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Gabriella Degli Esposti, eroina della Resistenza
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Gabriella Degli Esposti, nome di battaglia Balella, è stata una partigiana eroina della Resistenza antifascista, insignita con la Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
Nata a Calcara di Crespellano, in provincia di Bologna il 1° agosto 1912, in una famiglia contadina di idee socialiste. Nel 1931 si trasferì a Castelfranco Emilia dove viveva col marito Bruno Reverberi, cascinaio comunista tra i primi organizzatori del movimento partigiano locale. La loro casa, dopo l’8 settembre 1943, divenne la base della Quarta Zona della Resistenza.Gabriella Degli Esposti ha partecipato ad azioni di sabotaggio e organizzato uno dei primi Gruppi di Difesa della Donna con cui aveva capeggiato le proteste del 13 e del 29 luglio 1944, quando, in centinaia scesero in piazza a Castelfranco Emilia per protestare contro la scarsità di alimenti e manifestare contro la guerra.Il 13 dicembre dello stesso anno, durante un rastrellamento fascista, volto a contrastare l’irrobustirsi delle organizzazioni della Resistenza nella zona, venne catturata in casa, picchiata e minacciata di morte davanti alle due figlie, nonostante fosse incinta, perché si rifiutava di dire dove fosse suo marito e trasferita a Castelfranco Emilia dove, insieme ad altri prigionieri, venne sottoposta a stringenti interrogatori e torture.Prima di essere uccisa, il 17 dicembre 1944, era stata seviziata orrendamente. Il suo cadavere fu ritrovato privo degli occhi, con il ventre squarciato e i seni tagliati.Il suo supplizio indusse molte donne della zona a raggiungere i partigiani, fu così che nacque il distaccamento femminile “Gabriella Degli Esposti”, forse l’unica formazione partigiana formata esclusivamente da donne.
La motivazione della Medaglia d’oro postuma che le venne assegnata dice: “Due tenere figliolette, l’attesa di una terza, non le impedirono di dedicarsi con tutto lo slancio della sua bella anima alla guerra di liberazione. In quindici mesi di lotta senza quartiere si dimostrava instancabile ed audacissima combattente, facendo della sua casa una base avanzata delle formazioni partigiane, eseguendo personalmente numerosi atti di sabotaggio e contribuendo alacremente alla diffusione della stampa clandestina. Accortasi di un rastrellamento, riusciva ad allontanare gli sgherri dalla propria casa per breve tempo e, incurante della propria salvezza, metteva al sicuro le figliole ed occultava armi e documenti compromettenti. Catturata, fu sottoposta alle torture più atroci per indurla a parlare, le furono strappati i seni e cavati gli occhi, ma ella resistette imperterrita allo strazio atroce senza dir motto. Dopo dura prigionia, con le carni straziate, ma non piegata nello spirito fiero, dopo aver assistito all’esecuzione di dieci suoi compagni, affrontava il plotone di esecuzione con il sorriso sulle labbra e cadeva invocando un’ultima volta l’Italia adorata. Leggendaria figura di eroina e di martire.”
Il 22 aprile 2006, sul greto del Panaro, in località Ca’nova di San Cesario – dove furono ritrovati i corpi di Gabriella Degli Esposti e dei suoi compagni di lotta e di martirio – è stato inaugurato un monumento, realizzato dagli e dalle studenti dell’Istituto “Pacinotti” di San Cesario sul Panaro.
Nel 2016, la figlia Savina Reverberi Catellani ha pubblicato il libro Gabriella Degli Esposti, mia madre – storia di una famiglia nella tragedia della guerra, affinché il grande coraggio di questa donna che ha subito atroci torture ed è stata trucidata a causa dei suoi ideali e per liberare il nostro paese dal nazifascismo, non venga mai dimenticato.
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The cast of The Count of Monte Cristo limited series at Rome Film Festival, 19 October 2024
#the count of monte cristo#tcomc 2025#the count of monte cristo 2025#sam claflin monte cristo#sam claflin#gabriella pession#jeremy irons#bille august#karla-simone spence#michele riondino#nicolas maupas#meghane de croock#ramona von pusch#simone zambelli#carlo degli esposti#(at least i think that's who the old guy is between sam and jeremy)#(he's the producer)#rome film festival#no idea who this simone guy plays#mypost
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Calderara conquista l'Estorick con una ricca retrospettiva di arte italiana
Di Roberta Leotti Ben 50 opere messe a disposizione da Estorick Collection, Lysson Gallery e Fondazione Antonio e Carmela Calderara per la mostra Antonio Calderara: A Certain Light. Ce ne parla la curatrice Paola Bacuzzi. Nella ricca retrospettiva della Estorick Collection of Modern Italian Art l’arte di Calderara si riprende la scena. Da sempre la Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra è sede naturale di divulgazione dell’arte, ma anche mediatore di quel dialogo che si crea tra l’opera e i suoi fruitori. Non fa eccezione la mostra a cui siamo stati recentemente in occasione della serata per la stampa; sono le 50 opere di Antonio Calderara risultato della fruttuosa collaborazione tra la galleria Estorick Collection of Modern Italian Art, Lysson Gallery e la Fondazione Antonio e Carmela Calderara. Per chi come noi non conosceva l’artista lombardo se non attraverso ricerche online, ci auguriamo che quanto segue possa essere di aiuto a chi visiterà la mostra e per apprezzare questo artista un po’ sottovalutato a livello internazionale. Abbiamo avuto il piacere di aver avuto una guida d’eccezione: Paola Bacuzzi, Curatrice della Fondazione Antonio e Carmela Calderara. Alla nostra (infelice) domanda sul quadro preferito in esposizione, la dottoressa Bacuzzi si è soffermata sui di quadri del periodo degli anni trenta (sala 1). Come mai questa scelta? "In questo periodo lo stile di Calderara è in via di definizione, ma è un esordio brillante, perché c’è già tantissimo dell’Astrazione. Se da un lato Calderara è vicino al Realismo magico con queste atmosfere quasi sospese, rese quasi impalpabili da queste pennellate morbide e frante, dall’altro i luoghi e le persone perdono di identità". I quadri sono un rimando al suo lago d’Orta, ma potrebbe essere un qualsiasi luogo; lo stesso dicasi per il ritratto familiare. Sappiamo che è la sua famiglia, con la moglie in abito rosso, la figlia Gabriella, la madre e il tuttofare, ma perché i volti non hanno lineamenti? "L’assenza dei lineamenti sposta l’attenzione dal suo privato a una scena che può essere di una famiglia qualsiasi. In questo dipinto poi son ben visibili riferimenti a Morandi: le nature morte, i volumi. Nel figurativo di Calderara degli anni ’30, si può già capire che direzione prenderà (l'Astrattismo) a partire dalla scelta dei colori o la scelta compositiva dei volumi". Il che ha quasi dell’incredibile se pensiamo che Antonio Calderara fu per un breve periodo studente di ingegneria, ma pittore autodidatta. Come è possibile sviluppare, evolversi nello stile, considerando che era un artista alquanto stanziale? "Antonio Calderara non è mai stato a bottega è vero, ma ha sempre mantenuto contatti con la scena artistica milanese, sua fonte continua di aggiornamento". Dagli anni ’30 arriverà all’Astratto negli anni 50, un percorso che è legato a doppio filo con la sua vita privata. "Sicuramente la morte della figlia ha portato a profonde riflessioni sul finito ed infinito, sulla materia, se c’è un altrove in senso metafisico. Calderara passa progressivamente a semplificare il dato oggettivo, il dato reale; ha l’obiettivo di raggiungere l’assenza delle cose, abbandonare il particolare fino ad arrivare al grande salto degli anni ’60". La curatrice rimarca che i lavori più astratti sono tra gli anni ’60 e ’70 esposti nella sala 2 della galleria tra i quali, da una collezione privata, uno dei primi astratti dell’artista di Vacciago. Hanno strutture molto simili, può dirci se ci sono dei temi ricorrenti? "I temi sono diversi, ma alcuni ricorrono. Come gli opposti, le presenze, la tensione verso l’alto, la tensione ai margini. Vi potete aiutare dai titoli stessi delle opere, molti sono i soggetti che si ripetono. In tutti il colore è protagonista, anche in quelli quasi monocromatici, i quadri non sono mai piatti. Sono formati da tanti strati di pittura fino al raggiungimento dell’effetto prefissato: il niente che è il tutto". Come nei due dipinti ad olio gialli: Tensione Orizzontale A e Tensione Orizzontale B del 1972 sono disposti uno accanto all’altro. Quadri che sembrano essere uno speculare dell’altro. Così il dipinto che ha più profondità trova nella superficie dell’altro la sua completezza e annullamento. In altri come nei dipinti Costellazioni, la variazione ha qualcosa di quasi musicale. In questi l’influenza è frutto dell’amicizia con Enore Zaffiri (uno dei pionieri della musica elettronica in Italia); Calderara fa suo il principio della sua musica capace di creare qualcosa di nuovo con la minima variazione della stessa. Molti elementi dei quadri sono linee o quadratini (come nei primi astratti), ma nelle opere della fine degli anni ’70 diventano anche parole. Altro esempio di come altri artisti (di poesia visiva) con cui era in contatto finiscono per influenzare le sue opere (per approfondimenti il libro Epistolario, edizioni Abscondita, raccoglie le lettere che Calderara scambiava con altri artisti). "E’ in questo ultimo suo periodo, costretto a letto per problemi di salute, che dipinge per la prima volta diagonali nei suoi quadri. A rappresentare oltre che la precarietà di un momento, anche qualcosa che unisce, a collegare due livelli differenti". Calderara, un artista che merita di essere riscoperto. Alla Estorick Collection of Modern Italian Art fino al 22 dicembre. Per prenotazioni Estorick Collection of Modern Italian Art - Art Tickets. Prossimo appuntamento il tour Calderara Unlocked, sabato 19 ottobre e 16 novembre (per prenotarsi qui: Calderara Unlocked - Saturday Morning Tour - Estorick Collection of Modern Italian Art - Art Tickets) per scoprire qualcosa di piu' sulle opere e la vita di questo artista. ... Continua a leggere su
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Modena. Settimana di eventi Alla Tenda, Musica, Cinema e Rendering con Ottavia Piccolo
Modena. Settimana di eventi Alla Tenda, Musica, Cinema e Rendering con Ottavia Piccolo. Da lunedì 8 aprile, "Le parole delle partigiane", il tributo a De Andrè con i Desamistade e Crossoroads con la Sarti big band. Film in lingua e presentazione del libro "I calcagnanti". È una settimana densa di appuntamenti quella che si apre lunedì 8 aprile alla Tenda di viale Monte Kosica: nel programma, il reading con Ottavia Piccolo con le parole delle partigiane; il cinema con la proiezione in lingua originale del film "L'onda" e un documentario sulla vita in Senegal; la presentazione di "I calcagnanti", romanzo d'esordio di Nicolò Moscatelli e la musica con il tributo a De Andrè del gruppo Desamistade e il nuovo appuntamento con la rassegna "Crossroads – Jazz e altro in Emilia Romagna" e il concerto della Sarti Big Band. Lunedì 8 aprile, alle 18, in "Libere – Le parole delle partigiane", Ottavia Piccolo porta sul palco testimonianze sul ruolo decisivo svolto dalle donne nella Resistenza e nella costruzione dell'Italia democratica. L'attrice leggerà, tra gli altri, le parole delle partigiane Ibes Pioli "Rina", Aude Pacchioni "Mimma", Gina Borellini "Kira", Clelia Manelli "Clara", Ione Torricelli "Stella", Irma Marchiani "Anty", Savina Reverberi, figlia di Gabriella Degli Esposti "Balella". La selezione dei testi è curata da Caterina Liotti e Natascia Corsini. L'iniziativa è organizzata dal Centro documentazione donna di Modena in collaborazione con Cgi, Anpi e Istituto storico di Modena. Appuntamento al cinema mercoledì 10 e giovedì 11 aprile. Mercoledì, alle 20.30, nell'ambito della rassegna di cineforum promossa dal Centro linguistico di Ateneo di UniMoRe, sarà proiettato, in lingua originale con sottotitoli, il film "Die Welle" ("L'onda", in italiano), produzione tedesca del regista Dennis Gansel. Ambientato in Germania, il film racconta dell'esperimento di "regime dittatoriale" in cui un insegnante, dal passato di anarchico rockettaro, coinvolge i suoi studenti per spiegare loro il concetto di autocrazia. Per una settimana la classe dovrà rispondere unicamente agli ordini del professore e diventerà sempre più compatta. I ragazzi sviluppano un grande senso di appartenenza a un gruppo forte e diventano pericolosi, alimentando atti vandalici sia all'interno sia fuori dalla scuola fino a che l'esperimento va fuori controllo. Giovedì 11 aprile, alle 21, sarà proiettato il film documentario "Je m'appelle Teranga - Incontri, chiacchiere e storie di vita in Senegal" di Marco Antolini, nella serata in collaborazione con l'associazione Bambini nel Deserto. Sempre giovedì 11 aprile, alle 11, nuovo appuntamento con la rassegna "In dialogo con l'autore" proposta dall'associazione L'Asino che vola: Sandro Campani intervista Nicolò Moscatelli all'esordio con "I calcagnanti" (La Nave di Teseo, 2023) romanzo d'avventura, di formazione e insieme fiaba anarchica. Musica dal vivo nel fine settimana: sabato 13 aprile, alle 21, il tributo a Fabrizio De Andrè con il gruppo musicale Desamistade, nella serata promossa da Medici con l'Africa Cuamm di Modena e Reggio Emilia. Domenica 14 aprile alle 20.45, nuovo appuntamento con "Crossroads – Jazz e altro in Emilia-Romagna", il festival itinerante curato da Jazz Network. Sul palco la Sarti Big Band con lo spettacolo "Mingus" dedicato al grande contrabbassista e compositore Charles Mingus. La band è un'emanazione della scuola comunale di musica Sarti di Faenza ed è nata nel 1997 all'interno del laboratorio permanente per giovani musicisti chiamati a confrontarsi con i linguaggi dell'improvvisazione e con la musica contemporanea. L'ingresso al concerto è a pagamento: il biglietto intero costa 12 euro, (ridotto a 10 euro per under 25, over 65, soci Combo Jazz Club di Imola, soci Touring Club Italiano). I biglietti sono acquistabili in prevendita online: il link è disponile sul sito de La Tenda e sul sito di Crossroads. Per informazioni è possibile contattare Jazz Network al numero 0544/405666, e all'indirizzo email [email protected] Tutti gli eventi in programma nella struttura che fa capo all'assessorato alle Politiche giovanili del Comune di Modena sono a ingresso libero e gratuito, salvo dove diversamente specificato. Il programma completo è consultabile sul sito www.comune.modena.it/latenda e sulla pagina Facebook La Tenda.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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In Italia si sta come in Iraq:
Disturbate mentali, ladrone criminali, ignoranti, raccomandate, corrotte e bugiarde patologiche, che tolgono ogni lavoro alle persone sotto la facciata della cooperativa sociale, scelgono il personale sanitario per il proprio gradimento sessuale e fisico da portarsi a letto (l'età è solo un numero, una puttana resta puttana anche a 90 anni inoltrati): GABRIELLA BON, NON SMETTI MAI DI SORPRENDERE PER QUANTO DEGRADO RIVELI DI ESSERE. BRUTTA PUTTANA CON IL MARCIO E LA MUFFA NELLA SCATOLA CRANICA. LAIDA CRIMINALE IGNORANTE.
Psicologi Csm che si fingono psichiatri, oss psichiatriche che lavorano in ospedale, ladre che fanno l'oss, familiari violenti, esibizionisti sessuali e psichiatrici comprovati che hanno in mano i minori.
"Psicologhe" senza coscienza laureate ieri che svolgono il lavoro sporco della discriminazione lgbt, fraudolenza, scelta del personale sanitario per il gradimento di una puttana facilissima e senza mutande in poltrona e così capricciosa perché viziata nella vita causa raccomandazione dalla nascita. Tutto pagato profumatamente con la vita stessa degli altri. Vi auguro buchi strettissimi e non lubrificati, con dietro una fila come dio comanda, tante casse di legno e di non avere soldi neanche per i farmaci. La vita degli altri non vale di meno della vostra, pezzi di merda.
Un'educatrice #CSM che mortifica, deride e sminuisce la vera vittima di violenza e difende gli esibizionisti sessuali e violenti: SI DIFENDE SOLO CHI CONDIVIDE LE STESSE DEPRAVAZIONI E DISTURBI MENTALI. SEI DA PRENDERE E SBATTERE VIA A CALCI IN CULO, ALTRA PEZZA DI IGNORANTE DIMOSTRATA.
Un' "assistente sociale" con evidenti carenze mentali, umane e professionali, che VIOLA OGNI FORMA DI CONSENSO, VOLONTÀ, PRIVACY, SI SCHIERA DALLA PARTE DEI CARNEFICI ESPOSTI PER 3 DECADI DI VIOLENZA INCLUSE LE MINACCE DI MORTE E ABUSI SESSUALI E LA STESSA CERCA DI RICONGIUNGERE I RAPPORTI. Meglio morto per strada per la fame che con te, incapace, nullità, dannosa, incompetente e proprio disturbata mentale a quanto pare. AVERE A CHE FARE CON TE È FARSI VIOLARE INCONSAPEVOLMENTE OGNI LIBERTÀ O CONSENSO E PAGHARNE LE CONSEGUENZE PER LE TUE ALLEANZE CON CHI È CARNEFICE E IL TUO AGIRE ALLE SPALLE DELLE VERE VITTIME IN STATO DI DIFFICOLTÀ.
E vogliamo parlare del delinquente napoletano trasferitosi al nord che continua a fare il delinquente napoletano come se fosse ancora in Campania? Oreste, gnomo coglione pezzo di stronzo da galera, assieme al #Famila garantiva posti di lavoro duraturi per poi lasciare la gente nei debiti e a fare la fame.
Consiglio lavorativo dell'assistente sociale. Si è capito il tutto.
L'ex poliziotto arabo che esposto per decadi di violenza psicologica fino all'esibizionismo sessuale minaccia molteplici volte di morte chi lo espone e la passa liscia? Vergognoso e incredulo.
I servizi sociali dei minori che lasciano una bambina in mano a chi le perpetra violenza fisica e psicologica, hanno un passato altrettanto comprovato di tali violenze su altri familiari in altre generazioni, sono psichiatrici, bugiardi e depravati, anche sessuali E LA MINORE RESTA ANCORA IN MANO A QUESTI.
NEI PAESI ESTERI EVOLUTI VI AVREBBERO GIÀ SBATTUTI IN GALERA E BUTTATI IN UNA STANZA BIANCA IN UN CENTRO DI SALUTE MENTALE GESTITO DA PERSONE COMPETENTI, PERÒ.
QUESTO DEGRADO È TUTTO FIERAMENTE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA, PERCHÉ SIETE UNA BANDA DI IGNORANTI, PRIVILEGIATI, INCOMPETENTI, SUPERFICIALI E CORROTTI. NON TUTTI, MA SOPRATTUTTO CHI NON DOVREBBE ESSERLO. IL PROFUMO DEI SOLDI CON LA VITA DEGLI ALTRI E IL PROFUMO DELLA CORRUZIONE. NESSUN SOLDO PER LE MEDICINE E TANTISSIME CASSE IN LEGNO. DISTURBATI MENTALI A PIEDE LIBERO. "BASAGLIA, BASAGLIA" BASAGLIA SI SBAGLIAVA, CERTE PERSONALITÀ SONO ANCORA DA RINCHIUDERE E TENERE LONTANO DALLA SOCIETÀ. NON I VERI MALATI CON I DISAGI PSICHICI CHE SI PRESENTANO IN CURA, MA VOI DISTURBATI VERI E GRAVI SENZA DIAGNOSI CHE SEDETE IN POLTRONA INDISTURBATI, A GIOCARE CON LA VITA DEGLI ALTRI.
È RISAPUTO CHE L' #FVG È LA TERRA DELLA MALATTIA MENTALE, PECCATO CHE I VERI MALATI NON SIANO IN CURA E CHI DOVREBBE CURARE SI RIVELA MALATO.
NON SI INGANNA CHI VI VEDE PER CHI SIETE REALMENTE.
LA GENTE CHE SI AMMAZZA, NON È NON UN SINTOMO DI UNA MALATTIA: SI AMMAZZA PER BUONE RAGIONI, PER CAUSA DI INDIVIDUI ESATTAMENTE COME VOI, VOI CHE PROVATE VERI E PROPRI DISTURBATI MENTALI SENZA AVERE ALCUNA DIAGNOSI EPPURE SIETE COSÌ EVIDENTI E RENDETE LE VITE DEGLI ALTRI INCUBI E INFERNI QUOTIDIANI.
IL MONDO SAREBBE UN POSTO MIGLIORE SENZA DI VOI, NON SENZA DI NOI. INUTILI DEPRAVATI E MALATTIE MENTALI IN POLTRONA E A PIEDE LIBERO. SIETE DA VERE CAMICIA DI FORZA. FACCE DA CAZZO.
MIGLIAIA DI GIUSTIFICAZIONI A VIOLENZE, DEPRAVAZIONI E ABUSI PER CIÒ CHE NON È RAZIONALMENTE GIUSTIFICABILE. BANDA DI EMERITE VERE E PROPRIE NULLITÀ E SPRECHI DI OSSIGENO.
MA A QUANTO PARE, I VERI DISTURBATI MENTALI FATTI DI SOLO MARCIUME MENTALE CAMPANO SOLO DEI DANNI DA ARRECARE AGLI ALTRI E NON HANNO MAI INTENZIONE DI TOGLIERSI LA VITA, CONSAPEVOLI DEI DANNI CHE FANNO AGLI ALTRI, DELLA GIOIA CHE PROVANO QUANDO CIÒ ACCADE. AL VALORE VI DIMOSTRATE SEMPRE E SOLO IL NULLA PIÙ TOTALE ALLA SOCIETÀ E ALL'INTERA UMANITÀ. NON SIETE ALTRO CHE PARASSITI MALATI CHE CERCANO INFETTARE LA SOCIETÀ E INTACCARE I SANI. POVERI COGLIONI CHE FATE PIETÀ E NON VE NE RENDETE CONTO.
GABRIELLA BON
FRANCESCA ANGELUCCI
SCOVINO LIVIA, LE VIOLENZE SULLA MINORE SI PAGANO CARE
MARELLO LUCIANO
ALESSANDRA GAVA
SIMONA AGOSTINIS
MARCO VISINTIN
CHERUBINA DI PONZIO, LE VIOLENZE SULLA MINORE SI PAGANO DARE
SCOVINO LUIGI, LE VIOLENZE SULLA MINORE SI PAGANO CARE
ORESTE E IL #FAMILA
E TANTI ALTRI INDIVIDUI IN #FVG. CHE VANTO E QUANTA LIBERTÀ.
#italia#trieste#cooperativa sociale#lgbt free#diritti#fvg#soldi#criminalità#friuli venezia giulia#ospedale#Csm#Oss#Psicologia
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Violentata, nonostante fosse incinta, prima le strapparono gli occhi e i seni e infine la pugnalarono al ventre per poi fucilarla. È ciò che accadde a Gabriella degli Esposti, vittima delle atrocità naziste.
“Io, urlando, mi rivolsi a lei: Mamma, cosa devo fare? Nulla! - rispose lei -. Non ti preoccupare. Penso a tutto io. E con un sorriso dolce mi mandò un bacio mentre i suoi aguzzini me la portavano via per sempre.”
Così Savina ricorda le ultime parole che le rivolse sua madre mentre le SS guidate dall'ufficiale Schiffmann la trascinavano via da casa. Era il 13 dicembre 1944. Gabriella Degli Esposti prima di essere fermata dentro la sua abitazione era riuscita ad avvisare i partigiani della zona della retata in corso. Già tra le mura domestiche l’avevano percossa con violenza davanti alla figlia affinché denunciasse l’ubicazione dei suoi compagni.
Nello stesso giorno poi la portarono a Castelfranco, dove fu identificata da alcune spie e torturata per giorni. Ma “Balella”, questo il suo nome di battaglia, non cedette. E così la condussero a San Cesario, sul letto del fiume Panaro, la seviziarono e l’ammazzarono.
Fu proprio l’eroismo e il coraggio di Balella a motivare tante donne nella zona di Modena ad aderire alla Resistenza. E in sua memoria nacque il distaccamento Gabriella Degli Esposti, l’unico composto esclusivamente da combattenti donne che partecipò attivamente a varie azioni fino alla Liberazione.
Per saperne di più, consiglio la lettura di “Partigiani Contro - La Resistenza oltre la narrazione istituzionale”.
Fonte fb😪
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La ritrovarono senza gli occhi, con il ventre squarciato, la testa rasata. I tedeschi l'avevano torturata per due giorni, anche se era incinta. Volevano sapere dove fosse il marito, partigiano come lei. Gabriella Degli Esposti non aveva parlato. Era una donna forte e grazie a lei tempo prima si era organizzata una manifestazione, a Castelfranco in Emilia. Era così forte da non tirarsi indietro dalla lotta di liberazione neanche in stato di gravidanza. Per questo la uccisero oggi, il 17 dicembre, torturandola per ore. Fu uno degli assassini più barbari. Perché quelli erano barbari. Della peggior specie. Devastazioni, infamie e dolore lasciarono i tedeschi in Italia, in ogni dove. E spesso con lo squallido e vigliacco aiuto di altri italiani, gli unici veri traditori che aiutarono i tedeschi a massacrare innocenti. Nel ricordo di donne come Gabriella, il ricordo della loro forza. E il ricordo della barbarie che mai più dovrà ripetersi Leonardo Cecchi
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I NAZISTI TOLSERO GLI OCCHI, SQUARCIARONO IL VENTRE E TAGLIARONO I SENI ALLA PARTIGIANA GABRIELLA DEGLI ESPOSTI MENTRE ERA INCINTA. IN SUA MEMORIA TANTE DONNE SI UNIRONO ALLA RESISTENZA E FORMARONO UN DISTACCAMENTO COMBATTENTE TUTTO FEMMINILE <<Io, urlando, mi rivolsi a lei. Le chiesi: “Mamma, cosa devo fare?” “Nulla!” rispose lei, “Non ti preoccupare. Penso a tutto io.” E con un sorriso dolce mi mandò un bacio mentre i suoi aguzzini me la portavano via per sempre.>> Così Savina ricorda le ultime parole che gli rivolse sua madre mentre le SS guidate dall'ufficiale Schiffmann la trascinavano via da casa. Era il 13 dicembre 1944. Gabriella Degli Esposti prima di essere fermata dentro la sua abitazione era riuscita ad avvisare i partigiani della sua zona della retata in corso. Già tra le mura domestiche, nonostante fosse incinta, i nazisti l’avevano percossa con violenza davanti alla figlia affinché denunciasse l’ubicazione dei suoi compagni. Nello stesso giorno poi la portarono a Castelfranco dove fu identificata da alcune spie fasciste e torturata per giorni. Ma “Balella”, questo il suo nome di battaglia, non cedette. E così il 17 i nazisti la condussero a San Cesario sul letto del fiume Panaro, la seviziarono e l’ammazzarono. Le strapparono i capelli, le tolsero gli occhi, le squarciarono il ventre e le tagliarono i seni. Difficile dire cosa avvenne prima e cosa dopo la fucilazione. Il suo corpo e quello di altri nove compagni, ormai in decomposizione, vennero ritrovati giorno dopo. Li riconobbero solo grazie agli abiti che indossavano. Era sempre stata antifascista Balella così come suo marito Bruno Reverberi. Lei contadina e lui cascinaio, non avevano esitato al momento opportuno a trasformare la propria casa in una base della Resistenza nel modenese. Gabriella, attivissima, aveva partecipato in prima linea tanto agli scioperi contro la guerra e per il pane svoltisi a Castelfranco nell’estate del 1943, quanto alla formazioni dei Gruppi di Difesa della donna, un’organizzazione prettamente femminile che operava nell’ambito della guerra partigiana.... Tratto da un post di Cannibali e Re . . #GabriellaDegliEsposti #cannibaliere https://www.instagram.com/p/CDVbU7yKHpF/?igshid=cwlnkayo7vp5
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“Teatro e Teatranti”
Mostra alla Biblioteca nazionale di Napoli
L’ultimo Pulcinella si congeda dal pubblico. Standing ovation di platea e due ordini di palchetti per Salvatore De Muto, in uno scatto in bianco e nero degli anni Quaranta. Un’immagine rara, che fa da locandina a “Teatro e teatranti”, mostra nelle Sale pompeiane della Biblioteca nazionale. In rassegna, fino al 4 maggio (ingresso libero) più di cento preziosità, tra immagini, copioni, documenti, libri Rappresentano solo un assaggio del grandissimo patrimonio della Lucchesi Palli, biblioteca donata alla Nazionale nel 1888 e aperta al pubblico nel 1905. L’allestimento è a cura di Gennaro Alifuoco (responsabile del fondo) assieme a Maria Gabriella Mansi, che guida la sezione dei manoscritti rari. L’esposizione comprende sei teche, ognuna dedicata ad un tema specifico. La prima custodisce antichi testi del Seicento dedicati alla Commedia dell’arte, fino alle edizioni settecentesche delle opere di Goldoni. La seconda bacheca approfondisce la storia del conte Eduardo Lucchesi Palli e del suo imponente archivio teatrale. “Era lui stesso un attore - dice Alifuoco - Aveva la sua compagnia nel Palazzo Giroux di via Chiaia”. Uno scatto di inizio Novecento ritrae anche Salvatore Di Giacomo, che diresse la Lucchesi Palli per oltre trent’anni. Accanto, una lettera di Eleonora Duse, indirizzata al precedente direttore, Achille Torelli, sulla solitudine dell’attore. La terza teca ha per protagonista Pulcinella. Le testimonianze fotografiche, straordinarie, insistono sugli ultimi tre attori che interpretarono il personaggio in scena: Antonio Petito, Giuseppe De Martino e Salvatore De Muto. Quest’ultimo, donò simbolicamente la maschera a Eduardo De Filippo nel 1951 (gesto ritratto in un’immagine al centro della teca). Tra locandine, copioni originali e foto della compagnia teatrale del San Carlino, storico teatro ai piedi del Maschio Angioino, abbattuto durante il Risanamento (in cui si esibì anche Scarpetta), spicca una lettera di Peppino De Filippo al “maestro” De Muto: gli chiede di poter portare in scena il copione di “‘O pignatiello ‘e Vavella”, di cui sono esposti anche due costumi di scena. Ancora, il viaggio prosegue in una sezione dedicata a Raffaele Viviani. “Possediamo - sottolinea Alifuoco - l’intero fondo che documenta la carriera del grande drammaturgo”. Ed eccolo lì, il frac che Viviani indossò in scena a 4 anni, assieme alla sorella Luisella. Ancora, i copioni originali de “I Pescatori” e de “I dieci comandamenti”. Da qui, si passa ad un segmento rivolto al teatro di rivista (con tanto di rarissima foto di Titina De Filippo nello spettacolo di varietà “Eva”) e alle prime sale cinematografiche in città. Anche il Mercadante, allora, associava ad una programmazione teatrale proiezioni e film. L’ultima bacheca è sui grandi attori che hanno recitato a Napoli, immortalati in incisioni (metà Ottocento) o bianco e nero d’antan. Splendido il ritratto di Sarah Bernhardt. Ci sono anche Totò, Sophia Loren e Vittorio De Sica. In basso, Achille D’Angelo, conosciuto come “il mago di Napoli” per le sue doti di guaritore. Pare che anche Marilyn Monroe si sia rivolta alle sue arti
di PAOLO DE LUCA
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Un giorno senza
domenica 1 Luglio 2018 un progetto di Angelo Ricciardi
Domenica 1 Luglio 2018 sarà Un giorno senza.
Con l’avvento dei social le informazioni sono aumentate in maniere esponenziale, sono vere e false, danno paradossali risultati di dis-informazione e anti- univocità. In giro c’è troppo. Troppe cose. Una tendenza all'eccesso cui il mondo dell’arte non sembra essere immune.
Un giorno senza vuole essere un momento di pausa, un intervallo, una azione tangibile di riflessione: una giornata dedicata all’assenza di opere.
Si asterranno pertanto dal lavoro, gli artisti:
Paolo Aldi, Francesco Aprile, Angelika Arendt, Michele Attianese, Emanuele Benedetti, Paolo Berardinelli, József Bìró, Elisa Bollazzi Microcollection, Alessandra Borsetti Venier, Rolland Caignard, Francesca Capasso, Gabriella Cardazzo, Alberto Casiraghy, Philippe Castellin, Guillaume Charpaud-Helie, Luca Coser, Pablo Echaurren, Rita Degli Esposti, Bruno Di Lecce, Danilo Donzelli, Giuseppina Esposito, Emilio Fantin, Luc Fierens, Franco Fiorillo, Giovanni Fontana, Nicola Frangione, Matteo Fraterno, Licia Galizia, Gianluca Garrapa, John Gian, Kirby Gookin, Coco Gordon, Meri Gorni, Satoshi Hirose, Rosaria Iazzetta, Francesco Impellizzeri, Dino Izzo, Robin Kahn, Kevin Kaplicki, Laure Keyrouz, Adriana Kobor, Roman Korzhov, Nelya Korzhova, Alexandros Kyriakides, Little Shiva, Claudia Mangeli, Umberto Manzo, Diego Marques, David Medalla, Maria Mesch, Sabrina Mezzaqui, Pino Modica, Cristiana Moldi-Ravenna, Angelo Demitri Morandini, Angelo Mosca, Steffen Mueller, Lada Nakonechna, Adam Nankervis, Marcus Neufanger, Giancarlo Norese, Anna Nutini, Claudia Olendrowicz, Thomas Olze, Vito Pace, Bibiana Padilla Maltos, René Pascal, Linda Pelati, Ivan Piano, Antonio Picardi, Stephen Piccolo, Benoit Piret, Hugo Pontes, Angelo Ricciardi, Anton Roca, Mimmo Roselli, Roberto Rossini, Vincenzo Rusciano, Antonio Sassu Gruppo Sinestetico, Christoph Szalay, Wieslaw Szuminski, Nello Teodori, Thierry Tillier, Adriana Torregrossa, Cecil Touchon, Silvia Vendramel, Martial Verdier, Cesare Viel, Ciro Vitale, Elisa Vladilo
Un giorno senza, sarà presentato sabato 29 settembre allo Studio Tommaseo di Trieste alle ore 18.30.
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Le donne della Resistenza
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Non si sottolinea mai abbastanza il ruolo che hanno avuto le donne nella Resistenza italiana.
Sono state settantamila, forse molte di più. Eppure, il loro ricordo è entrato solo recentemente nella storia ufficiale.
Molte di quelle che vi hanno partecipato non hanno chiesto un riconoscimento, perché sentivano di aver fatto solo il loro dovere.
Alcune delle loro azioni di massa hanno ottenuto risultati importanti: si pensi alle donne che, nella Napoli occupata del settembre 1943, impediscono i rastrellamenti degli uomini, facendo letteralmente svuotare i camion tedeschi già pieni, e innescando la miccia dell’insurrezione cittadina.
Oppure, alle cittadine di Carrara che, nel luglio 1944, resistono agli ordini di sfollamento totale impedendo ai tedeschi di garantirsi una comoda via di ritirata verso le retrovie della linea Gotica.
Nella maggior parte dei casi le partigiane hanno fatto le staffette: portavano cibo, armi, riviste, materiali di propaganda. Rischiavano la vita, torture e violenze sessuali. Non erano quasi mai armate, quindi non si potevano difendere. In molte, hanno avuto ruoli di protezione dei partigiani: li nascondevano, li curavano, portavano loro i viveri nei nascondigli, si preoccupavano della loro sopravvivenza. Altre, in numero minore, hanno partecipato direttamente alla lotta armata.
La resistenza senza le staffette non sarebbe stata possibile, eppure, dopo la guerra in poche chiesero il riconoscimento di partigiana perché bisognava aver partecipato alla lotta armata per almeno tre mesi all’interno di un gruppo organizzato riconosciuto.
Le donne che hanno ricevuto medaglie d’oro al valore per le loro azioni durante la resistenza sono state solo diciannove: Irma Bandiera, Ines Bedeschi, Gina Borellini, Livia Bianchi, Carla Capponi, Cecilia Deganutti, Paola Del Din, Anna Maria Enriquez, Gabriella Degli Esposti Reverberi, Norma Pratelli Parenti, Tina Lorenzoni, Ancilla Marighetto, Clorinda Menguzzato, Irma Marchiani, Rita Rosani, Modesta Rossi Polletti, Virginia Tonelli, Vera Vassalle, Iris Versari, Joyce Lussu.
Molte di loro scrissero delle autobiografie, tra queste: Libere sempre di Marisa Ombra, Con cuore di donna di Carla Capponi, Portrait di Joyce Lussu, La ragazza di via Orazio di Marisa Musu, Autobiografia di Maria Teresa Regard.
Nei libri di storia si accenna appena alla partecipazione delle donne alla Resistenza, sebbene il loro apporto sia stato determinante nell’organizzazione delle formazioni partigiane, entrando a far parte di diritto nella storia della Liberazione nazionale.Si occupavano della stampa e propaganda del pensiero d’opposizione al nazifascismo, attaccando manifesti o facendo volantinaggio, curando collegamenti, informazioni, trasportando e raccogliendo documenti, armi, munizioni, esplosivi, viveri, scarpe o attivando assistenza in ospedale, preparando documenti falsi, rifugi e sistemazioni per i partigiani.
La Società italiana delle storiche e gli istituti storici della resistenza hanno fatto un lavoro di ricerca importante a partire dalla fine degli anni ottanta, cosa che ha spinto molte protagoniste della resistenza a condividere le loro memorie e a renderle pubbliche.
Dovremmo ricostruire i fili biografici di queste donne – la maggior parte delle quali è oggi scomparsa – per permetterci di raccontare quello che finora è stato taciuto.
Trentacinquemila furono le partigiane, inquadrate nelle formazioni combattenti; 20.000 le patriote, con funzioni di supporto; 70.000 in tutto le donne organizzate nei Gruppi di difesa; 16 le medaglie d’oro, 17 quelle d’argento; 512 le commissarie di guerra; 683 le donne fucilate o cadute in combattimento; 1750 le donne ferite; 4633 le donne arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti; 1890 le deportate in Germania.
Questi i numeri dati dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia della Resistenza al femminile, una realtà ancora troppo poco conosciuta e studiata. Dati numerici non completamente attendibili, poiché la maggior parte di essi si ricava da riconoscimenti ufficiali e “premiazioni” assegnate a guerra conclusa sulla base di criteri militari, in cui la maggioranza non rientrava o non si riconosceva.
È importante sottolineare che le donne della resistenza non si affiancarono ai loro compagni soltanto con il ruolo di cura attribuito loro dalla memorialistica e dalla storiografia ufficiale, né si può più dire che esse stavano ai margini della lotta di liberazione, esse ne furono protagoniste. L’azione femminile, oltre alla direzione dettata dalla necessità di dare assistenza ai partigiani, attraverso molteplici attività materiali, si orientava anche politicamente: numerosissime donne, di ogni estrazione sociale, operaie, studentesse, casalinghe, insegnanti, in città, così come in campagna, organizzarono veri e propri corsi di preparazione politica e tecnica, di specializzazione per l’assistenza sanitaria, per la stampa dei giornali e dei fogli del Comitato di Liberazione Nazionale.
La seconda guerra mondiale ha permesso alle donne di emergere dall’anonimato trasformandole in soggetti storici visibili, nell’esperienza di sostegno e solidarietà offerta all’azione partigiana.
La Resistenza, per queste donne, non significò soltanto impugnare un moschetto, ma la conquista della cittadinanza politica.
Il desiderio di liberarsi dai tedeschi si intrecciava con quello di conquistare la parità con l’uomo: fu allora che la donna acquistò la consapevolezza del proprio valore e delle proprie capacità, derivante dalla rottura del sistema di controllo sociale causata dalla guerra.
Si trattò di una guerra nella guerra, della battaglia per la loro emancipazione dopo una millenaria subordinazione. La motivazione politica portò a un risultato importantissimo: la richiesta di un riconoscimento di un ruolo pubblico nel nuovo sistema democratico, fino ad allora negato alla donna da una società prevalentemente maschilista.
Il ruolo della donna nella Resistenza non è mai stato studiato con sufficiente serietà.
La partecipazione alle lotte partigiane le spinse a essere protagoniste, ad assumersi responsabilità storiche dirette, a uscire dai moduli di un dovere solo domestico. L’esperienza resistenziale, comportò anche altri elementi di novità: l’influenza sul carattere dell’appello al coraggio fisico e alla resistenza psichica, l’obbligo di prendere rapidamente decisioni drammatiche, lo sviluppo di capacità di controllo e di operatività in campi ignoti, l’ampliarsi del sentimento di solidarietà e il divenire prassi attiva di una conoscenza collettiva di classe.
La lotta partigiana vide le donne nei Gap (Gruppi d’azione partigiana), nelle Sap (Squadre d’azione partigiana) e in montagna, nell’organizzazione di scioperi e agitazioni esclusivamente femminili (si pensi alle grandi manifestazioni seguite a Torino alla morte delle sorelle Arduino) nelle carceri, sotto la tortura (senza parlare), nella diffusione della stampa clandestina (le messaggere erano quelle che, mimetizzandosi e mettendo a repentaglio le loro vite, hanno superato le linee tedesche per stabilire un contatto fra loro i compagni d’arme).
Simbolo della loro opera è una comune borsa da spesa, nella quale nascondevano sotto frutta e verdura, le informazioni cifrate dei partigiani, nelle pericolosissime missioni di collegamento.
Con l’occupazione nazista dell’Europa, furono centinaia le partigiane jugoslave, francesi e italiane a cadere sul campo di battaglia, armi in pugno.
Oppure fucilate, come Lina Bandiera e Ines Bedeschi. O Irma Marchiani, messa al muro vicino a Modena, dopo l’evasione dalla prigione tedesca. E ancora: Gina Borellini ferita in battaglia nell’aprile del ’45, Ancilla Marighetto, uccisa in combattimento a soli 18 anni sui monti di Trento. Nel 1944 cadde in battaglia Rita Rosani, fondatrice, a Verona, del battaglione partigiano “Aquila”. Paola Del Din fu l’unica donna a lanciarsi con il paracadute, in una missione sulle montagne di Belluno.
Le donne partigiane seppero potenziare il coraggio maschile con l’esempio, la scelta di affrontare un nemico feroce, la dedizione, il loro sguardo e sorriso.
Non dobbiamo mai permettere che il loro apporto alla liberazione del paese, cada nel dimenticatoio.
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CORONAVIRUS Ecco le regole per evitare il contagio
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CORONAVIRUS Ecco le regole per evitare il contagio
CORONAVIRUS Ecco le regole per evitare il contagio
CORONAVIRUS Ecco le regole per evitare il contagio Lente Locale
R. & P.
“La pelle può costituire un ricettacolo di germi potenzialmente pericolosi e a questi possono aggiungersi virus e batteri che circolano nell’aria o con cui veniamo in contatto toccando le più diverse superfici. Una adeguata igiene dell’epidermide mirerà a rimuovere la flora transitoria, mantenendo intatta la flora residente che ha importanti funzioni protettive e di barriera.”
La professoressa Gabriella Fabbrocini, direttore di Dermatologia e Venereologia presso l’Università degli Studi ‘Federico II’ di Napoli, spiega come e perché la nostra epidermide potrebbe essere a rischio Coronavirus soprattutto se si viaggia spesso in aereo. Di seguito le 5 regole dell’esperta per prevenire il virus:
1) “Lavarsi spesso le mani quando ci troviamo in luoghi affollati come gli aeroporti rallenterebbe in modo significativo la corsa dei patogeni, nonostante la via di trasmissione principale siano le vie aeree. Lo studio pubblicato sulle pagine della rivista tedesca Risk Analysis il 23 dicembre 2019, avrebbe individuato una possibilità di resistenza per 9 giorni sugli oggetti che tocchiamo. I viaggiatori affrontano in modo superficiale il tema dell’igiene delle mani, pensiamo per esempio ai braccioli delle sedie, le maniglie dei bagni, i banchi dei check-in, che sono toccati ogni giorno da milioni di persone provenienti da ogni parte del mondo. Solo il 20% di chi transita negli scali ha mani pulite, ossia lavate con acqua e sapone per almeno 15 secondi nell’ultima ora. Il rimanente 80% è potenziale diffusore di patogeni nel tempo che intercorre tra un volo e l’altro.”
2) “È necessario lavarsi con acqua e sapone o con disinfettanti a base di alcol e asciugarsi con cura strofinando palmi, dorsi e l’interno delle dita. Secondo l’Oms la formula dei disinfettanti in gel ha meno efficacia rispetto a quelli che contengono alcol in una concentrazione tra il 60% e il 95%. In caso di viaggi frequenti esistono comuni saponi liquidi che contengono delle sostanze antibatteriche ammesse anche in alcuni cosmetici in quantità limitate, come ad esempio il triclosan:è importante ribadire che non c’è necessità in condizioni di vita normale di utilizzare tali prodotti (perché acqua e sapone sono sufficienti), a maggior ragione perché sono stati sollevati dei dubbi sia sulla loro sicurezza, sia sulla loro sostenibilità ambientale. Inoltre, l’uso prolungato sulle persone potrebbe favorire nei batterilo sviluppo di resistenze nei confronti di questi prodotti aumentando il rischio di infezioni”.
3) ”Pulizia sì ma senza essere maniacali. I lavaggi compulsivi possono alterare la natura strutturale della pelle distruggendone i microrganismi buoni, con il rischio di essere ancora di più esposti a infezioni, ma anche dermatiti sia irritative che allergiche. I prodotti a base di alcol hanno lo svantaggio di seccare molto la pelle.”
4) “Attenzione alla temperatura dell’acqua che non deve essere troppo alta per evitare di estrarre grassi dall’epidermide, danneggiando la struttura del film idrolipidico, un’altra barriera importante contro i microbi.”
5) ”Non mangiarsi le unghie e le pellicine affinchè non si creino microferite. Infine, maggiore attenzione per chi soffre di dermatite atopica e ha una pelle infiammata e quindi a rischio di contrarre le comuni infezioni.”
Conclude la prof.ssa Gabriella Fabbrocini.
CORONAVIRUS Ecco le regole per evitare il contagio Lente Locale
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R. & P. “La pelle può costituire un ricettacolo di germi potenzialmente pericolosi e a questi possono aggiungersi virus e batteri che circolano nell’aria o con cui veniamo in contatto toccando le più diverse superfici. Una adeguata igiene dell’epidermide mirerà a rimuovere la flora transitoria, mantenendo intatta la flora residente che ha importanti funzioni protettive […]
CORONAVIRUS Ecco le regole per evitare il contagio Lente Locale
Francesca Cusumano
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ASCOLI PICENO – E’ stata senza dubbio più bella edizione del Winter Trail Colle San Marco sopra Ascoli Piceno. Premiato il lavoro degli organizzatori dell’Avis Ascoli Marathon che hanno beneficiato della bella giornata di sole ad accompagnare lo svolgimento di questa edizione filata via senza intoppi.
In 300 hanno optato per la competitiva di 15 chilometri, una cinquantina i runners meno allenati che hanno scelto la non competitiva di 6 chilometri nonostante qualche piccola insidia legata ai tratti ghiacciati non esposti al sole in entrambi i tracciati.
Col tempo generale di 1.11’57” il primo a presentarsi sul traguardo per la competitiva è stato Giorgio Lampa (Atletica Filottrano) che ha rifilato 1’24” al secondo classificato Giordano Carassai (Bike Team Monti Azzurri), a 3’18” terza piazza assoluta per David Marcantoni (The Total Training).
Primati di categoria nella medesima gara per Gaetano Presutti (Individuale – 1°M40/44), Giovanni Vespa (Sci Club Villa Celiera – 1°M18/34), Vincenzo Del Villano (Individuale – 1°M45/49), Alessio Ghergo (Atletica Avis Sarnano – 1°M35/39), Maurizio Quatraccioni (Atletica Cologna Spiaggia – 1°M50/54), Maurizio Filipponi (Nuova Podistica Centobuchi – 1°M55/59), Angelo Esposto (Asa Ascoli Piceno – 1°M60/64) e Nazareno Cicarilli (Polisportiva Acli Macerata – 1°M65+).
Tra le donne, affermazione di Letizia Ambrosini (Pol. Dil. Santa Lucia) con solo 30 secondi di margine sulla seconda classificata Marina Valeria Coccia (Avis Ascoli Marathon), terzo posto ad appannaggio di Barbara Iacone (Pretuzi Runners Teramo), tra le migliori in evidenza anche Valeria Empoli (Bergamo Stars Atletica – 1°F18/34), Gabriella D’Eugenio (Individuale – 1°F45/49), Sara Sensini (Molon Labe Asd – 1°F35/39), Giuseppina Franzone (Let’s Run For Solidarity – 1°F55+), Monya Cimini (S.E.F. Stamura Ancona – 1°F50/54) e Giuseppina Piccaluga (Atletica Ama Civitanova – 1°F40/44).
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Sarà intitolata alla poetessa e narratrice Sibilla Aleramo il nuovo Polo Culturale che sarà presto inaugurato a Ravarino. A scegliere il nome i ragazzi del paese, quelli nati nel 2000 e quelli tra i 19 e 25 anni, chiamati a raccolta dall’Amministrazione comunale nel maggio 2018. In questi mesi i ragazzi hanno fatto ricerche su personalità che rappresentassero progresso, legalità, rispetto, empatia, curiosità.
Tre le proposte portate all’attenzione del consiglio comunale aperto, in Teatro a Ravarino qualche settimana fa: Maria Montessori, Gabriella degli Esposti, Sibilla Aleramo.
Al termine del consiglio la sindaca Maurizia Rebecchi ha riunito la giunta che ha deliberato l’intitolazione scegliendo il nome di Sibilla Aleramo.
«Tutte le personalità proposte – spiega il documento della Giunta – hanno le caratteristiche e lo spessore per essere scelte, ma una più di altre può riassumere e interpretare con il proprio percorso di vita e letterario non solo gli obiettivi di cultura e conoscenza propri di una Biblioteca e di un Polo Culturale, ma anche temi e problemi di tutta l’umanità».
Una vita tormentata che trova nella letteratura un motivo di esistenza e di emancipazione quella di Sibilla Aleramo, il cui vero nome era Marta Felicina Faccio, che ben si addice ad un luogo dedicato alla cultura e ai giovani.
Il nuovo Polo avrà anche la biblioteca e sorgerà in centro storico. Ai due corpi principali dell’edificio, in fase di ultimazione, si aggiungeranno i lavori del secondo stralcio, che prevede anche uno spazio museale. La sua realizzazione è costata 1.094.880, di cui 300mila della Regione nell’ambito del Piano organico per il recupero dei centri storici colpiti dal sisma 2012, e 250mila della Fondazione CRModena.
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Ravarino, la biblioteca sarà intitolata a Sibilla Aleramo Sarà intitolata alla poetessa e narratrice Sibilla Aleramo il nuovo Polo Culturale che sarà presto inaugurato a Ravarino. 261 more words
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Lei era Gabriella Degli Esposti. Medaglia d’oro al valore militare. Partigiana e antifascista modenese. Nome di battaglia “Balella”. Origini socialiste, marito comunista. Dopo l'8 settembre 1943, assieme al marito Bruno Reverberi trasformò la propria casa in una base della Quarta Zona della Resistenza. Era già madre di due bambine piccole e attendeva un terzo figlio, ma partecipò comunque ad azioni di sabotaggio e si impegnò in prima persona nell'organizzazione dei primi Gruppi di difesa della donna. Il 13 dicembre 1944, a seguito di un rastrellamento dei tedeschi, Gabriella Degli Esposti fu catturata da un gruppo di SS comandato da quella carogna infame - i nazifascisti erano tutti così - del tenente Hans Schiffmann. Gabriella fu prima picchiata e poi minacciata di morte, affinché rivelasse dove si trovava il marito. L’indomani un gruppo di SS arrestò nelle zone circostanti una settantina di persone. I prigionieri ritenuti antifascisti furono torturati così brutalmente che le loro urla vennero udite da molti abitanti del vicinato. In tanti chiusero le finestre per non sentirle. Il 17 dicembre, Gabriella Degli Esposti e nove compagni di prigionia furono trasportati sul greto del fiume Panaro a San Cesario e fucilati. Prima di essere uccisa, benché incinta, Gabriella fu barbaramente seviziata: il suo cadavere venne ritrovato senza occhi, il ventre squarciato, la testa rasata e i seni tagliati. Il martirio di Gabriella indusse molte donne della zona a unirsi ai partigiani. Nacque così il distaccamento femminile Gabriella Degli Esposti, si ritiene l'unica formazione partigiana formata esclusivamente da donne. È una storia terribile. Una delle tante, troppe storie che rischiano la dimenticanza. Ricordare e festeggiare il 25 aprile è un dovere. Non smettete mai di farlo. Anche per Gabriella. Buon 25 aprile a tutti voi. Andrea Scanzi
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I NAZISTI TOLSERO GLI OCCHI, SQUARCIARONO IL VENTRE E TAGLIARONO I SENI ALLA PARTIGIANA GABRIELLA DEGLI ESPOSTI MENTRE ERA INCINTA. IN SUA MEMORIA TANTE DONNE SI UNIRONO ALLA RESISTENZA E FORMARONO UN DISTACCAMENTO COMBATTENTE TUTTO FEMMINILE <<Io, urlando, mi rivolsi a lei. Le chiesi: “Mamma, cosa devo fare?” “Nulla!” rispose lei, “Non ti preoccupare. Penso a tutto io.” E con un sorriso dolce mi mandò un bacio mentre i suoi aguzzini me la portavano via per sempre.>> Così Savina ricorda le ultime parole che gli rivolse sua madre mentre le SS guidate dall'ufficiale Schiffmann la trascinavano via da casa. Era il 13 dicembre 1944. Gabriella Degli Esposti prima di essere fermata dentro la sua abitazione era riuscita ad avvisare i partigiani della sua zona della retata in corso. Già tra le mura domestiche, nonostante fosse incinta, i nazisti l’avevano percossa con violenza davanti alla figlia affinché denunciasse l’ubicazione dei suoi compagni. Nello stesso giorno poi la portarono a Castelfranco dove fu identificata da alcune spie fasciste e torturata per giorni. Ma “Balella”, questo il suo nome di battaglia, non cedette. E così il 17 i nazisti la condussero a San Cesario sul letto del fiume Panaro, la seviziarono e l’ammazzarono. Le strapparono i capelli, le tolsero gli occhi, le squarciarono il ventre e le tagliarono i seni. Difficile dire cosa avvenne prima e cosa dopo la fucilazione. Il suo corpo e quello di altri nove compagni, ormai in decomposizione, vennero ritrovati giorno dopo. Li riconobbero solo grazie agli abiti che indossavano. Era sempre stata antifascista Balella così come suo marito Bruno Reverberi. Lei contadina e lui cascinaio, non avevano esitato al momento opportuno a trasformare la propria casa in una base della Resistenza nel modenese. Gabriella, attivissima, aveva partecipato in prima linea tanto agli scioperi contro la guerra e per il pane svoltisi a Castelfranco nell’estate del 1943, quanto alla formazioni dei Gruppi di Difesa della donna, un’organizzazione prettamente femminile che operava nell’ambito della guerra partigiana. Sempre in prima linea nel fornire supporto e assistenza ai compagni, aveva continuato ad operare incessantemente nonostante la gravidanza e sebbene la morsa degli occupanti si stringesse sempre più intorno alla sua figura. Fu proprio la generosità e il coraggio di “Balella” a motivare tante donne nella zona di Modena ad aderire alla Resistenza. E in sua memoria nacque la brigata Degli Esposti, forse l’unico distaccamento composto esclusivamente da combattenti donne di tutta la storia partigiana italiana. Distaccamento operativo nella provincia modenese che partecipò attivamente a varie azioni fino alla Liberazione. Cannibali e Re Cronache Ribelli Mai perdere la memoria!!!
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