#Centro per il Libro e la Lettura
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iannozzigiuseppe · 2 years ago
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LE 'MAPPE' DI ARGONAUTILUS 2023: al via in Sardegna l'VIII edizione della Fiera del Libro dal 22 al 25 aprile
Fiera del Libro di Argonautilus VIII edizione “Mappe” Dal 22 al 25 aprile 2023 Dal 17 al 21 aprile la fase preliminare con le giornate dedicate alle Scuole partner Iglesias, Portoscuso, Gonnesa, Domusnovas, Musei, Villamassargia, Quartu S .Elena con il patrocinio di: Regione Sardegna, Fondazione di Sardegna Comune di Iglesias, Portoscuso, Gonnesa, Domusnovas, Musei, Villamassargia, Quartu S.…
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unfilodaria · 20 days ago
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È troppo tempo che vivo un tumulto costante, come se mi fosse stato sottratto qualcosa o come se l'avessi gettato io. In realtà mi sono accadute entrambe le cose o, meglio, ho permesso io che accadessero entrambe, all'unisono. E da quel giorno il tumulto non fa che aumentare, come il rumore bianco di una radio in cerca di sintonia. Più giri la manopola e più il disturbo aumenta, non centrando la frequenza giusta della stazione radio. E come per ogni tumulto, si cerca un rimedio o un palliativo che lo possa contenere o sedare. Più passano i giorni e più ne assaporo uno nuovo: una volta è la vista del mare, una volta è la musica, un'altra volta è guidare senza meta. Poi la lettura, in una sorta di silent reading fai da te: io, il mio tavolo della cucina, un buon libro, il borbottio del frigo alle mie spalle, al più della musica classica in leggero sottofondo. È la quadratura del cerchio: io al centro perfetto di un mondo fatto di parole, dove i miei stati d'animo si confondono con la storia e la calma prende il sopravvento, azzerandomi del tutto. Io sono parola. Io sono parola scritta. E i miei occhi vi ci navigano dentro, cercando, e trovandolo, l'oblio desiderato.
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giuseppelaporta · 1 month ago
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Quando l'asino non vuol camminare, raglia!
La disinformazione neotemplarista su San Giorgio Martire.
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Care lettrici e cari lettori, come alcuni di voi sapranno, in questo lungo periodo ho ben altre cose serie a cui pensare, però sapete bene anche, quanto io mi fomenti nel momento in cui dei complottisti o negazionisti, imperversanti nel mondo "storico", si mettono ad emanar sentenze su argomenti che non dovrebbero toccare nemmeno con un bastone da rabdomante.
Questa volta tocca alla splendida chiesa di San Giorgio Martire, nel centro urbano di Petrella Tifernina in alto Molise, una cittadella che, tutta intorno, si sviluppa a guisa di quella veglia basilica, in cui, per molto tempo, ho passato periodi della mia adolescenza, quando mio padre, circa 16 anni fa, svolse numerosi sopralluoghi e studi di ricerca in compresenza del parroco Don Domenico, della sua associazione e di tanti accademici, archeologi, storici dell'arte e dell'architettura, molisani e d'oltre Regione.
Ora, come da tempo accade, è presa di mira anche da alcuni neo-templaristi, che purtroppo hanno visto troppi film d'azione sul medioevo, e soprattutto, troppi sulle leggende dei cavalieri Templari e delle crociate nella fattispecie, che vedono l'ordine come fautore di cose con le quali mai era stato legato, in tal caso, l'arrivo del culto per San Giorgio Martire nella penisola italiana, che a detta di talune pagine ed "eruditi", sarebbe sopraggiunto solo nel basso medioevo, al seguito delle crociate.
Vogliate concedermi una riflessione a riguardo, poiché affermazioni di questo tipo, ricopiate e ricalcate dalle pagine sensazionalistiche ed esoteriste, ed anche da parte di alcuni storici "non addetti ai lavori", sono assolutamente false e in evidente contrasto con la storia del nostro paese, seguendo un'ottica primitiva, oggi superata ampiamente dal mondo universitario e più propriamente storiografico.
Passerò pertanto a discutere su due punti salienti di questa lunga riflessione:
1) l'icona di San Giorgio
2) la lunetta del Magister Alferio.
Nel primo caso, viene asserita da taluni individui, la datazione della formella di San Giorgio Martire, al XIII secolo inoltrato, una cosa che assolutamente stride con qualsiasi nozione di storia dell'arte esistente, soprattutto per l'inesistente plasticità e tridimensionalità del bassorilievo, che nelle proporzioni ed irregolarità delle forme, nonché staticità dei corpi, si accosta al gran numero di produzioni di scalpellini di ambito centromeridionale tra la fine del X e la prima metà del XII secolo, con una netta evoluzione graduale tra gli stilemi arcaici preromanici di epoca longobarda/bizantina, e quelli romanici d'epoca normanna/sveva, che con la seconda fase sfocieranno nel protogotico svevo-angioino, seguendo una ripresa sempre più marcata di elementi classici, elaborazione nelle proporzioni, espressività e plasticità degli elementi, che si noterà principalmente in cantieri come quello di Santa Maria Maggiore a Monte Sant'Angelo, Santa Maria della Purificazione a Termoli, San Giovanni in Venere a Fossacesia, Santa Maria e San Leonardo a Siponto, San Clemente a Casauria e tante altre località tra Abruzzo, Lazio, Campania, Molise, Puglia ed anche Basilicata e nord della Calabria.
Per delucidazioni aggiuntive consiglio vivamente la lettura del libro: Molise medievale cristiano, Edilizia religiosa e territorio (secoli IV - XIII),di Federico Marazzi, Manuela Gianandrea, Francesco Gangemi, Daniele Ferraiuolo, Paola Quaranta, and Alessandra Tronelli.
Sulla rarità di icone preromaniche occidentali, che raffigurino il santo nell'atto di uccidere il drago, vorrei preventivamente chiarificare non sia esattamente così, la rarità è circoscritta quasi unicamente per il territorio italiano, e rarità non è sinonimo di inesistenza se il vocabolario me lo consente.
Si rammenti che nella penisola, già nel VI e nel secolo successivo si attesta la presenza del culto di San Giorgio Martire, escludendo in toto la teoria di una giunta dell'agiografia georgiana solo al seguito della sua Legenda Aurea, ma già attestata da fonti indirette ed apocrife, precedenti di molto ai secoli delle crociate, che vedrebbero la componente del mostro o drago, giungere nei territori dell'Est Europa e dell'Occidente, a cavallo tra il X e l'XI secolo, ed addirittura, essere postulata proprio in "territorio europeo" con una evoluzione graduale, che vede l'aggiunta, nella sua agiografia, del salvataggio della principessa dal drago, simbolo del demonio, una dicotomia tra bene e male che incarna tutta la storia della teologia stessa e dei santi martiri, che null'ha a che fare con le crociate, se non essere parte di esse, tanto che nel corso della prima crociata, troviamo informazioni che ci fanno capire in Occidente fosse già ben nota l'iconografia cavalleresca di Giorgio, tanto che più tardivamente, addirittura, sarebbe sviluppatasi in Oriente, adottando il mostro dall'icona di San Teodoro.
L'imago del cavaliere che sconfigge il maligno in realtà, ivi si riferiva all'imperatore Costantino, come ci riporta il biografo Eusebio da Cesarea, una icona imperiale diffusa in molte aree mediorientali, ma che principalmente era posta sulla facciata del suo palazzo imperiale, tanto da ipotizzare che in realtà i crociati furono indotti ad indentificarla come icona del santo, solo tramite una loro conoscenza di essa, già appurata e radicalizzata tra l'est Europa, l'area costantinopolitana, e naturalmente altre regioni e nazioni dell'Europa occidentale, in cui non poteva mancare certamente l'Italia, cuore pulsante delle vie pellegrinali, di commercio ed anche delle crociate stesse ed ancor prima, delle milizie d'ogni tipo, la storia della Longobardia Minor dovrebbe aver già insegnato molto.
Tornando al San Giorgio di Petrella, la sua figura trova un riscontro iconografico, molto vicino a quello delle icone ancora primitive, che precedono lo sviluppo pieno del suo programma simbologico-agiografico, fiorito in maniera solida dopo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine.
Che però già esisteva tra il X e l'XI secolo.In special modo, queste icone sono caratterizzate dalla assenza di elementi come la principessa, dove gli unici individui sono Giorgio, il cavallo e il drago/mostro-serpente alato, trafitto dalla lancia del soldato.
Questi elementi iconografici sono diffusissimi nelle pitture rupestri della Cappadocia (XI sec.), ed anche negli affreschi di San Marzano in provincia di Taranto (X-XI sec.), e nel bassorilievo della Cattedrale di San Paolo ad Aversa (X-XI sec.), e l'elenco di esempi su San Giorgio ed il drago possono proseguire per molto, ma mi fermerò a questi per il momento.
A fare da contorno in tutto ciò, vi è lo stile che caratterizza la scultura petrellese, una formella con caratteri iconografici bizantini, ma dalle proporzioni incoerenti e scarsa plasticità, una costante delle produzioni lapidarie che hanno toccato vari insediamenti come Santa Maria della Strada a Matrice, Ma anche altri come a Guardialfiera, Roccavivara, Guglionesi, Petacciato, Cercemaggiore e così via, tutti edifici integri alternati a resti erratici o di reimpiego, databili tra una più antica manualità dell'VIII e IX secolo, ed una lieve evoluzione tra X ed XI, con un cambiamento ulteriore nel XII ed infine un distacco abissale con le produzioni dei secoli XII-XIII e XIII-XIV, che agli antipodi posseggono la Fraterna di Isernia da un lato, e la Cattedrale di Larino dall'altro.
L'arretratezza negli attributi e nello stile figurativo, fanno retrocedere presumibilmente la datazione come di consueto, tra il termine del decimo secolo e l'anno mille, come parte di uno dei primi cantieri che videro l'evolversi dell'impianto basilicale tra stadio pre-romanico e romanico "normanno", una doppia fase che si sposerebbe bene con la successiva ulteriore trasformazione del complesso, al seguito di un cataclisma, forse uno smottamento del terreno di fondazione o un sisma, che comportò un drastico cambiamento nell'assetto impiantistico, ed un enorme riuso dei resti del precedente tempio, per approfondimenti in merito, consiglio la lettura del volume: "Medioevo in Molise: Il cantiere della chiesa di San Giorgio Martire a Petrella Tifernina" dello storico dell'arte Francesco Gandolfo, che a suo tempo avemmo il piacere di conoscere nel corso delle ricerche sul campo.
Da qui ci si sposta alla questione invece di altri elementi, come il portale maggiore, che si mostra con uno pseudoprotiro e facciata che rientra nelle caratteristiche del pre-romanico e romanico locale (vedi Matrice), con una lunetta che presenta un evidente caso di rimontaggio, come in altri punti dell'edificio, forse proprio nel corso della trasformazione dell'intero orientamento della struttura, pur presentandosi nel complesso, al suo stato originale, con stilemi a girale, fitomorfi, scene apocalittiche e creature zoomorfe inscritte dentro cornici tipiche dei cantieri, specialmente benedettini, dell'XI-XII secolo, come appunto chiarisce un ulteriore dettaglio della lunetta maggiore, la firma dell'esecutore, tal "ALFERIO DISC(IP)OLO GEO(RGI)", come si può leggere tramite una attenta analisi ravvicinata dell'incisione (e non da fotografie sbiadite, tra l'altro, che permettono egualmente di leggervi quanto detto poc'anzi).
La tradizione locale (che tradizione non è), vuole attribuire la lunetta ad un tale MAG(ISTER) EPIDIDIVS, che in realtà nasce da una approssimativa lettura dei pochi caratteri esistenti, da parte del Carandente, presa per buona da alcuni eruditi ma priva di fondamento, specie se si considera che il nome Epididio sia quasi totalmente inesistente persino per alto e basso medioevo, e per trovarvi una spiegazione, dovrebbe quantomeno essere posto in teoria come una abbreviazione, ma al momento resta una fantasiosa ricostruzione del secolo scorso, già accantonata dalla comunità accademica.
Altro strafalcione del Carandente si riporta nella data incisa al lato destro della lunetta, "MDECIM", per il quale, secondo una idea di attribuzione tarda, doveva leggersi (Anno Domini) Millesimo Duecentesimo Undicesimo (1211), non potendo però constatare per l'epoca, che nessuno dei fregi e bassorilievi della basilica, potesse essere avvicinabile a questi anni, privi di ogni caratteristica sopracitata.
Il suo errore è da contestualizzarsi nella mentalità locale di almeno uno o due secoli fa, dove il territorio molisano venne circoscritto, dal punto di vista artistico e culturale, ad una terra con "produzioni di ambito locale, o minore", con delle eccezioni senza alcun nesso, prima dei contributi che hanno permesso, da 30-40 anni, ad oggi, di sfatare tutto ciò, ed anzi, di riscoprire l'alveo culturale quale era il Molise, un territorio tra Abruzzo Citeriore, Terralaboris, Capitanata e così via, più comunemente territorio che possiamo definire proprio centro della Longobardia Minor, e successivamente, parte del Regno di Sicilia settentrionale.
Un cuore pulsante di "scuole", botteghe e cantieri ecclesiastici ed anche nobiliari, che hanno permesso l'evoluzione e il proliferare, di queste componenti artistiche, esattamente come dei movimenti, ove era cruciale il ruolo delle vie di comunicazione, per esempio la Via Francigena, le sue arterie meridionali, i tratturi e così via, che hanno permesso soprattutto, di capire negli anni passati, il motivo di una espansione di medesimi archetipi, stilemi e caratteristiche culturali riscontrabili nello stesso tempo in più parti dell'Europa, dall'Italia all'Est, al Medio-Oriente fino ad arrivare in Francia, Spagna e naturalmente Regno Unito, tante realtà che, ovviamente, si sono fuse con quanto era già presente in questi paesi.
Le componenti estere sono sempre state il fondamento base della storia dell'arte, sia in età longobarda, con influenze bizantine, occidentali ed arabe, sia con i normanni, ed ovviamente sotto Federico II di Svevia, dove si può dire fosse nata l'architettura gotica italiana (e non solo), ereditata ed espansa sotto il dominio angioino e perfezionata dai motivi orientaleggianti catalani con gli aragonesi, mentre non va trascurata la parentesi di ambito veneziano trecentesco/quattrocentesco, e anche quella del gotico abruzzese (XIII-XIV sec.).
Dopo aver riportato questo grande aneddoto sul conto del Molise, per il quale ampiamente ha dibattuto e pubblicato la professoressa Maria Stella Calò Mariani, seguita da Francesco Aceto e da Giuseppe Basile, ma anche dallo stesso Bertaux e molti prima e dopo di loro, ritorniamo alla epigrafe di Petrella.
Più semplicemente, questa attestazione in caratteri latini, di per sé in contrasto con quelli evidenziati in tutto il territorio centro-italiano del '200, (vedi la data sul campanile di Santa Maria della Strada), non si riferirebbe affatto al 1211, bensì al 1010, (AD) M(illesimo)DECIM(o), semanticamente più accurata e meno costrittoria della versione del Carandente, avvicinandosi perciò alle scene cavalleresche del campanile di Petacciato, forse ascrivibili per stile ai medesimi fregi della lunetta, che troverebbe riferimento nella vicenda della Battaglia di Canne del 1018, con la presenza forse della più antica immagine di un cavaliere normanno e di due cavalieri bizantini in lotta.
Questa lettura non solo trova riscontro nei caratteri, ma anche nello stile arcaico che compone interamente la basilica ed i suoi bassorilievi, taluni di epoca precedente, ed altri del cantiere d'appartenenza, al quale sarebbe dovuto seguire un altro cantiere come si può evincere da un unico elemento duecentesco (o trecentesco) presente nella navata destra della chiesa, un semicapitello piatto, con motivo di foglie di acanto molto plastiche ed estruse, poggiato su un’acquasantiera in disuso, mai impiegato, ma che nel suo stile sembra essere ascrivibile ai cantieri di Santa Maria e San Pardo a Larino e di Sant'Emidio ad Agnone, ma per quanto riguarda il complesso, pare in realtà esserci una totale assonanza con i cantieri delle basiliche di San Giorgio, San Bartolomeo e San Mercurio a Campobasso (IX-X-XI sec.), alcuni elementi di Sant'Andrea a Jelsi (XI sec.), San Giovanni Rotobonis a Oratino (La Rocca) (IX-X sec.), e così via.
Senza contare che, per rievocare momentaneamente le questioni del culto per San Giorgio, nella Longobardia Minor e nei territori circostanti, sono attestate molteplici ecclesie dedicate al Santo Martire, tutte tra VII-VIII e IX secolo, che farebbero già intendere quanto non sia assolutamente fondata la supposizione sul suo culto giunto solamente dopo i risvolti della prima crociata, alla fine dell'XI secolo, ricordando ulteriormente a chi legge, che stessa sorte capitò per il vescovo di Myra, Nicola, detto anche San Nicola di Bari almeno dal 1087 in poi, ma che già era ampiamente venerato dal VI secolo, persino nella nostra regione, con chiese e badie risalenti al X secolo, la più vicina alla mia posizione proprio a Petacciato, presso il luogo di sepoltura dell'abate Adamo di Tremiti, poi Sant'Adamo confessore.
La verità di tutto ciò è molto diversa, spesso dei gruppi neotemplaristi, pur di mettere i Templari al di sopra di ogni argomento storico, finiscono per affidargli la paternità di cose che non gli sono appartenute, o meglio, che non hanno creato loro ma che essi possono solo aver sposato successivamente alla loro nascita.
Quest'anno per esempio sono già dovuto intervenire dopo un convegno neotemplarista al Cinema Sant'Antonio di Termoli, in cui si sono susseguiti una marea di sproloqui nei confronti dell'Agnus Dei (Agnello di Dio, o Agnello Crucifero), presente in una moltitudine di forme nelle facciate delle nostre chiese antiche, che un "meneghino" ha definito come simbolo templare, e che queste chiese fossero state costruite perciò dai Templari, nonostante questi stesse mostrando dei fregi dell'VIII e del IX-X secolo, ed uno della prima metà dell'XI, tutti elementi che sono antecedenti sia all'ordine di San Giovanni Gerosolimitano (Ospitalieri), sia ai cavalieri Templari, con una forte affinità di carattere evangelico invece, ispirazione ancestrale di tutte le maestranze che che hanno costruito "i pilastri della terra" in cui noi veneriamo i nostri idoli.
Ecco perché non smetterò mai di ripetere una sola cosa:Studiate, studiate e STUDIATE!!!
Bibliografie di riferimento.
•San Giorgio e il Mediterraneo, in Atti del II Colloquio internazionale per il XVII Centenario (Roma, 28-30 novembre 2003), a cura di G. De' Giovanni-Centelles, Città del Vaticano, 2004.
•La Storia di Varzi, Vol. II, di Fiorenzo Debattisti, 2001.
•Jacopo da Varazze, Legenda Aurea, Einaudi, Torino 1995.
•Eduardo Ciampi, Mino Freda, Paolo Palliccia, Paolo Velonà, San Giorgio e il Drago: l'indispensabile mito. Storia, Metastoria, Arte e Letteratura, Roma, Ed. Discendo Agitur, 2023.
•Medioevo in Molise, il cantiere della Chiesa di San Giorgio Martire a Petrella Tifernina, Di Walter Angelelli, Manuela Gianandrea, Francesco Gandolfo, Francesca Pomarici, 2012.
•Bianca Maria Margarucci Italiani, San Giorgio Martire fra Oriente e Occidente, 1987.
•Pagani e Cristiani. Forme e attestazioni di religiosità del mondo antico in Emilia, XI, 2012.
•San Giorgio e il drago riflessioni lungo un percorso d'arte, Di Sebastiano Giordano, 2005.
•Il Molise medievale e moderno, storia di uno spazio regionale, Giovanni Brancaccio, 2005.
•Italian Romanesque Sculpture, An Annotated Bibliography, Di Dorothy F. Glass, 1983.
•Gycklarmotiv i romansk konst och en tolkning av portalrelieferna på Härja kyrka, Di Jan Svanberg, 1970.
•Molise, appunti per una storia dell'arte, Luisa Mortari, 1984.
•Carlo Ebanista, Alessio Monciatti, Il Molise medievale, archeologia e arte, 2010.
•Federico Marazzi, Molise medievale cristiano, edilizia religiosa e territorio (secoli IV-XIII), 2018.
•L'arte georgiana dal IX al XIV secolo, A cura di Maria Stella Calo' Mariani, Volume 1, 1986.
•L'arte del duecento in puglia di maria stella calo mariani. fotografie di paolo monti u.a, Di Maria Stella Calò Mariani, 1984
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ballata · 2 months ago
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#far #legionenera
Questo è un libro che parla di un tempo perduto. Il titolo spaventa solo perché reca in se parole considerate tabù. Ci fu un tempo in cui vi erano distinzioni tra destra e sinistra, tra valori e disvalori, tra azione e reazione. Bene, Salierno gli attraversa universalmente tutti e lo fa in prima persona. Vive metà della sua vita come "fascista" come commissario politico della sez. Romana di Colle Oppio, poi per omicidio, è messo in carcere, ne uscirà incredibilmente come sociologo marxista di estrema sinistra. Questa autobiografia è un’opera che ha però il ritmo di un romanzo. Una lettura coinvolgente, dura e violenta, che proietta il lettore nella Roma degli anni pesanti, quelli dalle lotte tra fascisti e comunisti. Nella sezione missina di Colle Oppio, nei bar e nelle trattorie della periferia e nei vicoli stretti del centro si muovono il protagonista e gli altri "camerati", che sognano di far rinascere la RSI. Il protagonista viene affascinato dai vecchi reduci e dalla figura severa e mistica di Julius Evola, mentre è deluso dalla debole e rinunciataria politica dei dirigenti del suo partito....
Io sono solo un lettore, non influenzeró con il mio pensiero questo splendido romanzo quasi saggio, ricordando solo che quello fu il tempo di Pier Paolo Pasolini : l'uomo sismografo, cui la quotidiana misurazione dei movimenti della società italiana aveva aperto anticipatamente gli occhi sopra la confusione dei ruoli, l'indistinzione dei profili, la dissolvenza dei colori tra destra e sinistra sopra un futuro che è il nostro presente.
#sociologia
#fuan #nar #br #credo #lottacontinua #giuliosalierno #pasolini #boiachimolla #evola
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bibliotecasanvalentino · 2 months ago
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica Valentina Pace
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: marcos y marcos
Buona lettura a tutti!
𝕋𝕌𝕋𝕋𝕆 ℚ𝕌𝔼𝕊𝕋𝕆 𝔽𝕌𝕆ℂ𝕆 – 𝔸𝕟𝕘𝕖𝕝𝕖𝕤 ℂ𝕒𝕤𝕠
«Pochi cuori mortali / soffrono in terra come il tuo.»
(Emily Brontë)
Quello delle sorelle Brontë è un caso forse unico nel panorama letterario mondiale. Charlotte, Emily e Anne, tre donne unite da un fortissimo legame di sangue, tutte e tre poetesse e scrittrici, vissute in simbiosi e morte giovanissime, autrici di alcuni tra i più famosi classici della letteratura ottocentesca, sono le protagoniste indiscusse di “Tutto questo fuoco”.
Si tratta di un romanzo in cui Angeles Caso, con amore, ammirazione ed estremo rispetto, racconta la vita familiare delle tre sorelle, ponendo l’accento sul fuoco divorante della creazione letteraria che le ha portate alla fama imperitura.
L’autrice inizia dalla loro infanzia sfortunata: rimaste orfane di madre in giovanissima età, sono state allevate dalla severa quanto amorevole zia Elizabeth e dal padre, il reverendo Patrick Brontë.  
Charlotte, la più ambiziosa e determinata, è quella che insegue la fama: vuole che il talento suo e delle sorelle sia noto a tutti.
Emily, la grande poetessa, è timida e riservata al punto da rasentare la maleducazione, ma ha uno spirito indomito e appassionato, e una pienezza emotiva che la spingono a comporre versi di una bellezza incommensurabile. Niente al mondo potrebbe portarla lontano da Haworth e dalla sua amata brughiera. Inoltre, non condivide assolutamente il desiderio di Charlotte di pubblicare i loro scritti.
Anne, la più giovane, dolce e remissiva, desidera soltanto restare a casa con le sorelle piuttosto che lavorare come istitutrice e farsi maltrattare da ragazzini ricchi, ignoranti e viziati.
La Caso racconta gli amori impossibili o sfortunati delle tre giovani donne, il rapporto difficilissimo con il fratello Branwell, ma, soprattutto, permette al lettore di entrare nella canonica di Haworth quando Charlotte, Emily ed Anne, dopo aver terminato tutte le faccende domestiche, possono finalmente riunirsi in salotto, tirare fuori i loro scrittoi, affilare le penne e comporre i loro capolavori.
COSA MI È PIACIUTO
Sono una grande appassionata dei romanzi delle sorelle Brontë e mi sono sempre chiesta come tre giovani donne, cresciute in una canonica in mezzo alla brughiera, in piena età vittoriana, potessero creare dei personaggi complessi e indimenticabili come Jane Eyre, Edward Rochester, Cathy e Heathcliff: finalmente ho trovato la risposta.
COSA NON MI È PIACIUTO
Come sempre quando un libro mi piace enormemente, mi trovo in difficoltà a evidenziarne gli aspetti negativi. Sinceramente, in questo caso, non ne ho trovato nessuno.
L’AUTRICE
Angeles Caso nasce a Gijón nel 1959, figlia di un filologo che dava la buonanotte ai figli con le ballate del Cinquecento. Dopo aver studiato arte e storia moderna, per due anni è il volto di un telegiornale spagnolo, ma non si sente a casa. Torna a dedicarsi alla letteratura a tempo pieno. Alterna il romanzo storico alla fiction, e al centro della sua attenzione c’è sempre il coraggio delle donne. “Controvento”, che racconta la vera storia della sua baby-sitter di Capo Verde, le è valso il premio Planeta. “Tutto questo fuoco” è un omaggio amorevole alla passione inarrestabile delle sorelle Brontë.
LA CASA EDITRICE
Marcos y Marcos più che una casa editrice, in principio era una mansarda a Milano dove Marco Franza e Marco Zapparoli, poco più che ventenni, inventavano, assemblavano e spedivano nel mondo edizioni numerate dai caratteri splendidi e la carta fabbricata a mano. Spesso quei fascicoli esili erano accompagnati da stampe d’artista o riproduzioni di manoscritti originali. Gli autori? Da Mario Luzi a Novalis, da Leonardo da Vinci a Heinrich von Kleist. Il mestiere si imparava strada facendo. Ai tempi, si vendevano meno libri di oggi e la concorrenza era esigua. C’era più tempo per sperimentare e anche per sbagliare. I librini di trenta pagine in un decennio si sono trasformati in una collana “di culto”. Sempre con un occhio ai classici, certo, magari non più così indietro nel tempo.
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gregor-samsung · 1 year ago
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“ In America Latina la tribù bianca si è imposta durante la conquista con la strage dei popoli indigeni e l’imposizione della “civiltà cristiana”. In questi ultimi trent’anni, i gruppi fondamentalisti cristiani e le Chiese evangeliche provenienti dagli Usa vi hanno trovato terreno fertile. Oggi il “suprematismo bianco” sta penetrando in quasi tutti gli Stati dell'America Latina. Forse il caso più eclatante è proprio il suo trionfo in Brasile. “Siamo in un Paese,” afferma la filosofa brasiliana Djamila Ribeiro, “che a lungo ha negato l’esistenza del razzismo. Il Brasile è stato uno degli ultimi ad abrogare la schiavitù (1888) che era alla base dell'economia brasiliana. Gli schiavi liberati non hanno avuto né terra né diritti. Il governo invece ha favorito l’immigrazione europea per lo ‘sbiancamento’ della popolazione brasiliana e a questi ha dato terreni. Il Brasile non aveva la segregazione legale come negli Usa, ma aveva e ha ancora una segregazione di tipo istituzionale. La popolazione povera è povera perché nera.” È in questo scenario che le Chiese evangeliche Usa sono riuscite a penetrare nel tessuto brasiliano e a diventare talmente forti da silurare il governo di Dilma Rousseff, per eleggere l’ex militare Jair Bolsonaro, che sta portando avanti una politica omofoba, sessista e xenofoba. Bolsonaro ha venduto il Brasile alle multinazionali che stanno massacrando l’Amazzonia. E, da buon seguace di Chiese fondamentaliste e negazioniste, non ha voluto fare nulla per bloccare la pandemia da Covid-19, portando il Brasile al disastro sanitario. Nel Paese confinante, la Colombia, gli accordi di pace tra il governo e le Farc sono falliti perché evangelici e cattolici fondamentalisti vi si sono opposti asserendo che quegli accordi difendevano aborto, omosessualità… Altrettanto in Bolivia, dove i militari e i gruppi religiosi fondamentalisti hanno compiuto un colpo di Stato contro Evo Morales, il presidente della Repubblica, reo di aver dato centralità politica, culturale ed economica ai popoli indigeni, da sempre schiacciati. E hanno organizzato il colpo di Stato con la Bibbia e il Crocifisso in mano. Ma nelle elezioni del 18 ottobre 2020, i cittadini hanno dato la maggioranza assoluta (il 53 per cento) al Movimento per il Socialismo (Mas), eleggendo Luis Arce, ex ministro di Morales, come presidente della Repubblica. Lo stesso sta avvenendo in Centro America. In Costa Rica, nel 2018, il pastore evangelico Fabricio Alvarado ha vinto le elezioni presidenziali con una piattaforma a favore dei “valori cristiani” contro l’aborto e a favore del neoliberismo. Nel Salvador, il presidente della Repubblica, Nayib Bukele, al suo insediamento ha invitato il pastore evangelico argentino Dante Gebel, molto legato ai pastori ultraconservatori degli Usa, a guidare la preghiera. Un deputato ha presentato una mozione in Parlamento per imporre la lettura obbligatoria della Bibbia in tutte le scuole. Sono solo alcuni esempi di un movimento che potremmo chiamare l’“internazionale cristo-neo-fascista, neo-liberale e patriarcale”. In America Latina è la reazione della tribù bianca in difesa della propria supremazia: utilizzare il “Vangelo della prosperità” per legittimare il neoliberismo imperante. “
Alex Zanotelli, Lettera alla tribù bianca, Feltrinelli (collana Serie Bianca); prima edizione marzo 2022. [Libro elettronico]
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fashionbooksmilano · 2 years ago
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I Travestiti
fotografie a colori
Lisetta Carmi
a cura di Giovanni Battista Martini con testi di Juliet Jacques, Vittorio Lingiardi, Paola Rosina
Contrasto, Roma 2022, 160 pagine, 94 fotografie a colori, cartonato con copertina in plancia,  24,3 x 31,8 cm, ISBN  9788869659065
euro 39,00
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I travestiti. Fotografie a colori di Lisetta Carmi. pubblicato a cinquanta anni dalla pubblicazione de I travestiti (Roma, Essedi, 1972) e a pochi mesi dalla scomparsa dell’autrice appaiono, è un volume fortemente voluto dalla fotografa, con foto inedite a colori di uno dei reportage più intensi e importanti della storia della fotografia, ritrovate nel suo archivio nel 2017. Queste immagini compongono un corpus ampio e completo che permette una nuova lettura del lungo lavoro di Carmi con la comunità dei travestiti di Genova. Si ricostruisce la storia del libro edito nel 1972.Alla fine del 1965, per la festa di Capodanno, Lisetta Carmi, grazie a un amico viene invitata in una casa di travestiti che vivevano e lavoravano nell’ex ghetto ebraico del centro storico di Genova. La sera stessa comincia a fotografarli, dando inizio a un’amicizia e a una frequentazione che prosegue fino al 1971. L’anno successivo Sergio Donnabella, per la casa editrice Essedì, creata appositamente per questa pubblicazione che aveva ricevuto il no di altri editori, pubblica il libro I travestiti , un albo rosa a metà tra libro d’arte e libro inchiesta, esplicito tra durezza e sobrietà, con testi della stessa Lisetta Carmi e dello psicanalista Elvio Fachinelli e impaginazione grafica di Giancarlo Iliprandi. Ma il lavoro sull’identità sessuale racchiuso in quelle pagine sembra ai più fin troppo spudorato e anche solo la scelta del titolo, che rivela una presa di posizione inaccettabile, provoca scandalo.
Nell’edizione di Contrasto Carmi sfrutta la potenza comunicativa del colore per fare emergere la verità, attraverso la concreta fisicità dei suoi soggetti. La ricerca della verità è suprema linea guida di tutta la sua pratica fotografica. Le fotografie documentano la lunga preparazione di trucco, pettinatura e le fasi della vestizione, dalle immagini in reggiseno e reggicalze fino allo scatto in cui finalmente queste persone si mostrano al mondo come vorrebbero essere accolte. Essere rappresentate significa esistere, avere corpi, volti, nomi. Carmi si spinge oltre, e fotografa i travestiti che in tempi pionieristici si erano avviate al percorso di transizione a spasso per la città, al di fuori dei confini dell’antico ghetto ebraico che per troppe di loro era protezione ma anche prigione. Sono il primo passo di un cammino ancora lungo e doloroso. L’obiettivo di Lisetta restituisce loro normalità e bellezza.
02/02/23
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io-rimango · 1 year ago
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Ieri ho passato la serata a leggere un libro che ho trovato in una piccola libreria della mia città, si chiama “Diario di un ragazzo invisibile”, iniziato e finito ieri. Una lettura semplice ma di impatto che, inutile dirlo, mi ha fatto riflettere davvero tanto su quanti bambini che si sentono invisibili io incontri nel lavoro che faccio.
Oggi avevo il turno di mattina al centro con i bambini, non ci andavo da un po’ e sono stata inondata di abbracci e di “mi sei mancata” da parte di molti di loro (inutile dire come questo mi abbia letteralmente riempito il cuore di gioia).
S., ha 10 anni e ha un riccio per ogni suo capriccio (e credetemi, ne ha davvero tanti), stamattina era arrivata da neanche dieci minuti, mi ha abbracciata forte e poi staccandosi ha esordito con un “sai, ora ho capito che voglio proprio realizzare l’incubo di mamma”, la domanda allora mi è sorta spontanea “e sarebbe?” e lei mi ha risposto tutta convinta “l’incubo di mamma? La mia felicità.”
Mi tocca sempre quanto questi bambini siano un fiume di parole quando li incontro, quanto siano costantemente alla ricerca di qualcuno da cui si sentano “visti” e “ascoltati”, qualcuno che dia un corpo a tutta quell’emotività che si tengono dentro. Spero tanto, nel mio piccolo, di farli sentire ogni volta un po’ meno “invisibili” agli occhi del mondo, ma soprattutto ai loro.
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cinquecolonnemagazine · 10 months ago
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Elefanti e zanzare
Ci sono tanti modi di riempirsi di debiti, dai più nobili ai più beceri. C’è chi firma cambiali per comprarsi l macchinone, chi è costretto ad aprire un mutuo per pagare le spese mediche a un figlio. C’è chi compra una casa per la sua famiglia e chi, moderno Dimitri Karamazov, si sputtana tutto in feste donne alcol e droghe. C’è chi lo fa per se, chi per i propri familiari, chi per investimento e chi per vanagloria. E poi c’è Novello Malatesta, mio nuovo eroe. Siamo nel 1400, a Cesena. Si respira aria di Rinascimento, ma la vita non è affatto facile: l’Europa è devastata da ondate successive di peste nera, l’Italia è dilaniata da guerre. Le condizioni igieniche sono terribili, la mortalità infantile è altissima, l’aspettativa di vita media è di trentacinque anni. La cultura? Roba per pochi. La stampa devono ancora inventarla, la carta è poco diffusa, i libri sono rari e difficili da realizzare. Costosissimi. In un’epoca in cui potere e ricchezza si misuravano in terra, un manoscritto in pergamena arrivava a costare l’equivalente di due o tre poderi. Bene, in questo scenario si svolge la storia di Domenico Malatesta, signore di Cesena, soprannominato Novello. L’emblema dei Malatesta era l’elefante indiano, e Novello scelse come effige un Elefante accompagnato dall’epigrafe: “L’elefante non teme le zanzare” Era un bel personaggio Novello. Costantemente in lite col fratello Sigismondo, signore di Rimini; liti che per anni sfociarono in una sanguinosa guerra, terminata solo grazie all’intervento pacificatore degli Este. Ma le guerre col fratello erano solo una distrazione da quello che era il suo intento principale: far grande la sua città. E così, malgrado le guerre e le liti familiari, durante gli anni illuminati del suo governo commissionò fortificazioni, ospedali, importanti opere di ingegneria civile (tra cui addirittura un traforo nel quale far scorrere un canale che doveva alimentare mulini). E poi iniziò la costruzione di quello che era il suo sogno, e che diventò la sua ossessione: la grande Biblioteca Malatestiana, quella che diventerà la prima biblioteca civica d’Italia. Commissionò la costruzione all’architetto Matteo Nuti, e insieme a lui concepì quella che è uno dei più palpabili esempi di amore per la cultura. Il fuoco, nemico per definizione dei libri, era bandito, quindi niente candele. Per poter leggere serviva la luce, quindi la struttura doveva essere piena di finestre. Anche l’acqua è nemica dei libri, quindi serviva un giusto grado di umidità e un’adeguata areazione. Il risultato è una biblioteca pensata come una chiesa, dove però la divinità venerata sono i libri. I libri, preziosissimi, sono incatenati ai banchi, i meravigliosi “Plutei” in legno, che fanno da panche, scaffali e leggio. La particolarità qui è che non è il libro che viene portato al banco di lettura, ma è lo studioso che deve andare dal libro, che ha una sua posizione fissa. Il libro al centro, più dell’uomo che lo legge; il libro come oggetto di culto di rispetto e venerazione, in una biblioteca che sembra una Cattedrale. Così il nostro Novello, dopo aver definito il progetto, inizia a spendere per le opere di realizzazione. Intanto c’è la Peste, ci sono le guerre col fratello, ci sono le carestie: Novello non si fa distrarre, e porta avanti il suo sogno. La biblioteca sarà dichiaratamente pubblica, a beneficio della cittadinanza, ma ad un tratto le autorità cittadine, spaventate dall’aumentare vertiginoso dei costi, decidono di tagliare i fondi, dirottandoli su capitoli di spesa più concreti, e bloccano il progetto: Novello non si scoraggia, mette mano al suo ingente patrimonio personale, e di tasca sua continua a finanziare i lavori e ad acquistare volumi. I suoi consiglieri finanziari sono molto preoccupati, i fondi, pur abbondanti, sono agli sgoccioli, cercano di dissuaderlo e fermare quel suicidio economico: Novello se ne frega e compra sette rarissimi testi ebraici. Le casse sono ormai vuote, la biblioteca è completa ed inaugurata, ma non porta alcun reddito perché aperta gratuitamente a tutti gli studiosi; Novello riceve una lettera da Costantinopoli dove un suo agente ha reperito quattordici manoscritti greci, acquistabili per una somma da capogiro: Novello non ci pensa un attimo, si indebita mettendo a garanzia il suo patrimonio immobiliare personale e, contentissimo, perfeziona l’acquisto. Alla sua morte lascerà per testamento la biblioteca alla città di Cesena, con precise disposizioni sulla pubblica fruibilità e sulla figura professionale che dovrà prendersi cura dei libri (per i quali aveva previsto in pagamento di un fondo a parte). Ho un debole per chi vive di passioni. Se poi queste passioni sono destinate al bene collettivo, mi emoziono. Me lo immagino Novello, dopo aver firmato il mutuo per l’acquisto dei 14 codici greci; mi sembra di sentire la sua impazienza, nell’attesa che i libri arrivino da Costantinopoli; mi sembra di percepire il suo orgoglio, nel pensare a quanti potranno accedere gratuitamente a quella immensa fonte di cultura altrimenti preclusa a tutta l’Italia. Mi sembra di sentire i bisbigli e i mormorii dei suoi grigi burocrati, dei contabili, dei concittadini benpensanti che lo prendevano per pazzo: riempirsi di debiti per regalare libri al popolo, che follia! Ma gli elefanti non temono le zanzare E allora vai avanti Novello, per la tua strada. Da parte di tutti noi , amanti della lettura che hanno la fortuna di vivere in un’epoca in cui i libri sono accessibili a tutti, ti giunga un immenso ed imperituro grazie. E che questa storia possa aiutare tutti noi, ognuno di noi, a ricordarci ogni giorno come vogliamo vivere la nostra vita. Ogni giorno facciamo scelte che in qualche modo definiscono quello che siamo: Sta a noi decidere se essere Elefanti o Zanzare Foto di Andrea Sylos Labini per Cinque Colonne Magazine Read the full article
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conilsolenegliocchi · 2 years ago
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~ Arsenico ~
Le cantine possono essere posti pericolosissimi. Pieni di insidie. Specialmente se si è disordinati ed accumulatori cronici. Se non si fa attenzione si rischia di inciampare o che qualcosa, in bilico, possa cadere e colpirti. Anche metaforicamente parlando.
Avanzo perciò con la massima cautela nel caos generale, con l'intento di uscire di lì con il testo di economia che mi serve, il corpo incolume e la volontà intatta di riordinare quel porchitorio con due euro di benzina. Tra scatole e scatoloni, impilati a cavolo, ne intravedo uno con la scritta "Libri". Bingo. Pensavo peggio dai. Pesa da cani ma riesco a trascinarlo fuori dal mucchio. Quel che resta dello scotch da imballo viene via quasi spontaneamente tant'è deteriorato, con sommo gaudio del mio semipermanente fresco di estetista. Apro con la dovuta circospezione: questo scatolo è qui da tempo immemore, niente di difficile che spunti fuori qualche odiosa sorpresina zamputa. Con estremo disappunto mi rendo conto che non sono i testi scolastici che cercavo, ma libri da lettura. Eppure avevo fatto piazza pulita di questa roba decenni fa... Con svariati bps di ritardo rispetto al mio stomaco, che s'è già stretto in una morsa, il mio cervello realizza di cosa si tratta: sono "i libri". Quelli dei quali non riuscivo a separarmi. Quelli regalati, letti insieme da vicino o da lontano. Quelli con le frasi sottolineate. Quelli che fumiamoci una Philips Morris sopra. Come fa strano vederli adesso, ingialliti dal tempo e dall'umidità.
Una persona più intelligente avrebbe richiuso la scatola in un nanosecondo. Ma io, no... Per la serie "facciamoci male" ne pesco uno a caso. 1984. Ricordo e sorrido. Apro e sulla parte interna della copertina ci sono tre dediche. La sua calligrafia. "Tuo Alex" scriveva. Mio, sticazzi eh. Come fa ridere adesso, con un paio di decenni e più di senno di poi. Chissà, forse anche lui, come me, ha continuato a pensarmi e a ricordarmi, conservando gelosamente in una sorta di sancta santorum della mente tutto di noi. Allora quel "tuo" avrebbe ancora un senso, perché una parte di lui è rimasta mia. Lo porto al viso nell'assurda speranza che un po' del suo profumo sia rimasto nel libro. Ne spruzzava sempre un bel po' tra le pagine dei libri che mi spediva. Li infestava letteralmente di Paco Rabanne. Niente. Sfoglio a vuoto senza soffermarmi su niente, arrivando al retro della copertina. C'è qualcosa scritto di mio pugno stavolta: un numero di cellulare.
Si sblocca un cluster sovrascritto nel cervello e lo riconosco. Immediata sensazione di ferita da arma da fuoco al centro del petto. Lo avevo perso, perso definitivamente quando mi avevano rubato il cellulare più o meno vent'anni fa. È passato troppo tempo, cioè voglio dire, la probabilità che sia ancora il suo numero è al lumicino. Poi penso... hai visto mai... anch'io ho lo stesso numero da trent'anni. Adesso una persona intelligente avrebbe fatto finta di niente, riposto il libro nello scatolo coperto e allineato agli altri, gettata la chiave del garage nel tombino e se ne sarebbe andata buona buona a fanculo. Ma io, no no... Per la serie "facciamoci del male - seconda stagione", ho già il cellulare in mano e sto memorizzando quel numero in rubrica sotto un nome improbabile. Non contenta, vado su whatsapp e lo cerco. Visualizza contatto. Ingrandisco la foto profilo. La ferita da arma da fuoco sanguina che è una meraviglia. Lui, con berretto e occhiali da sole, oggi come allora. Le sue braccia, sempre perfette, sono coperte di tatuaggi che un tempo non c'erano. Ne aveva solo uno ai nostri tempi, che poteva arrivare a vedere solo chi era molto intimo. Chino di profilo, espressione neutra, concentrata, mentre fa, o tenta di fare, la coda ai capelli di una bambina. Indossa anche lei occhiali da sole ed ha lo stesso naso e la stessa identica bocca di lui. È bellissima. Mi assale un brivido. Ripenso a quando diceva che non si sentiva in grado di essere un padre, che era uno stronzo, che non aveva niente da dare, e invece eccolo lì. E io per questo non gli ho mai detto che, a volte, invece fantasticavo su come poteva essere una figlia nostra. Chissà perché la immaginavo sempre femmina. Forse perché le femmine, quasi sempre, patrizzano. In uno dei suoi tatuaggi, che prende quasi tutto l'avambraccio, si legge chiaramente Giada.
Chiudo la foto e mi sposto nei cosiddetti "stati", ma non mi appare nulla. O non ne pubblica o, come vuole ma regola, non li posso vedere perché non ha anche lui il mio numero memorizzato. Si forma un nodo in gola. Mi bruciano le guance per quanto mi sento ridicola ad averlo anche solo pensato. Ovvio che mi ha cancellata. Anni e anni senza un minimo accenno di contatto. Mica sono tutti patetici come me. Ovvio.
Torno indietro e mi concentro sulla frase nelle info: "Che dolore dentro me quando piove e non stai con me". Uhm, non mi suona, decisamente non è il suo modo di scrivere questo, sarà una citazione. Copio e incollo su Google: vai bello, trovala! Detto fatto: come volevasi dimostrare, la frase è tratta da una canzone.
Arsenico
"Sigarette di plastica
vodka dentro una tanica
io non so più di te (non so più di te)
... che dolore dentro me
quando piove e tu non stai con me
...cicatrici di Venere
sul mio cuore di cenere
io non so più di te (non so più di te)
ma che dolore c'è
...spilla qui le tue lacrime
non cancellare le dediche
io non so più di te (non so più di te)
ma che dolore c'è
... io non dimentico
siamo stati un oceano
stelle che poi si infrangono
sugli scogli della tua costa nuda
io non dimentico..."
Resto imbambolata per un tempo che non saprei quantificare. Il mio stomaco è un reattore nucleare. Mi si sono rizzati anche i peli dietro al collo. Nella testa tutto e niente. Se avesse avuto un display sono sicura che avrei visualizzato il messaggio "L'applicazione cervello non risponde. Memoria insufficiente per completare l'operazione richiesta. Si prega di arrestare processi e riavviare." Immagini stroboscopiche. No. Non è. Non può essere. O forse sì? Tira il freno a mano e metti a folle ciccia. Respira. Brava così. Stai solo vedendo quello che vuoi vedere. Chissà per chi è quella canzone, a chi pensava. Stupidissima me, ancora una volta.
La chat è aperta. Il cursore lampeggia al ritmo del cuore che sento rimbombarmi nelle orecchie. Che voglia di mandargli la foto della dedica dove mi chiedeva di conservare il suo libro per sempre, scrivendogli che ho mantenuto la promessa, io. Come tante altre, io. E raccontargli tutto quello che è successo dopo noi, di come la collisione con la sua vita ha cambiato irreversibilmente la traiettoria della mia. Di cosa non ho fatto nel tentativo di dimenticarlo. Quante stronzate, che hanno gettato solo acqua bollente sulle bruciature del mio cuore. Le notti a bere lacrime fino ad ubriacarmi, le risse tra me e la disperazione, la malinconia, l'orgoglio e la voglia. La voglia di mettermi in macchina, e viaggiare per ore nella notte, solo per vederlo un'ultima volta ancora. Vedere quel ghigno perverso un'ultima volta ancora. Vedere i suoi occhi scuri un'ultima volta ancora. Stringerlo a me, forte, fortissimo, respirando il suo odore un'ultima volta ancora. E poi fargli quella domanda, che da allora mi scava dentro: perché. Perché? Senza una parola, dopo tutto quel fottuto tutto che c'era stato. Senza un addio che mi liberasse. Una spiegazione, almeno una cazzo di spiegazione, pure farfugliata, me la meritavo. O forse avrei dovuto avere le palle di andarmela a prendere veramente, costringendolo a dirmela guardandomi in faccia. Io? Questo dovevo? Ma poi sarei stata uguale a tutti gli altri, a tutti gli altri che nella vita lo hanno sempre "costretto a". Epperò, ke cazz!
Mi sento tirare per le orecchie dall'orgoglio. Siamo donne o caporali? Basta così, riprendiamoci. Mi alzo e mi sento come se mi avesse investita un autobus. Rimetto il cellulare in tasca giusto un attimo prima che arrivi mio marito.
- "Hey ma ti sei persa quaggiù?".
Oh, cazzo sì. Non sai quanto. Persa completamente.
- "Hai trovato almeno il libro?"
- "Ehm... No."
- "E quello?"
Stringo il libro a me, come se volessi difenderlo, proteggerlo.
- "No, niente, un vecchio romanzo... Lo voglio rileggere"
- "Pure! non ti bastano quelli che già hai sopra?"
- "No, questo è più bello".
Lo liquido definitivamente facendo spallucce.
- "Ok. Dai lascia stare, è inutile. Ormai è andato, chissà dov'è. È una bella giornata. Ce jamm 'a pigliá nu bell café?"
Ma di che parla?!!! Ah, il libro che cercavo. Ormai è andato. Magari fosse... È sempre qui, dentro, intorno a me, ovunque mi trovo, notte, giorno, da un paio di decenni, forse più, a questa parte. Il mio pensiero fisso collaterale. L'assenza più presente mai percepita. Maledetto.
- "Eh sì, jammuncenn!".
In fondo cos'altro posso fare se non continuare ad andare avanti? Mi ripeto mentalmente. Questo ho sempre fatto, imperterrita, granitica, nessuno ha mai saputo, nessuno potrebbe immaginare cosa mi consuma dentro. La mia vita è qui e un bel caffè sicuramente mi aiuterà a togliere questo gusto amaro, questo "arsenico" dalla bocca. Peccato solo che ho smesso di fumare... adesso ci voleva proprio una cazzo di Philips Morris Blu... chissà se esistono ancora le 100's.
Penso questo, mentre camminando mi assicuro ancora una volta che il cellulare sia in tasca, al sicuro, più per quello che adesso contiene che per il resto. Non si può mai sapere. Sento gli applausi a scena aperta di tutti i miei tormenti. Eh sì. Sono un caso perso.
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canesenzafissadimora · 2 years ago
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Una volta ho letto un libro camminando. Era piccolo e stava dentro la passeggiata di un’ora. L’avevo preso in prestito senza chiedere permesso. Sarebbe appropriazione indebita se non l’avessi riportato in giornata al suo posto.
Era di Agota Kristov e mi sono appuntato, per non dimenticarla, questa frase: ”È diventando assolutamente niente che si può diventare uno scrittore”.
A proposito del prelievo da uno scaffale di altro proprietario, credo che ogni lettura sia un’appropriazione di parole altrui, durata quanto il tempo impiegato a leggere. Dopo la dimentico facilmente, titolo e nome del titolare della storia.
Non per questo è spreco di tempo. Me lo ha fatto capire il prete anziano di un piccolo centro, raccontandomi di un suo parrocchiano. Ritornato a casa dalla funzione domenicale diceva alla moglie che il prete aveva parlato tanto bene. Alla domanda di lei su cosa avesse detto, non aveva saputo ricordare nulla. Lei gli aveva rimproverato di avere perso tempo se già si era dimenticato.
Lui si era giustificato all’incirca così: ”Quando il prete parla per me è come l’acqua che lava l’insalata. L’acqua scorre via, non la trovi più, ma dopo l’insalata è pulita”.
Così è per me per i libri che leggo. Lo scorrere delle pagine scivola via, ma la testa, come l’insalata, è stata rinfrescata.
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Erri De Luca
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carmenvicinanza · 1 year ago
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Colette
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Colette, iconica scrittrice della prima metà del XX secolo, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia.
Con la sua vita e la sua arte ha sfidato le convenzioni sociali e aperto la strada a una nuova generazione di letterate.
Insignita delle più importanti onorificenze accademiche, è stata la seconda donna nella storia della Repubblica Francese a ricevere funerali di stato (dopo Sarah Bernhardt).
Ha aperto una strada per il rinnovamento del romanzo tradizionale che ha portato alle sperimentazioni del Nouveau Roman.
Oltre che scrittrice prolifica è stata attrice, autrice e critica teatrale, giornalista, critica cinematografica e anche commerciante di cosmetici.
Si è ritrovata più volte al centro di scandali per le sue disinibite relazioni sentimentali.
La sua vita e la sua opera letteraria sono state la testimonianza di una donna libera, anticonformista e emancipata, che ha contribuito a rompere tanti tabù.
Per prima ha rappresentato l’uomo come fonte di piacere per la donna.
Nata col nome di Sidonie-Gabrielle Colette, il 28 gennaio 1873 a Saint-Sauveur-en-Puisaye,  è cresciuta in Borgogna in grande libertà e a stretto contatto con la natura. Spinta alla musica e alla lettura sin da piccolissima, era stata educata dalla madre, una donna di mentalità moderna, dichiaratamente atea e anticonformista, che in paese dava scandalo prendendo a servizio ragazze madri.
Nel 1889 conobbe Henri Gauthier-Villars, detto Willy, scrittore e giornalista che divenne il suo primo marito e che seguì a Parigi.
L’uomo la introdusse nell’ambiente artistico e mondano e, intuendone il potenziale, la incoraggiava a scrivere pubblicando però i libri sotto il suo nome, come faceva con tanti altri artisti che costituivano la sua officina letteraria. Nacque così la fortunata serie di Claudine, uno dei maggiori best seller francesi di tutti i tempi. I romanzi ebbero tale successo popolare da diventare un marchio commercializzato che produceva abiti, accessori, un tipo di pettinatura, prodotti di bellezza e ogni sorta di mercanzia. Dai libri venne tratto anche uno spettacolo teatrale interpretato dalla stessa Colette che, col coniuge, rappresentava il simbolo della vita mondana della capitale francese.
Nel 1904 venne pubblicato Dialogues de bêtes, firmato Colette Willy, il primo libro in cui comparve anche il suo nome.
Il matrimonio andò presto a rotoli, lui la tradiva continuamente e lei ebbe una liaison con la marchesa Mathilde de Morny. Nel 1907, al Moulin Rouge, durante la messa in scena della pantomima Rêve d’Égypte, le due amanti diedero scandalo baciandosi con passione sul palco. Nello stesso anno Colette e Willy si separarono legalmente e venne pubblicato l’ultimo romanzo della saga di Claudine dal titolo Il rifugio sentimentale (La retraite sentimentale).
Nel 1908 Colette si fece notare dalla critica pubblicando su La Vie Parisienne dei testi, poi raccolti nel volume Viticci (Les vrilles de la vigne), uno dei quali (Nuit blanche) tratta della sua relazione con Missy, come lei chiamava la marchesa. È stata protagonista di vari spettacoli teatrali e un’ottima conferenziera.
Ammessa alla Société des Auteurs, intraprese, vincendo, una serie di azioni legali contro il marito.
Dopo il divorzio, nel 1910, nacquero le collaborazioni con giornali come il Paris-Journal e Le Matin, mentre pubblicava romanzi a puntate, ne La Vie parisienne.
Nel 1912 ha sposato il barone Henry de Jouvenel da cui ha avuto la sua unica figlia.
Durante la prima guerra mondiale la sua attività giornalistica si era intensificata. Successivamente, ha scritto anche articoli di critica cinematografica e una sceneggiatura originale per il film La flamme cachée. È stata caporedattrice della sezione letteraria di Le Matin e critica teatrale.
È stato il romanzo Chéri, pubblicato in feuilleton nel 1920, a consacrarla anche agli occhi della critica. La storia autobiografica di una donna matura innamorata di un ragazzo di ventiquattro anni più giovane venne apprezzata e commentata da autori come Proust, Gide e Cocteau. La Nouvelle Revue Française affermò che Colette era «la scrittrice che ha introdotto nella nostra letteratura la prosa femminile che le mancava».
Nello stesso anno venne insignita della Legion d’onore con il grado di Cavaliera.
Tra scandali, alti e bassi, arrivò anche il divorzio dal secondo marito e, lasciato il giornale che lui dirigeva, scrisse per Le Figaro, vivendo dei proventi da giornalista, dedicandosi al teatro senza mai abbandonare la scrittura.
Nel 1928 venne promossa al grado di Ufficiale della Legion d’onore. Due anni dopo è uscito Sido, sulla storia di sua madre.
Il film che aveva sceneggiato, tratto dal suo romanzo La vagabonda, è stato il primo in sonoro in Francia.
Nel 1932 aveva aperto un centro di bellezza e in breve si era ingrandita e creato un marchio di cosmetici con la sua immagine sulle etichette.
Nonostante le divagazioni commerciali non ha mai smesso di scrivere romanzi, sceneggiature e articoli di critica teatrale per Le Journal e poi per Paris-Soir.
Nel 1936 venne nominata Commendatrice della Legion d’onore e entrò a far parte dell’Académie royale belge de langue et de littérature françaises.
Ha trascorso tutto il periodo della guerra a Parigi, in un appartamento al Palais-Royal, afflitta da un’artrosi all’anca.
Nel 1941 il suo terzo marito, Maurice Goudeket, che era ebreo, venne spedito in un campo di concentramento, riuscì a farlo liberare l’anno successivo, sfruttando le sue amicizie.
Il suo romanzo più celebre, Gigi, pubblicato nel 1944, le valse un grande riconoscimento e divenne una famosa opera teatrale e un celebre film.
Diventata un’istituzione vivente, ha passato gli ultimi anni della sua vita semi paralizzata, sul divano-letto sul quale lavorava e riceveva i tanti ospiti che andavano a renderle omaggio.
Diventata Presidente dell’Académie Goncourt, il suo ultimo libro è stata la raccolta En pays connu.
Nel 1950, fra spostamenti vari in cerca di cure e il lavoro di adattamento teatrale del suo romanzo La Seconda venne eletta Presidente onoraria del Consiglio letterario del Principato di Monaco e ricevette in visita la regina Elisabetta del Belgio.
Nel 1951, tornata a Montecarlo sempre in cerca di cure, aveva notato all’Hôtel de Paris una giovane attrice, Audrey Hepburn, che scelse per interpretare la commedia Gigi, andata in scena a Broadway.
Nel 1953, in occasione dei suoi 80 anni, ha ricevuto tributi e onorificenze come la medaglia della Città di Parigi, venne nominata membro onorario del National Institute of Art and Letters di New York e ricevette il grado di Grand’Ufficiale della Legion d’Onore.
È morta il 3 agosto 1954 nella sua stanza al Palais-Royal. Nonostante la Chiesa le avesse rifiutato i funerali religiosi, ha ricevuto un funerale di stato. È sepolta nel cimitero di Père-Lachaise.
Nella sua lunga carriera ha prodotto circa ottanta  volumi fra romanzi, racconti, memorie, opere per il teatro, raccolte di articoli giornalistici e di recensioni teatrali, oltre ad una sterminata corrispondenza personale che venne raccolta e pubblicata in epistolari.
Donna ribelle e anticonformista, ha segnato un’epoca, ispirato film, libri, spettacoli occupando un posto di rilievo nel pantheon delle celebrità di tutti i tempi. Il suo nome è consegnato al mito.
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curiositasmundi · 2 months ago
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Da PagoPa al Maxxi della gestione Giuli, dall’Istituto poligrafico al centro per il libro e la lettura. C’è una società di lobbying in Italia che nell’era del governo Meloni è diventata sempre più forte. E ricca. È Utopia lab, anche nota con l’abbreviazione Utp, di Giampiero Zurlo, golden boy del lobbismo italico ed ex pupillo di Marcello Dell’Utri. Utopia, soprattutto nell’ultimo biennio, ha infatti aumentato il volume di affari – tra affidamenti diretti e gare vinte – con le partecipate statali e gli enti pubblici.
Un caso eccezionale visto che in pubblico Giorgia Meloni lancia strali nei confronti di «lobbisti e affaristi». Un mucchio indistinto per agitare lo spauracchio dei poteri forti.
Nella lista dei nemici è stato inserito soprattutto Luigi Bisignani, giornalista, lobbista e consigliere abile a muoversi nei palazzi del potere romano. La presidente del Consiglio è ossessionata da possibili complotti e vede ombre di congiure in ogni angolo. E a palazzo Chigi Bisignani viene considerati tra i possibili registi, nonostante sia un amico di vecchia data del ministro della Difesa, Guido Crosetto, co-fondatore di Fratelli d’Italia.
Bisignani ha ribadito l’amicizia in una recente intervista. Ma non basta a risollevare la considerazione nei suoi confronti.
La tela di Zurlo
Agli antipodi di Bisignani c’è quindi Zurlo, 41 anni, che ha saputo costruire una rete tra lobby e comunicazione, investendo – coadiuvato dal socio Ernesto Di Giovanni – anche nell’editoria con l’acquisizione di quote della rivista Formiche e la fondazione del sito Watcher post.
«È uno dei pochi lobbisti capace di dialogare direttamente con il sottosegretario, Giovanbattista Fazzolari», racconta a Domani chi conosce bene il fondatore di Utopia. Il braccio destro di Giorgia Meloni è noto per la sua ritrosia a incontrare portatori di interessi o rappresentanti di poteri forti o presunti tali. A meno che non siano meritevoli della sua fiducia.
Il sottosegretario ha comunque smentito, in un articolo su Repubblica, di avere un canale privilegiato con Zurlo. Ma le entrature di Utopia a palazzo Chigi, a più livelli, non mancano sebbene si eviti di sbandierare il rapporto.
Resta poi la certezza numerica: come ha potuto ricostruire Domani, Utopia nell’ultimo biennio ha visto balzare verso l’alto gli introiti legati ai contratti pubblici. Il grafico ascende di pari passo all’arrivo del governo Meloni. Nel 2020 – nel pieno del governo Conte II – gli affidamenti e l’aggiudicazione di appalti pubblici ammontava a soli 38mila euro, l’anno successivo i ricavi con il pubblico sono incrementati di poco, a 70mila euro, e nel 2022 c’è stato un altro balzo, sempre contenuto, a 95mila euro.
Il primo vero boom si è verificato nel 2023 – quando il governo Meloni era al timone – con 257mila euro di introiti per i rapporti con il pubblico. La scalata non è finita, anzi: la somma ha toccato il picco di 339mila euro nell’anno in corso.
Società melonizzate
L’ultimo contratto, il più sostanzioso, è quello stipulato con PagoPa, la società che garantisce i pagamenti online dei contribuenti, grazie all’aggiudicazione di un bando di gara per un totale di 169mila euro per i «servizi di consulenza strategica in ambito di relazioni istituzionali e stakeholder engagement». Insomma, PagoPa ha ora la sua società di lobby. E si torna laddove si era partiti: a palazzo Chigi.
L’amministratore delegato della società è Alessandro Moricca, uomo di fiducia di Fratelli d’Italia e che vanta un buon feeling proprio con Fazzolari. Moricca è un esperto di turismo e soprattutto di dati: proprio in questa veste, nel 2020, ha partecipato a un evento – fatto in videoconferenza – promosso dai parlamentari di Fratelli d’Italia per raccontare i «veri numeri» del Covid-19. Il cerimoniere dell’evento era proprio Fazzolari, all’epoca solo senatore di FdI, coadiuvato dal suo braccio destro, Francesco Filini, diventato erede al vertice del centro studi del partito meloniano. Moricca è un manager di comprovata fiducia per palazzo Chigi, tanto che è stato tra i primi nomi piazzati nel giro di cambi al timore delle società statali.
Zurlo, comunque, vantava già un certo feeling con PagoPa. A un mese dalla vittoria elettorale del centrodestra, nel 2022, aveva ricevuto un affidamento diretto 80mila euro, stabilito dal precedente consiglio di amministrazione della partecipata pubblica.
Ma a marzo Utopia è passata all’incasso anche altrove. Esattamente con un affidamento diretto da 96mila euro, dell’Istituto poligrafico e zecca dello stato per un «servizio di consulenza strategica per i vertici aziendali». Al vertice dell’Ipzs siede come presidente del cda Paolo Perrone, ex sindaco di Lecce, e dirigente di spicco di Fratelli d’Italia in Puglia.
È un uomo di fiducia del neo-commissario europeo, Raffaele Fitto. Perrone lo ha sempre seguito nelle sue varie avventure, anche quello del partitino Direzione Italia. C’è stato un breve dissidio, poi i due si sono ritrovati dentro FdI.
Non solo. Zurlo può vantare un filo diretto con il nuovo ministro della Cultura, Alessandro Giuli, che da direttore del Maxxi a Roma gli ha affidato un contratto da 30mila per un servizio di supporto alla comunicazione. L’intesa è datata 8 febbraio, quando era impensabile che l’ex editorialista di Libero diventasse ministro.
Da allora le cose sono cambiate in meglio per Giuli che ha preso il posto di Gennaro Sangiuliano al Collegio romano. E con la cultura a Utopia si mangia, a differenza della famosa frase attribuita a Giulio Tremonti (benché l’ex ministro smentisca di averla pronunciata): nel gennaio 2023 la società di Zurlo è stato stipulato un accordo, da 69mila euro in anno, con il Centro per il libro e la lettura (Cepell) per la – «realizzazione di un piano di comunicazione istituzionale esterna e di un piano editoriale per siti web e social». Il Cepell fa riferimento, attraverso la direzione generale biblioteche, che risponde al ministero della Cultura.
Insomma, le entrature di Zurlo nei mondi della destra sono varie e sfaccettate. La spinta alla sua carriera è arrivata con la Fondazione del Buongoverno, creatura di Marcello Dell’Utri lanciata per dare spinta alla coalizione all’epoca capeggiata da Silvio Berlusconi.
Zurlo, all’epoca solo un giovane intraprendente, figurava tra i soci fondatori. Poi, sfruttando le relazioni, ha ramificato la capacità di fare lobbying. Oggi detta la linea della sua società che ha sede in Santa Maria in via, a Roma, alle spalle della galleria Alberto Sordi, proprio a due passi da largo Chigi. Altri uffici hanno aperto a Milano e soprattutto a Bruxelles.
Sforzo editoriale
C’è poi una diramazione di Utopia, il lato editoriale coperto da Zurlo attraverso la società Urania media, che ha acquisito quote della società Base per Altezza, editrice della rivista Formiche, molto influente nel mondo dei lobbisti e del potere.
Urania ha quindi fondato il giornale online Watcher post, garantendosi un avamposto nel mondo dell’informazione digitale grazie all’investimento previsto fino a un milione di euro. Ma Urania consente lo spin off di ulteriori introiti grazie ai rapporti con il pubblico.
Un esempio? Da Ismea, ente che fa capo al ministero dell’Agricoltura di Francesco Lollobrigida, sono stati erogati 20mila euro per la pubblicità dei servizi dell’istituto agricolo sulla rivista Formiche.
Stessa cifra è arrivata dall’Agenzia spaziale italiana, la cui nomina ai vertici spetta al Comint, il comitato per le politiche aerospaziali, presieduto dal ministro delle Imprese di Adolfo Urso. E ancora: 30mila euro sono stati erogati dall’Enac, ente di aviazione civile, per la realizzazione di una campagna di advertising di un evento istituzionale. Affari conclusi nell’ultimo anno e mezzo, in piena era Meloni.
Oggi, insomma, con le sue società Zurlo riesce a dialogare con tutte le articolazioni di Fratelli d’Italia. Qualche difficoltà maggiore arriva sul fronte della Lega. Un caso emblematico è la Sogin, società che gestisce lo smantellamento delle centrali nucleari, in cui il partito di Matteo Salvini sta prendendo il sopravvento in asse con Forza Italia.
Nel 2023 Utopia si è aggiudicata un bando di gara per il monitoraggio sui temi di interessi e la gestione di crisis management per una somma totale di 188mila euro in due anni. Solo che a inizio 2024 è cambiato qualcosa, la società guidata dall’amministrazione delegato, Gian Luca Artizzu, ha puntato sulla Vento associati, estrazione leghista con trascorsi vicini all’ex sindaca di Milano, Letizia Moratti.
In questo caso si tratta di un affidamento diretto da 139mila euro sotto la soglia, dunque senza un bando pubblico. Poco male, comunque. Utopia, a dispetto del nome, ha una base di realtà solida. Grazie anche a FdI.
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poetrificationfestival · 2 months ago
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I finalisti della 5a edizione
La giuria emerita si è espressa e ha scelto i 5 progetti finalisti che accedono alla finale del V Premio Roberto Sanesi il 21 Settembre:
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Gemma Marotta in arte Marge è un’attrice-performer e pittrice. Vanta un vasto curriculum, con esibizioni in molti teatri della Sicilia e prestigiosi riconoscimenti che colleziona in parallelo alle numerose estemporanee d'arte, collettive e personali. La sua formazione inizia da piccolissima con la danza per poi girare l’Europa insieme al gruppo Folkloristico Fabaria Folk come performer. È il 2016 quando si laurea con lode menzione e dignità di stampa in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo all'A.B.A.M.A. di Agrigento con una tesi sperimentale sul Museo Contemporaneo. Nello stesso anno, si trasferisce a Bologna, la città in cui ha la possibilità di formarsi con le realtà più importanti del panorama artistico contemporaneo: Teatro Valdoca, Societas, V. Sieni, E. Dante, M. Biagini, Living Theatre Europa. Si laurea con una tesi sul Teatro Sociale alla Magistrale in Scienze dello Spettacolo e Produzione Multimediale. Il primo lavoro teatrale scritto, diretto e interpretato interamente da se stessa si intitola Sugnu, un inno alla creazione nel quale non mancano le sue pennellate.
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MORA è un progetto di spoken music nato nel 2019 dalla collaborazione tra il musicista Giulio Amerigo Galibariggi e il poeta Sebastiano Mignosa, finalista nel 2021 del Premio Dubito e del Premio Nebbiolo nel 2022. Lo stesso anno il gruppo prende parte al festival di musica emergente MIAMI di Milano e nel 2023 partecipa al Metronimie Festival di Torino e al Klohifest di Ostuni. Debito è il primo album e racconta la storia d'amore tra un ragazzo e la sua città. L'intero lavoro segue la struttura di un prestito bancario, nel tentativo di costruire un parallelismo tra il concetto di debito - inteso come senso di colpa - e la questione generazionale e ambientale legata al Polo petrolchimico di Priolo Gargallo (Siracusa).
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Mirko Vercelli, nato a Torino nel 2000, è un giovane scrittore e poeta performativo, laureato in antropologia all'Università di Torino. Si occupa di cultura pop, politica e media, collaborando con il Centro Studi Sereno Regis. È fondatore e direttore della rivista indipendente «bonbonniere» e ha pubblicato il romanzo Linea Retta nel 2021, oltre al saggio Memenichilismo nel 2024. Il Maltempo Collettivo è un ensemble di musica contemporanea improvvisata concepito con l'obiettivo di creare e condividere un'esperienza di espressione e creatività. La collaborazione tra Mirko Vercelli e il Maltempo Collettivo rappresenta un'interessante fusione tra improvvisazione musicale e spoken word poetico. Questo progetto combina la sensibilità letteraria di Vercelli con l'approccio sperimentale del collettivo, creando un'esperienza immersiva e unica che sfida le convenzioni sia della poesia che della musica contemporanea. La loro performance congiunta esplora nuove forme di espressione artistica, mettendo in dialogo suono e parola in un flusso creativo spontaneo e dinamico.
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Canzoni d’inverno è una raccolta di poesie scritte da Mattia Muscatello, illustrate da Gabriele Sanzo e musicate da Filippo d’Erasmo. Canzoni d’Inverno è un viaggio multisensoriale, un’immersione che permette di leggere, vedere e ascoltare, nel profondo, la consistenza delle emozioni da cui è nato. Mattia, Gabriele e Filippo sono tre persone che sono una persona sola: perché hanno capito come creare un’armonia dalla moltitudine di note, parole e colori che contengono. Restano infatti in tre e, nelle loro individualità, comunicano secondo tre mezzi espressivi diversi uno stesso sentimento condiviso, coeso, coerente ma non omologato. Il progetto ha un’anima analogica, fisica, rappresentata dal libro e una seconda, digitale, riportata nei brani ascoltabili online sulle piattaforme di streaming musicali. Il progetto viene presentato dal vivo come una vera e propria performance, che mescola la lettura delle poesie sulla musica dal vivo, accompagnate dallo spettacolo di live painting proiettato durante l’esibizione.
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Mattia Tarantino (Napoli, 2001) codirige Inverso – Giornale di poesia e fa parte della redazione di Atelier. Collabora con numerose riviste, in Italia e all’estero, tra cui Buenos Aires Poetry. Per i suoi versi, tradotti in più di dieci lingue, ha vinto diversi premi. Ha pubblicato Se giuri sull'arca (2024), L’età dell’uva (2021), Fiori estinti (2019), Tra l’angelo e la sillaba (2017); tradotto Verso Carcassonne (2022) e Poema della fine (2020). Maria Ferraro (Napoli, 1997) studia Industrial Chemistry for Circular and Bio Economy all’Università di Napoli “Federico II”. Nonostante l’impronta scientifica dei suoi studi ha sempre coltivato la passione per le discipline artistiche e musicali. Tra la primavera e l'estate 2024 ha messo in scena, con Mattia Tarantino, il concerto "Qualcosa da salvare" e il poema "Se giuri sull'arca". Vieni a votare il tuo preferito allo Spazio211!
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agrpress-blog · 3 months ago
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Prima edizione della Fiera del libro a Villetta Barrea: un'occasione imperdibile per gli amanti dei libri Sabato 7 settembre, dalle 10:00 alle 18... #abruzzo #FieradelLibro #MassimoMaxMarzilli #Promozionedellalettura #VillettaBarrea https://agrpress.it/prima-edizione-della-fiera-del-libro-a-villetta-barrea-unoccasione-imperdibile-per-gli-amanti-dei-libri/?feed_id=6504&_unique_id=66c736b85602a
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lamilanomagazine · 3 months ago
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Chioggia, già "Città che Legge" riconosciuta dal Centro per il Libro, si candida a Capitale Italiana del Libro 2025
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Chioggia, già "Città che Legge" riconosciuta dal Centro per il Libro, si candida a Capitale Italiana del Libro 2025. "Chioggia, con la sua produzione letteraria di valore, riconosciuta dal Centro per il libro e la lettura Cepell "Città che legge" sin dal 2020, scrigno di bellezze dell'alto Adriatico, ha tutte le carte in regola per concorrere al titolo di Capitale Italiana del Libro 2025.... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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