#Storia del Medioevo
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“ A partire dal 1223 si apre il periodo che i biografi [di san Francesco d'Assisi] definiscono della «grande tentazione», tentazione di abbandonare tutto, di disinteressarsi completamente della comunità, forse di non avere più fiducia in Dio. Ma ci sono momenti di remissione: uno di questi è la grandiosa celebrazione del Natale nell'eremo di Greccio nel 1223. Francesco organizza una sacra rappresentazione corale che trasforma in attore anche il pubblico accorso ad assistervi. Chiama un nobile di nome Giovanni, «di buona fama e di vita ancor migliore» sul cui affetto e devozione sa di potere contare e gli ordina, quindici giorni prima di Natale, di preparare lo scenario adatto. Dice all'amico: «Voglio rappresentare quel Bambino nato a Betlemme come se in qualche modo avessi davanti agli occhi i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu posto in una greppia e come stette sul fieno fra il bue e l'asino». Dobbiamo immaginare che per evocare la grotta siano state adattate le rocce della montagna, magari allargando qualche cavità naturale, oppure che per accogliere anche i fedeli sia stata costruita con tronchi d'albero una grande capanna? Quindici giorni sono un tempo eccessivo, se dedicati soltanto a preparare un po' di fieno e a condurre sul luogo due animali. Il bue e l'asino non fanno parte del racconto evangelico della Natività, ma furono aggiunti dai Vangeli apocrifi. Francesco, sensibile al messaggio delle immagini, ritenne bue e asinello indispensabili al suo teatro sacro.
Il racconto di Tommaso da Celano sembra la descrizione di un meraviglioso presepio vivente: vediamo accorrere «molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando, ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte nella quale s'accese splendida la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. [...] Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali. La gente accorre e si allieta di una gioia mai assaporata prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutto un sussulto di gioia. [...] Poi il sacerdote celebra solennemente l'Eucarestia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima». Francesco è felice, profondamente commosso. Si riveste di paramenti diaconali e canta con la sua bella voce il Vangelo, predica con parole dolcissime, trascina ed entusiasma gli astanti rievocando la piccola città di Betlemme, il Bambino divino e poverissimo, con tale entusiasmo infuocato che un cavaliere, forse il medesimo Giovanni, ebbe una visione: «Gli sembrava infatti che un neonato giacesse esanime nella mangiatoia, che il santo di Dio si avvicinasse e destasse quel medesimo bambino da quella specie di sonno profondo. Questa visione non manca - conclude Tommaso da Celano - di un suo significato perché davvero il fanciullo Gesù giaceva dimenticato nel cuore di molti e per grazia di Cristo, tramite il servo suo Francesco, fu risuscitato e il suo ricordo impresso in una memoria di nuovo partecipe». Nella preghiera composta da Francesco per il Vespro di Natale, alla descrizione della nascita nella mangiatoia segue la citazione della lode angelica: «Pace in terra agli uomini di buona volontà» (Lc 2,14): Cristo è venuto a portare la pace, quella pace che gli uomini non sanno trovare proprio nei luoghi dove egli nacque, la pace che Francesco era andato ad annunciare prima ai crociati e poi al sultano, e vorrebbe accolta dai conterranei, dai frati, dalla Chiesa. “
Chiara Frugoni, Vita di un uomo: Francesco d'Assisi, introduzione di Jacques Le Goff, Einaudi (collana ET Saggi n° 824), 2006⁶; pp. 112-113.
[Prima edizione: 1995]
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Un Film tra Calcio e Medioevo: Il Viaggio nel Tempo che Cambia Tutto. La Storia di un Giovane Calciatore che Tenta di Correggere una Partita e Finisce nel Medioevo
Il cinema ha esplorato innumerevoli volte il tema del viaggio nel tempo, spesso mescolandolo a storie inaspettate e affascinanti.
Il cinema ha esplorato innumerevoli volte il tema del viaggio nel tempo, spesso mescolandolo a storie inaspettate e affascinanti. Immaginate un film in cui un giovane appassionato di calcio, desideroso di rivivere una partita persa, utilizza una macchina del tempo, ma un errore tecnico lo catapulta nel medioevo! Un mix di avventura, commedia e riflessione su come il passato e il presente possano…
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ANTEPRIME / Festival del Medioevo di Gubbio, l'edizione 2023 dedicata a Oriente e Occidente
#ANTEPRIME / Festival del Medioevo di #Gubbio, l'edizione 2023 dedicata a #Oriente e #Occidente #FestivaldelMedioevo | @MedioevoFest
Sarà “Oriente – Occidente. Le frontiere mobili della storia” il tema della nona edizione del Festival del Medioevo che si terrà come ogni anno a Gubbio, dal 20 al 24 settembre 2023. Est e Ovest. L’Europa e l’Asia. Mondi lontani, spesso visti in modo contrapposto, eppure vicinissimi, segnati dall’epopea umanistica e culturale di Bisanzio. Un viaggio di cinque giorni con lezioni di storia tenute da…
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Ursula von der Leyen nomina Peter Strohschneider, professore di storia medioevale perché supervisioni un importante rapporto sull’agricoltura; il professore guadagnerà 973,79 € al giorno.
se credevate che l’amichettismo fosse un fenomeno solo italico, vi siete sbagliati, prima la Metsola nomina il cognato come capo di gabinetto (“La Meloni si e io no?”), adesso la Ursula che nomina Peter.
In molti hanno trovato esagerato il compenso per questo studioso, molto meno ha stupito che un medioevalista si interessi di agricoltura, noi per fortuna siamo abituati a gente che non c’entra niente con l’incarico che ottiene, Lollobrogida è “laureato” (Università Cusano) telematicamente in giurisprudenza ed è ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare (qualunque cosa sia, Dio ci perdoni tutti) e delle Foreste (quelle che sono rimaste).
Molto probabilmente i contadini da ora in poi andranno al lavoro a piedi o su un carro di buoi, periodicamente metteremo una parte di terreno a maggese e faremo la rotazione delle colture, reintrodurremo l’aratro a versoio trainato da buoi o cavalli e ricorreremo al “debbio” (no a Paolo Del Debbio), cioè all’utilizzo delle ceneri delle erbacce estirpate come fertilizzante.
Un ritorno al medioevo insomma, pensate che io stia scherzando? Neanche per idea, Francesco Lollobrigida ha proposto il “servizio civile agricolo”, cioè l’idea di offrire ai giovani l’opportunità di poter lavorare quasi a titolo gratuito (i rimborsi previsti coprono appena le spese) nelle aziende agricole in cambio del 15% di posti riservati nei concorsi pubblici.
Insomma, stanno reintroducendo la servitù della gleba, dove il nobile proprietario delle terre obbligava i suoi contadini a prestare gratuitamente lavoro per le courvée che desiderava effettuare.
Prossimamente è prevista anche la reintroduzione dello jus primae noctis.
E allora, cosa state aspettando? Tirate fuori zappe, roncole e falcetti e iniziate ad affilarle.
#ursula von der leyen#francesco lollobrigida#metsola#servi della gleba#Peter Strohschneider#medioevo#jus primae noctis
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IL PONTE SUL PASSO DEL TEMPO
Questa mattina mi sono riempito per sbaglio lo zoccolo sanitario di un flacone intero di lattulosio, che - per chi non lo sapesse - è una roba sciropposissima e appiccicosissima che si usa per contrastare l'encefalopatia epatica ma spiegarvene bene i meccanismi risulterebbe noioso e non pertinente a quanto sto per raccontare.
Il fatto è che nell'attimo in cui il mio piede ha sciaguattato fastidiosamente nello zoccolo ho avuto una reminescenza di un qualcosa che probabilmente da lì a qualche anno sarebbe stato spazzato via nella perdita continua delle cellule cerebrali che avviene quotidianamente e invece sono rimasto lì, quasi fulminato, a fare ciccheciac col piede come un bambino in stivali e impermeabile in una pozzanghera dopo il primo acquazzone autunnale.
Il fatto è che mi sono sentito come un emerito professore di storia di una prestigiosissima univesità che scopre in modo inconfutabile che lo stesso identico oggetto - non simile... proprio lo stesso - è stato tenuto in mano da un uomo di Cromagnon, da un faraone e da un cavaliere del basso medioevo.
L'oggetto era un paio di banalissime birkenstock.
Solo che quelle birkenstock erano un qualcosa fuori dal tempo perché collegavano tre mondi, anzi, tre ere geologiche lunghe millenni.
Nel primo flash ho 18 anni e sto lavando la macchina di mio padre nel polveroso cortile del condominio dove sono nato e da dove, l'anno dopo, saremmo andati via per traslocare in un appartamento finalmente di proprietà.
La canna dell'acqua mi sfugge di mano e mi si incastra tra il piede e la suola della birkenstock destra, allagandola completamente e inscurendo il cuoio.
Fine di un'era che chiameremo onirica.
Nella nuova casa, quella dove i miei genitori abitano ancora, sto realmente per poco tempo a causa di università e militare, ma nella mia memoria emotiva il tempo si dilata in decenni, perché stringo indissolubili e potenti legami con gli amici che mi resistono ancora accanto.
Sono a malapena cinque anni, finché non decido di raggiungere la ragazza che ancora adesso mi resiste accanto (nessuno dei due sapeva che aveva una bambina nella pancia ma vabbe'... così nessuno ha potuto dire che si era trattato di un trasferimento coatto riparatore).
Mio padre mi regala la sua macchina, per il viaggio e per cominciare la mia nuova vita, così decido di lavarla per arrivare in gran stile.
La canna dell'acqua mi sfugge di mano e mi si incastra tra il piede e la suola della birkenstock sinistra, allagandola completamente e inscurendo il cuoio.
Fine di un'era che chiameremo frenetica.
In un altro luogo, lontano mille anni luce nello spazio e nel tempo, una bambina piccola coi capelli rossi dice 'Papà... laviamo la macchina che è sporca!' e quindi usciamo insieme nel cortile illuminato da un sole primaverile. Insaponiamo la macchina e, ridendo, la sciacquiamo schizzandoci con la canna dell'acqua.
A un certo punto lei guarda le ciabatte che porto ai piedi, vecchie e annerite, che oramai uso solo per curare il giardino... e me le bagna col getto della canna dell'acqua urlando 'Sono brutte! Buttale!'
E io, a distanza di 27 anni, ricordo ancora il sacco nero della spazzatura, appeso alla ringhiera della scala, e le birkenstock che hanno viaggiato attraverso le ere di tre vite intere scomparirci dentro.
Allora non avevo capito ma nel momento in cui è entrata l'infermiera con sguardo interrogativo, fissando la pozza di lattulosio a terra, mi sono reso conto che continuavo a non capire.
Ma che alla fine andava bene così.
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Noi ci dedichiamo ai nostri Italiani morti sotto le macerie dell’ira di Dio, facciamo quadrato sui loro bisogni mettendo mano al portafogli, e lo Stato e l’UE, tartassando noi, si occupa dei clandestini: li coccolano e li vezzeggiano come fossero graziadiddio! Non può andare avanti così! Non può essere che questa Italia, questa Europa, vengano invase senza colpo ferire da interi popoli di furbastri con la fedina penale incerta… Forse sporca. Magari sporchissima.
La maggior parte di questi codardi non scappa da Paesi in guerra. Non lascia madre, sorelle, mogli e figlie, in pericolo di stupro, schiavitù e morte. E se lo fa, è merda umana! La maggior parte di questa teppa è chiamata a cancellare secoli di lotte operaie, contadine, sociali. Viene a rompere il mercato del lavoro, l’organizzazione sociale, i progetti per l’avvenire. Viene a radere al suolo tutta l’emancipazione femminile, fino a riportarla al medioevo della sua storia. La maggior parte di questi carichi di carne umana non sa nemmeno perché deve venirci, in Occidente. Sa solo che deve venire a pisciare per strada, cagare ai giardinetti, spacciare droga, sfruttare la prostituzione, fare da cane da guardia per la mafia.
O ci rendiamo conto che dobbiamo scendere in piazza e cominciare a fare barricate, oppure è finita.
La nostra Civiltà è finita…
Nino Spirli
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Via dei Cimatori, una delle strade più caratteristiche del centro storico di Firenze, ha una lunga storia che si intreccia con il passato medievale della città. Situata a pochi passi dal Duomo e da Piazza della Signoria, il nome della via deriva dal termine "cimatori", artigiani specializzati nel rifinire tessuti, un'attività molto diffusa a Firenze durante il periodo delle corporazioni.
Oggi, la via non conserva più gran parte del suo fascino storico, con edifici che risalgono al Medioevo e scorci che oramai non ci riportano indietro nel tempo, ricordando una Firenze popolata da mercanti e artigiani che hanno contribuito alla sua grandezza economica e culturale.
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Quando l'asino non vuol camminare, raglia!
La disinformazione neotemplarista su San Giorgio Martire.
Care lettrici e cari lettori, come alcuni di voi sapranno, in questo lungo periodo ho ben altre cose serie a cui pensare, però sapete bene anche, quanto io mi fomenti nel momento in cui dei complottisti o negazionisti, imperversanti nel mondo "storico", si mettono ad emanar sentenze su argomenti che non dovrebbero toccare nemmeno con un bastone da rabdomante.
Questa volta tocca alla splendida chiesa di San Giorgio Martire, nel centro urbano di Petrella Tifernina in alto Molise, una cittadella che, tutta intorno, si sviluppa a guisa di quella veglia basilica, in cui, per molto tempo, ho passato periodi della mia adolescenza, quando mio padre, circa 16 anni fa, svolse numerosi sopralluoghi e studi di ricerca in compresenza del parroco Don Domenico, della sua associazione e di tanti accademici, archeologi, storici dell'arte e dell'architettura, molisani e d'oltre Regione.
Ora, come da tempo accade, è presa di mira anche da alcuni neo-templaristi, che purtroppo hanno visto troppi film d'azione sul medioevo, e soprattutto, troppi sulle leggende dei cavalieri Templari e delle crociate nella fattispecie, che vedono l'ordine come fautore di cose con le quali mai era stato legato, in tal caso, l'arrivo del culto per San Giorgio Martire nella penisola italiana, che a detta di talune pagine ed "eruditi", sarebbe sopraggiunto solo nel basso medioevo, al seguito delle crociate.
Vogliate concedermi una riflessione a riguardo, poiché affermazioni di questo tipo, ricopiate e ricalcate dalle pagine sensazionalistiche ed esoteriste, ed anche da parte di alcuni storici "non addetti ai lavori", sono assolutamente false e in evidente contrasto con la storia del nostro paese, seguendo un'ottica primitiva, oggi superata ampiamente dal mondo universitario e più propriamente storiografico.
Passerò pertanto a discutere su due punti salienti di questa lunga riflessione:
1) l'icona di San Giorgio
2) la lunetta del Magister Alferio.
Nel primo caso, viene asserita da taluni individui, la datazione della formella di San Giorgio Martire, al XIII secolo inoltrato, una cosa che assolutamente stride con qualsiasi nozione di storia dell'arte esistente, soprattutto per l'inesistente plasticità e tridimensionalità del bassorilievo, che nelle proporzioni ed irregolarità delle forme, nonché staticità dei corpi, si accosta al gran numero di produzioni di scalpellini di ambito centromeridionale tra la fine del X e la prima metà del XII secolo, con una netta evoluzione graduale tra gli stilemi arcaici preromanici di epoca longobarda/bizantina, e quelli romanici d'epoca normanna/sveva, che con la seconda fase sfocieranno nel protogotico svevo-angioino, seguendo una ripresa sempre più marcata di elementi classici, elaborazione nelle proporzioni, espressività e plasticità degli elementi, che si noterà principalmente in cantieri come quello di Santa Maria Maggiore a Monte Sant'Angelo, Santa Maria della Purificazione a Termoli, San Giovanni in Venere a Fossacesia, Santa Maria e San Leonardo a Siponto, San Clemente a Casauria e tante altre località tra Abruzzo, Lazio, Campania, Molise, Puglia ed anche Basilicata e nord della Calabria.
Per delucidazioni aggiuntive consiglio vivamente la lettura del libro: Molise medievale cristiano, Edilizia religiosa e territorio (secoli IV - XIII),di Federico Marazzi, Manuela Gianandrea, Francesco Gangemi, Daniele Ferraiuolo, Paola Quaranta, and Alessandra Tronelli.
Sulla rarità di icone preromaniche occidentali, che raffigurino il santo nell'atto di uccidere il drago, vorrei preventivamente chiarificare non sia esattamente così, la rarità è circoscritta quasi unicamente per il territorio italiano, e rarità non è sinonimo di inesistenza se il vocabolario me lo consente.
Si rammenti che nella penisola, già nel VI e nel secolo successivo si attesta la presenza del culto di San Giorgio Martire, escludendo in toto la teoria di una giunta dell'agiografia georgiana solo al seguito della sua Legenda Aurea, ma già attestata da fonti indirette ed apocrife, precedenti di molto ai secoli delle crociate, che vedrebbero la componente del mostro o drago, giungere nei territori dell'Est Europa e dell'Occidente, a cavallo tra il X e l'XI secolo, ed addirittura, essere postulata proprio in "territorio europeo" con una evoluzione graduale, che vede l'aggiunta, nella sua agiografia, del salvataggio della principessa dal drago, simbolo del demonio, una dicotomia tra bene e male che incarna tutta la storia della teologia stessa e dei santi martiri, che null'ha a che fare con le crociate, se non essere parte di esse, tanto che nel corso della prima crociata, troviamo informazioni che ci fanno capire in Occidente fosse già ben nota l'iconografia cavalleresca di Giorgio, tanto che più tardivamente, addirittura, sarebbe sviluppatasi in Oriente, adottando il mostro dall'icona di San Teodoro.
L'imago del cavaliere che sconfigge il maligno in realtà, ivi si riferiva all'imperatore Costantino, come ci riporta il biografo Eusebio da Cesarea, una icona imperiale diffusa in molte aree mediorientali, ma che principalmente era posta sulla facciata del suo palazzo imperiale, tanto da ipotizzare che in realtà i crociati furono indotti ad indentificarla come icona del santo, solo tramite una loro conoscenza di essa, già appurata e radicalizzata tra l'est Europa, l'area costantinopolitana, e naturalmente altre regioni e nazioni dell'Europa occidentale, in cui non poteva mancare certamente l'Italia, cuore pulsante delle vie pellegrinali, di commercio ed anche delle crociate stesse ed ancor prima, delle milizie d'ogni tipo, la storia della Longobardia Minor dovrebbe aver già insegnato molto.
Tornando al San Giorgio di Petrella, la sua figura trova un riscontro iconografico, molto vicino a quello delle icone ancora primitive, che precedono lo sviluppo pieno del suo programma simbologico-agiografico, fiorito in maniera solida dopo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine.
Che però già esisteva tra il X e l'XI secolo.In special modo, queste icone sono caratterizzate dalla assenza di elementi come la principessa, dove gli unici individui sono Giorgio, il cavallo e il drago/mostro-serpente alato, trafitto dalla lancia del soldato.
Questi elementi iconografici sono diffusissimi nelle pitture rupestri della Cappadocia (XI sec.), ed anche negli affreschi di San Marzano in provincia di Taranto (X-XI sec.), e nel bassorilievo della Cattedrale di San Paolo ad Aversa (X-XI sec.), e l'elenco di esempi su San Giorgio ed il drago possono proseguire per molto, ma mi fermerò a questi per il momento.
A fare da contorno in tutto ciò, vi è lo stile che caratterizza la scultura petrellese, una formella con caratteri iconografici bizantini, ma dalle proporzioni incoerenti e scarsa plasticità, una costante delle produzioni lapidarie che hanno toccato vari insediamenti come Santa Maria della Strada a Matrice, Ma anche altri come a Guardialfiera, Roccavivara, Guglionesi, Petacciato, Cercemaggiore e così via, tutti edifici integri alternati a resti erratici o di reimpiego, databili tra una più antica manualità dell'VIII e IX secolo, ed una lieve evoluzione tra X ed XI, con un cambiamento ulteriore nel XII ed infine un distacco abissale con le produzioni dei secoli XII-XIII e XIII-XIV, che agli antipodi posseggono la Fraterna di Isernia da un lato, e la Cattedrale di Larino dall'altro.
L'arretratezza negli attributi e nello stile figurativo, fanno retrocedere presumibilmente la datazione come di consueto, tra il termine del decimo secolo e l'anno mille, come parte di uno dei primi cantieri che videro l'evolversi dell'impianto basilicale tra stadio pre-romanico e romanico "normanno", una doppia fase che si sposerebbe bene con la successiva ulteriore trasformazione del complesso, al seguito di un cataclisma, forse uno smottamento del terreno di fondazione o un sisma, che comportò un drastico cambiamento nell'assetto impiantistico, ed un enorme riuso dei resti del precedente tempio, per approfondimenti in merito, consiglio la lettura del volume: "Medioevo in Molise: Il cantiere della chiesa di San Giorgio Martire a Petrella Tifernina" dello storico dell'arte Francesco Gandolfo, che a suo tempo avemmo il piacere di conoscere nel corso delle ricerche sul campo.
Da qui ci si sposta alla questione invece di altri elementi, come il portale maggiore, che si mostra con uno pseudoprotiro e facciata che rientra nelle caratteristiche del pre-romanico e romanico locale (vedi Matrice), con una lunetta che presenta un evidente caso di rimontaggio, come in altri punti dell'edificio, forse proprio nel corso della trasformazione dell'intero orientamento della struttura, pur presentandosi nel complesso, al suo stato originale, con stilemi a girale, fitomorfi, scene apocalittiche e creature zoomorfe inscritte dentro cornici tipiche dei cantieri, specialmente benedettini, dell'XI-XII secolo, come appunto chiarisce un ulteriore dettaglio della lunetta maggiore, la firma dell'esecutore, tal "ALFERIO DISC(IP)OLO GEO(RGI)", come si può leggere tramite una attenta analisi ravvicinata dell'incisione (e non da fotografie sbiadite, tra l'altro, che permettono egualmente di leggervi quanto detto poc'anzi).
La tradizione locale (che tradizione non è), vuole attribuire la lunetta ad un tale MAG(ISTER) EPIDIDIVS, che in realtà nasce da una approssimativa lettura dei pochi caratteri esistenti, da parte del Carandente, presa per buona da alcuni eruditi ma priva di fondamento, specie se si considera che il nome Epididio sia quasi totalmente inesistente persino per alto e basso medioevo, e per trovarvi una spiegazione, dovrebbe quantomeno essere posto in teoria come una abbreviazione, ma al momento resta una fantasiosa ricostruzione del secolo scorso, già accantonata dalla comunità accademica.
Altro strafalcione del Carandente si riporta nella data incisa al lato destro della lunetta, "MDECIM", per il quale, secondo una idea di attribuzione tarda, doveva leggersi (Anno Domini) Millesimo Duecentesimo Undicesimo (1211), non potendo però constatare per l'epoca, che nessuno dei fregi e bassorilievi della basilica, potesse essere avvicinabile a questi anni, privi di ogni caratteristica sopracitata.
Il suo errore è da contestualizzarsi nella mentalità locale di almeno uno o due secoli fa, dove il territorio molisano venne circoscritto, dal punto di vista artistico e culturale, ad una terra con "produzioni di ambito locale, o minore", con delle eccezioni senza alcun nesso, prima dei contributi che hanno permesso, da 30-40 anni, ad oggi, di sfatare tutto ciò, ed anzi, di riscoprire l'alveo culturale quale era il Molise, un territorio tra Abruzzo Citeriore, Terralaboris, Capitanata e così via, più comunemente territorio che possiamo definire proprio centro della Longobardia Minor, e successivamente, parte del Regno di Sicilia settentrionale.
Un cuore pulsante di "scuole", botteghe e cantieri ecclesiastici ed anche nobiliari, che hanno permesso l'evoluzione e il proliferare, di queste componenti artistiche, esattamente come dei movimenti, ove era cruciale il ruolo delle vie di comunicazione, per esempio la Via Francigena, le sue arterie meridionali, i tratturi e così via, che hanno permesso soprattutto, di capire negli anni passati, il motivo di una espansione di medesimi archetipi, stilemi e caratteristiche culturali riscontrabili nello stesso tempo in più parti dell'Europa, dall'Italia all'Est, al Medio-Oriente fino ad arrivare in Francia, Spagna e naturalmente Regno Unito, tante realtà che, ovviamente, si sono fuse con quanto era già presente in questi paesi.
Le componenti estere sono sempre state il fondamento base della storia dell'arte, sia in età longobarda, con influenze bizantine, occidentali ed arabe, sia con i normanni, ed ovviamente sotto Federico II di Svevia, dove si può dire fosse nata l'architettura gotica italiana (e non solo), ereditata ed espansa sotto il dominio angioino e perfezionata dai motivi orientaleggianti catalani con gli aragonesi, mentre non va trascurata la parentesi di ambito veneziano trecentesco/quattrocentesco, e anche quella del gotico abruzzese (XIII-XIV sec.).
Dopo aver riportato questo grande aneddoto sul conto del Molise, per il quale ampiamente ha dibattuto e pubblicato la professoressa Maria Stella Calò Mariani, seguita da Francesco Aceto e da Giuseppe Basile, ma anche dallo stesso Bertaux e molti prima e dopo di loro, ritorniamo alla epigrafe di Petrella.
Più semplicemente, questa attestazione in caratteri latini, di per sé in contrasto con quelli evidenziati in tutto il territorio centro-italiano del '200, (vedi la data sul campanile di Santa Maria della Strada), non si riferirebbe affatto al 1211, bensì al 1010, (AD) M(illesimo)DECIM(o), semanticamente più accurata e meno costrittoria della versione del Carandente, avvicinandosi perciò alle scene cavalleresche del campanile di Petacciato, forse ascrivibili per stile ai medesimi fregi della lunetta, che troverebbe riferimento nella vicenda della Battaglia di Canne del 1018, con la presenza forse della più antica immagine di un cavaliere normanno e di due cavalieri bizantini in lotta.
Questa lettura non solo trova riscontro nei caratteri, ma anche nello stile arcaico che compone interamente la basilica ed i suoi bassorilievi, taluni di epoca precedente, ed altri del cantiere d'appartenenza, al quale sarebbe dovuto seguire un altro cantiere come si può evincere da un unico elemento duecentesco (o trecentesco) presente nella navata destra della chiesa, un semicapitello piatto, con motivo di foglie di acanto molto plastiche ed estruse, poggiato su un’acquasantiera in disuso, mai impiegato, ma che nel suo stile sembra essere ascrivibile ai cantieri di Santa Maria e San Pardo a Larino e di Sant'Emidio ad Agnone, ma per quanto riguarda il complesso, pare in realtà esserci una totale assonanza con i cantieri delle basiliche di San Giorgio, San Bartolomeo e San Mercurio a Campobasso (IX-X-XI sec.), alcuni elementi di Sant'Andrea a Jelsi (XI sec.), San Giovanni Rotobonis a Oratino (La Rocca) (IX-X sec.), e così via.
Senza contare che, per rievocare momentaneamente le questioni del culto per San Giorgio, nella Longobardia Minor e nei territori circostanti, sono attestate molteplici ecclesie dedicate al Santo Martire, tutte tra VII-VIII e IX secolo, che farebbero già intendere quanto non sia assolutamente fondata la supposizione sul suo culto giunto solamente dopo i risvolti della prima crociata, alla fine dell'XI secolo, ricordando ulteriormente a chi legge, che stessa sorte capitò per il vescovo di Myra, Nicola, detto anche San Nicola di Bari almeno dal 1087 in poi, ma che già era ampiamente venerato dal VI secolo, persino nella nostra regione, con chiese e badie risalenti al X secolo, la più vicina alla mia posizione proprio a Petacciato, presso il luogo di sepoltura dell'abate Adamo di Tremiti, poi Sant'Adamo confessore.
La verità di tutto ciò è molto diversa, spesso dei gruppi neotemplaristi, pur di mettere i Templari al di sopra di ogni argomento storico, finiscono per affidargli la paternità di cose che non gli sono appartenute, o meglio, che non hanno creato loro ma che essi possono solo aver sposato successivamente alla loro nascita.
Quest'anno per esempio sono già dovuto intervenire dopo un convegno neotemplarista al Cinema Sant'Antonio di Termoli, in cui si sono susseguiti una marea di sproloqui nei confronti dell'Agnus Dei (Agnello di Dio, o Agnello Crucifero), presente in una moltitudine di forme nelle facciate delle nostre chiese antiche, che un "meneghino" ha definito come simbolo templare, e che queste chiese fossero state costruite perciò dai Templari, nonostante questi stesse mostrando dei fregi dell'VIII e del IX-X secolo, ed uno della prima metà dell'XI, tutti elementi che sono antecedenti sia all'ordine di San Giovanni Gerosolimitano (Ospitalieri), sia ai cavalieri Templari, con una forte affinità di carattere evangelico invece, ispirazione ancestrale di tutte le maestranze che che hanno costruito "i pilastri della terra" in cui noi veneriamo i nostri idoli.
Ecco perché non smetterò mai di ripetere una sola cosa:Studiate, studiate e STUDIATE!!!
Bibliografie di riferimento.
•San Giorgio e il Mediterraneo, in Atti del II Colloquio internazionale per il XVII Centenario (Roma, 28-30 novembre 2003), a cura di G. De' Giovanni-Centelles, Città del Vaticano, 2004.
•La Storia di Varzi, Vol. II, di Fiorenzo Debattisti, 2001.
•Jacopo da Varazze, Legenda Aurea, Einaudi, Torino 1995.
•Eduardo Ciampi, Mino Freda, Paolo Palliccia, Paolo Velonà, San Giorgio e il Drago: l'indispensabile mito. Storia, Metastoria, Arte e Letteratura, Roma, Ed. Discendo Agitur, 2023.
•Medioevo in Molise, il cantiere della Chiesa di San Giorgio Martire a Petrella Tifernina, Di Walter Angelelli, Manuela Gianandrea, Francesco Gandolfo, Francesca Pomarici, 2012.
•Bianca Maria Margarucci Italiani, San Giorgio Martire fra Oriente e Occidente, 1987.
•Pagani e Cristiani. Forme e attestazioni di religiosità del mondo antico in Emilia, XI, 2012.
•San Giorgio e il drago riflessioni lungo un percorso d'arte, Di Sebastiano Giordano, 2005.
•Il Molise medievale e moderno, storia di uno spazio regionale, Giovanni Brancaccio, 2005.
•Italian Romanesque Sculpture, An Annotated Bibliography, Di Dorothy F. Glass, 1983.
•Gycklarmotiv i romansk konst och en tolkning av portalrelieferna på Härja kyrka, Di Jan Svanberg, 1970.
•Molise, appunti per una storia dell'arte, Luisa Mortari, 1984.
•Carlo Ebanista, Alessio Monciatti, Il Molise medievale, archeologia e arte, 2010.
•Federico Marazzi, Molise medievale cristiano, edilizia religiosa e territorio (secoli IV-XIII), 2018.
•L'arte georgiana dal IX al XIV secolo, A cura di Maria Stella Calo' Mariani, Volume 1, 1986.
•L'arte del duecento in puglia di maria stella calo mariani. fotografie di paolo monti u.a, Di Maria Stella Calò Mariani, 1984
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La Piramide Cestia è una tomba romana a forma di piramide di stile egizio costruita a Roma tra il 18 e il 12 a.C. Si trova nelle immediate adiacenze di porta San Paolo ed è inglobata nel perimetro del posteriore cimitero acattolico, costruito tra il XVIII e il XIX secolo.
Molti visitatori che visitano Roma restano stupiti nel vedere una piramide in stile egizio alta 36 metri, con una base quadrata di circa 30 metri per lato. In realtà questo monumento è testimone di una storia molto antica e leggende misteriose.
Fu costruita per essere il mausoleo di Gaius Cestius Epulo, un facoltoso romano. La forma del monumento funebre deriva da una moda molto in voga all'epoca romana, infatti, nel 30 A. C., l'Egitto divenne una provincia romana e si iniziarono ad erigere costruzioni piramidali nella capitale dell'Impero Romano. Caio Cestio decise così di farsi costruire la propria tomba a forma di piramide al di fuori della città, lungo la via Ostiense.
La Piramide Cestia è l'unica sopravvissuta fino alla nostra epoca di quelle costruite a Roma, oltre all'obelisco di Piazza Montecitorio. La piramide fu successivamente inglobata nella cinta muraria costruita tra il 272 e il 279 su iniziativa dell’imperatore Aureliano.
In realtà, a ben vedere la Piramide Cestia presenta una struttura leggermente diversa dalle piramidi egizie. In particolare la punta è più acuta rispetto alle piramidi originali, probabilmente a causa dei materiali utilizzati dai romani. La differenza di forma potrebbe derivare anche dal fatto che i costruttori romani presero come modello di riferimento le piramidi nubiane, più appuntite rispetto a quelle di Giza.
Intorno a questo luogo, così suggestivo, si sono create delle leggende misteriose. Nel Medioevo si pensava, infatti, che i due mausolei fossero le tombe dei due fondatori, Romolo e Remo. Questa credenza è andata avanti fino a quando, nel 1600, all'interno della Piramide di Cestia è stata rinvenuta un'iscrizione che faceva riferimento a Gaius Cestius Epulo.
La Piramide Cestia è visitabile nel suo interno solo con un permesso speciale.
(Fonte, Angela Di Francesca ,Foto e Notizie storiche)
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Ho fatto ricerche e:
ibri/Storie/Racconti per bambini
*"Il cavaliere inesistente" di Italo Calvino**
- Una storia surreale e affascinante che esplora il concetto di identità attraverso le avventure di un cavaliere medievale che non esiste fisicamente.
*"Il Medioevo raccontato ai bambini" di Carlo Scataglini**
- Un libro che introduce i bambini alla storia e alla cultura del Medioevo in modo semplice e coinvolgente.
*"Storie della buona notte per bambine ribelli - Il Medioevo" di Elena Favilli e Francesca Cavallo**
- Parte della serie di "Storie della buona notte per bambine ribelli", questo volume include racconti di donne straordinarie del Medioevo.
👋🏻
Grazie mille 🥰
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L’#ALMANACCO DEL GIORNO
Il 10 Settembre, nel possibile anniversario della sua morte ad Evesham, in veneranda età, si ricorda Lady Godiva (990-1086?), — nome latinizzato dell'anglosassone Godgifu, cioè "dono del Signore" — vedova del conte Leofrico di Mercia (968-1057).
I. LA LEGGENDA
Secondo la tradizione popolare, in gioventù la bellissima Godiva aveva preso a cuore il destino della popolazione di Coventry, che pativa le tasse oppressive imposte dal conte suo marito. La contessa gli aveva chiesto più volte di ridurle, ma il marito aveva sempre rifiutato, finché — stanco delle sue suppliche — le aveva scherzosamente garantito che, se avesse cavalcato nuda nelle vie della città, avrebbe dato ascolto alla sua richiesta. La buona contessa, prese invece alla lettera le sue parole, aveva cavalcato nuda per le vie di Coventry.
II. ALTRE VERSIONI
Secondo una versione del XIII Secolo della storia, ella aveva attraversato la città durante il mercato, sotto gli occhi di tutti, scortata da due guardie.
Versioni successive della leggenda avrebbero invece riferito che il conte avrebbe emesso proclama dove si ordinava a tutti di chiudersi in casa, tenendo chiuse porte e finestre, mentre i lunghi capelli della contessa l'avrebbero coperta come un vestito. Soltanto una persona in città, un sarto detto Peeping Tom, avrebbe disobbedito, praticando un foro in una persiana per poter vedere il passaggio di Godiva, ma rimanendone cieco.
In ogni caso, alla fine, il conte aveva mantenuto la sua parola e abolito le tasse più onerose.
III. LA VECCHIAIA
Secondo quanto riportato nel "Domesday Book", una sorta di registro censorio voluto nel 1085 dal nuovo Re d'Inghilterra Guglielmo I il Conquistatore (1022-1087), sembrerebbe che Lady Godiva fosse tra i pochi anglosassoni e l'unica donna a rimanere un'importante proprietaria terriera anche dopo la conquista normanna del 1066.
IV. LE FONTI PRIMARIE
Oltre al citato "Domesday Book", le principali fonti primarie sulla vita di Lady Godiva sono il "Chronicon ex chronicis" di Fiorenzo di Worchester (†1118), i "Flores Historiarum" di Ruggero di Wendover (†1236) e le "Chronica majora" di Matteo di Parigi (1200-1259).
V. I TESTI CONSULTATI
Per la redazione di questo articolo sono state consultate varie fonti, tra cui si menzionano la voce "Lady Godiva" dell'Enciclopedia "Britannica", "Countess Godiva", di Cecilia Parsons, "The historical Godiva", di Octavia Randolph, e la voce "Lady Godiva" della "Encyclopædia Romana" di James Grout.
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[Nell'immagine: Lady Godiva in un dipinto del pittore inglese John Collier (1850-1934)]
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#storia #Medioevo #feudalesimo #almanacco1009
#LadyGodiva #LeofricoDiMercia #PeepingTom #Godiva #Leofrico #Mercia #Coventry
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Casale Capitale: Guglielmo VIII, la Diocesi e la Città – Giornata di Studi al Castello di Casale Monferrato
Un evento storico per celebrare il 550° anniversario della Diocesi di Casale con esperti di arte, storia e architettura
Un evento storico per celebrare il 550° anniversario della Diocesi di Casale con esperti di arte, storia e architettura. Sabato 9 novembre 2024, il Castello di Casale Monferrato ospiterà una giornata di studi dedicata a Guglielmo VIII Paleologo, una delle figure più influenti della storia del Monferrato. L’incontro, organizzato dall’Associazione Casalese Arte e Storia con il patrocinio della…
#550° anniversario#Aldo Settia#Alessandria today#Architettura Medievale#architettura paleologa#arte di corte#arte sacra#Associazione Casalese Arte e Storia#Beatrice Del Bo#Biblioteca Civica Giovanni Canna#Casale Monferrato#Castello di Casale#celebrazione Diocesi#complesso episcopale#Comune di Casale#convegno storico#Cultura italiana#Diocesi di Casale#documenti storici#edifici religiosi#Elisabetta Canobbio#Eredità Storica#Eventi culturali#Google News#Guglielmo VIII#italianewsmedia.com#Massimiliano Caldera#Medioevo#Monumenti Storici#Paolo Rosso
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Non farò bilanci
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Mi limito a ricordare alcuni punti positivi e altri negativi di quest'anno 2023.
In positivo:
E' stato l'anno che ha aperto gli occhi degli italiani, sul fatto che Giorgia Meloni lavori per la reintroduzione del Medioevo.
Che ogni suo atto politico si iscriva in una visione del potere che ci proietta all'indietro di secoli, ora, non c'è più alcun dubbio.
Che si batta per un potere che ostacola a tutti i livelli il mondo femminile, incarnando con una infinità di provvedimenti e di prese di posizione,una visione maschilista e antiquata delle relazioni.
Che la prima Presidente del Consiglio, donna, eviti volutamente, di presenziare ai funerali di Giulia Cecchettin ( il femminicidio che ha scoperchiato una volta per tutte, la natura violenta e la capillarità di questo tipo di cultura della sopraffazione) e che imponga addirittura di farsi chiamare "IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO", la dice lunga su quanto sia imbevuta di questa decrepita concezione della società (manco che la sua formazione fosse nata sui manuali del giovane Balilla di 90 anni fa!)
Alla donna, secondo questa politicante della Destra neofascista, compete solo il ruolo di fattrice, di madre, di strumento della difesa della razza italiana - come direbbe Lollobrigida. Non quello di persona che aspira ad una propria personale realizzazione umana, economica e professionale.
Che la prima donna che raggiunge una grande responsabilità politica, (invece che battersi per un avanzamento del mondo femminile, faccia approvare provvedimenti penalizzanti proprio come la nuova "Opzione Donna" e sostenga che una ragazza, abbia valore solo in quanto "madre", significa che la società italiana rischia oggi, 2023, una involuzione del tutto antistorica, assimilabile alla restaurazione talebana in Afganisthan.
Una nazione che finisce in mano a degli estremisti radicalizzati che vogliono imporre la loro visione ideologica, a tutti quanti visti ormai come sudditi di un Potere unico, che sceglie lui per tutti, quale sono i ruoli sociali.
L'azione della Meloni, a livello sociale e culturale, si traduce in un regime ideologico e non più in uno Stato Laico come è stato fino ad oggi.
Che le sue politiche non siano altro che un goffo e maldestro tentativo di manomettere la Costituzione Repubblicana per poter reintrodurre un regime autoritario è ormai chiarissimo.
In positivo:
Aver visto finalmente un film "sociale" dentro il panorama asfittico del Cinema Italiano. L'opera di Paola Cortellesi "C'è ancora domani" ha riaperto una stagione di discussione civile e pubblica sui rapporti di potere esistenti all'interno delle relazioni personali.
In positivo :
Aver smascherato definitivamente i bluff del duo Ferragni-Fedez. La loro pochezza umana e morale. Il cinismo tipico di questa figura del tutto finta e tossica dell'influencer.
In positivo :
Aver partecipato alla poderosa reazione delle piazze italiane in tema di parità di genere e lotta agli schemi del Patriarcato, in occasione della giornata del 25 novembre, proprio per fare rumore e per smentire la passività a cui ci vorrebbero condannare questi nostri governanti inadeguati.
In negativo:
Il persistere di ben due violentissimi conflitti contrassegnati da intollerabili crimini di guerra rimette in discussione tutta la storia europea e gli ultimi 70 di pace dei paesi occidentali.
In negativo:
La conferma in questo ultimo anno, degli effetti catastrofici del Cambiamento climatico, che non è più solo un dibattito della Comunità scientifica, ma un evento concreto, materiale, che ora tocca gli interessi economici e direttamente la vita delle persone.
Nelle alluvioni di maggio della Romagna e in quella della Toscana, abbiamo tutti preso coscienza, di cosa sia l'effetto di una Natura fuori controllo. Finalmente, comprendiamo che ciò che si ostinava a ripetere in ogni ambito, Greta Tumberg e cioè che "NON C'È PIÙ TEMPO", non era un semplice slogan, ma una drammatica verità.
I Gretini veri erano dunque i vari Nicola Porro, Vittorio Feltri, Giuseppe Cruciani e Belpietro con il loro arrogante negazionismo.
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AUGURI A TUTTI PER UN 2024 PIÙ SERENO E PIÙ COSTRUTTIVO.
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Storia e interpretazioni del Carnevale
Storia e interpretazioni del Carnevale Storia e interpretazioni del Carnevale. Le date del Carnevale cambiano ogni anno, essendo una festa mobile e sono diverse tra rito ambrosiano e romano. Quest’anno, ovvero il 2024, il periodo del Carnevale inizia il 28 gennaio e finisce il 13 febbraio, cosiddetto Martedì Grasso: la domenica di Carnevale è l’11 febbraio. La quaresima viene dopo il carnevale per ricordarci che siamo polvere e non coriandoli. Franco Lissandrin A carnevale tutto il mondo è giovane, anche i vecchi. A carnevale tutto il mondo è bello, anche i brutti. Nicolaï Evreïnov San Valentino e Carnevale cadono nello stesso mese. Trovo stupido mettere così vicino due feste di maschere. Francesco D’Antonio A Carnevale ogni scherzo vale, ma che sia uno scherzo che sa di sale. Proverbio Odio il Carnevale. Ci provi con una principessa Disney e ti ritrovi a letto con un camionista di Brembate. Anonimo Avete fatto caso che l'ultima domenica di carnevale i cimiteri sono un mortorio? Totò Il termine deriverebbe dal latino "carnem levare" (eliminare la carne), poiché indicava il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di Carnevale (Martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima. In alternativa si è ipotizzato che il termine possa invece aver tratto origine dall'espressione latina carne levamen (avente l'analogo significato di "eliminazione della carne"), oppure dalla parola carnualia ("giochi campagnoli") o ancora dalla locuzione carrus navalis ("nave su ruote", quale esempio di carro carnevalesco) se non addirittura da currus navalis ("corteo navale"), usanza di origine pagana e occasionalmente sopravvissuta fino al XVIII secolo tra i festeggiamenti del periodo. Le prime testimonianze dell'uso del vocabolo "carnevale" (detto anche "carnevalo") vengono dai testi del giullare Matazone da Caligano alla fine del XIII secolo e del novelliere Giovanni Sercambi verso il 1400.
Saturnalia Romani I festeggiamenti maggiori avvengono il Giovedì grasso e il Martedì grasso, ossia l'ultimo giovedì e l'ultimo martedì prima dell'inizio della Quaresima. In particolare il Martedì grasso è il giorno di chiusura dei festeggiamenti carnevaleschi, dato che la Quaresima nel rito romano inizia con il Mercoledì delle ceneri e si festeggia da Venezia a Rio De Janeiro, tra maschere, travestimenti, dolci e scherzi. Una piccola differenza è rappresentata dal Carnevale ambrosiano, la cui durata - finisce infatti con il «sabato grasso», quattro giorni dopo rispetto al tradizionale «martedì» («il martedì grasso» è il giorno che precede la Quaresima e la tradizione vuole che nella giornata si consumino i dolci fatti in casa, in vista del periodo di digiuno che seguirà) - sembra risalire a un pellegrinaggio del vescovo Ambrogio che aveva annunciato il suo ritorno «in tempo per celebrare con i milanesi le ceneri». La popolazione posticipò il rito alla domenica successiva per aspettarlo. È nel Medioevo che ritroviamo molti aspetti della festa attuale. Il Carnevale italiano si distingue per le sue maschere regionali e tradizionali, ognuna con le proprie caratteristiche: da Arlecchino a Pulcinella. E ogni regione ha anche i propri dolci tipici e tradizionali, come le chiacchiere, conosciute anche come frappe o bugie. L’Italia vanta la presenza di alcuni dei Carnevali più belli e famosi del mondo: Venezia, Viareggio, Putignano, Ivrea e altri. Una curiosità? Uno dei simboli del Carnevale sono, assieme alle stelle filanti, i coriandoli di carta che nacquero nel 1875 da un’idea dell’ingegnere Enrico Mangili di Crescenzago (Milano). L’ingegnere li realizzò a partire dalle carte traforate usate per l’allevamento dei bachi da seta. Un’invenzione contesa con un altro ingegnere di Trieste, Ettore Fenderlche, che nel 1876 ritagliò dei triangolini di carta. Il carnevale è una festa mobile che si celebra nei paesi di tradizione cristiana e in particolare in quelli di rito cattolico: i festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche parate in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi, in particolare, l'elemento distintivo e caratterizzante è l'uso del mascheramento. I caratteri della celebrazione del carnevale hanno origini in festività molto antiche, come per esempio le antesterie, che erano delle feste celebrate in onore di Dioniso, in ambiente ionico-attico, che avevano a che fare direttamente col piacere del vino e con il "fiorire primaverile". Questi giorni di festa cadevano infatti nel mese di Antesterione (a cavallo fra febbraio e marzo) con l'avvicinarsi della primavera . Ad Atene venivano chiamate "antiche Dionisie" per distinguerle dalle "grandi Dionisie" più recenti e introdotte infatti da Pisistrato nel VI secolo a.C.) o i saturnali romani, una delle più diffuse e popolari feste religiose di Roma antica, che si celebrava ogni anno, dal 17 al 23 dicembre, in onore di Saturno, antico dio romano della seminagione. Durante le feste dionisiache e saturnali si realizzava un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza.
Festa dei pazzi nel medioevo Da un punto di vista storico e religioso il carnevale rappresentò, dunque, un periodo di festa ma soprattutto di rinnovamento simbolico, durante il quale il caos sostituiva l'ordine costituito, che però una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva nuovo o rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all'inizio del carnevale seguente. Il ciclo preso in considerazione è, in pratica, quello dell'anno solare. Nel mondo antico, romano, la festa in onore della dea egizia Iside, importata anche nell'impero Romano, comporta la presenza di gruppi mascherati, come attesta lo scrittore Lucio Apuleio nelle Metamorfosi (libro XI). Presso i Romani la fine del vecchio anno era rappresentata da un uomo coperto di pelli di capra, portato in processione, colpito con bacchette e chiamato Mamurio Veturio. (Un rito simile avveniva nelle Lupercalia che erano un festival della fertilità dedicato a Fauno, il dio romano dell'agricoltura, nonché ai fondatori romani Romolo e Remo. Vedi la Storia di San Valentino per leggere come si svolgeva esattamente il rituale) Durante le antesterie passava il carro di colui che doveva restaurare il cosmo dopo il ritorno al caos primordiale e più o meno la stessa celebrazione avveniva già in Babilonia, quando poco dopo l'equinozio primaverile veniva appunto riattualizzato il processo originario di fondazione del cosmo, descritto miticamente dalla lotta del dio salvatore Marduk con il drago Tiamat che si concludeva con la vittoria del primo. Il noto storico delle religioni Mircea Eliade scrive nel saggio Il Mito dell'Eterno Ritorno: "Ogni Nuovo Anno è una ripresa del tempo al suo inizio, cioè una ripetizione della cosmogonia. I combattimenti rituali fra due gruppi di figuranti, la presenza dei morti, i saturnali e le orge, sono elementi che denotano che alla fine dell'anno e nell'attesa del Nuovo Anno si ripetono i momenti mitici del passaggio dal Caos alla Cosmogonia". In seguito Eliade afferma che "allora i morti potranno ritornare, poiché tutte le barriere tra morti e vivi sono rotte e ritorneranno giacché in questo momento paradossale il tempo sarà annullato ed essi potranno di nuovo essere contemporanei dei vivi". Le cerimonie carnevalesche, diffuse presso i popoli Indoeuropei, mesopotamici, nonché di altre civiltà, hanno perciò anche una valenza purificatoria e dimostrano il "bisogno profondo di rigenerarsi periodicamente abolendo il tempo trascorso e riattualizzando la cosmogonia". Eliade scrive anche che "l'orgia è anch'essa una regressione nell’oscuro, una restaurazione del caos primordiale; in quanto tale, precede ogni creazione, ogni manifestazione di forme organizzate". L'autore aggiunge poi che "sul livello cosmologico l'orgia corrisponde al Caos o alla pienezza finale; nella prospettiva temporale, l'orgia corrisponde al Grande Tempo, all'istante eterno, alla non - durata. La presenza dell'orgia nei cerimoniali che segnano divisioni periodiche del tempo tradisce una volontà di abolizione integrale del passato mediante l'abolizione della Creazione. Il carnevale si inquadra quindi in un ciclico dinamismo di significato mitico: è la circolazione degli spiriti tra cielo, terra e inferi. Il Carnevale riconduce a una dimensione metafisica che riguarda l'uomo e il suo destino. In primavera, quando la terra comincia a manifestare la propria energia, il Carnevale segna un passaggio aperto tra gli inferi e la terra abitata dai vivi. Le anime, per non diventare pericolose, devono essere onorate e per questo si prestano loro dei corpi provvisori: essi sono le maschere che hanno quindi spesso un significato apotropaico, in quanto chi le indossa assume le caratteristiche dell'essere "soprannaturale " rappresentato.
Maschere della commedia dell'arte italiana Le maschere che incarnano gli antenati, le anime dei morti che visitano cerimonialmente i vivi, sono anche il segno che le frontiere sono state annientate e sostituite in seguito alla confusione di tutte le modalità. La confusione delle forme è illustrata dallo sconvolgimento delle condizioni sociali (nei Saturnali lo schiavo è promosso padrone, il padrone serve gli schiavi; in Mesopotamia si deponeva e si umiliava il re, ecc.), dalla sospensione di tutte le norme, ecc. Lo scatenarsi della licenza, la violazione di tutti i divieti, la coincidenza di tutti i contrari, ad altro non mirano che alla dissoluzione del mondo, affinché possa in seguito essere rigenerato e ricreato. L'antica tradizione del carnevale si è mantenuta anche dopo l'avvento del Cristianesimo: anche a Roma stessa, capitale del Cristianesimo, la maggiore festa pubblica tradizionale è stata il Carnevale Romano fino alla sua soppressione negli anni successivi all'Unità d'Italia. A Firenze i Medici organizzavano grandi mascherate su carri chiamate "trionfi" e accompagnate da canti carnascialeschi, cioè canzoni a ballo di cui anche Lorenzo il Magnifico fu autore. Celebre è Il trionfo di Bacco e Arianna scritto proprio dal Magnifico. Nella Roma del regno pontificio si svolgevano invece la corsa dei barberi (cavalli da corsa) e la "gara dei moccoletti" accesi che i partecipanti cercavano di spegnersi reciprocamente. Nella storia dell'arte invece, una famosa opera pittorica è la Lotta tra Carnevale e Quaresima del pittore olandese Pieter Bruegel il Vecchio. Personaggi mascherati del carnevale veneziano sono presenti in vari dipinti del Settecento veneziano di Canaletto, Francesco Guardi e negli interni di Pietro Longhi. Il Carnevale non termina ovunque il Martedì grasso: fanno eccezione il Carnevale di Viareggio, il Carnevale di Ovodda, il carnevale di Poggio Mirteto, il Carnevale di Bientina, il carnevale di Borgosesia e il Carnevalone di Chivasso. Anche il Carnevale di Foiano della Chiana termina la domenica dopo le Ceneri. In diversi Carnevali il martedì grasso si rappresenta, spesso con un falò, la "morte di Carnevale". Secondo lo studioso Michail Bachtin, che trattò del carnevale nel suo testo - L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale. - "Il carnevale, in opposizione alla festa ufficiale, era il trionfo di una sorta di liberazione temporanea dalla verità dominante e dal regime esistente, l’abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle regole e dei tabù... Era l’autentica festa del tempo, del divenire, degli avvicendamenti e del rinnovamento. Si opponeva a ogni perpetuazione, a ogni carattere definitivo e a ogni fine. Volgeva il suo sguardo all’avvenire incompiuto... Tutte queste forme di riti e spettacoli organizzati in modo comico erano molto diffuse in tutti i paesi dell’Europa medievale, ma si distinguevano per la loro ricchezza e la loro complessità nei paesi di cultura romanza, e in particolare in Francia .
Carnevale di Viareggio Tutte queste forme, organizzate sul principio del riso, presentavano una differenza estremamente netta, di principio si potrebbe dire, rispetto alle forme di culto e alle cerimonie ufficiali serie della chiesa e dello stato feudale... Esse rivelavano un aspetto completamente diverso del mondo, dell’uomo e dei rapporti umani, marcatamente non ufficiale, esterno alla Chiesa e allo Stato; sembravano aver edificato accanto al mondo ufficiale un secondo mondo e una seconda vita, di cui erano partecipi, in misura più o meno grande, tutti gli uomini del Medioevo, e in cui essi vivevano in corrispondenza con alcune date particolari. Tutto ciò aveva creato un particolare dualismo del mondo, e non sarebbe possibile comprendere né la coscienza culturale del Medioevo, né la cultura del Rinascimento senza tenere in considerazione questo dualismo. L’ignorare o il sottovalutare il riso popolare del Medioevo porta a snaturare il quadro di tutta l’evoluzione storica della cultura europea nei secoli seguenti . Un significato del tutto particolare aveva l’abolizione di tutti i rapporti gerarchici. In effetti, durante le feste ufficiali le differenze gerarchiche erano mostrate in modo evidente: in esse bisognava apparire con tutte le insegne del proprio titolo, grado e stato, e occupare il posto assegnato al proprio rango. La festa consacrava l’ineguaglianza. Al contrario, nel carnevale tutti erano considerati uguali, e nella piazza carnevalesca regnava la forma particolare del contatto familiare e libero fra le persone, separate nella vita normale – non carnevalesca – dalle barriere insormontabili della loro condizione, dei loro beni, del loro lavoro, della loro età e della loro situazione familiare. Concludendo possiamo dire che sin dall'antichità, come dimostrano appunto i Saturnali romani, la festa dei pazzi nel Medioevo e via dicendo, il Carnevale ha dunque sempre rappresentato un'esperienza fondamentalmente collettiva, è il momento del riso, della trasgressione, della satira e della parodia, dell'esaltazione, insomma, del "mondo alla rovescia", con la connessa contestazione dei rapporti gerarchici. La festa carnevalesca, con il suo spirito eversivo, ha influenzato profondamente, secondo Bachtin, alcuni generi letterari comico realistici soprattutto attraverso il linguaggio: un linguaggio radicalmente antiletterario, familiare, plebeo, "di piazza", realistico sino all'oscenità, corposo e instintuale, gioioso e vitalistico. Massima espressione dello spirito e della lingua carnevaleschi è appunto Rablais, a cui Bachtin ha dedicato uno studio veramente ponderoso; ma le radici antropologiche e culturali dello scrittore francese affondano in un "humus" antichissima: dalla novellistica milesia alla satira, dalla commedia al romanzo d'avventura e picaresco elementi del modo carnevalesco sostanziano i più diversi generi letterari, spesso in ironica e parodica dialettica con i generi più formalmente considerati seri. Puoi anche leggere i seguente posts con aforismi e citazioni sul Carnevale: Citazioni e aforismi sul carnevale Citazioni spiritose sul carnevale https://www.youtube.com/watch?v=q6sHx8dl1S8 https://www.youtube.com/watch?v=fw6E00OL_aQ Aforismi per argomento Aforismi per autore Pensieri e riflessioni Read the full article
#Bachtin#Carnevale#Dioniso#feste#interpretazioni#medioevo#mondo#pazzia#riso#rovesciato#Saturnali#storia
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ANTONIO GRAMSCI, L'Avanti, 1 Gennaio 1916.
Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno. Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un'azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.
Dicono che la cronologia è l'ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch'essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell'età moderna.
E sono diventati così invadenti e così fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l'umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Così la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa il film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.
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Siamo nel periodo ellenistico della nostra civiltà, immersi nel lungo sogno dell'universalità dei nostri principi, con la minaccia incombente dei barbari alle porte e i segni premonitori di un nuovo medioevo.
"Ellenismo è circondare appositamente l'uomo di suppellettili invece che di oggetti qualsiasi, trasformare questi ultimi in arredo, umanizzare il mondo circostante, infondergli un sottile tepore teleologico. Ellenismo è la stufa accanto alla quale un uomo sta seduto e gode del caldo che emana, così affine al calore che ha dentro." (Osip Ėmil'evič Mandel'štam)
Sul rassicurante calore delle stufe ci è già stato dato l'avviso, ci portiamo ancora appresso le nostre suppellettili giusto perché sono gli ultimi feticci di una fede ormai delusa nel progresso, resilienti per non dire sconfitti. Non è necessario che sopravviva un certo ordine mondiale, come le banche, le civiltà, anche le più progredite, sono progettate per fallire. Dire addio alla democrazia non sarà così duro visto che abbiamo già cominciato a farne a meno, dico la democrazia come sogno di un coinvolgimento universale del popolo, il cui parere è sempre più eterodiretto o addirittura scavalcato quando si trova in conflitto con le improrogabili necessità del patto contabile che lega i cittadini. Ci troviamo immersi in una rete di improrogabili necessità, l'illusione di essere liberi ormai inculcataci per persuasione, ma dice che bisogna accontentarsi, che il nostro è il migliore dei mondi possibili, più di questo non si può avere, altrimenti arriva l'uomo nero. Come sempre sarà la storia a svegliarci dal nostro sogno mesto e bagnato.
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