#educazione intergenerazionale
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pier-carlo-universe · 3 months ago
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NATURALmente al NIDO: Giochi ed Esperimenti per i Più Piccoli a Casale Monferrato
Laboratori per bambini 0-3 anni, uniti ai valori di sostenibilità e solidarietà, nel cuore del Festival della Virtù Civica.
Laboratori per bambini 0-3 anni, uniti ai valori di sostenibilità e solidarietà, nel cuore del Festival della Virtù Civica. Il prossimo 19 novembre alle ore 16:30, presso il Salone Tartar in Piazza Castello a Casale Monferrato, si terrà NATURALmente al NIDO, un’iniziativa dedicata ai bambini dai 0 ai 3 anni e alle loro famiglie. L’evento si inserisce nel calendario del Festival della Virtù…
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cinquecolonnemagazine · 3 years ago
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Fondazione CON IL SUD: Nove progetti per ripartire dallo sport
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Sono 9 i progetti selezionati, sostenuti con 2,3 milioni di euro. Oltre 100 organizzazioni coinvolte e 4 mila persone interessate, soprattutto bambini e ragazzi. Saranno recuperati e valorizzati spazi pubblici e palestre in disuso, rendendo disponibili circa 100 mila mq per attività sportive sia al chiuso che all’aperto (una media di 25 mq per minore, a fronte dei circa 4,8 mq messi a disposizione dei ragazzi nei capoluoghi del Sud Italia). Borgomeo: “La pandemia ci ha isolati, lo sport può diventare una leva determinante per incontrarci di nuovo, stare insieme, rafforzare la coesione sociale e dare opportunità concrete a ragazzi e cittadini, anche nei territori più difficili spesso gravemente ‘contaminati’ dalla criminalità organizzata”. Iniziative dedicate a tutte le età, scambio interculturale e intergenerazionale, voglia di stare insieme, promozione del benessere fisico e mentale, ma anche lotta al degrado urbano con recupero e valorizzazione di spazi pubblici e palestre. C’è tutto questo e altro ancora nei 9 progetti selezionati dalla Fondazione CON IL SUD con il bando “Sport– l’importante è partecipare”: c’è la bellezza dello sport e i suoi valori, c’è l’educazione alimentare e il rispetto delle regole, c’è il diritto al gioco e l’emancipazione delle piccole comunità del Sud che vivono situazioni di difficoltà socio-economica. Lanciato in piena pandemia, con uno sguardo fiducioso al futuro, il bando ha visto la partecipazione di oltre 2100 organizzazioni da tutto il Sud. Al termine del rigoroso processo valutativo, sono stati selezionati 9 progetti in Campania, Puglia e Sicilia sostenuti con 2,3 milioni di euro: circa 50 le attività sportive che da settembre coinvolgeranno circa 4 mila persone, soprattutto bambini e ragazzi, che vivono in quartieri, rioni o frazioni di piccoli comuni nelle province di Napoli, Bari, Lecce, Catania, Messina e Palermo, caratterizzati da un contesto socioeconomico difficile, spesso con presenza di disagio e marginalizzazione. L’obiettivo generale è mettere al centro l’attività sportiva come strumento per rafforzare le piccole comunità locali del Sud Italia, ma in questa fase critica, segnata da mesi di mancata socialità e accesso a spazi e attività comuni, queste azioni saranno realmente una boccata d’ossigeno per tanti bambini e ragazzi. Saranno disponibili infatti circa 100 mila mq per attività sportive sia al chiuso che all’aperto: una media di 25 mq per minore, a fronte dei circa 4,8 mq messi in media a disposizione dei ragazzi nei capoluoghi del Sud Italia come ha recentemente sottolineato il rapporto nazionale “Minori e sport” dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini. “Abbiamo lanciato questo bando nel maggio del 2020, in piena pandemia, come segnale di speranza e fiducia per il futuro – ha dichiarato Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione CON IL SUD. Oggi questa speranza diventa più concreta. La pandemia ci ha isolati, lo sport può diventare una leva determinante per incontrarci di nuovo, stare insieme sempre nel pieno rispetto delle regole anti covid, rafforzare percorsi di coesione sociale e dare opportunità concrete a ragazzi e cittadini, anche nei territori più difficili spesso gravemente ‘contaminati’ dalla criminalità organizzata”. Quasi 50 le discipline sportive che animeranno i progetti: si va dagli sport di squadra più tradizionali (calcio, basket, pallavolo), di cui viene proposta anche la variante per persone disabili (sitting volley, football integrato, baskin); agli sport di resistenza e potenza (atletica, ciclismo, arrampicata) o di precisione (tiro con l’arco). E ancora, danza (hip hop, danze urbane, folcloristiche) e sport di contatto (kickboxing, karate). Oltre 100 le organizzazioni coinvolte nelle partnership di progetto, tra associazioni, parrocchie, cooperative sociali, organizzazioni di volontariato, scuole, università, comuni e enti pubblici, imprese, ordini professionali. C’è chi realizzerà ciclo-passeggiate, tornei di municipio e attività itineranti per il quartiere; chi realizzerà una palestra diffusa all’aperto; chi punterà su sport come l’arrampicata per favorire sbocchi lavorativi nell’edilizia acrobatica, sulle navi da crociera, nel mondo dello spettacolo; chi invece farà del calcio uno strumento di educazione al rispetto delle regole e di integrazione, con la nascita di squadre rionali e di quartiere o squadre miste, formate da italiani e stranieri. In alcuni casi saranno gli sport tradizionali di altri paesi (come cricket, badminton e peteca particolarmente diffusi in Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka) a favorire questo processo, rendendo i migranti protagonisti: saranno infatti loro a proporre dei laboratori per insegnare ai ragazzi le regole del gioco. Anche per i meno giovani l’offerta sarà ricca, con corsi dedicati al benessere e all’invecchiamento attivo come la ginnastica dolce e lo yoga, ma anche gli scacchi. Saranno coinvolti anche giovani tra i 12 e i 25 anni sottoposti a misure alternative alla detenzione. Sarà possibile effettuare visite mediche e psicoattitudinali, per guidare i ragazzi nella scelta dello sport più adatto alle proprie attitudini e bisogni fisici; avere consulenze nutrizionali, con percorsi di sensibilizzazione ad una sana e corretta alimentazione. Grazie ai 9 progetti, alcuni centri sportivi già attivi, ma sottoutilizzati e in condizioni di degrado torneranno a nuova vita, divenendo fulcro di un’offerta culturale, sportiva e socio-educativa completa. Anche gli spazi pubblici (parchi, aree giochi, piazze, palestre scolastiche e municipali) saranno valorizzati  e messi a disposizione delle comunità. In particolare, 14 spazi saranno interessati da interventi di ristrutturazione e riqualificazione per adibire oltre 9 mila mq alla pratica sportiva. Read the full article
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giuliocavalli · 7 years ago
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Un appello per la scuola
Un appello per la scuola Un appello a cui ho aderito convintamente. So che di solito gli appelli si sprecano e difficilmente si leggono ma vale la pena. Dalla Costituzione della Repubblica italiana: Art. 3: " [..]E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." Art. 33: "L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.  La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.  Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato." Art. 34: "La scuola è aperta a tutti.  L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.   I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi." Rafael Araujo, Blue morpho golden ratio sequence                             Al Presidente della Repubblica Ai Presidenti delle Camere Al Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca.   Gli insegnanti proponenti: Giovanni Carosotti, insegnante scuola secondaria di secondo grado, Milano. Rossella Latempa, insegnante scuola secondaria di secondo grado, Verona. Renata Puleo, già dirigente scolastico, Roma. Andrea Cerroni, professore associato, Università degli Studi Milano-Bicocca. Gianni Vacchelli, insegnante scuola secondaria di secondo grado, Rho (MI). Ivan Cervesato, insegnante scuola secondaria di secondo grado, Milano. Lucia R. Capuana, insegnante scuola secondaria di secondo grado, Conegliano Veneto (TV). Vittorio Perego, insegnante scuola secondaria di secondo grado, Melzo (MI).   La premessa L’ultima riforma della scuola è l’apice di un processo pluridecennale che rischia di svuotare sempre più di senso la pratica educativa e che mette in pericolo i fondamenti stessi della scuola pubblica. Certo la scuola va ripensata e riformata, ma non destrutturata e sottoposta ad un processo riduttivo e riduzionista, di cui va smascherata la natura ideologica, di marca economicistica ed efficientista. La scuola è e deve essere sempre meglio una comunità educativa ed educante. Per questo non può assumere, come propri, modelli produttivistici, forse utili in altri ambiti della società, ma inadeguati all’esigenza di una formazione umana e critica integrale. È quanto mai necessario “rimettere al centro” del dibattito la questione della scuola. Come? In tre modi almeno: a) parlandone e molto, in un’informazione consapevole che spieghi in modo critico i processi in corso; b) ricostituendo un fronte comune di Insegnanti, Dirigenti Scolastici, Studenti, Genitori e Società civile tutta; e, soprattutto, c) riprendendo una lotta cosciente e resistente in difesa della scuola, per una sua trasformazione reale e creativa. Bisogna chiedersi, con franchezza: cosa è al centro realmente? L’educazione, la cultura, l’amore per i giovani e per la loro crescita intellettuale e interiore, non solo professionale, o un processo economicistico-tecnicistico che asfissia e destituisce? 7 temi per un’idea di Scuola da leggere come studente, genitore, insegnante, cittadino Conoscenze vs competenze Innovazione didattica e tecnologie digitali Lezione vs attività laboratoriale Scuola e lavoro Metrica dell’educazione e della ricerca Valutazione del singolo, valutazione di sistema Inclusione e dispersione Il documento Conoscenze vs competenze Una scuola di qualità è basata sulla centralità della conoscenza e del sapere costruiti a partire dalle discipline. Letteratura, Matematica, Arte, Scienza, Storia, Geografia, Filosofia, in tutte le loro declinazioni, sono la chiave di lettura del mondo, della società e del nostro futuro. Una reale comprensione del presente e la trasformazione della società richiedono riferimenti che affondano le radici nella storia, nelle opere, nelle biografie e nell’epistemologia delle discipline.  Crediamo che: i)Aggregare compiti e prestazioni degli allievi attorno a competenze predefinite e standardizzate annienti l’organicità dell’educazione, riduca la complessità del mondo ad un “kit di pratiche”, che tali restano, anche con l’appellativo onorifico di “competenze di cittadinanza”. ii)La competenza, unica e trasversale, si consegua nel tempo, nello spazio sociale, nei contesti comunicativi affettivo-cognitivi. La cittadinanza, a cui le competenze comunitarie aspirano, non è un insieme di rituali individuali da validare e certificare. Cittadinanza è “operare in comune”. iii)  Non abbia senso misurare “livelli di competenza” degli studenti, da attestare in una sorta di fermo-immagine valutativo. Il sapere non si acquisisce mai definitivamente. È continuamente rinnovato dalla maturazione, consapevolezza, interiorità, ricerca singolare e plurale, approfondimento di contenuti e pratiche. Innovazione didattica e tecnologie digitali Innovare non è bene di per sé, tantomeno in campo educativo. La didattica “innovativa” o digitale, oggi presentata come primaria necessità della Scuola, non vanta alcuna legittimazione scientifica né acquisizione definitiva da parte della ricerca educativa. Innovazioni e tecnologie, nelle varie accezioni global-ministeriali (debate, CLIL, flipped classroom, etc), rappresentano un insieme di “riforme striscianti” che demoliscono pezzo a pezzo l’edificio della Scuola Pubblica dal suo interno. Servono piuttosto innovazioni in tutt’altra direzione, che sappiano valorizzare inoltre l’interculturalità, la creatività e l’immaginazione, il pensiero critico e quello simbolico, nella didattica così come nell’impianto complessivo della scuola.  Crediamo che: i)Ogni innovazione metodologica o tecnologia digitale sia un possibile strumento di ampliamento e accesso a contenuti e conoscenze. Sul loro impiego l’insegnante è chiamato a riflettere e valutare in maniera incondizionata e libera. Codificare pratiche e metodi, presentati come la priorità della Scuola, è una semplificazione retorica arbitraria, corrispondente ad un preciso modello culturale preconfezionato, che ridefinisce finalità e ruoli dell’istruzione pubblica in ossequio a un’ideologia indiscussa. ii)L’inflazione di innovazioni didattiche e gli sperimentalismi digitali offrano spesso narrazioni impazienti ed elementari (slides, video, “prodotti”, progetti), propongano procedure stereotipate e associazioni banali, con grave danno per gli studenti e la loro crescita culturale, interiore e sociale. iii) Non sia il mero ingresso di uno smartphone in classe a migliorare l’apprendimento o l’insegnamento. In quel caso si potrà, certo, aderire a un modello, attualmente dominante: quello che sostiene l’equazione cambiamento=miglioramento e digitale=coinvolgimento. Il miglioramento dell’apprendimento e dell’insegnamento passa, però, per altre strade: quelle dell’attuazione del dettame della nostra Costituzione.      Lezione vs attività laboratoriale Nell’era di instagram, twitter e dell’ e-learning, la relazione e la comunicazione “viva” allievo/insegnante - nella comunità della classe - rappresentano fortezze da salvaguardare e custodire. La saldatura del legame intergenerazionale, la trasmissione coerente di conoscenze, percorsi e temi, il dialogo incalzante, la maieutica, la circolarità, la condivisione di interpretazioni e scelte linguistiche, il problematizzare insieme, l’attenzione ai tempi, alle reazioni di sguardi e comportamenti. Tutto questo è fare lezione, un incontro fra persone in cammino in una comunità inclusiva. Gli appellativi di “frontale”, “dialogata”, “laboratoriale” sono rifiniture burocratiche che non ne intaccano la sostanza. Una lezione può e deve essere un laboratorio educativo, di crescita e partecipazione, di scambi fra tutti e cambiamenti di ciascuno, insegnante incluso.  Crediamo che: i) L’insegnante, come educatore, sia responsabile e garante di quell’ “incontro” che dà senso e valore ai fatti culturali della propria disciplina. La relazione di pari dignità ma asimmetrica tra maestro e studente, nel microcosmo della collettività di classe, permette agli allievi di imbattersi nel non conosciuto, di praticare l’incontro con la difficoltà del reale e del vivere in comunità, di aprire un orizzonte culturale diverso da quello familiare o sociale. ii)Attenzione concentrata, aumento dei tempi di ascolto, siano condizioni per un “saper fare” come “agire intelligente”, che non si consegue assecondando l’uso delle tecnologie o seducendo gli alunni con dispositivi smart, ma in contesti di applicazione laboriosa, tempo quieto per pensare, discussione nel gruppo.      Scuola e lavoro Non si va a scuola semplicemente per trovare un lavoro, non si frequenta un percorso di istruzione solo per prepararsi ad una professione. Dal liceo del centro storico al professionale di estrema periferia, la scuola era e deve restare, per primo, un “luogo potenziale” in cui immaginare destini e traiettorie individuali, rimettere in discussione certezze, diventare qualcos'altro dalla somma di “tagliandi di competenza” accumulati e certificati. L’apertura alla realtà sociale e produttiva può realizzarsi, volontariamente, attraverso forme e progetti di scambio organizzati autonomamente dagli istituti scolastici. Non imposti ex lege dal combinato Jobs Act e Buona Scuola. Pratiche calibrate in base ai contesti e alle finalità educative, che in nessun modo gravino sulle famiglie o sugli allievi in termini di sostenibilità e gestione.  Crediamo che: i)L’alternanza scuola lavoro non rappresenti affatto un’opportunità formativa per i ragazzi, quanto piuttosto una surrettizia sperimentazione del “lavoro reale” che entra fin dentro i curricula scolastici, sottraendone tempo e qualità e distorcendone le finalità. ii) Oltre ad approfondire il solco tra sapere teorico e pratico, alternanza è sinonimo di disuguaglianza. Percorsi ineguali in base a contesti, tessuti sociali e reti familiari, che peggiorano in proporzione alla fragilità delle condizioni economiche e delle opportunità culturali di luoghi e famiglie. iii) Bisogna recuperare l’idea di Scuola come luogo della vita dotato di un tempo e spazio propri, non corridoio di passaggio tra infanzia e adolescenza - considerate età “minori” - e occupazione adulta. iv)Sia necessario portare la conoscenza del lavoro nelle classi, non gli studenti a lavorare. Logiche, dinamiche e problematiche dell’occupazione entrino nel dialogo educativo, per aiutare i giovani ad orientarsi, attrezzarsi a comprenderle e intervenire per modificarle. Metrica dell’educazione e della ricerca Educazione e ricerca accademica sono oggi terreno di confronto tra tutti i soggetti sociali, politici, economici ad esse interessati. Gli orientamenti internazionali delle politiche formative e di ricerca lo testimoniano e innescano una competizione globale in cui ranking internazionali (OCSE) e nazionali (INVALSI, ANVUR) comprimono gli scopi formativi e di studio sulla dimensione apparentemente neutra di “risultato”, oltre ad indurre a paragoni privi di rigore logico. Educazione e ricerca universitaria non sono riducibili ad un insieme di pratiche psicometriche globali, a cui sottoporsi in nome del principio di etica e responsabilità. Il futuro della Scuola e dell’Università sono questioni politiche nazionali, da collocare in un contesto europeo e interculturale di confronto e valorizzazione delle differenze, libero e democratico.  Crediamo che: i)Scuola e Ricerca universitaria siano oggetto di vera e propria “ossessione quantitativa”, da parte di organismi internazionali e nazionali. ii)La logica dell’adempimento e della competizione azzerino il lavoro di personalizzazione nella formazione scolastica ed erodano progressivamente spazi di progettualità libera nella ricerca universitaria (attraverso la sottomissione a criteri di valutazione non condivisi). iii) Le scelte operate da MIUR, INVALSI ed ANVUR, modifichino profondamente comportamenti e strategie nelle Scuole e nelle Università, generando condotte di mero opportunismo metodologico-didattico e scientifico nonché la perdita di “biodiversità culturale”, strumento indispensabile per affrontare le complessità del futuro, oggi imprevedibili.  Valutazione del singolo, valutazione di sistema La valutazione degli studenti è impegno unico, qualificante e delicato dell’insegnante, condiviso con la comunità dei docenti e dei discenti, consapevoli del cambiamento tipico dei processi di apprendimento. È un’osservazione “prossimale” (e responsabile) modulata su tempi lunghi, sull'evoluzione del singolo allievo, delle pratiche di insegnamento, del gruppo, del contesto. È impensabile che enti terzi, estranei al rapporto educativo, entrino nel merito della valutazione formativa, come previsto dalla Buona Scuola. Singolarmente anacronistico appare che, dopo decenni di ‘crisi del fordismo’ in economia, si voglia introdurre la ‘fordizzazione’ nell'educazione. Le menti, soprattutto durante le prime fasi della formazione, sono delicate, creative e si conciliano con “tempi e metodi” d’antan assai meno delle berline.  Crediamo che: i) Accostare una valutazione di agenzie esterne a quella del corpo docente nel “curriculum dello studente”, mini la relazione di fiducia scuola-famiglia, spostando l’attenzione sull'esito, più che sul processo e sul percorso, togliendo ogni significato agli obiettivi di personalizzazione ed inclusione che la Scuola afferma di perseguire; ii)Un’agenzia “terza” (INVALSI) non possa svolgere compiti di valutazione e di ricerca pedagogico-didattica orientanti programmi e curricola: la terzietà non è, inoltre, comparabile con gli incarichi affidati dal MIUR per la valutazione (diretta e indiretta) di docenti e dirigenti attraverso meccanismi di premialità. iii) La presenza di agenzie esterne nella valutazione del singolo rappresenti un’espropriazione di quella responsabilità complessa, raffinata negli anni con l’esperienza e la condivisione collegiale, della professionalità di ogni insegnante: la valutazione dei propri studenti; Inclusione e dispersione La dispersione scolastica, l’inclusione autentica e la riduzione delle disuguaglianze necessitano di interventi politici sistematici, di fondi strutturali, impegni comunitari, di monitoraggio costante, conoscenza e capitalizzazione delle pratiche esistenti. A partire da investimenti e piani territoriali: infrastrutture, associazioni, biblioteche; fino ad arrivare a Scuola, con risorse costanti per costruire una fitta ed efficiente rete di recupero dei disagi, delle solitudini e delle difficoltà degli allievi più fragili. Se è vero che la Scuola e i buoni insegnanti fanno la differenza, è ancor più vero che la dispersione ha una sua mappa che si sovrappone a quella geografica ed economica dei tessuti degradati e delle periferie impoverite, di situazioni e storie difficili da ribaltare e su cui incidere. Dare alle Scuole risorse e spazi adeguati alla costruzione di didattiche di recupero e opportunità di accoglienza non è sperpero di denaro pubblico, ma progettazione politica di inclusione autentica, unica vera prospettiva di crescita e ricchezza del paese. Crediamo che: i) I temi in gioco siano cruciali e non ci si possa limitare a chiedere alla Scuola di fare meglio solo con ciò che ha. Semplificare compiti e programmi, organizzare corsi di recupero pomeridiani che ricalchino quelli antimeridiani, medicalizzare le diversità, sono scorciatoie che restano agli atti come prove burocratiche di adempimenti amministrativi; ii) La Scuola abbia un valore politico. Dunque ha il diritto di chiedere di indirizzare risorse pubbliche su questioni di importanza sociale e morale che ritiene prioritarie. Dispersione scolastica e abbandoni precoci non sono solo capi d’imputazione su cui è chiamata a rispondere, ma problematiche che nelle attuali condizioni assorbe e subisce.  --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- In virtù di queste considerazioni: 1)      Chiediamo un’azione di moratoria su: Ø  obbligo dei percorsi di alternanza-scuola lavoro e del requisito di effettuazione per l’accesso all’esame di Stato conclusivo del II ciclo Ø  obbligo di impiego metodologia CLIL (Content and Language Integrated Learning, apprendimento integrato di contenuti disciplinari in lingua straniera)  Ø  uso dei dispositivi INVALSI a test censuario per la valutazione degli esiti scolastici, obbligatorietà della somministrazione funzionale all’ammissione agli esami di licenza del primo e secondo ciclo Ø  modifiche relative all’esame di Stato, che renderebbero di fatto sempre più marginale la didattica disciplinare. 2) Chiediamo l’apertura di un ampio dibattito governo-Scuola di base-organizzazioni sindacali-cittadinanza sulle questioni di cui al punto precedente e su tutto l’impianto della Legge 107/2015. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------  Per aderire: compila il modulo google cliccando il link seguente.                                                                   contatti: [email protected]                                                                                 Firma anche tu: Appello per la Scuola Pubblica Per scaricare il testo e diffonderlo nella tua scuola clicca qui.
Un appello a cui ho aderito convintamente. So che di solito gli appelli si sprecano e difficilmente si leggono ma vale la pena. Dalla Costituzione della Repubblica italiana: Art. 3: ” [..]E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva…
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pangeanews · 5 years ago
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Basta studenti rinchiusi! La scuola non deve trasformarsi in un lager e non può più lasciare i ragazzi soli dietro a un monitor. Modesta proposta per riaprire le superiori a settembre
Treni affollati, autobus stracolmi, classi pollaio: la possibilità che gli adolescenti possano tornare a scuola a settembre, in questa nuova emergenza sanitaria, è una chimera. Si sono succedute varie ipotesi sulla riapertura. Giardini e cortili dove sistemare i ragazzi per dimezzare le classi, ma quante scuole ne hanno uno così capiente? E con la stagione invernale alle porte? Allora metà studenti a casa e metà a scuola, ma il criterio per dividere i ragazzi mi è sfuggito e con le telecamere in classe, poi, non si scherza. Turni pomeridiani! Rimarrebbe il nodo cruciale dello spostamento e il reclutamento di nuovo personale docente qualificato, che non sia improvvisato. Allora niente, ingressi scaglionati in fila per uno, percorsi tracciati e, di conseguenza, anche se nessuno lo ha detto, sei ore seduti nei banchi senza possibilità di muoversi e di socializzare. Una scuola lager a tutti gli effetti. A oggi, tutto fa presupporre che le scuole a settembre continueranno con la didattica a distanza. Di quanto siano gravi le disparità che questa genera – tra computer che mancano o necessari a genitori in smart working o ad altri fratelli, senza tener conto dei limiti delle connessioni – si è già detto tanto, non serve ribadirlo. Non solo, dopo neanche tre mesi di DAD, tutti – ragazzi, docenti, presidi, genitori – vedono chiaramente gli effetti deleteri del burnout, dello stress e dell’alienazione da iperconnessione. Questi fattori rappresentano rischi reali in età adolescenziale, non meno allarmanti del contagio.
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E allora, come ripensare la riapertura a settembre? Ecco la mia proposta. Immaginiamo una scuola superiore che non abbia paura di sperimentare, che salvaguardi l’insegnamento disciplinare, il benessere socio-affettivo dei ragazzi e le cautele per la situazione sanitaria. Questa scuola può organizzare l’insegnamento delle discipline di indirizzo e di quelle fondamentali (italiano, matematica, lingua straniera) esclusivamente con la didattica online.
Gli insegnanti preparano un modulo di lezioni coerenti, che corrispondano, supponiamo, a tre settimane di lavoro;
– le registrano su piattaforma in modo che i ragazzi abbiano garantito l’accesso alla lezione a qualsiasi ora e possano ascoltarla senza sovrapporsi ad altri membri della famiglia;
– al completamento di tale modulo i ragazzi verranno esaminati, in base a contenuti, obiettivi e materiali indicati dall’insegnante all’inizio del percorso stesso.
Ogni ragazzo potrà così lavorare in autonomia, in base ai propri tempi di apprendimento ma anche in base alle esigenze familiari, sapendo che ci sarà uno sportello didattico settimanale in videoconferenza con il docente, per confrontarsi e chiedere chiarimenti. La scuola non sarà più vincolata, quindi, all’orario in senso tradizionale, la cui inutilità è già stata mostrata da molte scuole europee. Tutte le altre discipline (scienze naturali, arte, fisica, elettronica, scienze motorie, ecc.) possono essere sviluppate secondo una modalità laboratoriale, nel modo che ora descriverò.
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Si stabilisce innanzitutto la corrispondenza tra un giorno della settimana e un gruppo di discipline affini. Ad esempio: lunedì il Gruppo I (storia, geografia, diritto, economia), martedì il Gruppo II (scienze naturali, scienze motorie, fisica, discipline tecniche), mercoledì il Gruppo III (filosofia, religioni, sociologia), giovedì il Gruppo IV (arte, letteratura, lingue). Ogni docente, incluso quello di sostegno – in genere uno dei profili più specializzati del corpo insegnante – elabora un progetto creativo, sempre della durata di 3 settimane, da poter realizzare nel Gruppo pertinente, secondo il giorno prefissato. Lo stesso docente raccoglie le adesioni e apre la sua casa a piccoli gruppi di 5-10 studenti che vivono nel suo territorio, indipendentemente dalla classe frequentata (se il numero dei docenti o dei laboratori per ogni docente lo permette, la distinzione tra biennio e triennio sarebbe da conservare). Se non può mettere la propria abitazione a disposizione, può riunire i ragazzi negli spazi del territorio che già normalmente sono aperti ai laboratori esperienziali con le scolaresche. Per esempio: parchi, ville, percorsi in natura, strade medievali, abbazie, musei, osservatori astronomici, officine, laboratori artigiani, biblioteche, circoli culturali, teatri, cinema. Le tante realtà di scuole all’aperto, libertarie, diffuse, nonché il vivacissimo dibattito sollevato in questi mesi da reti di educatori, genitori e istituzioni (Movimento di Cooperazione Educativa, Tutta un’altra scuola, Liberare Roma, la neo-nata Mentre la scuola è chiusa di cui faccio parte) testimoniano tutto il potenziale della didattica su territorio. Basterà affinare o attivare le convenzioni per promuovere “le condizioni necessarie per permettere alla persona e alle aggregazioni sociali di agire liberamente nello svolgimento della loro attività” (art.118 della Costituzione), come di recente hanno ben sottolineato i membri del Forum Disuguaglianze e Diversità.
In extremis, ci sono sempre i locali della scuola, semivuoti a questo punto. Per valutare la didattica laboratoriale, si prenderanno in considerazione tanto i risultati concreti (creazione di un cortometraggio, di un prodotto tecnologico, ecc.), quanto le soft skills, le competenze sociali, la collaborazione, parametri già individuati, tra l’altro, per attribuire i voti di condotta; basterà allora adattare la griglia in uso nella scuola.
Al temine del mese didattico, quindi, uno studente avrà svolto i programmi disciplinari imprescindibili, ma avrà sperimentato anche un modello pratico e creativo di apprendere altro, avrà incontrato docenti e compagni, esplorato il suo quartiere. Le attività dei laboratori potrebbero essere riconosciute ai fini dell’alternanza scuola-lavoro (PCTO): si recupererebbero così le ore perse in questo anno scolastico a causa della chiusura delle scuole a marzo e si risolverebbe, in parte, il problema dell’alternanza per il prossimo anno, quando sarà impossibile riversare centinaia di migliaia di studenti nelle strutture finora individuate per questa finalità.
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Il criterio dei piccoli gruppi così pensati salvaguarda anche i ragazzi con disabilità, i grandi penalizzati della didattica a distanza, ma per loro non si può fare un discorso generale. Ogni caso è a se stante. Non è tutto: la scuola può arricchirsi della partecipazione attiva dei genitori. Rispettando lo stesso criterio del piccolo gruppo e della vicinanza territoriale, un genitore può tenere un laboratorio pratico, il venerdì, ad esempio, insegnando ciò di cui è esperto: giornalismo, programmi professionali al computer, fotografia, giardinaggio, idraulica, cucina, lingue straniere, musica. Questo si chiama parental schooling, educazione intergenerazionale, che ad oggi, nella scuola italiana, non ha ancora trovato spazio. Non escluderei neppure che studenti particolarmente dotati possano condurre, a loro volta, laboratori per i loro coetanei. Sarà necessario ripensare la mastodontica macchina burocratica che finora ha contraddistinto l’esperienza di alternanza (servono più ore per compilare scartoffie che non per svolgere l’alternanza in sé); un semplice modulo con i dati essenziali dell’attività svolta sarà più che sufficiente e i genitori si faranno finalmente protagonisti attivi di quel patto formativo firmato al momento dell’iscrizione. Senza dover subire la sfiancante maratona cui li sottopone la didattica a distanza.
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Un’importante criticità da risolvere è la normativa che tutela i minori, nella privacy e nell’incolumità, fuori dalle mura scolastiche; ma in questi ultimi due mesi abbiamo visto tutti con che rapidità un decreto ministeriale possa spazzare via questioni annose e delicatissime come quella della bocciatura; serve solo la volontà. Si potrebbe riadattare, ad esempio, la normativa che regola le uscite didattiche o i viaggi di istruzione, in virtù del fatto che i ragazzi sono tutt’altro che ebeti incapaci di evitare i pericoli. Molti di loro già intraprendono lunghi spostamenti da soli per arrivare a scuola, per non parlare del fatto che a 16 anni siano considerati dallo Stato così responsabili da poter guidare le macchinine senza patente. Incentivare l’autonomia e la responsabilità, nella tutela imprescindibile dei diritti, è la strada da intraprendere: don Lorenzo Milani ce lo ricordiamo tutti. La scuola non deve più lasciare i ragazzi soli dietro un monitor, non deve più abdicare alla sua funzione di guida nella loro crescita sociale e affettiva. Invece, può rinunciare benissimo alla burocrazia e all’abitudinarietà di molte pratiche (orario, consigli di classe, valutazioni per singole materie). Soprattutto se da subito direziona le sue energie alla preparazione di un planning razionale dei corsi, valorizzando il talento dei docenti che il sistema attuale non permette di esprimere In estate può raccogliere le adesioni di ragazzi e genitori per i laboratori, e a settembre può avviare la prima fase di sperimentazione, mentre fa recuperare in sede gli studenti ammessi con le insufficienze.
Sono disponibile a illustrare e discutere il progetto accogliendo suggerimenti e a sviluppare proposte integrative.
Solo chi ha paura di cambiare finisce accartocciato su se stesso e marcisce. RI-VIRUSIONIAMOCI!
Marilena Rea
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tmnotizie · 6 years ago
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MACERATA – “Bello, prezioso e coraggioso”, così è stato definito dalla platea di Bressanone l’intervento di realizzazione delnuovo nido d’infanzia nella casa di riposo della città che guarda alle relazioni intergenerazionali. Un progetto voluto dall’Amministrazione del Comune di Macerata e dall’Ircer, ente gestore della casa di riposo, e realizzato nell’ambito del progetto QUIsSICRESCE!, sostenuto da“Con i bambini” con il fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile.
Occasione per presentare questo progetto è stata la terza edizione del Convegno Internazionale “Educazione Terra  Natura”,  svoltosi nella città altoatesina il 29 novembre, piattaforma annuale per la presentazione di progetti e  di risultati di ricerca in ambito pedagogico ed educativo rispetto alla vivibilità e sostenibilità ambientale.
Quest’anno il tema riguardava l’abitare: “Io abito qui. Io abito il mondo”. L’esperienza di abitare uno spazio ambientale di valore come il parco di villa Cozza da parte di bambini che frequentano il nuovo nido, nonché la visione del nuovo servizio come spazio di relazione intergenerazionale con gli ospiti della casa di riposo sono state molto apprezzate dalla platea della sezione “Call for papers”. L’esperienza maceratese è stata illustrata da Manola Romagnoli educatrice dei nidi comunali, presente al convegno insieme all’educatrice Raffaella Primavera.
“Ancora una volta la nostra esperienza nei servizi zero-sei è esemplare e viene portata alla ribalta di un pubblico di specialisti e apprezzata per innovazione e contenuti” –  afferma l’assessore alla cultura e vicesindaco Stefania Monteverde – “Il nido a Villa Cozza è un esempio innovativo di consapevolezza e attenzione che scaturiscono da esperienze educative in continuo aggiornamento e da una attenta cultura dell’infanzia per costruire una piena città delle bambine e dei bambini.”
La scelta degli spazi da dedicare a un nuovo servizio educativo fa parte di una convergenza d’intenti, in quanto una delle finalità correlate è quella di valorizzare e restituire alla città un luogo ricco, oltre che di bellezze naturali, di storia e di memoria, che finora è stato percepito come privato. L’apertura del nido rappresenta anche un invito a conoscere e riconoscere un luogo dove si può stare, passeggiare, giocare e soprattutto incontrarsi.
Secondo step del progetto sarà l’attivazione nel nido di uno spazio pomeridiano trisettimanale per bambini, bambine e famiglie con la presenza di un’educatrice professionale che accolga e faciliti la relazione e il gioco. Partirà a primavera dell’anno prossimo, sarà ad accesso gratuito e flessibile e rivolto principalmente alle famiglie della città estranee ai “circuiti” educativi classici, nello spirito del contrasto alla povertà educativa minorile sostenuto da Con i Bambini.
Insieme al Comune di Macerata e ai Nidi comunali, capofila,  sono partner del progetto QUIsSI CRESCE!, l’Università di Macerata, l’Azienda pubblica servizi alla persona IRCR MACERATA, l’Istituto Comprensivo “D. Alighieri”, l’Istituto Comprensivo “Enrico Fermi”, l’Istituto Comprensivo “Enrico Mestica”, l’Associazione Culturale Les Friches,la Sas La Quercia della Memoria di Di Luca Federica & c. e Zeroseiup s.r.l. , la rete Nati per Leggere.
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giancarlonicoli · 7 years ago
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3 lug 2018 18:08
PIERO ANGELA E I (SUOI) DEMONI - ''IN IRAQ MI ARRESTARONO PER SPIONAGGIO. ERO LÌ DOPO LA GUERRA DEI SEI GIORNI. IMPICCAVANO LE PERSONE. IO DOVEVO FARE UN SERVIZIO SUL PETROLIO E FILMAMMO DI NASCOSTO UNA RAFFINERIA. QUALCUNO CI VIDE... I POLIZIOTTI CI ARRESTARONO E IN PRIGIONE C'ERA UNA GABBIA CON UNA VENTINA DI PERSONAGGI CHE NON TI DICO. IO DISSI ALLA MIA TROUPE…'' - DAL 5 LUGLIO TORNA IN PRIMA SERATA CON ''SUPERQUARK''
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Massimo Sideri per ''Corriere Innovazione - Corriere della Sera''
L'intervista che avrebbe voluto fare? «Leonardo da Vinci: mi piacerebbe fargli vedere quante cose sono state inventate. Ho sempre pensato che fare il divulgatore per lui sarebbe stato divertente».
Non un divulgatore qualunque. Il maestro dei divulgatori.
Eppure sono in pochi a sapere che la vita di Piero Angela, prossimo ai 90 anni, richiederebbe una serie di documentari al netto di Quark: prima di diventare divulgatore è stato:
1) un pianista (suona ancora);
2) inviato di guerra («In Iraq sono stato arrestato per spionaggio, una stupidaggine (sic). Ero lì dopo la Guerra dei sei giorni. Impiccavano le persone. Io dovevo fare un servizio sul petrolio e filmammo di nascosto una raffineria. Qualcuno ci vide... i poliziotti ci arrestarono e in prigione c' era una gabbia con una ventina di personaggi che non ti dico. Io dissi alla mia troupe, scherzando ma non troppo: stanotte dormiamo legati schiena contro schiena. Poi per fortuna a mezzanotte arrivò un capitano dei servizi segreti che parlava inglese e ci portò via»);
3) mancato direttore Rai per sua scelta («Nel '75 alla Rai andava fatta una lottizzazione da manuale Cencelli per cui il direttore del Tg2 doveva essere suggerito dal Partito repubblicano. Mi volle incontrare Rossetti. Gli dissi che non andavo nelle sedi dei Partiti così ci vedemmo in un bar del Corso. L' onorevole Ugo La Malfa aveva pensato a me. Io ringraziai ma dissi di no, per tante ragioni. Io volevo fare il giornalista, i direttori si devono occupare di tante altre cose, soprattutto grane. Insistette molto. Mi disse che era l' occasione giusta, che finalmente i Tg sarebbero diventati più liberi, che non potevo tirarmi indietro. Alla fine gli risposi: io per la patria posso anche farlo però ogni settimana mi presento in una conferenza stampa con tutta la lista delle cose che i politici mi chiederanno di fare. Non li ho più sentiti»);
4) cronista del primo videoregistratore («Ero corrispondente da Parigi e alla Fiera del 1960 venne presentato Ampex (il sistema che poi perse la battaglia con lo standard concorrente Vhs, ndr). E allora feci vedere in video una tv con sopra una specie di lavatrice e dissi: vedete questo è un videoregistratore e permette di vedere immediatamente ciò che si registra. Spinsi il bottone e feci vedere che riapparivo sul monitor. Uno degli ingeneri Ampex disse che in qualche anno avremmo avuto dei modelli a tracolla».
Oggi portiamo tutti un "videoregistratore" in tasca senza meravigliarci.). Non ha mai avuto rimpianti. Senza ispiratori («semplicemente non c' erano»). E non è stato nemmeno un grande studente! («Mi annoiavo, puntavo al minimo sindacale. L' insegnamento era punitivo, ancora è così»).
Ma nonostante tutto questo Piero Angela, che dal 5 luglio torna in prima serata con SuperQuark (il regista storico è sempre Gabriele Cipollitti così come rimane la squadra degli autori), è l' uomo che ha unito più generazioni di fronte al piccolo schermo parlando di una cosa che in Italia non ha mai goduto di buona fama come dimostrano ancora oggi le discussioni surreali sui vaccini: la Scienza. Ed è anche l' uomo che, a distanza, ha ispirato il Corriere Innovazione con il suo amore per la divulgazione tecnico-scientifica.
Noi al «Corriere Innovazione» diciamo che in Italia sui temi dell' innovazione andrebbe fatto ciò che lei ha fatto per la scienza: robot, intelligenze artificiali, reti neuronali che collegano gli umani alle macchine, bio e nanotecnologie. La stessa ansia da nuove tecnologie è la riprova che questi argomenti andrebbero conosciuti e spiegati di più, magari anche per governarli.
Non le sembra che ancora oggi gli intellettuali siano portatori magari involontari di questo atteggiamento anti-scientifico?
«La cultura che abbiamo in particolare in Italia andava bene in un mondo contadino perché le cose non cambiavano e ognuno accettava il suo ruolo. I cambiamenti o non esistevano o erano lentissimi e la cultura era il giardino dei piaceri: la pittura, la poesia, l' arte, la lettura. Purtroppo è su questi argomenti che oggi spendono i soldi pubblici gli assessori. Sono argomenti ancora importanti, certo, ma purtroppo questa vecchia cultura letteraria non è più in grado di reggere il suo tempo e di interpretare la modernità.
Oggi per essere dei saggi bisogna sapere raccontare l' innovazione tecnologica e anche l' economia. Perché questo sistema tecnologico è intimamente legato all' economia».
"Quark" è il programma di divulgazione più longevo della storia italiana: ha superato la Prima, la Seconda e si appresta ora con "SuperQuark" ad affrontare la Terza Repubblica. Si sarà fatto un' idea in tanti anni di cosa manca...
«Manca oggi una filosofia della tecnologia. C' è la filosofia della scienza che si occupa di massimi sistemi. Ma manca una filosofia della tecnologica che spieghi come tutta questa rivoluzione ci ha permesso di studiare, di vivere sani, di avere un reddito più alto, di liberare uomini e donne da sudditanze antiche e soprattutto ci ha permesso di creare delle società che sono competitive in un mondo in cui conta la capacità di essere innovatori per riuscire a vincere la concorrenza. Dunque è importante che i politici sappiano gestire questa società moderna».
Eppure viviamo questa contraddizione enorme: il livello scientifico in Italia è altissimo. I nostri scienziati, anche in campi modernissimi come le biotecnologie, sono apprezzati in tutto il mondo. Siamo stati grandi innovatori nella storia, come nell' invenzione del pianoforte, ma ci siamo sempre dimenticati di dare a Bartolomeo Cristofori quello che è di Bartolomeo Cristofori...
«Per la cultura di stampo crociano la tecnologia è l' intendenza come si diceva una volta. Si dà per scontata, eppure senza perdi la guerra. Il nostro ruolo di divulgatori, in tv come nei giornali, non è tanto quello di spiegare le teorie scientifiche. Questo è il ruolo della scuola. Il nostro è spiegare quali conseguenze avranno queste scoperte e innovazioni in vari campi della conoscenza.
Alla fine di questi discorsi non è che la gente deve conoscere tutto dei computer, basta che ne comprenda l' importanza che ha la ricerca in innovazione e dunque l' importanza di investire in uomini e mezzi. Questa è la macchina della ricchezza; l' altra, quella della politica, è la macchina della povertà perché non crea nulla, come la distribuzione di un reddito di cittadinanza. E non mi riferisco tanto ai politici attuali, sono stati tutti così.
Chi più dà più riceve voti, è la legge del mercato elettorale. Ma un Paese deve sapere anche come si crea la ricchezza. In Germania un' organizzazione tecnica aiuta le aziende medio piccole a costruire i propri prodotti e a trovare soluzioni dal 1949. Se un Paese ha la preveggenza di fare anche queste cose diventa più forte. È una specie di obbligo negli investimenti. Non possiamo farne a meno. Come dire che non investiamo in educazione perché rende poco. Sono le ricchezze di base. Che permettono di crescere anche attraverso la meritocrazia».
Cosa le rimane dopo tanti anni del suo pubblico intergenerazionale?
«Il nostro pubblico ci assomiglia: è un pubblico di curiosi, di persone intelligenti, vogliono sapere cosa c' è dentro il giocattolo».
Un' ultima cosa: il mistero scientifico che l' ha appassionata di più?
«Ah, quella che io chiamo la macchinetta, il funzionamento del cervello umano. È la cosa più straordinaria che ci sia».
Di certo il cervello di Piero Angela, a 90 anni, è sempre straordinario.
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pier-carlo-universe · 9 days ago
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L’ultima volta che siamo stati bambini - Memoria e amicizia attraverso il cinema
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pier-carlo-universe · 12 days ago
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pier-carlo-universe · 3 months ago
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tmnotizie · 7 years ago
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MACERATA – A settembre si apre a Macerata un nuovo nido d’infanzia pubblico e sarà nel parco di Villa Cozza nella struttura della casa di riposo dell’Azienda Pubblica dei Servizi alla Persona – Ircr.  È stato presentato al Consiglio comunale dall’assessore ai nidi d’infanzia Stefania Monteverde, che ha spiegato la convenzione di collaborazione tra l’APSP- IRCR e Comune di Macerata.
“Aprire un nuovo nido d’infanzia pubblico è un segno di civiltà. Dà nuove opportunità alle famiglie, mette i bambini al centro della comunità e ha il merito di sperimentare a Macerata nuovi percorsi di educazione nel dialogo tra le generazioni, una scelta culturale che ci deve rendere tutti orgogliosi di quello che sa fare questa città.”  ha affermato l’assessore ricordando come la scelta rafforza il percorso dell’Azienda Pubblica di Servizi alla Persona nata nel 2012 anche per ampliare i servizi anche ai bambini.
Il nido d’infanzia sarà realizzato anche grazie al finanziamento del progetto “QUIsSICRESCE!” presentato dal Comune insieme a una rete di partner e selezionato dall’Impresa Sociale Con i Bambini nell’ambito del “Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile” con cui ha ottenuto un contributo di 300mila euro in tre anni per diverse azioni tra cui il potenziamento dei servizi educativi 0- 3 anni con il nuovo nido.
Si lavora durante l’estate, dunque, per allestire nei locali adiacenti alla casa di riposo, che ospitavano gli uffici dell’Ircr, il nuovo servizio educativo che sarà gestito all’Azienda Pubblica Servizi alla persona, nell’ambito di una convenzione con il Comune di Macerata. Potrà ospitare 21 bambini e consentirà di aumentare i posti disponibili nei nidi d’infanzia pubblici, ampliando nel contempo numero e tipologia dei servizi offerti alle famiglie.
Nel nido, infatti, sarà avviata la sperimentazione di un nuovo servizio integrativo: uno spazio per bambini e bambine fino a sei anni che potranno frequentare la struttura accompagnati da genitori, nonni e familiari, per tre volte alla settimana dopo la chiusura del nido.
Sarà un momento in cui sperimentare, con la presenza e la facilitazione di un educatore o educatrice adeguatamente formato, la relazione intergenerazionale tra i bambini e gli anziani attraverso attività e laboratori. La stessa sarà favorita grazie alla presenza dell’area di connessione del Parco di Villa Cozza che circonda la struttura, con incontri, anche spontanei, legati alla quotidianità.
Nelle prossime settimane si ultimeranno i lavori di ristrutturazione e imbiancatura dei locali del nido. La procedura di fornitura e la scelta degli arredi è stata già completata a cura della coordinatrice dei nidi Marzia Fratini secondo le linee guida nazionali, mentre per il personale il Comune attingerà da una selezione in corso a seguito di bando. Il consiglio comunale ha accolto positivamente la proposta.
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