#gap salariale
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Laurea e lavoro: dove si guadagna di più? Crescita salariale nei settori e Paesi chiave
Neolaureati: stipendi in crescita in Europa, ma l’Italia arranca nel confronto globale
Neolaureati: stipendi in crescita in Europa, ma l’Italia arranca nel confronto globale Il mercato del lavoro per i neolaureati sta vivendo una trasformazione significativa, con differenze marcate a livello internazionale in termini di crescita salariale. Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio sul capitale umano di Mercer, tra il 2021 e il 2024 si è registrata una crescita importante degli…
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Quali rischi per le donne sulle riforme del premierato e autonomia differenziata. Il pensiero femminista è cruciale per contrastare queste riforme che potrebbero aumentare le disuguaglianze e limitare la libertà di scelta delle donne.
#abbandono scolastico#autonomia differenziata#Cristina Montagni#democrazia#diritti delle donne#disuguaglianze#gap salariale#Lavoro#mezzogiorno#partecipazione#pensiero femminista#povertà#premierato#Salute#women for women Italy
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Nuovi occupati: luci e ombre di un mercato del lavoro in evoluzione
Tasso di occupazione in aumento, ma ancora indietro rispetto alla media UE: l'Italia si posiziona al secondo posto in Europa per crescita di nuovi occupati, con un incremento del 1,5% nel 2023 rispetto all'anno precedente. Un dato positivo che, seppur incoraggiante, non deve far storcere il naso di fronte ad alcune criticità strutturali che persistono nel mercato del lavoro italiano. Nuovi occupati: numeri in crescita ma divario con l'Europa ancora ampio Nonostante la crescita registrata, il tasso di occupazione in Italia rimane ancora lontano dalla media europea: solo il 66,3% della popolazione tra i 20 e i 64 anni risulta infatti occupata, contro una media UE del 75,3%. Un divario di quasi 9 punti percentuali che evidenzia la necessità di ulteriori sforzi per colmare il gap con i principali paesi europei. Malta al primo posto, Italia seconda: A precedere l'Italia nella classifica per crescita di nuovi occupati troviamo Malta, con un incremento del 1,6%. Seguono poi Germania, Portogallo e Cipro, con tassi di crescita rispettivamente dell'1,4%, 1,3% e 1,2%. Donne e giovani: le categorie più avvantaggiate Tra i dati più interessanti emerge la crescita dell'occupazione femminile, con un aumento di 0,9 punti percentuali contro lo 0,6% degli uomini. Bene anche la performance dei giovani tra i 15 e i 24 anni, che registrano un incremento del 2,4%. Economia circolare: un settore trainante per l'occupazione: L'Italia si distingue come seconda in Europa per numero di occupati nel settore dell'economia circolare, con ben 517.000 addetti. Un dato che conferma il ruolo strategico di questo settore per la ripresa economica e la sostenibilità ambientale del Paese. Lavoro precario e divario salariale: le sfide da affrontare: Nonostante i dati positivi in termini di crescita occupazionale, permangono criticità come la diffusione del lavoro precario e la persistenza di un divario salariale tra uomini e donne. Secondo l'INPS, nel 2023 il 20,2% dei lavoratori in Italia era impiegato con contratti atipici. Il divario salariale di genere, invece, si attesta al 2%, con le donne che guadagnano in media il 2% in meno degli uomini a parità di mansioni. Investire in formazione e istruzione? Per consolidare la crescita occupazionale e centrare gli obiettivi europei in termini di tasso di occupazione, è necessario investire in formazione e istruzione. Bisogna creare un sistema che permetta di sviluppare le competenze necessarie per i nuovi lavori emergenti e per facilitare l'inserimento nel mondo del lavoro, soprattutto per le categorie più fragili. La crescita di nuovi occupati in Italia rappresenta un segnale positivo, ma non basta per parlare di una vera e propria ripresa del mercato del lavoro. Perseguire gli obiettivi di inclusione sociale e di competitività economica richiederà un impegno costante da parte di tutti gli attori coinvolti, a partire da politiche mirate al sostegno delle categorie più fragili e all'ammodernamento del sistema formativo. Solo con un'azione sinergica e lungimirante sarà possibile costruire un futuro lavorativo più solido e inclusivo per tutti. Foto di Karolina Grabowska da Pixabay Read the full article
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C’è una sostanziale differenza tra lavoratori di genere maschile e femminile in ambito bancario

Differenze pesanti tra lavoratori di genere maschile e femminile in ambito bancario ma solo quando si tratta di fare carriera e di raggiungere posizioni dirigenziali. Un divario che, giocoforza, si fa sentire anche sui salari, e poi sulle pensioni, nella città “quartier generale“ dei principali gruppi bancari e assicurativi. Una fotografia che emerge da una rilevazione della Fisac-Cgil Lombardia, sulla base di dati nazionali ed elaborazioni sul territorio lombardo: "Esiste uno scalo di impietosa evidenza che divide le bancarie nel passaggio all’area dei quadri direttivi". La maggior parte delle donne, quindi, resta ferma al livello impiegatizio, con dinamiche immutate nel tempo nonostante le campagne e i buoni propositi sul lavoro femminile e la riduzione del gender pay gap. Da un’indagine condotta nei cinque principali gruppi bancari il cui campione è rappresentativa di oltre la metà dell’intera popolazione bancaria (contratto Abi) e in cui la presenza di genere è praticamente paritaria (76.284 donne a fronte di 76.655 uomini a livello nazionale) la distribuzione di genere nelle categorie professionali del campione fa emergere come le impiegate siano il 65% (54% gli uomini), i quadri donne il 33% (43% gli uomini) e lo 0,7% le donne dirigenti (1,3% gli uomini). Emerge quindi il fenomeno della "segregazione verticale": alle donne vengono preclusi i ruoli apicali e restano confinate nell’area impiegatizia. “I fattori sono molteplici – spiega Simona Pedrali, segretaria della Fisac-Cgil Lombardia – ma una delle cause scatenanti del divario resta sempre la maternità. Sono tantissime le donne che, quando hanno un figlio, al rientro dalla maternità optano per un orario part time o per scelte che finiscono per precludere possibilità di carriera. Sono ancora molto rari gli uomini che usufruiscono dei congedi facoltativi e, quando succede, notiamo che vengono esclusi da avanzamenti di ruolo e opportunità professionali, con dinamiche penalizzanti simili a quelle che subiscono le donne. Resta un forte problema culturale che non si riesce ancora a scalfire, nonostante il lavoro femminile rappresenti una grande risorsa per il mondo bancario". Da questa base partono le richieste messe sul tavolo dalla Fisac-Cgil: "L’introduzione di politiche trasparenti per la valutazione e la promozione basate sul merito, la realizzazione di una maggiore flessibilità lavorativa che non penalizzi in termini retributivi, e l’implementazione di misure di supporto quali servizi di cura accessibili e congedi parentali equi". Durante la trattativa che ha portato al recente rinnovo del contratto nazionale di lavoro del settore bancario sono state avanzate una serie di proposte per colmare il divario salariale che "solo in parte sono state approvate", come la retribuzione piena per i periodi di astensione dal lavoro per maternità a rischio. E le donne, non solo nella banche, "continuano a subire un gap salariale ingiustificabile". Read the full article
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Stronzate
La direttiva europea 2023/70 per la parità salariale dovrà essere recepita dall’Italia entro il 2026. Tra i suoi punti: chiarezza riguardo gli stipendi e i criteri di assunzione Da: Il gender pay gap aziendale si combatte a suon di “trasparenza” Se non mi sembrassero in malafede direi “Poveri ignoranti”. La differenza nella paga è dovuta ad un paio di fattori: le donne semplicemente, in media,…

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++ Inps,salari donne quasi -8000 euro degli uomini nel privato +
La differenza salariale tra uomini e donne nel settore privato raggiunge quasi 8 mila euro l’anno, nel 2022, secondo l’Osservatorio sui lavoratori dipendenti del settore privato dell’Inps che registra un gender pay gap di 7.922 euro. La retribuzione media annua complessiva è di 22.839 euro; per il genere maschile è di 26.227 euro contro i 18.305 euro del genere femminile. Le differenze sono…
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Katrín Jakobsdóttir

Katrín Jakobsdóttir, Prima Ministra dell’Islanda dal 2017, sta svolgendo il suo secondo mandato.
Nata a Reykjavík il 1º febbraio 1976 e laureata in letteratura, ha iniziato come giornalista per varie emittenti, collaborato con una casa editrice ed è stata docente in diverse università.
Leader del partito politico Sinistra – Movimento Verde, è in Parlamento dal 2007. È stata anche ministra dell’Educazione, della Scienza e della Cultura dal 2009 al 2013.
Nel 2017, dopo il ritiro di Futuro Luminoso dalla coalizione di governo che sosteneva il governo di Bjarni Benediktsson, a causa di uno scandalo, ci sono state le elezioni anticipate in cui Katrin Jakobsdóttir, guidando una coalizione tripartita con il Partito dell’Indipendenza e il Partito Progressista, il 30 novembre 2017 è stata nominata Prima Ministra.
A capo del governo, ha investito nell’edilizia sociale, esteso il congedo parentale e ridotto il divario salariale tra uomini e donne.
È stata lodata a livello globale, la sua gestione della crisi conseguente alla pandemia di Covid-19, il suo paese ha raggiunto il record europeo di sole 33 persone morte.
Il suo ruolo di leader è stata riconfermato nelle legislative del 2021, nonostante abbia perso diversi seggi in Parlamento.
Il 24 ottobre 2023 in Islanda è stato proclamato lo sciopero generale delle donne che si sono astenute da qualsiasi lavoro e Katrin Jakobsdóttir, insieme a varie ministre del suo governo – fra cui quelle della Giustizia e della Cultura – vi ha aderito.
L’Islanda è il primo Paese al mondo in materia di uguaglianza di genere, con una riduzione del 90% del ‘gap’ salariale e sociale negli ultimi 3 anni, secondo dati ufficiali del 2022, ma in alcune professioni il divario di retribuzione tra uomini e donne raggiunge ancora il 21 per cento, e più di una donna su tre ha avuto esperienza di violenze di genere nella propria vita. Per questo, la popolazione femminile ha deciso di incrociare le braccia e scendere in piazza.
Sono rimaste chiuse scuole, negozi, banche, biblioteche e piscine, i trasporti pubblici hanno subìto grossi ritardi e le donne hanno interrotto il lavoro domestico e di cura. Alla manifestazione di Reykjavik sono scese in piazza circa centomila persone, la popolazione di tutta l’Islanda ne conta circa 370mila.
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Lavoro, salari troppo bassi e posti migliori in mano agli anziani: l’Italia è contro i giovani
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Lazio, prima Regione contro differenze salariali di genere. Ecco la legge
La donna che lavora nel Lazio da oggi avrà maggiori tutele in ambito retributivo. L’obiettivo raggiunto ieri, è l’abbattimento delle differenze di trattamento salariale di genere. Nel Lazio la parità retributiva tra i sessi adesso è legge. Il Consiglio Regionale ha approvato all’unanimità la proposta di legge contro il gender pay gap e per il sostegno dell’occupazione e dell’imprenditoria…

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#differenza salariale#differenza salariale di genere#Eleonora Mattia#Giorgio Consolandi#Nicola Zingaretti#Parità salariale#Regione Lazio
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La destra esiste, eccome! Da molto tempo ormai c'è chi scrive o declama che le vecchie categorie destra-sinistra sono obsolete. Sarà istruttivo allora esaminare la finanziaria proposta da Trump in vista della sfida elettorale di novembre. la Nasa vedrà aumentare il prossimo anno gli stanziamenti del 12%. Gli stanziamenti al Pentagono restano sullo stesso livello dello scorso anno fiscale, anno in cui Trump aveva disposto un incremento record del budget per la difesa superiore perfino alle richieste dei militari. Due miliardi per il muro Il piano prevede 2 miliardi di nuovi stanziamenti per la costruzione del muro al confine con il Messico. Veterani e nucleare Il Dipartimento del Affari per i Veterani si vede alzare il tetto di spesa del 13%, così come il Dipartimento della Sicurezza Nazionale (+3%) e il budget per l’Agenzia che si occupa della sicurezza nazionale che aumenta del 19%. Estensione del taglio delle tasse sui redditi. E ora veniamo alle note dolenti. Come verrà realizzata questa manovra il cui costo ammonta a 4800 miliardi di dollari? È presto detto: Una forte riduzione delle spese per la sanità pubblica Sforbiciate ai centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (-9%) e l’assistenza sociale Taglio degli aiuti esteri allo sviluppo Tagli del 26% per la spesa dell’Agenzia per la protezione ambientale (Epa ovvero Environmental Protection Agency) Riduzioni dell’assistenza ai giovani che chiedono prestiti per l’università Riduzioni dei fondi per l’edilizia popolare Riduzioni dei buoni pasto per le classi più disagiate Riduzioni delle prestazioni del Medicaid, il programma per l’assistenza degli anziani con basso reddito salariale. Ciò detto non vorrei più sentir dire che non esistono le categorie destra e sinistra e mi chiedo: in un Paese dove circa il 12% della popolazione (36 milioni di individui secondo gli ultimi dati sul 2018) vive usufruendo dei cosiddetti food stamps, i buoni pasto del Supplemental Nutrition Assistance Program, dove il gap tra ricchi e poveri continua a crescere, chi voterà per Trump? La domanda è tutt'altro che retorica visto che i sondaggi sembrano essere a favore della rielezione del facoltoso imprenditore. Ma se così stanno le cose quale ἀπὸ μηχανῆς θεός (deus ex machina) potrà salvare il mondo?
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Passi indietro
http://m.espresso.repubblica.it/attualita/2020/01/17/news/lavoro-donne-passo-indietro-1.343156
[...] la povertà delle donne [...] assume caratteristiche aggiuntive: il part time e la retribuzione oraria inferiore rispetto all’uomo. Due fattori che si intersecano con un terzo grosso problema, che travalica il genere: quello dei salari bassi. In Italia il 28,9% dei lavoratori dipendenti guadagna meno di 9 euro lordi l'ora, si apprende dall’ultimo rapporto annuale di INPS del luglio scorso. Non basta parlare genericamente di “donne che lavorano” se l’unica crescita che riguarda il lavoro femminile è il part-time.
[...] nel 2018 la metà delle donne con due o più figli fra i 25 e i 64 anni non lavora. Nel 51% delle famiglie meridionali con figli lavora solo l’uomo, e lo stesso avviene nel 40% delle famiglie senza figli. Al centro e al nord siamo intorno al 30%.
http://lariscossa.com
Negli ultimi anni infatti si è registrato un incremento del 30% di casi di mobbing da maternità, 4 mamme su 10 si trovano costrette a rassegnare le dimissioni per il mobbing post parto, ma i casi che si trasformano in denunce sono pochissimi. Dati drammatici che non possono comunque contenere l’intero fenomeno, dal momento che queste ingiustizie si consumano spesso nel silenzio delle vittime che, per timore di ritorsioni o per non compromettere ulteriormente la propria situazione lavorativa, decidono di tacere.
Tra i comportamenti vessatori adottati nei confronti delle donne al rientro dalla maternità, spiccano il demansionamento, ovvero la non corretta riallocazione della lavoratrice al suo rientro in azienda, oppure la minaccia di trasferimento in altra città o l’assegnazione a turni incompatibili con la condizione di neomamma, ma perfettamente previsti dal contratto. Emarginata a causa delle insorte esigenze che per il padrone rappresentano nient’altro che un freno alla produttività, ad esempio i permessi per allattamento o la richiesta di orari migliori, la lavoratrice viene così indotta a lasciare il proprio impiego.
[...] mentre i ricchi diventano sempre più ricchi, alle donne delle classi popolari viene riservato di sommare alle fatiche della gravidanza anche quelle del lavoro, trattate come merci in un momento della vita in cui la tranquillità dovrebbe essere la condizione primaria.
[...] il reddito guadagnato dalle donne è in media del 24% inferiore a quello degli uomini. In particolare, il divario salariale tra uomo e donna cresce sino a toccare il 40% per le lavoratrici con un basso livello di istruzione. Doveroso anche osservare che il 42,1% delle casalinghe in Italia vive in una coppia con figli e il motivo principale per cui le giovani casalinghe non cercano un lavoro retribuito è familiare nel 73% dei casi.
Una disuguaglianza che ha la punta dell’iceberg nel gap salariale: nel lavoro dipendente le donne sono pagate il 23% in meno rispetto agli uomini, percentuale che sale al 29% per il lavoro autonomo e al 38,5% tra le lavoratrici più istruite. [...]
Tutto questo accade in un mercato del lavoro in cui l’occupazione femminile è al 49,5%, contro il 68,5% di quella maschile, nonostante siano più istruite degli uomini (63% le diplomate, 58,8% i diplomati).
La disoccupazione femminile è al 10,4%, contro l’8,4%, numero che potrebbe sembrare relativamente basso, se non fosse che le donne, soprattutto le giovani (15-24 anni), scivolano rapidamente dalla disoccupazione all’inattività. Questa a fine 2018 raggiungeva il 44,8% (25% per gli uomini).
Nonostante la costituzione garantisca la parità dei sessi e le leggi puniscano gli uomini violenti contro le donne, permane ancora la cultura e la mentalità della subordinazione sociale della donna all'uomo.
Non serve a nulla il cambiamento dei sessi ai vertici della società attuale, serve assolutamente rompere con questa società e con questo sistema economico, sociale e produttivo che crea disuguaglianze sociali, povertà, emarginazione, disoccupazione, degrado e delinquenza.
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Gender pay gap: deal reached on binding pay-transparency measures | News
Gender pay gap: deal reached on binding pay-transparency measures | News
Según el acuerdo alcanzado el jueves por los negociadores del PE y los países de la UE, las empresas de la UE deben divulgar información que facilite la comparación de salarios entre empleados del mismo empleador y el descubrimiento de las brechas salariales de género existentes. Las estructuras salariales para comparar los niveles salariales deben basarse en criterios neutros en cuanto al género…

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Empowerment femminile: esiste in azienda ancora un gap salariale?
Il 45% delle manager pensa che ci sia un gap salariale tra persone di genere diverso all’interno della propria azienda e l’85% ha pensato di cambiare azienda negli ultimi 5 anni, sintomo di realtà lavorative che non sono in grado di valorizzare e trattenere i propri talenti. Un fenomeno che spesso si concretizza nella ricerca di un nuovo posto di lavoro: infatti, il 53,3% afferma di aver cambiato azienda negli ultimi 5 anni. Gap salariale, la survey di WomenX Impact Questi sono solo alcuni dei dati che emergono dalla survey condotta su un campione di cento donne appartenenti alla community di WomenX Impact, il principale evento sull’empowerment e l’imprenditoria femminile in Italia. Creato da Eleonora Rocca, WomenX Impact nasce per valorizzare il ruolo delle donne nella società civile ed economica attraverso la presentazione di case studies e testimonianze di leadership femminile esposte da importanti imprenditrici, manager, CEO, influencer e libere professioniste. l palinsesto degli speaker conta già numerose presenze e figure internazionali che arrivano da tutto il mondo, da Boston, Dubai, Parigi, Londra, e non solo, pronte a salire sul palco per formare ed ispirare le leader di oggi e di domani. Uomini e donne al lavoro Tornando ai dati, emerge che il 64% delle intervistate ritiene che ci siano delle soft skill che riescono ad avvantaggiare di più le donne rispetto gli uomini, come ad esempio: una maggior capacità organizzativa (indicata dal 28% delle intervistate), maggiore empatia (26%) e una maggior capacità di mediazione (6,7%). Capacità che non trovano concretezza nella quotidianità lavorativa, dato che il sentimento comune è quello di non sentirsi valorizzate abbastanza sul luogo di lavoro. Inoltre, il 47% afferma che all’interno delle proprie aziende non sono state attuate azioni concrete per migliorare il livello di parità salariale di genere. Riguardo gli ostacoli per le donne nei loro percorsi di carriera, il 50% indica che il maggior impedimento sia la poca possibilità di conciliare la vita lavorativa e quella familiare. Segue con 36,7% il retaggio culturale, come ad esempio i pregiudizi e gli stereotipi nei confronti delle donne, e la disuguaglianza di retribuzione tra uomini e donne indicata dal 6,7%. Interpellate sulle azioni concrete per combattere il gender gap, il 51,7% ritiene essenziale che le aziende adottino politiche trasversali di welfare che favoriscano un maggior equilibrio tra famiglia-casa-lavoro. Seguono una maggior parità salariale tra uomini e donne (23,3%) e un bisogno di maggior formazione aziendale (11,7%). Ridurre il gap salariale “La riduzione del gap salariale è un passo fondamentale verso la parità di genere. Solo quando donne e uomini saranno retribuiti in modo equo per lo stesso lavoro potremo parlare di una società giusta, inclusiva e progressista. Impegniamoci oggi per costruire un domani in cui il talento e il valore siano riconosciuti indipendentemente dal genere, creando opportunità e abbattendo quelle barriere dure da buttare giù” – ha dichiarato Eleonora Rocca, Founder e Managing Director di WXI – “La parità di retribuzione è un diritto universale e insieme possiamo renderlo una realtà.” WomenX Impact Summit 2023 La survey sarà presentata nel corso del WomenX Impact Summit 2023 dal 23 al 25 novembre che anche quest’anno si terrà presso il FICO Eataly World di Bologna. L’evento vedrà la partecipazione di molte professioniste e professionisti che tratteranno di come le aziende stanno affrontando questo cambiamento, spunti di riflessione importanti sul futuro dei media e della comunicazione, sul ruolo dei content creator e degli influencer nell’orientare le nuove generazioni rispetto ai valori in cui credere e tanti altri temi che verranno affrontati durante il summit. Read the full article
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⭐ PARITÀ SALARIALE Il gender pay gap, ossia il divario retributivo di genere, continua a rappresentare un problema per il nostro Paese. Pur laureandosi prima e meglio degli uomini, le donne continuano a guadagnare il 20% in meno dei colleghi maschi. In questa legislatura, grazie al Movimento 5 Stelle, sono stati fatti dei passi avanti per ridurre tale divario, ma non basta. Rendere effettiva la parità salariale e garantire la piena partecipazione delle donne al mondo del lavoro sono per noi obiettivi imprescindibili. Defiscalizzazione e incentivi per le imprese che assumono donne, estendendo a più fasce d’età quanto già disposto dal governo Conte II con la legge di Bilancio 2021; sgravio contributivo al 100% per 3 anni per l’assunzione di donne nel corso o dopo una gravidanza e per le donne al rientro in azienda dopo una gravidanza, e adozione di sistemi di misurazione della parità di retribuzione a livello aziendale sono solo alcune delle nostre proposte per un Paese più equo e giusto. #DallaParteGiusta (presso Italy) https://www.instagram.com/p/Ch8AbQirZVS/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Nel 2016 eravamo al 50esimo. Non ci aspettavamo che scendesse al di sotto di questa posizione e invece è successo: il nostro Paese ha perso ben 32 posizioni, ritrovandosi, nel report relativo all’anno 2017, all’82esimo posto. Il gap delle possibilità di successo lavorativo (e retribuzione) tra uomini e donne continua a crescere peggiora vertiginosamente da un anno all’altro. Il quadro attuale vede la persistenza di una forte disparità tra lo stipendio delle donne e quello degli uomini, una differenza che, secondo il World Economic Forum (Wef), al ritmo attuale finirà per essere colmata soltanto tra 217 anni. Sono stati analizzati diversi ambiti che vanno dall'educazione alla salute, dal lavoro all'aspettativa di vita fino all'acquisizione di potere in campo politico. Ed è soprattutto sul fronte del lavoro e delle retribuzioni che le distanze continuano a essere più profonde. Dal report emerge una percezione molto bassa della parità salariale per un lavoro simile tra i sessi: l'Italia si classifica al 126esimo posto su 144 Paesi.
Dall’articolo "L’Italia è all’ottantaduesimo posto per differenze tra uomo e donna secondo il Global Gender Gap" di Federica Fiorillo
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A questo link la petizione lanciata da D.i.Re, di cui sotto uno stralcio del testo https://chn.ge/2NUtcq6 In questi giorni il Parlamento inizierà ad esaminare la nuova proposta di legge in materia di diritto di famiglia, DDL Pillon, che se approvata renderà particolarmente difficile per molte donne, madri e minori riuscire a tutelarsi da situazioni di violenza domestica. Le Donne in Rete contro la Violenza chiedono che il DDL Pillon venga bocciato e che non si torni al Medioevo del diritto di famiglia. In questi giorni, mentre i media riportano quotidianamente storie di femminicidi, di stupri, di violenze, di abusi in una sequenza cronicizzata di orrore, non solo continuiamo a sentir parlare del problema come di un’emergenza sociale a dispetto dell’evidenza dei dati che dimostrano ampiamente come la violenza maschile contro le donne sia un problema strutturale e profondamente radicato nel nostro paese, ma registriamo l’avanzare indisturbato di proposte di legge che, se approvate, favorirebbero inevitabilmente il persistere della violenza, in particolare quella intra familiare. Il DDL fa pensare che chi ha redatto il testo sia completamente decontestualizzato e non tenga conto di cosa accade nei tribunali, nei territori e soprattutto tra le mura domestiche. Il testo sembra quasi completamente ignorare la pervasività e l’insistenza della violenza maschile che determina in maniera molto significativa le richieste di separazioni e genera le situazioni di maggiori tensioni nell’affidamento dei figli che diventano per i padri oggetto di contesa e strumento per continuare ad esercitare potere e controllo sulle madri. Ignora inoltre il persistente squilibrio di potere e di accesso alle risorse proponendo un’equiparazione tra i genitori, il doppio domicilio dei minori, l’eliminazione dell’assegno di mantenimento e dando per scontate disponibilità economiche molto spesso impossibili da garantire per le donne in un paese con elevatissimi tassi di disoccupazione femminile, dove è ancora presente il gap salariale, che continua ad espellere dal mercato del lavoro le madri, ne penalizza la carriera e garantisce sempre meno servizi in grado di conciliare le scelte genitoriali con quelle professionali, mentre scarica i crescenti tagli al welfare sulle donne schiacciate dai compiti di cura. Già oggi nei tribunali le donne incontrano difficoltà enormi nel denunciare le violenze subite, non sono credute, devono affrontare una pesante ri-vittimizzazione da parte di un sistema giuridico e sociale che ancora tende a spostare la responsabilità degli atti violenti sulla vittima del reato piuttosto che sull’autore. Inoltre colpevolizza in ogni caso le madri, accusate di inadeguatezza genitoriale per non essere riuscite a tenere insieme la famiglia, per non aver tutelato i minori dalla violenza diretta e assistita o per non consentire ai padri di continuare a mantenere una relazione con i figli generando in essi “estraniazione”, “avversità”, “alienazione”. Un tale dispositivo normativo, se approvato, comporterebbe quindi per una gran parte delle donne, in particolare per quelle con minori opportunità e risorse economiche, l’impossibilità di fatto a chiedere la separazione e a mettere fine a relazioni violente determinando il permanere in situazioni di pregiudizio e di rischio in aperta contraddizione con l’attenzione alla sicurezza tanto centrale per questo governo. Il dispositivo proposto appare una presa di posizione consapevole e di parte che alimenta il senso di frustrazione e di rivalsa dei padri separati, rischia di sostenere gli interessi della parte peggiore di ordini professionali, oltre che supportare una cultura patriarcale e fascista che, fingendo di mettere al centro la famiglia come istituto astratto e borghese, tenta di schiacciare la soggettività e la libertà delle donne ancorché dei minori. Per tutto questo noi come centri antiviolenza con la nostra esperienza trentennale di lavoro con le donne, come movimento delle donne, come singole, riteniamo assolutamente inaccettabile che tale provvedimento possa procedere nel suo iter di approvazione e ci opporremo con tutte le modalità possibili per bloccarlo dichiarandone il suo vero intento liberticida e il pericolo che rappresenta.
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