#arte come simbolo di libertà
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pier-carlo-universe · 17 days ago
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Freedom: La scultura di Zenos Frudakis a Philadelphia che rappresenta la liberazione dell'anima. Un simbolo potente di libertà interiore ed emancipazione, la scultura "Freedom" di Zenos Frudakis è un'opera iconica che invita alla riflessione sul concetto di liberazione
La scultura Freedom di Zenos Frudakis, situata a Philadelphia, è un'opera d'arte che riesce a catturare l'essenza della liberazione dell'anima e della ricerca della libertà interiore.
La scultura Freedom di Zenos Frudakis, situata a Philadelphia, è un’opera d’arte che riesce a catturare l’essenza della liberazione dell’anima e della ricerca della libertà interiore. Questo capolavoro in bronzo è stato installato all’esterno dell’edificio dell’azienda GlaxoSmithKline, lungo la sede di Philadelphia, e rappresenta un messaggio universale che ha affascinato visitatori e residenti…
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angelap3 · 2 months ago
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La storia della Musica!!!!
Tre giorni di pace e musica. Tre giorni che hanno fatto la storia. Si celebra oggi il 51esimo anniversario del più grande evento di libertà, umanità e lotta pacifica: il Festival di Woodstock. Più che un concerto un pellegrinaggio, una fiera di arte e musica, una comunità, un modo di vivere che ha cambiato per sempre il concetto di libertà. Sul palco, a Bethel (una piccola città rurale nello stato di New York) si sono alternati per tre giornate alcuni tra i più grandi musicisti della storia. Musicisti che provenivano da influenze, scuole musicali e storie differenti ma che avevano in comune ciò che più contava in quei favolosi anni ’60: la controcultura.
Si passava dal rock psichedelico di Jimi Hendrix (che, pur di essere l’ultimo a esibirsi, salì sul palco alle 9 di lunedì mattina per un concerto di due ore, culminato nella provocatoria versione distorta dell’inno nazionale statunitense) e dei Grateful Dead ai suoni latini dei Santana (che regalarono un memorabile set, impreziosito dallo storico assolo di batteria del più giovane musicista in scena: Michael Shrieve) passando per il rock britannico di Joe Cocker (che regalò in scaletta le splendide cover di Just Like a Woman di Dylan e With a Little Help from my Friends dei Beatles) e degli Who all’apice della loro carriera (celebre l’invasione di palco dell’attivista Habbie Hoffman, durante il loro concerto, quasi quanto il lungo assolo di Pete Townshend durante My Generation, con lancio di chitarra finale).
C’era poi il folk, con una splendida Joan Baez su tutti, che suonò nonostante fosse al sesto mese di gravidanza, genere tipicamente statunitense che si alternava a suoni più esotici e orientali, come il sitar di Ravi Shankar. Impossibile dimenticare infine l’intensa performance della regina del soul Janis Joplin, la doppia esibizione (acustica ed elettrica) di Crosby, Stills, Nash e del “fantasma” di Neil Young, che rifiutò di farsi riprendere dalle telecamere e il divertente show dei Creedence Clearwater Revival.
1969, il ‘Moon day’ in musica..
Concerti che rimarranno nella memoria di chiunque ami la musica come simbolo di cambiamento, pace e libertà. D’impatto i presenti come pesanti furono le assenze di John Lennon, che si rifiutò di esibirsi per il mancato invito di Yoko Ono, Bob Dylan, padrone di casa (lui che all’epoca viveva proprio a Woodstock) assente per la malattia del figlio, i Rolling Stones, ancora scossi per la morte di Brian Jones e i Doors, alle prese con una serie infinita di problemi legali.
Il vero protagonista dell’evento fu però il pubblico, la “vera star” secondo l’organizzatore Michael Lang, eterogeneo quasi quanto i generi musicali. Da tutta America arrivarono studenti liceali e universitari, hippie, veterani del Vietnam, filosofi, operai e impiegati. Nessuna differenziazione di razza, etnia o colore della pelle: tutti uniti dalla voglia di stare insieme in libertà con il fango a livellare ogni diversità e i capelli lunghi come simbolo di ribellione. Un sogno che oggi sembra lontano anni luce, nelle ideologie come nell'organizzazione.
Da quel 1969 si è provato a più riprese a riproporre Woodstock, con scarsi risultati culminati nell'annullamento del concerto in programma per questo cinquantesimo anniversario, organizzato proprio da Lang e non andato in porto tra una defezione e l’altra, forse perché indigesto ai grandi organizzatori di eventi musicali mondiali. Forse, a conti fatti, meglio così: quell'atmosfera irripetibile era frutto di una spontaneità organizzativa di altri tempi, una magia fuori da ogni schema il cui risultato sensazionale, iconico e significativo fu chiaro solo anni dopo anche agli stessi partecipanti.
Vanni Paleari
PhWoodstock, 1969
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carmenvicinanza · 10 months ago
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Malak Mattar
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“Quando comincio una tela, provo a dipingere uomini, ma poi mi scappa la mano e si trasformano in donne”
Malak Mattar, artista palestinese, nata e cresciuta nella Striscia di Gaza che ha vissuto in prima persona quattro guerre.
La pittura è il suo mezzo per raccontare la resistenza e la lotta delle donne.
Ha scritto e illustrato libri per l’infanzia che narrano la sua storia e quella della sua gente.
Nata nel 1999, ha iniziato a dipingere a 14 anni, durante un attacco militare, per esorcizzare la paura e il dolore e da allora non si è mai fermata, ha già realizzato oltre cinquecento tele.
I suoi ritratti sono quasi esclusivamente femminili, donne con gli occhi sgranati che esprimono sofferenza individuale e tragedia collettiva.
Le sue protagoniste simbolo di forza, desiderio di libertà e resistenza in uno dei luoghi più difficili del mondo, costruiscono ponti di ottimismo e speranza.
Le sue opere sono uno strumento di lotta e denuncia, ma anche di esaltazione di bellezza, forza e passione. Rappresentano la vitalità di una nuova generazione che sperimenta un proprio percorso di ricerca e linguaggio, in un panorama artistico che non è certo in primo piano a livello internazionale.
Ha studiato alla Istanbul Aydin University e ha già esposto in diversi paesi del mondo, tra cui Inghilterra, Usa, Portogallo, Italia, Germania.
I motivi dei suoi dipinti spaziano da sentimenti profondi a visioni oniriche e concetti astratti.
Attraverso le sue immagini, il pubblico viene trasportato in un’oasi serena di calma, qualcosa che contraddice direttamente il tormentato contesto di assedio da cui scaturiscono.
Dipingere è il suo modo per evadere mentalmente dalla condizione in cui è costretta a vivere insieme al suo popolo. Non raffigura persone morte o palazzi distrutti ma immagini pacifiche, avvolgenti, donne che diventano case, nonne che diventano tende dove potersi nascondere.
Ha iniziato a pubblicare le sue opere sui social network diventando un’artista riconosciuta a livello internazionale senza essere mai uscita dal suo territorio.
Quando ha cominciato a essere invitata a esporre in tutto il mondo, non poteva accompagnare i suoi quadri: “Andavo all’ufficio postale per inviare le mie tele, e mi sentivo talmente strana pensando che loro erano più libere di me. Loro potevano viaggiare”.
Ha lottato con determinazione per andare a studiare in Turchia con una borsa di studio, ha subito umiliazioni alla frontiera egiziana, ma ha perseverato nel suo desiderio di libertà.
Nel 2021 ha pubblicato il suo primo libro, Grandma’s Bird, una storia autobiografica per bambini che descrive come una giovane ragazza di Gaza impara a controllare le sue paure attraverso la creatività, trovando la libertà anche sotto l’occupazione e, in definitiva, una via d’uscita dal mondo.
La sua voglia di comunicare attraverso la sua arte l’ha portata a ricevere consensi internazionali e a incontrare pilastri dell’emancipazione femminile come Angela Davis che ha partecipato a una sua mostra negli Stati Uniti.
Questa giovane donna ormai proiettata nel mondo, non dimentica da dove viene e cosa la sua gente sta vivendo in una condizione perenne di assedio e distruzione.
Le sue origini sono ben radicate nella sua ricerca artistica e nei messaggi che trasmette anche attraverso i suoi social.
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thegianpieromennitipolis · 2 years ago
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti 
L'AUTONOMIA DELLA FAVOLA
Il primo sguardo riporta a un mondo di favola: avverto il senso vitale dell’affabulazione, l’estraniarsi dal quotidiano per accedere a un improvviso “fantastico” che, attraverso la libera contaminazione del colore, irrompe e assorbe ogni dramma riaprendo porte dimenticate dell’infanzia perduta dove tutto è netto, semplice, comprensibile, giustificato.  Le immagini dell’infanzia, coltivate nel tempo come intuizione primigenia, sono il simbolo del carattere solare ed aperto con il quale si guarda la realtà dalla singolare e non più ripetibile prospettiva dei primi anni di vita, quando la consapevolezza dell’essere si trasforma in curiosità sull’essere.  Quando conoscere significa interrogarsi.  Quando le figure e gli oggetti sono sfumati, appena identificabili in tratti sintetici che colgono un atteggiamento, un ruolo, una funzione, l’essenza.  Il ricordo ha colori forti ma morbidi, mischiati, irreali e tuttavia carichi di senso espressivo in una transizione che appare naturale dal blu al rosso al giallo al verde al nero ed al bianco, uniti e disuniti, affiancati senza ricercatezza di tonalità ma ispirati dalla densità e dalla prolungata applicazione delle pennellate di colore puro, piatto, senza sfumature… Ho detto pennellate parlando di ricordi. Ecco il lapsus che mi fa riemergere: parlavo dei ricordi ma ero entrato nel dipinto.  Avrei desiderato essere lì. I "Fauves" utilizzarono il colore per distorcere il reale applicandolo agli scenari naturali, alle figure, agli oggetti, senza alcun rigore accademico.  Era il loro modo di protestare l’assoluta libertà dell’artista e l’autonomia della creazione artistica. In senso più ampio, quella dei "Fauves" fu una forma di Espressionismo che trascendeva l’atto di ribellione identificando nell’uso spregiudicato del colore un nuovo significato, una nuova regola, un nuovo modo di comunicare. La tavolozza dei colori, paradossalmente, si semplifica, unitamente al segno sintetico che non ha più bisogno di modelli o della tecnica dell’en plein air perché, come in Gauguin, scaturisce dal ricordo delle immagini, da ciò che è frutto di una creazione interiore che la tela deve incaricarsi di rappresentare.  Ed è il colore a colpire subito l'osservatore: possiede un’armonia, una musicalità che supera ogni distrazione verso il reale.  Anzi, la realtà non esiste più perché è quella di una dimensione nuova, una dimensione nella quale l’opera pittorica è identità autonoma, distinta dai canoni tradizionali della visione e della rappresentazione.  Ecco: la tela di Derain è una favola. 
- Andrè Derain (1880 - 1954), “Curva della strada. L’Estaque” - 1906, Houston, Museum of Fine Arts
- In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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rugiada-cadoni · 5 months ago
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PHARE-ONE Rugiada Cadoni Exhibition a cura di Roberta Vanali
"Noi vogliamo, talmente quel fuoco ci brucia il cervello, tuffarci nell’abisso, Inferno o Cielo, che importa. Giù nell’Ignoto per trovarvi del nuovo." (C. Baudelaire, I Fiori del Male)
Al confine tra realtà e immaginazione si colloca la schizofrenica ricerca introspettiva di Rugiada Cadoni, artista eclettica, anticonformista e provocatrice che si muove tra performance, pittura, fotografia e design. La scelta reiterata dell’elemento floreale, ricorrente e ossessivo, incarna la sacralità di un totem, la spiritualità della natura e la ricerca dell’armonia tra esseri viventi all’interno di una dimensione altamente caotica. Elemento espressivo che ha contraddistinto parte della produzione artistica che da Georgia O’Keeffe arriva a Felipe Cardena passando per Robert Mapplethorpe. L’artista traspone simbolicamente sulla tela la visione che i fiori percepiscono di noi umani selvaggi e primitivi, fiori dotati di sette petali, come i sette chakra, i sette colori dell’arcobaleno e le sette punte del diadema della Statua della Libertà, emblema fortemente iconico ormai parte della forte personalità dell’artista. Ma soprattutto gli concede un occhio centrale, simbolo del primo chakra del corpo energetico che rappresenta la radice e si traduce in Phare One, ovvero il faro numero uno.  L’elemento archetipico del primo chakra è la terra solida e densa dalla quale attinge l’energia vitale e dove risiede quella dualità fatta di massimo potenziale spirituale ma anche di forza istintiva che alimenta e sostiene la natura. Per una riflessione tra radicamento e spirito di sopravvivenza che inducono l’artista a munire i suoi Phare One di denti acuminati e di grossi artigli ben affilati. Tra post punk, pop art e psichedelia, l’approccio di Rugiada Cadoni è apotropaico e liberatorio, istintivo e irrazionale da una parte, ben calibrato dall’altra. La sua è una pittura che emerge nei più piccoli dettagli, pittura lenta eseguita come un mantra in punta di pennello. Capace di lasciare ampi spazi all’immaginazione. Una pittura meditativa fatta di cromatismi squillanti e contrastanti nel tentativo riuscito di aprire dimensioni altre e offrire nuovi punti di riflessione sul mondo e sulle creature che lo abitano. testo critico di Roberta Vanali 
« Nous voulons, tant ce feu nous brûle le cerveau, Plonger au fond du gouffre, Enfer ou Ciel, qu’importe ? Au fond de l’Inconnu pour trouver du nouveau. (C. Baudelaire, Les Fleurs du Mal)
À la frontière entre réalité et imaginaire se situe la recherche introspective schizophrénique de Rugiada Cadoni, une artiste éclectique, anticonformiste et provocatrice qui oscille entre performance, peinture, photographie et design. Le choix réitéré de l’élément floral, récurrent et obsessionnel, incarne le caractère sacré d’un totem, la spiritualité de la nature et la recherche de l’harmonie entre les êtres vivants dans une dimension hautement chaotique. Élément expressif qui a caractérisé une partie de la production artistique de Georgia O’Keeffe à Felipe Cardena en passant par Robert Mapplethorpe. L’artiste transpose symboliquement sur la toile la vision que perçoivent les fleurs de nous, humains sauvages et primitifs, fleurs dotées de sept pétales, comme les sept chakras, les sept couleurs de l’arc-en-ciel et les sept pointes du diadème de la Statue de la Liberté, un emblème fortement iconique faisant désormais partie de la forte personnalité de l’artiste. Mais surtout il lui confère un œil central, symbole du premier chakra du corps énergétique qui représente la racine et se traduit par Phare One, ou le phare numéro un. L’élément archétypal du premier chakra est la terre solide et dense d’où il puise l’énergie vitale et où réside cette dualité faite de potentiel spirituel maximum mais aussi de force instinctive qui nourrit et soutient la nature. Pour une réflexion entre enracinement et esprit de survie qui ont conduit l’artiste à équiper ses Phare Ones de dents acérées et de grandes griffes bien aiguisées. Entre post punk, pop art et psychédélisme, l’approche de Rugiada Cadoni est apotropaïque et libératrice, instinctive et irrationnelle d’un côté, bien calibrée de l’autre. C’est une peinture qui surgit dans les moindres détails, une peinture lente exécutée comme un mantra au bout du pinceau. Capable de laisser suffisamment d’espace à l’imagination. Une peinture méditative faite de couleurs vives et contrastées dans une tentative réussie d’ouvrir d’autres dimensions et d’offrir de nouveaux points de réflexion sur le monde et les créatures qui l’habitent”.
Texte critique de Roberta Vanali
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cinquecolonnemagazine · 6 months ago
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Donne del 900: Coco Chanel
Le donne del 900 hanno avuto un ruolo importante nella società. Dalla prima guerra mondiale che le ha costrette a sostituire gli uomini sui luoghi di lavoro non si sono più fermate. Hanno compreso il loro valore e le loro potenzialità e dato il loro contributo un po' in tutti i campi. Una delle donne simbolo del Novecento è senza ombra di dubbio Coco Chanel, la regina della moda. Donne del 900: chi era Coco Chanel Nata come Gabrielle Bonheur Chanel il 19 agosto 1883 a Saumur, in Francia, Chanel ha rivoluzionato l'industria della moda con la sua visione audace e il suo spirito innovativo. Il suo impatto non è stato solo nel mondo dell'abbigliamento, ma si è esteso anche alla società stessa, cambiando per sempre il modo in cui le donne si vestivano e si vedevano. Coco Chanel ha trascorso i primi anni della sua vita in un orfanotrofio, dove acquisì le abilità di sartoriale che avrebbero plasmato la sua carriera. Fu questo ambiente che la spinse a cercare l'eleganza e la semplicità nelle sue creazioni, rompendo gli schemi delle mode precedenti, caratterizzate spesso da corsetti stretti e accessori eccessivi. I simboli di Chanel Il suo ingresso nell'industria della moda avvenne negli anni '20, un'epoca di grande fermento culturale e sociale. Chanel colse l'occasione per introdurre un nuovo stile, uno che incarnava l'essenza della libertà e dell'indipendenza femminile. Le sue creazioni rivoluzionarie includevano abiti sartoriali, giacche dal taglio maschile, e soprattutto il celebre little black dress: il "piccolo vestito nero", ovvero il tubino nero, un capo iconico che sarebbe diventato un simbolo di eleganza senza tempo. Ma Chanel non si limitò alla moda; la sua influenza si estese anche al mondo della profumeria. Nel 1921, lanciò il profumo Chanel No. 5, un'essenza rivoluzionaria per il suo tempo, con una fragranza audace e un design minimalista. Ancora oggi, Chanel No. 5 rimane uno dei profumi più venduti al mondo, testimoniando la sua duratura eredità. Comprendere le donne del 900 Ciò che rendeva unica Coco Chanel era la sua capacità di anticipare i desideri e i bisogni delle donne moderne. Lei comprendeva che la moda doveva essere funzionale oltre che elegante, e le sue creazioni incarnavano questa filosofia. Le donne di tutto il mondo si identificarono con il suo stile senza tempo e con il suo messaggio di emancipazione femminile. Ma l'eredità di Chanel va oltre il mondo della moda. Fu una pioniera nell'ambito degli affari, costruendo un impero che sopravvisse anche a periodi di turbolenza economica e sociale. La sua determinazione e il suo spirito intraprendente la resero un esempio per le donne di tutto il mondo, dimostrando che con talento e lavoro duro si possono superare qualsiasi ostacolo. Nonostante il suo successo straordinario, Chanel rimase sempre una figura enigmatica. Era nota per la sua riservatezza e il suo atteggiamento distaccato, che la facevano apparire come un'individuo solitario anche quando era circondata da ammiratori e seguaci. Il suo stile di vita personale, contraddistinto da relazioni tumultuose e una serie di alti e bassi, aggiunse un alone di mistero alla sua figura già leggendaria. Tuttavia, nonostante le sfide personali, Chanel continuò a concentrarsi sulla sua arte, creando capolavori che avrebbero lasciato un'impronta indelebile sulla storia della moda. Anche dopo la sua morte nel 1971, l'influenza di Coco Chanel continua a risuonare nell'industria della moda. Le sue creazioni sono ancora celebrati per la loro eleganza senza tempo e la sua idea di femminilità continua a ispirare donne e designer di tutto il mondo. In copertina foto di Pexels da Pixabay Read the full article
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sounds-right · 7 months ago
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"Catene" (Kimura) è il nuovo singolo di stillpani
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Dal 5 aprile 2024 è disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica "Catene" (Kimura), il nuovo singolo di stillpani che anticipa l'uscita del nuovo album "Panic Room".
"Catene"  è l'ultimo singolo di stillpani prima della pubblicazione del nuovo album, scritto con Lorenzo Di Pasquale e prodotto da Phonez e Etrusko.
Il testo autentico e attuale porta l'ascoltatore a una lunga riflessione sul proprio approccio alla vita.
Le catene sono il simbolo di ciò che ci tiene imprigionati: possono essere circostanze, pensieri, situazioni di ogni genere. Nella canzone le catene sono tutto ciò che toglie la libertà ad un ragazzo incapace di esprimere liberamente sé stesso.
Nella società del successo è proprio la ricerca di quest'ultimo che diventa una forma di prigionia: la canzone è l'inno di una generazione obbligata a dimostrare qualcosa. Bisogna lasciare il segno, bisogna vivere in un certo modo, secondo determinate costruzioni sociali e brillare, più degli altri, se vuoi veramente essere felice; ma in realtà non c'è menzogna più grande: l'unico modo per difendersi e cercare un appiglio di salvezza è guardarsi dentro.
La frase "sei tu il tuo bene perché sei il solo che non ti mette le catene" risolve il dilemma e sancisce una volta per tutto l'idea che per essere felici bisogna rispettarsi, prendersi il proprio tempo e vivere secondo i propri ritmi vitali.
Commenta l'artista a proposito del brano: "Quando mi è stato proposto questo brano da Lorenzo ho subito detto sì alla realizzazione, il testo nella sua crudeltà, nelle sue immagini e nelle sue parole rispecchia a pieno quello che provo, quello che sento e quello che poi effettivamente gran parte della mia generazione vive ogni giorno. La produzione punk-rock, curata nei minimi dettagli da Etrusko e Phonez, da un boost in più a tutta la canzone e alla sua potenza lirica. È un brano politicamente scorretto, che affronta temi difficili ed era stato proposto per le selezioni di Sanremo giovani ad ottobre, abbiamo osato a livello musicale, a livello di testo ed è venuto fuori un brano che in questo momento sento più mio che mai."
Presalva il brano: https://kimura.lnk.to/catene 
Il videoclip di ''Catene'', diretto, prodotto e scritto da Valerio Giuliani è stato realizzato a ottobre 2023, girato e realizzato a L'Aquila. I cambi di location, di outfit e di colore che si susseguono, esprimono a pieni polmoni il contrasto presente nel testo, la quasi rassegnazione e allo stesso tempo la voglia di liberarsi dalle catene che la società troppo spesso ci impone. Le catene che avvolgono l'artista nelle immagini rappresentano l'omologazione alla massa, che ci avvolge, ci culla e ci fa stare buoni al proprio posto. Anche la cravatta indossata, così come le catene, resta un particolare fondamentale che svolge la funzione di ''nodo'' al collo, da cui non riusciamo a liberarci, una rassegnazione ad una vita che effettivamente non ci appartiene. Durante tutto il videoclip il protagonista prova a liberarsi e a ribellarsi a questi oggetti che in senso metaforico bloccano la sua crescita personale per deviarlo verso un mondo che non gli appartiene. Nelle clip realizzate in bianco e nero troviamo un quasi senso di rassegnazione nello sguardo, nelle parole e nei gesti, mentre, nelle scene a colori vediamo una lotta interiore più marcata contro il mondo che lo circonda. Il video termina con stillpani che riesce finalmente a togliersi questo peso enorme che porta con sé e con la voglia di urlare al mondo quello che non ha mai accettato, quello che non sarà mai e tutto quello che ha portato dentro fino a quel momento.
Guarda il videoclip su YouTube: https://youtu.be/Fv2QgUnee4w
Biografia
Alessandro Paniccia in arte "stillpani" è un cantautore nato a L'Aquila il 12 aprile 1999. Inizia la sua carriera nel 2019 con il singolo "Immortale" che riscuote un buon successo in città. Seguono altri due singoli e la pubblicazione dell'EP "4912" nel 2020. Con questi brani riesce a fare buone esperienze nell'ambito live e attira su di sé attenzioni di case discografiche. Nel periodo 2021/2022 pubblica quattro singoli: "Pagine Vuote", "Schiaffi", "Sto Bene/Sto Male e "Vertigine" che alternano varie sonorità l'una dall'altra. Nel 2023, dopo un piccolo periodo di inattività, pubblica nel 2023 "A Galla", "Contromano" e la cover "La descrizione di un attimo", singoli prodotti da Etrusko e Phonez (Alti Records), come tutti gli altri lavori precedentemente citati, e pubblicati da Kimura.
Dopo aver inaugurato il 2024 con "Ego", "Catene" è il nuovo singolo di stillpani disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica dal 5 aprile 2024 e anticipa il nuovo album in uscita il 19 aprile.
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djs-party-edm-italia · 7 months ago
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"Catene" (Kimura) è il nuovo singolo di stillpani
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Dal 5 aprile 2024 è disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica "Catene" (Kimura), il nuovo singolo di stillpani che anticipa l'uscita del nuovo album "Panic Room".
"Catene"  è l'ultimo singolo di stillpani prima della pubblicazione del nuovo album, scritto con Lorenzo Di Pasquale e prodotto da Phonez e Etrusko.
Il testo autentico e attuale porta l'ascoltatore a una lunga riflessione sul proprio approccio alla vita.
Le catene sono il simbolo di ciò che ci tiene imprigionati: possono essere circostanze, pensieri, situazioni di ogni genere. Nella canzone le catene sono tutto ciò che toglie la libertà ad un ragazzo incapace di esprimere liberamente sé stesso.
Nella società del successo è proprio la ricerca di quest'ultimo che diventa una forma di prigionia: la canzone è l'inno di una generazione obbligata a dimostrare qualcosa. Bisogna lasciare il segno, bisogna vivere in un certo modo, secondo determinate costruzioni sociali e brillare, più degli altri, se vuoi veramente essere felice; ma in realtà non c'è menzogna più grande: l'unico modo per difendersi e cercare un appiglio di salvezza è guardarsi dentro.
La frase "sei tu il tuo bene perché sei il solo che non ti mette le catene" risolve il dilemma e sancisce una volta per tutto l'idea che per essere felici bisogna rispettarsi, prendersi il proprio tempo e vivere secondo i propri ritmi vitali.
Commenta l'artista a proposito del brano: "Quando mi è stato proposto questo brano da Lorenzo ho subito detto sì alla realizzazione, il testo nella sua crudeltà, nelle sue immagini e nelle sue parole rispecchia a pieno quello che provo, quello che sento e quello che poi effettivamente gran parte della mia generazione vive ogni giorno. La produzione punk-rock, curata nei minimi dettagli da Etrusko e Phonez, da un boost in più a tutta la canzone e alla sua potenza lirica. È un brano politicamente scorretto, che affronta temi difficili ed era stato proposto per le selezioni di Sanremo giovani ad ottobre, abbiamo osato a livello musicale, a livello di testo ed è venuto fuori un brano che in questo momento sento più mio che mai."
Presalva il brano: https://kimura.lnk.to/catene 
Il videoclip di ''Catene'', diretto, prodotto e scritto da Valerio Giuliani è stato realizzato a ottobre 2023, girato e realizzato a L'Aquila. I cambi di location, di outfit e di colore che si susseguono, esprimono a pieni polmoni il contrasto presente nel testo, la quasi rassegnazione e allo stesso tempo la voglia di liberarsi dalle catene che la società troppo spesso ci impone. Le catene che avvolgono l'artista nelle immagini rappresentano l'omologazione alla massa, che ci avvolge, ci culla e ci fa stare buoni al proprio posto. Anche la cravatta indossata, così come le catene, resta un particolare fondamentale che svolge la funzione di ''nodo'' al collo, da cui non riusciamo a liberarci, una rassegnazione ad una vita che effettivamente non ci appartiene. Durante tutto il videoclip il protagonista prova a liberarsi e a ribellarsi a questi oggetti che in senso metaforico bloccano la sua crescita personale per deviarlo verso un mondo che non gli appartiene. Nelle clip realizzate in bianco e nero troviamo un quasi senso di rassegnazione nello sguardo, nelle parole e nei gesti, mentre, nelle scene a colori vediamo una lotta interiore più marcata contro il mondo che lo circonda. Il video termina con stillpani che riesce finalmente a togliersi questo peso enorme che porta con sé e con la voglia di urlare al mondo quello che non ha mai accettato, quello che non sarà mai e tutto quello che ha portato dentro fino a quel momento.
Guarda il videoclip su YouTube: https://youtu.be/Fv2QgUnee4w
Biografia
Alessandro Paniccia in arte "stillpani" è un cantautore nato a L'Aquila il 12 aprile 1999. Inizia la sua carriera nel 2019 con il singolo "Immortale" che riscuote un buon successo in città. Seguono altri due singoli e la pubblicazione dell'EP "4912" nel 2020. Con questi brani riesce a fare buone esperienze nell'ambito live e attira su di sé attenzioni di case discografiche. Nel periodo 2021/2022 pubblica quattro singoli: "Pagine Vuote", "Schiaffi", "Sto Bene/Sto Male e "Vertigine" che alternano varie sonorità l'una dall'altra. Nel 2023, dopo un piccolo periodo di inattività, pubblica nel 2023 "A Galla", "Contromano" e la cover "La descrizione di un attimo", singoli prodotti da Etrusko e Phonez (Alti Records), come tutti gli altri lavori precedentemente citati, e pubblicati da Kimura.
Dopo aver inaugurato il 2024 con "Ego", "Catene" è il nuovo singolo di stillpani disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica dal 5 aprile 2024 e anticipa il nuovo album in uscita il 19 aprile.
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tarditardi · 7 months ago
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"Catene" (Kimura) è il nuovo singolo di stillpani
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Dal 5 aprile 2024 è disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica "Catene" (Kimura), il nuovo singolo di stillpani che anticipa l'uscita del nuovo album "Panic Room".
"Catene"  è l'ultimo singolo di stillpani prima della pubblicazione del nuovo album, scritto con Lorenzo Di Pasquale e prodotto da Phonez e Etrusko.
Il testo autentico e attuale porta l'ascoltatore a una lunga riflessione sul proprio approccio alla vita.
Le catene sono il simbolo di ciò che ci tiene imprigionati: possono essere circostanze, pensieri, situazioni di ogni genere. Nella canzone le catene sono tutto ciò che toglie la libertà ad un ragazzo incapace di esprimere liberamente sé stesso.
Nella società del successo è proprio la ricerca di quest'ultimo che diventa una forma di prigionia: la canzone è l'inno di una generazione obbligata a dimostrare qualcosa. Bisogna lasciare il segno, bisogna vivere in un certo modo, secondo determinate costruzioni sociali e brillare, più degli altri, se vuoi veramente essere felice; ma in realtà non c'è menzogna più grande: l'unico modo per difendersi e cercare un appiglio di salvezza è guardarsi dentro.
La frase "sei tu il tuo bene perché sei il solo che non ti mette le catene" risolve il dilemma e sancisce una volta per tutto l'idea che per essere felici bisogna rispettarsi, prendersi il proprio tempo e vivere secondo i propri ritmi vitali.
Commenta l'artista a proposito del brano: "Quando mi è stato proposto questo brano da Lorenzo ho subito detto sì alla realizzazione, il testo nella sua crudeltà, nelle sue immagini e nelle sue parole rispecchia a pieno quello che provo, quello che sento e quello che poi effettivamente gran parte della mia generazione vive ogni giorno. La produzione punk-rock, curata nei minimi dettagli da Etrusko e Phonez, da un boost in più a tutta la canzone e alla sua potenza lirica. È un brano politicamente scorretto, che affronta temi difficili ed era stato proposto per le selezioni di Sanremo giovani ad ottobre, abbiamo osato a livello musicale, a livello di testo ed è venuto fuori un brano che in questo momento sento più mio che mai."
Presalva il brano: https://kimura.lnk.to/catene 
Il videoclip di ''Catene'', diretto, prodotto e scritto da Valerio Giuliani è stato realizzato a ottobre 2023, girato e realizzato a L'Aquila. I cambi di location, di outfit e di colore che si susseguono, esprimono a pieni polmoni il contrasto presente nel testo, la quasi rassegnazione e allo stesso tempo la voglia di liberarsi dalle catene che la società troppo spesso ci impone. Le catene che avvolgono l'artista nelle immagini rappresentano l'omologazione alla massa, che ci avvolge, ci culla e ci fa stare buoni al proprio posto. Anche la cravatta indossata, così come le catene, resta un particolare fondamentale che svolge la funzione di ''nodo'' al collo, da cui non riusciamo a liberarci, una rassegnazione ad una vita che effettivamente non ci appartiene. Durante tutto il videoclip il protagonista prova a liberarsi e a ribellarsi a questi oggetti che in senso metaforico bloccano la sua crescita personale per deviarlo verso un mondo che non gli appartiene. Nelle clip realizzate in bianco e nero troviamo un quasi senso di rassegnazione nello sguardo, nelle parole e nei gesti, mentre, nelle scene a colori vediamo una lotta interiore più marcata contro il mondo che lo circonda. Il video termina con stillpani che riesce finalmente a togliersi questo peso enorme che porta con sé e con la voglia di urlare al mondo quello che non ha mai accettato, quello che non sarà mai e tutto quello che ha portato dentro fino a quel momento.
Guarda il videoclip su YouTube: https://youtu.be/Fv2QgUnee4w
Biografia
Alessandro Paniccia in arte "stillpani" è un cantautore nato a L'Aquila il 12 aprile 1999. Inizia la sua carriera nel 2019 con il singolo "Immortale" che riscuote un buon successo in città. Seguono altri due singoli e la pubblicazione dell'EP "4912" nel 2020. Con questi brani riesce a fare buone esperienze nell'ambito live e attira su di sé attenzioni di case discografiche. Nel periodo 2021/2022 pubblica quattro singoli: "Pagine Vuote", "Schiaffi", "Sto Bene/Sto Male e "Vertigine" che alternano varie sonorità l'una dall'altra. Nel 2023, dopo un piccolo periodo di inattività, pubblica nel 2023 "A Galla", "Contromano" e la cover "La descrizione di un attimo", singoli prodotti da Etrusko e Phonez (Alti Records), come tutti gli altri lavori precedentemente citati, e pubblicati da Kimura.
Dopo aver inaugurato il 2024 con "Ego", "Catene" è il nuovo singolo di stillpani disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica dal 5 aprile 2024 e anticipa il nuovo album in uscita il 19 aprile.
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pier-carlo-universe · 8 days ago
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"Lucchetti con le ali" di Maria Cristina Casa: Poesie di Resilienza e Libertà in Tempi di Pandemia
Un viaggio poetico tra ansia, speranza e bellezza nel contesto dell'Italia durante il lockdown
Un viaggio poetico tra ansia, speranza e bellezza nel contesto dell’Italia durante il lockdown. “Lucchetti con le ali” di Maria Cristina Casa è una raccolta poetica che cattura le emozioni dell’Italia durante gli anni della pandemia, pubblicata da Aletti Editore nella collana “I Diamanti della Poesia”. Questa silloge, composta tra il 2019 e il 2023, si ispira a un periodo di grande incertezza,…
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silviascorcella · 11 months ago
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Gentile Catone a/i 19-20: “Aconito”, un’antica storia di femminilità moderna
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L’incontro con Gentile Catone accarezza la tentazione di allacciare un’espressione che s’arrampica fin nell’antichità latina, ma la cui verità saggia si conferma perfettamente incastonata alla sostanza preziosa che la scoperta del brand dischiude: ovvero, “nomen omen”, che tradotto in semplicità rivela come il destino sia già inscritto nel nome. Gentile Catone, infatti, nel titolo del brand racchiude innanzitutto la giovane coppia, nella vita e nell’arte stilistica, che gli dà vita: ovvero Francesco Gentile e Chiara Catone.
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Ma, ci racchiude dentro anche l’essenza pregiata del loro destino creativo: una moda che è un atto di gentilezza autentica verso la femminilità da vestire e celebrare, un universo di stile che è un gesto di libertà contro la facilità perigliosa dei trend veloci e vuoti, tanto nella materia quanto nella sostanza. Per amore, invece, di una moda che, tra il cuore e le mani di Chiara e Francesco, diventa arte della narrazione attraverso la sartorialità rigorosamente italiana e sostenibile. Forse chissà, proprio come quel Catone che il nostro Dante mise a custode del Purgatorio in virtù della sua mischia di fermezza e senso di giustizia, che lo rese simbolo di libertà morale per amore del bene collettivo.
Pay attention, please: i riferimenti letterari che fioriscono man mano che la conoscenza di Gentile Catone si fa più profonda e intrigante, non han nulla a che vedere con meri intellettualismi, bensì, son frutto anch’essi di una dichiarazione d’amore squisitamente spontanea. Chiara e Francesco serbano infatti una passione pregiata ed entusiasta verso lo scrigno caleidoscopico della cultura preferibilmente classica, che guida l’ispirazione in percorsi inediti, dove la suggestione densa di nostalgia romantica verso il passato s’intreccia ad un’estetica brillantemente contemporanea.
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Pregio anche della gioventù: all’anagrafe, dato che Chiara e Francesco sfiorano i trent’anni, dell’ingresso nel fashion world, dato che il brand Gentile Catone è stato inaugurato solo nel 2017. Ma soprattutto gioventù dello spirito: quella forza in cui l’istinto si fonde all’azzardo per agguantare con decisione la propria missione, che nel loro caso è la determinazione a concretizzare il sogno stilistico non solo sulle passerelle più importanti, ma anche mantenendone la realizzazione sartoriale made in Italy nel loro distretto abruzzese, in cui insieme all’artigianalità difendono la consapevolezza della sostenibilità, con l’utilizzo di tessuti e filati naturali pregiati, atossici ed ecosostenibili, e collaborando solo con aziende a basso impatto ambientale in possesso delle le più importanti certificazioni.
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La collezione a/i 2019-20 è un condensato felicemente rinnovato delle virtù di Gentile Catone: “Aconito” ne è il titolo, ma anche il fil rouge estetico e simbolico, una sorta d’indizio intrigante che ci accompagna a compiere un itinerario affascinante dentro la femminilità, sospeso tra antichità mistica e attualità sofisticata.
“Aconito”, infatti, si narra che fosse il fiore più caro alla dea Ecate, che lo lasciava prosperare con i suoi grappoli violacei bellissimi e letali nel suo giardino: lei, la dea che nella sua figura femminile ne raccoglie tre, la giovane fanciulla, l’anziana depositaria di saperi ancestrali e la donna nel pieno del suo potere volitivo.
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Lei è anche la donna di oggi, immersa in una società intrisa d’inquietudini materiali che la disincantano e la scardinano nelle identità, ed al contempo l’arricchiscono della determinazione a cercare quel meraviglioso che possa innalzarla oltre la superficie, verso la bellezza.
Così, il fiore e i colori dell’aconito sbocciano sugli abiti di varie lunghezze, nelle camicette e sulle rouche che decorano le gonne, le trame delle storie prendono vita sulle stampe grafiche, le forme variano dalla delizia delle proporzioni bon ton all’audacia sempre elegante dei volumi over che riguardano anche i capispalla. La ricercatezza è questione di dettagli, ma anche di materiali: raso di seta, twill e jersey di viscosa, mohair, velluto e piume leggiadre danno sostanza pregiata ad un percorso sognante tra la moda da indossare e il mito della femminilità da celebrare. Silvia Scorcella
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Napoli: sabato parte PRIDE PARK presso il Real Albergo dei Poveri, Palazzo Fuga in Piazza Carlo III
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Napoli: sabato parte PRIDE PARK presso il Real Albergo dei Poveri, Palazzo Fuga in Piazza Carlo III.  Parte il Pride Park, da sabato 24 a venerdì 30 giugno, presso il Real Albergo dei Poveri – Palazzo Fuga in Piazza Carlo III, luogo simbolo della rinascita sociale e culturale della città di Napoli. Una settimana di eventi, confronti e dibattiti sui diritti civili e umani, in difesa dei valori fondamentali della Costituzione. Tutti gli eventi, che culmineranno nella manifestazione del Pride del 1 luglio, la cui presentazione alla stampa si terrà il 29 giugno alle ore 17 all’Albergo dei Poveri, sono stati fortemente voluti dal Sindaco Gaetano Manfredi, da sempre schierato in difesa dei valori democratici dell'inclusione e della tolleranza, della libertà di espressione e del rispetto dei diritti civili. Sei giorni densi di appuntamenti per discutere di libertà civili, lavoro, lotta alla discriminazione, scuola e cultura, diritti delle persone LGBTQI+ e storia del movimento di liberazione sessuale. L’assessore alle Pari Opportunità Emanuela Ferrante spiega: “Sono  estremamente orgogliosa che quest’anno la città di Napoli si distingua da tutte le altre per ospitare non soltanto il tradizionale Pride, ma anche il primo "Pride Park", una lunga manifestazione in cui si alterneranno  eventi culturali, scientifici e divulgativi, aventi ad oggetto il vivo  dibattito sui diritti civili, nella splendida e simbolica cornice del Real Albergo dei Poveri. Invito tutti a riflettere sul valore, grande e prezioso, che una manifestazione come il Pride è capace di trasmettere all’intera comunità sociale, e non solo a quella LGBTQI+. Il Pride costituisce un’occasione unica per rispondere ad un’istanza sociale oramai divenuta indifferibile e che va soddisfatta con estrema urgenza: promuovere una società concretamente inclusiva, nella quale tutti, seppur diversi, siamo unici e nello stesso tempo uguali nel riconoscimento dei diritti civili fondamentali. Una società in cui la diversità sia finalmente accolta e soprattutto coltivata come una preziosissima risorsa”. I relatori che presenzieranno ai convegni tematici in programma: dallo scrittore Maurizio De Giovanni agli assessori regionali Fortini e Morcone all’ex Presidente della Camera, Roberto Fico, ma anche Susanna Camusso, Ivan Scalfarotto, Emma Bonino, Roberto Speranza, Mara Carfagna. Ovviamente tanti protagonisti della storia del movimento LGBTQI+ locale e nazionale. Ma anche tanta arte, a partire dalle mostre, come “L’isola degli arrusi”, un lavoro fotografico di Luana Rigolli che racconta dei confinati omosessuali alle isole Tremiti durante il fascismo, alla mostra fotografica a cura delle Maree, “R/esistenze Viola: Frammenti. L’Italia, da Saffo al movimento lesbico” fino alla mostra del fumetto “Nero acciaio” scritto da Davide Bottiglieri e illustrato da Salvatore Parola o all’esposizione della bellissima mostra sul giocattolo di genere a cura del Museo del Giocattolo di Napoli. Durante il Pride Park sarà possibile effettuare test, rapidi, anonimi e gratuiti per l’HIV, la sifilide e l’epatite, grazie al Check Point di Antinoo Arcigay Napoli o avere informazioni ai vari desk associativi e dei centri anti-discriminazione attivi nell’area metropolitana. Inoltre, tanto cinema e teatro, ma anche divertimento con Drag Show, tombolate, tammorre e musica folk, balli caraibici e musica dal vivo di tante giovanissime artisti e giovanissimi artisti, come  durante il Pride Music Fest, alla sua IV edizione e in programma la sera di sabato 24 giugno. Tutti gli eventi, sia quelli artistici sia quelli culturali o ricreativi, saranno a partecipazione gratuita.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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carmenvicinanza · 1 year ago
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Colette
https://www.unadonnalgiorno.it/colette/
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Colette, iconica scrittrice della prima metà del XX secolo, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia.
Con la sua vita e la sua arte ha sfidato le convenzioni sociali e aperto la strada a una nuova generazione di letterate.
Insignita delle più importanti onorificenze accademiche, è stata la seconda donna nella storia della Repubblica Francese a ricevere funerali di stato (dopo Sarah Bernhardt).
Ha aperto una strada per il rinnovamento del romanzo tradizionale che ha portato alle sperimentazioni del Nouveau Roman.
Oltre che scrittrice prolifica è stata attrice, autrice e critica teatrale, giornalista, critica cinematografica e anche commerciante di cosmetici.
Si è ritrovata più volte al centro di scandali per le sue disinibite relazioni sentimentali.
La sua vita e la sua opera letteraria sono state la testimonianza di una donna libera, anticonformista e emancipata, che ha contribuito a rompere tanti tabù.
Per prima ha rappresentato l’uomo come fonte di piacere per la donna.
Nata col nome di Sidonie-Gabrielle Colette, il 28 gennaio 1873 a Saint-Sauveur-en-Puisaye,  è cresciuta in Borgogna in grande libertà e a stretto contatto con la natura. Spinta alla musica e alla lettura sin da piccolissima, era stata educata dalla madre, una donna di mentalità moderna, dichiaratamente atea e anticonformista, che in paese dava scandalo prendendo a servizio ragazze madri.
Nel 1889 conobbe Henri Gauthier-Villars, detto Willy, scrittore e giornalista che divenne il suo primo marito e che seguì a Parigi.
L’uomo la introdusse nell’ambiente artistico e mondano e, intuendone il potenziale, la incoraggiava a scrivere pubblicando però i libri sotto il suo nome, come faceva con tanti altri artisti che costituivano la sua officina letteraria. Nacque così la fortunata serie di Claudine, uno dei maggiori best seller francesi di tutti i tempi. I romanzi ebbero tale successo popolare da diventare un marchio commercializzato che produceva abiti, accessori, un tipo di pettinatura, prodotti di bellezza e ogni sorta di mercanzia. Dai libri venne tratto anche uno spettacolo teatrale interpretato dalla stessa Colette che, col coniuge, rappresentava il simbolo della vita mondana della capitale francese.
Nel 1904 venne pubblicato Dialogues de bêtes, firmato Colette Willy, il primo libro in cui comparve anche il suo nome.
Il matrimonio andò presto a rotoli, lui la tradiva continuamente e lei ebbe una liaison con la marchesa Mathilde de Morny. Nel 1907, al Moulin Rouge, durante la messa in scena della pantomima Rêve d’Égypte, le due amanti diedero scandalo baciandosi con passione sul palco. Nello stesso anno Colette e Willy si separarono legalmente e venne pubblicato l’ultimo romanzo della saga di Claudine dal titolo Il rifugio sentimentale (La retraite sentimentale).
Nel 1908 Colette si fece notare dalla critica pubblicando su La Vie Parisienne dei testi, poi raccolti nel volume Viticci (Les vrilles de la vigne), uno dei quali (Nuit blanche) tratta della sua relazione con Missy, come lei chiamava la marchesa. È stata protagonista di vari spettacoli teatrali e un’ottima conferenziera.
Ammessa alla Société des Auteurs, intraprese, vincendo, una serie di azioni legali contro il marito.
Dopo il divorzio, nel 1910, nacquero le collaborazioni con giornali come il Paris-Journal e Le Matin, mentre pubblicava romanzi a puntate, ne La Vie parisienne.
Nel 1912 ha sposato il barone Henry de Jouvenel da cui ha avuto la sua unica figlia.
Durante la prima guerra mondiale la sua attività giornalistica si era intensificata. Successivamente, ha scritto anche articoli di critica cinematografica e una sceneggiatura originale per il film La flamme cachée. È stata caporedattrice della sezione letteraria di Le Matin e critica teatrale.
È stato il romanzo Chéri, pubblicato in feuilleton nel 1920, a consacrarla anche agli occhi della critica. La storia autobiografica di una donna matura innamorata di un ragazzo di ventiquattro anni più giovane venne apprezzata e commentata da autori come Proust, Gide e Cocteau. La Nouvelle Revue Française affermò che Colette era «la scrittrice che ha introdotto nella nostra letteratura la prosa femminile che le mancava».
Nello stesso anno venne insignita della Legion d’onore con il grado di Cavaliera.
Tra scandali, alti e bassi, arrivò anche il divorzio dal secondo marito e, lasciato il giornale che lui dirigeva, scrisse per Le Figaro, vivendo dei proventi da giornalista, dedicandosi al teatro senza mai abbandonare la scrittura.
Nel 1928 venne promossa al grado di Ufficiale della Legion d’onore. Due anni dopo è uscito Sido, sulla storia di sua madre.
Il film che aveva sceneggiato, tratto dal suo romanzo La vagabonda, è stato il primo in sonoro in Francia.
Nel 1932 aveva aperto un centro di bellezza e in breve si era ingrandita e creato un marchio di cosmetici con la sua immagine sulle etichette.
Nonostante le divagazioni commerciali non ha mai smesso di scrivere romanzi, sceneggiature e articoli di critica teatrale per Le Journal e poi per Paris-Soir.
Nel 1936 venne nominata Commendatrice della Legion d’onore e entrò a far parte dell’Académie royale belge de langue et de littérature françaises.
Ha trascorso tutto il periodo della guerra a Parigi, in un appartamento al Palais-Royal, afflitta da un’artrosi all’anca.
Nel 1941 il suo terzo marito, Maurice Goudeket, che era ebreo, venne spedito in un campo di concentramento, riuscì a farlo liberare l’anno successivo, sfruttando le sue amicizie.
Il suo romanzo più celebre, Gigi, pubblicato nel 1944, le valse un grande riconoscimento e divenne una famosa opera teatrale e un celebre film.
Diventata un’istituzione vivente, ha passato gli ultimi anni della sua vita semi paralizzata, sul divano-letto sul quale lavorava e riceveva i tanti ospiti che andavano a renderle omaggio.
Diventata Presidente dell’Académie Goncourt, il suo ultimo libro è stata la raccolta En pays connu.
Nel 1950, fra spostamenti vari in cerca di cure e il lavoro di adattamento teatrale del suo romanzo La Seconda venne eletta Presidente onoraria del Consiglio letterario del Principato di Monaco e ricevette in visita la regina Elisabetta del Belgio.
Nel 1951, tornata a Montecarlo sempre in cerca di cure, aveva notato all’Hôtel de Paris una giovane attrice, Audrey Hepburn, che scelse per interpretare la commedia Gigi, andata in scena a Broadway.
Nel 1953, in occasione dei suoi 80 anni, ha ricevuto tributi e onorificenze come la medaglia della Città di Parigi, venne nominata membro onorario del National Institute of Art and Letters di New York e ricevette il grado di Grand’Ufficiale della Legion d’Onore.
È morta il 3 agosto 1954 nella sua stanza al Palais-Royal. Nonostante la Chiesa le avesse rifiutato i funerali religiosi, ha ricevuto un funerale di stato. È sepolta nel cimitero di Père-Lachaise.
Nella sua lunga carriera ha prodotto circa ottanta  volumi fra romanzi, racconti, memorie, opere per il teatro, raccolte di articoli giornalistici e di recensioni teatrali, oltre ad una sterminata corrispondenza personale che venne raccolta e pubblicata in epistolari.
Donna ribelle e anticonformista, ha segnato un’epoca, ispirato film, libri, spettacoli occupando un posto di rilievo nel pantheon delle celebrità di tutti i tempi. Il suo nome è consegnato al mito.
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personal-reporter · 2 years ago
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Custodi di arte e fede: Duomo di Milano
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Il gotico Duomo di Milano, con i suoi 600 anni di lavoro, riflette in modo appropriato la creatività e l'ambizione della città, grazie alla facciata in marmo rosa di Candoglia, ornata da 135 guglie e 3400 statue, e una storia secolare... La costruzione del Duomo iniziò nel 1386 e terminò nel 1965, nello stesso luogo in cui si trovava la Basilica di Sant'Ambrogio dal V secolo d.C., alla quale fu aggiunta nell’ 836 la Basilica di Santa Tecla, poi vennero distrutte da un incendio nel 1075. Iniziato da Gian Galeazzo Visconti nel 1386, il progetto della cattedrale era considerato irrealizzabile, si dovettero scavare canali per trasportare le quantità di marmo al centro della città e vennero inventate nuove tecnologie, mentre le linee gotiche erano passate di moda. La sua costruzione divenne sinonimo di un'impresa senza fine e gran parte del suo ornamento è nello stile neogotico del XIX secolo,. Lungo 157 metri e in grado di ospitare fino a 40.000 persone, il Duomo di Milano è la quinta chiesa più grande al mondo, dopo la Basilica di San Pietro, la Basilica di Nostra Signora di Aparecida in Brasile, la Cattedrale di San Giovanni Divino a New York e la Cattedrale di Siviglia. Il Duomo di Milano è anche la più grande chiesa gotica al mondo, nonché l’edificio religioso che ospita il maggior numero di statue, circa 3400, che vanno a sommarsi alle 135 gargoyles e alle altre 70 figure di altro genere. Tra le numerose statue che decorano il Duomo di Milano ce n’è una davvero particolare che raffigura una copia esatta della Statua della Libertà, che venne realizzata nel 1810, circa 70 anni prima di quella a New York. Sulla terrazza maggiore si trovano una statua che raffigura Erminio Spalla, primo pugile italiano a diventare Campione Europeo, e una di Primo Carnera, il primo italiano che riuscì a conquistare un titolo mondiale di pugilato nel 1933, quella di un piccione, simbolo di Piazza Duomo, di un dinosauro, il ritratto di Toscanini, uno di Mussolini e la raffigurazione dell’incontro tra il Duce e Vittorio Emanuele Forse la statua più famosa di tutte è la Madonnina, posta sulla cima del Duomo, alta ben 4 metri,  che  non ricopre però solo una funzione spirituale, infatti l’alabarda che tiene in mano funziona come un parafulmine, permettendole di proteggere la città. Nel 1774 venne stabilito che nessun edificio a Milano potesse superare in altezza la Madonnina, ma a partire dagli anni Sessanta del Novecento le regole vennero rivisitate, a patto che venisse posta sulla cima una replica della Madonnina, visibile oggi su alcuni dei grattacieli più alti di Milano, dal Pirellone a Palazzo Lombardia, fino alla recente Torre Isozaki. L'interno del Duomo non è meno suggestivo, scandito da tre enormi vetrate, mentre nella cripta il San Carlo Borromeo è sepolto in uno scrigno di cristallo di rocca. Vicino all’ingresso, è possibile notare sul pavimento una meridiana, costruita dal XVIII secolo dagli astronomi dell’Accademia di Brera, che era talmente precisa e per diverso tempo venne utilizzata come orologio ufficiale cittadino. Entrando dal portone principale, in basso a destra, si può notare il bassorilievo del drago Tarantasio, leggendario abitante del Lago Gerundo che anticamente bagnava la città di Milano. Giungendo presso l’altare Maggiore, si nota subito l’immenso organo a canne, il più grande in Italia e il secondo più grande in Europa e sull’altare si può notare una piccola lucina rossa,  infatti vi è custodito uno dei chiodi della Croce di Gesù, che viene esposto una volta all’anno ai fedeli. Al di sotto dell’altare si trova il Tesoro del Duomo costituito da paramenti, oggetti sacri in oro e pietre preziose. Read the full article
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thegianpieromennitipolis · 3 years ago
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SENSI DELL’ARTE - di Gianpiero Menniti
L'AUTONOMIA DELLA FAVOLA
Il primo sguardo riporta ad un mondo di favola: avverto il senso vitale dell’affabulazione, l’estraniarsi dal quotidiano per accedere ad un improvviso “fantastico” che, attraverso la libera contaminazione del colore, irrompe ed assorbe ogni dramma riaprendo porte dimenticate dell’infanzia perduta dove tutto è netto, semplice, comprensibile, giustificato.  Le immagini dell’infanzia, coltivate nel tempo come intuizione primigenia, sono il simbolo del carattere solare ed aperto con il quale si guarda la realtà dalla singolare e non più ripetibile prospettiva dei primi anni di vita, quando la consapevolezza dell’essere si trasforma in curiosità sull’essere.  Quando conoscere significa interrogarsi.  Quando le figure e gli oggetti sono sfumati, appena identificabili in tratti sintetici che colgono un atteggiamento, un ruolo, una funzione, l’essenza.  Il ricordo ha colori forti ma morbidi, mischiati, irreali e tuttavia carichi di senso espressivo in una transizione che appare naturale dal blu al rosso al giallo al verde al nero ed al bianco, uniti e disuniti, affiancati senza ricercatezza di tonalità ma ispirati dalla densità e dalla prolungata applicazione delle pennellate di colore puro, piatto, senza sfumature…  Ho detto pennellate parlando di ricordi. Ecco il lapsus che mi fa riemergere: parlavo dei ricordi ma ero entrato nel dipinto.  Avrei desiderato essere lì. I "Fauves" utilizzarono il colore per distorcere il reale applicandolo agli scenari naturali, alle figure, agli oggetti, senza alcun rigore accademico.  Era il loro modo di protestare l’assoluta libertà dell’artista e l’autonomia della creazione artistica.  In senso più ampio, quella dei "Fauves" fu una forma di Espressionismo che trascendeva l’atto di ribellione identificando nell’uso spregiudicato del colore un nuovo significato, una nuova regola, un nuovo modo di comunicare. La tavolozza dei colori, paradossalmente, si semplifica, unitamente al segno sintetico che non ha più bisogno di modelli o della tecnica dell’en plein air perché, come in Gauguin, scaturisce dal ricordo delle immagini, da ciò che è frutto di una creazione interiore che la tela deve incaricarsi di rappresentare.  Ed è il colore a colpire subito l'osservatore: possiede un’armonia, una musicalità che supera ogni distrazione verso il reale.  Anzi, la realtà non esiste più perché è quella di una dimensione nuova, una dimensione nella quale l’opera pittorica è identità autonoma, distinta dai canoni tradizionali della visione e della rappresentazione.  Ecco: la tela di Derain è una favola. 
- Andrè Derain (1880 - 1954), “Curva della strada. L’Estaque” - 1906, Houston, Museum of Fine Arts
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palazzideirolli · 4 years ago
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L’Italia di Magnum. Da Robert Capa a Paolo Pellegrin
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Dal 6 maggio al 18 luglio 2021, Loggia degli Abati, Palazzo Ducale Genova.
Mostra a cura di Walter Guadagnini con Arianna Visani
Organizzata da SUAZES, CAMERA Centro Italiano per la Fotografia e Magnum Photos.
La mostra
Una straordinaria carrellata di oltre duecento fotografie che raccontano la cronaca, la storia e il costume del nostro paese dal dopoguerra a oggi. Venti autori dell’agenzia Magnum Photos, la più importante al mondo, scelti per raccontare storie grandi e piccole, personaggi e luoghi dell’Italia degli ultimi settant’anni, in un affascinante intreccio di immagini molto note e altre meno che compongono il tessuto sociale e visivo del nostro paese.
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Dal dopoguerra ai giorni d’oggi
Introdotta da un omaggio ad Henri Cartier-Bresson e al suo viaggio in Italia negli anni Trenta, la mostra prende avvio con due serie strepitose, una di Robert Capa, dedicata alla fine della Seconda Guerra Mondiale, che mostra un paese in rovina, distrutto da cinque anni di conflitto, e una di David Seymour, che nel 1947 riprende invece i turisti che tornano a visitare la Cappella Sistina: l’eterna bellezza dell’arte italiana che appare come il segno della rinascita di un’intera nazione.
Il percorso espositivo, articolato in decenni, si snoda tra le fotografie di Elliott Erwitt, René Burri e di Herbert List che rappresentano gli anni Cinquanta con le contraddizioni di Roma, gli esordi di Cinecittà e la mostra di Picasso a Milano e prosegue con tre figure forse meno note al grande pubblico ma peculiari della storia di Magnum: Thomas Hoepker che immortala il trionfo di Cassius Clay (poi Mohamed Alì) alle Olimpiadi di Roma del 1960, Bruno Barbey che documenta i funerali di Togliatti e Erich Lessing con un servizio che riporta direttamente ai tempi del boom economico con una carrellata sulla spiaggia di Cesenatico.
In questo grande racconto per immagini non potevano mancare per gli anni Settanta Ferdinando Scianna e le feste religiose in Sicilia, Raymond Depardon con la sua struggente serie sui manicomi, realizzata poco prima della Legge Basaglia, e Leonard Freed con i suoi scatti sul referendum sul divorzio. E poi gli anni Ottanta con Martin Parr e Patrick Zachmann, gli anni Novanta e Duemila con le discoteche romagnole di Alex Majoli, il reportage di guerra in exJugoslavia di Peter Marlow e il G8 di Genova nelle fotografie di Thomas Dworzak.
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L’ultimo tassello dei primi decenni del 2000 è di Paolo Pellegrin con le immagini della folla assiepata in Piazza San Pietro nella veglia per la morte di Papa Giovanni Paolo II e con quelle di un’altra folla, quella dei migranti su un barcone, tragico segnale dell’attualità. Inoltre una straordinaria sequenza di immagini di Mark Power dedicate ai luoghi simbolo della cultura italiana: da Piazza San Marco a Palazzo Ducale di Genova, al cretto di Gibellina, capolavori dell’architettura e dell’ingegno italiano che diventano a loro volta soggetti di autentici capolavori fotografici.
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Un ritratto dell’Italia e la storia della fotografia
Dal punto di incontro tra l’anima artistica e quella reportagistica della fotografia della prima metà del Novecento – che coincide con la nascita di Magnum Photos – prende avvio un percorso che non solo consegna alla memoria un ritratto poliedrico dell’Italia e dell’italianità, ma che ci parla di un capitolo decisivo nella storia della fotografia stessa. Questo viaggio attraverso piccoli e grandi eventi, momenti specifici o contingenti, è un tentativo di fare ordine, seppur parziale, nella nostra memoria; di rileggere il passato e il presente per cercare di interpretare la complessa fisionomia della contemporaneità.
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Magnum Photos
Magnum Photos nasce nel 1947 a New York dove, sul terrazzo del MoMA, Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, David Seymour, George Rodger e William Vandivert ne ufficializzano la fondazione. Fin dal principio, la tutela del diritto d’autore e il rispetto della creatività e della verità sono i cardini dell’agenzia cooperativa. I negativi, per la prima volta, restano quindi di proprietà dei soci, e i fotografi sono al sicuro dalle prevaricazioni degli art director e dei direttori dei giornali. Una nuova libertà di agire secondo il proprio stile personale, i propri interessi e la propria autorialità è incoraggiata fin dall’inizio. Grazie a questi princìpi fondanti si giunge a un rapido successo di Magnum, che in pochi anni accoglie numerosi e importanti nomi del mondo della fotografia. Dalla sua fondazione, 92 fotografi hanno contribuito alla storia di Magnum, e oggi 49 membri continuano a portare avanti i suoi valori originari, la tutela dei diritti del fotogiornalista, la garanzia di rispetto e onestà verso il suo pubblico.
Servizio fotografico : © Stefano Bucciero
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