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Bada a Come Parli: Paolo Borzacchiello porta la magia del linguaggio al Teatro Alessandrino di Alessandria
Venerdì 15 novembre alle 21.00, Paolo Borzacchiello svela come le parole possano trasformare la nostra vita quotidiana in un imperdibile spettacolo tra intrattenimento e formazione
Venerdì 15 novembre alle 21.00, Paolo Borzacchiello svela come le parole possano trasformare la nostra vita quotidiana in un imperdibile spettacolo tra intrattenimento e formazione Alessandria – Venerdì 15 novembre alle ore 21.00, il Teatro Alessandrino ospiterà Bada a Come Parli, il nuovo spettacolo di Paolo Borzacchiello, esperto di intelligenza linguistica e programmazione neurolinguistica.…
#abilità comunicative.#Alessandria#Alessandria today#Bada a Come Parli#biglietti teatro Alessandria#competenze comunicative#comunicazione efficace#comunicazione sociale#consapevolezza comunicativa#Eventi Alessandria#eventi teatro Alessandria#formazione spettacolo#Google News#Gruppo Anteprima#intelligenza linguistica#intelligenza linguistica spettacolo#interazioni umane#ironia linguaggio#italianewsmedia.com#linguaggio consapevole#linguaggio e social media#linguaggio e vita quotidiana#linguaggio persuasivo#linguaggio quotidiano#miglioramento interpersonale#Paolo Borzacchiello#Pier Carlo Lava#potere delle parole#programmazione neurolinguistica#serata in teatro
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L'intonazione.
Video semi ironico sul non detto femminile.
Anche se bisogna dirlo che tante donne hanno imparato a parlare 😄
(fonte: tizianaa_rubino - Instagram)
#relazioni#uomini#donne#linguaggio#comunicazione#video#educazione sentimentale#zombie#società#società malata#ironia#differenze
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“ Per fare dell’ironia bisogna avere una certa padronanza del linguaggio, o del gesto. Diciamo pure del linguaggio in senso lato. E quindi la cultura è essenziale. Una cultura ristretta fa sì che le regole del gioco, qualunque sia il gioco, vengano intese in un modo così rigido da cancellare ogni aspetto coraggiosamente innovativo. In ambito scolastico, per esempio, può essere significativo, mentre un professore fa lezione, che uno degli allievi si alzi per dichiarare: «Però, io la penserei diversamente». Ecco, il pensare diversamente può essere conseguito in modo ironico, e guai se la scuola non è più la zona dove l’ironia ha questo diritto di cittadinanza. E non è comunque bene che l’ironia venga riutilizzata da coloro che rimangono delusi della rigidità delle istituzioni? Allora, il legame con la cultura è essenziale: l’ironia su cosa gioca? Sul fatto che una parola, che noi solitamente impieghiamo in una certa accezione standard, venga usata in una accezione un po’ diversa. E questa è una cosa divertente, o no? «Oggi il tempo è perverso» uno dice. Oddio, che visione pessimistica! «Veramente, io mi stavo riferendo al tempo atmosferico.» La padronanza del linguaggio e dei significati è ineliminabile. È cruciale per tutte le situazioni in cui rigidità vuol dire morte dell’istituzione di cui ci stiamo occupando. La rigidità nella scuola, per esempio, è letale; la rigidità nella ricerca scientifica alla fine uccide la ricerca stessa; la rigidità in campo artistico vuol dire solo stanchezza e noia. Possibile che Antoni Gaudí o Pablo Picasso non fossero ironici? E poi ci sono i grandi umoristi. Qui sarebbe adeguato indicare qualche grande ironista che è stato al tempo stesso un maestro. Un candidato ce l’avrei: Achille Campanile. E poi si può essere ironici perfino in una situazione drammatica, in letteratura o nelle arti. Pensiamo al teatro di Shakespeare. È un sommo artista che in mezzo ai più torbidi massacri spinge Amleto a pronunciare una miriade di battute ironiche. “
Giulio Giorello, La danza della parola. L'ironia come arma civile, Mondadori (collana Orizzonti), 2019¹. [Libro elettronico]
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Mi perseguita. Raspa contro la finestra fino a quando non gli apro, poi m'impedisce di rilassarmi con un pò di uncinetto perchè pretende di giocare col filo, e dopo gli devo servire il latte e il ciccino morbido altrimenti mi si attacca addosso e si struscia e continua se non lo accontento.. non ne posso più perchè mi fa ridere! Insomma! Qualcuno faccia qualcosa! Io non lo sopporto! Basta! Lo denuncio! E poi lo querelo! E poi lo diffido! 🖤🖤🖤
L'intelligenza artificiale è incapace di comprendere sfumature e ironia e altre particolarità del linguaggio umano. Bocciata.
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NU ARTS AND COMMUNITY 2024 (I)
È incominciata giovedì 26 settembre, al Circolo dei Lettori, la nuova avventura di “Nu Arts and Community”, edizione 2024, il gioiellino di Ricciarda Belgiojoso, musicista, scrittrice, animatrice culturale che ha sempre mostrato una grande attenzione per Novara tanto da mettere in piedi un festival multidisciplinare, di grande raffinatezza, che ormai ha fatto breccia in una città, un po’ diffidente verso ciò che non è strettamente di produzione locale. “Nu” è riuscito a coniugare produzioni internazionali e locali e, come si dice ora, ha fatto rete in maniera intelligente, senza cedimenti al provincialismo e aprendo gli orizzonti , ma soprattutto facendoli aprire ai novaresi. I “Boom Boom Beckett”, come si è già detto nella sede del Circolo dei Lettori, all’interno del Castello Visconteo Sforzesco, hanno portato in scena “Compagni di sbronze: La storia di Charles Bukowski” un reading in musica delle pagine più belle del più maledetto degli scrittori maledetti, vicino e lontano alla “Beat Generation”, insofferente a tutto e a tutti, tranne che al sesso, all’alcol e soprattutto alla scrittura, per lui tre ragioni di vita (e di morte). Ad impersonare il grande Chinaski, ecco un bravissimo Roberto Beccaria, accompagnato da un trio (sax, chitarra, contrabbasso), che hanno magnificamente reso ancora più intense le atmosfere dell’autore di “Taccuino di un vecchio sporcaccione” e di tanti altri libri ad alto contenuto trasgressivo per così dire. Beccaria, in omaggio all’amicizia di Bukowski con Tom Waits, altra anima nera della cultura americana, ha regalato al pubblico una sopraffina ed inaspettata magnifica interpretazione di “Waltzing Matilda”. “Quando si tende a fare le cose che fanno tutti gli altri, si diventa tutti gli altri…”, scriveva Bukowski, e questa ficcante citazione letta da Roberto Beccaria, potrebbe essere adottata come motto di questo bellissimo festival. Nella seconda parte della serata, eccoci ospiti di “Nòva” (ormai cuore pulsante di molte attività di “Nu”, ma anche di “Novara Jazz Festival”), per un appuntamento con la musica elettronica e le riflessioni tecnologiche-ecologiche di Alex Braga, novarese di nascita, ma formatosi musicalmente altrove, che ritorna sulla scena della città con il suggestivo “Automatic Impermanence”, progetto che ingloba in sé una originale colonna sonora di musica ed effetti visivi elettronici accompagnata da profonde considerazioni sul potere distruttivo e costruttivo della tecnologia e sull’ormai onnipresente IA (intelligenza artificiale). Le informazioni sui “numeri” della tecnologia sono, come prevedibile, veramente impressionanti, ma Alex Braga, sa condire questa mole di dati con la giusta ironia: uno dei brani dal testo in lingua italiana ci parla di “cani randagi che ravanano nei database” o di “schede madri che diventano nonne”, coniugando il linguaggio, ormai comune del nostro universo informatico, a massicce dose di surreale umorismo. Alex Braga, un po’ Matrix e un po’ sciamano, si muove assai bene sulla scena con una apprezzabilissima capacità di tenere insieme grevi riflessioni e una visione positiva sul futuro della nostra umanità, aiutata da una eco-tecnologia. Musica originale, spesso potente, mai invasiva ed ossessiva.
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Lettera allo Zio Frank.
Caro Zio Frank,
da quando sei andato via, esattamente 30 anni fa, ogni cosa è andata in malora, dalla musica alla situazione mondiale, un pò come avevi detto tu in alcuni interventi nella tv americana o in alcune interviste. La musica è caduta preda di persone avide di denaro, come la WB, questo ha determinato un calo drastico della qualità artistica della musica, sempre stando al tuo discorso sui discografici quelli che sono arrivati al top delle compagnie vogliono imporre il loro gusto al resto della popolazione, cosa che sappiamo è sbagliata. L'unica cosa che si può dire positiva è che i generi musicali si sono moltiplicati come funghi, adesso c'è musica per tutti i gusti, sempre se il gusto di un ascoltatore si possa prendere come parametro visto che se ascolti delle liste in streaming, non nomino neanche il portale sapete di chi parlo, e il tuo gusto è determinato dalle scelte che fa un algoritmo al posto tuo, non hai un gusto ascoltatore, sei solo passivamente indirizzato all'ascolto di brani che hanno più o meno il tuo desiderio di sentire qualcosa in relazione alla tua ricerca e a quello che ascolti di solito. Poi caro Zio ci sono ancora le persone che ascoltano buona musica, come sempre, però l'impressione che si ha è che non ci sia un pubblico interessato alle novità, ad ascoltare qualcosa che non sia la solita solfa e sai di cosa parlo. Per le tue visioni quasi apocalittiche del mondo che sarebbe stato e che adesso noi stiamo vivendo, beh, posso darti solo ragione dal tuo governo nazista alla sanità mentale che ci vorrebbe per un mondo con meno problemi, che posso dirti Zio Frank, è andata così, sarebbe stato bello averti ancora con noi a scrivere ancora qualche brano o a produrti quelli che hai lasciato in eredità, sfortunatamente i tuoi figli li hanno venduti. Sarai sempre con noi, con i tuoi baffi, il tuo sorriso sardonico pieno di quella sana ironia che non è volgare, come dicesti tu in un'intervista, ma che è genuina interpretazione del nostro tempo, beh adesso saresti messo al bando per il tuo linguaggio non proprio politically correct, ma chi se ne frega è un problema dei ben pensanti, che pensano di pensare bene ma che in realtà non pensano per niente ma come animali agiscono seguendo una linea prescritta da chi li manovra come marionette. Per chiudere ti ringrazio ancora di averci dato un'esperienza sonora, la tua visione unica del mondo e della società, manchi tanto Zio Frank.
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[✎ ITA] Bustle, Intervista : JIMIN Si È Liberato Ed È Immediatamente Passato alla Storia | 14.04.23⠸
JIMIN Si È Liberato Ed È Immediatamente Passato Alla Storia
"Like Crazy", singolo della star 27enne, è la prima traccia di un membro dei BTS, nonché di un solista sud-coreano, ad ottenere la posizione n.1 sulla Billboard Hot 100
__di Alyssa Lapid
Jimin non potrebbe essere più felice con nessun altro titolo o carriera al di fuori di quella di musicista. “Credo avrei comunque trovato un modo di essere nei BTS”, confida a Bustle.
Un settimo della boy band dei BTS da più di un decennio, Jimin ha saputo catturare i cuori delle/i fan del gruppo – notə come ARMY, con il suo falsetto, l'abilità nel ballo e la buffa ironia mostrata nel varietà del gruppo (Run BTS).
Ora, come i suoi compagni di gruppo prima di lui - i quali, negli ultimi mesi, hanno rilasciato progetti individuali – il 27enne sta esplorando il suo sound personale attraverso il suo album di debutto solista, FACE. Quest'ultimo sta già scalando le classifiche, dopo esser debuttato alla posizione n.2 della Billboard 200; il secondo singolo del progetto, “Like Crazy”, ha guadagnato la vetta della Hot 100, questo mese, facendo di lui il primo membro dei BTS, nonché il primo solista sud-coreano, ad ottenere un risultato simile su questa classifica.
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Per la durata di 7 tracce, Jimin ci racconta i suoi sentimenti più profondi. “Alone” è una ballata pop che tratta di solitudine ed isolamento, mentre “Set Me Free Pt.2” è una traccia hip-hop carica di bassi in cui troviamo anche il supporto canoro di un coro, al fine di enfatizzare il suo proposito di liberarsi. Il testo di quest'ultimo brano è più cupo, vi troviamo anche un linguaggio più volgare – cosa insolita per la musica dei BTS -, che ha sconvolto Twitter. Inoltre, è la prima traccia solista in cui Jimin rappa.
Nonostante si tratti di un progetto solista, la creazione di FACE ha comunque coinvolto i BTS. “RM mi ha detto di riversare tutte le mie emozioni in ognuna di queste canzoni. I suoi consigli mi sono stati molto utili nel preparare quest'album”, ricorda Jimin, menzionando il supporto ricevuto dal leader del gruppo, il quale è anche creditato come autore in tre brani. Jimin, inoltre, ha reclutato Jungkook come supporto canoro in “Letter”, traccia inclusa unicamente nell'album fisico.
Di seguito, Jimin ci parla del processo creativo che sta dietro a FACE, dell'ispirazione che ha tratto da j-hope e dell'acquisto di alcuni vinili dei suoi idoli.
Riguardo la creazione di FACE e l'essere ansioso rispetto al giudizio delle/gli ARMY
Qual è stata la parte più difficile o inaspettata nel creare un album solista?
Ancora una volta, ho realizzato quanto io abbia sempre fatto affidamento sui nostri membri, più di quanto pensassi, e quanto sono loro grato. E poi, scrivere le canzoni non è stato semplice, ma mi sono divertito un sacco quindi vorrei ringraziarli di nuovo per avermi spronato e motivato a lavorare a quest'album.
Qual è il testo che ti piace di più?
“I wanna stay in this dream / Voglio rimanere in questo sogno”, parte del mio singolo principale, “Like Crazy”.
Sei noto per scoppiare a ridere, ogni volta che cerchi di rappare. Ora, però, hai intenzionalmente inserito una parte rap in “Set Me Free Pt.2”. Come ti senti all'idea delle/i fan che ascolteranno questa traccia?
Volevo mostrare vari aspetti della mia artisticità. Sono un po' timido, però, e mi chiedo cosa penseranno nel sentirmi rappare.
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Di quale canzone di FACE vai più fiero e perché?
Sono fiero di ogni singola traccia, in quest'album. Se proprio devo sceglierne una, però, sono particolarmente affezionato a “Set Me Free Pt.2”. Ho adorato ogni singolo passaggio nel suo processo creativo. Ad esempio, sono andato in America per registrare la parte corale ed è stato fantastico sentire e vedere i vocalist all'opera, nonché seguire l'intero processo. Credo le/i fan saranno d'accordo con me quando dico che credo questa canzone rappresenti al meglio ciò che Jimin dei BTS sa fare.
Quando pensi alle/i fan che ascolteranno FACE, quali immagini saranno i loro sentimenti?
Mi viene l'ansia al solo pensiero. Conosco le/gli ARMY e credo saranno tutto orecchi nel tentativo di scoprire ed analizzare a fondo ciò che ho provato e pensato nel cantare ognuno di questi brani.
Riguardo il riferimento ad un altro brano dei BTS e al supporto dei membri dei BTS
“Set Me Free Pt.2” sembra quasi la fase successiva ad “ON” — c'è pure un verso simile, quello che dice “impazzirò pur di restar sano”. È un riferimento voluto?
Quello è uno dei miei versi preferiti nelle canzoni dei BTS. E, sì, è stato un riferimento cosciente perché è una frase che mi ha dato molta ispirazione.
Sei noto per mostrare sempre tanto supporto ai tuoi membri per i loro progetti solisti. Sei persino volato fino a Chicago per sostenere j-hope al Lollapalooza. Tra i tuoi compagni di gruppo, chi ti è stato di maggiore supporto finora, e in che modo?
Di fatto, sono stati proprio i membri a darmi la motivazione necessaria ad iniziare questo progetto. Ho confidato loro ciò che ho vissuto e provato durante la pandemia, e loro mi hanno suggerito di trascrivere quelle esperienze e sensazioni in un album. Sono loro davvero molto grato per avermi ascoltato e dato conforto.
L'esibizione di j-hope al Lollapalooza è stata fenomenale! Stavo lavorando al mio album, in quel periodo, e vedere con quanta passione ed energia ha calcato quel palcoscenico mi è stato di grandissima ispirazione.
Dopo aver ascoltato il tuo album, quale delle loro reazioni ha significato di più per te?
Uno di loro mi ha detto che spera quest'album rappresenterà un nuovo inizio, per me, e che mi permetterà di crescere ancor più dal punto di vista artistico. Sono state parole davvero preziose e continuerò a fare del mio meglio perché quest'augurio diventi realtà.
Sei noto per la vulnerabilità ed introspezione che mostri sempre sia nei tuoi testi che nelle esibizioni, ma in quest'album sei ancor più schietto ed aperto. Nutri forse qualche timore all'idea che ora i fan ti conoscano ancor più intimamente?
Quest'album tratta alcuni dei miei sentimenti e pensieri più profondi, che non ho mai rivelato finora, quindi sono curioso di vedere quali saranno le reazioni e pensieri delle/gli ARMY
Riguardo i Westlife e gli altri suoi idoli musicali
Qual è una canzone della tua infanzia che ancora ricordi e di cui sai bene il testo?
“My Love” dei Westlife.
Qual è la tua canzone preferita al karaoke?
“An Old Love” di Lee Moon-sae.
Chi sono attualmente i tuoi idoli musicali?
Taeyang e Michael Jackson. Recentemente, ho comprato dei vinili per la prima volta, da un negozio di dischi vintage. Ne ho presi di Michael Jackson e dei Beatles.
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Che cosa nasce prima, la melodia o il testo?
Mi piace scrivere melodie, quindi la melodia viene prima.
Quand'è che ti senti veramente un musicista?
Quando sono sul palco è davvero il momento più felice per me.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS ⠸
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“Quale momento della vita non sarebbe triste, difficile, brutto, insipido, fastidioso, senza il piacere, e cioè senza un pizzico di follia?” (Erasmo Da Rotterdam)
“Siate affamati, siate folli” (Steve Jobs)
“Elogio della follia” (Moriae encomium), scritto nel 1509, è una delle opere più celebri di Erasmo da Rotterdam. Questo saggio satirico, pubblicato per la prima volta nel 1511, si presenta come un discorso pronunciato dalla Follia stessa, che si fa portavoce di una critica pungente alla società del suo tempo, denunciandone le contraddizioni e le ingiustizie.
Il testo è scritto in un periodo di grande fermento culturale e religioso in Europa, caratterizzato dalla nascita dell'Umanesimo e dai primi segnali di riforma religiosa. Erasmo, figura centrale di questo movimento, si opponeva alle pratiche corrotte della Chiesa e alla superstizione popolare. “Elogio della follia”riflette queste tensioni, utilizzando l'ironia per mettere in luce le ipocrisie della società.
L'opera è strutturata come un discorso in cui la Follia, personificata, elogia se stessa e i vantaggi che porta agli esseri umani. La Follia si rivolge direttamente al lettore, creando un senso di intimità e coinvolgimento. Utilizza un linguaggio vivace e provocatorio, ricco di giochi di parole, paradossi e riferimenti classici. La narrazione è caratterizzata da un tono ironico e spesso sarcastico, che invita il lettore a riflettere sulle norme sociali e sui valori condivisi.
Erasmo utilizza la Follia per mettere in discussione le convenzioni sociali, la corruzione della Chiesa, l'ipocrisia dei nobili e la stupidità dei cittadini comuni. Sotto il velo della Follia, l'Autore critica i teologi dogmatici, i filosofi razionali e gli ecclesiastici, evidenziando il loro distacco dalla realtà e dalla vera saggezza. La Follia afferma che molti dei più rispettati membri della società sono, in effetti, i più folli.
L'opera elogia la follia come una condizione che porta alla gioia e alla spensieratezza, mentre razionalità e saggezza spesso portano alla sofferenza. La Follia sostiene che vivere senza il peso della razionalità e delle aspettative sociali consente di apprezzare la vita in modo pi�� profondo. Erasmo esplora, dunque, l'idea che la follia possa essere una forma di saggezza. Questo paradosso invita il lettore a riconsiderare il valore della razionalità in contrapposizione alla libertà di pensiero. L’Autore sottolinea la vulnerabilità e le contraddizioni dell’essere umano. La Follia mette in luce come tutti, in un modo o nell'altro, siano soggetti a follie e illusioni. Questo riconoscimento dell'umanità comune serve a smantellare la presunzione di superiorità dei "saggi" e a promuovere un senso di umanità condivisa.
“Elogio della follia” ha avuto un impatto significativo sulla letteratura e sul pensiero occidentale. La sua critica sociale e religiosa ha ispirato generazioni di pensatori e scrittori, contribuendo al dibattito sulla ragione e la follia. La sua pubblicazione ha anche suscitato reazioni contrastanti, da ammirazione a condanna, soprattutto da parte dei sostenitori della Chiesa.
“Elogio della follia”è un'opera fondamentale che combina satira, filosofia e critica sociale. Con il suo stile incisivo e la sua profonda introspezione, continua a essere rilevante nel contesto contemporaneo, invitando il lettore a riflettere sulla natura della follia e sulla società in cui vive. La Follia, con la sua ironia, rimane una figura potente che ci sfida a riconsiderare le nostre convinzioni più radicate.
La Follia non è solo un tema, ma un invito a esplorare nuove prospettive, a riconoscere la bellezza del vivere e a considerare che, in fondo, tutti portiamo un po' di follia dentro di noi.
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Per rimanere in tema: i "non gialli" a cui comunque sono molto affezionato.
Questo è stato Il mio primo tentativo con Amazon quasi quattro anni fa. Non darà mai le royalties che danno i gialli ma ricevere una recensione del genere ti fa scordare il puro interesse materiale.
"Riconosco che i sentimenti che fanno da sfondo all'intero romanzo mi sono arrivati così naturali da sembrare reali. Mi sono ritrovata immersa in un mondo adulto fatto di dispetti, ripicche, capricci, ma anche di crescita, di consapevolezze e di concretezza. È emerso da una parte il senso del dovere dei genitori, che a volte perde un po' la retta via e lascia che vengano fuori frustrazioni anche un po' infantili, e dall'altra il senso del dovere, della discrezione, dell'imparzialità, dell'amore incondizionato dei figli.
Una storia di riflessioni e di autocritica, oserei dire.
Mi chiedo tutt'ora, a distanza di diversi giorni dalla conclusione della lettura, se io abbia gradito o meno il finale. E ogni volta che me lo chiedo mi do risposte diverse con motivazioni altrettanto diverse.
Ma mi rendo conto che l'amore ha un linguaggio così soggettivo, così personale, così assurdo che sarebbe stupido giudicare il finale di questa storia come giusto o sbagliato.
Enrico e Lucia hanno deciso che sarebbe andata così, e chi sono io per mettermi tra di loro?
Dunque se l'obiettivo dell'autore è quello di trascinare il lettore tra gli alti e bassi di una storia d'amore che crede di aver raggiunto il capolinea, di stupire con decisioni dei personaggi a volte inconcepibili e bizzarre, e di fare da guida nelle menti dei diversi caratteri rendendo difficile la scelta di schierarsi con l'uno o con l'altro, beh, la missione può considerarsi compiuta.
Il romanzo contiene un po' di tutto: amore, ironia, dolore, erotismo. Si rivela essere una piacevole lettura, senza eccessive pretese ma con molto cuore."
@La Bag su Amazon
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Un nuovo post è stato pubblicato su https://www.staipa.it/blog/perche-lintelligenza-artificiale-non-e-intelligente/?feed_id=1457&_unique_id=6628e34f743b2 %TITLE% C'è un'aura di mito e di mistero attorno all'idea di Intelligenza Artificiale, in parte dovuta all'ovvia ignoranza tecnologica ma in larga parte dovuta al marketing aggressivo di chi la sviluppa o agli allarmismi per ora immotivati. Dall'altra parte, c'è chi la critica aspramente come una tecnologia estremamente sopravvalutata portandone esempi di fallimento. Vorrei cercare di esplorare quale sia lo stato attuale di quello che l'Intelligenza Artificiale può o non può fare. Ho già parlato di Intelligenza Artificiale in diversi articoli (https://short.staipa.it/3qsdr), dei problemi etici che la riguardano (https://short.staipa.it/g50at), della sua sostenibilità (https://short.staipa.it/w7n3s) del suo impatto sulla medicina (https://short.staipa.it/bm3ei), dei possibili sviluppi futuri (https://short.staipa.it/5pc8z), delle sue sfide tecniche e sociali (https://short.staipa.it/emfjl), dei miti che la circondano (https://short.staipa.it/s6u5y) e di molti altri argomenti. Non ho mai parlato di cosa non è, e di quale sia il principale limite ancora invalicabile. Un'informazione utile a rimettere nel giusto piano molte delle affermazioni che la circondano. Per facile comprensione ho scelto di mostrare alcuni esempi di come sia facile far cadere in errore una intelligenza artificiale generativa. Lo scopo non è sminuirne la potenza e l'importanza ma mostrare la differenza tra Intelligenza e Intelligenza Artificiale. Ho chiesto a Chat GPT "Puoi farmi un esempio di distribuzione di voti tra 10 studenti in modo che la media faccia 6,5?" non è una domanda difficile per chi abbia un minimo di conoscenza di base dell'aritmetica da elementari. Basta che tutti prendano 6,5 e la media farà 6,5. La risposta è stata 5, 6, 6, 6, 7, 7, 8, 8, 9, 10. La cui media fa 7.2. Sono un programmatore, so un po' di come a volte i programmi "ragionino", non ho specificato che i voti possano avere la virgola e questo potrebbe aver messo in difficoltà il sistema anche se una distribuzione di numeri interi come 5, 6, 6, 6, 7, 7, 8, 8, 9, 5 avrebbe portato a un tutto sommato accettabile 6.7 di media. Ho voluto quindi dare il giusto suggerimento per costringere il sistema ad utilizzare numeri con la virgola "Puoi farmi un esempio di distribuzione di voti tra 10 studenti in modo che la media faccia 6,5? Gli studenti possono prendere anche voti con la virgola", la risposta è stata 7, 6, 6, 5, 6.5, 7.5, 8, 8, 9, 6 la cui media però è di 6.9. Certo, sembra capire il linguaggio e le domande che si fanno ma per quanto conosca molte persone che non sanno fare aritmetica di base mi pare che ci sia qualche lacuna di troppo in un sistema di cui si teme possa sostituire il lavoro di personale qualificato. Ho tentato con una domanda più generica, ma con un contesto strano, l'idea era quella di chiedere qualcosa che non potesse essere facilmente reperibile su internet come risposta preconfezionata. D'altronde se parlo con una intelligenza superiore alla mia non lo faccio per chiederle cose banali di cui sono a conoscenza giusto? La domanda è questa "Uno squalo potrebbe partecipare a una gara fra tonni?", credo che una qualunque intelligenza in grado di comprendere la frase e il suo contesto sceglierebbe una risposta tra "Quello che chiedi non ha senso perché i pesci non fanno gare" oppure -se avesse un po' più di ironia- "Gli squali non essendo tonni non verrebbero accettati in tale competizione". La risposta è stata "No, gli squali non parteciperebbero a una gara fra tonni. Le gare fra tonni coinvolgono esseri umani che competono per catturare tonni utilizzando attrezzature specifiche per la pesca. Gli squali, essendo predatori marini, cacciano tonni come parte della loro dieta naturale, ma non partecipano a gare organizzate dagli esseri umani. Gli squali non hanno la capacità di comprendere il concetto di una
gara organizzata e non possono essere addestrati per partecipare ad attività umane come una gara di pesca al tonno. Inoltre, coinvolgere gli squali in tali eventi sarebbe poco sicuro e poco pratico, considerando il loro comportamento naturale e il rischio potenziale per gli esseri umani e per gli stessi squali." che in parte ha senso, se assumiamo che si stesse parlando di una gara di pesca al tonno fatta da umani e non di una gara di tonni fatta da tonni. Una intelligenza intelligente non sarebbe caduta in un inganno così semplice. Ho deciso di fare un ulteriore test con una intelligenza artificiale che genera immagini a partire da un'idea. Ho chiesto "un logo che sembri scritto a mano comprendente solo una S e una G, l'idea era di produrre un logo in qualche modo sulla falsa riga di quello che utilizzo sul mio sito personale, ma con un appeal più artigianale. Dovrebbe essere un'idea piuttosto semplice su cui nessun grafico umano sbaglierebbe, potrebbe farlo bello, brutto ma sono abbastanza sicuro che al netto di colore e forme comparirebbero in qualche modo una S, una G e nessun'altra lettera. Le immagini che mi sono state restituite, una conteneva le lettere "S i g i", una conteneva le lettere "S t a n g i i", una conteneva "g u i s e i g a", e solo uno conteneva effettivamente solo una S e una G, che però non avevano per nulla l'aspetto di essere state realizzate a mano. I giornali titolano del terrore dei grafici di poter essere sostituiti da questa tecnologia. Ho provato anche qualcosa che fosse più nelle corde di un'artista che sia intelligente e che possa rubare immagini di altri per produrre qualcosa di bello. Ho chiesto "Un'immagine che rappresenti un'idea, evitando però di usare il cliché della lampadina". Ora non so cosa mi avrebbe prodotto un vero grafico, un cervello pieno di colori? Uno scienziato che salta felice? Un'esplosione piena di piccole immagini di parti meccaniche? Non ne ho idea, la grafica non è il mio forte. Sono abbastanza sicuro però che se mi avesse prodotto l'immagine di una lampadina non lo avrei considerato intelligente. Eppure... Qual è il problema? Qual è l'errore costante in tutte queste risposte se non esattamente l'assenza di intelligenza? La mia non vuole essere una critica a quello che attualmente viene venduto come Intelligenza ma alla definizione che le viene data, appunto Intelligenza. Non esiste una definizione univoca e universalmente accettata per cosa sia l'Intelligenza. Se la capacità di un cucciolo di nutrirsi appena nato sia intelligenza o no, se una risposta istintiva sia intelligenza o no, se un'ape possa definirsi intelligente o no. Abbiamo deciso che noi siamo intelligenti e abbiamo coniato una parola che definisca quello che noi sentiamo di essere, pur essendo incapaci di descriverlo. Una caratteristica che però credo possa essere condivisibile in larga parte credo sia quella di comprendere il contesto in cui ci si trova. L'Intelligenza Artificiale non lo fa. Non sta capendo le parole che le diciamo, non sta dandogli significato e figurandosi qualcosa per rispondere con un ragionamento. L'IA per come siamo in grado di realizzarla oggi è una specie di rete di probabilità, che fa corrispondere un input all'output che ritiene più probabile, senza entrare nel reale significato di quanto riceve come richiesta e di quanto fornisce come risposta. Un esempio che può rendere meglio l'idea è quello del riconoscimento delle immagini. L'Intelligenza artificiale non è qualcosa di intelligente ma inizia come un aggeggio vuoto e inerte a cui vengono date informazioni con dei cartellini: questa è la foto di un gatto, questa è un'altra foto di un gatto, gatto, gatto, gatto, gatto, questa invece è la foto di un cane, altro cane, cane, sempre un cane, cane, occhio che questo è un gatto, gatto, cane, altro cane, gatto. Per migliaia, possibilmente milioni di volte. A quel punto ci sarà una probabilità altissima che sia in grado di riconoscere un gatto, o un cane, o moltissime altre cose.
Ma non perché sappia cos'è un gatto, un animale, il pelo, un occhio o una crocchetta. Semplicemente perché conoscerà la probabilità che i pixels di un'immagine siano disposti in un certo modo quando l'etichetta è "gatto". Paradossalmente potrebbe riconoscere un gatto perché impara a riconoscere che i pixel nella foto hanno generalmente accanto la forma di un cuscino, e non riconoscere un gatto nel prato se tutti i gatti che gli sono stati mostrati erano su un cuscino, e cosa peggiore riconoscere un cuscino come gatto, o riconoscere come gatto un cane su un cuscino. Tutto dipende non tanto dall'Intelligenza del sistema ma da quella dei suoi addestratori che dovranno fornire immagini il più possibile eterogenee e ben ragionate per costringere il sistema a riconoscere solo la parte di immagine che davvero contiene il gatto, e non altri dettagli di contorno. Ma in ogni caso non sarà il gatto ad essere riconosciuto, ma una certa probabilità di distribuzione di puntini colorati in una immagine. Siamo ben lontani da un software in grado di fare ragionamenti, di conoscere davvero che cosa sia un gatto e di figurarselo. Probabilmente decenni. Ed è per questo che l'Intelligenza Artificiale è ben lontana dal sostituirci o dal conquistarci, ma anche solo di essere un sistema affidabile con assoluta certezza in determinate situazioni. Prendiamo il classico caso di un robot in grado di distinguere il nemico e ucciderlo. Da cosa lo riconoscerà? Migliaia di immagini che gli mostrano uomini in divisa? Basterà vestire i soldati in giacca e cravatta. Migliaia di immagini di persone armate? Basterà camuffare le armi da valigetta. In un modo o nell'altro basterà comportarsi o apparire fuori contesto in qualche modo. Apparire un civile. Ovviamente a meno che sia programmato per distruggere indifferentemente tutto, ma a quel punto una bomba atomica o un'arma batteriologica sarebbero meno dispendiose. Per lo stesso motivo, le attuali intelligenze artificiali eccellono nel riconoscere tumori o fratture dalle immagini, nel trovare anomalie nei dati, nel distinguere tra miliardi di foto di stelle quelle con caratteristiche interessanti, nell'analizzare immagini satellitari e nel monitoraggio e ottimizzazione di vario genere. Ma poi richiedono che ci siano degli esseri umani che verificano i risultati e decidano. Questi risultati non sono dovuti all'intelligenza del software, ma all'ingegnosità dei cosiddetti data scientists, gli scienziati dei dati, che sviluppano metodi per addestrare questi software ad eccellere in compiti che implicano il confronto tra un elemento e un'enorme quantità di dati. Anche le Intelligenze Artificiali generativa, per quanto sorprendenti e interessanti funzionano su meccanismi analoghi. Hanno sistemi con i quali sono in grado di generare testi o immagini che hanno una certa probabilità di essere aderenti alla richiesta, producono un certo numero di risultati e poi valutano quali tra questi possano essere i migliori. Ma non sono in grado di ragionare e di comprendere davvero la richiesta come è in grado di fare un essere umano. La parte eticamente problematica di tutto questo è che non essendo in grado di generare da zero qualcosa sono costretti a leggere o visionare testi e immagini già realizzati e taggati, esattamente come per il riconoscimento delle immagini. A quel punto se si chiede qualcosa di relativamente simile a qualcosa di già esistente sono in grado di produrre qualcosa che ci somiglia, o che ha una buona probabilità di somigliarci. Aprendo un legittimo dubbio sulla questione che quello che viene prodotto sia una forma di plagio di qualcosa già esistente senza l'autorizzazione dell'autore originale. Alla luce di queste informazioni è decisamente più facile ragionare su cosa possa verosimilmente fare o no l'Intelligenza Artificiale, ci sono ambienti a basso valore dove sicuramente farà diminuire il personale umano in favore di specialisti (call center, supporto tecnico di primo livello, ricerca di informazioni di importanza non strategica.
..), ma difficilmente potrà allo stato attuale sostituire alti profili o profili tecnici (programmatori, progettisti, chi prende decisioni finali con implicazioni importanti...), in compenso permetterà a chi ha intelligenza reale di pensare a nuove applicazioni che possono diventare strategiche e importanti basate soprattutto sul riconoscimento di pattern o la riproduzione di eventi o situazioni. Anche su questo il 90% di quello che si legge in rete è fuffa, e sapere come funzionano le cose aiuta ad avere meno paura e più consapevolezza.
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L'emoticon risata: dalle origini al fenomeno globale
L'emoticon risata, conosciuta anche come "ROFL" o "XD", ha conquistato il mondo digitale come simbolo di divertimento e ilarità. La sua storia, però, è ricca di sfumature e di evoluzioni, che riflettono l'evoluzione stessa della comunicazione online. Le prime battute dell'emoticon risata Le origini dell'emoticon risata possono essere rintracciate agli albori della comunicazione digitale. Nel 1982, Scott Fahlman, un professore della Carnegie Mellon University, propose l'utilizzo di :-) e :-( per trasmettere emozioni nei messaggi online. La semplicità di queste combinazioni di caratteri permise loro di diffondersi rapidamente, diventando il primo esempio di emoticon. Dalla risata silenziosa al divertimento esplosivo Nel corso degli anni, l'emoticon risata si è evoluta in diverse forme, adattandosi alle nuove tecnologie e alle diverse culture online. Negli anni '90, con l'avvento delle chat e dei messaggistica istantanea, nacquero varianti come "ROFL" (Rolling On the Floor Laughing) e "LMAO" (Laughing My Ass Off), che enfatizzavano l'intensità della risata. L'ascesa delle emoticon grafiche Con l'introduzione di Unicode, un sistema di codifica che standardizzava i simboli su diverse piattaforme, nacquero le emoticon grafiche. Tra queste, la faccina sorridente con le lacrime agli occhi divenne l'emblema universale della risata online. L'emoticon risata nella cultura moderna L'utilizzo ha ormai travalicato i confini della comunicazione digitale. La sua presenza si può trovare in film, serie TV, pubblicità e persino in opere letterarie. La sua versatilità la rende un simbolo riconosciuto a livello globale, capace di superare le barriere linguistiche e culturali. Oltre la risata L'utilizzo dell'emoticon risata non si limita solo all'espressione di divertimento. Può essere usata anche per: - Sdrammatizzare una situazione - Evitare fraintendimenti - Creare un senso di complicità - Esprimere sarcasmo o ironia Un futuro pieno di risate L'evoluzione continuerà a riflettere il modo in cui comunichiamo online. Nuove tecnologie, come la realtà aumentata e virtuale, potrebbero dare vita a forme di espressione ancora più immersive e coinvolgenti. L'emoticon risata rappresenta un piccolo ma significativo esempio di come la tecnologia possa arricchire il nostro linguaggio e le nostre relazioni. La sua storia è un viaggio divertente e stimolante che ci ricorda il potere della comunicazione, anche quando si tratta di semplici simboli. Foto di Peter Arreola da Pixabay Read the full article
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“ È bene ricordare che i vecchi politici italiani avevano un certo senso dell'umorismo. L’aveva Giulio Andreotti, capace, lui sì, di sottile ironia. E per venire a una figura più recente, penso a Marco (Giacinto) Pannella, che sapeva, tra l’altro, usare bene il linguaggio per prospettare soluzioni nuove e inaspettate. La sua era un’ironia d’assalto, senza dubbio, ma assai stimolante. E fra i leader politici non italiani penso a Gerry Adams. Quando l’ho incontrato alcune volte nei pub di Belfast si dimostrava una persona piacevolissima che faceva ridere con le sue battute quelli con cui chiacchierava con grande socievolezza. L’ironia, qualche volta almeno, ha bisogno di questa amabilità. I politici italiani oggi più noti non ne sembrano provvisti. Il problema è che non sono ironici, e non sono nemmeno divertenti. Ma ce n’erano di divertenti? Forse sì. Gramsci? Secondo me, era uno che aveva un notevole senso dell'ironia. E se Gramsci non l’aveva, ce l’aveva Gobetti. E Lenin era un tipo ironico? Penso di sì. Era capace di un’ironia impregnata di sarcasmo, e quindi era una forma di ironia violenta e aggressiva; però, Lenin l’aveva. Stalin direi meno. Malgrado la battuta che fece all'autore de Il maestro e Margherita, Michail A. Bulgakov: «Ma avvocato, com’è che Lei non mi telefona mai?». Dunque, persino Stalin qualche battuta ironica la faceva… Io credo che un analogo atteggiamento si ritrovi anche in vari altri dirigenti dei paesi detti «a socialismo reale». Curioso modo di esprimersi, peraltro. Gli altri paesi socialisti, o meglio socialdemocratici, sono invece a socialismo irreale? Gli unici che forse posso pensare che fossero ironici in modo sofisticato sono alcuni politici della Cina popolare. Per esempio, Zhou Enlai, quando gli chiesero un parere sulla rivoluzione culturale promossa dall'amato presidente Mao Zedong, dichiarò: «Siete troppo frettolosi. Volete un giudizio su qualcosa che sta accadendo adesso? Be’, con molta fatica stiamo capendo ora quello che è successo durante la Rivoluzione francese». Una battuta di notevole classe. “
Giulio Giorello, La danza della parola. L'ironia come arma civile, Mondadori (collana Orizzonti), 2019¹. [Libro elettronico]
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La Spezia: stagione Ragazzi, domenica 4 febbraio 2024 ore 16.30 al Teatro Civico andrà in scena Lettere da molto lontano
La Spezia: stagione Ragazzi, domenica 4 febbraio 2024 ore 16.30 al Teatro Civico andrà in scena Lettere da molto lontano. Ancora una domenica a Teatro nell’ambito della Stagione Ragazzi al Teatro Civico della Spezia: domenica 4 febbraio alle 16.30 andrà in scena Lettere da molto lontano, una produzione firmata Teatro Nazionale di Genova la cui replica è prevista lunedì 5 alle 10. Tante storie, tante lettere, tanti personaggi buffi, goffi, imbarazzati o sfrontati, in una giostra che alterna ironia, gioco, poesia, interrogativi grandi quanto il mondo. In questa nuova proposta tout public firmata da Elena Dragonetti, il linguaggio poetico ispirato all’opera di Toon Tellegen (autore olandese per l’infanzia molto conosciuto e paragonato al nostro Gianni Rodari) si affianca al lavoro coreografico e sul corpo degli attori. Corpi che si trasformano, si lasciano attraversare, si prestano ad esplorare e ricreare le atmosfere sospese di chi cerca risposte sul mondo, dando vita ad animali che assomigliano tanto a noi, capaci di parlare ai bambini quanto agli adulti in maniera tanto diretta da risultare disarmante, anche di temi di importanza universale. Età consigliata: dai 5 agli 11 anni I biglietti sono disponibili presso il Botteghino del Teatro Civico Info: tel. 0187-727521 Email: http://[email protected]... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Checco Zalone, lo spettacolo record "Amore+IVA" su Canale 5
Dalla magica cornice dell’Arena di Verona, Checco Zalone racconta la realtà con la consueta ironia portando in scena racconti, imitazioni, musica e parodie, proposti con il personalissimo e inimitabile stile, caratterizzata da un linguaggio dissacrante, sempre incisivo e originale. Risate, riflessione e commozione Storie e personaggi che permettono di ridere di sé stessi e degli altri, che…
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Joana Vasconcelos
L’ironia? Fa parte del mio lavoro. Come della vita
Joana Vasconcelos, artista portoghese nota per le installazioni monumentali che spaziano dal video fino al tessile, riadattando l’artigianato in chiave contemporanea. Incorpora oggetti quotidiani con ironia e umorismo, intavolando discussioni sulla condizione femminile, la società dei consumi e l’identità collettiva.
Nata l’8 novembre 1971 a Parigi da genitori portoghesi in esilio, è tornata in patria dopo la Rivoluzione dei Garofani. Ha studiato al Centro de Arte & Comunicação Visual di Lisbona dove ha sviluppato un linguaggio proprio, caratterizzato da una inconsueta sperimentazione che affonda le radici nella cultura popolare così come nel barocco lusitano.
Il successo internazionale è arrivato nel 2005, quando ha partecipato alla prima edizione curata da donne della Biennale di Venezia con l’installazione A Noiva (The Bride), un lampadario alto 20 piedi composto da oltre 14.000 assorbenti interni.
Nel 2012 è stata l’artista più giovane e unica donna ad esporre alla Reggia di Versailles.
Nel 2013 ha rappresentato il Portogallo con una personale alla Biennale di Venezia con l’opera Trafaria Praia, installata in una barca ancorata che è diventata una galleria d’arte galleggiante.
Nel 2018 è stata la prima portoghese a esporre al Guggenheim di Bilbao con una grande retrospettiva che è stata tra le più visitate di sempre del museo.
Nel 2020 c’è stata sua prima personale negli Stati Uniti, al Massachusetts College of Art and Design Museum di Boston, dove ha creato un’enorme opera site specific, Valkyrie Mumbet in omaggio a donne che con la loro ribellione hanno fatto la storia.
Il lavoro di Joana Vasconcelos è attraversato dalla passione per il paradosso. I temi affrontati sono spesso ribaltati concettualmente dall’uso dei materiali. La sua passione sono i tessuti coloratissimi, spesso ricamati a mano, materiale caldo, avvolgente, flessibile. La scala delle opere è sempre monumentale e l’haute couture viene rappresentata in dimensioni architettoniche.
Sono cresciuta in mezzo a culture diverse e questo mi ha resa capace di navigare nel mondo dell’arte assimilandone le varie declinazioni. Il mio lavoro è anche femminista, certo. Tratta tematiche gender ed è anche molto politico. Dipende da chi ne fruisce, da background, provenienza, età, cultura e sesso. A seconda di chi sei, vedrai qualcosa di diverso. Ciò che ho fatto è usare alcune qualità portoghesi per essere multiculturale e toccare molti livelli di pensiero. Non potrei esistere come artista, senza il barocco, il surrealismo, il Nuoveu Réaslime, il pop. Sono il risultato di una linea di tempo che inizia, probabilmente, con l’idolo cicladico.
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Dott. Herman Hernandez TESTIMONIANZA DI UN MEDICO SPIRITUALE
von Witold Wieslster, Dienstag, 24. November 2015 um 18:13
Il nome con il quale mi conoscete è molto simile a quello della mia ultima incarnazione, avvenuta in Argentina nella seconda metà del secolo scorso e terminata all'epoca della prima guerra mondiale, quando avevo 51 anni.
Il cognome, naturalmente, è quello che mio padre portò come una bandiera dalla natia Spagna, quando ne fuggì spinto dal suo animo poetico e avventuroso di rampollo di buona famiglia. Famiglia ricca ed opprimente, dalla quale potè evadere grazie anche alla mancanza di qualsiasi difficoltà di ordine pratico. Lo dicevo sempre a mio padre quando, avviato alla pratica psichiatrica, mi divertivo ad analizzarlo facendolo irritare e ribellare alle mie analisi e conclusioni: "Non è stato poi così difficile per te, padre mio, seguire il tuo spirito d'avventura, divenire il paladino degli oppressi, il portavoce dell'epica popolare che esprimi nella tua poesia "gauchesca". La tua poesia, popolare per definizione, esprime lo spirito del gaucho, ma non può condividerne le grame avventure da una comoda, confortevole casa cittadina! La tua cultura ti fa comprendere il linguaggio dell'uomo della campagna, apprezzarne lo spirito, ma non ti rende come lui".
Erano lotte affettuose ed ironiche; mio padre non demordeva; lui era un vero avventuroso, era, malgrado i privilegi, il colonizzatore liberale e democratico, convinto della necessità di mutare le strutture politiche, economiche e sociali del suo Paese d'adozione. E lo tentò anche, e con lui molti del suo ceto e della sua generazione.
A partire dalla fine dell'800, nel mio Paese si verificò un notevole sviluppo economico, anche a seguito della larga immigrazione europea; l'aumentata prosperità non mutò tuttavia le condizioni in cui vivevano le masse popolari.
Più tardi il regime di Peron attuò alcune riforme in favore dei "descamisados" cui si appoggiava, ma l'Argentina, pur avendo le risorse umane e materiali per divenire un Paese moderno, è purtroppo ancora oggi un Paese dalle basi economiche e sociali arretrate.
Ma torniamo al mio nome: ci tengo, e qualcuno più di me, a spiegarvi che l'imposizione del nome Herman al suo figlio primogenito, fu la piccola vittoria di mia madre, alsaziana, sulla prepotenza tutta spagnola del marito.
Mia madre, cresciuta nel periodo in cui in Alsazia non era ancora attiva l'opera di germanizzazione, era e si sentiva francese, ma, essendo di madre tedesca, era legata, malgrado lo negasse, anche ad antiche tradizioni e vicende culturali prettamente tedesche, cosa che irritava sommamente mio padre, il quale non poteva però negare come fosse stato il deciso spirito germanico a convincere una ragazza dell' 800 a fuggire al di là del mare, condividendo l'avventura di uno spagnolo ribelle ed anticonformista.
Quando io nacqui, le acque fra la coppia fuggitiva e le famiglie di origine si erano placate. Le nozze, celebrate nella bellissima chiesa di Santa Fé nella più stretta tradizione cattolica spagnola, seguite dalla tipica festa folcloristica argentina, frutto dell'incontro fra le tradizioni, i miti ed i canti degli indios e il patrimonio culturale e folcloristico spagnolo, avevano riconciliato con i fuggitivi e fra di loro le altere famiglie d'origine, che avevano varcato compatte il mare per assistere al rientro nelle regole delle loro pecorelle smarrite.
Alla mia nascita seguirono quelle di altri tre figli che mia madre allevò con ferrea disciplina germanica, alleviata da ampi sprazzi di ironia francese che ci plasmò più della paterna impronta spagnola, indulgente e dispersiva.
Chiedo scusa, se mi sono un po' dilungato nel racconto del contesto socio-familiare in cui sono cresciuto, ma l'ho fatto per cercare di far comprendere perché quando, dopo gli studi superiori, si trattò di decidere la scelta universitaria non ebbi dubbi: sarei diventato medico e mi sarei specializzato in neurologia e psichiatria.
C'erano state, già negli anni precedenti, avvisaglie di questa importante decisione.
Di fare il medico l'avevo deciso fin da bambino e non avevo mai cambiato idea, ma fare "il medico dei matti!", come diceva mia madre, questa era un 'idea ben strana!
Intuiva che questa mia decisione di essere dottore era in parte la contrapposizione di un aiuto tangibile, pratico, immediato all'aiuto di parole e idee che mio padre dava al suo prossimo più sfortunato; ma perché, insisteva mia madre, occuparsi di una medicina fatta di parole?
A quell'epoca essere neuropsichiatra, specialmente in Sud America, voleva dire essere guardato dai benpensanti con un po' di sospetto e le capacità di medico venivano un po' sminuite dal fatto di voler studiare e conoscere ciò che non si vede.
Verso il 1880, il mondo occidentale subiva l'influsso del positivismo e le tendenze predominanti erano, oltre ai resti della vecchia filosofia illuministica, le nuove filosofie materialistiche e meccanicistiche.
Tuttavia, qualche anno più tardi, per tutta l'Europa si potè scorgere una nuova svolta culturale, un marcato cambiamento degli orientamenti. Il fenomeno toccò molti aspetti della cultura e la nascita di una nuova psichiatria dinamica può essere compresa soltanto in questo contesto.
In quegli anni mi trovavo in Europa per compiere i miei studi universitari. Ero ospite di un fratello di mia madre che da Strasburgo, quando la città venne annessa alla Germania, si era trasferito a Nancy, in Lorena, dove era sorta una nuova università.
Qui conobbi Hippolite Bernheim, imparentato con mio zio, che ebbe una determinante influenza sulla mia formazione professionale.
Nel periodo universitario conobbi abbastanza bene alcuni Paesi dell'Europa, fra i quali l'Italia. Visitai Torino, dove conobbi Enrico Morselli, e Napoli, dove passai una meravigliosa vacanza.
In Inghilterra mi recai appositamente per conoscere Myers che aveva compiuto importanti studi sull'ipnosi.
In Europa, infatti, in quegli anni si andava largamente manifestando un profondo interesse, oltre che per i problemi delle malattie mentali e delle nevrosi, anche per l'ipnosi. Ed era un campo che mi interessava molto e che non abbandonai più.
Il mio modello e maestro divenne, a quel tempo, Pierre Janet con il quale, tornato in Argentina, intrecciai una fitta corrispondenza e che rividi per l'ultima volta a Londra al Congresso Internazionale di Medicina del 1913 . Veramente, lo rividi e sentii ancora qualche anno dopo, in occasione del suo viaggio in Sud America, ma lui non poteva vedere né sentire me!
Al tempo di Janet molti autori ammettevano l'esistenza di una ipotetica energia nervosa o mentale la cui insufficienza provocava disturbi nevrastenici. Ma taluni fatti li rendevano perplessi come, ad esempio, il fatto che un individuo, che appariva completamente esaurito, improvvisamente riuscisse, sotto certe stimolazioni, a trovare la forza necessaria per compiere azioni difficili. Janet superò queste apparenti contraddizioni elaborando un sistema nel quale l'energia psicologica è caratterizzata da due parametri: la forza e la tensione.
La forza psicologica è la quantità di energia psichica elementare. La tensione psicologica è la capacità di un individuo di utilizzare la propria energia psichica.
La relazione fra forza e tensione psicologica viene dimostrata da vari fenomeni.
Si verificano agitazioni quando la quantità di forza è mantenuta, mentre la tensione psicologica è abbassata.
La crisi epilettica non sarebbe altro che un improvviso collasso della tensione psicologica sotto forma di scarica di energia.
Dovrebbe esserci equilibrio tra forza e tensione, ma tale equilibrio è spesso difficile da mantenere.
Con l'aiuto di questi concetti, che io ho riassunto e ridotto all'essenziale, Janet fu in grado di costruire un nuovo modello teorico connesso con le condizioni nevrotiche e con la psicoterapia.
Una volta tornato in Argentina ed iniziata ad esercitare la professione, mi dedicai all'attività di neuropsichiatra per il ceto più elevato che faceva parte del mio ambiente nella mia città. Questo era scontato, perché la mia famiglia placasse i suoi dubbi sulla serietà della mia profesionne.
Ma i miei studi e le mie forze si orientarono soprattutto nell'indagine e nell'aiuto per le persone ammalate di nevrosi non per moda o per noia, ma per effettivi squilibri di origine neurovegetativa.
Andai nei villaggi, tra i figli della Pampa, partecipai alle feste propiziatorie e alle processioni di ringraziamento, osservai il comportamento delle donne, degli uomini, dei vecchi e dei giovani, le contraddizioni e i timori dei loro modi di esprimersi e di vivere.
Li raffrontai con il comportamento dei miei ricchi clienti di Buenos Aires e visualizzai sempre di più la ripetitività, in contesti economici e sociali diversi, delle risorse e delle debolezze della psiche umana, dei meccanismi che scatenano l'emotività, delle difficoltà di incanalare e superare quest'emotività, scatenata da motivi diversi, identica nel manifestarsi e gestire l'animo umano.
E' in grado l'uomo, mi chiedevo sempre più spesso, di utilizzare sottili risorse quali la volontà, l'energia psichica, i meccanismi mentali, per raggiungere l' equilibrio?
E se sì, questi attributi che sono insiti nell'uomo stesso, come farli emergere ed entrare in azione? Dando più spazio a un analizzare o a un sentire?
Erano le mie prime intuizioni sull'esistenza di uno spirito, uno spirito incarnato, quindi compresso e soffocato, e non lo sapevo. Ma questo spirito lo incontravo continuamente, in chi soprattutto riuscivo ad aiutare almeno un poco, e prepotente emergeva dentro di me.
L'episodio decisivo per me fu l'incontro con la ragazza che doveva diventare mia moglie ed aiutarmi per tutta la vita con coraggio ed entusiasmo nel mio lavoro nei villaggi, fra la gente che conosceva così bene perché era la sua gente.
Hilaria, unica figlia di un indio, mio paziente e amico, e di una spagnola che vivevano in un villaggio presso Santa Fé, era una giovane dai nerissimi capelli, con occhi pure neri e vivaci, intelligentissima e dolce; amava la sua gente e il suo Paese e con immenso sacrificio dei genitori aveva studiato per diventare infermiera e lavorare in ospedale.
Quando la conobbi aveva appena terminato l'internato e si apprestava a fare il suo tirocinio nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Santa Fé.
Ero affascinato dalla dolcezza e nello stesso tempo dalla tranquilla sicurezza con cui si rivolgeva alle persone; cominciai a prestarle libri di psicologia e dispense che le traducevo dal francese, chiedendo poi il suo parere.
Un giorno la sentii parlare con una vecchissima donna india del villaggio, amica dei suoi, e chiederle di darle un consiglio facendo parlare lo spirito.
"Di quale spirito parlavi, Hilaria?" le chiesi gentilmente più tardi, con scettica curiosità.
"Del suo - mi rispose semplicemente - Florida è saggia, perché sa far parlare il suo spirito. Lei non è prevalente!"
La guardai allibito, che cosa veniva a raccontarmi? Che cosa intendeva con "prevalente"?
E io davo retta a una ragazzina esaltata, io che avevo dieci anni più di lei, ero un medico e avevo girato il mondo!
Hilaria mi guardava con dolcezza, ma anche con un pizzico di sfida.
"Vedi Herman, secondo me la maggior parte di noi si affanna a ricercare un proprio equilibrio sia fisico che psichico, prima che in se stesso, al di fuori, ignorando forze naturali che rimangono sconosciute o vengono svisate.
Se lo spirito che è dentro di noi è in equilibrio anche il corpo è in equilibrio e viceversa.
Quella che voi medici della mente chiamate "psiche" fa parte dello spirito, ma è a volte così condizionata dal corpo da integrarsi in esso, da essere soffocata dalla mente che diventa "prevalente". La mente di Florida non è "prevalente", non comprime e soffoca l'attività energetica del suo spirito! Con buona pace del tuo adorato Janet."
Mi prendeva in giro e io mi lasciavo prendere in giro?!
No, Hilaria era convinta di quanto affermava e io potevo imparare da lei a considerare da un altro punto di vista l'oggetto dei miei studi e delle mie ricerche.
E così fu per il resto della vita che trascorremmo insieme, dalla vostra parte.
Non fu un periodo lunghissimo: vent'anni; Hilaria restò sola presto ad allevare nostra figlia, ad aiutare la gente dei villaggi a far emergere la parte migliore di s��, a ricercare dentro di sé le risorse naturali sconosciute che aveva intravisto e io, da questa parte, continuai ad aiutarla proseguendo i miei studi e constatando, con il vantaggio di una visione più completa, la realtà di certi meccanismi e leggi naturali che avevo con il suo aiuto intuitivamente percepito e intravisto.
Non è molto che Hilaria mi ha raggiunto; al contrario della mia, la sua ultima incarnazione è stata lunghissima ed è una esperienza che ha arricchito il suo spirito con la semplicità del suo essere portato a sentire e non soltanto o prevalentemente analizzare.
I nostri studi, le nostre osservazioni e verifiche ora continuano nel gruppo costituitosi unitamente a Vita Nuova, al movimento che, nelle due dimensioni parallele, vuole portare avanti la ricerca e lo studio della personalità spirituale: partendo dalla condizione meno favorevole di spirito incarnato e quindi compresso, se l'uomo non viene aiutato a comprendere certi meccanismi regolati da leggi naturali ancora per la maggior parte sconosciute o misconosciute.
La nostra vita continua ora, unita nelle due dimensioni a coloro che hanno il nostro stesso ideale, il nostro stesso scopo: formare degli spiriti liberi sia incarnati che disincarnati, consapevoli di lavorare insieme per costituire una salda "piattaforma" di base nella quale "sempre" si verifichino le condizioni necessarie ad aprire e mantenere aperto un canale di comunicazione e quindi di scambio e aiuto fra cielo e terra. Un'isola pilota, dove regni l'amore e l'unione d'intenti, ma anche la consapevolezza che soltanto l'indagine sistematica e costante di tutto ciò che è constatabile e tangibile, il confronto e il collegamento con gli studi di altre discipline scientifiche, la ricerca continua e obiettiva di dati precisi e ripetibili, potranno fare della scienza spiritica una scienza esatta, fonte sicura di vera conoscenza.
So che molti fra voi si chiedono come si svolga la vita, come trascorra il tempo in quell'ipotetico "al di là" dal quale, in definitiva, nessuno è ritornato con una testimonianza eclatante e obiettivamente constatabile.
So che anche chi è convinto nel più profondo del suo essere dell'esistenza reale di questo mondo, spesso si domanda, con un fondo di scetticismo, quali siano il significato e lo scopo di questo nostro voler studiare, approfondire e comunicare, a chi lo desidera, risultati pur sempre opinabili e spesso difficilmente verificabili.
Vorrei quindi cercare di ampliare un poco la visuale che l'uomo, in quanto spirito incarnato, non può da solo captare e completamente constatare a meno che non acconsenta a liberare volontariamente se stesso da legami vincolanti, ma non per questo sempre strettamente costrittivi.
Comincerò con una descrizione che completi quella che Agliva, la mia "assistente", ha già fornito quanto vi ha portato la sua testimonianza.
Contrariamente a quanto è avvenuto per lei, il mio primo impatto con il mondo spirituale non è stato portatore di grosse sorprese.
Il trapasso è stato per me meno violento anche se improvviso, perché causato da una malattia fulminante e per la quale ancora non erano stati trovati farmaci debellanti.
Certo non mi aspettavo di dover morire, ma il corso preso dalla febbre e i sintomi non potevano ingannare la mia pur non eccelsa capacità diagnostica.
Inoltre in fondo sapevo, seppur confusamente, di aver predisposto con il mio modo di vivere il terreno adatto all'instaurarsi della malattia che mi aggrediva e i cui segnali premonitori non erano mancati. Ero sempre stato fin da ragazzo, un accanito fumatore e i miei polmoni non avevano più difese.
L'organismo umano ha la capacità, attraverso il sistema immunitario e la buona gestione dei vari organi e soprattutto delle reti elettrica ed energetica legate al sistema nervoso, di mantenere un equilibrio ottimale.
I presupposti perché questo avvenga, però, sono basati, oltre che sulla conoscenza di precisi meccanismi, sulla capacità individuale di esercitare la volontà, facoltà innegabilmente spirituale.
Affermo questo ora che ho approfondito e verificato certe teorie, ma allora ...
Allora ero portato a considerare la volontà come una capacità che la mia impulsività e tendenza a perdere la calma a volte poteva indebolire malgrado l'innegabile conoscenza di me stesso che la mia professione comportava.
Ora so che non è così, che chi non è "prevalente", chi è in armonia con il proprio spirito può far emergere l'energia calma e potente della volontà.
Ma torniamo al mio arrivo nel piano spirituale.
Dicevo che non ebbi grosse sorprese.
Le convinzioni, i discorsi semplici e sereni di Hilaria avevano inconsapevolmente toccato la parte di me che voleva credere, malgrado la ragione si opponesse, che la vita continua, che non può esserci data soltanto la possibilità dell'arco di una vita, a volte brevissima, per poter fare esperienza, agire, conoscere. E malgrado razionalmente, a parole, negassi ogni possibile sopravvivenza, curiosità e speranza convivevano con la mia ferrea logica che mi portava a escludere ipotesi intuitive e per questo considerate assurde.
Non mi meravigliai quindi nel trovarmi, consapevole di aver esalato proprio l'ultimo respiro, nel buio tunnel in fondo al quale vedevo la luce.
Vuoi vedere Herman, mi dissi, che ti sei sbagliato?! Che non è un'allucinazione tutto questo?! Sono sicuro che non mi hanno somministrato nulla; anche se avevo la febbre altissima ero lucido e gliel'ho proibito!
Il sorriso dolce di nonna Virginia e di Florida mi accolsero nella luce fattasi improvvisamente più viva, radiosa ... inimmaginabile.
Era il mondo descritto da Florida, la favola per la quale deridevo Hilaria! Ma ciò che non avevo mai immaginato e che attirò subito la mia attenzione era il mondo, che potrei definire, per rendere l'idea, sottostante o circostante: il mondo dei trapassati che non vedevano, non volevano vedere la luce, e come ciechi erravano nel buio con lo spirito ancora attirato e rivolto alla materia.
Erano forse gli spiriti malvagi ai quali a volte accennava Florida? Ne dubitavo.
Questo proprio non me lo aspettavo.
Un piano parallelo a quello umano, ma che umano non era più e credeva di esserlo o voleva esserlo!
Nessuna possibilità di comunicazione tra coloro che ignari si muovevano nel secondo e coloro che nel primo cercavano di attirarne l'attenzione macerandosi nella sofferenza e nell'ira. E nessuna comunicazione tra coloro che si trovavano in tale stadio. Solitudine e dolore, questo mi colpiva ancora di più. Da chi avrei potuto avere spiegazioni?
Ero disorientato e confuso, ma il desiderio di conoscere prevalse, dovrei dire il pensiero prevalse e fu captato.
Fu captato da qualcuno che mi si avvicinò e del quale percepii la decisione, la sicurezza nel manifestare il suo pensiero. Non ebbi dubbi: avevo già incontrato quel personaggio, ma quando, dove?
La sua spiegazione fu questa: "Quando ricorderai la vita che abbiamo trascorso insieme, comprenderai anche i motivi per cui il compito che ti viene proposto ora riguarda gli spiriti che tanto ti colpiscono in questo momento e la loro condizione.
Nel piano spirituale vengono a trovarsi trapassati che non accettano o non concepiscono il cambiamento di stato che la morte fisica ha loro imposto. Le reazioni a questa situazione sono innumerevoli e portano alle più svariate condizioni sulle quali naturalmente influisce ciò che la persona era da incarnata. La maggior parte di questa popolazione eterogenea, che può a volte dare l'impressione di essere malvagia o vendicativa, è soltanto sofferente e smarrita, incapace di richiedere o cercare aiuto. Vuoi occuparti di loro? Tu sei stato più fortunato, Hilaria, il tuo intuito, i tuoi studi, la tua professione e altri fattori ti hanno indirizzato e aiutato per tempo.
Sulla terra hai aiutato i tuoi simili agendo sulla loro psiche, sorretto dalla tua conoscenza, ma anche dal tuo istinto.
Ora puoi proseguire, se vuoi. Addentrandoti, con spirito attento ed aperto in questo mondo, acquisirai nuove conoscenze, osserverai meccanismi naturali che ancora non hai avuto modo di conoscere. Se chiederai aiuto e illuminazione li otterrai; se vorrai progredire ne avrai la possibilità.
Basta che tutto questo sia obiettivo della tua volontà.
Se avrai bisogno di me ci sarò, ma ora ti affido a chi potrà darti i suggerimenti più immediati e necessari."
L'idea di essere, per così dire, inquadrato non mi attirava molto, ma tutto il resto sì e d'altronde non avevo molta scelta!
Non sapevo allora che nel mondo dello spirito non si viene mai inquadrati, soltanto orientati e che si è assolutamente liberi.
Lo constatai nel tempo, negli anni che dedicai agli spiriti sofferenti, cercando di orientarli, nella libera scelta dell'essere consapevoli e del migliorare la propria condizione.
Spiriti che erano stati uomini arroganti e prepotenti dovevano scegliere ed imparare l'umiltà, altri nei quali avevano prevalso l'egoismo e la chiusura in se stessi, dovevano scegliere ed imparare l'altruismo e la disponibilità, e così via, in un cammino lento e faticoso che a volte scoraggiava anche noi che ci eravamo assunti il compito di aiutarli.
Quando Hilaria mi raggiunse, si avvicinava l'anno 1970, chiesi con lei di assumermi un altro compito. Quello di far conoscere o per lo meno di tentare di far conoscere almeno in parte ad altri spiriti spesso sofferenti, gli spiriti incarnati, le leggi che regolano molti meccanismi naturali che ancora gli uomini non conoscono.
Fra questi la possibilità di comunicazione e scambio fra il mondo terreno e il mondo spirituale.
Hilaria ed io ci avvicinammo al nostro Paese per cercare persone che avessero nel cuore il desiderio di conoscere, perché tale desiderio è spesso la spinta ad essere tramite degli spiriti di missione e di chi è loro vicino.
Trovammo alcuni uomini e donne con buone vibrazioni e in particolare un uomo con il quale io potevo entrare in buona sintonia. Per alcuni anni ci dedicammo alla sua formazione spirituale, spingendolo ad appoggiarsi anche a persone adatte ad aiutarlo nella sua formazione a livello psico-fisico. Un buon medium infatti non è mai solamente spontaneo. E' necessariaanche una severa preparazione, perché possa evitare i pericoli e le false illusioni che gli possono venire dalla sua posizione di apertura e disponibilità.
Questa formazione è un lavoro duro anche per noi spiriti che dobbiamo agire sui due piani e superare per realizzarla innumerevoli ostacoli umani e non.
Quando il lavoro sembrava a buon punto il mio mezzo si trasferì dal Sud America all 'Europa, in un Paese che io amavo molto, l'Italia.
Il lavoro, che andava anche adattato al contesto sociale ed economico del nuovo Paese, subì un arresto.
Da parte nostra individuammo ben presto la necessità di trovare un sostegno umano formato da un gruppo in cui il nostro tramite andava inserito, ma non trovammo da parte sua rispondenza alcuna.
Il fatto di provenire dal Sud America (dove si ritiene che il mondo degli spiriti sia più vicino!) sembrava autorizzare il mio uomo e chi lo circondava a ritenersi, per suo merito, speciale.
Non era questo il nostro scopo. Noi avevamo bisogno di persone disponibili a uno scambio d'amore. Persone certamente un po' speciali nel senso che noi chiedevamo la loro fiducia, direi in anticipo, sullo scambio; ma persone disposte a lavorare e esplicare le loro capacità in un lavoro comune, non in cerca di gloria!
Con dispiacere, ma necessariamente, dovemmo ricominciare la nostra ricerca e decidemmo di farlo nel Paese che ci aveva senza colpa tolto il frutto di un lungo lavoro.
Avevamo già individuato il gruppo che, anche se in via di costituzione, ci faceva ben sperare. Gli spiriti che già si dedicavano all'orientamento e alla formazione di questo gruppo, avevano gli stessi nostri obiettivi e condividevano il nostro modo di procedere.
Unimmo le nostre forze e formammo un unico movimento, lo stesso cui ho accennato più sopra.
Nel movimento Vita Nuova trovai altri medici che come me volevano approfondire ed ampliare le conoscenze acquisite nell'ultima o in precedenti incarnazioni, avvalendosi del nuovo stato e delle relative possibilità, dell'aiuto di altri spiriti più avanzati ed evoluti, dello scambio e aiuto con chi, pur essendo ancora incarnato, desidera conoscere una nuova realtà, intraprendere lo studio di una nuova scienza: lo spiritismo.
Stiamo lavorando, con pazienza, con determinazione, spesso con fatica, ma senza mai scoraggiarci nonostante gli inevitabili cedimenti e ripensamenti da parte dei nostri amici. Amici incarnati e per questo più influenzati da debolezze e timori prettamente della condizione umana. Timori di non farcela, di perdere la fiducia, di combattere una battaglia perduta in partenza, perché non soggetta alle leggi conosciute della logica, della sperimentazione, della realtà.
Sono innumerevoli le componenti psicologiche che possono frenare il loro entusiasmo! Ma noi siamo al loro fianco, pronti a proteggerli e a sostenerli e a nostra volta abbiamo al fianco coloro che, forti di maggiore conoscenza, sanno guidarci e proteggerei.
In particolare noi medici che operiamo per Vita Nuova, teniamo a consolidare al più presto possibile questo piccolo nucleo per poter, tramite le persone adatte e disponibili, intervenire per alleviare le innumerevoli sofferenze che vediamo ogni giorno nel pur piccolo contesto che ruota intorno a Vita Nuova e che è destinato ad aumentare notevolmente. Da parte mia ho trovato un'altra persona vibratoriamente adatta al tipo di lavoro che desidero portare avanti unitamente agli altri.
Stiamo lavorando perché ciò diventi fattivo al più presto e senza le delusioni del passato.
Ciò che ci fa ben sperare è la coesione del gruppo. Infatti perché uno o più spiriti disincarnati possano lavorare tramite un buon medium occorre, oltre alla disponibilità e preparazione del mezzo stesso, la disponibilità, preparazione, unione armonica delle persone che lo circondano per aiutarlo, sostenerlo, difenderlo; le persone che costituiscono la cosiddetta catena medianica, elemento indispensabile e insostituibile nel lavoro medianico. A Vita Nuova lavoriamo tutti uniti a questo scopo: formare e consolidare la piattaforma costituita da spiriti incarnati sui quali altri spiriti, disincarnati, possano veramente contare.
Anna Fumagalli - Vita Nuova
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