfacimento di queste dinamiche di potere, grazie alle scelte di Swift e agli influssi destabilizzanti di Cal, di cui Terzian si innamora perdutamente, costituisce forse le pagine più belle dell’intera trilogia e un altro motivo per cui, se non tutti e tre i libri, almeno i primi due meritano l’attenzione di chiunque sia interessato alle tematiche appena descritte.
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Storm Constantine in the flesh. Specifico che questa è una delle sue foto più sobrie, ma purtroppo le altre avevano una pessima risoluzione.
Purtroppo, come ripetutamente accennato, la trilogia è ben lontana dall’essere perfetta. Non mi soffermerò troppo sullo stile di scrittura, che pur cadendo troppo spesso in un lirismo fine a sé stesso e a tratti anche un po’ patetico, mostra quello che deve mostrare e non ostacola attivamente la lettura – non un gran complimento, me ne rendo conto, ma non mi sento di dire nulla di più positivo; tuttavia, i veri problemi che squalificano questa trilogia dall’essere godibile per una fetta non indifferente degli appassionati di fantasy sono quelli di worldbuilding e di scelte narrative della seconda metà dell’ultimo libro, The Fulfilments of Fate and Desire. È evidente che Storm Constantine ha scritto delle vicende dei Wraeththu per parlare di sesso, di relazioni e d’amore, non certo per dettagliare con cura minuziosa una mappa di una civiltà perfettamente coerente, e sono dunque disposta a perdonare una certa quantità di vaghezza e di imprecisione relativamente alle modalità con cui avviene la conquista Wraeththu. Tuttavia, questa quantità viene ampiamente superata in molte parti della trilogia, in cui non è affatto chiaro a che livello di avanzamento tecnologico siano gli esseri umani per non resistere all’avanzata Wraeththu, quanto della tecnologia del vecchio mondo venga perso con la loro presa di potere (e soprattutto perché), o anche solo in che modo funzioni la magia Wraeththu in modalità più specifiche di “perché la trama vuole così”, che spesso conduce ad apparenti incoerenze circa quello che i personaggi sono in grado di fare in qualsiasi momento della storia. Oltretutto, quando Constantine entra più nello specifico circa i dettagli dell’ambientazione fornisce elementi spesso poco coerenti con quello che abbiamo visto fino a quel momento (vedi: le armi nucleari), problema che stride molto con la minuzia con cui è invece in grado di creare religioni, mitologie e usanze, nelle poche occasioni in cui sceglie di focalizzarsi su di esse.
A questi problemi si aggiunge un terzo libro – incentrato sul viaggio di Cal verso un destino mistico che sembra chiaramente fondamentale per l’ascesa dell’intera specie ad un livello superiore di esistenza – che si conclude con una risoluzione anticlimatica e colma di una spiritualità vuota di contenuto che viene invece spacciata come una trasformazione epocale, come se fosse cambiato tutto quando a conti fatti non è cambiato proprio un bel niente; nemmeno le interessanti (seppur limitate nello spazio che occupano) descrizioni delle tribù dello Jaddayoth formatesi a seguito della caduta dei vecchi insediamenti Wraeththu, che alludono a nuove modalità di comprendere l’unione Wraeththu dei principi maschili e femminili, o la ripresa di punti di vista femminili in una chiave assai promettente bastano a salvare quest’ultimo libro dalla mediocrità.
La conclusione inevitabile di questo mio consiglio è quella che ormai accompagna buona parte dei miei post: se il New Weird vi appassiona e volete scoprire uno tra i libri fondanti di questo genere, o se vi affascina l’idea di leggere una delle prime storie fantasy che racconta di genere e di sesso in maniera meno binaria rispetto alla norma del tempo (peggio di LeGuin, d’accordo, ma il confronto è crudele) buttatevi! Magari vi interesseranno solo i primi due libri, che sono comunque abbastanza completi da non lasciare l’amaro in bocca anche se deciderete di fermarvi lì: anche così, buona lettura.
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napoli-city · 2 days ago
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La fantasiosa storia dei libri che avrebbero predetto la pandemia Covid-19
Due vecchie narrazioni già smentite nel 2020 Circola una vecchia falsa notizia risalente al 2020. Secondo la narrazione, due libri avrebbero predetto la pandemia di Covid-19, uno di questi addirittura nel 1981. In realtà, ci siamo già occupati di questi due casi nel 2020, riscontrando modifiche ai testi e fantomatiche previsioni estreme basate su avvenimenti recenti da parte di una…
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alephsblog · 27 days ago
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Ricordo una collana dell’editore Longanesi contrassegnata dalla fascetta: “Contro l’analfabetismo matematico e scientifico in Italia”. Forse è tempo che qualche editore di buona volontà inauguri una nuova collana: “Contro l’analfabetismo giuridico in Italia”. Le ricadute sulla vita civile di questa seconda forma di ignoranza sono ben più immediate. L’ho constatato assistendo al dibattito su due notizie recenti, una grande e una minuscola: il mandato d’arresto della Corte penale internazionale per Netanyahu e la partecipazione a un festival di un filosofo rinviato a giudizio per maltrattamenti. Ne sono uscito con le mani nei capelli. Ho visto accademici, scrittori, intellettuali, attivisti, sventolatori di PhD che rivelavano di non avere la più pallida idea della differenza tra un mandato d’arresto e una condanna, e che accusavano i perplessi di non rispettare le decisioni della Cpi. Ho visto persone con tanto di cattedra e distintivo sostenere seriamente che non si può essere favorevoli a un provvedimento e contrari a un altro, se emessi dalla stessa Corte. Ho visto persone che scrivono libri sostenere che un rinviato a giudizio dovrebbe, per buon gusto, stare in silenzio, anzi che “fino a sentenza può starsene a casa” (la presunzione d’innocenza è come l’omosessualità per i benpensanti, la si può tollerare ma non va ostentata). Ho visto concilii di dotti raccomandarsi con ammirazione un intervento balengo in cui si sosteneva che un accusato è innocente fino a condanna definitiva, sì, ma che anche le accuse “possono ritenersi vere fino a prova contraria”, dunque pari e patta (è l’imputato di Schroedinger, che è simultaneamente presunto innocente e presunto colpevole finché il giudice non apre la scatola). Ho letto firme di spicco sostenere che dobbiamo bilanciare i due princìpi, la presunzione d’innocenza e il “sorella ti credo”, come se fossero entrambi di rango costituzionale. Allora, esiste là fuori un editore di buona volontà?
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staipa · 1 month ago
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Viviamo in una Cancel Culture
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Un nuovo post è stato pubblicato su https://www.staipa.it/blog/viviamo-in-una-cancel-culture/?fsp_sid=41 Viviamo in una Cancel Culture Negli ultimi anni, il termine cancel culture ha assunto un ruolo centrale nei dibattiti culturali, politici e sociali. La definizione del fenomeno è controversa, polarizzante, spesso influenzata dalle opinioni personali di chi lo descrive. Ma siamo sicuri che questa “cultura della cancellazione” sia un’invenzione moderna? Cos’è la cancel culture La cancel culture può essere definita come un processo collettivo di ostracismo nei confronti di una persona, un’idea o un’istituzione che viene ritenuta moralmente inaccettabile. In pratica, si tratta di una sorta di boicottaggio culturale: un attore, uno scrittore, un politico o persino un'azienda possono essere "cancellati" per comportamenti, dichiarazioni o azioni considerate offensive o dannose. Esempi di cancel culture La cancel culture si manifesta spesso nei social media, dove la viralità accelera i tempi del dibattito e amplifica il numero di persone coinvolte. I modi recenti in cui la cancel culture è stata applicata sono diversi: Celebrità e vecchi post: Molte figure pubbliche sono state “cancellate” per post su social o dichiarazioni fatte anni prima, spesso in un contesto storico e culturale diverso. Anche giornalisti stimati come Indro Montanelli a torto o ragione ne sono stati vittima (https://short.staipa.it/1lus0) e questo ha sollevato domande su quanto sia giusto giudicare il passato con gli standard del presente. Boicottaggi aziendali: Alcune aziende hanno perso clienti a causa di scelte pubblicitarie o dichiarazioni considerate offensive. Un esempio emblematico è il boicottaggio di marchi che hanno adottato campagne di marketing LGBTQ+. Opere artistiche sotto accusa: Film, libri o canzoni sono stati ritirati o criticati per contenuti ritenuti razzisti, sessisti o comunque inappropriati secondo i valori odierni. Alcuni sono stati addirittura modificati a posteriori cambiando dialoghi, o eliminando scene ritenute problematiche ma che un tempo erano considerate normali. Alcune statue sono state abbattute o deturpate. Questi casi hanno scatenato un acceso dibattito: da un lato, chi difende la cancel culture la vede come uno strumento per correggere ingiustizie storiche; dall’altro, c’è chi teme che porti a una censura soffocante, in cui il dissenso è punito ma non credo esista un metro di misura unico e universale. Per noi Cristoforo Colombo è notoriamente un personaggio importante e di cui andiamo fieri e che ha cambiato la storia ma come possono i discendenti dei nativi americani considerarlo un eroe e non un portatore di distruzione? Chi ha ragione? La cancel culture è un fenomeno moderno? Eppure, l’idea di cancellare ciò che non è conforme non è certo una novità, e non serve scomodare il racconto di 1984 George Orwell, il fascismo o grandi complottismi per trovarne esempi. Ne siamo letteralmente tanto immersi da non farci più caso. Talvolta sono proprio le persone che urlano contro la cancel culture i primi ad approvarla in determinati ambiti.La storia è piena di episodi in cui idee, culture o interi popoli sono stati “cancellati” da chi deteneva il potere. L’imposizione culturale nell’antichità Nell’antichità, conquiste territoriali e guerre spesso comportavano non solo la sottomissione politica, ma anche la cancellazione culturale. Gli Assiri, ad esempio, non si limitavano a conquistare territori: distruggevano le città e deportavano le popolazioni, cercando di eliminare le loro identità culturali. I Romani, che noi tanto ammiriamo, sostituivano spesso le religioni locali con il proprio pantheon o le adattavano, integrandole in modo da annullare le identità precedenti. Ma non erano solo i romani a imporre la propria religione. Il Medioevo e la riscrittura del sapere Con l’avvento del cristianesimo in Europa, molte opere della filosofia e della scienza antica furono censurate, distrutte o reinterpretate. Basti pensare alla censura di testi greci e romani considerati eretici (https://short.
staipa.it/cgszt). Non si trattava solo di religione: era un modo per imporre una nuova visione del mondo. Il ruolo della religione cattolica nella cancel culture Se guardiamo alla storia europea, è impossibile ignorare il ruolo della religione cattolica nella riscrittura culturale. La Chiesa, nel corso dei secoli, ha esercitato un’influenza tale da cancellare o trasformare molte pratiche e idee che non si conformavano alla sua dottrina. Le feste pagane trasformate in festività cristiane Un esempio classico è quello delle festività. Quando il cristianesimo si diffuse in Europa, si trovò di fronte a un mondo ricco di tradizioni pagane. La soluzione? Non cancellarle direttamente, ma sovrascriverle: Il Natale fu fissato il 25 dicembre, data che coincideva con il Sol Invictus, una festa romana dedicata al dio Sole. Questo permise ai cristiani di sostituire una celebrazione pagana con una cristiana, mantenendo però le stesse dinamiche sociali nonostante nessuna prova della nascita di Gesù in quella data. L'albero di Natale, tra l'altro, trova le sue radici nei riti pagani legati al solstizio d'inverno. In particolareGermanici e Scandinavi: Usavano decorare alberi sempreverdi per celebrare la resistenza della vita durante l'inverno. Gli alberi rappresentavano vitalità e rinnovamento, simboli di speranza durante i mesi più bui dell'anno. Celti e Romani: Durante i Saturnali, i Romani decoravano le loro case con rami di piante sempreverdi, simbolo di protezione dagli spiriti maligni. La Pasqua, festa della resurrezione, coincide con i riti di primavera delle popolazioni pagane, che celebravano la rinascita della natura. Perfino l'uovo è un simbolo antichissimo di rinascita e fertilità. Nelle tradizioni pagane, l'uovo rappresentava la vita che rinasce con l'arrivo della primavera. Ad esempio, le celebrazioni in onore della dea germanica Eostre (da cui deriva il nome inglese della pasqua, Easter) includevano simboli come uova e conigli, legati alla fertilità. Nell'antico Egitto e in Mesopotamia, l'uovo era associato al ciclo della vita e alla creazione. L'Assunzione di Maria(15 agosto), il Ferragosto, ha origini romane e deriva dalle Feriae Augusti, introdotte dall'imperatore Augusto nel 18 a.C. come un periodo di riposo e celebrazione in onore della raccolta agricola e delle divinità della fertilità come Diana e Conso. Era una festività in cui si sospendevano le attività lavorative e si organizzavano giochi e feste. Ognissanti (1 novembre), si sovrappone alla festività celtica di Samhain, celebrata alla fine di ottobre e all’inizio di novembre. Samhain segnava la fine della stagione del raccolto e l'inizio dell'inverno. Era anche una celebrazione legata al mondo degli spiriti e alla connessione tra vivi e morti. Da cui deriva anche la versione d'oltre oceano: Halloween. La Zucca per esempio probabilmente è originaria proprio della festa celtica di Samhain dove rappresentava una lanterna per guidare gli spiriti. Epifania (6 gennaio), potrebbe aver preso ispirazione da celebrazioni precristiane legate ai cicli naturali e all’adorazione di divinità della fertilità. In particolare, in alcune culture pagane, il 6 gennaio segnava un momento di riti propiziatori per il raccolto o la celebrazione del solstizio d'inverno. I Fuochi di San Giovanni (24 Giugno) derivano dalle celebrazioni pagane del solstizio d'estate, in cui i falò erano accesi per purificare e proteggere. Questi riti furono trasformati in celebrazioni cristiane per onorare San Giovanni Battista. Questa strategia, non è forse una forma di cancel culture? Le tradizioni originali furono cancellate, o meglio, inglobate e trasformate al punto da essere dimenticate e quando finiscono per ritornare in forme moderne come appunto Halloween vengono ancora osteggiate come se provenissero da una cultura aliena. La differenza è che in questo caso noi siamo storicamente dalla parte di chi quelle culture le ha cancellate, e siamo arrivati dopo che lo sono state. Le diamo per scontate ma è stata la cancellazione di culture pregresse a creare la cultura che ci circonda.
La repressione delle pulsioni e della diversità Per secoli, la Chiesa cattolica ha cercato di sopprimere tutto ciò che non era conforme alla sua visione morale. Le pulsioni omosessuali, per esempio, furono bollate come peccaminose, portando intere generazioni a vivere in silenzio, nella paura e nella vergogna, ma prima dell'avvento del cristianesimo l'omosessualità o meglio la bisessualità era considerata piuttosto comune, anche se generalmente tra persone di età molto differenti. Allo stesso modo, la libertà di pensiero fu spesso limitata: il controllo sull’educazione, la censura dei libri e i processi per eresia sono solo alcuni esempi. Il dominio sonoro, simbolico e il potere Anche aspetti quotidiani come il suono delle campane delle chiese, che scandiscono le giornate dei paesi e delle città, sono una forma di imposizione culturale. Il suono delle campane non è neutrale: è un simbolo che ricorda il dominio della religione sul tempo e sulle vite delle persone. Indipendentemente che appartengano o no a quella religione, e in uno stato che è costituzionalmente laico (https://short.staipa.it/3voj7). Esistono migliaia di luoghi dove effettuare funerali cristiani (le chiese), ma non per i funerali civili o di altre religioni (https://short.staipa.it/2tg8f). E nel dubbio si tende a fare funerali in chiesa anche a chi in vita non se ne riconosceva parte. Il desiderio di imporre i crocefissi nei luoghi pubblici, nelle scuole, sulle vette delle montagne come fosse un simbolo che rappresenta tutti e non un simbolo divisivo tra chi appartiene a un gruppo e chi invece non vi si riconosce. Il Papa, sovrano assoluto di uno stato estero, che può permettersi di dire ad un altro stato di approvare o non approvare leggi (https://short.staipa.it/ql3a8). Sono tutti tentativi di imporre una cultura e cancellare tutte le idee che non vi si adeguino. Riflessioni sul presente e sul passato L’analisi storica della cancel culture ci permette di guardare al fenomeno contemporaneo con maggiore consapevolezza. È davvero qualcosa di nuovo? Oppure è semplicemente un nuovo capitolo di un’antica storia? Forse, la differenza sta nel fatto che oggi il potere di “cancellare” è più diffuso, non più riservato solo a chi detiene il controllo politico o religioso. Si è in qualche modo democraticizzata e così fa più paura. Rende più facile trovarcisi vittima. La cancel culture, in tutte le sue forme, pone una domanda fondamentale: chi ha il diritto di decidere cosa meriti di essere ricordato e cosa debba essere dimenticato? Integrare, non cancellare Invece di giudicare il fenomeno moderno, dovremmo chiederci come costruire una società che integri, piuttosto che cancellare. Possiamo riconoscere i torti del passato senza distruggere tutto ciò che rappresentano? Possiamo accettare che Cristoforo Colombo rappresenti sia un grande esploratore che l'iniziatore di una carneficina? Possiamo accettare che i discendenti dei nativi americani non ne vogliano una statua nelle loro città? Ovviamente è solo un'esempio, uno di quelli che probabilmente a nessuno dei miei lettori colpisce molto profondamente.Al contempo però possiamo imparare a convivere con le differenze, senza dover imporre una morale o una verità prescritte? La cancel culture non è nuova, ma la consapevolezza con cui la affrontiamo oggi può fare la differenza. Sta a noi decidere se vogliamo continuare a cancellare o iniziare a integrare. Leggere fatti e affermazioni, opere, comportamenti che oggi ci risultano offensivi considerandoli nel contesto in cui sono create senza interpretarle al di fuori del loro contesto nativo? Siamo sempre stati parti du una cultura che ha cancellato altre culture, proviamo a cambiare il passo, cercando di smettere di additare gli altri senza guardare sé stessi.Se nel passato qualcosa era accettato e oggi no è normale, ma invece di cancellare non sarebbe più utile ricordare il contesto? Ai tempi dei greci la pedofilia era comunemente accettata tra uomini vecchi e potenti e giovani virgulti che dovevano trovare una strada.
Parlarne, leggerne i racconti dei grandi filosofi e storici non significa accettare o sponsorizzare la pedofilia oggi, significa capire un contesto, accettarne la realtà e trarne le informazioni utili. Senza cori da stadio, senza tifoserie.
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