#Francesco Chierici
Explore tagged Tumblr posts
Text
Battistero, il suo ponte e la sua fonte battesimale
Anche il Battistero, è provato da antiche testimonianze, aveva un percorso aereo che lo collegava alla canonica e al palazzo vescovile, per motivi di comodità, ma in modo particolare di sicurezza. Erano tempi difficili e questi passaggi, lontani dai rischi delle strade e dei tumulti, erano all'ordine del giorno. Esempi più conosciuti di questa pratica erano le torri, tra le quali, attraverso un ingegnoso sistema di travi ed assi di legno, venivano creati dei veri e propri corridoi aerei per potersi spostare agevolmente dall’una all’altra senza offrire possibilità di accesso ai nemici. Esisteva in pratica una "rete viaria" alternativa e intricata, sospesa fra cielo e terra. La passerella del Battistero permetteva al vescovo, ai prelati e ai chierici di entrare dalla finestra-porticciola nel lato nord adiacente all'abside, di scendere al matroneo e da lì arrivare al piano dell'edificio sacro.
Nel centro del Battistero c'era il fonte ottagonale, con al centro una vasca quadrata, che fu distrutto nel 1576 a causa dei lavori di rinnovamento ordinati per il solenne battesimo di Don Filippo de' Medici, primogenito del granduca Francesco I.
Il fonte romanico del "bel San Giovanni" era quello descritto da Dante Alighieri e se si scende nei sotterranei del Battistero, se ne possono ancora vedere alcuni resti. Nel 1912-15 gli scavi effettuati riportarono alla luce il massiccio muro di fondazione e i condotti dell'acqua, di cui uno serviva per riempire la vasca e l'altro per svuotarla. Il primo - "un canale di piombo" - era in comunicazione con la doccia del tetto, "sicché la vasca veniva alimentata dalle pure acque piovane". L'altro era "un condotto in terracotta protetta da una custodia di pietre commesse a calcina". In queste arcaiche "tubature" ogni anno passarono enormi quantità d'acqua, fino a quando nella vasca fu praticato il battesimo per immersione.
Nel corso del Duecento, però, si andò affermando il rito "per infusione". È possibile, quindi, che già allora nella vasca asciutta fossero posti i "battezzatòri", cioè le anfore che contenevano lo stretto necessario per le cerimonie.
Gabriella Bazzani Madonna delle Cerimonie Read the full article
0 notes
Text
Spagna, Argentina, Germania e Regno Unito: la crisi degli abusi sessuali
Nel Regno Unito, uno studio rivela la gravità della crisi degli abusi sessuali da parte dei chierici, mentre i dati dell’America Latina mostrano l’erosione della leadership di Papa Francesco. Di Rodolfo Soriano-Núñez Venerdì 11 ottobre, nonostante una crisi interna alla sua amministrazione, Pedro Sánchez , presidente del governo del Regno di Spagna, ha trascorso un soggiorno a Roma…
#abusi sessuali#accusati#America Latina#argentina#autori#brasile#Buenos Aires#canada#casi#Chiesa cattolica#Cile#colombia#conseguenze#germania#governo#incontri#indagini#informazioni#Latina#minori#mondo#notizie#Omosessuali#opus dei#Papa
0 notes
Video
Chi è monsignor Viganò accusato di scisma contro papa Francesco Roma, 20 giugno 2024 – Monsignor Carlo Viganò è accusato di scisma. Per questo è stato convocato dalla Dottrina della Fede. Accuse di scisma che derivano dalle posizioni di Viganò su Papa Francesco e il concilio Vaticano II. “L’accusa nei miei confronti riguarda la messa in discussione della legittimità di Jorge Mario Bergoglio e il rifiuto del Vaticano II: il Concilio rappresenta il cancro ideologico, teologico, morale e liturgico di cui la bergogliana 'chiesa sinodale' è necessaria metastasi", ha detto monsignor Viganò. Ma chi è Carlo Viganò? Le origini Nato a Varese il 16 gennaio del 1941, monsignor Viganò inizia una carriera ecclesiastica che lo porterà ad essere nunzio apostolico degli Stati Uniti. Ordinato presbitero il 24 marzo 1968, nel 1989 viene nominato Osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa. Il 3 aprile 1992 viene nominato nunzio apostolico in Nigeria e arcivescovo Ulpiana da papa Giovanni Paolo II. Il 26 aprile seguente riceve l'ordinazione episcopale, nella basilica di San Pietro in Vaticano, per imposizioni delle mani dello stesso pontefice, coconsacranti i cardinali Franciszek Macharski e Angelo Sodano. La carriera Il 4 aprile 1998 è nominato delegato per le Rappresentanze pontificie nella Segreteria di Stato della Santa Sede. Il 16 luglio 2009 viene trasferito all'ufficio di segretario del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, presieduto dal cardinale Giovanni Lajolo. La sua gestione economica viene però messa sotto la lente e il 19 ottobre 2011 è nominato nunzio apostolico negli Stati Uniti d'America. Ruolo che ricoprirà fino al 12 aprile 2016, quando, dopo aver presentato le dimissioni come prescritto al compimento dei 75 anni, viene annunciata la nomina del suo successore. Le accuse a Bergoglio È diventato famoso proprio con la sua opposizione a Papa Francesco fino ad arrivare a chiederne le simissioni nel 2018. Per lui, Bergoglio è “dalla parte del Nemico”, ovvero Satana. Durante la pandemia do Covid ha abbracciato le idee no-vax e dei complottisti della teoria del “great Reset”, lanciata dal gruppo di estrema destra americano, vicino a Donald Trump, QAnon. Proprio durante il Covid ha sostenuto le teorie della “dittatura sanitaria” organizzata dalle “élite mondiali”. Lo scorso dicembre, quando il Vaticano ha aperto alla benedizione delle coppie gay, Viganò ha accusato “i servi di Satana, a iniziare dall’usurpatore che siede sul soglio di Pietro”. Negli ultimi anni ha fondato un’associazione “Exsurge Domine”, entrando in un eremo vicino a Viterbo, quello della Palanzana, avendo come fine quello di farlo diventare un seminario tradizionalista dal nome “collegium traditionis” che potesse ospitare i “chierici e i religiosi fatti oggetto delle epurazioni bergogliane”.
1 note
·
View note
Text
"Lettere e scritti del Padre Luigi Tezza" alla Pontificia Università Lateranense Sarà presentato a Roma alla Pontificia ... #EmanueleMartinez #PadreLuigiTezza #PontificiaUniversitàLateranense https://agrpress.it/lettere-e-scritti-del-padre-luigi-tezza-alla-pontificia-universita-lateranense/?feed_id=5362&_unique_id=664c7381d7275
0 notes
Text
Turismo religioso, intesa per promozione santo patrono cuochi
Nella cripta di San Francesco Caracciolo la Fondazione Falconio e l’Ordine dei chierici regolari minori Caracciolini, hanno siglato un protocollo d’intesa che punterà ad incentivare il turismo religioso nei luoghi che furono di San Francesco Caracciolo. Saranno programmati eventi e giornate di studio storico-religioso a tema, tra cui l’organizzazione di un evento dedicato alla cucina…
View On WordPress
0 notes
Video
youtube
Il frullo del passero 1988 Ornella Muti Philippe Noiret
TONINO GUERRA
LUCIO DALLA - COLONNA SONORA PREMIATA
ROBERTO GIANNINI .... IL GIORNALISTA
ROMAGNA . DOPO LA MORTE DELL' AMANTE SILVANA CONOSCE GABRIELE, AMICO DEL MORTO CHE LE PROPONE DI MANTENERLA A PATTO DI ASCOLTARE TUTTE LE SUE STORIE D' AMORE GIOVANILI. LEI PROVA AD INNAMORARSI DI UN RAGAZZO CONOSCIUTO PER CASO, MA NON CI RIESCE PERCHE' CAPISCE DI ESSERE INNAMORATA DI GABRIELE CHE L' HA FATTA INNAMORERA' SENZA NEMMENO SFIORARLA, MA CON LE SUE BELLISSIME PAROLE
Gianfranco Mingozzi Sceneggiatura Roberto Roversi, Tonino Guerra e Gianfranco Mingozzi Distribuzione in italiano Medusa Distribuzione Fotografia Luigi Verga Montaggio Janette Kronegger e Alfredo Muschietti Musiche Lucio Dalla, Mauro Malavasi Scenografia Nello Giorgetti Costumi Lia Morandini Interpreti e personaggi Philippe Noiret: Gabriele Battistini Ornella Muti: Silvana Nicola Farron: il giovane Chiara Argelli: la moglie di Gabriele Claudine Auger: la vedova di Dino Sabrina Ferilli: la donna delle stelle Rosa Di Brigida: la donna del palco Myriam Axa: Eva Beppe Chierici: Il parroco Claudio Del Falco: Adamo Giuseppe Mauro Cruciano: Un figlio di Gabriele Claudio Rosini: L'altro figlio di Gabriele Roberto Giannini: Il giornalista Bruno Rosa: Dino Doppiatori italiani Riccardo Cucciolla: Gabriele Battistini
❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️ ❤️❤️
#gustavopetro #colombia #DONALDTRUMP #TRUMP #BOLSONARO #DORIGHEZZI #STRISCIALANOTIZIA #FRANCESCO #RUTELLI #PROPAGANDALIVE #ELUANA #ENGLARO #ELUANAENGLARO #CRISTIANODEANDRE #twitter #facebook #skyrock #linkedin #instagram #okru #tiktok
0 notes
Text
Le Due Bari 2023, tutti gli appuntamenti fino al 27 agosto
Le Due Bari 2023, tutti gli appuntamenti fino al 27 agosto. Nell’ambito del cartellone di Le due Bari 2023, promosso dall’assessorato comunale alle Culture per la realizzazione di attività di spettacolo dal vivo nelle aree periferiche della città e finanziato per € 553.911 dalla Direzione generale Spettacolo del MiC e per € 960.074 a valere sulle risorse POC Metro, per un importo complessivo di € 1.513.985, si segnalano gli appuntamenti in programma da oggi fino a domenica 27 agosto. Per questa seconda edizione della manifestazione sono 356 gli eventi in programma, tutti gratuiti, che spaziano tra concerti, spettacoli, danza, teatro e arti circensi, accompagnati da laboratori tematici che precedono gli appuntamenti in tutti i quartieri della città, con una particolare attenzione alle zone periferiche. Per conoscere l’intero programma aggiornato https://www.leduebari.it/programma-2023/. Giovedì 24 agosto: ore 17 Sede della Grande Orchestra di fiati Enrico Annoscia Laboratorio “Canto popolare” a cura di Maria Giaquinto Abusuan Ets ore 18 Chiesa Madre Parrocchia - Carbonara Laboratorio “Rapporto tra la canzone e l’arte comica brillante” a cura di Antonella Genga Abusuan Ets ore 19 Arena della Pace Laboratorio “Lezioni di tango workshop” Associazione Al Nour ore 21 Arena della Pace Spettacolo “Amor y Tangos - de la vieja a la nueva guardia” Associazione Al Nour ore 21 Piazza Umberto - Carbonara Spettacolo di Uccio De Santis Abusuan Ets ore 22.30 Arena della Pace “Milonga bajo las estrellas” Associazione Al Nour Venerdì 25 agosto: ore 19 Waterfront San Girolamo Spettacolo “Danza al tramonto” Breathing Art Company, Oltredanza, M. Dalila Tapia, Coljam, La Verita Associazione culturale Breathing Art Company ore 20.30 Piazza dei Mille - Santo Spirito Spettacolo “Concerto Alti e Bassi”, musica jazz a cappella Alti e Bassi Associazione culturale Mezzotono ore 21 Arena della Pace Concerti “Radicanto & Ginevra di Marco e Rosapaeda” Abusuan Ets ore 21 Scuola Duse - San Girolamo Spettacolo “Cabaret: A Crepapelle” di Artemisia Teatro Associazione culturale Resextensa ore 21.30 Piazza dei Mille - Santo Spirito Spettacolo “Concerto iNtrmzzo” comedy e pop internazionale a cappella iNtrmzzo Associazione culturale Mezzotono ore 21 Waterfront San Girolamo Spettacolo “Concerto di Elina Duni & Rob Luft” Bass Culture s.r.l. Sabato 26 agosto ore 21 Waterfront San Girolamo Spettacolo “Concerto di Enzo Avitabile e i Bottari del Portico” Enzo Avitabile, I Bottari del Porto Bass Culture s.r.l. Domenica 27 agosto: ore 10.30 Laboratorio “Linguaggi contaminati dalla danza contemporanea al flamenco” Asd Ballerini M. Dalila Tapia, Coljam, La Verita Associazione culturale Breathing Art Company ore 18 Teatro Abeliano Spettacolo “Orchestra Conductors” Pino Di Buduo, Compagnia Potclach Centro polivalente di cultura Gruppo Abeliano ore 19.30 Cattedrale di Bari Laboratorio “L’ascolto di brani musicali con testi popolari può rendere agevole l’estrazione di contenuti artistico-lette- rari, l’approccio alla metrica e al ritmo del linguaggio poetico” a cura dell’Associazione onlus Mondo Antico e Tempi Moderni Associazione Eurorchestra da Camera di Bari ore 20.30 Arena della Pace Spettacolo “Concerto Mezzotono” Associazione culturale Mezzotono ore 21 Parco Princigalli Spettacolo “Galà internazionale di danza” Breathing Art Company, Oltredanza, M. Dalila Tapia, Coljam, La Verita Associazione culturale Breathing Art Company ore 21 Cattedrale di Bari Spettacolo “Dinastie, Musici Chierici and friends: i Tritto e gli Abati della Cattedrale di Bari, Logroscino e De Rossi” con Angela Cuoccio, Rosa Angela Alberga, Marzia Saba Rizzi, Gianni Leccese, Jasmine Ungaro, Giuseppe Naviglio, Antonio Marzano, Lidia Cuccovillo, Francesco Lentini Associazione Eurorchestra da Camera di Bari ore 21 Waterfront San Girolamo Spettacolo “Concerto di Raiz & Radicanto” Bass Culture s.r.l. ore 21.30 Arena della Pace Spettacolo “Opus Jam” Motown e musica francese a cappella Opus Jam Associazione culturale Mezzotono.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
Text
L'esperta di diritti umani Hanna Hopko: "L’Occidente sanzioni il patriarca Kirill"
di Hanna Hopko
Di recente, ho accompagnato una delegazione di attivisti a Washington per informare i membri del Congresso delle atrocità commesse dalla Russia in Ucraina. Parlando con la speaker Nancy Pelosi, abbiamo visto che teneva in mano dei rosari che le erano stati dati da un prete ucraino. Abbiamo colto l'occasione per suggerirle una mossa schietta, ma necessaria: sanzionare il leader della Chiesa ortodossa russa.
Alcuni potrebbero considerare l'idea di prendere di mira i leader religiosi come una trasgressione che va oltre la politica. Ma il patriarca Kirill, o per usare il suo nome secolare Vladimir Mikhailovich Gundyaev, è ben lontano dall'essere un servitore di Dio: è diventato il braccio guerrafondaio dei crimini di guerra commessi dal Cremlino in Ucraina. Il leader settantenne ha definita l'"operazione militare speciale nel Donbass" di Mosca (il termine ufficiale orwelliano per la sua campagna omicida in tutto il Paese) giustificata e persino santa e dichiarò che la vittoria alle elezioni del 2012 di Vladimir Putin era "un miracolo di Dio". In poche parole, è uno dei politici di più alto rango del Paese.
Il 10 aprile, Gundyaev ha invitato i suoi seguaci ad assistere le autorità per aiutare a respingere i nemici, esterni e interni. Inoltre, in un sermone del 6 marzo, ha descritto la guerra come parte di una battaglia metafisica tra apparenti valori tradizionali orientali e decadenza e immoralità occidentali. Secondo Gundyaev, stupri, omicidi e saccheggi inflitti ai civili ucraini disarmati sono giustificati, perché una volta all'anno si tiene il gay pride a Kiev. Ha anche affermato che è "verità di Dio" che Russia e Ucraina condividano un'eredità nazionale e spirituale, facendo un chiaro riferimento alle convinzioni di Putin secondo cui l'Ucraina non è una nazione sovrana.
La società russa non sta solo credendo alla storia favorevole alla guerra contro un mitico "governo nazista" a Kiev, ma sta diventando assetata di sangue contro tutti gli ucraini. In un discorso sconvolgente, poco prima dell'invasione, Putin ha definito l'Ucraina "una parte inalienabile della nostra storia, della cultura e dello spazio spirituale". Il Cremlino incanala questo messaggio attraverso Gundyaev e altri sacerdoti che hanno benedetto missili diretti in Crimea e in Siria, per rendere tutta la società russa complice dei loro crimini di guerra.
Gundyaev non dovrebbe essere autorizzato a viaggiare liberamente per diffondere il messaggio di odio del Cremlino. I suoi beni, che i giornalisti russi ed internazionali ritengono siano stati depositati in banche e sperperati in attività all'estero, dovrebbero essere esaminati e sequestrati. In qualità di capo cheerleader del regime russo, è inaccettabile che fino ad oggi sia sfuggito alle sanzioni. Americani ed europei dovrebbero valutare bene se vogliono continuare a consentire agli uffici della Chiesa ortodossa russa, a lungo utilizzati come base per spie e attività sovversive, di operare nel loro territorio.
È una coincidenza che il nuovo Stato membro della Nato, il Montenegro, abbia assistito a crescenti proteste di piazza e tensioni promosse dalla chiesa sostenuta da Mosca? Molti credono che ci sia una relazione tra chierici e servizi di intelligence che hanno resistito nel tempo. Questa non è solo una denuncia ucraina.
Nel 2019, il patriarca ecumenico Bartolomeo, capo della Chiesa ortodossa mondiale, ha riconosciuto la Chiesa ortodossa ucraina come indipendente dal patriarca di Mosca. Il 27 febbraio Bartolomeo ha condannato la guerra di Putin definendola una "violazione dei diritti umani" e una "violenza brutale contro i nostri simili". Il 16 marzo papa Francesco ha ammonito la retorica bellicosa di Gundyaev dicendo: "Una volta anche nelle nostre chiese si parlava di guerra santa o di guerra giusta, ma oggi non si può più parlare così". La moderna chiesa ortodossa russa funge da agenzia di comunicazione per il regime di Putin, vendendo ai fedeli l'assalto di Mosca all'Ucraina come strumento di soft power. Chiesa e stato vanno di pari passo, e spesso anche gli oligarchi. Nel gennaio 2014, Gundyaev era accompagnato da Konstantin Malofeyev, un alleato di Putin ultra-conservatore e fondatore di Tsargrad Tv, una stazione televisiva ortodossa. Malofeyev disse a un giornalista: "Era una preghiera di tutto il popolo: che Sebastopoli tornasse a far parte della Russia. Il volere di Dio". Il dipartimento di Giustizia ha ora incriminato Malofeyev per violazione delle sanzioni in relazione al finanziamento del separatismo in Crimea.
In epoca sovietica, innumerevoli chiese furono distrutte e decine di migliaia di sacerdoti giustiziati. Oggi, le forze russe bombardano le nostre chiese e uccidono i nostri sacerdoti. Lo scopo è distruggere la nostra identità, ma la nostra fede resta salda. Sicuramente molti ortodossi russi saranno disgustati dalle buffonate di Gundyaev, e in effetti, nelle ultime settimane, un gran numero di religiosi ha criticato apertamente la guerra russa. Ma l'Occidente deve inviare un segnale potente affinché chiunque faciliti le azioni senza Dio delle forze russe in Ucraina, compreso chi pretende di servire Dio, non rimanga impunito. Gundyaev è chiaramente un tirapiedi di Putin, pertanto il suo stile di vita e i suoi beni dovrebbero essere presi di mira.
6 notes
·
View notes
Photo
Scipione Rebiba, Cardinale-Presbitero di S. Pudenziana, Arcivescovo di Pisa.
Secondo lo studioso di genealogia episcopale Charles Bransom, è uno dei più antichi vescovi del quale si conoscano con certezza i dati sulle ordinazioni episcopali: più del 95% degli oltre 5200 vescovi viventi lo pongono al vertice della propria genealogia episcopale, inclusi papa Francesco e tutti i suoi predecessori ininterrottamente a partire da papa Clemente XI.
Nacque a San Marco, piccolo centro siciliano arroccato su una collina dei monti Nebrodi, a quel tempo facente parte dell'arcidiocesi di Messina, il 3 febbraio 1504 da Francesco e Antonia Lucia Filingeri. Intraprese gli studi giuridici a Palermo, conseguendo la laurea in utroque iure, e quelli teologici. Ricevette gli ordini minori e quelli maggiori negli anni 1524-1528, mentre era arcivescovo Giovanni Carandolet, e fu insignito di un beneficio nella chiesa di Santa Maria dei Miracoli di Palermo.
In seguito, intorno agli anni 1536-1537, si trasferì a Roma, venendo a contatto con la giovane congregazione dei Chierici Regolari, ed entrò al servizio del cardinal Gian Pietro Carafa, vescovo di Chieti e Protonotario Apostolico presso la Curia Romana. In rappresentanza del Carafa assunse il governo della diocesi di Chieti e da papa Paolo III, il 16 marzo 1541, fu nominato vescovo titolare di Amiclae e vicario generale della chiesa teatina.
Per una singolare circostanza il Rebiba si colloca all'origine della linea ascendente della successione apostolica della maggioranza dei vescovi della Chiesa cattolica. Coloro che hanno inteso ricostruire le genealogie episcopali dei romani pontefici e dei vescovi si sono tutti arrestati al Rebiba, oltre il quale, ad oggi, non è possibile risalire.
Vescovo titolare di Amicle(1541-1555)
Vescovo ausiliare di Chieti(1541-1555)
Vescovo di Mottola (1555-1556)
Cardinale presbitero di Santa Pudenziana (1556-1565)
Arcivescovo metropolita di Pisa (1556-1560)
Primate di Sardegna e Corsica (1556-1560)
Arcivescovo-vescovo di Troia (1560)
Camerlengo del Collegio Cardinalizio (1565-1567)
Cardinale presbitero di Sant'Anastasia (1565-1566)
Patriarca titolare di Costantinopoli (1565-1573)
Cardinale presbitero di Sant'Angelo in Pescheria(1566-1570)
Cardinale presbitero di Santa Maria in Trastevere(1570-1573)
Grande Inquisitore della Congregazione della Romana e Universale Inquisizione (1573-1577)
Cardinale vescovo di Albano (1573-1574)
Cardinale vescovo di Sabina (1574-1577)
2 notes
·
View notes
Text
A Pontelagoscuro si è conclusa la prima edizione del nuovo corso di Totem Art Festival, contesto virtuoso in cui il teatro si fa «strumento di evoluzione sia per lo spettatore che per l’attore».
Se la questione delle barriere economiche (American First di Trump) e patriottiche (l’Ungheria di Orban) è ormai tornata a essere assoluta protagonista nel dibattito pubblico e politico internazionale, il rapporto dell’arte con il territorio promosso da Teatro Nucleo suggerisce una possibile prospettiva ostinata e contraria e, con il Totem Art Festival, prova a sublimare nell’esperienza estetica un mondo senza barriere. Un mondo nel quale il teatro rappresenta un autentico linguaggio universale e, ribaltato il pessimismo pirandelliano, chiunque ha uguali diritti di cittadinanza e nessuno è clandestino.
Dopo cinque edizioni sostanzialmente riservate alle location del Teatro Julio Cortázar e del Parco Solomoni, il Totem si apre, infatti, alla contaminazione di ambienti di vita quotidiana per agirvi direttamente dall’interno, dalla Piazza Buozzi al cortile del Centro Civico, dalla casa priva di Carla (per sole donne) alle scuole Carmine della Sala (primaria) e Braghini Rossetti (dell’infanzia).
L’orizzonte dell’esperienza artistica e antropologica dei due giorni cui abbiamo assistito è quello emotivo e poetico di un’arte che prova a organizzare il vuoto (di risorse, di senso comunitario, di visione politica), che evita – per esempio – di indagarsi quale manifestazione sintomatica dell’estro fantasmatico di un artista e, così facendo, cerca di sfuggire a ogni compromesso riduzionista dell’atto spettacolare a oggetto di consumo per, quindi, riaffermare il perturbante legame che intreccia etica ed estetica – dimostrato da diversi progetti pedagogici, d’intrattenimento e di formazione e dall’aver eretto il contesto en plein air (tale può essere considerato anche lo spazio aperto del Teatro Cortázar) a luogo prioritario nel quale attuare il proprio desiderio di autenticità condivisa con il pubblico.
Non è più la tensione all’avanguardia o un anelito rivoluzionario a muovere la direttrice artistica Natasha Czertok, la cui intenzione appare muoversi in uno splendido ossimoro, la provocazione degli interessi pubblici nel privato. La Czertok, infatti, rivendica con orgogliosa lucidità le proprie radici nel Terzo Teatro, di chi «vive ai margini, spesso fuori o alla periferia dei centri e delle capitali della cultura» (Manifesto del Terzo Teatro, Eugenio Barba) e, allo stesso tempo, si pone in curiosa attesa e ascolto di ogni possibile germe di tensione e rinnovamento, di ricerca di un’arte performativa concepita quale momento di incontro con una precisa comunità storico-sociale, quella di Pontelagoscuro, scampolo di confine tra Emilia e Veneto, terra non lontana dalla Lombardia, nonché ambiente affine – almeno idealmente dopo le migrazioni degli anni ’50 – alle Marche, dunque stabile perché radicata, ma anche hic et nunc perché di passaggio e attraversamento.
Tre giorni di eventi, tra laboratori, performance urbane, spettacoli di circo, danza e teatro. E poi, una mostra fotografica (Oggi so di Francesca Marra), «giochi antichi al giardino della scuola dell’infanzia Braghini Rossetti», un mercatino in piazza, un «progetto di poster art ispirato agli spettacoli dell’edizione 2018». Se, di certo, non bastano i numeri a sintetizzare la portata dell’ambizioso tentativo operato da Teatro Nucleo di «attivare» una trasformazione del e nel borgo di Pontelagoscuro, altrettanto sicuramente (i numeri) rendono l’idea dello sforzo messo in atto dalla «compagnia di origine argentina che da più di 40 anni opera sul territorio estense» (fondata nel 1974 a Buenos Aires da Horacio Czertok e Cora Herrendorf, nel 1978 venne trasferita a Ferrara in seguito alla repressione di Videla) e della sua strenua volontà di crescita in stretta sinergia con le realtà associative locali (Comitato Vivere Insieme, Pro Loco, Biblioteca Bassani, Istituto Comprensivo Cosmè Tura, Cooperativa Il Germoglio, Associazione Un bel dì).
Sin con Salvatore Sciancalepore e Rocco Suma, nostro spettacolo di esordio al Totem Art, rappresenta splendidamente la portata narrativa del tango. Accompagnati da musiche più o meno celebri del genere (Por una cabeza di Carlos Gardel e Alfredo Le Pera, Tango to Evora di Loreena McKennitt, Misterienzo di Electrocutango), i due interpreti maschili cui Mario Coccetti affida la coreografia riescono a dissimulare con realismo la complessa verità di una relazione che, nata infuocata, va – tra passione e delusione, tra amore e freddezza – lentamente spegnendosi (nonostante alcuni passaggi risultino didascalici, sono opportunamente compensati da sfumature più ironiche).
È seguito, al cortile del Centro Civico, Shame in Italy, diritti? No, grazie, performance di Simona Argentieri ispirata «agli scandali nei settori tessile e calzaturiero che in Asia, Est Europa e nelle nostre regioni da nord a sud coinvolgono milioni di lavoratori, a cui sono negate dignità professionale e condizioni minime di sicurezza». Vestiti ammassati come rifiuti «da idolatrare a totem simbolico» e semplici movimenti coreografici se ne restituiscono l’idea di fondo, ossia quella del rischio, della standardizzazione, della miseria cui intere generazioni (sia di lavoratori, sia di cittadini) sono state consegnate da un’ansia di consumo tanto propria, quanto indotta, allo stesso solo in nuce lasciano apparire i contorni di una possibile soluzione (il riciclo differenziato).
Chiude questa prima giornata, all’interno dello stupefacente Teatro Cortázar, lo spettacolo Digito ergo sum della compagnia Gandomi-Lorenzetti, «atto unico tragicomico, nato dalla necessità di sensibilizzare il pubblico al tema dell’identità e delle dinamiche relazionali nell’epoca digitale», realizzato grazie al Premio Giovani Talenti Creativi 2016 del Comune di San Lazzaro (BO).
Scelto «grazie all’intenso lavoro della giuria composta da Teatro Nucleo, Manuela Rossetti (regista e storica del teatro), dal collettivo Altre Velocità di Bologna e dalla Giuria dei ragazzi composta da due classi delle scuole medie dell’Istituto Comprensivo Comsè Tura» (Selezione call Totem Arti Festival), lo spettacolo soffre tremendamente un’interpretazione sembrata, in realtà, arrangiata e un testo troppo piegato sul facile sarcasmo nei confronti di un fenomeno, la rivoluzione digitale, nei confronti del quale sarebbe opportuna ben altra analisi per offrirsi credibile.
La nostra ultima giornata ha visto in scena un ensemble misto di «professionisti di teatro, educatori esperti in ambito teatrale e persone con disabilità congenita fisica e cognitiva» con Il corpo traduce. Lodevole per la caratura disciplinante di sensibilità complesse da strutturare all’interno di una coreografia rigorosa come quella realizzata dal Gruppo Teatro Danza Fragile, siamo rimasti increduli dall’aver assistito a un allestimento declinato sull’occultamento della sensibilità dietro l’apparente normalità scenica in cui lo spettacolo si disvela. Una scomparsa che, se dal un lato depriva ingenuamente l’arte della propria connotazione espressiva, dall’altro tradisce l’assunzione di un anacronistico e pericoloso paradigma di integrazione e non di inclusione. Ossia di un’ottica normativa eterodiretta e, di conseguenza, incapace di sostenere l’idea che con la e nella disabilità possano affermarsi creativamente le differenze delle singole individualità, modalità esistenziali irriducibili a ogni astratto modello di appartenenza a categorie di abilità o disabilità. Il corpo traduce contraddice non solo le proprie nobili intenzioni nel fiume di parole, video e didascalie in cui si presenta, ma anche negando la possibilità che ogni persona possa contribuire a valorizzare e valorizzarsi attraverso le relazioni artistiche, sociali e di tutti i giorni e, quindi, di essere portatrice di una propria connaturata e originale dignità.
A far calare il sipario su questa sesta edizione del Totem Art Festival, Dialoghi con Trilussa di Teatro Potlach, sontuosa prova d’attrice di una Daniela Regnoli in stato di grazia nel gestire il corpo, la voce e lo spazio. Spettacolo in romanesco, Dialoghi con Trilussa ha convinto, in modo particolare, per la capacità di utilizzare la poesia tragicomica, satirica e dissacrante del maestro Trilussa per sbeffeggiare i potenti di un tempo (in taluni aspetti non così tanto diversi da quelli di oggi), oscillando tra ironia e malinconia, tra amore e tristezza con splendido equilibrio e ritmo sostenuto.
Provando a fare un bilancio dell’esperienza, rispetto all’imponenza delle premesse, non ogni singolo evento (almeno delle giornate di sabato e domenica) ha suonato all’unisono con la condivisibile impostazione di «individuare lavori che […] aiutassero a porre domande sul tema delle relazioni e ad approfondire la nostra indagine in tal senso».
Soprattutto il processo di «coinvolgimento del territorio […] attraverso la selezione degli artisti […] tramite la call Totem Arti Festival 2018» sembra ancora da affinare. Tuttavia l’impressione è che il complessivo progetto di «rigenerazione urbana, dell’apertura alla bellezza, del diritto/dovere alla cultura, della articolazione di una proposta culturale partecipata, in un’ottica di maggior coinvolgimento degli abitanti del territorio non solo per quanto concerne la fruizione culturale, ma anche in termini di audience engagement» non risulti inficiato dall’uscita dalle confortevoli braccia delle location abituali; e che tanto meno lo sia la sua audace proposta di «una partecipazione pratica della comunità alla progettazione e realizzazione di eventi/momenti socio-culturali capaci di significare, modificare e, talvolta, migliorare il contesto urbano in cui si agisce». Nella virtuosa convinzione che un’arte scevra delle proprie stesse sovrastrutture e grotowskianamente povera sia effettivamente in grado di provocare positivamente il rapporto dei cittadini col proprio ecosistema.
Dialoghi con Trilussa. Foto Di Giulia Paratelli
Il corpo traduce. Foto Di Daniele Mantovani
Gli eventi sono andati in scena all’interno di Totem Art Festival location varie, Pontelagoscuro 19, 24-25-26-27 maggio
Tutti i giorni INTERVENTI CREATIVI a cura di Silvia Meneghini e della classe I F della scuola media Ferruccio Mazza di Barco
dalle ore 19 alle ore 23 Teatro Julio Cortázar OGGI SO mostra fotografica di Francesca Marra
sabato 26 maggio IL BAULE IN PIAZZA Mercatino in collaborazione con la Proloco
ore 18:00 Giardino della Scuola Braghini Rossetti SIN Teatro fisico e danza contemporanea coreografia Mario Coccetti con Salvatore Sciancalepore e Rocco Suma produzione Associazione Culturale Cinqueminuti con il sostegno di De Micheli Festival e Teatro Due Mondi Compagnia Progetto S / CINQUEMINUTI – Reggio Emilia Selezione call Totem Arti Festival
ore 20:00 Cortile Centro Civico Pontelagoscuro SHAME IN ITALY, DIRITTI? NO, GRAZIE performance danza urbana di Simona Argentieri produzione Babel Crew
ore 21:30 Teatro Cortazar DIGITO ERGO SUM di e con Ulduz Ashraf Gandomi e Cecilia Lorenzetti voce Fabrizio Carbone regia Alessandra Tomassini aiuto regia Fabrizio Carbone Marta Sappa adattamento drammaturgico Camilla Mattiuzzo movimenti di scena Daniela Mariani sound designer Marianna Murgia lighting designer e locandina Daniela Gullo costumi Jone Filippi Elena Sueri video proiezioni Aras Ashraf Gandomi tecnico audio Fabio Vassallo progetto realizzato grazie al Premio Giovani Talenti Creativi 2016 del Comune di San Lazzaro (BO) Selezione call Totem Arti Festival
domenica 27 maggio IL BAULE IN PIAZZA Mercatino in collaborazione con la Proloco
ore 15:00 Wunderkammer BICICLETTATA COLLETTIVA in collaborazione con Fiab e con animazioni a cura di Andrea Zerbin
ore 17:00 Teatro Cortázar IL CORPO TRADUCE regia Cinzia Cervi aiuto regia Elena Bonfa’, Beatrice Ferrari, Adele Gazzotti con Chiara Atti, Giulia Barban, Francesco Chierici, Marco Chierici, Matteo Fusi, Massimo Peroli, Taryn Soriani e con Cinzia Cervi, Beatrice Ferrari, Adele Gazzotti, Chiara Scaglianti voce Sergio Fortini video Beatrice Ferrari testi di Fragile Teatro Danza
ore 21:30 Teatro Cortázar DIALOGHI CON TRILUSSA di Teatro Potlach con Daniela Regnoli regia Pino Di Buduo
Estetica dell’apertura / Totem Art Festival A Pontelagoscuro si è conclusa la prima edizione del nuovo corso di Totem Art Festival, contesto virtuoso in cui il teatro si fa «strumento di evoluzione sia per lo spettatore che per l’attore».
#Adele Gazzotti#Alessandra Tomassini#Associazione Culturale Cinqueminuti#Beatrice Ferrari#Cecilia Lorenzetti#Chiara Atti#Chiara Scaglianti#Cinzia Cervi#Cora Herrendorf#Daniela Regnoli#Elena Bonfa&039;#Fragile Teatro Danza#Francesca Marra#Francesco Chierici#Giulia Barban#Horacio Czertok#Julio Cortázar#Marco Chierici#Mario Coccetti#Massimo Peroli#Matteo Fusi#Natasha Czertok#Pino Di Buduo#Premio Giovani Talenti Creativi#Recensione DIALOGHI CON TRILUSSA#Recensione IL CORPO TRADUCE#Recensione SHAME IN ITALY#Recensione SIN#Rocco Suma#Salvatore Sciancalepore
0 notes
Text
PROTESTA contro i recenti sacrilegi: firma anche tu!
PROTESTA contro i recenti sacrilegi: firma anche tu!
A Reti unificate, ringraziamo per questa grande opportunità i coraggiosi Cattolici iniziatori di questa “Protesta”, cliccare qui sotto per firmare:
Protesta contro gli atti sacrileghi di Papa Francesco
Noi sottoscritti chierici, studiosi e intellettuali cattolici, protestiamo e condanniamo gli atti sacrileghi e superstiziosi commessi da Papa Francesco, il Successore di Pietro, durante il��
View On WordPress
1 note
·
View note
Text
Addio ad Annalisa Cima, la musa di Montale che stava antipatica a troppi. Il “Diario postumo” fu uno tsunami. Lei si diceva così: “Vivo la contraddizione d’essere angelo ed Erinni”
Nata nel 1941, a Milano, il 20 di gennaio, Annalisa Cima fu per alcuni musa inesorabile per altri donna detestabile. Ne era consapevole anche lei, per altro. In una fosforica Autopresentazione poetica si declinò così: “Vivo la contraddizione d’essere angelo ed Erinni…/ Amo Driadi e Silvani, non i poeti nani/ e le loro orme che chiamano versi./ Odio chierici e conversi, predatori e untuosi lodatori”. Visse da artista, con la spavalda eleganza, appunto, delle muse del primo Novecento, con l’attitudine austera e sagace delle muse di sempre. Sapeva ammaliare, dicono. Akira Kurosawa “presentò una sua mostra di disegni a Tokyo”, frequentò Manzù e Marini, Max Ernst e Picasso, “nel 1967 conosce Murilo Mendes, poeta e critico brasiliano, il musicista Gian Francesco Malipiero, Marianne Moore, Jorge Guillén, Aldo Palazzeschi, Giuseppe Ungaretti, Ezra Pound”. Il sodalizio con Vanni Scheiwiller si concretizza nella elaborazione di diversi “volumetti della collana ‘Occhio magico’”. Fu lui, Vanni – che vado citando – a redigere la biografia sommaria della Cima e a ricordarne l’incontro fatale (ordito dall’editore, per altro): “Nel 1968 incontrò Eugenio Montale ed ebbe inizio una grande amicizia basata su una profonda stima reciproca”. Di quella amicizia lunare – lei 27 anni, lui 72 – è esito Diario postumo, raccolta di poesie sparse (dal 1969 in poi), una specie di controcanto poetico, di canto obliquo come bluff ai critici, affidate – con la promessa d’essere opera postuma, dunque posteriore al poeta, cioè altro più che canto ultimo – alla Cima. Mondadori stampa il tutto nel 1996 e si scatena lo tsunami: davvero è Montale? Ma quanto Montale c’è lì dentro: un grammo, un brufolo, una sberla? I critici si sono messi, nonostante i dati in dote, a misurare Montale, filone aureo della poesia italica, in carati. Per alcuni, il Diario postumo è puro ottone, è fasullo, lo dice anche Wikipedia, l’enciclopedia dei tiepidi (“Diario postumo è, secondo alcuni, l’ottava e ultima raccolta di poesie di Eugenio Montale”; corsivo mio). In ogni caso, Annalisa Cima, “ultima musa di Montale” (così la nota Ansa) è morta, a Lugano, a 78 anni. Anche gli scarsi indizi che ho allineato fornirebbero il destro per una specie di romanzo. Invece, il ‘coccodrillo’ del ‘Corrierone’, per dire, firmato da Paolo Di Stefano, torna sul tema, negando, sostanzialmente, l’autenticità del Diario (si capisce fin dal sottotitolo: “avevano fatto discutere le liriche che la donna sosteneva fossero state composte per lei”), accennando che “nel 2014, il dibattito fu riacceso da nuove ricerche filologiche (di Federico Condello, Alberto Casadei, Paola Italia e altri) che confermavano la tesi di Isella: si tratta di un «falso in toto o in gran parte, frutto di collage o di registrazioni audio». Annalisa Cima ha assistito pressoché in silenzio al ritorno di fiamma dell’affaire attributivo”. A me resta da ricordare la lunga dichiarazione di Maria Corti (su “la Repubblica”, 4 settembre 1997, titolo: Montale dopo il parapiglia), consapevole del lavoro ultimo di Montale (“Mi rivelò allora che stava scrivendo una raccolta di poesie che non avrebbe mai consegnato al Fondo, sia perché sarebbe uscita postuma e per di più in ondate successive a distanza di anni, sia perché esecutrice testamentaria sarebbe stata la giovane amica Annalisa Cima, a cui la raccolta era dedicata”), pure per testimonianza diretta (“alla mia presenza Montale consegnò alla Cima un notevole gruppo di fogli manoscritti”). In questa vicenda, Cesare Cavalleri – che conosceva bene sia la Cima che Montale – fu tra chi lottò per avvalorare l’autenticità del Diario postumo. Senza fanfare da fanatico, per carità, riconoscendo che “il meglio di Montale è prima, altrove, anche se per la conoscenza di un poeta grandissimo come lui è necessario leggere tutto” (“Studi Cattolici”, n. 424, giugno 1996), studiando la vicenda fin dagli esordi, optando, all’epoca, per questa ipotesi: “L’autorevole dubbio di Isella è che la Cima avrebbe colto a volo certe frasi, certe battute, di Montale, provvedendo poi lei a dar loro forma ‘poetica’. Può darsi. Ma non può darsi per tutte le poesie ‘postume’” (su “Avvenire”, 26 luglio 1997). In questo caso, ribatto la sua prefazione al libro di Annalisa Cima, Le occasioni del “Diario postumo”. Tredici anni di amicizia con Eugenio Montale (Ares, 2012), libro che per altro, piuttosto, testimonia il brio narrativo della fatidica musa. Alcuni ricordi, risolti in forma di sketch, sono cammei mirabili, da romanzo, come questo: “Qualche mese dopo, quando cominciammo a frequentarci, Montale volle sapere tutto del mio incontro con Marianne Moore a New York. Nella sua casa al Village, viveva attorniata da animali in miniatura, soprammobili quasi animati che facevano parte del suo mondo poetico. La prima volta che andai a trovarla, al 35 West 9th St., trovai la porta dell’appartamento socchiusa: lo era per lasciar passare i cavi della televisione. Ogni giorno, infatti, Marianne Moore leggeva, in diretta, poesie e racconti per ragazzi. La poetessa, occhi azzurri, testa circondata da un’aureola bianca, un po’ trasognata e un po’ realista (come quando diede uno schiaffo sulla mano del fotografo Ugo Mulas che aveva osato spostare uno dei suoi animaletti di vetro), non provava alcun timore a vivere con la porta aperta, in una zona della città allora abbastanza a rischio. Diceva: «Ho i miei angeli neri per custodirmi», e infatti, di lì a poco, chiamò due ragazze che l’accudivano, in veste di governante l’una, e di segretaria l’altra. Due sudamericane scure come l’ebano e alte come palme”. Anche questo, a onor dei fatti, bisognava dire, della Cima, del suo talento per il cammeo letterario. Ma, si sa, le muse, figure ineffabili, stanno sulle scatole a troppi, lieti di metterle sotto i tacchi anche post mortem. (d.b.)
*
«Ho vissuto e vivo in un mondo elitario, nel quale non sono riusciti ad avvilirmi né calunnie né falsità, abituata sempre a considerare solo le persone speciali alle quali ho dato e do affetto e amicizia. Tutti gli altri, il sottobosco e tutti quei discorsi tendenziosi, non mi toccano, ma non perché sia stoica, solo perché non m’interessano. Ho una buona considerazione di me stessa e quindi tutto ciò che infanga e corrompe lo lascio lontano dal mio vivere». Così Annalisa Cima parlava di sé a Montale, nel 1979, su richiesta del poeta. Bisogna partire da questa nativa sprezzatura per capire come mai il legame di amicizia fra un sommo poeta di 72 anni e una poetessa, pittrice e musicista di 27, sia durato per tredici anni, e con un Nobel di mezzo. Montale aveva visto in Annalisa l’alter ego che avrebbe voluto essere, scoprendo in sé un sentimento di paternità e, addirittura, di maternità poetica, impensabile anche per i più fedeli ammiratori del poeta che «spesso», tra il 1920 e il 1927, aveva incontrato «il male di vivere». Annalisa Cima che, dopo averla letta, aveva pregato Montale di non pubblicare sul Corriere, nel 1969, la lusinghiera prefazione al suo primo libro di versi («Lo pregai di lasciarmi camminare sulle mie gambe») era, per il poeta, la persona giusta per accogliere quel nuovo sentimento di paternità/maternità, e alla quale affidare, anche in sede testamentaria, la propria fama attraverso la cura dell’Opera omnia.
*
Quanto al Montale «privato», bastano poche citazioni. Montale, 1968: «Non appartengo ai paradisi artificiali di Palazzeschi, né agli inferni lussuriosi di Ungaretti; sono un uomo che ha vissuto al cinque per cento. Appartengo al limbo dei poeti asessuati e guardo al resto del mondo con paura». Questa autodefinizione fa giustizia definitiva delle illazioni (becere) non solo sul legame Montale/Cima, ma anche sui rapporti del poeta con le altre sue ispiratrici, Volpe compresa. Di Annalisa Cima è questa definizione, esistenziale e letteraria, monito per i critici futuri: «Uomo del non-possesso, della fantasia resa realtà, è corso sino alla fine verso immagini che materializzava o, meglio, verso persone che smaterializzava». Dalle pagine di Annalisa Cima emerge un Montale affettuoso e scherzoso, sensibile all’amicizia al punto da condividere quell’ipotesi stravagante di «comune» di artisti che avrebbero lavorato e vissuto insieme. E scopriamo, sotto la maschera burbera del poeta che ci è stata tramandata, un uomo che si diverte a organizzare burle agli amici, Gianfranco Contini compreso, senza rinunciare a permali perfino verso Vanni Scheiwiller, fedelissimo amico e complice, che lo andava a trovare quasi quotidianamente. Certamente la «burla» più riuscita è però quella verso i critici e i lettori futuri, che sta appunto all’origine del Diario postumo. Annalisa Cima ne accenna in breve, ma non si può dimenticare che il Diario postumo è stato oggetto della polemica più aspra e pretestuosa dell’ultimo scorcio del Novecento.
*
Che l’autenticità del Diario sia stata messa in dubbio da Dante Isella (1922-2007) è ormai solo il ricordo del più clamoroso abbaglio da cui un critico montaliano sia stato accecato, e spiace che, nella successiva campagna mediatica, si sia distinto anche Giovanni Raboni (1932-2004), amico e poeta da me stimato a diversissimo titolo. Sull’autenticità del Diario postumo non può nutrire dubbi chi abbia un minimo di raziocinio. Ci sono le testimonianze di Maria Corti, di Giuseppe Savoca (che ha perfino pubblicato Le concordanze del Diario postumo), di Rosanna Bettarini, Guido Bezzola, Piero Bigongiari, Marco Forti, Emerico Giachery, Oreste Macrì, Alessandro Parronchi, Silvio Ramat, Andrea Zanzotto, per non parlare della mostra degli autografi allestita a Lugano dal 24 al 26 ottobre 1997. Questo nuovo libro, da cui ricevono luce molte poesie del Diario postumo, non si iscrive come ulteriore e ormai innecessario tassello in quell’antica polemica, bensì va letto come utile commento e, ancor più, come «Occasione» (la parola è inevitabile) per rileggere a mente riposata le poesie dell’ultimo Montale. Certo, ci sono interessanti spunti biografici e metatestuali: per esempio, la completa identità della misteriosa Adelheit, citata da Montale nel Diario del ’71 e del ’72, e nel Quaderno di quattro anni, e che le scarne note di Annalisa Cima al Diario postumo (1996) lasciavano nel mistero. Ci sono i tic e le consuetudini del Montale quotidiano, e la straordinaria complicità dell’amicizia con Annalisa: ma, quel che più conta, è la possibilità di verificare lo stacco letterario che metabolizza «l’occasione» in poesia. L’autocommento affidato da Montale ad Annalisa Cima è un caposaldo inamovibile per i critici presenti e futuri: «I primi tre libri [Ossi di seppia, Le occasioni, La bufera] sono scritti in frac, gli altri in pigiama, o diciamo in abito da passeggio. Forse mi sono reso conto che non potevo continuare a inneggiare a Clizia, alla Volpe, a Iride, che del resto non esistono più nella mia vita. Quando scrivevo i primi libri non sapevo che avrei raggiunto gli ottant’anni. Passati gli anni, guardandovi dentro ho scoperto che si poteva fare altro, l’opposto anche». Da qui il tono colloquiale, aforistico, ironico e «occasionale» da Satura in poi. Ma c’è di più. Montale prosegue: «Poi c’è un fatto di orecchio, di orecchio musicale (i critici non ne tengono abbastanza conto): ho voluto suonare il pianoforte in un’altra maniera, più discreta, più silenziosa». L’orecchio assoluto di Montale gli consente una spontaneità metrica tanto più stupefacente quanto più sommessa. Prendiamo, per esempio, la seconda strofa di Mattinata:
Ad ogni apparizione fai rifiorire vegetazioni nuove. Non hai un cliché: emergi singolare. È il segno che travalica gli umani. A noi, in questo anfiteatro di brutture, non resta che ricordo e dulia qual duplice ristoro.
Verso per verso abbiamo: un settenario / un quinario e un settenario / un quinario / un altro quinario (emergi singolare) / seguito in enjambement da un intero endecasillabo (È il segno / che travalica gli umani) / ancora due quinari / e tre settenari in chiusura. L’apparente «semplicità» del dettato è in realtà un’abilissima e spontanea elaborazione dell’endecasillabo, il metronomo della poesia italiana, nelle sue due componenti (quinari e settenari). È questa l’«altra maniera» di suonare il pianoforte dell’ultimo Montale.
*
A proposito di pianoforti, è inevitabile il confronto tra Tentava la vostra mano la tastiera degli Ossi (Opera in versi, p. 42) e Il ritratto, con la differenza che là la giovane Paola Nicoli era colta in un attimo di smarrimento, mentre qui Annalisa Cima è «pronta a spiccare il volo». Ma, per tornare al metabolismo fantastico di Montale («immagini che materializzava, persone che smaterializzava»), esemplare è Il caffetano bianco, in cui la figura della giovane poetessa sulla spiaggia di Forte dei Marmi è meno delineata dalla testimonianza visiva del poeta, che non dalla descrizione che gliene fece Carmelo Bene. Analogamente, la volpe azzurra indossata da Annalisa Cima diventa, per misteriose ragioni di metrica, «muflone blu cobalto» (settenario) nella dedica 20 gennaio o 30 anni.
Un cenno, sia pure in sede impropria come questa, è tuttavia doveroso per la poesia di Annalisa Cima, la cui opera finora pubblicata è racchiusa in Di canto in canto (Longo, Ravenna 2007), con prefazione di Paolo Cherchi. Per la qualità, è sufficiente leggere la poesia tradotta in castigliano da Jorge Guillén (p. 67); ma quel che preme sottolineare è la diversità di tono e contenuti rispetto alla poesia anche dell’ultimo Montale: astratta e «filosofica» la poesia di Cima, gnomica e di cronaca quella di Montale. Del resto, è Annalisa Cima a dichiarare allo stesso Montale che i suoi poeti preferiti sono Ungaretti e Zanzotto.
Resta da sottolineare la centralità della poesia Il clou nel Diario postumo. Annalisa Cima ne riconduce il significato alla «conversione» di Montale da Spinoza a Leibniz, ma Oreste Macrì è andato oltre, in due lettere che ho pubblicato nella Revue des Études italiens (n. 3-4, 1998). In data 5 agosto 1997, Macrì mi aveva scritto: «L’approssimarsi di Montale al cattolicesimo fu lungo e graduale; per molti anni di “non praticante”. La Mosca era cattolica ebrea, affine alla Brandeis, motivo per il quale Montale rinunziò all’invito di recarsi in America. La poesia Il clou del Diario postumo termina: “E fu così che il tuo parlare / timoroso e ardente, mi rese / in breve da ateo credente”. La resistenza “gnostica” fu lunga e duratura; la conversione si operò a mio parere nella seconda dimora in via Bigli a Milano. Rammento che ivi andò a trovarlo il Fabiani, che ne scrisse su Oggi, se non ricordo male. Salito al piano dell’appartamento del poeta trovò la porta socchiusa e scorse Montale inginocchiato davanti alla televisione che ascoltava la Messa». E ancora, il 29 agosto 1997: «Mi confermo nell’idea che l’ultima sua donna, Annalisa Cima, celebrata nel Diario postumo, costituisce per lui la liberatrice e salvatrice. Nella poesia Il clou: “Ratio ultima rerum… id est deus. E fu così che il tuo parlare / timoroso e ardente, mi rese / in breve da ateo credente”. E nella poesia di p. 67 la chiama “voce di salvazione”, vocabolo specificamente spirituale cristiano». Lasciamo impregiudicata, nel segreto delle coscienze, l’ipotesi macriana (che tuttavia condivido), e concludiamo con Montale che, nella poesia di risposta al rimprovero di Annalisa per aver accettato il Nobel, scrisse: «Il tempo degli eventi / è diverso dal nostro».
Cesare Cavalleri
*In copertina: Eugenio Montale e Annalisa Cima. Si conobbero nel 1968
L'articolo Addio ad Annalisa Cima, la musa di Montale che stava antipatica a troppi. Il “Diario postumo” fu uno tsunami. Lei si diceva così: “Vivo la contraddizione d’essere angelo ed Erinni” proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/2Ln2aJ4
1 note
·
View note
Text
I riflettori si spostano sullo scandalo degli abusi sessuali da parte del clero
I riflettori si spostano sullo scandalo degli abusi sessuali da parte del clero
Per troppo tempo la Chiesa cattolica ha ignorato e persino nascosto il problema degli abusi sessuali da parte del suo clero. Papa Francesco, a suo merito, ha avviato riforme di più vasta portata di quelle dei suoi predecessori. Ma un inquietante articolo su The Post di Chico Harlan e Alain Uaykani suggerisce che la chiesa ha ancora molta strada da fare per proteggere i bambini dai chierici…
View On WordPress
0 notes
Photo
GIOVEDÌ 14 LUGLIO 2022 - ♦️ SAN CAMILLO DE LELLIS ♦️ San Camillo de Lellis (Bucchianico, 25 maggio 1550 – Roma, 14 luglio 1614) è stato un religioso e presbitero italiano. Fu il fondatore dell'Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi (Camilliani). Nel 1746 è stato proclamato santo da papa Benedetto XIV e, insieme con san Giovanni di Dio, patrono universale dei malati, degli infermieri e degli ospedali. È, inoltre, patrono della Sanità militare e della Regione Abruzzo, insieme con San Gabriele dell'Addolorata. Camillo nacque da una famiglia appartenente alla piccola aristocrazia della cittadina abruzzese di Bucchianico: alla nascita, gli venne imposto il nome della madre, Camilla Campellio originaria di Loreto Aprutino, che lo aveva partorito a quasi 60 anni di età e che morì quando Camillo aveva 13 anni; il padre, Giovanni, era un ufficiale al servizio della Spagna. Giovane pigro e rissoso, il padre decise di avviarlo alla carriera militare. Ma, nel 1570, un'ulcera al piede lo costrinse ad abbandonare la compagnia. Per farsi curare fu costretto a recarsi a Roma, nell'Ospedale di San Giacomo degli Incurabili, dove giunse il 7 marzo 1571. Dopo la guarigione venne assunto come inserviente presso l'ospedale, ma l'esperienza fu breve, dato che venne allontanato per la sua scarsa propensione al lavoro: era rimasto all'ospedale 131 giorni in totale. Intanto il padre era morto (le reliquie si conservano nella Chiesa di San Francesco di Sant'Elpidio a mare in provincia di Fermo). Tornò a dedicarsi alle armi, come soldato di ventura, mettendosi a servizio, prima di Venezia, poi della Spagna. Ma presto tornò a condurre una vita disordinata e segnata dal vizio del gioco con i dadi. Iniziò a vagabondare per l'Italia, fino a quando non venne assunto dai Cappuccini del convento di Manfredonia. Questi lo mandarono per una commissione presso il vicino convento di San Giovanni Rotondo. Il 2 febbraio 1575, in ritorno a Manfredonia, nella "Valle dell'inferno" avvenne la sua conversione: decise di abbracciare la vita religiosa e di diventare un frate cappuccino a Trivento. Ma l'antica piaga al piede tornò a dargli problemi: fu così costretto a tornare a Roma per curarsi (presso Roma, Italia) https://www.instagram.com/p/Cf--rU3MgJy/?igshid=NGJjMDIxMWI=
1 note
·
View note
Photo
Il 13 marzo 2013 viene eletto Papa Francesco il 266º papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma, 8º sovrano dello Stato della Città del Vaticano. Di nazionalità argentina, è il primo papa proveniente dal continente americano ed il primo pontefice proveniente dai chierici regolari della Compagnia di Gesù . . . . . #semoromani #roma #visitareroma #romaedintorni #ingiroperroma #romalovers #igroma #cosafarearoma #cosavederearoma #italy #travels #europe #romeitaly #rome #rom #ローマ #ローマを訪問 https://www.instagram.com/p/CbCaZtHt4pi/?utm_medium=tumblr
#semoromani#roma#visitareroma#romaedintorni#ingiroperroma#romalovers#igroma#cosafarearoma#cosavederearoma#italy#travels#europe#romeitaly#rome#rom#ローマ#ローマを訪問
0 notes
Text
Il Papa: "Beni della Santa Sede depredati da certi chierici e 'amici' laici"
“La Chiesa è santa e peccatrice, come diceva sant’Agostino. La stragrande maggioranza dei suoi membri è sana, ma non si può negare che alcuni ecclesiastici e tanti, direi, falsi ‘amici�� laici della Chiesa abbiano contribuito ad appropriarsi indebitamente del patrimonio mobile e immobile, non del Vaticano, ma dei fedeli”. Lo afferma papa Francesco sugli scandali economici vaticani in un…
View On WordPress
0 notes