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Sanità in fuga: il costo della mobilità dei pazienti e la sfida per le cure locali
Differenze regionali e strategie per ridurre i costi: il peso di 3 miliardi sulla sanità italiana
Differenze regionali e strategie per ridurre i costi: il peso di 3 miliardi sulla sanità italiana Il fenomeno della mobilità sanitaria, che vede molti pazienti spostarsi dalle regioni meridionali verso quelle settentrionali per ottenere cure migliori, rappresenta una delle principali criticità del sistema sanitario italiano. Questo flusso di pazienti costa al sistema sanitario circa 3 miliardi…
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Storia Di Musica #361 - The Magnolia Electric Co., The Magnolia Electric Co., 2003
Le Storie di Musica di Febbraio sono state suggerite da una strategia obliqua: avranno un gufo sulla copertina. Quando mi è stato suggerito il tema, all'inizio ero un attimo stranito perché me ne venivano solo due in mente: una dei King Crimson, di cui però la Rubrica ha trattato il leggendario Red da poco, un'altra dei Rush, molto bella, che però non è la copertina di un disco particolarmente esaltante. La curiosità alla fine ha prevalso e sono uscite fuori delle cose davvero interessanti, e come chi ha il piacere di leggere queste storie da un po' di tempo, sono dischi non proprio famosi di artisti tutti da scoprire o riscoprire. Rimarrà, e lo anticipo, solo una piccola disputa di tipo tassonomico, ironica ovviamente, che si svilupperà con le 4 Storie di questo mese.
Iniziamo da questo disco, con un gufo disegnato da William Schaff, artista che ha creato molte copertine della famosa etichetta indipendente Jagjaguwar, soprattutto quelle degli Okkervil River (che sono stati protagonisti di una Storia di Musica). Il gufo ha due mani extra, nella posizione tipico dell'iconografia del Cristo, davanti al fiore di una magnolia che è illuminata come una lampadina. Perchè Jason Molina, l'autore delle canzoni, aveva appena inaugurato con questo disco un nuovo progetto chiamato The Electric Magnolia Co. Tra parentesi, nelle prime edizioni del disco non vi era una precisa definizione del titolo sia della band che del disco. Questo perchè Molina fino ad allora aveva firmato i suoi lavori, di un maturo, dolente e romantico cantautorato, con il soprannome di Songs:Ohia, sin dal 1996, quando pubblicò il suo primo lavoro indipendente di un certo rilievo, dallo stesso titolo (che i fan ribattezzeranno Black Album). Molina si circonda di un gruppo di musicisti amici, che a rotazione lo aiutano nei successivi lavori. Molina è eclettico, spazia dall'indie-rock al country, al punk-rock, collabora con gli scozzesi Arap Strap con cui registra a Glasgow e nel 2000 pubblica The Lioness, a cui segue un tour europeo in piccoli locali, dal quale fu registrato un live, Mi Sei Apparso Come Un Fantasma, titolo che suggerisce che fu registrato in Italia, al Barchessone Vecchio di Mirandola, Modena, nel settembre del 2000. L'album successivo, Didn't It Rain, è il suo migliore: osannato dalla critica, vede il suo avvicinamento al blues, in un mix ancora per certi versi indecifrabile, ma dal fascino unico e particolare.
Idea che trova massima espressione nel disco di oggi. Molina per The Magnolia Electrc Co. va a Chicago in un completo studio di registrazione, sotto le cure maniacali e precise del rimpianto Steve Albini (a cui aveva dedicato un brano nel disco precedente, Steve Albini's Blues). Lo accompagnano Jennie Benford, che lo accompagna in due brani alla voce e suona il mandolino, Mike Brenner alla steel guitar, "Three Nickel" Jim Grabowski piano e organo, Dan Macadam al mandolino e Dan Sullivan alle chitarre, Rob Sullivan al basso e Jeff Panall alla batteria. Jason Molina si avvicina al blue collar blues, sicuro e in denim, con non lontani gli echi dei margini oscuri della città, nel quartiere di Bruce Springsteen, John Mellencamp e Bob Seger. Però la sua è anche un'emozione musicale alla Neil Young, a cui la sua voce qui spesso assomiglia, anche nella semplicità e nella facilità con cui gli strumenti acustici si mischiano con quelli elettrici. Questo è un disco che è pensato "più da band" tanto è che non solo Jennie Benford lo aiuta nel canto, ma ci sono due ospiti che prendono il suo posto: Lawrence Peters che da manuale del country canta The Old Black Hen, e la voce delicata e dolente di Scout Niblett, conosciuta nel periodo a Glasgow, in Peoria Lunch Box Blues. Molina è sbalorditivo in John Henry Split My Heart Just Be Simple, delicatissima e sognante e nella cupa chiusura di Hold On Magnolia, che si avvale dell'aiuto di chitarra slide, violino e un ritmo ondeggiante per creare un'atmosfera dolceamara e meravigliosa. Ma la vera perla è la canzone che apre il disco, divenuta in seguito un piccolo classico del mondo della musica indie: Farewell Transmission ha la leggenda che fu registrata in una singola registrazione, al primo giorno, con Molina che, come un band leader jazz, impartisce solo delle piccole indicazioni di base al resto dei musicisti che gli vanno dietro come in un incantesimo magico, quasi a simboleggiare reale la sintonia da ultimo giorno dell'umanità che la canzone racconta (In the sirens and the silences now\All the great set up hearts\All at once start to beat).
Anche The Magnole Electric Co. è un successo di critica, Molina è un artista consolidato ma confinato in un ambito marginale del mondo musicale. Eppure dopo il live del tour di questo disco, Trials & Errors, che esce nel 2005 (e dove omaggia chiaramente Neil Young e i Crazy Horse) inizia una lunga serie di dischi annuali, molto interessanti, fino al 2009, con Josephine. Da quel momento, inizia a soffrire di gravi problemi di salute, dovuti soprattutto al suo alcolismo cronico, che lo porteranno ad una tragica morte nel 2013, a 39 anni. Destino simile ad altri due geni dolenti della musica americana indipendente, come Elliot Smith o Vic Chesnut, una triade meravigliosa e formidabile di cantautorato creativo, vibrante per quanto dolente, ma sicuramente emozionante.
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Memoria storica recente - promemoria appunto.
Chi ha ancora un minimo di memoria, non si affida solo ai giga e alla polemica politica giornalaia non ci casca, ricorda antefatti e perché del superbonus.
Con altri bonus, tipo il mitico "facciate", esso fu introdotto con tutti o quasi i partiti non contrari, mi par di ricordare, parallelamente e a bilanciamento del RdC. Come questo, ricade nel mazzo degli incentivi ai consumi (prima voce dei PIL dei paesi avanzati); rispetto all'assistenzialismo clientelare del RdC, era misura apparentemente più potabile, più "nordica" anche se keynesiana (incentivi pubblico-->privato = distorsione del mercato).
Il contesto era più tragico e urgente di quanto si ricordi: la necessità di una terapia choc, di defibrillare malato terminale "lo stiamo perdendo". La causa, terrorismo pandemico e lockdown demenziali, peggiori come effetti dei bombardamenti su Mariupol anche come numero di vittime.
In tale scenario tragico, il superbonus qualcosa ha prodotto: una scossa defribillante, un boost all'economia (cfr. crescita Pil). Potente ma keynesiano, quindi istantaneo, locale, profilo basso ma diffuso, efficace nell'ottica facce campà. Tant'è, solite misure viste e riviste, soliti sprechi necessari per non morire.
Ciò che ha provocato il salto di qualità rispetto ai disastri standard precedenti, ciò che ha reso il superbonus una catastrofe non è la misura in sé: sta nella burosaurofureria. Come i medici del SSN, i burocrati d'oggidì da Millennial sono mediamente ignoranti, non son capaci di scrivere regole e renderle efficaci, inefficienti non controllano, vagolano dietro ai computer solo per prendere lo stipendio.
Da inculatina standard chi ha dato ha dato, il superbonus è diventato gang bang record per i conti dello Stato.
Quindi, riassumiamo:
la causa: il terrorismo pandemico (senza dover risalire ai suoi perché "globali", fermiamoci all' hic et nunc) genera frenata del PIL da guerra mondiale,
l'effetto: "piano marshall de'noantri", fatto di cure locali e sintomatiche, distorsive e prive di controlli seri, più assistenzialismo a pioggia.
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CONTRO IL GOVERNO DEGLI ASINI, DEGLI INCOMPETENTI, DEGLI INADEGUATI, DEI GAFFEUR DI PROFESSIONE...
L'appello degli Scienziati, del mondo Accademico, della Ricerca scientifica Italiana, degli uomini più illustri in campo sanitario, che avvertono l'urgenza di lanciare l'allarme contro lo smantellamento del Sistema Sanitario Nazionale Italiano.
Prima che sia troppo tardi e non restino soltanto i cocci da raccogliere di ciò che fu l'orgoglio della Nazione italiana dal 1978 agli anni 2000.
Poi vennero i guastatori, vennero gli speculatori lombardi, i leghisti, gli Egoisti, i Berlusconi, gli interessi dei Formigoni di turno, a demolire il sistema Pubblico, per accordare favori e privilegi agli amichetti degli amichetti.
Alle speculazioni delle Cliniche Private che fanno profitti sulla pelle di chi si ammala.
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Poi non accusiamo nessuno che non lo sapevamo cosa stesse tramando questo sciagurato Governo di Destra-Destra, che ci porterà a sbattere e a disgregare la coesione nazionale mettendo tutti contro tutti, gli enti locali contro il Governo centrale, grazie alle norme sulla Autonomia differenziata e alla proposta di Premierato forte preteso dalla burina della Garbatella: la caciottara Giorgia Meloni.
Sappiamolo fin d'ora, cosa stanno preparandoci questi picconatori della Repubblica Italiana.
NOI CI BATTEREMO STRENUAMENTE PER DIFENDERE IL SISTEMA UNIVERSALE CHE GARANTISCE CURE A OGNI CITTADINO, SENZA DISTINZIONE DI REDDITO, CENSO, AMICIZIE DI PARTE O LEGAMI CORPORATIVI.
LE CURE SANITARIE VANNO PRESTATE A PRESCINDERE DAL PORTAFOGLIO CHE HAI IN TASCA. È UN DIRITTO SACRO QUESTO. È IL DIRITTO ALLA VITA, ALL'ESISTENZA IN VITA PER TALUNE PERSONE IN DIFFICOLTA' GIA ORA DA PERSONE SANE.
Approfondimento su Repubblica di oggi 4 aprile 2024.
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#Sistema Sanitario Nazionale#Salute e Politica#il Governo che vuole cancellare i Diritti#LA FATTORIA DEGLI ANIMALI#Il potere degli ASINI
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VENEZUELA DIMENTICATO
Sono trascorsi decenni dal mio soggiorno lavorativo in Venezuela, ma da allora ho seguito sempre con interesse le sorti di quel paese. Ho lasciato una terra ricca di risorse, che nonostante certi difetti da attribuire in generale all’America Latina, che si manifestavano già a quel tempo, mostrava il volto di una nazione in crescita, il cui sviluppo industriale sociale e culturale in atto faceva sperare in un futuro prospero. Il Venezuela si avviava a diventare una sorta di locomotiva per gli altri stati dell’area.
Invece non è stato così. Un giorno è tutto cambiato. E’ salito al potere, eletto peraltro dal popolo, un rappresentante della sinistra più spinta, simpatizzante del sistema cubano. A partire da Chavez, poi grazie al suo successore Maduro, il regime di stampo comunista si è consolidato. Il rapporto con i capi cubani si è fatto sempre più stretto e il Venezuela è precipitato nel periodo più buio della sua storia.
La dittatura ha imposto condizioni terribili alla popolazione. Nei primi anni, quando si stava affermando, ascoltavo, collegandomi con gli amici locali tramite Skype, le loro lamentele. Erano preoccupanti quei racconti, da stentare a crederci se non fossi stata convinta della loro buona fede.
Il regime, dichiarando paradossalmente che il suo intervento era volto al benessere della popolazione, al riscatto delle masse più disagiate, non ha fatto altro invece che appiattire nella povertà e nell’ignoranza un intero popolo. Si è avvalso naturalmente di tutti i mezzi classici usati dalle dittature. L’opposizione ha avuto vita difficilissima ed è sempre stata schiacciata e soffocata anche nei momenti apparentemente democratici riservati alle elezioni, che si sono svolte in un clima terroristico.
La povertà dilagante e quindi l’impossibilità di ricavare ricchezza dalla popolazione, ha fatto sì che il regime abbia iniziato da subito a svendere le sue materie prime agli stranieri, prima fra tutte il petrolio, il cui sfruttamento era il perno dell’economia negli anni precedenti la dittatura.
L’impoverimento è stato tale che i beni di consumo si sono sempre più rarefatti, ricordo quando un’amica mi comunicava allarmata che non si trovava più neanche la carta igienica.
La corruzione dilaga. Anche l’apparato della salute pubblica è venuto meno, altro che sistema socialista, solo chi ha denaro riesce ad accedere alle cure. L’istruzione è distrutta. La stampa è imbavagliata, come pure il sistema giudiziario.
Il disastro si è maturato nel giro di pochi decenni, e non c’è speranza di cambiamento per ora.
Dal paese sono usciti non solo dissidenti del regime, ma tanti cittadini comuni in cerca di lavoro, di un futuro decente, per sfuggire alla miseria più nera.
Tanti italiani, gran parte dei quali discendenti di persone che si sono affermate negli anni in cui vigeva la democrazia, se ne sono dovuti andare. Ma l’Italia non è stata per niente generosa nei loro confronti. Non si sono sentiti appelli perché venissero accolti a braccia aperte nel paese d’origine dei loro antenati. Tutt’altro. Si parla della necessità impellente di ripopolamento dell’Italia, ma i governi italiani non hanno preso neanche in considerazione l’accoglienza e l’aiuto di persone che potevano rappresentare risorse importanti per la nostra nazione.
Come se non bastasse, è calato un silenzio di tomba su quella realtà troppo scomoda. Nessuno parla più della tragedia venezuelana.
Isabella M.
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Tornano i raduni: la tua Fiat 500 è pronta a ripartire?
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Le giornate si accorciano, ma la voglia di riscoprire la strada a bordo delle nostre Fiat 500 non diminuisce. I raduni autunnali sono pronti a regalarci ancora tante avventure e sorprese: sei pronto a partire?
Con l’arrivo di settembre, si conclude il periodo di riposo per le nostre adorate Fiat 500. Dopo un’estate passata al sicuro nei garage, lontane dal caldo torrido e dalle lunghe ore sotto il sole, è finalmente giunto il momento di farle tornare a ruggire sulle strade di tutta Italia. I raduni sono alle porte, pronti a farci vivere momenti indimenticabili all'insegna della passione, dell'amicizia e, naturalmente, della nostra amata Fiat 500. Ogni raduno è un’occasione unica per riaccendere la passione che ci lega a queste piccole, ma incredibilmente affascinanti, auto. Che tu sia un veterano dei raduni o un appassionato che si avvicina per la prima volta a questi eventi, troverai sempre lo stesso spirito di condivisione e l’entusiasmo contagioso che rende questi incontri speciali. Un autunno all’insegna dei raduni Quest’anno, con l’arrivo dell’autunno, i meeting della Fiat 500 si preannunciano più entusiasmanti che mai. Le giornate sono ancora lunghe, il clima è ideale per mettere alla prova la tua Fiat 500 su percorsi mozzafiato, e la voglia di stare insieme, dopo un’estate di pausa, è davvero tanta. Ogni raduno è un tuffo nel passato, un’occasione per rivivere quei momenti di felicità che solo chi ama davvero la Fiat 500 può comprendere. Come partecipare ai raduni Se ti stai chiedendo come fare per non perdere nemmeno un raduno, la risposta è semplice: visita il nostro sito fiat500nelmondo.it. Alla pagina Calendario Raduni, troverai tutte le date e i luoghi dei prossimi eventi dedicati alla Fiat 500. Un calendario sempre aggiornato per tenerti informato su ogni occasione di incontro, dalle grandi manifestazioni nazionali ai piccoli raduni locali, dove la Fiat 500 è sempre la regina indiscussa. Preparare la tua Fiat 500 Dopo mesi di inattività, la tua Fiat 500 merita un po’ di attenzione prima di tornare in strada. Un controllo generale al motore, una bella lucidata alla carrozzeria e, perché no, qualche piccolo ritocco che la renda ancora più bella e brillante. I raduni sono anche l’occasione perfetta per mostrare con orgoglio il frutto delle tue cure e delle tue attenzioni. E se hai bisogno di qualche consiglio su come preparare al meglio la tua auto per i raduni, non esitare a consultare le nostre guide e i nostri articoli dedicati alla manutenzione della Fiat 500. Troverai tutte le informazioni necessarie per garantire alla tua piccola grande auto le migliori prestazioni possibili. Emozioni in strada Partecipare a un raduno non è solo un modo per condividere la passione per la Fiat 500, ma anche per vivere emozioni uniche. Ogni raduno è una festa, un’occasione per stringere nuove amicizie, scambiarsi consigli e, soprattutto, fare un salto nel passato, rivivendo i tempi in cui la Fiat 500 era la regina delle strade italiane. Le risate, i racconti, le esperienze condivise: tutto contribuisce a creare un’atmosfera di gioia e nostalgia che rende ogni raduno un’esperienza indimenticabile.
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I Cure possono tranquillamente essere etichettati come il prototipo del gruppo “dark” o “goth”; nel diventare così iconici ci suggeriscono una cosa: che sono diventati icona a livello universale. Si può essere iconici all’interno del proprio mondo ma si può diventare iconici per tutti, anche per chi quel mondo non lo bazzica né lo conosce. Ma significa che da quel mondo è arrivato un segnale di riconoscimento. Probabilmente la maggior parte delle persone che non appartengono al mondo new-wave vi diranno che conoscono in Cure per almeno due brani che appaiono in The Head on the Door; ed è molto curioso il fatto che questo disco, del 1985, sia diventato uno dei paradigmi della band dark per antonomasia pur essendo uno dei dischi meno cupi e dark dei Cure. Molto probabilmente i brani sono "Close to Me" e "In Between Days"; il primo caratterizzato da quel fresco e scherzoso video che ci ha fatto rivedere noi stessi da adolescenti alla ricerca del vestito miglior prima di uscire al sabato pomeriggio dopo la scuola, con tutti i nostri colori e incertezze. "In Between Days" è una canzone d’amore che si canta a squarciagola saltando e pogando (come abbiamo fatto tante volte al Norman di Perugia) ed è diventato uno dei brani della colonna sonora di qualsiasi adolescenza degli anni ’80.
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"The Head on the Door" è un disco fresco, colorato e caleidoscopico, influenzato dalla musica rock e new wave di metà anni ’80 (tanto da Kaleidoscope dei Banshees, o da Dare degli Human League) che anche se aveva un cuore dark poteva avere anche un albume new romantic e un guscio soft-rock. A metà anni ’80 si potevano ascoltare sia i Duran Duran che "China Girl" di Bowie. Nel coloratissimo, incoerente, spettinato decennio degli anni ’80 ciò che era visuale era portato all’eccesso: dai capelli al make-up. Si potevano avere i capelli tinti di nero e gli occhi sbavati di matita pur indossando un kimono o una gonna a fiori. Il kitsch, l’esotico e il pittoresco si fondono insieme come in una nuova rinascita di un improbabile rococò musicale. "Kyoto Song" parla proprio di suggestioni orientali mentre "The Blood" sforna addirittura chitarre flamenco e armonica a bocca. Bella in modo stupefacente "Six Different Ways", quasi da suggestioni baleariche e vicinanze verso Kate Bush. "Push" è un brano che richiama musicalmente "In Between Days", potrebbe essere una sorta di suo opener ed ha una dimensione live davvero importante, con quel tipico modo di suonare la chitarra che ha Robert Smith, che ha contribuito a quell’iconicità di cui si diceva prima e sta bellamente in primo piano proprio perché il periodo storico lo richiede. "The Baby Scream" ci ricorda i primi Cure, una loro versione più aggressiva ed abrasiva, quasi in chiave The Chameleons, anche se le schegge e le impurità sono puntualmente levigate da un tocco di pianoforte o dalla produzione. "Screw" è quasi una punk-funk song, a riprova di quanto in quegli anni, dentro ad un album, c’era tutto e il contrario di tutto, pur mantenendo un filo-conduttore. "A Night Like This" e "Sinking" sono fra i picchi più alti per chi ricerca ancora il lato più oscuro ed intimo nei Cure. Pazzesca la traccia conclusiva, col basso in primo piano e le sue orchestrazioni. Questo brano apre letteralmente lo spioncino sugli anni ’90, sugli Everything but the Girl, The Orb e su tutta una serie di musica inglese e di influenze che entreranno nel trip-hop. Mi piace tantissimo pensare che alcune sonorità escano dalla porta laterale di un concerto a Brixton entrando nella porta sul retro di un club hip-hop che sta sulla strada successiva. Queste sono le contaminazioni che hanno fatto parte delle nostre serate dance nei locali rock dei nostri vent’anni; queste sono le contaminazioni che hanno musicato il nostro immaginario personale diventando immaginario collettivo. Questi sono gli anni ’80.
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Piante Online: La Scelta Perfetta per il Verde a Portata di Click
Acquistare piante online è una tendenza in continua crescita che sta rivoluzionando il modo in cui arrediamo i nostri spazi con il verde. Grazie a negozi online come I Giardini di Giulia, è possibile trovare la pianta perfetta per ogni esigenza, ricevendola comodamente a casa.
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Le Piante Più Vendute Online
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1. Piante da Interno
Ideali per decorare case e uffici, migliorano la qualità dell’aria e donano un tocco di eleganza. Alcune scelte popolari includono:
Ficus Lyrata
Monstera Deliciosa
Pothos
2. Piante da Esterno
Perfette per abbellire balconi, terrazze e giardini, resistono a diverse condizioni climatiche. Tra le preferite:
Lavanda
Gelsomino
Oleandri
3. Piante Grasse e Succulente
Richiedono poca manutenzione e sono ottime per chi cerca soluzioni pratiche e decorative. Esempi popolari:
Aloe Vera
Echeveria
Cactus
4. Piante Fiorite
Con i loro colori vivaci e profumi delicati, sono perfette per aggiungere un tocco di gioia agli ambienti. Tra le più richieste:
Orchidee
Rose in vaso
Gerani
5. Bonsai
Piccole opere d’arte naturali, ideali per chi cerca eleganza e originalità.
Come Scegliere le Piante Online
Per fare la scelta giusta, è importante considerare alcuni aspetti fondamentali:
Spazio Disponibile Valuta dove posizionerai la pianta e scegli in base alle dimensioni dello spazio.
Condizioni di Luce Alcune piante richiedono molta luce, mentre altre prosperano in ambienti più ombreggiati.
Livello di Manutenzione Se hai poco tempo, opta per piante che richiedono poche cure, come le succulente o le grasse.
Stile Personale Scegli piante che si adattino al tuo gusto e all’arredamento dei tuoi spazi.
I Giardini di Giulia: Il Tuo Negozio Online di Fiducia
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Porta il Verde a Casa Tua
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Il Progetto di Vita per le Persone con Disabilità: Un Approccio Inclusivo e Personalizzato
Il Progetto di Vita per le persone con disabilità rappresenta un pilastro fondamentale della legislazione italiana e delle politiche sociali orientate all’inclusione. Questo strumento è stato introdotto per la prima volta nel sistema normativo italiano con la Legge 8 novembre 2000, n. 328, la quale ha ridefinito il concetto di assistenza sociale, passando da un approccio puramente assistenziale a uno progettuale e personalizzato. Al centro di questa nuova visione c’è l’obiettivo di garantire alle persone con disabilità non solo un adeguato sostegno ma anche una reale possibilità di vivere una vita autonoma e inclusiva nella società.
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La Legge 22 giugno 2016, n. 112, nota come “Legge sul Dopo di Noi”, ha rafforzato ulteriormente questo approccio, ponendo il Progetto di Vita come elemento cardine per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive di sostegno familiare. Questo strumento non si limita a prevedere interventi di assistenza e cura, ma si propone di attivare percorsi volti a favorire il benessere, l’inclusione sociale e l’autonomia della persona. La piena inclusione è infatti il principio cardine della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, recepita dall’Italia, che stabilisce il diritto di ogni persona con disabilità a partecipare attivamente alla vita comunitaria, godendo delle stesse libertà e opportunità degli altri.
Il Progetto Individuale per le Persone con Disabilità
Il cuore del Progetto di Vita è il cosiddetto “progetto individuale”, introdotto dalla Legge 328 del 2000. Questo progetto è predisposto dai comuni, in accordo con le aziende sanitarie locali, e mira alla piena inclusione della persona con disabilità nel contesto sociale e familiare, nonché all’integrazione scolastica e lavorativa. La sua realizzazione si basa su una valutazione diagnostico-funzionale, che tiene conto delle esigenze specifiche della persona, integrando cure, servizi e supporti economici necessari per contrastare povertà, emarginazione e esclusione sociale.
Nel Progetto di Vita, la persona con disabilità diventa il punto focale attorno al quale ruotano tutte le azioni messe in campo dai servizi di welfare. Questo approccio innovativo, definito come “modello progettuale”, mira a garantire che le decisioni riguardanti la vita della persona siano prese con il suo pieno coinvolgimento, rispettando le sue aspirazioni, desideri e preferenze.
La Legge sul “Dopo di Noi” e il Progetto di Vita
La Legge sul “Dopo di Noi” rappresenta un esempio concreto di come il Progetto di Vita possa fare la differenza nella vita delle persone con disabilità. Questa legge si rivolge alle persone con disabilità grave che non possono più contare sul supporto familiare, predisponendo misure di assistenza e cura a lungo termine. Il Progetto di Vita, in questo contesto, non è soltanto uno strumento per garantire l’assistenza, ma diventa una guida per la costruzione di percorsi che portano la persona con disabilità a vivere in modo autonomo, anche dopo la perdita dei propri cari.
Uno degli elementi più innovativi della legge è l’introduzione del “progetto personalizzato”, un documento che delinea tutte le risorse e i servizi di cui la persona ha bisogno, e che viene redatto con il pieno coinvolgimento della persona con disabilità e della sua famiglia. Il Progetto di Vita è quindi un processo dinamico, in continua evoluzione, che si adatta ai cambiamenti delle condizioni della persona e delle sue necessità.
L’Importanza di un Approccio Sistemico e Inclusivo
Il Progetto di Vita è parte di una strategia più ampia che mira alla deistituzionalizzazione delle persone con disabilità e alla loro piena inclusione nella comunità. A livello europeo, la Strategia sulla disabilità 2021-2030 individua alcune aree prioritarie di intervento, tra cui la promozione dell’autonomia, la creazione di un welfare abitativo inclusivo e l’integrazione lavorativa e scolastica. Tutti questi obiettivi trovano riscontro nel Progetto di Vita, che non si limita a rispondere a bisogni immediati ma si propone di offrire una visione a lungo termine per il futuro della persona.
In questo contesto, la collaborazione tra diversi attori, come famiglie, enti locali, organizzazioni del terzo settore e servizi pubblici, è cruciale per garantire una risposta integrata e coordinata ai bisogni delle persone con disabilità. Il Progetto di Vita, infatti, non è un semplice documento burocratico, ma un percorso concertato, che coinvolge tutti i soggetti interessati per garantire che la persona con disabilità possa esercitare i propri diritti e vivere una vita piena e soddisfacente.
Conclusioni
Il Progetto di Vita rappresenta uno strumento fondamentale per garantire la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità. Esso si basa su un approccio sistemico che mette al centro la persona, rispettandone i desideri e le aspirazioni, e mira a fornire un supporto globale e personalizzato. Attraverso il coinvolgimento attivo della persona con disabilità, delle famiglie e delle istituzioni, il Progetto di Vita diventa un vero e proprio percorso di emancipazione, che offre a chi è affetto da disabilità non solo assistenza, ma la possibilità di partecipare attivamente alla vita comunitaria. La sfida per il futuro è quella di continuare a sviluppare politiche e servizi che siano realmente inclusivi, capaci di garantire una vita dignitosa e piena per tutte le persone con disabilità.
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Sant’Antonio: celebrazioni e benemerenze all’AOU di Alessandria. Un sabato dedicato alla gratitudine e alla memoria.
Sabato 18 gennaio, il Salone di rappresentanza dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Alessandria (AOU AL) ha ospitato la Cerimonia delle Benemerenze, il secondo appuntamento della settimana di celebrazioni in onore di Sant’Antonio, patrono dell’AOU.
Sabato 18 gennaio, il Salone di rappresentanza dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Alessandria (AOU AL) ha ospitato la Cerimonia delle Benemerenze, il secondo appuntamento della settimana di celebrazioni in onore di Sant’Antonio, patrono dell’AOU. Questo evento rappresenta un momento importante per riconoscere il lavoro e l’impegno di chi ha contribuito alla crescita e al miglioramento dei…
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Sei turisti italiani rimasti feriti a Machu Picchu in Perù
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Un bus sul quale viaggiava anche un gruppo di italiani si è schiantato in Perù. Lo conferma la Farnesina, precisando che «sono 13 i nostri connazionali coinvolti» nell'incidente. Cosa è successo Sei italiani e 23 turisti sono rimasti feriti in Perù dopo che il loro autobus è uscito fuori strada mentre scendeva dall'antica cittadella Inca di Machu Picchu. Lo riportano i media locali. L’autobus è precipitato per 15 metri da una strada di montagna. L'autista avrebbe perso il controllo del mezzo. La maggior parte dei feriti presenterebbe fratture ossee e dalle prime informazioni riguardanti i nostri connazionali, nessuno sarebbe in serio pericolo. L'azienda di trasporti con un comunicato ha confermato di aver attivato i propri protocolli di sicurezza e di aver coordinato le cure delle persone colpite. I feriti sono stati trasportati all'ospedale di Cusco, mentre la polizia peruviana ha aperto un'indagine. L’elenco degli italiani feriti La Polizia Nazionale del Perù ( PNP ) ha pubblicato l' elenco dei feriti nell'incidente avvenuto sulla strada vicino allo storico santuario di Machu Picchu. I feriti italiani sono: Luciana Bonfada, di 35 anni che ha riportato delle fratture; Angelo Florile, 33 anni, nazionalità italiana, che ha riportato alcune contusioni; Giorgio Quiagliaroli, (47 anni) si è rotto la gamba destra; Dario Florio, (46 anni), nazionalità italiana, con alcune lievi contusioni; Gabriela Cristoforini, (48 anni), diagnosi: frattura del perone tibiale; Elisabetta Panzeri, (44 anni) che ha riportato alcune fratture; Paolo Daledo, (38 anni), nazionalità italiana con un trauma alla gamba destra così come Greta Raimondi di 35 anni e Matteo Vigano, (33 anni) che ha riportato alcune contusioni. Farnesina: assistenza consolare agli italiani feriti in Perù L'Ambasciata d'Italia a Lima, in contatto stretto con il Ministero degli Esteri e con le autorità locali, si è subito attivata per fornire la massima assistenza consolare ai turisti italiani coinvolti in un incidente di pullman nei pressi di Machu Picchu, in Perù , e ai loro familiari. Lo dicono all'ANSA fonti della Farnesina. Read the full article
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Storia Di Musica #283 - Janes' Addiction, Nothing's Shocking, 1988
La storia di questa band varrebbe la pena di raccontarla per tanti motivi. Ma quello delle copertine controverse, che ho scelto come tema che lega i dischi di Luglio, sembra perfetto per loro. Infatti bastò il primo, memorabile, disco della loro breve e tormentata carriera per passare alla storia come uno dei gruppi più irriverenti e iconoclasti della musica. Ma andiamo con ordine. Tutto inizia a metà anni ’80, a Los Angeles, quando Perry Farrell, originario di New York ma affascinato dal Mito californiano, che cantava in un gruppo “terrificante”, gli Psi Com, conosce Eric Avery, bassista che gli era stato presentato per coprire il posto vacante nel suo gruppo d'origine. C’è subito intesa, e cercando nei circuiti underground dove suonavano mettono insieme una band con il batterista Stephen Perkins e il chitarrista Dave Navarro. Navarro e Farrell hanno una tragica storia comune: sono entrambi orfani di madre, ma mentre quella di Farrell morì suicida quando lui aveva solo 4 anni, quella di Navarro fu assassinata, assieme alla zia, dal suo compagno di quel periodo. Farrell divide il suo appartamento con la sua migliore amica, Jane Bainter, che in quegli anni viveva una devastante tossicodipendenza da eroina. Per aiutarla a uscirne, le dedicarono il nome della nascente band, Jane’s Addiction. Sin da subito emergono due aspetti: il primo, pur rifacendosi all’hard rock degli anni ’70, la loro musica è un bizzarro ed eclettico mix con il glam, innesti funk, ma anche deliberati ganci new wave e rock’n’roll degli anni d’oro; dall’altro diventano grazie alle loro esibizioni gli eroi musicali di tutta una serie di “emarginati” losangelini, il gruppo preferito di prostitute, transessuali, spacciatori, junkies, bikers di dubbia fama che fanno la fila nei locali per vederli suonare. Sono l’attrazione principali di due club, lo Scream e il Roxy, e proprio al Roxy registrano il loro primo disco, Jane’s Addiction, che esce nel 1987. Un live che ha una stupenda prima parte tutta acustica, affascinante e decadente, il clou è il medley Rock’N’Roll (dei Velvet Underground) / Sympathy ( si proprio quella For The Devil dei Rolling Stones) / Jane Says, autografa, che è dedicata alla Jane del loro nome; la seconda parte, si esprime invece in un urticante hard rock che si rifà a Hendrix e ai Led Zeppelin, una scarica elettrica violentissima. Firmano per la Warner Bros. e nel 1988 esce Nothing’s Shocking. Il titolo è fatto apposta sia per la copertina, sia per il suono, in parte davvero rivoluzionario, che la band di Farrell sprigiona. Dico subito una cosa: per via di una pretesa esagerata sulla royalties di Farrell, il disco rischiò di non essere mai pubblicato, e in parte fu registrato in una sorta di tensione permanente tra i membri del gruppo, grazie anche alle cure di Dave Jerden, grande produttore di Talking Heads, David Byrne, Frank Zappa, Mick Jagger, The Rolling Stones. Tuttavia la situazione andò piano piano risolvendosi, e l’album poté essere pubblicato.
Farrell pensò da solo alla copertina: una scultura di gemelle siamesi, legate al fianco e alla spalla, a seno nudo su una sedia a dondolo con la testa in fiamme. Chiese aiuto agli uffici grafici della Warner Bros. che inviarono degli artisti, per creare la scultura, ma - dopo aver imparato a crearle da solo osservandole da vicino - li ha licenziati e ha creato lui stesso l'opera d'arte. "L'idea è nata da un sogno che ho fatto", ha ricordato. Fondamentale fu il supporto della sua fidanzata di allora, Casey Niccoli, il cui calco del corpo forma il corpo delle gemelle. La copertina, diventata in seguito iconica, fu rifiutata allora da nove delle undici principali catene di negozi di dischi, che vendevano materialmente il disco solo con una sovraccopertina di cartoncino marrone. Musicalmente, il disco è dirompente, un concentrato di oscurità, droga, violenza ma che ha una luce di speranza in fondo al tunnel, di evasione e di libertà. Si inizia con Up The Beach, dallo storico giro di basso e dalla chitarra di Dave Navarro a ricamare con dei sontuosi ghirigori psichedelici, ricorda a tutti che dopo tutto siamo in California. Ocean Size, potentissima, e Had A Dad diventeranno inni dei loro concerti; Ted, Just Admit It è la prima genialata: il Ted del tiolo è Ted Bundy, tristemente famoso serial killer, famoso anche per l’uso clamoroso che fece della TV per diventare un personaggio. Vengono infatti usate alcune sue dichiarazioni in questo brano di metal moderno da oltre 7 minuti, con Farrell che grida “Sex is violent!”. Standing In The Shower Thinking e Summertime Rolls sono portentose, scritte da Eric Avery che qui proietta la lezione di Peter Hook dei Joy Division, suo eroe musicale, nella Los Angeles di fine anni ’80, e Navarro, meno pirotecnico, per fare un esempio, del suo omologo Slash dei Guns’N’Roses, ma mi permetto di sottolinearne una musicalità più eclettica. Mountain Song diviene l’inno dell’alternative metal (definizione che le riviste coniano proprio per loro). C’è pure il tempo per qualche scherzo, come il funky- jazz di Idiots Rule (dove il loro amico Flea, futuro famosissimo bassista dei Red Hot Chili Peppers suona la tromba) e Thank You Boys. Rimangono due canzoni che facevano già parte del primo live: Pigs In Zen, con Navarro che omaggia Jimmy Page e quella musica così muscolare e la ripresa della canzone che scrissero per la cara Bainter, Jane Says. Chiaramente un omaggio a Lou Reed, il re indiscusso di quel tipo di racconto (riferimento alle sue splendide Candy Says o Stephanie Says), Perry Farrell racconta della devastata vita di Jane, tra il suo magnaccia Sergio, l’eroina, la prostituzione, ma alla fine Jane dice: “non sono mai stata innamorata\non so cosa voglia dire.\So solo quando mi vogliono\e li voglio se mi vogliono\so solo se mi vogliono\S’incazza\e inizia a urlare\cerca di tirarmi un pugno\ma manca il bersaglio,\non ha intenzione di farmi male\è solo che non sa cos’altro fare". Il disco è osannato dalla critica e viene nominato persino ai Grammy Awards. La band tuttavia è sempre sull’orlo dello scioglimento, nonostante la Warner Bros li costringa a scrivere un secondo disco. Ritual De Lo Habitual ha nuovamente la copertina censurata, tre corpi di donne nudi in copertina, in riferimento alla canzone più famosa del disco, Three Days, 11 minuti del rock duro più creativo di fine anni ’80. Prima di sciogliersi, i Jane’s Addiction lanciano Lollapalooza, il festival itinerante con cui aprono le porte a una nuova generazione alternativa, ma che oggi ha perso buona parte di quel messaggio. Si riformano nel 1997, dopo che Farrell ha fondato i Porno For Pyros, e pubblicano Kettle Whistle, si risciolgono, nel 2003 ci riprovano con Strays ma a fine 2004 definitivamente rinunciano. Rimangono una figura determinante per l’evoluzione della musica rock alternativa, e sentendo come suonano è facile capire ancora oggi fu tanto affascinato dalle due gemelle siamese nude, che al posto dei capelli avevano dei bigodini, che si incendiavano meglio per fare una foto più appariscente.
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Non sappiamo se sia solo uno scoop estivo quello di un rischio di nuova Epidemia di M-Pox in Europa tra omosessuali, bisessuali persone transgender e loro partner o altre persone che abbiano rapporti sessuali tra nati uomini.
Questa recente Review ci informa sui fattori di rischio:
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2319417024000490?via%3Dihub#bib93
1) Avere più partner sessuali occasionali all'interno di reti sessuali interconnesse (amicali, nei locali oppure online)
2) Partecipare a eventi sessuali durante i mesi primaverili ed estivi
3) Partecipare a feste chemsex
Ognuno può facilitare ulteriormente la trasmissione della malattia.
Resta basso il rischio per la popolazione generale mentre diventa basso per chi lavora in Sanità o nei laboratori di analisi se segue le corrette procedure di sicurezza valide per tutte le possibili infezioni.
Va soprattutto consigliato il Vaccino JYNNEOS per le persone che abbiano rapporti omosessuali, che non avessero ricevuto in precedenza un vaccino contro il Vaiolo e che non abbiano una immunideficienza da HIV o per altre cause. Il vaccino è a virus attenuato e nelle persone immunocompromesse causa uguali o maggiori danni della malattia effettiva.
L'eventuale Terapia si limita a idratazione e controllo in ambiente normale, cure sintomatiche come per la febbre e i dolori e l'uso eventuale di antibiotici SOLO se c'è sovrainfezione batterica sulle piaghe.
La FDA americana raccomanda alcuni antirrtrovirali solo per le persone con immunideficienza da HIV o altre cause.
La sede dove si trova maggiormente il virus è la bocca, l'ano e il liquido seminale. Va quindi consigliato SEMPRE l'uso del Preservativo anche per rapporti orali, anali o oro-anali.
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