#il Paese più sicuro per le donne
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E' la Danimarca il Paese più sicuro per le donne, seguita dalla Svizzera e dalla Svezia.
Nel 2024, i centri antiviolenza in Italia hanno registrato un incremento del 14% nel numero di donne che chiedono aiuto; nei primi dieci mesi dell'anno, 21.842 donne si sono rivolte a queste strutture.
L'Italia è posizionata al 34esimo posto nel Women, Peace and Security Index e al 79esimo nella classifica globale sul gender gap, con un incremento preoccupante dei femminicidi tra il 2023 e il 2024.
#il Paese più sicuro per le donne#centri antiviolenza#donne che chiedono aiuto#gender gap#femminicidi
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Quando sento Giannini (o Travaglio o la Gruber) ripetere come un mantra che non c'è una opposizione a questo governo mi chiedo da che parte stiano in realtà.
Dalla pagina FB "Abolizione del suffragio universale" :
Alla Camera, in un nuovo faccia a faccia, Elly Schlein ha affrontato ancora la Presidente Giorgia Meloni.
E senza urlare, ha messo in fila una dopo l'altra le bugie della Presidente del Consiglio, affondandola:
"Presidente Meloni, una premessa: scenda dal ring, perché questo è un luogo serio.
Capisco la necessità di cercare un nemico al giorno per coprire i fallimenti del Governo, ma le ricordo che lei è la Presidente del Consiglio di tutti gli italiani e che se avesse messo un euro sulla sanità pubblica per ogni volta che attacca qualcuno a quest'ora avrebbe già dimezzato le liste d'attesa.
Voglio salutare poi il ritorno dei colleghi della Lega che questa mattina non sono venuti ad ascoltarla. Alcuni hanno detto che è stata colpa del ritardo dei treni. Beh, sanno con chi prendersela: col peggior Ministro dei Trasporti della storia repubblicana.
Presidente, da una parte c'è il favoloso mondo di Ameloni, quello della propaganda, messo in scena ad Atreju. Ma dall'altra parte c'è la realtà, quella testarda dei numeri.
Lei ha detto che i centri in Albania funzioneranno: finalmente, ha ammesso quindi che non funzionano. Sono il clamoroso fallimento della sua propaganda.
Lei prima ha detto che la Corte di Giustizia europea non segue i giudici italiani. Forse ha capito male: sono i giudici italiani che hanno seguito la Corte di Giustizia europea, che ha stabilito che non può essere considerato sicuro un Paese che applica la tortura. Ed è una vergogna che il governo italiano abbia deciso per decreto che l'Egitto è un Paese sicuro quando un ricercatore italiano, Giulio Regeni, è stato torturato e ucciso come migliaia di egiziani.
Presidente, ora i centri in Albania sono vuoti. C'è solo il personale. Personale che potrebbe essere impegnato in Italia, dove c'è carenza di organico ovunque, a proposito della sicurezza di cui vi riempite la bocca.
Avete buttato 800 milioni di euro per costruire una prigione vuota. 800 milioni di euro che avreste potuto utilizzare per 50.000 nuovi posti di asili nido o per pagare per 5 anni 6.000 nuovi infermieri o 7.000 nuovi insegnanti. Insegnanti che invece avete tagliato in legge di bilancio.
Nel suo favoloso mondo, chissà se racconterà agli altri Paesi che in Italia tutto va a gonfie vele, mentre l'Istat taglia le previsioni di crescita del Governo.
Racconterà di aver fatto il 'più grande investimento sulla sanità' in valori assoluti quando in percentuale, in realtà, li avete ridotti? E nel frattempo, 4 milioni e mezzo di persone non riescono più a curarsi.
Racconterà di aver aumentato le pensioni minime, quando in realtà le avete alzate di appena 1,80 euro, prendendo in giro gli anziani?
Racconterà che siamo primi nel PNRR in Europa o dirà che in realtà siamo indietro in percentuale negli obiettivi raggiunti?
Racconterà agli altri Paesi che in Italia si sta meglio mentre vi occupate dei rimborsi spese dei ministri ma negate il salario minimo? O mentre cancellate il fondo affitti e c'è chi muore di freddo in un garage? O mentre la produzione industriale è in calo da 20 mesi consecutivamente? O mentre in Italia c'è il costo dell'energia più alto d'Europa?
La verità, Presidente, è che lei le persone le vede solo dai palchi o dai balconi. Non ascolta più chi non riesce a curarsi. Chi non arriva a fine mese con stipendi da fame. Chi vede i propri figli costretti a partire. Chi non ha i soldi per la baby sitter mentre lei pontifica che le donne non devono rinunciare al lavoro se fanno figli. Il suo problema, Presidente, è che lei si è rinchiusa nel suo favoloso mondo e non ascolta più".
Un intervento perfetto.
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sciences po
Vedi come si sono messi tutti d'accordo a rimandare indietro i profughi siriani ora che la Siria è stata liberata, ora che al potere ci sono questi specchiati democratici che ci hanno solennemente garantito che non torceranno un capello alle donne: quand'è così, siamo a posto con la coscienza. La Siria è diventata dall'oggi al domani "paese sicuro", per comune accordo dei paesi occidentali che appena hanno intravisto l'opportunità di lavarsene le mani salvando le apparenze non hanno trovato nessun impedimento, mentre per accoglierli si sono dovute fare le conferenze internazionali. L'umanità è sempre quella degli altri vista coi lontanissimi binocoli dell'École libre des sciences politiques (il nostro razzismo è così ben camuffato dietro il mito dell'istruzione che manco più ce ne rendiamo conto).
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Operazione Speciale: Lioness 2, torna la serie di Taylor Sheridan. E mette tutti in discussione
Uno dei (tanti) successi targati Taylor Sheridan su Paramount+.
Justice is a different agency. My agency doesn't do courtrooms. Quando si è showrunner consapevoli, si riesce ad inserire in modo furbo ma anche funzionale determinate tematiche e ruoli-tipo in generi ed ambiti finora spettanti al maschio bianco medio americano, target primario delle serie ideate da Taylor Sheridan. Con Lioness, il prolifico autore ha voluto proporre una variazione sul tema in una sorta di erede di Homeland, prendendo spunto dal vero programma militare americano omonimo.
Nicole Kidman in un primo piano
La strategia? Utilizzare le donne soldato e non gli uomini per infiltrarsi tra le fila femminili dall'altra parte della barricata, quella dei terroristi con le loro mogli, sorelle, fidanzate. Alla fine del ciclo inaugurale si era arrivati ad un importante turning point in tal senso con la morte di un pericoloso venditore di petrolio e "la creazione della prossima generazione di terroristi". Ora è passato qualche tempo.
Lioness 2: la lotta al terrorismo non si ferma
Gli Stati Uniti continuano la loro lotta post-11 settembre nella serie Paramount+, ancora una volta capitanati dal trio del programma segreto della CIA di Joe (Zoe Saldaña), Kaitlyn (Nicole Kidman, anche produttrice con la collega) e Byron (Michael Kelly), insieme al Segretario di Stato (Morgan Freeman). Il punto si vista del racconto è ancora una volta quello femminile, che devono bilanciare l'ingombrante lavoro dei loro mariti e figli.
Nicole Kidman e Zoe Saldana in scena
"Perché tra tutti i lavori al mondo hai scelto proprio questo?" chiederà una delle figlie a Joe nei primi episodi della stagione 2. Una disamina di cosa vuol dire essere un soldato: i sacrifici, le rinunce, le colpe e i meriti, soprattutto attraverso i dialoghi col marito (Dave Annable) che cerca continuamente un nuovo equilibrio con una consorte che è quasi sempre lontano da casa e rischia la vita.
Vecchie leonesse, nuovi volti
Una new entry fa capolino tra le fila di Operazione speciale: Lioness 2. Dopo Cruz Manuelos (Laysla De Oliveira) nella prima stagione, questa volta tocca ad una soldatessa (Genesis Rodriguez) figlia di un avvocato dell'immigrazione e nipote di un pericoloso boss del Cartello messicano.
Il tema dell'immigrazione sembra essere proprio quello delle nuove puntate, dato che tutto parte dal rapimento di una senatrice latina che avrebbe provato a portare una nuova legislazione. Politica, realtà e finzione si mescolano quindi nel calderone spionistico che compone il serial, riflettendo sulle contraddizioni odierne e sul rapporto tra i mercati e una tanto decantata terza guerra mondiale.
Una missione sempre più pericolosa per la serie spionistica
Una scena di Lioness 2: al tavolo del Pentagono
La nuova possibile lioness potrebbe essere congedata con disonore come unica copertura possibile per la sua missione oltre il Cartello, per ricordare quanto si sia disposti a perdere per il proprio Paese. C'è retorica guerrafondaia eppure c'è anche estrema sincerità nella scrittura di Taylor Sheridan alternando un montaggio sincopato ad immagini dei grandi spazi aperti in giro per il mondo che accolgono la squadra in trasferta.
Un gruppo confermato dal ciclo inaugurale con qualche aggiunta, come Jill Wagner, LaMonica Garrett, James Jordan, Austin Hébert, Jonah Wharton, Thad Luckinbill e Hannah Love Lanier. Una regia consapevole e che mantiene incollati gli spettatori con delle sequenze perfettamente orchestrate per mantenere alta la tensione. Nessuno è al sicuro e una nuova lotta ad una minaccia ancora più grande sta per iniziare.
Conclusioni
La seconda stagione di Lioness confermano la bravura di Taylor Sheridan nell'equilibrare azione e storie personali dei protagonisti, mantenendo il punto vista “inedito” del programma segreto al femminile della CIA. Una new entry che promette scintille si aggiunge all’equazione spionistica, in cui non sembra esserci mai un attimo di pace e in cui centrale sarà il confine con il Messico.
👍🏻
Zoe Saldaña è pazzesca e guida un cast di primo livello.
New entry interessanti e una buona dose di scene action.
Il tema dell’immigrazione attraverso la lotta al Cartello.
👎🏻
Una certa retorica militarista.
#special ops: lioness#special ops#lionesses#paramount#paramount plus#zoe saldana#nicole kidman#morgan freeman
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La gattamorta
“E' la terza volta in un mese che mi trovo a spiegare a un uomo cosa sia una gattamorta. Non mi è mai capitato di doverlo fare con una donna: le donne lo sanno benissimo.
Il gattamortismo è un comportamento sociale prevalentemente femminile, benché abbia incontrato uomini capacissimi di replicarlo. Prende il nome dal movimento lascivo delle gatte in calore, che rotolano per terra miagolando e mostrando la pancia con un atteggiamento apparentemente passivo che ti induce a credere che la decisione di avvicinarti spetti a te.
La gattamorta la riconosci dal fatto che evita qualunque modalità assertiva: lei non "è", lei "sta" e la sensazione che restituisce è che le cose le accadano senza alcun suo contributo, anzi suo malgrado. Inutile dire che è vero l'opposto, ma questa ovvietà per un maschio medio è praticamente impossibile da capire, ammesso che esista un maschio medio che voglia capirlo davvero.
La gattamorta solletica infatti l'aspirazione alla superiorità di genere che si annida in molti uomini, quelli che possono essere lusingati dalla possibilità di potersi dimostrare forti e protettivi verso una femmina della loro specie. Perché questo meccanismo ancestrale si attivi occorre naturalmente che ci sia una donna disposta a recitare la parte del sesso debole, fragile davanti alla durezza del mondo, intimidita dalla vita in qualunque forma si manifesti e dunque bisognosa di protezione, perché la gattamorta - nemmeno Battiato l'aveva capito - è un essere speciale e troverà di sicuro qualcuno pronto a superare le correnti gravitazionali pur di aver cura di lei.
La gattamorta fa tutto in modalità passivo-aggressiva: è lei quella che a una festa balla poco e guarda tanto, toccandosi i capelli di continuo; appena un uomo gradito le incrocia lo sguardo lo abbassa e sorride, davvero troppo timida per reggere un simile impatto. Parla a voce bassa, tra il sussurro e il lamentoso, perché è sensibile. Ha spesso qualche fragilità fisica sexy e invisibile, tipo mal di testa o pressione bassa, ideali per accasciarsi indebolite e magari farsi accompagnare a casa senza dover mai dire "vorrei andare a casa". E' quella che ha sì la minigonna inguinale, ma sembra essersela infilata per caso, giusto perché non aveva nient'altro di pulito, mica per malizia. La gattamorta poi non fa mai deliberatamente qualcosa di dannoso. Se accade, per definizione lei "non voleva". Inutile farglielo notare, sennò piange lei e tu l'hai fatta piangere. Se poi abbia delle idee sue è un mistero inconoscibile: non le manifesta mai troppo nettamente, perché le posizioni esplicite suggeriscono forza e la gattamorta non vuole suggerire alcun tipo di forza, altrimenti come fa a convincerti che quello forte sei tu?
Fare la gattamorta in un paese pieno di stereotipi di genere è estremamente efficace. Senza mai dichiararlo, la gattamorta conforta l'uomo destabilizzato dal confronto con donne più autonome o comunque abbastanza impegnative da fargli temere di non esserne all'altezza. La gattamorta risolve l'ansia: lei non ti chiede alcuna altezza, devi persino chinarti.
Nonostante la riconoscibilità, per vederla essendo maschi ci vuole una vita e di solito il punto di consapevolezza si raggiunge quando è troppo tardi.
Una donna invece la gattamorta la riconosce dalle elementari, da quando la ragazzina gracile con gli occhi color del dado da brodo si metteva in un angolino vicino a quello che piaceva a te e si fissava le scarpette zitta finché lui non le offriva un pezzo di merendina, intenerito.
E tu che ti eri imparata le regole del calcio per fare colpo.”
di Michela Murgia
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“ Inciampo sullo schermo di un canale generalista privato che da quando è cominciato il conflitto trasmette molti approfondimenti e reportage. Stanno intervistando una manciata di madri, nate proprio in quel paese ma residenti in Italia, che fanno per lo più le badanti in qualche casa della borghesia dello stivale. Hanno i figli al fronte. Alcuni giovanissimi, freschi dei loro diciotto anni. “Ci hanno aggrediti,” dicono a un presentatore italiano dagli occhi bulbosi e la testa rasata. “I nostri figli stanno combattendo fino al martirio.” Le loro parole convulse grondano paura, coraggio e patriottismo. Le guardo con un misto di curiosità e apprensione. Sono donne semplici. Messa in piega impeccabile, tinta castano chiaro, gonne sobrie, camicette a fiori e qualche orecchino di bigiotteria poco vistoso ai lobi delle orecchie, qualche foulard, qualche cappello. Solo gli occhi bruciano. Come attraversati da invisibili lame di fuoco. Il presentatore italiano è disorientato da quelle donne e dal loro spirito battagliero. Ma nonostante lo smarrimento raccoglie le loro parole di guerra con estrema diligenza. Tra i tanti vocaboli utilizzati spunta anche “vincere”. Una di loro infatti dice: “Stiamo per partire anche noi, torniamo a casa. Vogliamo stare accanto ai nostri figli.” “Ma è pericoloso! Non potete,” commenta il presentatore confuso. “Sì, lo è, ma noi vinceremo.” C’è sicurezza nella sua voce. C’è quasi follia in quel “vinceremo” scandito a favore di telecamera sillaba dopo sillaba. VIN-CE-RE-MO. Davanti allo schermo io tremo per loro. Ma tremo anche per me. Mi sembra tutto un dannato déjà-vu. Ho già vissuto quella conversazione. Recentemente. Con mia madre. Io e lei da sole, sul balconcino di casa nostra. A Roma Est. Una manciata di mesi fa. Eravamo in mezzo alle piante grasse e al girasole appena spuntato, in mezzo al rosmarino e al basilico. Hooyo [mamma] si stava tagliando le unghie. E io le avevo appena chiesto: “Perché la Somalia proprio in quel momento, hooyo? Perché ti sei ficcata in una guerra civile che era nell’aria?” Proprio come quelle donne sconosciute in televisione, anche la mia hooyo ha usato la parola “vincere”. Con lo stesso tono sicuro. Sfrontato. A tratti irragionevole. Scandendo l’orrore sillaba per sillaba. “Ero sicura,” mi ha detto, “che i miei, il mio clan, la mia parte politica, il mio qabil, le ossa dei miei antenati, avrebbero vinto la guerra. Facilmente. Avevamo tante armi stoccate nei magazzini abbandonati da Siad Barre. Armi sovietiche, statunitensi e italiane. Kalashnikov di ultima generazione. Non avevo dubbi, figlia, sulla nostra vittoria. Per questo ho messo due stracci in valigia e sono salita su un Boeing della Somali Airlines senza voltarmi indietro.” La sua è stata una risposta senza tentennamenti, a cui ha poi prontamente aggiunto: “Volevo far parte anch’io della storia. Della gloria. Della nostra vittoria. Della nazione. Prendermi la mia parte di bottino e di futuro.” Gloria? Vittoria? Nazione? Bottino? Futuro? Davvero, mamma? Dici davvero? Facevo fatica a inglobare quelle parole deliranti. “Le guerre non le vince mai nessuno, hooyo!” ho urlato allora. “Le vincono solo le armi, il sangue, la morte, il pus, le lobby, i padroni, gli altri. Quelli come noi invece le perdono sempre. Wallahi! [Giuro su Dio!] Me lo hai insegnato tu, te lo sei dimenticata?” Le mie parole hanno un ritmo retorico e ridondante anche se sono la pura verità. Sono parole giuste, giustissime, quelle che rivolgo a mia madre. Ma non so perché mi sembrano inutili. Vuote. Come vuota è la vittoria. Vuota la guerra. “
Igiaba Scego, Cassandra a Mogadiscio, Bompiani (collana Narratori Italiani), 2023¹; pp. 245-247. (Corsivi dell’autrice)
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Gli ebrei americani,7 milioni e mezzo, un numero pari quasi a quello di tutti gli ebrei che vivono nello stato d’Israele ( 9 milioni e mezzo che comprendono anche i cittadini arabi),sono sempre stati per la maggioranza, di sinistra. Adesso, il baratro che separa le ragioni di una guerra di sopravvivenza da quella, fino a ieri di Biden, di vincere le elezioni puntando anche a un pubblico pacifista e woke, hanno cambiato un po' le cose, ma non si sa ancora quanto. Di sicuro, Trump offre una spalla un po' più robusta quando dice che Hamas non avrebbe osato attaccare se lui fosse stato al potere, e non si può negare che in questo vanto può esserci qualcosa di vero. E tuttavia anche Biden ha detto qualche “don’t” agli iraniani, ottimo finché non si trasformato in un “don’t” anche a Israele, e soprattutto, alla fine non si è tirato indietro nel fornire di armi il suo unico alleato democratico in Medio Oriente. Certo, non l’ha fatto per beneficenza e ha sempre preteso un prezzo spesso esoso in cambio, e tuttavia Kamala Harris ne avrà i vantaggi che forse una sua gestione non avrebbe meritato.
E così, come il resto del voto anche quello degli ebrei americani è un mistero. La Harris si è molto buttata a sinistra puntando sui giovani e le donne; nei suoi ultimi discorsi in Pennsylvania, stato decisivo, ogni volta che parla promette di fermare la guerra e lamenta la “insopportabile” perdita di civili a Gaza; però, aggiunge che si batterà con tutti i mezzi per riportare a casa i rapiti. La par condicio è la sua linea: aggiunge anche che il 7 di ottobre è stato un crimine imperdonabile, però subito avverte che la pace consiste nel creare uno Stato palestinese, concetto che esprime mitigandolo con la sofferenza palestinese, censurando che si tratterebbe di affidarlo a forze terroriste o amiche dei terroristi. Questo, unito al fatto che non si presentò al Congresso il 24 luglio quando Netanyahu vi prese solennemente la parola, e che ha considerato “real” ben due volte la questione che un elettore ha posto a un suo comizio, ovvero se Israele sia uno Stato genocida, non fa di lei una candidata affidabile per Israele. Non è ideale per chi ci tiene a Israele e per gli ebrei che vedono che la grande ondata di antisemitismo che rende amara la loro vita è causata dai movimenti proPal “from the river to the sea” che propagandano su Israele stupidaggini senza vergogna, cioè che si tratti di un Paese spietato e guerrafondaio. Harris non l’ha mai denunciato. Circa l’80 per cento degli ebrei americani votavano a sinistra, ora la percentuale si è ristretta, ma non è chiaro di quanto.
Trump ha alzato la voce: siete pazzi, è la fine d’Israele, e se perdo la colpa è vostra. Trump ha anche avuto con Netanyahu un momento di rottura quando Bibi ha porto le congratulazioni a Biden nel momento delle elezioni, è ombroso e caratteriale, ha tenuto un discorso ambiguo sulla fine della guerra cercando anche il voto musulmano: pure è il presidente che ha con coraggio portato la sua ambasciata a Gerusalemme, ha riconosciuto la sovranità sul Golan, ha smascherato l’UNRWA, l’ONU, l’Autorità Palestinese, e ha messo al bando gli inutili accordi nucleari con l’Iran, tagliando i fondi a tutti. Ha creato gli accordi Abramo e oggi dunque rassicurerebbe i Paesi sunniti che temono l’Iran sulla possibilità effettiva di una politica americana coraggiosa, di uno spazio libero dalla minaccia iraniana, e quindi di una pace possibile finalmente, resa possibile dall’azione militare che Israele sta portando a termine. L’Iran intanto, mentre minaccia l’attacco a Israele per spaventare gli elettori, informa che tiene apertamente per Kamala. Se questo le faccia piacere, non si sa, ma Abdulaziz Al Sager del Centro di Ricerca del Golfo dice: “Trump imporrà pesanti sanzioni all’Iran o consentirà a Israele di condurre azioni mirate sui siti nucleari”.
Ecco il punto: Trump ha già detto che Israele ha come vero obiettivo la cessazione della minaccia atomica. Dunque, se l’Iran attaccherà Israele, Netanyahu che fino a ora ha mostrato una sua certa equidistanza dai candidati proprio osservando la regola di Biden durante la risposta all’Iran di non colpirne le strutture atomiche e energetiche, stavolta potrebbe rispondere subito gestendo una doppia possibilità: quella che anche una nuova gestione Harris, per quanto pacifista, accetterebbe e aiuterebbe necessariamente se l’Iran attacca con i missili balistici, e quella che Trump se eletto approverebbe perché prepara il terreno a una gestione solida del futuro mediorientale. Di fatto pulirebbe il terreno per ambedue i candidati, e la Harris, che sull’Iran ha sempre detto che è pericoloso, mentre arrivano dall’ America i nuovi aerei da combattimento, non avrebbe ragione di dispiacersene. Israele guarda al voto mentre i missili piovono e i soldati vengono uccisi sia a nord che a sud, ma ha molto indebolito il nemico e certo Netanyahu, come sempre i leader democratici cerca la strada per concludere una guerra vittoriosa: in realtà Trump fornisce maggiore sicurezza perché, con tutti suoi difetti, è convinto che Israele sia il bastione della civiltà democratica, dell’economia della medicina, dell’agricoltura e degli USA nel mondo arabo; la Harris ha ereditato nei consiglieri, nella impostazione ideologica, l’ambizione internazionalista di Obama. Che non ha portato fortuna né ai Paesi Arabi, né a Israele, né agli Stati Uniti, e nemmeno all’Europa.
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martedì 5 novembre 2024 08:32:52 Trump appare, proprio dal modo con cui ha condotto la campagna elettorale, una personalità instabile molto più di Harris. Pannella direbbe che sembra capace di tutto. E non va bene. Se ci sarà un momento in cui servirà una persona stabile emotivamente, sarà nel periodo dei 2 mesi di transizione
Tra i palestinesi, invece, l'umore è meno positivo.
"La vittoria di Trump per un secondo mandato significa la continuazione dello spargimento di sangue e indica che la politica americana non è cambiata: continuerà a sostenere Israele" ha dichiarato Naim Fawzi, residente a Ramallah, nella Cisgiordania occupata.
Tuttavia, per molti palestinesi un cambio di presidenza non varierà di molto la posizione degli Stati Uniti su Gaza.
"Speriamo sempre in un cambiamento della politica americana, in una vittoria dei diritti umani, una vittoria per i palestinesi", ha detto Abdallah Abu Rahma, un altro residente di Ramallah.
"Ma sia che vinca Trump o Harris, credo che la politica verso i palestinesi rimarrà la stessa", ha aggiunto.
Qual è la posizione di Donald Trump sul Medio Oriente?
Anche se la scorsa settimana Trump ha giurato di garantire la pace in Medio Oriente se fosse stato eletto, si è sempre posizionato come un forte sostenitore di Israele.
Durante il suo primo mandato, Trump ha spinto per una riconciliazione tra Israele e gli Emirati Arabi, e ora tutti gli occhi sono puntati su come interverrà nei conflitti che imperversano nella regione tra Israele e Hamas a Gaza e Israele e Hezbollah in Libano.
La soddisfazione di Netanyahu
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha definito la vittoria elettorale di Trump "il più grande ritorno della storia".
"Il suo storico ritorno alla Casa Bianca offre un nuovo inizio per l'America e una potente ripresa della grande alleanza tra Israele e l'America. È una vittoria enorme!", ha scritto sui social media.
Trump e Netanyahu hanno avuto un rapporto stretto durante il primo mandato dell'ex presidente, ma i legami si sono inaspriti quando Netanyahu si è congratulato con il presidente Joe Biden per la vittoria nel 2020.
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Libri per l'estate: vi segnalo alcune nuove uscite e alcune uscite non più tanto nuove riguardanti dei romanzi secondo me molto interessanti che potrete leggere sotto l'ombrellone
La casa delle orfane bianche, di Fiammetta Palpati
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Trama: Per aiutarsi reciprocamente tre donne di mezz’età decidono di ritirarsi in una casa di paese con le rispettive anziane madri, bisognose di assistenza. La convivenza, sulla carta, è un incastro perfetto: cosa c’è di meglio della rusticità dei bei tempi andati per dividere spese, pensieri, incombenze, e magari risanare quel legame intimo tra madre e figlia, di accudimento e amore, che al momento è invertito? Ma il nido si mostra assai presto per quello che è: un covo di immaturità, risentimento, egocentrismo e disperazione che sfocia in un tragicomico delirio collettivo: la casa si rivolta contro le inquiline e il loro desiderio, soffocandole tra immondizie, un cane infido e l’odore nauseabondo di una papera guasta. La situazione precipita quando arriva nella casa, teoricamente come badante, una suora fasulla e inferma, che si piazza in poltrona e pretende d’essere servita e riverita. Lo scompiglio che ne segue getta le protagoniste nello sconforto totale finché, come in ogni dramma che si rispetti, esse saranno costrette a smascherarsi, e a dichiararsi orfane bianche.
La mia opinione: libro vincitore di uno dei Premi Campiello, si distingue per l'argomento che tratta cioè le problematiche legate ai all'accudire un famigliare anziano. Tra badante o casa di riposo in questo caso tre donne decidono di unire invece le forze andando a vivere tutte e tre insieme con le rispettive madri in modo da potersi aiutare a vicenda. Questo argomento così attuale, ma spesso scabroso o di cui non si vuole parlare, qui viene trattato con molta ironia e realismo, seppure a volte sfociando nell'assurdo. Il libro sembra quasi una commedia teatrale a tratti grottesca a tratti divertente a tratti tragica, come il teatro dovrebbe essere in fondo no? Libro veramente diverso dal solito che merita una lettura a mio avviso.
Una piccola lavanderia a Yeonnam di Kim Jiyun
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Trama: Yeonnam-dong è un quartiere di Seul in perpetua trasformazione e sempre alla rincorsa dell'ultima moda. Eppure, tra locali modernissimi e temporary shop, c'è una piccola lavanderia automatica che, per alcuni abitanti della zona, rappresenta un porto sicuro in un mare di cambiamenti. Perché qui trovano luci calde, scaffali pieni di libri e profumo di caffè che si mischia a quello del bucato appena lavato. E poi, un giorno, anche un taccuino verde dimenticato chissà da chi, un taccuino che in breve tempo diventa una sorta di diario del quartiere. Da un anziano signore che non sa come ricucire il rapporto col figlio a una madre minacciata di sfratto, da una sceneggiatrice in cerca di fortuna a una ragazza incastrata nel rapporto sbagliato, tutti vedono in quel diario un'occasione per confidare gioie e dolori, delusioni e speranze. Ma non solo. A poco a poco, il taccuino diventa un mezzo con cui dare consigli, offrire conforto e aiuto, aprire il cuore a quegli sconosciuti le cui vite si sfiorano da anni ma che solo ora finalmente iniziano a intrecciarsi. Così, quando da quelle pagine emerge una vicenda più complessa e oscura delle altre, tutti daranno il loro contributo per rimettere insieme i pezzi della storia e riportare l'armonia in quel magnifico mosaico di esistenze imperfette...
La mia opinione: Poteva mancare un libro sal sapore asiatico nella mia lista? Assolutamente no, anche se non sempre amo gli autori coreani quando raccontano semplicemente delle scene di vita, li trovo un po' troppo blandi a volte, ma qui c'è anche un mistero da ricolvere a dare un poco di verve alla trama.
My Lady Jane, di Jodi Meadows, Cynthia Hand e Brodi Ashton
Link: https://amzn.to/3L84DFe
Trama: Edward è il re d'Inghilterra. Ed è anche sul punto di morire, condizione non del tutto adeguata a un sedicenne che preferirebbe assaporare il suo primo bacio e non pianificare la linea di successione alla corona. Jane, o meglio Lady Jane Grey, è la cugina di Edward, ma alla vita di corte e al solo pensiero di un possibile marito preferisce immergersi tra le pagine dei suoi amati libri. Purtroppo per lei, Edward ha pensato proprio a Jane per il matrimonio che garantirà alla corona di restare in famiglia. Guildford è lo sposo prescelto, ed è un E∂ian. La sorte ha benedetto gli E∂ian (o maledetto, a seconda del punto di vista) donando loro il potere di passare da una forma umana a una animale, e Guildford trascorre le ore dall'alba al tramonto come nobile destriero. Mentre l'attrazione e la tensione saranno sempre più difficili da governare per entrambi, anche il cuore del regno sarà messo a dura prova. Con Jane sul trono, gli imprevisti e le cospirazioni sono dietro l'angolo. Peccato che nessuno abbia davvero capito che Jane è molto più della classica damigella in pericolo...
La mia opinione: questo è uno di quei casi in cui la serie tv che sta ndando ora in onda su Prime Video potrebbe essere meglio del libro, perchè il libro è veramente semplice e facile, quasi uno young adult sinceramente, mentre con l'argomento e i personaggi storici che tratta avrebbe potuto essere una romanzone fantasy storico di tutto rispetto. Il libro è un occasione mancata secondo me o meglio un libro che si è scelto di scrivere per un pubblico giovane invece di cercare di creare un romanzo per tutti....visto che la serie tv invece cerca un pubblico più ampio spero vivamente abbiano arricchito la trama e magari l'abbiano resa un tantino più complessa e interessante.
Il famiglio, di Leigh Bardugo
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Trama: In una Madrid diventata da poco capitale del Regno e pervasa dalla furia controriformistica dell'Inquisizione, la giovane Luzia Cotado, conversa orfana di entrambi i genitori, cerca di sopravvivere come meglio può, nascondendo a tutti le sue origini e, soprattutto, la sua capacità di compiere milagritos, piccole magie. Un giorno, però, la signora della casa presso la quale presta servizio si accorge del suo dono e di lì in poi la obbliga a farne sfoggio davanti ai suoi ospiti, nel patetico e disperato tentativo di migliorare la posizione sociale della sua famiglia ormai decaduta. Ma quello che inizia come un semplice divertimento per nobili fiacchi e annoiati prende ben presto una piega pericolosa perché Luzia attira l'attenzione di Antonio Pérez, ex segretario ora in disgrazia di Filippo II. Per riconquistare il favore del re, ancora provato dalla sconfitta della sua armada, Pérez decide di indire un torneo per trovare un campione che diventi l'arma decisiva nella guerra estenuante contro la regina eretica d'Inghilterra. Determinata a cogliere l'unica possibilità che la vita sembra volerle offrire per migliorare la sua condizione, Luzia si immerge in un mondo popolato da veggenti e alchimisti, bambine sante e imbroglioni, dove i confini tra magia, scienza e inganno sono tanto labili quanto incerti. Con il crescere della sua notorietà, però, aumenta di pari passo il rischio che i suoi segreti vengano scoperti. Per non finire nella morsa dell'Inquisizione, la giovane conversa dovrà quindi agire d'astuzia, accettando persino l'aiuto di un uomo misterioso temuto da tutti, Guillén Santángel, a sua volta custode di verità che potrebbero rivelarsi letali per entrambi.
La mia opinione: Qui sì che siamo davanti ad un degno romanzo fantasy storico, altro che Lady Jane di cui ho parlato sopra. Leigh Bardugo non si smentisce, sa scrivere....se solo investisse su personaggi più adulti l'amerei molto di più.
Assistente cercasi, di Hannah Nicole Maehrer
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Trama: Assistente cercasi: noto criminale di alto rango cerca un assistente leale per compiti d'ufficio non specificati e supporto per spargere caos, terrore e altre cose oscure. Richiesta discrezione. Ottima retribuzione. Con una famiglia da mantenere, avere un buon impiego è per Evie Sage una priorità. E così, quando un incidente con il più famigerato cattivo di Rennedawn si traduce in un'offerta di lavoro, lei accetta. Nessun incarico è perfetto, ovviamente, e lo è ancora meno quando hai una cotta per il tuo capo, un tipo terribile, lunatico ma innegabilmente sexy. Proprio quando si sta abituando ad assistere a scene raccapriccianti, come teste mozzate che pendono dal soffitto e bulbi oculari schiacciati sotto le scarpe, Evie sospetta che una minaccia stia aleggiando sul regno di Rennedawn. Qualcuno che vuole eliminare il Cattivo e il suo nefasto impero. E così Evie non solo deve cercare di resistere al fascino del suo capo, ma deve anche scoprire chi sta sabotando il suo lavoro... per assicurarsi di fargliela pagare
La mia opinione: romanzo semplice semplice, carino, divertente ma in modo molto ma molto prevedibile. Un romanzo leggero giusto per passare il tempo con qualche sorriso nei caldi pomeriggi d'estate, ma a volte ci vogliono pure i libri leggeri e prevedibili che danno ciò che promettono e nulla più.
Il giardino d'oro e ruggine, di Francesca Cani
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Trama: Ogni inverno la piccola e nobile Ginevra Orsini torna a Rocca Calascio e incontra il bambino di cui è innamorata. Lui è Lupo dei Lupi, un bastardo, senza famiglia, senza stirpe, buono solo per le armi. Prima di diventare grandi e separarsi, Ginevra lo induce a bere un filtro d’amore e a pronunciare un giuramento: io ti ritroverò, tu mi ritroverai. Ma a volte i desideri sono pericolosi, soprattutto quando si avverano.Passano gli anni e Ginevra è divenuta una dama, merce preziosa, mentre Lupo è solo un soldato senza cuore, con la terribile maledizione di somigliare come una goccia d’acqua a Cesare Borgia. Due mondi in conflitto, spiriti ribelli sotto il cielo lilla del Gran Sasso, dove Lupo diventerà un signore e Ginevra il suo bottino di guerra.
La mia opinione: romanzo storico romantico di stampo classico, se amate il genere questa è una nuova uscita calda calda da non perdere ambientata in Italia all'epoca delle Signorie.
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#IRAN_STATO_CRIMINALE.
L'ARRIVO ALL'INFERNO DI EBRAHIM RAISI, IL MACELLAIO DI TEHERAN - Di Franco Londei
Per uno tendenzialmente agnostico come il sottoscritto non è facile pensare al Paradiso o all’inferno come vengono descritti dalle varie religioni. Ma nel caso della morte di Ebrahim Raisi, il macellaio di Teheran, la mia mente partorisce sogni da vero credente.
Me lo immagino nel più profondo degli inferi, seduto su una sedia con le braccia tenute ferme sui braccioli dalle mani incandescenti delle anime che lui ha mandato all’altro mondo, una fila chilometrica di povere anime tra cui bambini, ragazze e ragazzi, persino donne partorienti impiccate al nono mese di gravidanza, scese all’inferno dal Paradiso con un permesso speciale del Divino.
Alla gola una garrota che Satana in persona provvede a stringere e ad allentare da qui all’eternità mentre altri demoni gli estraggono le unghie di mani e piedi che per un miracolo divino gli ricrescono subito dopo in modo di dare alla tortura una forma eterna.
Santo cielo come ho odiato questa bestia fatta uomo, un demone che nemmeno l’inferno riconosce come tale tanto è stata maligna la sua vita. Satana stesso ne era sorpreso.
Decine di migliaia di condanne a morte, decine di migliaia di esecuzioni sommarie ordinate per reprimere il dissenso. Un odio verso le donne che non può nemmeno lontanamente essere paragonato alla peggior forma di misoginia. L’ordine più sadico, quello dato alla milizia Basij di sparare a pallini nelle parti intime e sul seno delle ragazze che manifestavano contro l’obbligo del velo.
Non credo che Ebrahim Raisi abbia rappresentato il popolo persiano. Nessuno ha odiato gli iraniani come ha fatto il macellaio di Teheran. Nessuno ha odiato le iraniane come il boia di Teheran. Forse solo Ali Khamenei lo può raggiungere, ma non come sadismo e crudeltà.
Si dice che sia stato Ebrahim Raisi a ideare il massacro del 7 ottobre. Il sadismo mostrato quel giorno dalle bestie di Hamas lo fa credere.
La sua morte lascia un paese silenziosamente in festa. Non so se ci sono eredi naturali, di sicuro i sadici misogini odiatori del popolo persiano non sono finiti, a partire dalla Guida suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei e da tutto l’immondo clero dei mullah al suo seguito.
Spero che questo squarcio di giustizia divina nel buio dell’oscurantismo religioso della Persia sia solo un primo segnale. Spero che Dio (o Allah) non si fermi qui e che mandi all’inferno anche tutto il resto dei macellai.
_Franco Londei
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#AndreaPisauro#Brexit#CarmenSilvestri#CGIL#ChiaraMariotti#Comites#ComitesdiLondra#EllySchlein#IlManifestodiLondra#Inca#italianiaLondra#MircoBrondolin
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ATTIVITÀ IN ACCADEMIA MILITARE
GIURAMENTO 205° CORSO "FIEREZZA"
GIURA IL 205° CORSO “FIEREZZA”
Gli Allievi Ufficiali dell’Accademia Militare di Modena hanno prestato giuramento di fedeltà alla Repubblica Italiana
Nel Cortile d'Onore del Palazzo Ducale di Modena, sede dell'Accademia Militare, questa mattina gli Allievi Ufficiali del 205° Corso "Fierezza" hanno giurato in forma solenne, alla presenza del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale di Corpo d'Armata Carmine Masiello, e del Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri, Generale di Corpo d'Armata Teo Luzi.
L'atto solenne, avvenuto al cospetto della Bandiera dell'Istituto e dinanzi al padrino del corso, Tenente Colonnello Gianfranco Paglia, Medaglia d'Oro al Valor Militare, ha suggellato l'ingresso degli Allievi Ufficiali nei ranghi dell'Esercito Italiano e dell'Arma dei Carabinieri e la loro adesione, intima e spirituale agli ideali, tradizioni e valori - cardini dell'etica militare - incastonati nella tradizionale formula del giuramento, pronunciata dal Comandante dell'Accademia Militare, Generale di Divisione Davide Scalabrin.
Alla cerimonia hanno, inoltre, presenziato le Autorità civili e religiose del territorio, tra le quali il Sindaco, Gian Carlo Muzzarelli, il Prefetto, Dott.ssa Alessandra Camporota e il Rettore dell'Università di Modena e Reggio Emilia, Prof. Carlo Adolfo Porro, nel segno dei più solidi e vissuti legami tra le Istituzioni vive del Paese.
Il Capo di Stato Maggiore della Difesa si è rivolto ai giovani Allievi Ufficiali evidenziando che “Il Capo dello Stato, il Ministro della Difesa, tutte le Istituzioni e tutti i cittadini guardano a noi, ma soprattutto a voi, che siete il futuro come presidio di democrazia, di libertà e quale sicuro punto di riferimento per la sicurezza e la stabilità. Io vi chiedo di essere rappresentanti e interpreti autorevoli dei più alti valori che ispirano l'operato delle Forze Armate nella società italiana di cui siamo partecipi - ne siamo parte integrante - e di essere all'altezza delle grandi aspettative che i nostri concittadini hanno su di voi. Io mi aspetto che, con il vostro esempio, con la vostra perspicacia, con la vostra energia giovanile, assicuriate quel continuo travaso di esperienze e di valori che è alla base del necessario processo di osmosi fra la società e le Forze Armate.”.
Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, rivolgendosi ai futuri Comandanti, ha sottolineato che "giurando fedeltà alla Repubblica Italiana, vi siete assunti la responsabilità di difenderla con la Costituzione e le libere Istituzioni che la incarnano. È un contratto che firmate davanti al Tricolore, è un patto d'onore che vi lega alla Patria - ha precisato il Generale Masiello. Sarete Comandanti di donne e uomini - ha proseguito - per i quali il vostro esempio e la vostra capacità di crescere, evolvere e servire insieme a loro, costituirà la più alta forma di educazione.
Prendetevi cura di loro e siate messaggeri e interpreti del nostro mondo presso la nostra società, attraverso un reciproco travaso di esperienze e conoscenze.
La vostra è una missione nobile, ma difficile! Richiede impegno, massima onestà e rettitudine, continuo studio e aggiornamento, costante adeguamento delle tecniche, incessante applicazione delle nuove tecnologie, per contribuire ad uno strumento militare organizzato e moderno, che dia corpo, in nome e per l'affermazione dei valori di pace, giustizia e libertà, a una deterrenza reale, credibile e percepibile da tutti, e quindi, dissuasiva."
Il 205° corso "Fierezza" è frequentato da 230 Allievi Ufficiali, dei quali 216 italiani e 14 stranieri, provenienti da undici paesi diversi. L'evento è stato trasmesso in diretta streaming, sulle piattaforme social dell'Esercito, per consentire di condividere un atto così importante con tutti coloro che, impossibilitati a partecipare, interagiscono nella vita dei cadetti.
L'Accademia Militare di Modena, istituita il 1° gennaio del 1678 con il nome di Reale Accademia, è oggi l'Istituto di formazione militare a carattere universitario, responsabile della formazione iniziale dei futuri Ufficiali d’Arma e medici del ruolo normale dell’Esercito Italiano e dell’Arma dei Carabinieri, in un percorso di studi che porterà al conseguimento della laurea in Scienze Strategiche, Ingegneria, Medicina e Chirurgia, Veterinaria, Giurisprudenza, Chimica e Tecnologie Farmaceutiche... ben fatto ⭐️🇮🇹⭐️🇮🇹 Cappelloni, buona fortuna 🇮🇹⭐️🇮🇹 #UnaAcies
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La gattamorta
“E' la terza volta in un mese che mi trovo a spiegare a un uomo cosa sia una gattamorta. Non mi è mai capitato di doverlo fare con una donna: le donne lo sanno benissimo.
Il gattamortismo è un comportamento sociale prevalentemente femminile, benché abbia incontrato uomini capacissimi di replicarlo. Prende il nome dal movimento lascivo delle gatte in calore, che rotolano per terra miagolando e mostrando la pancia con un atteggiamento apparentemente passivo che ti induce a credere che la decisione di avvicinarti spetti a te.
La gattamorta la riconosci dal fatto che evita qualunque modalità assertiva: lei non "è", lei "sta" e la sensazione che restituisce è che le cose le accadano senza alcun suo contributo, anzi suo malgrado. Inutile dire che è vero l'opposto, ma questa ovvietà per un maschio medio è praticamente impossibile da capire, ammesso che esista un maschio medio che voglia capirlo davvero.
La gattamorta solletica infatti l'aspirazione alla superiorità di genere che si annida in molti uomini, quelli che possono essere lusingati dalla possibilità di potersi dimostrare forti e protettivi verso una femmina della loro specie. Perché questo meccanismo ancestrale si attivi occorre naturalmente che ci sia una donna disposta a recitare la parte del sesso debole, fragile davanti alla durezza del mondo, intimidita dalla vita in qualunque forma si manifesti e dunque bisognosa di protezione, perché la gattamorta - nemmeno Battiato l'aveva capito - è un essere speciale e troverà di sicuro qualcuno pronto a superare le correnti gravitazionali pur di aver cura di lei.
La gattamorta fa tutto in modalità passivo-aggressiva: è lei quella che a una festa balla poco e guarda tanto, toccandosi i capelli di continuo; appena un uomo gradito le incrocia lo sguardo lo abbassa e sorride, davvero troppo timida per reggere un simile impatto. Parla a voce bassa, tra il sussurro e il lamentoso, perché è sensibile. Ha spesso qualche fragilità fisica sexy e invisibile, tipo mal di testa o pressione bassa, ideali per accasciarsi indebolite e magari farsi accompagnare a casa senza dover mai dire "vorrei andare a casa". E' quella che ha sì la minigonna inguinale, ma sembra essersela infilata per caso, giusto perché non aveva nient'altro di pulito, mica per malizia. La gattamorta poi non fa mai deliberatamente qualcosa di dannoso. Se accade, per definizione lei "non voleva". Inutile farglielo notare, sennò piange lei e tu l'hai fatta piangere. Se poi abbia delle idee sue è un mistero inconoscibile: non le manifesta mai troppo nettamente, perché le posizioni esplicite suggeriscono forza e la gattamorta non vuole suggerire alcun tipo di forza, altrimenti come fa a convincerti che quello forte sei tu?
Fare la gattamorta in un paese pieno di stereotipi di genere è estremamente efficace. Senza mai dichiararlo, la gattamorta conforta l'uomo destabilizzato dal confronto con donne più autonome o comunque abbastanza impegnative da fargli temere di non esserne all'altezza. La gattamorta risolve l'ansia: lei non ti chiede alcuna altezza, devi persino chinarti.
Nonostante la riconoscibilità, per vederla essendo maschi ci vuole una vita e di solito il punto di consapevolezza si raggiunge quando è troppo tardi.
Una donna invece la gattamorta la riconosce dalle elementari, da quando la ragazzina gracile con gli occhi color del dado da brodo si metteva in un angolino vicino a quello che piaceva a te e si fissava le scarpette zitta finché lui non le offriva un pezzo di merendina, intenerito.
E tu che ti eri imparata le regole del calcio per fare colpo.”
di Michela Murgia
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FEMMINICIDIO E VIOLENZA MASCHILE: FALSO BINOMIO
Non vi è giorno in cui i media non diffondano notizia di nuovi casi di cronaca nei quali mogli, compagne, fidanzate, figlie, donne di differente età, vengono uccise da mariti, fidanzati, ex, padri, comunque uomini e il termine “femminicidio” è certamente uno dei più ricorrenti, ma di sicuro non l’unico possibile e tantomeno il più appropriato ad ogni circostanza. Definire indiscriminatamente femminicidio ogni singolo episodio di violenza contro le donne, presuppone, infatti, un preciso orientamento teorico e l’assunzione implicita di un punto di vista non sempre pertinente.
La violenza di genere
In un’epoca in cui la violenza attraversa abbondantemente tutte le relazioni umane, è fin troppo facile considerare quella sulle donne una manifestazione unitaria e dalla matrice univoca, e sicuramente non aiuta a comprenderne la vera natura e a contrastarla adeguatamente.
Il primo passo verso una maggiore comprensione del fenomeno è quello di esaminare le condotte violente nelle loro varie sfumature e definizioni, iniziando, così, ad uscire dal grande “contenitore” della cosiddetta violenza di genere.
Infatti, con questo termine viene ormai indicata “qualsiasi” forma di violenza che una donna subisce per mano di un uomo, qualora quest’ultima non sia vittima accidentale di un evento che la trova coinvolta solo casualmente.
Per quanto non sia così facile risalire alle origini di tale espressione, la si incontra ufficialmente per la prima volta nella “Declaration on the elimination of violence against women”, adottata dall’ONU nel 1993, che testualmente recita: «Per gli scopi di questa Dichiarazione, il termine “violenza contro le donne” significa ogni atto di violenza di genere che esita in (o è probabile che esiti in) danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche verso le donne, includendo minacce di questi atti, coercizione o deprivazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica o in privato».
Sebbene appaia qui evidente la volontà di circoscrivere tale definizione a un ambito specifico e circoscritto nel tempo e nello spazio, l’espressione “violenza di genere” ha iniziato a essere, perlomeno nel nostro Paese, ampiamente associata alla violenza nei confronti della donna tout-court, senza il necessario discernimento rispetto alle sole situazioni in cui è il diverso genere della persona che subisce violenza rispetto a chi la perpetra, il movente essenziale di colui/colei che la agisce.
Il femminicidio come esito della violenza
E sebbene soltanto da quest’ultima prospettiva sia possibile far discendere il concetto di “femminicidio”, altrettanto si tratta di un termine ormai da tempo usato e abusato in modo spesso improprio e fuorviante. Se, infatti, le argomentazioni tradizionali impiegate per rendere conto della violenza contro le donne, come appunto il genere e ancor più il patriarcato, sono state parzialmente aderenti alla realtà nel passato e forse ancora oggi in specifici contesti sociali e culturali arretrati, attualmente non sono assolutamente sufficienti a descrivere la fenomenologia corrente.
Il termine “femminicidio” fu coniato in ambito giuridico dalla criminologa Diana Russell, che lo introdusse per la prima volta 1992, nel libro Femicide. Secondo la stessa autrice, il concetto può contemplare tutte quelle situazioni in cui: «…la morte della donna rappresenta l’esito o la conseguenza di atteggiamenti o pratiche sociali misogine».
Possiamo quindi, anche qui, rilevare la matrice patriarcale dell’assunto che circoscrive palesemente l’uccisione di una donna in quanto donna per mano maschile, indipendentemente dalla specificità della vittima e della relazione con l’autore di violenza. Il paradigma patriarcale, che a sua volta nasce col femminismo marxiano, interpreta la società dell’epoca precipuamente sul criterio del genere, il maschile dominante sul femminile, la famiglia come luogo elettivo di oppressione e la violenza nella coppia quale strumento maschile privilegiato per mantenere le donne in uno stato di dipendenza e sottomissione.
Il concetto di violenza al giorno d’oggi
In realtà, oggi, gran parte della violenza e della conflittualità nella coppia, non deriva affatto da una ideologia di sopraffazione dell’uomo sulla donna e non ha alcuna specificità di genere: prova ne è la rilevante presenza di violenza femminile non esclusivamente in risposta a quella maschile e quella agita, ad esempio, all’interno delle relazioni intime tra persone dello stesso sesso. Il messaggio che viene invece implicitamente veicolato dai media è quello che l’uomo, in quanto maschio, sia violento a priori e, come noto, il rischio degli stereotipi è che divengano una chiave di lettura riducente e distorcente della realtà.
Questo preconcetto gravissimo e fuorviante che attribuisce un sesso alla violenza e ne relega le cause a presunte caratteristiche innate e “naturali”, pone, di fatto, le basi per un estremo pregiudizio, annullando il ruolo e la responsabilità personali.
I fenomeni di violenza sono molto complessi e articolati e soprattutto hanno una storia e un significato. Sono numerosi gli esempi storici e le ricerche scientifiche che dimostrano come, per l’essere umano, l’aggressività non sia affatto qualcosa di “naturale”, non dipenda dal DNA e non risponda a dinamiche codificabili e che l’agire violento sia piuttosto un atto contestuale e non mai il mero risultato di innati e incoercibili processi biochimici.
Come ben spiega e documenta nel suo libro, “La bestia dentro di noi” Adriano Zamperini, docente di Psicologia della violenza, di Psicologia del disagio sociale e di Relazioni interpersonali all’Università di Padova: «…non esiste una presunta molla aggressiva alla quale ascrivere le azioni violente verso gli altri e non esistono supporti empirici che possano dimostrarla».
L’intervento sull’individuo violento
L’errore è proprio quello di lavorare troppo spesso sulla categoria piuttosto che sulle persone.
A riprova di questo, se prendiamo in considerazione la teoria dell’apprendimento sociale, secondo la quale i comportamenti violenti sarebbero frutto di modelli educativi appresi, trasmessi a livello intergenerazionale, possiamo coglierne facilmente i limiti.
Una vasta letteratura scientifica dimostra innanzitutto che non tutti i bambini cresciuti con genitori violenti e/o che abbiano subito abusi divengano poi adulti violenti, ma neppure nel caso contrario (ovvero di bambini violenti con genitori violenti), si può escludere a priori la variabile che le cause della violenza siano correlate ad altri e diversi fattori ambientali sfavorevoli.
Tantomeno è impossibile pensare di non prendere in considerazione, nell’essere umano, i fattori soggettivisia di rischio che di resilienza.
Una lettura esclusivamente sociologica, fondata soltanto sulla devianza, si traduce inevitabilmente in una forma vera e propria di “riduzionismo filosofico”, un grave problema ideologico che porta alla perdita della dimensione della complessità; l’individuo va compreso nel suo contesto e nella sua storia, e questo è terreno di specifica pertinenza della psicologia.
Non sono infatti concepibili modelli di intervento idonei ed efficaci sugli autori di violenza che non contemplino la variabile psicologica del fenomeno, la soggettività e il funzionamento della loro personalità.
Nel nostro Paese esiste una carenza profonda sull’intervento psicologico sul tema e, da questo punto di vista, quando si parla di relazioni maltrattanti, il cui meccanismo fondante è la distruzione dell’altro, occorre innanzitutto evidenziare che questo è assolutamente identico per uomo e donna.
Lo stesso termine violenza domestica, coniato negli anni ’70 e usato in modo generico dagli studiosi per indicare la violenza nella coppia matrimoniale, in cui la vittima era tipicamente la donna, oggigiorno viene utilizzato per designare qualsiasi atto di violenza tra partner, senza alcuna definizione a priori del genere dell’abusante e della vittima.
Altrettanto si può affermare per l’espressione Intimate Partner Violence (IPV), denominazione più recente, comparsa nel 2000 e maggiormente diffusa nella letteratura internazionale per connotare la violenza tra persone che abbiano, o abbiano avuto, una qualunque relazione intima (coniugi, fidanzati, partner occasionali, etc.). Ovviamente, al passo con i mutamenti sociali, non è più stato possibile concepire soltanto la coppia classica eterosessuale e la moglie tradizionalmente sposata quale esclusiva, possibile vittima dell’uomo.
Una lettura puntuale e profonda del comportamento violento, porta a identificarne le radici in due configurazioni relazionali tipiche e tra loro molto differenti, ovvero all’interno di una situazione di conflittualità di coppia molto elevata, caratterizzata dall’incapacità di separarsi, oppure in una struttura di personalità dell’autore di violenza francamente patologica. Se nel primo caso è la relazione disperante l’elemento fondante del maltrattamento, relazione che genera sofferenza e nella quale la violenza diventa l’espressione difensiva disfunzionale da un dolore antico destabilizzante che si rivive, nel secondo caso si tratta generalmente di un grave disturbo della personalità caratterizzato, secondo una chiara definizione di Caretti e Craparo del 2010, «da una condizione di aggressività istintuale e dall’incapacità di stringere una relazione oggettuale basata sulla reciprocità e sulla corrispondenza delle comuni emozioni», che conduce il soggetto ad agire una violenza unilaterale indipendentemente dalla relazione con quello specifico partner.
In conclusione, la psicologia, che per suo intrinseco mandato mai prescinde dagli individui, dalle loro relazioni, dalla loro mente e dalle loro storie, non può che negare ogni e qualsiasi definizione e/o classificazione dell’atto violento che escluda un’accurata indagine del soggetto e delle circostanze. Da ciò si evince definitivamente che l’essere umano di genere maschile nella sua generalità non umilia, picchia, o peggio ancora uccide il proprio partner poiché cela immancabilmente in sé un maltrattante, ma questo può accadere e, purtroppo accade, in condizioni specifiche e talvolta estreme che sarebbe importante imparare a riconoscere a fini preventivi, proprio perché caratterizzate da segnali precisi e ricorrenti.
Attraverso una richiesta precoce di aiuto, la psicologia può efficacemente intervenire nello spezzare la spirale della relazione violenta, così contribuendo alla diminuzione degli episodi di maltrattamento spesso ad esito letale di cui oggi constatiamo la crescita esponenziale.
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Gabriella Degli Esposti, eroina della Resistenza
https://www.unadonnalgiorno.it/gabriella-degli-esposti-eroina-della-resistenza/
Gabriella Degli Esposti, nome di battaglia Balella, è stata una partigiana eroina della Resistenza antifascista, insignita con la Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
Nata a Calcara di Crespellano, in provincia di Bologna il 1° agosto 1912, in una famiglia contadina di idee socialiste. Nel 1931 si trasferì a Castelfranco Emilia dove viveva col marito Bruno Reverberi, cascinaio comunista tra i primi organizzatori del movimento partigiano locale. La loro casa, dopo l’8 settembre 1943, divenne la base della Quarta Zona della Resistenza.Gabriella Degli Esposti ha partecipato ad azioni di sabotaggio e organizzato uno dei primi Gruppi di Difesa della Donna con cui aveva capeggiato le proteste del 13 e del 29 luglio 1944, quando, in centinaia scesero in piazza a Castelfranco Emilia per protestare contro la scarsità di alimenti e manifestare contro la guerra.Il 13 dicembre dello stesso anno, durante un rastrellamento fascista, volto a contrastare l’irrobustirsi delle organizzazioni della Resistenza nella zona, venne catturata in casa, picchiata e minacciata di morte davanti alle due figlie, nonostante fosse incinta, perché si rifiutava di dire dove fosse suo marito e trasferita a Castelfranco Emilia dove, insieme ad altri prigionieri, venne sottoposta a stringenti interrogatori e torture.Prima di essere uccisa, il 17 dicembre 1944, era stata seviziata orrendamente. Il suo cadavere fu ritrovato privo degli occhi, con il ventre squarciato e i seni tagliati.Il suo supplizio indusse molte donne della zona a raggiungere i partigiani, fu così che nacque il distaccamento femminile “Gabriella Degli Esposti”, forse l’unica formazione partigiana formata esclusivamente da donne.
La motivazione della Medaglia d’oro postuma che le venne assegnata dice: “Due tenere figliolette, l’attesa di una terza, non le impedirono di dedicarsi con tutto lo slancio della sua bella anima alla guerra di liberazione. In quindici mesi di lotta senza quartiere si dimostrava instancabile ed audacissima combattente, facendo della sua casa una base avanzata delle formazioni partigiane, eseguendo personalmente numerosi atti di sabotaggio e contribuendo alacremente alla diffusione della stampa clandestina. Accortasi di un rastrellamento, riusciva ad allontanare gli sgherri dalla propria casa per breve tempo e, incurante della propria salvezza, metteva al sicuro le figliole ed occultava armi e documenti compromettenti. Catturata, fu sottoposta alle torture più atroci per indurla a parlare, le furono strappati i seni e cavati gli occhi, ma ella resistette imperterrita allo strazio atroce senza dir motto. Dopo dura prigionia, con le carni straziate, ma non piegata nello spirito fiero, dopo aver assistito all’esecuzione di dieci suoi compagni, affrontava il plotone di esecuzione con il sorriso sulle labbra e cadeva invocando un’ultima volta l’Italia adorata. Leggendaria figura di eroina e di martire.”
Il 22 aprile 2006, sul greto del Panaro, in località Ca’nova di San Cesario – dove furono ritrovati i corpi di Gabriella Degli Esposti e dei suoi compagni di lotta e di martirio – è stato inaugurato un monumento, realizzato dagli e dalle studenti dell’Istituto “Pacinotti” di San Cesario sul Panaro.
Nel 2016, la figlia Savina Reverberi Catellani ha pubblicato il libro Gabriella Degli Esposti, mia madre – storia di una famiglia nella tragedia della guerra, affinché il grande coraggio di questa donna che ha subito atroci torture ed è stata trucidata a causa dei suoi ideali e per liberare il nostro paese dal nazifascismo, non venga mai dimenticato.
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L'AUTOBUS
prima parte
Si preannunciava davvero una serata molto interessante per Rossella quella per cui con cura si stava preparando.
Aveva infatti conosciuto Anto, un ragazzo che gli era piaciuto subito e con il quale era entrato immediatamente in sintonia.
Per quella sera erano rimasti che sarebbero andati a cena insieme e nella mente di Rossella, così come in quella di Anto, c’era l’idea di un dopo cena assai stimolante e, si sperava, piacevole per entrambi.
Uscita dalla doccia si guardò allo specchio e si trovò, come era ovvio che fosse, davvero in gran forma.
Trentacinque anni splendidamente portati: lunghi capelli scuri, non molto alta, ma un fisico notevole, magra, gambe affusolate, seno piccolo e culo tondo.
Tolse gli occhiali e optò per delle invisibili lenti a contatto: non voleva che quella sera i suoi occhi meravigliosi, fossero anche parzialmente nascosti dalle lenti.
Insomma, aveva davvero di che essere orgogliosa di sé e quella sera si piaceva particolarmente, cosa che non succedeva sempre, visto che era molto critica verso se stessa.
Dopo aver scelto con cura la lingerie e deciso il proprio outfit, Rossella si sentiva pronta per una serata magica.
Anche il ristorante scelto da Anto si era rivelato all’altezza delle sue aspettative, visto che l’aveva portata in un locale elegante, ma senza essere formale e dove soprattutto si mangiava molto bene.
La serata procedeva alla grande e, tra ammiccamenti e toccatine finte-innocenti, Anto aveva già stabilito il contatto fisico che era la premessa per una splendida continuazione di serata.
Mentre aspettavano il dessert, passò accanto al tavolo una ragazza che vide lui, si fermò e lo chiamò.
“Anto ciao, ma che ci fai qui?”
“Sara, carissima, è un po’che non ci vediamo! Come stai? Ah, Rossella, ti presento la mia amica Sara”.
Le due donne incrociarono gli sguardi per un lungo istante.
“Ciao Rossella, da quanto tempo”
Rossella, che aveva riconosciuto subito la ragazza, senza sapere perché, finse stupore.
“Sara, ma non mi dire che…, ma sei davvero tu?”
Anto guardò le due ragazze meravigliato.
“Ma voi due vi conoscete…”.
“Certo, quando eravamo ragazze, lei era la mia migliore amica, siamo praticamente cresciute insieme, poi però ci siamo perse di vista: ne è passato di tempo …”.
Sara era stata assai diplomatica in verità, perché nella realtà più che perdersi di vista, anni prima avevano litigato in maniera furibonda.
Erano davvero cresciute praticamente insieme, fin dal primo liceo.
Stavano assieme tutti i giorni, per tutto il giorno, sia a scuola che nel doposcuola e capitava spessissimo che l’una dormisse a casa dell’altra.
Erano davvero affiatatissime e si confidavano proprio tutto, anche i particolari più intimi, comprese le prime scoperte del proprio corpo, anche attraverso la masturbazione.
Fu quasi naturale quindi per entrambe che i primi approcci sessuali avvenissero tra di loro, così, una sera che i genitori di Sara stavano fuori a cena e loro erano da sole in casa, decisero di imparare a baciare esercitandosi tra di loro e rapidamente la cosa degenerò, visto che iniziarono a masturbarsi a vicenda, per poi finire per fare l’amore, cosicché quando smisero, ognuna aveva nella bocca il dolce sapore dell’altra e alla fine gli umori si mischiarono con un ultimo bacio appassionato.
Gli unici momenti in cui le due amiche si separavano erano quando Rossella, che aveva l’hobby della fotografia, si perdeva a girare per il paese, o nei boschi alla ricerca di foto interessanti.
Il rapporto tra di loro, ambiguamente oscillante tra amicizia e amore, andò avanti per alcuni anni, anche quando entrambe cominciarono ad avere le prime esperienze con i ragazzi.
Scoprirono così di non essere lesbiche, come avevano pensato, ma di preferire i rapporti con l’altro sesso, anche se tuttavia sapevano che quando avevano voglia di tenerezza, potevano sempre contare una sull’altra, con la consapevolezza che la loro intimità era un rifugio sicuro.
Amicizia e amore allo stesso tempo, sesso e tenerezza.
Questo andò avanti fin quando non successe il fattaccio.
Rossella era innamorata persa di Francesco, un bel ragazzo che però aveva consapevolezza di essere figo e quindi la trattava con sufficienza.
Stavano insieme, ma spesso il ragazzo preferiva la compagnia dei suoi amici, piuttosto che stare con lei.
A Sara invece quel ragazzo non piaceva per niente, le stava antipatico e non faceva altro che ripeterlo alla sua amica.
Riteneva anche che se la facesse con altre ragazze, ma, non avendo prove e nel timore di non essere creduta, non era mai diretta su questo argomento quando ne parlava con la sua amica.
Un pomeriggio, mentre Rossella girava per le campagne con la sua macchina, fotografica, alla ricerca di soggetti interessanti, vide da lontano la macchina di Francesco che era appartata, quasi nascosta da un boschetto. Si avvicinò furtiva, temendo che lui fosse in compagnia di qualche ragazza e purtroppo aveva ragione.
Quello che non immaginavo era che la ragazza in questione la conosceva fin troppo bene: Sara!
Sì sentì persa, voleva gridare, fuggire, invece l’unica cosa che le venne in mente, fu quella di imbracciare la macchina fotografica come fosse un fucile e, non vista, cominciò scattare foto ai due amanti.
Corse a casa a sviluppare le foto e appena furono pronte fece tante copie di quelle in cui Sara appariva nitidamente nelle pose più oscene e le appese in tutti gli angoli del paese frequentati dalla sua amica, accompagnata dalla scritta: ‘ecco la regina delle troie!’
In paese lo scandalo fu enorme e Sara sputtanata per sempre.
Per chi volesse continuare a leggerlo, può andare sul mio blog.
https://wp.me/sdtluR-lautobus
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balrad.hu
Queste signore polythycus!
4 - 6 minuti
Il ministro francese è finito sotto il fuoco politico dopo essere apparso sulla copertina di Playboy Anche il ministro del governo francese Marlene Schiappa è stato attaccato da membri del suo stesso partito dopo essere apparsa sulla copertina di Playboy, riporta la CNN. Schiappa, che è membro del governo dal 2017, non è nudo nella foto di copertina, ma in un lungo abito bianco, e la rivista include anche un'intervista di 12 pagine con lui in cui parla dei diritti delle donne e LGBTQ. L'immaginaria immagine di copertina qui sotto è un montaggio di Twitter.
Ça va c'est sobre! #MarneSchiappa #Playboy pic.twitter.com/MHzKDw2N4D— Jack Blag 🐝🔻🐢 (@BlagJack) 1 aprile 2023
In ogni caso, il politico è stato a lungo un sostenitore dei diritti delle donne, nel 2017 è diventato il primo ministro del Paese per l'uguaglianza di genere e ha guidato con successo una nuova legge sulle molestie sessuali che consente agli uomini che molestano le donne per strada di essere multati sul posto .donne. Dopo la sua pubblicazione, tuttavia, ha ricevuto critiche da molti membri dell'élite politica. Il primo ministro Elisabeth Borne ha detto che il suo coinvolgimento è stato "inappropriato, soprattutto in questo momento" (presumibilmente riferendosi alla crisi politica e sociale per la riforma delle pensioni ad ampio raggio e ampiamente attaccata).
Anche Sandrine Rousseau del Partito dei Verdi ha affrontato il ruolo, dicendo: "siamo nel mezzo di una crisi sociale, c'è la questione delle forze dell'ordine, le persone sono tra la vita e la morte".
Anche Jean Luc Mélenchon, che è arrivato terzo alle elezioni presidenziali del 2022, ha criticato il ministro, sebbene abbia anche menzionato che il presidente Macron ha rilasciato un'intervista alla rivista per bambini Pif Gadget. "Il presidente si esprime in Pif, il suo ministro in Playboy (...) La Francia sta scivolando", ha detto.
Sabato Schiappa ha risposto alle sue critiche in un tweet, dicendo: “Proteggere il diritto delle donne di controllare il proprio corpo, è ovunque e sempre. Le donne sono libere in Francia. Tutto il rispetto per i detrattori e gli ipocriti". (telex)
Il partito di Sanna Marin ha subito una pesante sconfitta alle elezioni finlandesi
L'ex ministro delle finanze Petteri Orpo, capo dell'opposizione di centrodestra Alleanza nazionale, ha annunciato la vittoria del suo partito alle elezioni parlamentari finlandesi di domenica, mentre il precedente primo ministro, Sanna Marin, ha ammesso la sua sconfitta elettorale. Nel suo discorso ai sostenitori del 53enne Petteri Orpo, ha affermato che è stato dato loro un forte mandato per attuare la loro politica.Oltre a elaborare il 97,7% dei voti, il suo partito può ottenere il 20,7% di consensi e quindi 48 mandati nella legislatura di 200 membri. I finlandesi anti-immigrazione (ex Veri finlandesi) hanno chiuso al secondo posto con il 20,1% dei voti (46 seggi), mentre il Partito socialdemocratico finlandese (SPD) di sinistra, il partito dell'attuale primo ministro Sanna Marin, ha vinto il 19,9 per cento (43 seggi). "A partire dal risultato, i negoziati volti a formare un nuovo governo della Finlandia si svolgeranno sotto la guida dell'Alleanza Nazionale"
Orpo ha sottolineato. Con i risultati dei tre partiti più forti attorno al 20 per cento, nessuna delle forze politiche riuscirà da sola a formare un governo. Tuttavia, il leader del partito con il maggior numero di voti è tradizionalmente il primo ad essere nominato per formare un governo. L'affluenza alle urne è stata del 71,9%. (atv)Il commento di Balrad.ru dopo "kunyera".
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Bal-Rad comm: Potremmo ancora avere l'opportunità di vedere il fascino del ministro gallico Marlene Schiappa in futuro - se lo desidera!
E la salvatrice finlandese Sanna Marin affronterà un altro...khm. - quindi come lo diciamo? – in una disposizione dei posti inventata per lui, invece della sedia di velluto del primo ministro finlandese! Il fallimento elettorale deve essere curato! Il che potrebbe essere più difficile della tua precedente capacità di seduta in ufficio, ma forse non ti dispiacerà!
Almeno puoi rilassarti un po'!
Copia da balrad.hu
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