#Economia
Explore tagged Tumblr posts
Text
America's biggest enemy
(Italian version under the cut)
The best example to understand that Trump's tariffs have little to do with real threats to the United States is the case of Lesotho.
Lesotho is a tiny state in south Africa, that most common people won't have heard much about until now; but according to president Donald Trump, it must be one of America's biggest economic enemies. Check it out.
This tiny piece of land received a 50% tariff from the US, the highest of all. Why? Because Lesotho sells $228 million a year to the US, and buys $7 million. Why this imbalance? Because Lesotho has diamonds mines, and the US wants diamonds, but despite this it is one of the poorest countries on earth, so not much money to buy goods from the US.
It begs the question of what was the reasoning behind this, if there was one at all.
Il più grande nemico dell'America
L'esempio migliore per capire quanto i dazi di Trump abbiano poco a che fare con le reali minacce per gli Stati Uniti è il caso del Lesotho.
Il Lesotho è un piccolo stato in Sudafrica, di cui la maggior parte delle persone comuni non avrà sentito parlare molto fino ad ora; ma secondo il presidente Donald Trump, deve essere uno dei più grandi nemici economici dell'America. Date un'occhiata.
Questo piccolo pezzo di terra ha ricevuto dazi del 50% dagli Stati Uniti, i più alti di tutti. Perché? Perché il Lesotho vende beni per 228 milioni di dollari all'anno agli Stati Uniti e ne acquista 7 milioni. Perché questo squilibrio? Perché il Lesotho possiede miniere di diamanti, e gli Stati Uniti vogliono diamanti, ma nonostante questo è uno dei paesi più poveri della terra, quindi non ci sono molti soldi per acquistare beni dagli Stati Uniti.
Viene da chiedersi quale sia stato il ragionamento alla base di tutto questo, se c'è stato.
#politics#us politics#economics#tariffs#us tariffs#lesotho#politica#politica usa#economia#dazi#dazi usa#politics corner
85 notes
·
View notes
Text
"L' economia è intrinsecamente un fatto patologico... Finché esiste un regime fondato sulla competizione tra gli esseri umani il problema della salute e della felicità non potrà mai essere risolto" (Emilio Del Giudice).
Questo non è un concetto. Questa è risonanza, è biologia.
Consiglio di ascoltare anche il suo discorso sulla "forma dell'acqua".
#malattia#economia#biologia#verità#video#emilio del giudice#vita#risonanza#universo#fisica quantistica#zombie#società#società malata#svegliatevi#aprite gli occhi#sistema#manipolazioni#schiavi#discernimento#consapevolezza#cooperazione#competizione#crescita personale#crescita interiore#lavoro su di sé#matrix#illusioni
32 notes
·
View notes
Text

METAS ECONÓMICAS
Al asumir la responsabilidad de nuestras cuestiones económicas mejorará nuestra autoestima y disminuirá nuestra ansiedad.
Cada uno de nosotros, hoy, tiene una o varias de estas circunstancias económicas:
• Cierta cantidad de dinero disponle, y
dinero por cobrar que se nos debe.
• Cuentas que debemos pagar.
• Impuestos.
Ésas son nuestras circunstancias económicas actuales. No importa cuáles sean los detalles de las mismas, la aceptación, la gratitud y la autorresponsabilidad disminuirán el estrés.
Cada uno de nosotros, hoy, tiene un futuro económico. Hay pocos aspectos futuros de nuestra vida que podemos controlar, pero un papel que podemos jugar para ayudar a nuestro futuro es fijar metas.
• No tenemos por qué obsesionarnos
acerca de nuestras metas.
• No tenemos que estar vigilando y
marcando constantemente nuestro
progreso hacia su consecución, pero
es beneficioso pensar acerca de
nuestras metas y escribirlas:
¿Qué queremos que suceda en nuestro futuro económico? ¿Qué problemas financieros nos gustaría resolver?
¿De qué cuentas por pagar nos gustaría deshacernos?
¿Cuánto gustaría estar ganando a fines de este año? ¿A fines del año próximo? ¿Dentro de cinco años?
¿Estamos dispuestos a trabajar por nuestras metas y a confiar en que nuestro Poder Superior nos guía?
Paguemos nuestras cuentas a tiempo. Pongámonos en contacto con nuestros acreedores y de ser posible lleguemos a un arreglo con ellos.
Hagamos hoy lo mejor que podamos para asumir nuestras responsabilidades económicas. Fijemos metas para el futuro. Luego, olvidémonos del dinero y concentrémonos en vivir.
Asumir la responsabilidad de nuestros asuntos financieros no significa concentrar nuestra atención en el dinero.
Asumir la responsabilidad del dinero que requerimos nos libera para cumplir con nuestro trabajo y vivir la vida.
Nuestra economía nos capacita para quitar nuestra atención de lo que nos preocupa y ponerla en lo que queremos.
Merecemos tener la autoestima y la paz que acompañan a la responsabilidad económica.
”Hoy me tomaré el tiempo necesario
para ser responsable de mí mismo en
el aspecto económico. Si es tiempo
de pagar mis cuentas pendientes y
hablar con mis acreedores, lo haré. Si
es tiempo de fijar metas, las fijaré.
Una vez haya hecho mi parte, me
olvidaré del resto”.
El dinero es un medio para vivir, habla de nuestra capacidad para poner y ponernos límites, de prevenir, de ser confiados, habla hasta de llegar a ser fantasiosos ó vivir “fuera de la realidad”:
- Damos de más, nos atenemos, por éso nos quedamos sin dinero.
- No planeamos, no generamos lo suficiente.
¿Cumplimos en nuestros pagos? ¿No cumplimos? ¿Queremos vivir por encima de nuestros ingresos o por debajo?
El des-equilibrio habla de inmadurez, y es generador de in-estabilidad en nuestro contexto.
Busquemos el equilibrio, generemos el ingreso necesario, paguemos nuestras cuentas, ahorremos para el futuro, no gastemos más de lo que tenemos, no asumamos que ya lo tenemos porque tenemos un proyecto.
Tengamos presente que LA SALUD EN NUESTRAS FINANZAS TRAE CONSIGO TRANQUILIDAD
#filosofia de vida#vida#amor#felicidad#crecimiento personal#superación personal#motivación#economia#finanzas#ahorro#tranquilidad#sentimientos#equilibrio#metas
13 notes
·
View notes
Text
La inflación explicada en una imagen:

15 notes
·
View notes
Text
" «Con la cultura non si mangia» ha dichiarato […] Tremonti il 14 ottobre 2010. Poi, non contento, ha aggiunto: «Di cultura non si vive, vado alla buvette a farmi un panino alla cultura, e comincio dalla Divina Commedia». Che umorista. Che statista. Meno male che c’è gente come lui, che pensa ai sacrosanti danè. E infatti, con assoluta coerenza, Tremonti ha tagliato un miliardo e mezzo di euro alle università e otto miliardi alla scuola di primo e secondo livello, per non parlare del Fus, il Fondo unico per lo spettacolo e altre inutili istituzioni consimili. Meno male. Sennò, signora mia, dove saremmo andati a finire?
In questi ultimi anni, però, l’ex socialista Tremonti non è stato il solo uomo politico a pronunciarsi sui rapporti tra cultura ed economia. Per esempio, l’ex ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Maurizio Sacconi, ha sostenuto che per i laureati non c’è mercato e che la colpa della disoccupazione giovanile è dei genitori che vogliono i figli dottori invece che artigiani. Sapesse, contessa… E il filosofo estetico Stefano Zecchi, in servizio permanente effettivo nel centrodestra, ha chiuso in bellezza, come del resto gli compete per questioni professionali: ha detto che in Italia i laureati sono troppi. Insomma, non c’è dubbio che la destra italiana abbia sposato la cultura della non cultura e (chissà?) magari già immagina un ritorno al tempo dell'imperatore Costantino, quando la mobilità sociale fu bloccata per legge e ai figli era concesso fare solo il lavoro dei padri. (Non lo sapeva, professor Sacconi? Potrebbe essere un’idea…) E la sinistra o come diavolo si chiama adesso? Parole, parole, parole. Non c’è uno dei suoi esponenti che, dal governo o dall'opposizione, non abbia fatto intensi e pomposi proclami sull'importanza della cultura, dell'innovazione, dell'istruzione, della formazione, della ricerca e via di questo passo, ma poi, stringi stringi, non ce n’è stato uno (be’, non esageriamo: magari qualcuno c’è stato…) che non abbia tagliato i fondi alla cultura, all'innovazione, all'istruzione, alla formazione, alla ricerca e via di questo passo. Per esempio, nel programma di governo dell'Unione per il 2006 si diceva: «Il nostro Paese possiede un’inestimabile ricchezza culturale che in una società postindustriale può diventare la fonte primaria di una crescita sociale ed economica diffusa. La cultura è un fattore fondamentale di coesione e di integrazione sociale. Le attività culturali stimolano l’economia e le attività produttive: il loro indotto aumenta gli scambi, il reddito, l’occupazione. Un indotto che, per qualità e dimensioni, non è conseguibile con altre attività: la cultura è una fonte unica e irripetibile di sviluppo economico». Magnifico, no? Poi l’Unione (o come diavolo si chiamava allora) vinse le elezioni e andò al governo. La prima legge finanziaria, quella per il 2007, tagliò di trecento milioni i fondi per le università. Bel colpo. Ci furono minacce di dimissioni del ministro per l’Università e la Ricerca, Fabio Mussi. Ma le minacce non servirono. Tant’è che, nella successiva legge di bilancio, furono sottratti altri trenta milioni dal capitolo università a favore… degli autotrasportatori. E inoltre, come scrivono Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi, nel 2006 con il governo Prodi «c’è stato un calo del trenta per cento circa dei finanziamenti, cosicché il già non generoso sostegno alla ricerca di base è diminuito, da circa centotrenta a poco più di ottanta milioni di euro, proprio nel periodo in cui al governo si è insediato lo schieramento politico che, almeno a parole, ha sempre manifestato un grande interesse per la ricerca». Certo, dopo quanto avevano scritto nel programma, non sarebbe stato chic e «progressista» avere la faccia tosta di dire che bisognava sottrarre risorse alla scuola e all'università, e allora non l’hanno detto. Però l’hanno fatto, eccome. "
Bruno Arpaia e Pietro Greco, La cultura si mangia, Guanda (collana Le Fenici Rosse), 2013¹ [Libro elettronico]
#Bruno Arpaia#Pietro Greco#La cultura si mangia#saggistica#intellettuali italiani#economia#Giulio Tremonti#industria culturale#scritti saggistici#produzione creativa#libri#Italia contemporanea#scuola#ricerca scientifica#educazione#economia della conoscenza#artigianato#formazione#Maurizio Sacconi#Stefano Zecchi#centrodestra#centrosinistra#Fabio Mussi#Francesco Sylos Labini#Stefano Zapperi#Romano Prodi#Fondo unico per lo spettacolo#Divina Commedia#lavoro#società italiana
20 notes
·
View notes
Text
1990- Si crees que la economía es más importante que el medio ambiente, trata de contener la respiración mientras cuentas tu dinero.
#textos nocturnos#pensamientos#vida#culture#books & libraries#escritos de amor#frases#palabras#textos#amor#economia#mercado#liberdade#cultura#dinheiro#dinero#medio ambiente#medios#respiracion#vivir#aprender a vivir#es la locura de vivir#amar#sentir#querer#frases de la vida#amores#riqueza
34 notes
·
View notes
Text
Viva dentro da sua renda e economize para poder investir.
Charlie Munger
#renda#viver#investir#investimentos#realidade#verdade#frases#reflexões#pensamentos#citações#reflexão#vida#liberdade#economia#dinheiro#quotes
7 notes
·
View notes
Text
ECONOMIA: Nova pesquisa indica que 16% dos brasileiros deixaram seus empregos tradicionais e vivem de lucros de site de aposta.
LEIA MAIS
9 notes
·
View notes
Text
Quando capirete che queste agenzie di rating che valutano la presunta solidità di Stati e società danno giudizi positivi a chi fa macelleria sociale sarà troppo tardi.
16 notes
·
View notes
Text
REFLEXÃO FINANCEIRA
Se você pegar uma nota de R$ 50,00 e entregar ao barbeiro para pagar o seu corte de cabelo, ele pega a mesma nota de R$ 50,00 e vai ao mercado comprar alimentos. O dono do mercado com a mesma nota vai ao lava-jato e lava seu carro. E isso continua, e após 20 ou 30 transações financeiras a nota de R$ 50,00 vai pertencer a alguém e continuará valendo R$ 50,00.
Agora, se ao invés de usar uma nota de papel, vc utilizar o cartão (crédito ou débito) para pagar o barbeiro, 1,5% vai para o banco. O barbeiro ao pagar o mercado, 1,5% vai para o banco. O dono do mercado ao lavar seu carro e pagar com cartão, 1,5% vai para o banco.
Após 20 ou 30 transações, por cartão, os R$ 50,00 já não existem mais na mão de ninguém, pois foi todo para o banco. Entenderam o motivo de estarem tão desesperados para se livrarem das notas de papel, e tudo virar digital?
Aí vem um tal de Bolsonaro e inventa o PIX, onde o banco não fica com nada...
O cara só poderia ser crucificado mesmo!
6 notes
·
View notes
Text
The American tariffs
(Italian versione under the cut)
Announced by president Donald Trump yesterday, during the Liberation Day press conference, have been calculated on a rather crude basis: a ratio between, at the numerator, the US trade deficit (difference between exports - xi - and imports - mi) with each individual state/economic area, and at the denominator, the product of imports into the US from that state (mi), the price elasticity of import demand (ε) set at 4, and the elasticity of import prices with respect to tariffs (φ) set to 0.25 . That result has then been divided by two.
The tariffs, according to the office of the United States Trade Representative, should go against the effect of the allegedly "wide-ranging and harmful foreign trade barriers" adopted by other countries towards the US. It's important to note, though, that the deficit only concerns goods, not services, and is caused, rather than by unfair measures, by the country's attractiveness for foreign investors, which strengthens the dollar and makes local production more expensive.
I dazi americani
Annunciati ieri dal presidente Donald Trump, durante la conferenza stampa del Liberation Day, sono stati calcolati su basi piuttosto rozze: il rapporto tra, al numeratore, il deficit commerciale statunitense (differenza tra esportazioni - xi - e importazioni - mi) rispetto ad ogni paese, e, al denominatore, il prodotto tra le importazioni negli USA da quel paese, l'elasticità del prezzo della domanda di importazione (ε) fissata a 4, e l'elasticità dei prezzi all'importazione rispetto alle tariffe (φ) fissata a 0.25. Il risultato è stato poi diviso per due.
I dazi, secondo l'ufficio dell'United States Trade Representative, dovrebbero contrastare gli effetti delle presunte "barriere al commercio estero dannose e di vasta portata" adottate dagli altri paesi verso gli Stati Uniti. Bisogna sottolineare, però, che quel deficit riguarda solo i beni, non i servizi, ed è causato, piuttosto che da misure ingiuste, dall'attrattiva per gli investitori stranieri, che rende più forte il dollaro e rende la produzione locale più costosa.
#politics#us politics#tariffs#us tariffs#donald trump#usa#economy#politica#politica usa#dazi#dazi usa#stati uniti#economia#politics corner
7 notes
·
View notes
Text
Se finora le regole del WTO erano state al più ignorate o aggirate (tanto da Trump quanto da Biden), ora esse vengono calpestate, schernite, con evidente soddisfazione. Il messaggio è chiaro: l’America (e la domanda cruciale qui è: soltanto quella di Trump?) non si sente più vincolata a nessuna architettura condivisa. È un messaggio rivolto a tutti: alla Cina ovviamente (dalla cui risposta dipenderà tantissimo del futuro di questa vicenda), ma anche all’Europa, al Giappone, alla Corea del Sud, al Messico, al Canada. Nessuno escluso. In un mondo dove ogni transazione commerciale diventa una potenziale arma, la reciprocità e la pianificazione cedono il passo alla negoziazione permanente e al calcolo a breve termine. È più di un cambio di direzione. È un reset. Se attraverso i dati, negli ultimi anni, si poteva ancora sostenere che la globalizzazione non fosse mai davvero morta; che il destino del mondo fosse comunque globale, e che, al massimo, si fosse chiusa la parentesi “iper-globale” del momento unipolare, oggi si naviga a vista come non accadeva da decenni. Forse da secoli. I dazi di Trump non sono semplicemente il risultato di una infantile e malsana ossessione per le bilance commerciali. Sono un atto di deliberata balcanizzazione dei meccanismi del capitalismo internazionale. Trump sta facendo, per certi versi, arte performativa. Non pare focalizzato a fare o a ottenere qualcosa, come di solito accade con ogni politica economica, bensì a rivelare e a segnalare. Il terrorismo tariffario che sta praticando – e il modo in cui lo sta somministrando – non può davvero essere mirato a ricostruire l’America produttiva o a imporre un diverso ordine (commerciale) al mondo. Sembra piuttosto voler comunicare che, finché l’America non avrà finito di scavare le proprie trincee, nessun ordine (commerciale, e non solo) sarà possibile.
Brevissima storia della fine della globalizzazione
3 notes
·
View notes
Text
PROCLAMA MALVINERA
Un 2 de abril de 1982 nuestra bandera flameaba en nuestras Islas Malvinas.
Comenzaba la gesta patriótica en la que miles de combatientes se enfrentaron al usurpador británico.

Malvinas es una Causa Nacional, la larga batalla contra los piratas ingleses atraviesa nuestra historia.
El 20 de diciembre de 1831 la corbeta norteamericana USS Lexington atacó las defensas militares establecidas por el Gobernador Vernet en Puerto Soledad. Un 3 de enero de 1833, como si de casualidades se tratara, la corbeta británica Clío, ocupó militarmente nuestras Islas.
El imperio de ultramar, y sus aliados yankis, atacaron así la protección de pesca y explotación ganadera de nuestras Islas dispuesta por el Gobierno de Buenos Aires violentando nuestra soberanía.
Desde entonces, nuestra Patria fue pariendo generaciones y generaciones de pueblo digno, que se lanzaron a la recuperación de nuestra tierra.
En agosto de 1833, facón en mano, el Gaucho Rivero avanzó sobre los ocupantes y gestó una rebelión popular contra el hambre y la miseria que generaban los colonos. El 8 de octubre de 1964 el aviador civil argentino Miguel Fitzgerald aterrizó en Malvinas, levantó nuestra bandera y entregó una proclama reclamando a las autoridades piratas el fin de la ocupación.
El 28 de septiembre de 1966 Dardo Cabo junto a un colectivo de jóvenes nacionalistas llevaron adelante el Operativo Cóndor y lograron hacer flamear el pabellón nacional en nuestro territorio usurpado.
La heroicidad del Gaucho Rivero, el arrojo de Dardo Cabo, son el anticipo de la valentía y el patriotismo de nuestros combatientes en la Guerra de Malvinas. Todos ellos explican el sentimiento popular sobre nuestras Islas.
Malvinas es una gesta de liberación.
Aquel 2 de abril se da inicio al enfrentamiento bélico contra el usurpador y su ejército colonial. Una lucha por la liberación de nuestro territorio, cuya decisión fue asumida por los mismos responsables de instaurar una dictadura al servicio de los yankis y sus aliados británicos, que decidió no luchar y seguir pagando la deuda externa a los ingleses, mientras bombardeaban a nuestros combatientes en el Atlántico Sur.
Por eso, hoy afirmamos:
¡Honor y Gloria a nuestros Combatientes! y ¡Ni olvido ni perdón a aquellos que definieron la guerra y luego se acobardaron!
La Plaza de Mayo se llenó aquel 2 de abril de 1982, pero no para vitorear a Galtieri, sino por el espíritu malvinero que existe en Argentina.
"Ya se van, ya se van, se fueron los ingleses, que se vaya el Alemann”, fue uno de los cánticos de aquella Plaza del 2 de abril del 82.
Fue un grito de Soberanía, porque Roberto Alemann era el ministro de economía de la dictadura. Un hambreador, un vendepatria, un cipayo que debería haber sido juzgado y condenado, porque durante la Guerra le siguió pagando la deuda externa a Inglaterra.
Hoy decimos: Ni olvido ni perdón a los traidores que forjaron la desmalvinización alfonsinista. Al menemismo, sus relaciones carnales para fortalecer negocios con el usurpador, promotor de los Acuerdos de Madrid. A los traidores del gobierno de Mauricio Macri que firmaron el acuerdo Foradori Duncan. Ni olvido ni perdón a Javier Milei, que celebra a la criminal de guerra Margaret Tatcher y pretende consolidar un programa de colonialismo explícito que subordine a nuestro país a las potencias extranjeras. Y que hoy, 2 de abril de 2025, viaja a Estados Unidos a ultimar detalles para comenzar con un nuevo ciclo de endeudamiento del país.
La Causa Malvinas nos obliga a discutir los desafíos actuales de la Patria que nos exigen doblegar el compromiso de nuestra militancia para avanzar decididamente con un programa de liberación nacional.
Los peligros que acechan nuestra Patagonia, el rol de las corporaciones económicas multinacionales, la propiedad de nuestros recursos energéticos, nuestro potencial pesquero, nuestro territorio antártico, nuestro territorio bioceánico son algunas de las batallas que nos demandan reafirmar que SOBERANÍA ES RECUPERAR LO NUESTRO.
Este 2 de abril venimos a la puerta de la Cámara de Comercio Británica en nuestro país, la BritCham como les gusta llamarse, continuadora del Salón de Comerciantres Británicos creado en 1810, ariete de los intereses imperialistas en nuestra tierra. Han estabecido sus oficinas acá en Corrientes 457 (CABA). Octultos por décadas, creen que hay un clima cultural que les permite volver a salir a la luz.
Este 2025 los usurpadores están de festejo: Porque hace décadas tienen una base militar con armas nucleares y dominan el Atlántico Sur. Porque sus empresas hace décadas tienen pingües negocios en nuestro sector financiero, minero, energético... En toda la economía argentina.
Por eso, patriotas con espíritu malvinero estamos obligados a malvinizar la política argentina que implica construir un programa de liberación nacional.
Forjar la industria para crear trabajo es Malvinizar.
Fabricar barcos que naveguen nuestros ríos y nuestro Mar es Malvinizar.
Recuperar el comercio exterior que hace décadas está en manos de las multinacionales es Malvinizar.
Conquistar la Justicia Social es Malvinizar.
Este 2 de abril honramos la memoria de nuestros caídos.
En este día reinvindicamos la Gesta de Malvinas para recordar que es una Causa que vive en el corazón de nuestro pueblo.
Repudiamos la presencia de los piratas en nuestro suelo y gritamos bien fuerte
Fuera Ingleses de Malvinas
Fuera Yankis de América Latina
#malvinas#malvinas argentinas#mileivendepatria#argentina#politica#economia#sociedad#peronismo#fmi#eeuu
3 notes
·
View notes