#insediamento
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ginogirolimoni · 21 days ago
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Inaugurata ufficialmente l'apertura del Carnevale negli Stati Uniti, presenti clown, saltimbanchi, pagliacci, nani, ballerine, starlette, cheerleaders e musicanti da tutto il mondo. Erano talmente tanti gli invitati, che alcuni sono stati lasciati a casa a giocare col trenino. A grande richiesta escono di prigione tutti i partecipanti all'assalto di Capital Hill, da oggi qualsiasi orda di imbecilli può assaltare impunemente il Campidoglio americano quando gli pare. La festa durerà almeno per i prossimi quattro anni, se i bravi cittadini americani si stancheranno di questo gigantesco circo mediatico, dove guitti, cialtroni, scimmie ammaestrate e altro personale circense danno continuo spettacolo diffuso in tutto il mondo.
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primepaginequotidiani · 5 days ago
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PRIMA PAGINA Il Gazzettino di Oggi giovedì, 06 febbraio 2025
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unita2org · 21 days ago
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INSEDIAMENTO TRUMP: INVITATI IMPREVISTI E LO (STRANO) PARALLELO DEL WP
NORD-AMERICA 20 Gennaio 2025 13:00 di Davide Malacaria – PICCOLE NOTE Trump ha voluto che la cerimonia del suo insediamento alla Casa Bianca si tenga nel chiuso del Campidoglio, come accadde per quella di Ronald Reagan. Motivo ufficiale il freddo, ma è evidente che per un megalomane come egli è e per la sua vis populista che lo inclina ai raduni affollati, la decisione di tenere una cerimonia…
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pier-carlo-universe · 22 days ago
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Donald Trump inaugura il suo secondo mandato: "Inizia una rivoluzione del buon senso"
Il 47° Presidente degli Stati Uniti promette di ripristinare la sovranità nazionale e riformare le istituzioni americane.
Il 47° Presidente degli Stati Uniti promette di ripristinare la sovranità nazionale e riformare le istituzioni americane. Il 20 gennaio 2025, Donald Trump ha prestato giuramento come 47° Presidente degli Stati Uniti, segnando un ritorno storico alla Casa Bianca dopo il suo primo mandato. La cerimonia si è svolta all’interno del Campidoglio a causa delle rigide condizioni climatiche, con circa…
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danieleneandermancini · 5 months ago
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SCAVI DI UN INSEDIAMENTO NEOLITICO DELLA CULTURA DELLA CERAMICA LINEARE, EILSLEBEN, GERMANIA
SCAVI DI UN INSEDIAMENTO NEOLITICO DELLA CULTURA DELLA CERAMICA LINEARE, EILSLEBEN, GERMANIA Tra il 1974 e il 1989, sono stati condotti estesi scavi archeologici nei pressi di Eilsleben, nel distretto di Börde, Sassonia-Anhalt, Germania, in un insediamento di 7.500 anni fa dei primi agricoltori dell'Europa centrale e sono state portate alla luce fortificazioni, tombe e resti di abitazioni. Con una superficie totale di...
Tra il 1974 e il 1989, sono stati condotti estesi scavi archeologici nei pressi di Eilsleben, nel distretto di Börde, Sassonia-Anhalt, Germania, in un insediamento di 7.500 anni fa dei primi agricoltori dell’Europa centrale e sono state portate alla luce fortificazioni, tombe e resti di abitazioni. Con una superficie totale di 12 ettari, l’insediamento è uno dei più grandi del suo tempo e si…
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blogitalianissimo · 21 days ago
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Il fatto che Trump stia uccidendo gli Stati Uniti (in manco 24 ore dal suo insediamento), mi fa RINGRAZIARE la nostra COSTITUZIONE che impedisce a quei cialtroni che ci governano di affondare il nostro paese in uno schiocco di dita
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lalivella · 3 months ago
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Ercolano, Napoli
L'antica Ercolano fu distrutta nel 79 d.C. ed è celebre per la sorte tragica che la unisce a Pompei. Uno spettacolo a cielo aperto dove vi aspetta un’esperienza unica.
Ercolano fu fondata secondo la leggenda dal mitico eroe Ercole di ritorno dall’Iberia. Sembra essere stata interessata, in principio, da un insediamento indigeno e poi esposta alle influenze sannitiche, greche, etrusche, fino alla schiacciante presenza romana. Sepolta dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è stata riportata alla luce a partire dal 1710, quando i re Borbone cominciarono a condurvi i primi scavi. Con il passare dei secoli le attività archeologiche sono diventate sempre più organizzate ed efficaci, recuperando ampie parti di città alla vista di turisti e studiosi. L’area oggi visitabile è stata quasi interamente scavata dal 1927 al 1958.
Provvisto di mura modeste, il centro abitato fu costruito su un pianoro vulcanico a strapiombo sul mare posto ai piedi del Vesuvio, limitato sul lato orientale e su quello occidentale da due torrenti; due insenature fluviali vi costituivano approdi naturali e sicuri. Le dimensioni della città erano in realtà piuttosto modeste: è stato ipotizzato che la superficie complessiva racchiusa dalle mura fosse di circa 20 ettari, della quale sono ora visibili a cielo aperto circa 4,5 ettari, per una popolazione di circa 4000 abitanti.
Nonostante la storia plurisecolare, dunque, gli scavi hanno rimesso alla luce solo una parte della città antica, cosicché gran parte dell’antica Herculaneum rimane ancora sepolta sotto terra, custodendo tra l’altro tutta l’area forense, gli edifici sacri e civili con i loro preziosi arredi ed apparati decorativi.
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curiositasmundi · 15 days ago
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Per prima cosa, le crepe stanno già iniziando a mostrarsi nella coalizione di Trump, apparse prima ancora del suo insediamento. Verso la fine dell’anno scorso, si è formata una sgradevole spaccatura tra chi vuole misure restrittive sull’immigrazione, la componente «America First», da un lato e la fascia di miliardari che invece sostiene il visto H-1B [il permesso di lavoro per lavoratori stranieri, ndt] rappresentata da persone come Vivek Ramaswamy (ora scomunicato per aver insultato i lavoratori statunitensi in un tweet ) ed Elon Musk.
Musk in particolare è diventato un punto debole. Dopo aver utilizzato i suoi 277 milioni di dollari versati alla campagna di Trump per insinuarsi nella cerchia ristretta e diventare, come sembra, il nuovo consigliere-portavoce non ufficiale del presidente, ha già pestato i piedi a Trump cercando di silurare all’ultimo minuto un accordo del Congresso sul tetto al debito anticipando Trump stesso. L’influenza smisurata di Musk nel movimento a cui si è unito solo sei mesi fa ha rapidamente irritato personaggi di lunga data del «Maga» come Steve Bannon, che ha giurato di far «cacciare Musk» e si è lamentato del fatto che la politica degli Stati uniti sia stata plasmata dalle «persone più razziste sulla terra, i bianchi sudafricani», riferendosi a Musk e ad altri capitalisti tecnologici sudafricani.
La tolleranza di Trump e del suo team per Musk sembrava esaurirsi già una settimana prima delle elezioni. Da allora, Trump ha poi dovuto negare di aver «ceduto la presidenza a Musk», e ora il miliardario tecnologico ha succhiato ossigeno vitale dal grande giorno del presidente, rubandogli la scena con quella che un importante suprematista bianco ha celebrato come un saluto «tipo ‘Sieg Heil’». Il fatto che crepe come queste si fossero aperte prima ancora che Trump fosse entrato in carica è un segnale particolarmente inquietante per il presidente, che si è rivolto ai repubblicani predicando l’unità se si vuole aver successo. 
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Un’altra potenziale vulnerabilità per il mondo Trump è che il presidente sta ereditando diverse potenziali crisi.
Sul fronte interno, Trump eredita le ricadute di diversi storici disastri naturali, tra cui i continui incendi distruttivi in ​​California, lo stato che contribuisce al 14% del Pil del paese: lo stato ha ora bisogno di aiuti vitali, che Trump e i suoi alleati hanno minacciato di condizionare a precise contropartite, e che uno dei suoi ordini esecutivi anti-immigrazione ha già messo a repentaglio. Per non parlare delle innumerevoli altre emergenze che potrebbero presentarsi durante il suo mandato, dall’inevitabile prossima serie di disastri climatici al crollo finanziario. Vale la pena ricordare che, mentre il suo predecessore potrebbe aver agito in modo disastroso per reagire ai disastri, Trump non è stato così bravo nemmeno in una crisi, che si tratti della risposta pasticciata all’uragano Maria a Porto Rico o della caotica e mortale risposta alla pandemia che lo ha aiutato a perdere le elezioni cinque anni fa.
Guardando oltre gli Stati uniti, il cessate il fuoco di Gaza potrebbe aver tolto un grosso grattacapo politico dalla testa di Trump per ora, ma con Benajmin Netanyahu che minaccia di far ripartire la guerra tra qualche settimana (e Trump che apparentemente gli dà il sostegno per farlo), l’orrore a Gaza e tutto ciò che ne consegue potrebbe benissimo finire per trasferirsi dal disastro di Joe Biden a quello di Trump. Lo stesso vale per una possibile guerra con l’Iran in cui Israele e la sua lobby statunitense stanno pianificando di spingere Trump.
Nel frattempo, in Ucraina, se i negoziati annunciati falliranno e la Russia continuerà a premere sul campo di battaglia per raggiungere i propri obiettivi con mezzi militari, Trump si troverà nella posizione di accettare quella che verrebbe inquadrata come una sconfitta degli Stati uniti o di intensificare il coinvolgimento militare nella guerra e di far sprofondare di nuovo gli americani in una crisi tinta di nucleare. Ognuna di queste azioni non solo annullerebbe il desiderio dichiarato a gran voce di lasciare un’eredità da «pacificatore», ma rappresenterebbe anche un grave tradimento di un’opinione pubblica stanca della guerra che lo ha portato al potere, avvelenando l’agenda interna di Trump allo stesso modo in cui è successo a Biden.
Nel frattempo, nessuno nel suo entourage sembra preoccuparsi del fatto che anche se il presidente rispettasse quell’agenda di pace, si risolverebbe ben poco il problema fondamentale che lo ha portato alla Casa Bianca: la rabbia popolare per l’aumento vertiginoso del costo della vita. La situazione, in effetti, potrebbe peggiorare.
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Uno dei problemi di Trump, le enormi tariffe generalizzate sulle importazioni dai due paesi più vicini agli Stati uniti e dalla Cina, è destinato a rendere tutto più costoso, dalle verdure alla birra, dai giocattoli alle automobili e a una serie di altri beni di consumo. Allo stesso tempo, il fulcro del suo programma interno è un altro taglio delle tasse per i ricchi, che i repubblicani del Congresso intendono pagare prendendo a calci programmi di sicurezza come Medicare e Medicaid. Questa auto-contraddizione interna è in realtà già iniziata, con una delle vittime dell’ordine esecutivo che ha annullato le «pratiche impopolari, inflazionistiche, illegali e radicali» della direttiva di Biden finalizzata ad abbassare i costi dei farmaci da prescrizione.
Trump e il suo team scommettono che un’ulteriore liberalizzazione della produzione di combustibili fossili costituirà il trucco per abbassare i prezzi. Ma gli Stati uniti erano già il più grande produttore di combustibili fossili nella storia dell’umanità quando i prezzi stavano impazzendo sotto Biden, e molti dei fattori trainanti il costo della vita, come l’impennata degli alloggi e le esorbitanti spese mediche, non sono dovuti alla mancanza di carburante, ma sono guidati dall’avidità.
Non è chiaro se Trump andrà oltre le deludenti mosse del suo predecessore democratico nel controllare quell’avidità. Forse la contraddizione fondamentale al centro della futura presidenza è aver condotto una campagna da campione dei lavoratori contro la palude di Washington, mentre ora ha consegnato le redini del governo a un gruppo di figure provenienti da quella stessa palude, vale a dire i tredici miliardari da record nominati nel suo gabinetto e i numerosi altri a cui ha regalato posti in prima fila alla sua inaugurazione. La mitraglia di ordini esecutivi è servita finora a sostenere gli obiettivi dello stesso Progetto 2025 filo corporations che però egli pensava fosse così politicamente tossico da prenderne le distanze durante la campagna.
Si badi bene, Trump sta effettivamente facendo tutto questo, e sponsorizza nuovi livelli incredibili di corruzione, mentre un recente sondaggio, finalizzato a dimostrare il sostegno pubblico ad alcune delle opinioni di Trump, mostra anche quanto la maggioranza degli americani, di tutti i partiti, ritiene che il sistema politico statunitense sia inceppato ed esista solo per avvantaggiare i ricchi e l’élite. Si tratta di una possibile importante vulnerabilità per Trump nel momento in cui si muove in direzione di un’agenda plutocratica.
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Infine, sebbene intorno a Trump si dispensino perle di saggezza come quella che vuole il suo primo mandato incrinato da sabotatori e da un establishment vendicativo, si tratta di un abbellimento della realtà. Trump e il suo team sono stati spesso i loro peggiori nemici, dicendo e facendo cose incendiarie e fomentando inutilmente polemiche in modi che hanno ostacolato la sua presidenza e minato il suo sostegno pubblico. Nonostante il breve flirt con un approccio più ordinato, diversi toni sia della campagna elettorale che delle ultime settimane, inclusa l’improvvisa inversione a U sul tetto del debito che ha mandato in confusione il suo stesso partito, suggeriscono che molto sia cambiato.
Alla base di tutto questo c’è il fatto che, qualunque cosa possa dire in pubblico, Trump non sta effettivamente entrando in carica con particolari sacche di sostegno pubblico o con un mandato particolarmente impressionante. In fondo ha vinto le elezioni solo con un margine di 1,5 punti, metà del vantaggio del voto popolare repubblicano alle elezioni di medio termine del 2022, una performance che all’epoca era stata considerata un fiasco. Inizia la sua presidenza con un indice di gradimento più alto rispetto al 2017, ma comunque ben al di sotto del sostegno della maggioranza con cui i presidenti tendono a iniziare i loro mandati, e ben al di sotto di quello di cui Biden ha goduto quando si è insediato nel 2021. Gli ascolti televisivi per l’inaugurazione di Trump sono stati molto più bassi sia rispetto al suo primo mandato che a quelli di quattro anni fa.Questo non è proprio indice di un pubblico del tutto trumpizzato, pronto a concedergli un credito a fondo perduto per la serie infinita di scandali e controversie. Sembra più un elettorato esausto che è uscito insoddisfatto della politica e che ha lasciato il campo a Trump e ai repubblicani nella vana speranza che avrebbero almeno fatto un lavoro migliore degli altri, ma che potrebbe essere pronto a sanzionarli in caso contrario.
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anchesetuttinoino · 22 days ago
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Giorgia Meloni sarà l'unico capo di stato UE ad essere presente alla cerimonia di insediamento di Donald Trump, alla Casa Bianca.
Questo fatto ci dice due cose:
1) Il circo di Bruxelles non è considerato né come un interlocutore né come un attore internazionale di cui tener conto dalla nuova amministrazione USA. Nulla di nuovo per chiunque non legga Repubblica, sia chiaro, ma lo smacco stavolta è plateale.
2) La Meloni vuole proporsi come "ponte" tra Washington e il Vecchio Continente. Ma, allo stesso tempo, il suo Governo non è intenzionato a tagliare il cordone ombelicale con la matrigna a dodici stelle, anzi, continua a sposarne le politiche di austerità.
La strategia di tenere due cetrioli in un pertugio mostrerà presto le sue contraddizioni. E la sua insostenibilità.
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crazy-so-na-sega · 1 year ago
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L’idea che il sionismo sia un colonialismo di insediamento non è nuova. Gli studiosi palestinesi che negli anni ’60 lavoravano a Beirut nel Centro di Ricerca dell’OLP avevano già capito che quello che stavano affrontando in Palestina non era un progetto coloniale classico. Non inquadravano Israele solo come una colonia britannica o americana, ma lo consideravano un fenomeno che esisteva in altre parti del mondo, definito come colonialismo di insediamento. È interessante che per 20-30 anni la nozione di sionismo come colonialismo di insediamento sia scomparsa dal discorso politico e accademico. È tornata quando gli studiosi di altre parti del mondo, in particolare Sudafrica, Australia e Nord America, hanno concordato che il sionismo è un fenomeno simile al movimento degli europei che hanno creato gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia, la Nuova Zelanda e il Sudafrica. Questa idea ci aiuta a comprendere molto meglio la natura del progetto sionista in Palestina dalla fine del XIX secolo ad oggi, e ci dà un’idea di cosa aspettarci in futuro.
Credo che questa particolare idea degli anni ’90, che collegava in modo così chiaro le azioni dei coloni europei, soprattutto in luoghi come il Nord America e l’Australia, con le azioni dei coloni che arrivarono in Palestina alla fine del XIX secolo, abbia chiarito bene le intenzioni dei coloni ebrei che colonizzarono la Palestina e la natura della resistenza locale palestinese a quella colonizzazione. I coloni seguirono la logica più importante adottata dai movimenti coloniali di insediamento, ossia che per creare una comunità coloniale di successo al di fuori dell’Europa è necessario eliminare gli indigeni del Paese in cui ci si è stabiliti. Ciò significa che la resistenza indigena a questa logica è stata una lotta contro l’eliminazione e non solo di liberazione. Questo è importante quando si pensa all’operazione di Hamas e di altre operazioni di resistenza palestinese fin dal 1948.
Gli stessi coloni, come nel caso di molti europei che arrivarono in Nord America, America Centrale o Australia, erano rifugiati e vittime di persecuzioni. Alcuni di loro erano meno sfortunati e cercavano semplicemente una vita e delle opportunità migliori. Ma la maggior parte di loro erano emarginati in Europa e cercavano di creare un’Europa in un altro luogo, una nuova Europa, invece dell’Europa che non li voleva. Nella maggior parte dei casi, hanno scelto un luogo in cui viveva già qualcun altro, i nativi. Quindi il nucleo più importante tra loro era quello dei leader e ideologi che fornivano giustificazioni religiose e culturali per la colonizzazione della terra di qualcun altro. A questo si può aggiungere la necessità di affidarsi a un Impero per iniziare la colonizzazione e mantenerla, anche se all’epoca i coloni si ribellarono all’Impero che li aveva aiutati e chiesero e ottennero l’indipendenza, che in molti casi ottennero e poi rinnovarono l’alleanza con l’Impero. Il rapporto anglo-sionista che si è trasformato in un’alleanza anglo-israeliana è un esempio.
L’idea che si possa eliminare con la forza il popolo della terra che si vuole, è probabilmente più comprensibile – non giustificata – sullo sfondo dei secoli XVI, XVII e XVIII, perché andava di pari passo con la piena approvazione dell’imperialismo e del colonialismo. Era alimentato dalla comune disumanizzazione degli altri popoli non occidentali e non europei. Se si disumanizzano le persone, è più facile eliminarle. L’aspetto unico del sionismo come movimento coloniale di insediamento è che è apparso sulla scena internazionale in un momento in cui le persone di tutto il mondo avevano iniziato a ripensare il diritto di eliminare gli indigeni, di eliminare i nativi e quindi possiamo capire lo sforzo e l’energia investiti dai sionisti e successivamente dallo Stato di Israele nel cercare di coprire il vero obiettivo di un movimento coloniale di insediamento come il sionismo, che era l’eliminazione dei nativi.
Ma oggi a Gaza stanno eliminando la popolazione nativa davanti ai nostri occhi, quindi come mai hanno quasi rinunciato a 75 anni di tentativi di nascondere le loro politiche di eliminazione? Per capirlo, dobbiamo apprezzare la trasformazione della natura del sionismo in Palestina nel corso degli anni. (segue nel link)
molto interessante
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binosaura · 6 months ago
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Pani Loriga - insediamento fenicio-punico
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primepaginequotidiani · 5 days ago
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PRIMA PAGINA Il Messaggero di Oggi giovedì, 06 febbraio 2025
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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Jeff Bezos e Mark Zuckerberg: Donazioni Milionarie per l’Insediamento di Donald Trump
I grandi nomi della tecnologia sostengono la cerimonia presidenziale negli Stati Uniti.
I grandi nomi della tecnologia sostengono la cerimonia presidenziale negli Stati Uniti. Un gesto significativo da parte dei giganti tech. Negli Stati Uniti, il proprietario di Amazon e del Washington Post, Jeff Bezos, ha annunciato una donazione di un milione di dollari per la cerimonia di insediamento del presidente eletto Donald Trump. La notizia, riportata dalla Cnn, segue quella della…
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danieleneandermancini · 10 months ago
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INSEDIAMENTO PREISTORICO DI 8200 ANNI INDIVIDUATO A HOLLOMAN, NEW MEXICO
INSEDIAMENTO PREISTORICO DI 8200 ANNI INDIVIDUATO A HOLLOMAN, NEW MEXICO Il personale militare di una base aerea nel New Mexico ha recentemente portato alla luce i resti di un insediamento preistorico che i primi americani potrebbero aver occupato 8.200 anni fa. I membri del 49° Civil Engineer Squadron (CES) hanno effettuato la scoperta insieme a...
Il personale militare nella base aerea di Holloman nel New Mexico ha recentemente portato alla luce i resti di un insediamento preistorico che i primi americani potrebbero aver occupato 8.200 anni fa. I membri del 49° Civil Engineer Squadron (CES) hanno effettuato la scoperta insieme a un team di archeologi e geologi nei pressi di una una strada tagliata sulla base aeronautica di Holloman, 260…
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gregor-samsung · 1 year ago
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" Hamas divenne un attore significativo sul campo anche grazie alla politica israeliana di appoggio alla costruzione di un’infrastruttura educativa islamica a Gaza, che intendeva bilanciare la presa del movimento laico Fatah sulla popolazione locale. Nel 2009 Avner Cohen, che aveva prestato servizio nella Striscia di Gaza nel periodo in cui, alla fine degli anni ’80, Hamas iniziò a prendere il potere, ed era responsabile degli affari religiosi nei Territori occupati, dichiarò al «Wall Street Journal»: «Hamas, con mio grande rammarico, è una creazione di Israele». Cohen spiega come Israele abbia aiutato l’organizzazione benefica al-Mujama al-Islamiya (il «Centro islamico»), fondato da Sheikh Ahmed Yassin nel 1979, a diventare un potente movimento politico, da cui emerse Hamas nel 1987. Sheikh Yassin, un religioso islamico disabile e semi-cieco, fondò Hamas e ne fu il leader spirituale fino al suo assassinio nel 2004. Originariamente venne avvicinato da Israele con un’offerta di aiuto e la promessa del benestare governativo all’espansione della sua organizzazione. Gli israeliani speravano che, attraverso la sua opera di beneficenza e le sue attività educative, questo leader carismatico avrebbe fatto da contrappeso al potere di Fatah nella Striscia di Gaza e altrove. È interessante notare che alla fine degli anni ’70 Israele, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna vedevano nei movimenti nazionali laici (di cui oggi lamentano l’assenza) il peggior nemico dell’Occidente.
Nel suo libro To Know the Hamas, il giornalista israeliano Shlomi Eldar racconta una storia affine sui forti legami tra Yassin e Israele. Con la benedizione e il sostegno di Israele il Centro islamico aprì un’università nel 1979, un sistema scolastico indipendente e una rete di circoli e moschee. Nel 2014 il «Washington Post» trasse conclusioni molto simili sulla stretta relazione tra Israele e il Centro islamico fino alla nascita di Hamas nel 1988. Nel 1993 Hamas divenne il principale oppositore degli accordi di Oslo. Mentre c’era ancora chi appoggiava Oslo la sua popolarità diminuì, ma non appena Israele cominciò a rinnegare quasi tutti gli impegni assunti durante i negoziati il supporto verso Hamas crebbe, dando nuova linfa vitale al movimento. La politica di insediamento di Israele e il suo uso eccessivo della forza contro la popolazione civile nei Territori giocarono sicuramente un ruolo importante. La popolarità di Hamas tra i palestinesi non dipendeva però unicamente dal successo o dal fallimento degli accordi di Oslo, ma anche dal fatto che l’organizzazione avesse effettivamente conquistato i cuori e le menti di molti musulmani (che sono la maggioranza nei Territori occupati) per via dell’incapacità dei movimenti laici nel trovare soluzioni all’occupazione. Come per altri gruppi politici islamici in tutto il mondo arabo, il fallimento dei movimenti laici nel creare posti di lavoro e nel garantire benessere economico e sicurezza sociale spinse molte persone a tornare alla religione, che offriva conforto e reti stabili di supporto e solidarietà. Nell’intero Medio Oriente, come nel mondo in generale, la modernizzazione e la secolarizzazione hanno giovato a pochi e hanno lasciato molti infelici, poveri e amareggiati. La religione sembrava una panacea, oltre che un’opzione politica. "
Ilan Pappé, Dieci miti su Israele, traduzione di Federica Stagni, postfazione di Chiara Cruciati, Tamu editore, 2022. [Libro elettronico]
[Edizione originale: Ten Myths About Israel, New York: Verso, 2017]
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curiositasmundi · 9 months ago
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Oggi il più grande alleato di Israele è Hamas e tutti coloro che rispondono con la violenza alla violenza. Perché offrono a Netanyahu ed i suoi sodali scuse per compiere ogni scempio in nome della legittima difesa e del diritto di esistere che negano agli altri. Prima la provocazione, poi la reazione violenta, poi una risposta ancora più cruenta. A Gaza come ovunque, da decenni. Una spirale di violenza che con Netanyahu ed i suoi sodali sta però superando il limite trascinando Israele verso l’autodistruzione. Questo perché la situazione sta sfuggendo di mano e la vita sta diventando impossibile anche per gli stessi israeliani costretti a vivere in un bunker anche mentale divorati dalla paura mentre fuori non c’è affatto il paradiso. La guerra ha causato una pesante crisi economica, si perdono posti di lavoro mentre il costo della vita è alle stelle. Intere aree del paese come quelle del nord della Galilea o attorno a Gaza, sono evacuate da mesi ed interi comparti sono crollati. Con ingenti risorse pubbliche sprecate in armamenti sempre più sofisticati invece che per i servizi ai cittadini, l’intero paese sta diventando un insediamento accerchiato da nemici. Ma l’odio si ritorce contro chi lo prova. La società israeliana è frantumata. Mentre la stampa internazionale indossa la museruola imposta dalla lobby pro Israele, a casa sua Netanyahu è considerato il neofascista che è. La dolorosa vicenda degli ostaggi di Hamas ha fatto saltare ogni ipocrisia, a Netanyahu e al suo governo non frega nulla nemmeno dei parenti israeliani degli ostaggi che da mesi protestano chiedendo un accordo. L’obiettivo di occupare i rimasugli di Palestina viene prima di tutto. Loro stessi e i loro deliri estremisti vengono prima di tutto. In Israele vi sono poi storicamente personalità e movimenti progressisti che nulla hanno a che fare con questa deriva neofascista. Ci sono ad esempio giovani obiettori di coscienza israeliani in galera di cui nessuno parla, ci sono gruppi di pacifisti ebrei sovente presi a legnate dai coloni, ci sono personalità e perfino rabbini che sono per la convivenza pacifica e pro Palestina. La società israeliana è profondamente lacerata ed è da una di queste crepe che può generarsi l’implosione. Da anni in Israele i governi durano come le arance e prima della guerra gli israeliani hanno riempito le piazze per mesi in nome di una democrazia liberale messa a rischio del delirio di onnipotenza di Netanyahu che voleva sottomettere la Giustizia alla politica. Pur di non mollare, Netanyahu ha messo insieme un governo con l’estrema destra e fin dal primo giorno butta benzina sul fuoco per tenere unita la società israeliana in nome del sempiterno nemico comune. Ma vi sono anche altre fratture. Gli invasati religiosi col doppio passaporto ululano alla Terra Promessa ma poi sono i primi a fare le valige e tornarsene a Brooklyn quando volano i missili, ma ad andarsene sono anche molti cittadini moderati esasperati da una terra anche per loro diventata maledetta. Un conto è la propaganda, un conto la realtà. Emblematiche le pubblicità sui media israeliani per convincere ebrei in giro per il mondo a trasferirsi negli orrendi condomini vista mare. In Israele vi sono poi schiere di invasati religiosi mantenuti dai contribuenti e perfino esenti dalla leva e questo mentre gli altri devono tirare la cinghia e continuamente mollare tutto per arruolarsi. E vi sono minoranze come quella araba, in sostanza palestinesi sottomessi che abbassano la testa in pubblico e la alzano in privato. Paura ma anche ipocrisia perché in Israele hanno servizi e un tenore di vita almeno fino ad oggi migliore rispetto a quello dell’altra parte del muro. Perfino l’esercito ha mugugnato contro i politici negli ultimi mesi e gli psicologi sono sommersi di soldati traumatizzati di ritorno da Gaza. Netanyahu ed i suoi sodali sono detestati da gran parte degli israeliani, eppure per egoismo continuano a schiacciare l’acceleratore ed ignorare ogni malcontento. È questo il vero fascismo ed è questo che potrebbe portare Israele allo schianto.
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