#Teatro La Comunità
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sguardimora · 2 months ago
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Micol Jalla  in residenza per It’s a match!
dal 09 al 22 Dicembre 2024
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Inizia oggi la residenza creativa per la ricerca e composizione del nuovo spettacolo di Micol Jalla.
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Viviamo in un’epoca in cui le piattaforme digitali stanno trasformando profondamente le relazioni sociali e familiari. Strumenti come App di social network o di dating non si limitano a connettere le persone, ma diventano il terreno su cui si costruiscono nuovi tipi di legami. Questi spazi digitali, come sottolinea il sociologo Manuel Castells, affiancano alle relazioni sociali tradizionali nuove forme di auto-narrazione, che attraversano e pervadono gli interstizi della vita quotidiana, offrendo possibilità inedite di contatto e interazione.
In questo contesto, i confini tra pubblico e privato si ridefiniscono continuamente, così come quelli tra online e offline, creando una continuità che, come ricorda il sociologo Giovanni Boccia Artieri, assume le caratteristiche della coalescenza: due dimensioni apparentemente opposte che si intrecciano e si sostengono a vicenda, come due facce della stessa medaglia.
Le piattaforme digitali non solo offrono strumenti per raccontare e definire la propria identità, ma amplificano anche la pressione sociale, spingendo gli individui verso l’aderenza a modelli ideali e alla ricerca costante di approvazione. Questa dinamica ha un impatto significativo anche sulle relazioni familiari, in particolare sul rapporto genitori-figli, dove le aspettative, spesso irrealistiche, generano tensioni tra il desiderio di perfezione e la necessità di accettare l’imperfezione e la complessità dell’altro e di se stessi: le aspettative che percepiamo raramente corrispondono a ciò che l’altro desidera realmente da noi, trasformandosi spesso in un riflesso delle nostre convinzioni su ciò che crediamo di dover essere per sentirci accettati e amati.
Da queste premesse nasce It’s a match! il nuovo lavoro di Micol Jalla (Torino), che ha ricevuto la menzione speciale della giuria e dell’osservatorio critico al Premio Scenario Infanzia e Adolescenza 2024. Lo spettacolo racconta di un mondo distopico in cui genitori e figli si scelgono attraverso un’App di incontri, un meccanismo che ribalta i legami familiari tradizionali, trasformandoli in una compravendita di identità e relazioni. Ma potersi scegliere rende davvero i rapporti più semplici? O amplifica la difficoltà di adattarsi, accettarsi e crescere insieme? Attraverso una riflessione condivisa con preadolescenti, lo spettacolo esplora temi centrali come le aspettative, la ricerca della perfezione, il bisogno di approvazione e la difficoltà di essere genitori e figli. 
A partire da queste riflessioni incontreremo in questi giorni gli studenti e studentesse delle scuole del territorio insieme alle loro insegnati per il progetto La scuola elementare del teatro e della danza e alcuni adulti partecipanti alla serie di incontri Farsi comunità. Un processo collettivo di condivisione di sguardi ed esperienze.
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figlidiroma · 5 months ago
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Conte Giuseppe Primoli 1890, neve sullo sterrato della zona dove sarebbe sorto il Tempio Maggiore di Roma (1904) e la zona dei cosiddetti "quattro villini" tra piazza delle Cinque Scole, via del Portico d'Ottavia, Lungotevere Cenci.
Sotto questa terra smossa su cui bruca il cavallo dovevano stendersi resti di magazzini romani, della zona indicata nella Forma Urbis Severiana come Navalia e, forse, del Tempio di Castore e Polluce, collocato sotto l'area di Monte Cenci dove furono rinvenute, tra Quattro e Cinquecento, le statue dei Dioscuri, già allora traslate al Campidoglio.
In lontananza nella foto, il campanile di San Giovanni Calibita sull'isola Tiberina e, di fronte, la Torre della Pulzella.
Risalente al 1200, essa era parte delle torri medievali di Roma, legate a famiglie della nobilità e del ceto mercantile cittadino di cui erano insieme strumento e concreta traccia sul territorio.
Questa torre, collocata sull'isola, guado fluviale tanto essenziale alla vita cittadina da aver facilitato e forse cagionato la nascita dei primi insiediamenti destinati ad evolversi nella Roma romulea, apparteneva alla famiglia dei Pierleoni.
Probabilmente ebrei e opportunamente convertiti per poter sfruttare al meglio le proprie ricchezze in una Roma medievale pur non ancora dotata di Ghetto, e forse meno ostile alla Comunità di quanto non si sarebbe più tardi dimostrata, i Pierleoni controllavano anche il tratto alla base del Campidoglio.
L'edificio medievale presso il vico Jugario è a loro intitolato, e anche loro era la torre che si nota a destra, addossata al corpo della Basilica di San Nicola in Carcere, riusata come torre campanariae contenente un'antica campana di fine Duecento, commissionata dai Savelli.
Ma, soprattutto, oltre a case medievali al vicino Velabro, ai Pierleoni apparteneva il forte costruito sulle rovine del Teatro di Marcello, e di cui ancora si vede l'affollarsi di strutture alte e strette su via del Foro Olitorio.
Passato ai Savelli e, tramite loro, agli Orsini, quel forte oggi lo conosciamo come palazzo Savelli Orsini, opera di Baldassarre Peruzzi, la malinconica e splendida residenza costruita nella cavea del Teatro.
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La torre della Pulzella, dall'enigmatica testolina che vi appare inquadrata da una finestrella cieca e che guarda intenta dalla parte del Portico d'Ottavia, passò come tutto il resto dei Pierleoni nelle mani dei Savelli, incastellati così tra l'isola e l'omonimo Monte, e i cui domini si estendevano già verso Campo de' Fiori e all'Aventino, come attestato dagli odonimi vicolo de' Savelli e Clivo di Rocca Sabella.
La pulzella, comunque, è una testa romana, ma la leggenda popolare la vuole l'impietrirsi di una bella giovane aristocratica che, murata per vincere la sua resistenza a un matrimonio di convenienza, morì lassù spiando all'orizzonte il ritorno del suo vero amore dalla guerra.
Fonti: studi di F. Coarelli e P. L. Tucci sulla topografia del Circo Flaminio e dell'area dei Calderari.
A. Carandini, Roma. Il primo giorno, Laterza 2007.
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sayitaliano · 1 year ago
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Ciao!!
Ho visto suo post sulla settimana della lingua italiana nel mondo e ho voluto condividere qualcosa!
Quest’anno (e anche l’anno scorso) sono parte dell’Italian Theatre of Western Australia. Ogni anno il teatro fa una commedia durante la settimana della lingua per la comunità italiana qui a Perth, Australia. Io sono nata qui ma con origini italiane, e c’è una mescola di attori italo-australiani e italiani nel teatro.
Ecco il poster per lo spettacolo!
The Italian language is alive and well in the most isolated capital city in the world :)
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Ciaooo!! WOW ma è fantastico!!!! Grazie mille per averci res* partecip* e per aver inviato il poster dello spettacolo. Merda merda merda! Tantissima merda a te e a tutta la compagnia<3 (non voglio sembrare scortese ma mi sembra si dica così in teatro... giusto? ;D)
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princessofmistake · 2 months ago
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"La poesia più breve è un nome." Che pensiero curioso. Considerare che un nome, una sola parola, può racchiudere così tanto — eppure così poco. Forse è la forma più pura di poesia, distillata alla sua essenza. Un nome è un segno, un simbolo, un suono. Ma in quel suono fugace si nasconde l'intera storia di una persona, di un luogo, di un'idea. Prendiamo, ad esempio, le opere senza tempo di Shakespeare. Si potrebbe sostenere che Shakespeare, in tutto il suo genio, abbia compreso il potere di un nome meglio di chiunque altro. Romeo e Giulietta: quei due soli nomi, pronunciati nel silenzio di un teatro, suscitano emozioni. La faida tra i Montecchi e i Capuleti non è semplicemente una faida di famiglie, ma di identità, di nomi che racchiudono in sé generazioni di significati, amore e dolore. Giulietta dice: “Cosa c'è in un nome? Quella che chiamiamo rosa con un altro nome avrebbe lo stesso profumo”. Eppure, nonostante la sua protesta, il nome Montecchi ha ancora un peso. Non è solo una parola; è un lignaggio, un fardello, un'eredità. Lei lo sa, Romeo lo sa. E ad ogni pronuncia dei loro nomi, sentono sia l'attrazione del destino che il peso della storia. L'etimologia stessa della parola nome è affascinante. Dall'inglese antico nama, derivato dal protogermanico namô, risale ancora più indietro al protoindoeuropeo nomen, che significa “nominare” o “chiamare”. Il nome, nella sua forma più antica, era un richiamo, un modo per evocare qualcuno o qualcosa. Era un potere, e con il potere arrivava l'identità. Diventava un legame, un filo che collegava gli individui alle loro comunità, ai loro antenati, al loro destino. Che cos'è allora un nome? È molto più che un accozzaglia di lettere. È una rivendicazione. Un nome è un dono, ma a volte sembra più una condanna. Nei nostri nomi ereditiamo eredità di amore, ma anche di conflitti, di aspettative. Dal momento in cui ci viene dato un nome, esso inizia a plasmarci. Diventa parte del nostro paesaggio emotivo. Ci cresciamo dentro, o a volte ci ribelliamo ad esso, cercando di ridefinire chi siamo a prescindere da esso. In un certo senso, i nomi sono uno specchio. Ci riflettono chi siamo e chi siamo destinati a essere. Ma sono anche in continua evoluzione, perché il modo in cui ci chiamiamo, in cui ci rivolgiamo, definisce il modo in cui siamo visti. Considerate le emozioni che si provano intorno a un nome: l'emozione di sentire qualcuno pronunciare il vostro nome con amore, il dolore quando viene pronunciato con rabbia. C'è potere in un nome che viene sussurrato, che viene gridato, che viene scritto in una lettera, che viene inciso nella pietra. Ma forse il vero peso di un nome deriva dal suo legame con qualcun altro. Quando chiamiamo un altro per nome, lo riconosciamo. Convalidiamo la sua esistenza. Il semplice atto di pronunciare il nome di qualcuno ci lega in un modo che le parole da sole non possono fare. E cosa c'è di più poetico di questo? Un nome, la più breve delle poesie, è un ponte tra i cuori, un riconoscimento di chi siamo in relazione gli uni agli altri. Le grandi tragedie di Shakespeare ce lo ricordano. I nomi Amleto, Ofelia, Macbeth, Lear: ognuno è un filo di un complesso arazzo di emozioni, legami e conseguenze. Ma forse, alla fine, ciò che conta davvero è il nome che ci lasciamo alle spalle. Non perché durerà per sempre, ma perché è stata la poesia che abbiamo vissuto, quella che abbiamo portato con noi, che abbiamo sussurrato sulle labbra di chi abbiamo amato e che abbiamo impresso per sempre nel mondo che abbiamo toccato. Quindi, sì, la poesia più breve è un nome. È una poesia che, una volta pronunciata, può riecheggiare attraverso il tempo, attraverso le generazioni, attraverso i cuori.
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lumioluna · 3 months ago
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che poi anche se penso al mio amato nonnino, che ha faticato tantissimo nella sua vita con un lavoro che a molti sembrava modesto, mi è sempre sembrato dai suoi racconti che perlomeno all'epoca ci fosse un senso molto esplicito di essere parte di qualcosa, di equilibrio. cioè il discorso era: "il modo in cui lavori/lo sforzo che dedichi alla tua professione" -> "quello che il tuo lavoro di rende/l'impatto che ha sulla tua comunità". invece oggi sembra tutto vano, tutto uno spreco di energie senza fine, e alla fine siamo tutti drenati e uccisi dentro, senza neanche sentirci "protetti" gli uni dagli altri, o insomma come se ci fossero altre persone che si prendono cura di noi così come noi ci prendiamo cura di loro. è tutto defocalizzato rispetto al vivere collettivo. facciamo, facciamo, facciamo e buttiamo il sangue nella speranza di vivere una vita dignitosa e magari pure soddisfacente (magari), ma siamo senza speranza, perchè vediamo questo obbiettivo essere sempre più faticoso e perchè ci sentiamo abbandonati da tutto e da tutti. e a quel punto ci facciamo risucchiare da quella mentalità iper produttiva e senza cuore per il solo scopo di non finire schiacciati o di non essere fra quelli che inevitabilmente verranno lasciati indietro. e così facendo lasciamo gli altri indietro e diventiamo sempre più distaccati e disconnessi e qualcosa dentro di noi si spezza.
io penso che l'antidoto a questo sciupìo di umanità sia proprio il fatto di tornare a valorizzare il contributo umano nella nostra vita, le cose che possiamo fare gli uni per gli altri, la rete di persone che ci circondano direttamente. rifocalizzarci sul mondo "piccolo" che sta intorno a noi, reinserirsi in quella dimensione locale senza necessariamente cadere sempre in mano alle grandi multinazionali che succhiano via tutta la linfa vitale dalle nostre comunità. andare a prendere il pane dal panificio in piazza tornando a casa dal lavoro, scegliere di non buttare gli stivali della scorsa stagione, ma portarli dal calzolaio, che con dei lacci nuovi qualche riparazione e una lucidatura probabilmente sono ancora buoni per qualche anno. comprare il giornale la domenica mattina e andarlo a leggere al baretto dietro casa, magari con il pretesto fare quattro chiacchiere con le persone. andare al cineforum, al teatro, alla galleria d'arte indipendente che nemmeno sapevi esistesse. tornare alle biblioteche, ai mercatini, ai club del libro, ai campetti di calcio abbandonati (e intendo proprio quelli che servono per giocare divertendosi, non quelli dove fare le competizioni o allenarsi sempre con la finalità di fare bene).
io credo che per sfuggire a questa alienazione che sembra pervadere ogni aspetto della nostre vite contemporanee dobbiamo rinfondere vita alle nostre comunità e per farlo dobbiamo tornare a dare valore a quello che possiamo fare gli uni per gli altri. dobbiamo ricordarci che viviamo per questo, per trovarci, per condividerci.
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curiositasmundi · 1 year ago
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“Prima che mi caccino, mi dimetto io della direzione del Teatro Comunale di Ferrara”. Moni Ovadia anticipa l’umiliazione della cacciata prossima ventura da parte del cda del teatro, dopo il polverone alzato sulla questione Hamas-Israele. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, l’artista di origine ebraica ha rassegnato le proprie dimissioni, chieste peraltro da giorni e a gran voce da tutta la maggioranza di centro-destra che governa Ferrara.
Non più di una decina di giorni fa Ovadia aveva dichiarato all’Adnkronos che “la morte anche di una sola persona, sia essa israeliana o palestinese, è sempre una tragedia e va condannata con tutte le forze”; dopodiché aveva criticato la politica del governo Netanyahu sostenendo che “Israele lascia marcire le cose, fingendo che il problema palestinese non esiste, per cancellare la stessa idea che i palestinesi esistano; e la comunità internazionale è complice: questi sono i risultati. Questa è la conseguenza di una politica di totale cecità, di occupazione e colonizzazione”. Ovadia aveva concluso sottolineando che la “Striscia di Gaza non è un territorio libero, è una gabbia, una scatola di sardine: è vero che dentro non ci sono gli israeliani, ma loro controllano comunque i confini marittimi e aerei, l’accesso delle merci, l’energia, l’acqua. Non a caso l’Onu aveva già dichiarato Gaza zona ‘non abitabile’. La situazione è vessatoria, dirò di più: è infernale. Come ci insegna persino l’Iliade, l’assedio è una forma di guerra… e allora? A Gaza non sono forse assediati da Israele? Poi, hanno deliberatamente lasciato il governo di Hamas perché per gli israeliani la rottura inter-palestinese fra Hamas e l’Olp-Al Fatah è stata fondamentale”.
Insomma, un punto di vista non allineato alla vulgata comune nell’improvvisa fiammata di guerra tra Israele e Hamas. “Ho detto che la responsabilità di tutto quello che è accaduto ricade sul governo israeliano. Non ho detto “Viva Hamas”. Ho solo aggiunto che hanno lasciato marcire la situazione. E ho scritto cose molto, molto più forti in questo senso in passato”, ha quindi puntualizzato Ovadia al Corriere. “Fino a ieri ero intenzionato a non dimettermi ma a farmi cacciare, piuttosto. Dopodiché sarei andato in tribunale. Ma, ripeto, non voglio danneggiare il teatro. Non solo, questa situazione si sarebbe ripresentata continuamente, perché questo è il nuovo fascismo: stigmatizzare l’opinione delle persone criminalizzandole”.
[...]
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lalacrimafacile · 6 months ago
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Midnight Mass: Un Venerdì Santo da Paura in Sette Puntate
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Midnight Mass: Benvenuti nell'Altare del Terrore Televisivo
Cosa ottieni se mescoli il sacro con il profano, l'horror con il dramma, e aggiungi un pizzico di mistero soprannaturale? Ottieni "Midnight Mass", una miniserie che ridefinisce il concetto di genere televisivo. Diretto da Mike Flanagan, noto per i suoi lavori nel campo dell'horror psicologico, "Midnight Mass" si distingue per la sua capacità di fondere elementi di horror classico con riflessioni esistenziali e morali. Chi avrebbe mai pensato che una serie ambientata su un'isola sperduta, con un prete carismatico e una congregazione di fedeli, potesse diventare un cult del piccolo schermo?
Non è la prima volta che l'horror viene imbastito all'interno di un contesto religioso. Sono moltissimi gli esempi di film dove preti e suore vengono posseduti da entità maligne. Tuttavia nel mondo della serialità, "Midnight Mass" diventa un esempio di miniserie paurosa ma anche elegante e profonda.
Flanagan e la Scalata Tensiva: Prendete i Popcorn, ma Non Abbiate Fretta
Mike Flanagan, il maestro dell'horror contemporaneo, dimostra ancora una volta di sapere come costruire una narrazione intensa e coinvolgente. La tensione in "Midnight Mass" cresce come un’onda di marea, lenta ma inesorabile. Ogni episodio aggiunge un pezzo al puzzle, portando lo spettatore sempre più vicino all'inevitabile climax. Questo non è uno show da binge-watching distratto; richiede attenzione e pazienza, ma la ricompensa è una storia che ti tiene incollato allo schermo.
La Recitazione: Un'Ensemble di Talenti Celestiali
La recitazione in "Midnight Mass" è semplicemente stellare. Zach Gilford, Kate Siegel, Hamish Linklater e il resto del cast offrono performance che sono tanto intense quanto credibili. Linklater, in particolare, brilla nel ruolo di Padre Paul, il misterioso sacerdote che porta con sé un'aria di inquietudine e segreti oscuri. I personaggi sono ben sviluppati, e gli attori riescono a trasmettere una gamma di emozioni che vanno dalla devozione cieca alla disperazione più profonda.
Infatti, è proprio l'eterogeneità del cast che rende questo racconto speciale e intenso, secondo me. Dagli adulti ai pochi giovani presenti sull'isola, l'umanità viene incarnata in questa piccola ma speciale comunità.
Monologhi Lunghi e Dialoghi Teatrali: Shakespeare, Prendi Appunti
Una delle caratteristiche più distintive di "Midnight Mass" è l'uso di riprese lunghe e dialoghi che sembrano monologhi teatrali. Ogni parola è pesata e ogni silenzio carico di significato. Questi momenti possono sembrare lenti, ma sono essenziali per costruire l'atmosfera e sviluppare i temi della serie.
È come se Flanagan avesse deciso di portare il teatro in televisione, regalando agli spettatori scene di pura intensità emotiva che rimangono impresse nella memoria.
Il Messaggio: Non Solo Vampiri e Messa di Mezzanotte
"Midnight Mass" non è solo una storia di terrore; è una riflessione profonda sulla fede, il fanatismo religioso, il senso di colpa e la redenzione. Attraverso i suoi personaggi, la serie esplora le motivazioni che spingono le persone a credere e a sacrificarsi per ciò in cui credono. Il risultato è un messaggio potente che invita a riflettere su ciò che significa veramente avere fede e su quanto possa essere pericoloso quando diventa cieca e incontrollata.
Musica da Brividi: Un Coro di Note Angoscianti
La colonna sonora di "Midnight Mass" è un altro elemento chiave che contribuisce all'atmosfera inquietante della serie. Composta da The Newton Brothers, la musica utilizza cori angelici e melodie spettrali per amplificare la tensione e l'angoscia.
Ogni nota sembra avvolgere lo spettatore, immergendolo ancora di più nel mondo oscuro e misterioso dell'isola di Crockett. La musica non è mai invadente, ma sempre presente, come un sussurro inquietante all'orecchio.
Drammaticità e Impatto Emotivo: Preparati a Lacrime e Riflessioni
Il finale di "Midnight Mass" è un vero e proprio pugno nello stomaco emotivo. La drammaticità delle ultime scene, accompagnata dai dialoghi profondi e toccanti. Vengono toccati infatti temi universali come la fede e la morte.
I personaggi, giunti al loro momento di resa dei conti, offrono riflessioni che non solo danno senso alle loro azioni, ma costringono anche il pubblico a interrogarsi su ciò in cui crede. Il finale porta lo spettatore a pensare non solo alla fede ma anche sul significato della vita e della morte.
È un finale che lascia un segno profondo, sia per la sua potenza narrativa che per l'intensità emotiva, rendendo "Midnight Mass" una visione che resta nel cuore e nella mente ben oltre l'ultimo episodio.
Un'Esperienza Divina (ma Spaventosa) da Non Perdere
"Midnight Mass" è una miniserie che si distingue per la sua capacità di combinare elementi di horror e dramma con una narrazione profonda e riflessiva. Mike Flanagan ha creato un'opera che è tanto affascinante quanto inquietante.
Una serie che richiede attenzione ma ripaga con momenti di pura tensione e riflessione. Con una recitazione straordinaria, dialoghi che sembrano monologhi teatrali e una colonna sonora perfettamente calibrata, "Midnight Mass" è un must per chiunque ami le storie che fanno pensare e, al contempo, tremare di paura.
Non perdetevela, ma ricordate: guardatela a luci spente e con il cuore pronto a un bel batticuore.
Se vi è piaciuta come serie, commentate qui sotto. Non perdetevi i prossimi articoli e gli aggiornamenti sul mio profilo TikTok.
La vostra Easy Tears.
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theperfectpints · 6 months ago
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Waterloo Street è il centro nevralgico della vita notturna di Derry. Pub, locali, giovani, gente del posto, turisti da ogni dove. Salire e scendere su quella strada che fu teatro della Battaglia del Bogside dell'agosto 1969, fa ancora un certo effetto. Impossibile dimenticare. Ma qualcosa è cambiato. Da rappresentazione della resistenza nazionalista a luogo di riferimento della comunità nazionalista del quartiere del Bogside. Percorrere William Street, girare a destra e iniziare la salita. Qui inizia la meraviglia. Uno dei primi pub da ammirare è il 'Peadar O'Donnell's'. Che dire. Il pub per eccellenza. Esterni che rubano l'occhio, interni di straordinaria bellezza, atmosfera a dir poco meravigliosa. Musica dal vivo, brindisi, risate, voglia di divertirsi, voglia di conoscersi. Una sorta di paradiso per chi è alla ricerca dell'irlandesitá. 'Peadar O'Donnell's' e un posto da custodire gelosamente, un posto che ti entra nel cuore e non va più via. Pinte, allegria, identità. Tutto quello che si può chiedere, tutto ciò che basta per essere felici. Derry è un pezzo di cuore. Così come questo magnifico pub. 🇮🇪🍻🥃🎻 © Irish tales from Rome
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gregor-samsung · 1 year ago
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“ A partire dal 1223 si apre il periodo che i biografi [di san Francesco d'Assisi] definiscono della «grande tentazione», tentazione di abbandonare tutto, di disinteressarsi completamente della comunità, forse di non avere più fiducia in Dio. Ma ci sono momenti di remissione: uno di questi è la grandiosa celebrazione del Natale nell'eremo di Greccio nel 1223. Francesco organizza una sacra rappresentazione corale che trasforma in attore anche il pubblico accorso ad assistervi. Chiama un nobile di nome Giovanni, «di buona fama e di vita ancor migliore» sul cui affetto e devozione sa di potere contare e gli ordina, quindici giorni prima di Natale, di preparare lo scenario adatto. Dice all'amico: «Voglio rappresentare quel Bambino nato a Betlemme come se in qualche modo avessi davanti agli occhi i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu posto in una greppia e come stette sul fieno fra il bue e l'asino». Dobbiamo immaginare che per evocare la grotta siano state adattate le rocce della montagna, magari allargando qualche cavità naturale, oppure che per accogliere anche i fedeli sia stata costruita con tronchi d'albero una grande capanna? Quindici giorni sono un tempo eccessivo, se dedicati soltanto a preparare un po' di fieno e a condurre sul luogo due animali. Il bue e l'asino non fanno parte del racconto evangelico della Natività, ma furono aggiunti dai Vangeli apocrifi. Francesco, sensibile al messaggio delle immagini, ritenne bue e asinello indispensabili al suo teatro sacro.
Il racconto di Tommaso da Celano sembra la descrizione di un meraviglioso presepio vivente: vediamo accorrere «molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando, ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte nella quale s'accese splendida la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. [...] Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali. La gente accorre e si allieta di una gioia mai assaporata prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutto un sussulto di gioia. [...] Poi il sacerdote celebra solennemente l'Eucarestia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima». Francesco è felice, profondamente commosso. Si riveste di paramenti diaconali e canta con la sua bella voce il Vangelo, predica con parole dolcissime, trascina ed entusiasma gli astanti rievocando la piccola città di Betlemme, il Bambino divino e poverissimo, con tale entusiasmo infuocato che un cavaliere, forse il medesimo Giovanni, ebbe una visione: «Gli sembrava infatti che un neonato giacesse esanime nella mangiatoia, che il santo di Dio si avvicinasse e destasse quel medesimo bambino da quella specie di sonno profondo. Questa visione non manca - conclude Tommaso da Celano - di un suo significato perché davvero il fanciullo Gesù giaceva dimenticato nel cuore di molti e per grazia di Cristo, tramite il servo suo Francesco, fu risuscitato e il suo ricordo impresso in una memoria di nuovo partecipe». Nella preghiera composta da Francesco per il Vespro di Natale, alla descrizione della nascita nella mangiatoia segue la citazione della lode angelica: «Pace in terra agli uomini di buona volontà» (Lc 2,14): Cristo è venuto a portare la pace, quella pace che gli uomini non sanno trovare proprio nei luoghi dove egli nacque, la pace che Francesco era andato ad annunciare prima ai crociati e poi al sultano, e vorrebbe accolta dai conterranei, dai frati, dalla Chiesa. “
Chiara Frugoni, Vita di un uomo: Francesco d'Assisi, introduzione di Jacques Le Goff, Einaudi (collana ET Saggi n° 824), 2006⁶; pp. 112-113.
[Prima edizione: 1995]
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lucfierens · 1 year ago
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My work in Palermo, Italy. Grazie Rossella Puccio
Domenica 15 ottobre ore 15:00 Non potete mancare a questo fantastico evento che animerà Danisinni con l'arte, il teatro diffuso, la musica, proiezione video e la relazione. Una grande comunità in festa.
𝑨𝒗𝒗𝒊𝒔𝒕𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊 #3. 𝑺𝒄𝒓𝒊𝒕𝒕𝒖𝒓𝒆 𝒂𝒔𝒆𝒎𝒂𝒏𝒕𝒊𝒄𝒉𝒆
50 𝑨𝒓𝒕𝒊𝒔𝒕𝒆 𝒆 𝑨𝒓𝒕𝒊𝒔𝒕𝒊 𝒊𝒏 𝑴𝒐𝒔𝒕𝒓𝒂 / Collezione permanente del Museo Sociale Danisinni | Piazza Danisinni / Palermo ::: [evento gratuito]
#poesiavisiva
#asemicwriting
#asemic
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Grande, grandissimo il Boss che ha scaldato il cuore di quanti hanno assistito al concerto di Ferrara anche se spiace non aver sentito da lui, che tante parole ha dedicato a emarginati e sfollati, un saluto a coloro che, nelle stesse ore e a pochi chilometri, erano intenti a cercare i dispersi e a spalare fango e detriti.
Increduli, forse, nel vedere le immagini di mezzi e tecnici della Protezione Civile impegnati al Parco Urbano mentre i loro colleghi di Friuli e Trentino scendevano verso le aree flagellate dall’alluvione. Bravi, bravissimi gli organizzatori che hanno permesso di godere di uno spettacolo unico, nonostante le condizioni proibitive che hanno accompagnato l’allestimento, e ancora intenti a spellarsi le mani e darsi pacche sulle spalle.
Bravi, bravissimi soprattutto i ferraresi che, il 18 maggio, si sono letteralmente fatti da parte per permettere afflusso e deflusso dei partecipanti. Non avrebbero potuto, del resto, fare altrimenti data l’ampiezza della zona rossa preclusa ai mezzi e a piedi.
Bravissimi i ferraresi anche perché saranno loro a pagare le spese sostenute dall’Amministrazione per uno spettacolo che ha fruttato profitto per pochi. Costi di vigilanza di forze pubbliche e private, costi di personale medico e, mi risulta, un reparto dell’ospedale di Cona a disposizione perché, per una notte, la popolazione della città era incrementata di un terzo, e costi di logistica quali assistenza e supporto all’organizzazione, ospitalità della crew (presso il Golf Club?), posa della segnaletica, allestimento parcheggi e quant’altro necessario alla realizzazione, in sicurezza, di un evento che, date le condizioni meteo, ha richiesto sforzi moltiplicati.
Non ultimi i costi di ripristino del Parco Urbano la cui fruizione è stata a lungo negata ai ferraresi e ancora per quanto, date le pietose condizioni del manto? A riguardo auspico si tacciano gli amministratori per lasciare la parola ai tecnici dell’Ufficio verde al fine di capire le reali condizioni di struttura e manto e, soprattutto, come, con quali costi e quando riportarlo al “pristino stato”.
E’ già programmata la riqualificazione, leggo, dunque è stata già fatta la gara per assegnare i lavori? Ancora una volta abbiamo messo a disposizione di pochi, e per il profitto di pochissimi, un bene della comunità che un’amministrazione sensibile ed oculata dovrebbe preservare, soprattutto in un momento di crisi economica e climatica come quello che stiamo vivendo e le cui evidenze sono tutte sotto i nostri occhi.
In proposito, è stata calcolata l’impronta ecologica della grandiosa operazione? Se sì, quanti alberi metterà a dimora il Comune per compensare le emissioni prodotte? Per sapere se e quanto i ferraresi dovranno pagare è necessaria un’operazione di trasparenza che richiede l’intervento di chi ha agevole “accesso documentale” a provvedimenti e preventivi approvati dall’Amministrazione comunale e anche dal Teatro Comunale – il cui bilancio dovremo eventualmente ripianare – per coprire costi, temo, non a carico dell’organizzatore e se, nel caso, sono state fatte gare per l’acquisizione di beni e servizi.
Leggo che il signor Trotta, pare lungamente corteggiato da qualche assessore per portare il Boss a Ferrara, ha dichiarato che valuterà, caso per caso, i rimborsi da riconoscere a chi non è riuscito a raggiungere Ferrara causa alluvione. Se è vero questo impegno, invito il signor Trotta a fare uno sforzo e considerare il rimborso anche ai ferraresi che, per solidarietà, il 18 maggio 2023 hanno scelto di raggiungere amici e parenti alluvionati per dare aiuto e conforto.
Sarebbe un segnale, seppur tardivo, di sensibilità e senso civico nei confronti di chi l’ha ospitato al pari di devolvere parte dell’incasso all’emergenza alluvione. Auspico che, spenti i riflettori, inizi una approfondita e consapevole valutazione di costi e benefici del concerto del Boss perché, nel caso i primi risultassero eccessivi, Ferrara non debba essere costretta, in futuro, a pagare per garantire il profitto di pochi, mettendo a rischio anche i propri servizi essenziali, per eventi che sono troppo grandi per Lei.
Già evidentemente il Boss e il Sig. Trotta non sanno cosa sia l'umanità, il rispetto davanti a certe tragedie. Posso solo dire mi fate schifo.
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sguardimora · 2 years ago
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Kepler-452 in residenza per “Album”
15 Maggio 2023 - 28 Maggio 2023 
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Inizia oggi la residenza creativa per la ricerca e la composizione del nuovo spettacolo di Kepler-452. Kepler-452 è la compagnia selezionata per il terzo tandem di produzione a tema “Daily Bread” che vede coinvolti come coproduttori: Pergine Spettacolo Aperto (Italia); Pro progressione (Ungheria), L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino (Italia) nell’ambito di  Stronger Peripheries: A Southern Coalition, progetto sostenuto da Europa Creativa.
Album
Un album di famiglia è una macchina del tempo: ogni fotografia una storia, e ogni storia una finestra verso un’altrove. Verso noi stessi di un tempo, verso i nostri cari: è un affondo tra le nostre inconsapevolezze del passato e nel mistero che i nostri sguardi di allora pongono a noi che oggi sfogliamo. Ma cos’è un album? E come si fa? Raccogliendo, certo: fotografie, storie, e radunandole. E dove raccogliere? Dove inizia e finisce una famiglia? Quanto bisogna scavare per trovare le radici? E anche: quanto è vasta una famiglia? Chi ne fa parte e chi no? Sangue, geografie comuni, migrazioni, incontri… di cosa è fatta una famiglia? Kepler-452, sperimentando una spazialità non frontale, insieme a dispositivi e forme di presa diretta e proiezione audiovisiva, cerca risposte a questa domanda, raccogliendo storie e immagini da varie parti d’Italia e d’Europa, incontrando persone e comunità. Un «album scenico» e senza confini: un tentativo e una ricerca accesi da un’immagine suggerita dal mondo animale: come è possibile che tutte le anguille del mondo, a un certo punto della propria vita, percorrano decine di migliaia di chilometri sul fondo degli oceani per ritrovarsi nello stesso posto, a riprodursi, a morire, a rinascere.
Kepler-452 ALBUM a cura di Kepler-452 (Nicola Borghesi e Enrico Baraldi) in scena Nicola Borghesi con la collaborazione di Riccardo Tabilio ideazione tecnica Andrea Bovaia coordinamento Roberta Gabriele foto di Giulia Lenzi
coprodotto da Pergine Spettacolo Aperto,  (Italia); Pro progressione (Ungheria), L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino (Italia) con il sostegno di IntercettAzioni – Centro di Residenza Artistica della Lombardia e Residenza Artisti nei Territori Masque Teatro
Tandem 3 #Daily Bread
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scenariopubblico · 2 years ago
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E' in arrivo la contaminazione del FIC FEST!
Benvenuti e benvenute in questo spazio dedicato al FIC FEST!
Il Festival dedicato alla danza contemporanea che abbraccia musica, teatro, cinema, arti visive organizzato da Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza, Centro di Rilevante Interesse Nazionale di Catania.
Ogni giorno verrà raccontato, in questo spazio, tutto ciò che succederà, attraverso lo sguardo dei giovani danzatori di Modem Atelier, un programma di formazione della danza contemporanea di Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza.
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Con l’intento di documentare e archiviare le iniziative, tra performance, talk e incontri, cerchiamo di rendere sempre più capillare la conoscenza della danza, un’arte fatta con il corpo destinata a tutti, affidando questo importante compito ai giovani sguardi. Convinti del solido potere di cambiamento della danza, attraverso il suo essere poetico e concettuale, costruiamo insieme da più di trent’anni una comunità più coesa, viva e creativa.
Il FIC, acronimo di Focolaio di Infezione Creativa, inizierà il 5 e 6 maggio la contaminazione creativa itinerante per le strade e le piazze del centro di Catania, insieme ai danzatori della Compagnia Zappalà Danza.
Nel tempo della città apriremo tutti insieme un canale contagioso: ci uniremo e rallenteremo il passo per concederci la visione di spettacoli, stimoleremo un flusso che ci porterà ad ascoltare e dialogare con artisti, coreografi, danzatori e studiosi delle arti performative.
L’obiettivo è incontrarci, stare e crescere insieme nella cultura.
A partire dal 7 maggio il FIC FEST si svilupperà a Scenario Pubblico con alcuni appuntamenti anche da Isola Catania, il teatro Mario Sangiorgi e l’Orto Botanico. Puoi consultare il programma completo cliccando su questo link https://www.scenariopubblico.com/rassegne/fic-fest-2023/
Seguici e lasciati contaminare.
A presto!
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londranotizie24 · 7 days ago
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Di Annalisa Valente Tira aria di festa a Nottingham: appuntamento sabato prossimo, 8 febbraio, dalle 15 alle 16, con la Festa di Carnevale per i bambini della Scuola Italiana. Festa di Carnevale, è tempo di allegria alla Scuola italiana di Nottingham Tira aria di festa in quel di Nottingham. Anche quest’anno i bambini saranno protagonisti del  Carnevale nel secondo sabato di Febbraio. Alla Scuola Italiana di Nottingham fondata dalla professoressa Alessia Beneventi, sabato prossimo, 8 febbraio, dalle 15 alle 16, si terrà la Festa di Carnevale per i bambini della Scuola Italiana edizione 2025. Alla presenza del Vice Console Onorario di Nottingham Valeria Passetti, e delle famiglie dei piccoli partecipanti, per gli allievi protagonisti della festa si prospetta un pomeriggio estremamente divertente, ricco di giochi, sorprese, maschere e tanta allegria. Momento clou dell’appuntamento di sabato pomeriggio si avrà quando i bambini romperanno la tradizionale “pentolaccia”, mentre i tanti giochi di gruppo organizzati dalla maestra Beneventi li vedranno tutti in pole-position per un happening di puro divertimento. Infine verrà premiata la maschera di Carnevale più divertente e caratteristica, tra tutte quelle che si renderanno protagoniste della festa. Questo appuntamento, il primo del 2025 promosso dalla Scuola Italiana di Nottingham, come già in passato e come da sempre accade, rappresenta un'importante occasione per ricordare e celebrare sempre le migliori e più caratteristiche tradizioni italiane nel Regno Unito, con l’obiettivo di mantenere vive e vitali la cultura e l'identità italiane tra le nuove generazioni. Oltre, naturalmente, a rivitalizzare costantemente i rapporti di comunità tra gli italiani che vivono e lavorano nella contea del Nottinghamshire e che si relazionano con il tessuto sociale locale. E anche, perché no, per far conoscere meglio una realtà scolastica ogni anno sempre più competitiva come la Scuola Italiana di Nottingham. Dove è possibile iscrivere i bambini desiderosi di imparare la lingua italiana, con metodi alternativi e di facile impatto (tenendo conto della giovane età degli allievi): canto, teatro, giochi all’aperto, sport. Iscrivere i bambini alla Scuola Italiana di Nottingham è molto semplice, basta inviare una mail a: [email protected]. La Scuola ha anche un sito web: www.italianschoolnottingham.co.uk. Ma, prima di tutto, appuntamento con l’allegria sabato 8 Febbraio: i bambini di Nottingham e le loro famiglie non possono assolutamente mancare. ... Continua a leggere su
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experience-made-chella · 12 days ago
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siciliatv · 18 days ago
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Una voce che emoziona, un talento che incanta e una storia che ispira. Pino Minio, dirigente generale dell’Accademia Palladium, ha raggiunto la finale di Io Canto Senior, regalando al pubblico momenti di grande emozione. Minio ha saputo conquistare non solo il cuore della platea, ma anche quello dei giudici, esibendosi in uno straordinario duetto con Fausto Leali sulle note di Mi manchi. Una performance carica di intensità e sentimento che ha mandato il pubblico in estasi, consacrandolo tra i protagonisti più amati di questa edizione. Minio ha ricevuto apprezzamenti anche per l’esibizione di La mia banda suona il rock, elogiato da Chiara Tortorella, speaker di R101 e quinto giudice del programma. Un ambasciatore della Sicilia e dell’arte Non è solo la sua voce a rappresentare un’eccellenza. Pino Minio porta con sé l’orgoglio della sua terra d’origine, la Sicilia, e si fa promotore dei suoi valori e dei suoi prodotti unici. Persino Iva Zanicchi, tra una battuta e l’altra, non ha resistito alla tentazione di chiedere le famose arance siciliane. Minio, con il suo carisma e la sua passione, non perde occasione per sottolineare quanto sia importante per lui essere un ambasciatore della cultura e delle tradizioni siciliane.   Una vita dedicata alla formazione e al sociale Pino Minio non è solo un artista, ma anche un uomo impegnato. In qualità di dirigente dell’Accademia Palladium e sostenitore delle università telematiche, considera queste ultime uno strumento prezioso per garantire l’accesso allo studio anche a chi affronta difficoltà logistiche o personali. Crede fermamente nel potere della formazione come mezzo per raggiungere grandi traguardi. “Lo studio e la formazione sono il solo veicolo per arrivare alle mete prefissate,” ripete spesso, promuovendo con passione l’istruzione tra le nuove generazioni. La sua dedizione si estende anche al sociale: membro del Lions Club Chiaramonte, Minio è da sempre vicino alle esigenze della sua comunità. L’amore di Maria Portella, il sostegno della famiglia Dietro ogni grande uomo c’è una grande donna, e nel caso di Pino Minio questa verità trova la sua perfetta incarnazione in Maria Portella. Insegnante di professione, amante del teatro e presentatrice per passione, Maria non ha mai fatto mancare il suo sostegno al marito, sempre presente alle precedenti puntate per incoraggiarlo e accompagnarlo in questo percorso. Durante la serata della semifinale, Maria è stata invitata da Gerry Scotti a raccontare il loro incontro, emozionando il pubblico con la storia di un amore profondo, nutrito e condiviso attraverso anche una comune passione per l’arte. Accanto a loro, i figli Beatrice e Valerio, presenti per sostenere il padre in questo momento di gloria, hanno aggiunto un tocco di calore familiare che ha reso la serata ancora più speciale. Gli sguardi pieni di ammirazione di Maria e l’affetto dei figli sono stati il simbolo di un legame forte che rende la vittoria di Minio ancora più significativa. Verso la finale, portando la Sicilia nel cuore Con il suo talento e la sua passione, Pino Minio ha già vinto il cuore di molti. Ora, si prepara a vivere la finale con lo stesso spirito che lo ha portato fino a qui: l’amore per la musica, per la sua terra e per le persone che lo hanno sempre sostenuto. La Sicilia, grazie a lui, continua a brillare sul palco di Io Canto Senior. E chissà, magari le arance richieste da Iva Zanicchi non tarderanno ad arrivare! Read the full article
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