#formazione spettacolo
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pier-carlo-universe · 4 months ago
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Bada a Come Parli: Paolo Borzacchiello porta la magia del linguaggio al Teatro Alessandrino di Alessandria
Venerdì 15 novembre alle 21.00, Paolo Borzacchiello svela come le parole possano trasformare la nostra vita quotidiana in un imperdibile spettacolo tra intrattenimento e formazione
Venerdì 15 novembre alle 21.00, Paolo Borzacchiello svela come le parole possano trasformare la nostra vita quotidiana in un imperdibile spettacolo tra intrattenimento e formazione Alessandria – Venerdì 15 novembre alle ore 21.00, il Teatro Alessandrino ospiterà Bada a Come Parli, il nuovo spettacolo di Paolo Borzacchiello, esperto di intelligenza linguistica e programmazione neurolinguistica.…
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gregor-samsung · 5 months ago
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" «Con la cultura non si mangia» ha dichiarato […] Tremonti il 14 ottobre 2010. Poi, non contento, ha aggiunto: «Di cultura non si vive, vado alla buvette a farmi un panino alla cultura, e comincio dalla Divina Commedia». Che umorista. Che statista. Meno male che c’è gente come lui, che pensa ai sacrosanti danè. E infatti, con assoluta coerenza, Tremonti ha tagliato un miliardo e mezzo di euro alle università e otto miliardi alla scuola di primo e secondo livello, per non parlare del Fus, il Fondo unico per lo spettacolo e altre inutili istituzioni consimili. Meno male. Sennò, signora mia, dove saremmo andati a finire?
In questi ultimi anni, però, l’ex socialista Tremonti non è stato il solo uomo politico a pronunciarsi sui rapporti tra cultura ed economia. Per esempio, l’ex ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Maurizio Sacconi, ha sostenuto che per i laureati non c’è mercato e che la colpa della disoccupazione giovanile è dei genitori che vogliono i figli dottori invece che artigiani. Sapesse, contessa… E il filosofo estetico Stefano Zecchi, in servizio permanente effettivo nel centrodestra, ha chiuso in bellezza, come del resto gli compete per questioni professionali: ha detto che in Italia i laureati sono troppi. Insomma, non c’è dubbio che la destra italiana abbia sposato la cultura della non cultura e (chissà?) magari già immagina un ritorno al tempo dell'imperatore Costantino, quando la mobilità sociale fu bloccata per legge e ai figli era concesso fare solo il lavoro dei padri. (Non lo sapeva, professor Sacconi? Potrebbe essere un’idea…) E la sinistra o come diavolo si chiama adesso? Parole, parole, parole. Non c’è uno dei suoi esponenti che, dal governo o dall'opposizione, non abbia fatto intensi e pomposi proclami sull'importanza della cultura, dell'innovazione, dell'istruzione, della formazione, della ricerca e via di questo passo, ma poi, stringi stringi, non ce n’è stato uno (be’, non esageriamo: magari qualcuno c’è stato…) che non abbia tagliato i fondi alla cultura, all'innovazione, all'istruzione, alla formazione, alla ricerca e via di questo passo. Per esempio, nel programma di governo dell'Unione per il 2006 si diceva: «Il nostro Paese possiede un’inestimabile ricchezza culturale che in una società postindustriale può diventare la fonte primaria di una crescita sociale ed economica diffusa. La cultura è un fattore fondamentale di coesione e di integrazione sociale. Le attività culturali stimolano l’economia e le attività produttive: il loro indotto aumenta gli scambi, il reddito, l’occupazione. Un indotto che, per qualità e dimensioni, non è conseguibile con altre attività: la cultura è una fonte unica e irripetibile di sviluppo economico». Magnifico, no? Poi l’Unione (o come diavolo si chiamava allora) vinse le elezioni e andò al governo. La prima legge finanziaria, quella per il 2007, tagliò di trecento milioni i fondi per le università. Bel colpo. Ci furono minacce di dimissioni del ministro per l’Università e la Ricerca, Fabio Mussi. Ma le minacce non servirono. Tant’è che, nella successiva legge di bilancio, furono sottratti altri trenta milioni dal capitolo università a favore… degli autotrasportatori. E inoltre, come scrivono Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi, nel 2006 con il governo Prodi «c’è stato un calo del trenta per cento circa dei finanziamenti, cosicché il già non generoso sostegno alla ricerca di base è diminuito, da circa centotrenta a poco più di ottanta milioni di euro, proprio nel periodo in cui al governo si è insediato lo schieramento politico che, almeno a parole, ha sempre manifestato un grande interesse per la ricerca». Certo, dopo quanto avevano scritto nel programma, non sarebbe stato chic e «progressista» avere la faccia tosta di dire che bisognava sottrarre risorse alla scuola e all'università, e allora non l’hanno detto. Però l’hanno fatto, eccome. "
Bruno Arpaia e Pietro Greco, La cultura si mangia, Guanda (collana Le Fenici Rosse), 2013¹ [Libro elettronico]
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diceriadelluntore · 1 year ago
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Storia Di Musica #318 - Black Widow, Sacrifice, 1970
Nella scelta di raccontare gruppi che hanno black nel nome, non si poteva non toccare il lato esoterico della musica: c'è tutto un filone metal, detto black metal, che porterà all'estremo queste tematiche, con un gusto quasi parossistico dell'orrido diventeranno una sorta di clichè. Il gruppo capostipite furono i leggendari Black Sabbath, ma qualche mese prima un altro gruppo che aveva black nel nome partorì un disco che se musicalmente si allacciava alle nascenti sonorità folk-prog nelle tematiche iniziava, in maniera tanto elegante quanto esplicita, l'anima nera della musica rock.
Il gruppo in questione si chiama Black Widow. All'inizio erano un sestetto, che si chiamava, nel 1966, Pesky Gee. Ne facevano parte: Kay Garret (voce), Kip Trevor (voce, chitarra e armonica), Jess "Zoot" Taylor (pianoforte e organo), Jim Gannon (chitarra e voce), Clive Jones (sassofono e flauto), Bob Bond (basso) e Clive Box (batteria), e con questa formazione pubblicano un album, fino a pochi giorni introvabile (ci sarà una ristampa ad aprile 2024), dal titolo Exclamation Mark nel 1969, che è un tentativo di farsi strada nell'affollatissimo panorama inglese di blues rock: il disco passò inosservato. In quell'anno Kay Garret lasciò il gruppo, che si riformò con il nome di Black Widow a partire dal 1970. E il batterista Cox ha un'idea. Affascinato dal mondo dell'occultismo, convince la band a recuperare materiale: leggono per settimane qualsiasi cosa riguardi l'argomento nella Biblioteca della città di Leicester e arruolano un maestro Wicca per raccogliere informazioni. Ne viene fuori così un disco sicuramente affascinante, dove alla musica sofisticata e dalle soluzioni particolari si canta in maniera spesso senza filtri di un rito ancestrale per richiamare entità misteriose. Sacrifice esce nel 1970, stesso anno del primo disco dei Black Sabbath, ma fu registrato nel 1969 e prodotto da quel Patrick Anthony Meehan che sarà produttore degli stessi Black Sabbath fino al 1976 (il loro periodo d'oro) per la CBS.
In Ancient Days parte con un sinistro organo hammond a cui in serie si aggiungono gli altri strumenti ed è "una chiamata del male" che subito muta in Way To Power: c'è l'introduzione di una sezione fiati (che sarà uno dei pilastri di tutto il disco con il rullare tribale della batteria). Il brano ricco di cambi di tempo e dai cori fa da apripista al loro brano più famoso. È sempre il flauto di Clive Jones il protagonista di Come To The Sabbath, che simboleggia con maestria l'abilità del gruppo di rifarsi a canti mistici tribali. Qui è l'andamento a crescere della velocità e dell'ossessivo ritmico ripetere del ritornello evocativo (Come, Come To Sabbath, Satan's There) a rendere la canzone ansiogena ed affascinante allo stesso tempo. Diventerà poi uno della cover preferite dai gruppi heavy metal, e persino i Black Sabbah e i sanguinosi Death SS ne faranno una riproposizione. Ma il disco è un susseguirsi di sorprese: Conjuration è il brano più dark, dalla ritmica marziale e sofisticata dove è facile sottolineare la bella voce di Kip Trevor. A questo punto c'è una sorta di parentesi gioiosa: Seduction e' una ballata meravigliosa che combina momenti jazz rock ed echi di bossa nova che stridono con il testo, vibrante e sensuale: Would you have me stay with you?\Squeeze and hold you tight?\Soothe you with my tongue and touch\Share your bed at night. Il disco si conclude con due brani: Attack Of The Demon con l'armonizzazione affidata all'organo (non c'e' praticamente chitarra ritmica) e la lunga e magnetica Sacrifice, che nei suoi 11 minuti si sviluppa in una lunga improvvisazione strumentale. Tutti i brani hanno apporti davvero minimi di chitarra elettrica, caratteristica che già ne fa un unicum. Il disco ebbe successo anche perchè la band organizzò uno spettacolo dal vivo dove oltre che cantare si esibiva in una sorta di vero rituale: ad un certo punto dello show, sbucando da parti diverse a seconda del luogo del concerto, si presentava in scena la moglie di Clive Box, che attraverso l'uso di fumogeni e carrucole sembrava volasse tra il pubblico, finchè, sul palco mentre suonavano, veniva distesa e "sacrificata". Il caso volle che una sera, presenti dei fotografi del News Of The World, il famoso tabloid scandalistico, la spada del sacrificio lacerasse il vestito della donna, che alla fine rimase nuda. Per alcuni show successivi, la trovata fu organizzata apposta, ma la foto sul giornale fece il giro di mezzo mondo, attirando le feroci critiche sulla band, alimentando lo scandalo sulle pratiche occulte seguite dai componenti del gruppo.
Inspiegabilmente, il gruppo abbandonerà le tematiche gotiche e mistiche, per riproporsi in veste folk prog nel secondo lavoro, Black Widow (1971): il segnale fu l'abbandono del batterista Box per Romeo Challenger. Rimangono un ascolto particolare e storico, sebbene in molti articoli vengono considerati fondatori del doom: possono esserlo per le tematiche, anche se il loro approccio fu quasi sistematico e pieno di fonti e non estemporaneo e spettacolare come altri, ma non lo furono certo per lo stile musicale, che rappresenta davvero un evento nel binomio rock ed occultismo.
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colonna-durruti · 4 months ago
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https://jacobinitalia.it/berlinguer-la-grande-rinuncia/?sfnsn=scwspmo
Berlinguer, la grande rinuncia
Giulio Calella
11 Novembre 2024
Il film di Andrea Segre sul segretario comunista cede alla nostalgia e cerca di rappresentare il compromesso storico come una grande ambizione. Mentre l’eredità di quegli anni andrebbe interrogata in modo radicale
«Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona» cantava Giorgio Gaber all’indomani dello scioglimento del Pci nel 1991, elencando con ironia, e autoironia, i tic e le contraddizioni di chi per decenni in Italia si è definito «comunista».
Guardando Berlinguer. La grande ambizione, il film di Andrea Segre interpretato dallo strepitoso Elio Germano, si ha l’impressione che più di trent’anni dopo lo scioglimento del Pci, e a quarant’anni dalla morte del segretario comunista, non si riesca ancora a procedere più in là di quella rivendicazione. E che questa sia rimasta nella testa non solo dei suoi legittimi eredi (oggi maggioritariamente nel Partito democratico), ma anche di chi – come Segre e Germano – ha un’esperienza politica e una produzione culturale ben più di sinistra. «Berlinguer era una brava persona», un assunto che sembra poterne giustificare ogni scelta politica, anche quelle che hanno influenzato l’involuzione successiva della sinistra italiana.
La grande nostalgia
La beatificazione sembra il destino del segretario comunista fin dal giorno del suo enorme funerale, mostrato con le immagini d’archivio in coda al film. Andrea Segre ed Elio Germano però, in ogni presentazione della pellicola, sottolineano che il loro intento non è santificare Berlinguer ma mostrare l’attualità politica del suo messaggio.
La volontà di non cedere a un’eccessiva retorica sul personaggio è in effetti evidente, portata avanti anche a costo di fare un film meno coinvolgente di quel che avrebbe potuto essere. Gli sceneggiatori e gli attori hanno fatto una rigorosa ricerca storica, attenendosi in gran parte a discorsi e dialoghi effettivamente avvenuti e documentati, alternando anche le scene di finzione con immagini di archivio. Del resto Andrea Segre è soprattutto un bravissimo autore di documentari, e anche La grande ambizione, pur essendo fiction, procede in modo quasi documentaristico.
Va anche riconosciuto al film di Segre il coraggio di affrontare proprio gli anni in cui Berlinguer ha teorizzato e provato a praticare il «compromesso storico» con la Democrazia cristiana. Si concentra su cinque anni della sua vita, quelli che vanno dal colpo di Stato in Cile del 1973 al sequestro di Aldo Moro del 1978, senza indugiare nel racconto della sua formazione politica giovanile in Sardegna, e senza nemmeno citare gli ultimi anni della sua vita politica quando, dopo il fallimento del compromesso storico, si ritrova nel 1980 davanti ai cancelli della Fiat a fianco degli operai in sciopero per 35 giorni, o quando pone la «questione morale» alla politica italiana diventando il nemico politico numero uno di Bettino Craxi e del Partito socialista italiano. Eventi, questi ultimi, che hanno reso Berlinguer davvero amato, ma che a guardar bene ne definiscono meno la cifra e soprattutto l’eredità politica.
Il film però comunica senza dubbio una grande nostalgia. La nostalgia per un tempo che Segre e Germano non hanno mai vissuto, visto che nel 1984, quando Berlinguer morì, erano due bambini di 8 e 4 anni.
Che il sentimento nostalgico possa essere utile alla ricostruzione politica della sinistra, e non solo un esercizio consolatorio, è discutibile. È però comprensibile lo sguardo malinconico verso un tempo di grandi passioni politiche, di milioni di persone in piazza e alle Feste dell’Unità, di dirigenti con una solida formazione culturale e dei vincoli sociali incomparabili all’attuale teatrino della politica-spettacolo sganciata da qualsiasi spazio di partecipazione della società.
Il problema è che, con questa carica di nostalgia, la pellicola non riesce a sfuggire alla santificazione. Fin dalla scelta del titolo: presentare il compromesso storico come una «grande ambizione».
La grande rinuncia
«Secondo me se Andrea Segre ed Elio Germano avessero avuto vent’anni nel 1973, avrebbero odiato il compromesso storico», ha esordito in mondo provocatorio Nanni Moretti alla presentazione romana del film al Nuovo Sacher.
Il film inizia con le immagini del colpo di Stato orchestrato da Henry Kissinger in Cile con cui viene spazzato via il governo socialdemocratico di Salvador Allende che, dopo aver vinto le elezioni, stava portando avanti concrete riforme sociali. Da quel momento Berlinguer esplicita una strategia che era in realtà in elaborazione già da qualche anno: non solo non è possibile nessuna rivoluzione socialista in Italia, ma non è nemmeno pensabile nessuna alternativa politica di governo.
Nonostante le attese generate dall’enorme crescita elettorale del partito e dalle conquiste dei movimenti sociali nell’onda lunga post-Sessantotto, la via democratica al socialismo che propone Berlinguer è a dir poco tortuosa e contraddittoria: non si può governare nemmeno se una coalizione delle sinistre dovesse raggiungere il 51% dei consensi perché si rischierebbe un colpo di Stato orchestrato dagli Stati uniti e reso possibile in Italia da una potenziale alleanza tra la destra democristiana e i neofascisti. E per evitarlo bisogna accettare proprio l’ombrello statunitense della Nato e sostenere un governo guidato proprio dal massimo esponente della destra democristiana: Giulio Andreotti.
Nel film, pur di far apparire Enrico Berlinguer senza macchie, si finisce per sminuirlo nelle poche scene che non potevano essere documentate storicamente: quelle degli incontri riservati con Moro e lo stesso Andreotti. In questi colloqui Berlinguer appare un ingenuo, convinto che la sua linea sia l’unica possibile per mantenere un regime democratico in Italia, ma sostanzialmente preso in giro dai ben più scafati dirigenti democristiani che non concedono nulla in cambio della «non sfiducia» del Pci che permette al Governo Andreotti di stare in piedi. Nulla se non l’inutile presidenza della Camera a Pietro Ingrao.
Ma anche di fronte alla composizione dei ministri e alle concrete politiche di quel governo (che tra l’altro blocca il meccanismo della Scala mobile per adeguare i salari all’inflazione, abolisce ben 7 festività e aumenta l’Iva) Berlinguer persevera nella linea del compromesso. Bisogna rinunciare non solo al socialismo, non solo all’alternativa politica tramite democratiche elezioni, non solo alla difesa degli interessi di lavoratrici e lavoratori ma persino all’opposizione alla peggiore destra democristiana che flirta coi neofascisti. Tutto pur di salvare la democrazia.
A guardar bene è una rinuncia che poi diventerà una ricorrenza per la sinistra dei successivi cinquant’anni.
La grande delusione
A questa rinuncia seguì una grande delusione. Non solo nel movimento studentesco che scoppiò nel 1977 o nella sinistra extraparlamentare. Gran parte del mondo operaio e comunista fu completamente disorientato da questa linea, come mostrò proprio nel 1977 il capolavoro cinematografico di Giuseppe Bertolucci e Roberto Benigni, Berlinguer ti voglio bene, film spesso citato ma in realtà poco visto e soprattutto poco compreso.
Dopo la vittoria nel referendum sul divorzio nel 1974 e la crescita alle elezioni amministrative del 1975, non era più un tabù sognare il sorpasso sulla Dc nelle elezioni politiche del 1976. Il sorpasso poi per poco non ci fu, ma il Pci raggiunse il suo massimo storico in voti assoluti: 12 milioni e 600 mila. Anche il contesto europeo era promettente: nel 1974 c’è la rivoluzione dei garofani in Portogallo, nel 1975 finisce il franchismo in Spagna, nel Regno Unito governano i laburisti, in Germania sono al governo i socialdemocratici, in Francia cresce il cartello elettorale che tiene insieme socialisti e comunisti e che qualche anno dopo eleggerà presidente François Mitterand. La scelta di escludere a priori qualsiasi possibilità di governo di coalizione delle sinistre – che a prescindere dalle possibilità di riuscita avrebbe dato una prospettiva politica ai dieci anni di movimenti del nostro paese – produsse una delusione molto diffusa. Specie quando il Pci finì per sostenere il governo Andreotti. Tanto che nelle successive elezioni politiche del 1979 il Pci perse un milione e cinquecentomila voti, e non tornò mai più ai livelli di consenso del ‘76 (tranne la fiammata alle europee del 1984 segnate drammaticamente proprio dalla morte di Berlinguer).
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moonyvali · 2 years ago
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LA MALATTIA TERMINALE
"Sta muovendo qualche onda l'esclusione del fisico Carlo Rovelli dalla cerimonia di apertura della Fiera del Libro di Francoforte, cui era stato precedentemente invitato. La colpa di Rovelli è stata quella di contestare – peraltro in modo argomentato - le scelte del governo rispetto al conflitto tra Russia e Ucraina.
Avendo fatto parte Rovelli fino a ieri del novero degli “accreditati” dal sistema mediatico, questa volta si è inarcato persino qualche sopracciglio nella borghesia semicolta, nei lettori di corriererepubblica e fauna affine. Purtroppo a quest’influente fascia della popolazione sfugge del tutto la gravità di ciò che accade da tempo, come un andamento sotterraneo, continuo, capillare.
C'è una linea rossa continua che si dipana nella gestione dell’opinione pubblica occidentale da anni e che ha subito un’accelerazione dal 2020. È una linea che si lascia vedere in superficie solo talora, come nella persecuzione di Assange (o Manning, o Snowden, ecc.) fino a censure minori, come quella assurta oggi agli onori delle cronache. Il senso profondo di questo movimento sotterraneo è chiarissimo: perseguimento della verità e gestione del discorso pubblico in occidente sono oramai indirizzi incompatibili.
A Rovelli viene imputato qualcosa di imperdonabile, ovvero di aver tradito l’appartenenza alla cerchia degli onorati dalle élite di potere, mettendole in imbarazzo. Questo non può e non deve accadere. Oggi il discorso pubblico ha il permesso di oscillare tra due poli, a un estremo la polemicuzza innocua e autoestinguentesi sull’orsa o la nutria di turno, all’altro i rifornimenti di munizioni alla linea dettata dal capo, cioè dalla catena di comando a guida americana dietro al cui carro - sempre meno trionfale - siamo legati.
Per le verità più pesanti e pericolose vige l’ordine di distruzione, come evidenziato dal caso di Assange la cui vita è stata distrutta per segnare un esempio e un ammonimento a qualunque altro soggetto eventualmente incline alla parresia. Per le insubordinazioni minori (tipo Rovelli, Orsini, ecc.) basta la caduta in disgrazia presso i cortigiani, che si riverbera in censure, piccoli ricatti silenti, e poi in discredito, blocchi di carriera, ecc.
Tutto ciò si condensa in una sola fondamentale lezione, una lezione implicita che il nostro intero sistema di formazione delle menti, giornali, televisioni, scuole, università, ecc. consapevolmente o inconsapevolmente implementa: “Tutto ciò che è discorso pubblico è essenzialmente falso.”
Questa è la lezione che i giovani ricevono precocemente e da cui traggono tutte le conseguenze del caso, in termini di disimpegno e abulia. A tale lezione si sottrae solo in parte qualche parte della popolazione meno giovane, in cui si agita ancora l’illusione di aspirazioni passate (“partecipazione”, “democrazia”, ecc.).
La “realtà” in cui ci troviamo a nuotare funziona però secondo il seguente ferreo sillogismo:
1) Tutto ciò che abbiamo in comune gli uni con gli altri come cittadini, come demos è il discorso pubblico mediaticamente nutrito;
2) Ma quel discorso pubblico è oggi puramente e semplicemente menzognero (o schiettamente falso, o composto di frammenti di verità ben selezionati, funzionali a creare uno desiderato effetto emotivo);
3) Perciò non c'è più nessun possibile demos, nessun possibile discorso pubblico, e dunque nessuna leva perché un’azione collettiva possa cambiare alcunché. Mettetevi il cuore in pace, si salvi da solo chi può.
In questa cornice peraltro si staglia per interesse l’atteggiamento dei superdiffusori di menzogne certificate, dei mammasantissima dell’informazione e del potere, attivissimi nel denunciare ogni eterodossia sgradita come “fake news”. E così ci troviamo di fronte allo spettacolo insieme comico e ripugnante dove i comandanti di corazzate dell’informazione chiedono il perentorio affondamento di canotti social per non aver benedetto abbastanza l’altruismo di Big Pharma, o per essere stati teneri con Putin, o per non aver rispettato l’ultimo catechismo politicamente corretto, e così via.
Viviamo in un mondo in cui la menzogna strumentale è oramai la forma dominante della verbalizzazione di interesse pubblico.
C'è chi vi reagisce con mero disimpegno rassegnato; chi si chiude angosciato nella propria stanza tipo hikikomori; chi cerca paradisi artificiali in pillole; chi accetta il gioco cercando di usarlo per tornaconti a breve termine (perché nessun altro orizzonte è disponibile); c'è chi cade in depressione; chi impazzisce; c'è chi ogni tanto spacca tutto per poi tornare a battere la testa contro il muro della propria cella; e c'è chi sviluppa quella forma particolare di pazzia che sta nel lottare disarmato contro i giganti sperando si rivelino mulini a vento.
Sul fondo fluisce la corrente della storia dove il nostro vascello occidentale ha preso un ramo digradante e con inerzia irreversibile accelera verso la cascata. Una volta che la parola pubblica ha perduto la propria capacità di veicolare verità, ridarvi peso è impossibile. Ogni ulteriore parola spesa per correggere le falsità del passato, se raggiunge la sfera pubblica viene per ciò stesso percepita come debole, logora, impotente. La società che abbiamo apparecchiato è una società senza verità e togliere la verità al mondo sociale significa condannarlo ad una malattia terminale. Quanto dureranno gli scricchiolii, quanto la caduta di intonaci, quanto le infiltrazioni d’acqua, quanto resisteranno ancora gli spazi abitabili sempre più ristretti, questo non è facile prevedere, ma un mondo senza verità è un mondo senza logos, e non può che sfociare in quella dimensione dove le parole sono superflue perché violenza e morte ne hanno preso il posto."
Andrea Zhok
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sustainable-art-magazine · 9 months ago
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ARCA. SIRACUSA - Associazione Rinascimento Culturale Archimedeo
Euro Med Festival - 2024 Tonino Accolla
Nona edizione del Premio Tonino Accolla. Siracusa/Noto 29 – 30 giugno e 1 luglio 2024.
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Per questa nuova edizione del primo e unico contest live per allievi doppiatori provenienti dalle scuole di doppiaggio italiane e straniere, saranno Piazza Minerva a Siracusa nel centro storico di Ortigia e Palazzo Nicolaci a Noto - dove si svolgerà il workshop, primo Forum Internazionale Intelligenza artificiale per abbattere le barriere degli audiolesi e ipovedenti nel Cinema e nel Doppiaggio - ad accogliere pubblico e partecipanti in tre serate articolate fra spettacolo, competizione e approfondimenti. Il workshop è organizzato dall’associazione ARCA e dal Centro Studi Economia Internazionale ai Fondi Europei.
Il Premio, come sempre, è intitolato a Tonino Accolla, celebre doppiatore e direttore di doppiaggio (da Titanic a Braveheart, per citarne qualcuno), nato a Siracusa il 6 aprile del 1949 e scomparso a Roma nel 2013, voce italiana, tra altri, di Eddie Murphy e Homer Simpson, Mickey Rourke e Kenneth Branagh.
Questa rinnovata edizione del festival vuole sensibilizzare, attraverso il linguaggio universale del Cinema e del Doppiaggio, le nuove generazioni sulle tematiche al centro del dibattito istituzionale europeo, come l’ambiente e l’inclusione sociale.
La manifestazione è patrocinata dal Comune di Siracusa, con il sostegno e la collaborazione del sindaco di Noto, Corrado Figura, del sindaco di Siracusa Francesco Italia e dell’assessore alla Cultura e Turismo, Fabio Granata.
“Si conferma anche per questa edizione la presenza del Gruppo Irem – sottolinea Stefania Altavilla, direttrice artistica e presidente di ARCA – a sostegno della cultura, della formazione dei giovani e dell’agire nel sociale. Un particolare ringraziamento va al suo amministratore delegato, Giovanni Musso”.
La conduzione dello spettacolo quest’anno sarà affidata a Maurizio Merluzzo – attore, doppiatore e youtuber – e a Vanessa Galipoli, artista ed imprenditrice, conduttrice televisiva. Fra gli ospiti, Emanuela Rossi – Premio Tonino Accolla e Premio Eccellenza 2018 e voce di Cate Blanchet, Nicole Kidman – direttrice di doppiaggio e dialoghista; Marco Eugenio Di Giandomenico, scrittore, curatore e critico d’arte contemporanea; Rodolfo Bianchi, attore, doppiatore, insignito tra altri del premio per la migliore direzione di doppiaggio per The Departed il bene e il male, Shutter Island, The Wolf of Wall Street e The Hateful Eight; sul palco si alterneranno fra interviste e performances doppiatori pluripremiati come Flavio Aquilone,
Valentina Favazza, Erica Necci e Yuri Bedini, quest’ultimo direttore di doppiaggio e con Tonino Accolla assistente al doppiaggio di numerosi film. Sul palco il musicista Antonino Martorana che insieme all’ artista Marilena Vita creeranno una sinestesia (fenomeno sensoriale/percettivo, esperienza plurisensoriale) di suoni e immagini. Il 30 giugno sarà fra gli ospiti Walter Ricci, musicista e crooner che ha duettato con artisti del calibro di Michel Bublè, Mario Biondi, Dianne Reeves.
La manifestazione, che cresce di anno in anno confermandosi tra gli eventi più prestigiosi a Siracusa, ideata da Stefania Altavilla – direttrice artistica, presidente dell’associazione ARCA, project manager e art director del Festival – e da Giuseppe Mandalari, nasce nel 2014 con la collaborazione iniziale e il supporto tecnico di Ambi Picture e Fonoroma e ha lo scopo di promuovere e valorizzare l’arte del doppiaggio. Sono coinvolte le scuole di doppiaggio italiane e le società di Produzione come la CD Cine Dubbing. Collabora al progetto e partecipa all’organizzazione Lorenzo Accolla, attore, doppiatore, direttore di doppiaggio. Dagli ultimi anni l’organizzazione si avvale anche della collaborazione di Carola Mandalari, come responsabile di produzione.
Come nelle ultime edizioni, il Premio Tonino Accolla si svolgerà in chiave ancora più dinamica rispetto al passato: si alterneranno momenti di spettacolo a momenti musicali, mantenendo alto il momento del Contest-live, vero appeal del Festival, durante il quale sei allievi (tre uomini e tre donne), dopo una preselezione avvenuta a Roma sotto la direzione di Lorenzo Accolla – con la collaborazione della CD Cine Dubbing - si confronteranno nell’esecuzione di doppiaggi live individuali e di coppia articolati su più prove.
La giuria tecnica quest’anno vedrà la partecipazione, così come nelle passate edizioni, di alcuni tra i migliori doppiatori e direttori del doppiaggio italiano. Alla giuria tecnica verrà affiancata una giuria di giornalisti e critici cinematografici, che conferirà il Premio Stampa.
E quest’anno, l’associazione ARCA – da un’idea di Stefania Altavilla e del critico d’arte Marco Eugenio Di Giandomenico – istituisce il Premio Promozione Cinema dedicato ad Adriano Pintaldi, scomparso nel 2023. Pintaldi è stato per più di cinquant’anni tra le figure più rappresentative del mondo della comunicazione e della promozione cinematografica. Questa nona edizione del Premio Tonino Accolla terrà dunque a battesimo il Premio Promozione Cinema con un tribute ad Adriano Pintaldi, e per realizzare questo intento saranno coinvolte personalità autorevoli del cinema e della cultura fra i quali il regista Pupi Avati, Laura Delli Colli e l'attrice Antonella Salvucci. Il Premio Promozione Cinema, la cui prima edizione è prevista per l’anno prossimo nel contesto della decima edizione del Premio Tonino Accolla, “vuole valorizzare -
spiegano Altavilla e Di Giandomenico - figure del mondo delle istituzioni, delle professioni e dell’industria cinematografica e televisiva italiana ed estera, che si siano particolarmente distinte nella promozione di film, documentari e cortometraggi”.
La giuria sarà costituita da personalità del mondo della cultura, dell’arte e della comunicazione cinematografica e televisiva, coordinata da Marco Eugenio Di Giandomenico.
“Ad oggi, giunto alla sua nona edizione – dichiara Stefania Altavilla – il Premio Tonino Accolla ha raccontato attraverso pillole di doppiaggio, i volti di quelle voci che oggi recuperiamo alla memoria attraverso straordinarie interpretazioni di personaggi ai quali quelle voci hanno infuso quell’anima da oscar”.
Quest’anno, grazie anche alla collaborazione con il Centro Studi di Economia Internazionale ai Fondi Europei – presidente Santi Tomaselli, già presidente dell’Osservatorio Romano ai Fondi Europei - è stata definita la partnership con una delle 15 scuole di Cinema più importanti al mondo, la Toronto Film School, già partner degli Studios di Hollywood; e ancora la West University, GIS International e Betting on Italy. Partner tecnici, Red Tomato e Voci FM.
Questa nuova articolazione del progetto - che ha suggerito in una più ampia visione la denominazione di Euro Med Festival Tonino Accolla – ha trovato il pieno riconoscimento di alta valenza strategica dal Distretto Turistico del Sud-Est.
La vocazione internazionale di questa nuova edizione sarà confermata anche dall’intervento - durante il convegno del primo luglio a Noto, workshop sull’importanza dell’intelligenza artificiale per abbattere le barriere della disabilità sensoriale - del senatore Tony Loffreda, vice presidente del Gruppo Interparlamentare Canada/Italia e presidente Rete Parlamentare Canadese nella Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale.
La realizzazione dei Premi è affidata, per il Premio Tonino Accolla, al Maestro Scultore Pietro Marchese, all’ architetta designer Lara Grana per i premi allievi, e all’orafa designer Stefania Midolo, per la realizzazione dei premi d’eccellenza.
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Ufficio Stampa. Marilena Toscano. N.Tess Odg 150949.
Tel. 338 3031853 - indirizzo email marilenatoscano@virgilio.it
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marcoleopa · 2 years ago
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Santificazione e beatificazione Italianstan 2023
In premessa, ribadisco, per le/i dure/duri d'orecchie, che, distinguo il lato umano, da quello politico. Quindi, pur porgendo le dovute condoglianze ai familiari, per la dipartita, non taccio sul piano politico, sullo e dello spettacolo della messa in scena, dell''oscenita' del potere.
Sono due le ipotesi etimologiche, del lemma oscenità: ob scaevare= sinistro, di cattivo augurio, oppure ob=a cagione, coenum=melma/greco koinòn=immondo; primo significato=brutto deforme, immondo, sozzo e, per traslazione, impudico, disonesto.
Potremmo aprire già una riflessione, su alcune risultanze che i linguisti danno al termine sopra accennato: di cattivo augurio, melma immondo, impudico, disonesto, ma, tralasciamo per brevità, giusto solo il tempo necessario per annotare, una particolare coincidenza, concomitanza, contemporaneità, contestualita', tra il lemma e il defunto.
Una celebrazione acritica, una santificazione ex post, che non rende "giustizia" (volutamente virgolettato, visto i trascorsi e i legittimi impedimenti), della caratura dell'uomo politico sul quale il mondo continua a ridere identificandolo con lo stereotipo dell'Italia più grottesca.
Una santificazione in salsa nord coreana, che segna il divario con il mondo reale, dove la beatificazione non viene compresa, posto che nella memoria collettiva e' ben viva la storia degli ultimi trent'anni del paese, trasformato in mera proprietà privata, con il bene placet dei costituzionalisti.
I media, particolarmente quelli allineati, o, embedded, hanno ormai oltrepassato la soglia del ridicolo, navigando nel buco nero dei dati e della miconoscenza, manipolando con ambiguità il diritto all'informazione, riportando solo ciò che dobbiamo sapere, utile alla formazione di una fittizia coscienza collettiva, minculpop docet.
La memoria, quella vera, si coltiva senza rimozioni di parte e convenienti, altrimenti è solo becera, meschina, infima propaganda
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montagne-paesi-news · 4 days ago
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carmenvicinanza · 11 days ago
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Marina Rippa
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Marina Rippa è operatrice teatrale e attivista culturale.
Una vita dedicata alla ricerca dell’identità femminile.
Da più di trent’anni organizza e cura laboratori teatrali in quartieri complessi, facilitando donne di tutte le età a riscrivere la loro vita nella sicurezza di uno spazio condiviso, in cui passato, presente e futuro si intrecciano. Rende il teatro un luogo di condivisione e di liberazione, lo spazio scenico un posto dove il riscatto può prendere vita.
Si occupa di linguaggi non verbali, drammaturgia del corpo (tutto il complesso di azioni fisiche che compongono l’arte scenica), formazione e pedagogia teatrale. Ha curato il training e gli studi sul movimento per vari spettacoli, prodotti da teatri pubblici e privati, conduce seminari, laboratori di formazione e classi aperte di movimento con diverse realtà italiane.
Presidente e fondatrice di  f.pl. femminile plurale, il suo progetto più longevo, che quest’anno ha compiuto diciotto anni ed è stato festeggiato come un vero compleanno, è La scena delle donne, che, esplorando l’universo femminile attraverso le arti sceniche, ha prodotto numerosi spettacoli.
Nata a Napoli, è sempre stata una sportiva, ha giocato a pallavolo in serie B e iniziato a interessarsi del movimento come espressione nel 1979, da studentessa dell’ISEF.
Formatasi con vari maestri di mimo corporeo, teatro danza e composizione collettiva, specializzata in psicocinetica e Metodo Feldenkrais, nella sua carriera teatrale ha sempre privilegiato il lavoro sul movimento e quello di trainer dietro alle quinte.
Nel 1992 ha contribuito a fondare il gruppo di ricerca teatrale libera mente, di cui è stata la responsabile pedagogica e, da quell’importante esperienza, ha creato un gruppo di azione, costituitosi poi, nel 2012, nell’associazione f.pl. femminile plurale.
Dal 1996 indaga sull’universo femminile, realizzando progetti teatrali con donne non professioniste di tutte le età.
Dopo anni di impegno in una comunità alloggio per donne anziane, con la riapertura al pubblico del Teatro Trianon, nel difficile quartiere di Forcella, con l’obiettivo di aprire il teatro al territorio, ha iniziato un laboratorio con le donne del quartiere che hanno avuto la possibilità di conoscersi, valorizzarsi, scoprirsi e viversi, superando paure e pregiudizi.
Dal primo spettacolo, del 2007 dal titolo Donne con la folla nel cuore, due anni dopo, in una scuola del territorio è nata La scena delle donne, un grande progetto che ha visto coinvolte cento donne, tra bambine, madri, nonne, operatrici teatrali e professioniste in ambito culturale. A seguire, con diverse interruzioni, tanti sono stati i laboratori e le restituzioni in spazi teatrali e istituzionali, in gallerie d’arte, istituti di cultura e università.
Il lavoro che Marina Rippa, con tenacia e resistenza, con e senza finanziamenti, porta avanti con devozione, mira alla partecipazione e al mettersi in gioco totalmente.
Ha creato e sperimentato un suo metodo di teatro civile, in cui, lavorando intensamente con le donne, attinge dal loro vissuto, da voce alle loro storie, aprendo un varco in un mondo invisibile, da cui riescono ad uscire grazie all’arte. Le accompagna in un viaggio di costruzione di una comunità che diventa identità collettiva.
L’idea alla base è che l’attività con le donne abbia una ricaduta su tutta la famiglia e, quindi sulla vita quotidiana in tutti i suoi aspetti.
Il lavoro, iniziato a Forcella, si è ampliato ad altri quartieri e realtà, coinvolgendo partecipanti di ogni età e ceto sociale e, negli ultimi anni, anche con donne fuoriuscite da violenza di genere.
Dal laboratorio a Forcella, nel 2024 è stato tratto un docufilm dal titolo Si dice di me di Isabella Mari, presentato alla 19ª Festa del Cinema di Roma che ha vinto un premio speciale al Laceno d’Oro ed è stato proiettato al Los Angeles, Italia – Film, Fashion and Art Festival al TCL Chinese Theatre di Hollywood.
Una storia di riscatto attraverso l’arte che, con approccio delicato e rispettoso, racconta l’esplosiva e travagliata vitalità di questo gruppo di donne che da anni si riuniscono due volte a settimana a Piazza Forcella dove Marina Rippa dona loro prima di tutto la forza di credere in se stesse, facendo della parola uno strumento concreto di emancipazione.
I suoi spettacoli nascono da zero, basati su idee che uniscono il presente, il passato e il futuro delle partecipanti, dimostrando come l’arte può aiutare ad esprimere la propria identità, superando i confini materiali della realtà.
Marina Rippa è una donna delicatamente forte, determinata, appassionata, porta rispetto e cura in ogni cosa che tocca senza il timore di mostrare la fragilità sua e delle donne che accompagna in esperienze intense, regalando professionalità, tempo e dedizione.
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creativemorningstrn · 1 month ago
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PIERO VENESIA on Layers
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Piero Venesia è un illusionista e attore esponente del neo-illusionismo.
Dopo una formazione da autodidatta, entra nel Circolo Amici della Magia di Torino, dove perfeziona il suo percorso artistico. Nel 2020 crea “Quello che resta”, spettacolo online che permette agli spettatori di vivere illusioni interattive con oggetti ricevuti per posta.
Nel 2024 vince il primo premio ai campionati europei di magia con il suo “Needles Act”, che lo porta a esibirsi in Italia, Spagna, Francia, Svezia e Stati Uniti.
Dal 2022 fa parte di “Incanti”, spettacolo in cui sei giovani illusionisti esplorano il concetto di incanto e la sua importanza nelle nostre vite.
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pier-carlo-universe · 5 days ago
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MU.SA – Musica e Spettacolo in Ateneo. Un ponte tra ricerca e performance all’Università di Padova
La musica e il teatro rappresentano due anime vive della vita accademica dell’Università di Padova, non solo come oggetto di studio ma anche come elementi attivi nella formazione e nella ricerca. L’ateneo, noto per il suo ruolo internazionale nella musicologia e nelle scienze teatrali, ha da sempre affiancato l’indagine teorica alla sperimentazione pratica, grazie a figure di riferimento…
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paoloferrario · 2 months ago
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biografia di GEPPI CUCCIARI, attrice, comica
Maria Giuseppina Cucciari, conosciuta come Geppi Cucciari, è un’attrice, comica e conduttrice italiana, nata il 18 agosto 1973 a Cagliari e cresciuta a Macomer, in provincia di Nuoro. La sua carriera nel mondo dello spettacolo è caratterizzata da una vivace comicità e da un forte impegno sociale, spesso espresso attraverso un femminismo ironico. Formazione e Inizi Geppi ha iniziato la sua…
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diceriadelluntore · 28 days ago
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Storia Di Musica #364 - Brainchild, Healing Of The Lunatic Owl, 1970
Scovare le copertine con un gufo è stato divertente, soprattutto perchè ne conoscevo pochissime. È stata quindi un'esperienza interessante che mi ha fatto conoscere musica nuova. Fuori classifica metto la copertina più suggestiva, della band di death metal A Flock Named Murder, An Appointed Time, del 2018, con un tetro e magnifico quadro di un barbagianni appollaiato su un palo di una sinistra landa. Quella di oggi invece dal punto di vista estetico è un po' naif, ma musicalmente è stata una sorpresa niente male.
Quasi per caso, nelle stesse settimane nacquero due band che si chiamavano Brainchild, una in Inghilterra, l'altra in Ohio, all'insaputa l'una dell'altra. Quella in Ohio era una sorta di supergruppo, attivo dal 1970 al 1972 e senza nessuna registrazione ufficiale, il cui cantante Joe Pizzullo ebbe una grande notorietà all'inizio degli anni '80 come voce di due singoli di successo di Sérgio Mendes, Never Gonna Let You Go (che è una cover di un brano di Barry Mann e Cynthia Wiel, tratto dal suo album Sérgio Mendes del 1983) e Alibis (1984, dall'album Confetti). Dei Brainchild britannici si sa invece pochissimo. La formazione era composta da Harvey Coles (basso, voce), Bill Edwards (chitarra, voce), Dave Miller (batteria), Chris Jennings (organo, pianoforte), Brian Wilshaw (sassofono, flauto), Lloyd Williams (tromba) e compiti di trombone condivisi da Ian Goss e Pat Strachan: erano in pratica un settetto che, per una volta negli anni d'oro del progressive, importò dagli Stati Uniti l'idea di affiancare ai quattro strumenti tradizionali una mini sezione di fiati, come stavano sperimentando con ottimi risultati in quegli anni i Chicago o i Blood, Sweat & Tears. Ma mentre quella era molto enfatica e prorompente, i Brainchild suonano principalmente brani rock con molta enfasi sul basso basata su groove robusti, chitarre jazz tutte abbellite dalla sezione fiati e contrappunti alle strutture ritmiche, con assoli interessanti di tutti gli strumenti e un che di kosmic music, anch'essa nascente in quel periodo.
Prodotto da Lenny Wright per la A&M negli studi della Western London nel 1970, il disco è una sorpresa: si parte con Autobiography, un brano che si eleva da un fade-in proveniente dall'inferno, il gruppo cavalca un'onda veloce, con una sezione centrale con la tromba in stile spagnolo. Healing Of The Lunatic Owl inizia molto lentamente con un flauto e una voce, ha uno sviluppo quasi pop e suona molto BS&T. La lenta minacciosa linea di basso dei 7 minuti di Hide From Dawn, presto affiancata da ottoni e lenti rulli di tamburo sinistri, fornisce un clima fantastico e un ritmo costante per tutta la traccia, su cui l'organo di Jennings può passeggiare, accompagnando la voce di Edwards e, quando non è impegnato a cantare, suona alcuni notevoli riempimenti di chitarra, ma lo spettacolo è davvero per la sezione degli ottoni. She's Learning ha un vero e proprio gancio avvincente e memorabile, guidato principalmente dall'organo, e poteva essere un successo. Il lato B dell'album si apre con il pezzo forte dell'album, i 9 minuti di A Time A Place che non ha problemi a imporsi come il momento clou dell'album. Il resto degli album scivola senza sforzo con la divertente Two Bad Days (e i suoi riff discendenti), la lenta, incantevole e ossessionante Sadness Of A Moment carica di flauto (un altro momento clou) e la chiusura To B, che inizia anch'essa lentamente, ma finisce in un caos dissonante completo.
Come è successo tante volte alle promesse del prog, la band finisce la sua parabola con questo primo sorprendente album: non sono riuscito nemmeno a conoscere le future traiettorie dei musicisti, che probabilmente si sono ritirati a vita privata. Tuttavia come spesso succede dagli archivi sono stati scovati i nastri originali e nel 2012 è stata pubblicata una versione cd del disco con alcune tracce bonus. Rimane un disco notevole e particolare, che non solo dimostra la varietà fantastica della musica dell'epoca, ma credo che chiuda in maniera simpatica la ricerca di febbraio dei dischi con un gufo in copertina, nonostante questo sia non solo lunatico ma abbia le zampe di artigliose mani.
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siciliatv · 2 months ago
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L’esordio di “Io Canto Senior” su Canale 5, sotto la guida di Gerry Scotti, ha regalato al pubblico un momento indimenticabile grazie alla performance del talentuoso Pino Minio, originario di Favara. Con la sua interpretazione magistrale del celebre brano “You Are So Beautiful”, Minio ha toccato corde profonde, conquistando il pubblico in studio e la giuria, assicurandosi un posto nella seconda puntata del programma. Autore, artista, direttore e anima dell’Accademia Palladium, Minio ha dimostrato che la musica può essere un ponte per emozioni senza tempo. La sua versione di questo classico ha brillato per delicatezza e intensità, trasformando un pezzo già iconico in un’esperienza intima e universale. Un momento speciale della serata è stato il duetto tra Pino Minio e Lola Ponce sulle note di “Up Where We Belong”. L’alchimia tra le due voci e l’intensità della loro esibizione hanno saputo elevare lo spettacolo, rendendolo uno dei momenti più applauditi della serata. Pino Minio non è solo un interprete, ma un promotore instancabile della musica e della cultura attraverso il suo impegno con l’Accademia Palladium. La sua carriera, costruita con passione e dedizione, lo ha portato a diventare un punto di riferimento per l’arte, la formazione e la musicale. La sua voce, calda e penetrante, è stata l’elemento chiave che ha conquistato i cuori degli spettatori e ha dimostrato ancora una volta il potere universale della musica. Gerry Scotti, visibilmente emozionato, ha elogiato la profondità e la sensibilità artistica di Minio, lasciandosi affascinare anche dal borgo siciliano di Joppolo Giancaxio, dove l’artista risiede. Un richiamo alle origini che ha aggiunto ulteriore spessore alla figura di Minio, rendendolo ambasciatore del suo territorio. La partecipazione di Pino Minio a “Io Canto Senior” non è solo una celebrazione del talento, ma anche un’occasione per portare l’attenzione su una terra agrigentina ricca di cultura e bellezza. L’attesa per la prossima puntata è già palpabile, con il pubblico pronto a lasciarsi emozionare ancora una volta dal suo talento straordinario. Un viaggio artistico che si preannuncia pieno di sorprese, confermando che autenticità e passione sono gli ingredienti chiave per conquistare ogni cuore. Read the full article
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cassinafantapro · 3 months ago
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🇸🇦⚽️ Atalanta a Riad per la Supercoppa! Giovedì sfida l'Inter in semifinale. Lookman è la stella ✨. Un momento storico per i bergamaschi in terra saudita. Forza Dea! 💪 #Atalanta #Supercoppa #Riad #Lookman #fantacalcio #cfp #cassinafantapro
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londranotizie24 · 3 months ago
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