#segregazione
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gregor-samsung · 7 months ago
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" Il volto del colonialismo inglese si rivelò in tutta la sua brutalità in Sudafrica. I bianchi si erano impadroniti dell'88 per cento delle terre, mentre i neri, con la Legge sulla terra dei neri, il Natives Land Act, del 1913, avevano perso ogni diritto di proprietà. Fu l’inizio della politica razzista di segregazione dei neri in “riserve per gli indigeni”. Ma siccome questo processo non funzionò, nel 1948 fu introdotto il sistema dell'apartheid. Nel 1949 furono proibiti i matrimoni misti e nel 1950 la popolazione fu catalogata secondo quattro gruppi razziali: bianchi, indiani, gente di colore e neri, con questi ultimi relegati in bantustan. Almeno tre-quattro milioni di neri furono segregati con la forza in queste zone loro riservate. Mentre ai neri che rimanevano, per ragioni di lavoro, in zone “bianche”, era vietato accedere a scuole, locali pubblici, mezzi di trasporto, riservati ai soli bianchi. I leader del movimento anti-apartheid, tra i quali Nelson Mandela, furono condannati all'ergastolo. Ma la repressione del governo non riuscì a soffocare la ribellione degli africani. Sia i lavoratori sia gli studenti neri diedero vita a una serie di scioperi e di manifestazioni che lentamente fece entrare in crisi il sistema dell'apartheid. La svolta avvenne nel 1990 quando il primo ministro Frederik De Klerk annunciò in Parlamento la rimozione della messa al bando del Congresso nazionale africano e il rilascio dei prigionieri politici. Dopo ventisette anni di carcere, Nelson Mandela fu liberato. Nel 1994 si svolsero le prime elezioni su base non razziale e, il 10 maggio, Mandela divenne il presidente del Sudafrica. Anche qui le Chiese dei bianchi, tanto cattoliche quanto anglicane e protestanti, appoggiarono in larga maggioranza il sistema dell'apartheid. Ma un piccolo gruppo profetico, composto dall'arcivescovo cattolico di Durban, Denis Hurley, dal pastore della Chiesa riformata Beyers Naudé e dall'arcivescovo anglicano Desmond Tutu, guidò la resistenza dei neri contro l’apartheid. "
Alex Zanotelli, Lettera alla tribù bianca, Feltrinelli (collana Serie Bianca); prima edizione marzo 2022. [Libro elettronico]
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unevaguedeprintemps · 1 month ago
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Ma perché un Centro d’accoglienza in periferia di Milano é bontá, equitá e solidarietá e la stessa struttura, ma migliore, in un altro posto é segregazione, apartheid, nazismo?
Se uno scappa da una guerra o dalla fame gli importa avere dove dormire e mangiare o vuole essere in zona Corso Como…..?
Non è che conta chi gestisce e non chi viene ospitato...?
Bonifacio Castellane (X)
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falcemartello · 6 months ago
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Cosa succede a Venezia.
Sono stati messi dei "tornelli" di ingresso alla città, dove per entrare si devono pagare 5 euro.
Il tutto giustificato ( come al solito) con la "sicurezza" e con la "protezione delle opere d'arte".
Poi ancora, con il troppo PESO delle persone che la visitano, facendola sprofondare. ( Ma le strade di Venezia sono acqua...)
Una persona "normale", non in dissonanza, sa che queste sono soltanto misure coercitive "sperimentali", per vedere fino a che punto arrivi l' obbedienza dei cittadini e dei turisti a regole completamente ILLEGALI.
( Infatti nessuno può limitare la libera circolazione sul territorio nazionale, città comprese).
Ci sono in corso atti di disobbedienza, per mettere il comune con le spalle al muro, da parte di alcuni come Davide Tutino, che "inseguono" i vigili per farsi multare, ma gli stessi si rifiutano di farlo, perché sanno che saranno passibili di denunce.
Questo "esperimento" è legato alla istituzione delle città da 15 minuti, per ora facendo entrare pagando, poi, se non ci sarà ribellione, gli stessi residenti saranno SEGREGATI e dovranno PAGARE PER USCIRE.
Vorrei tanto capire cosa aspettano i cittadini a "scrollarsi di dosso" queste stupide amenità, fatte con il chiaro scopo della futura segregazione e NON per la tutela della città.
Sarebbe ora che tutti prendessimo coscienza che non c'è proprio NIENTE di buono in nostro favore, ed accettassimo il fatto che la corruzione sia in ogni livello della società.
Sarebbe anche ora che tutti facessero qualcosa per gli altri, anziché solo pensare sempre a sé stessi, perché chi pensa solo a sé stesso, presto sarà SOLO, e non avrà vie di uscita.
Buona giornata.
@roby6732
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diceriadelluntore · 1 year ago
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Storia Di Musica #300 - Miles Davis, Live-Evil, 1971
Quando si ascoltò questo disco per la prima volta, i critici ebbero un profondo senso di smarrimento: Come bisogna definirlo? Cosa è? È jazz? È rock? È qualcosa di altro? In parte era lo scopo del suo creatore, in parte perfino a lui, genio incontrastato delle rivoluzioni musicali, qualcosa "sfuggì di mano", divenendo addirittura qualcosa di altro dalla sua idea primigenia. Questo è un disco che parte da un percorso iniziato qualche anno prima, quando Miles Davis e il suo storico secondo quintetto iniziano ad esplorare le possibilità che gli strumenti elettrici e le strutture della musica rock possono dare al jazz. I primi esperimenti con Miles In The Sky (1968), poi con quel capolavoro magnetico che è In A Silent Way (1969), il primo con la nuova formazione elettrica, la quale sviluppa a pieno quella rivoluzione che va sotto il nome di jazz fusion con il fragoroso, e irripetibile, carisma musicale rivoluzionario che fu Bitches Brew (1970, ma registrato qualche giorno dopo il Festival di Woodstock, nell'Agosto del 1969). Davis è sempre stato curioso e non ha mai avuto paura di guardarsi intorno dal punto di vista musicale, ne è testimone la sua discografia. E nell'idea che il jazz stesse morendo, era sua intenzione innestarlo di nuova vitalità contaminandolo con altri generi, non solo il rock, ma anche il funk, il soul, la musica sperimentale europea. A tutto ciò, per la prima volta nel jazz (e questa fu l'accusa più viva di eresia), il ruolo del produttore, del suo fido e sodale Teo Macero, è proprio quello di cercare tra le sessioni di prove le parti migliori, o come amava dire Davis "le più significative", e metterle insieme in un lavoro sorprendente e meticoloso di collage musicale, che in teoria elimina la componente espositiva solista del musicista jazz, ma che allo stesso tempo regala una nuova filosofia musicale ai brani, del tutto inaspettata. Decisivo fu, nel 1970, il compito che fu affidato a Davis di curare la colonna sonora del film documentario A Tribute To Jack Johnson, di Bill Cayton, sulla vita del pugile che nel 1908 divenne il primo pugile di colore e il primo texano a vincere il titolo del mondo di boxe dei pesi massimi, quando sconfisse il campione in carica Tommy Burns. Per questa ragione fu considerato una sorta di simbolo dell'orgoglio razziale della gente di colore all'inizio del ventesimo secolo, soprattutto poiché nel periodo erano ancora in vigore le leggi Jim Crow, leggi che di fatto perpetuarono la segregazione razziale in tutti i servizi pubblici, istituendo uno status definito di "separati ma uguali" per i neri americani e per gli appartenenti a gruppi razziali diversi dai bianchi, attive dal 1875 al 1965.
Il disco di oggi somma tutte queste istanze, in maniera unica e per certi versi selvaggia, divenendo di fatto una sorta di manifesto che Il Signore Delle Tenebre ostenta alla sua maniera, cioè nel modo più sfavillante possibile. Live-Evil esce nel Novembre del 1971, ma è frutto di storiche serate live al The Cellar Dome di Washington DC, dove la band di Davis si esibì per diverse serate nel Dicembre del 1970, e una parte di registrazioni in studio sotto lo sguardo attento di Teo Macero, presso gli studi della Columbia di New York. Con Davis, nelle esibizioni al Cellar Dome, che come prima pietra dello scandalo usa la tromba elettrica, infarcita di pedali di effetti e di wah wah (amore trasmessogli da Jimi Hendrix) c'erano Gary Bartz (sassofono), John McLaughlin (chitarra elettrica), Keith Jarrett (piano elettrico), Michael Henderson (basso elettrico), Jack DeJohnette (batteria) e Airto Moreira (percussioni) e in un brano solo, come voce narrante, l'attore Conrad Roberts. Nelle sessioni in studio di aggiungono altre leggende, tra cui Herbie Hancock e Chick Corea (con lui nei precedenti dischi citati), Billy Cobham, Joe Zawinul e il fenomenale musicista brasiliano Hermeto Pascoal, la cui musica e i cui brani saranno centrali in questo lavoro. Tutto il magma creativo di queste idee sfocia in un doppio disco dalla forza musicale devastante, tanto che oggi alcuni critici lo definiscono un heavy metal jazz, che parte dalle origini più profonde ma sfocia in una musica caotica e sfacciatamente meravigliosa, trascinante e indefinibile, che gioca tutto sulle dissonanze, sugli ossimori, sui palindromi simbolici e musicali. E manifestazione più chiara ne è la copertina, bellissima, di Mati Klarwein, artista francese autore di alcune delle più belle copertine musicali, tra cui quella di Bitches Brew: lasciato libero di creare da Davis, pensò alla copertina con la donna africana incinta, come simbolo di creazione "primordiale", ma fu lo stesso Davis, a pochi giorni dalla pubblicazione, una volta deciso il titolo, che gli chiese un nuovo disegno, che accostasse il "bene" al "male" attraverso una rana. Klarwein in quel momento aveva una copertina della rivista Time che raffigurava il presidente Hoover, che fu presa come spunto per la rana del male, che campeggiò sul retro della copertina, e che vi faccio vedere:
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Musicalmente il disco si divide in brani autografi di Davis, che diventano lunghissime jam session di sperimentazione, di assoli di chitarra, sfoghi di batteria, con la sua tromba elettrica che giganteggia qua e la, che raccolgono quel senso di rivoluzione, anche giocata sulla sua storica abilità di comunicazione (Sivad e Selim, che sono il contrario di Davis e Miles, la seconda scritta per lui da Pascoal, languida e dolcissima), il medley Gemini/Double Image, scritta con Zawinul, e le lunghissime e potentissime What I Say, quasi una dichiarazione di intenti, Funky Tonk, rivoluzionaria e la chiusura con Inamorata And Narration by Conrad Roberts, che è quasi teatro sperimentale, e le altre composizioni di Pascoal, Little Church e Nem Um Talvez, musica che stupì tantissimo lo stesso Davis, che considerava Pascoal uno dei più grandi musicisti del mondo: il brasiliano, polistrumentista, arrangiatore, produttore, è una delle figure centrali della musica sudamericana, e essendo albino è da sempre soprannominato o bruxo, lo stregone. Tutti brani vennero "perfezionati" da Macero, e addirittura nelle ristampe recenti è possibile leggere nelle note del libretto l'esatta costruzione dei brani, ripresi dalle sessioni live e dalle registrazioni in studio. Di quelle leggendarie serate al The Cellar Dome, nel 2005 la Columbia pubblicò un inestimabile cofanetto, di 5 cd, The Cellar Door Sessions 1970 con le intere esibizioni del Dicembre 1970: le parti usate in Live-Evil sono nel quinto e sesto disco, nei precedenti ulteriori esplorazioni musicali da brividi, per una delle serie di concerti storicamente più importanti del jazz.
Il disco verrà considerato il capolavoro che è solo dopo anni, in un periodo, quello degli anni '70, dove Davis accettò apertamente di sfidare la critica con la sua musica. Da allora però, per quanto in parte ancora enigmatico e "difficile", è considerato l'ennesimo pilastro della leggenda Davis, in uno dei suoi capitoli musicali che ebbe più fortuna, poichè buona parte dei fenomenali musicisti che contribuirono a questo disco erano in procinto, o già alle prese, con esperienze musicali che partendo dalla lezione del Maestro, ne approfondiranno i contenuti, e ne esploreranno i limiti: sarà quest'ambito che legherà le altre scelte di Novembre e questo omaggio, che come i precedenti numeri miliari (1,50,100,150,200,250) è dedicato al formidabile uomo con la tromba.
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vintagebiker43 · 8 months ago
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Il campione della segregazione degli studenti stranieri nelle scuole italiane perchè - a suo dire - potrebbero avere difficoltà con la lingua italiana.
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heresiae · 1 year ago
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quindi, fatemi capire, solo perché era pubblicizzato come "hijab friendly" significa che, secondo loro, nessun altra avrebbe voluto andare?
un giorno in un parco acquatico senza doversi preoccupare se il costume copre come si deve, di non fare movimenti che possano attrarre attenzioni indesiderate, di divertirsi si, ma sentirsi comunque vulnerabili (e questo è universale) e potersi sentire a proprio agio con qualsiasi cosa addosso, perché non sempre riusciamo a fottercene del giudizio altrui e andare al parco acquatico con una canotta e un pantaloncino, o un costume intero, perché oddio, che problei hai a metterti un bikini?
dove devo firmare?
vorrei un termine che significhi l'opposto di segregazione ma con gli stessi connotati negativi, perché quelli che abbiamo ora ne hanno solo di positivi.
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palmiz · 2 years ago
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📰 Corriere del Ticino • 28 MARZO 2023
📃 "COVID, LA PIÙ GRANDE TRUFFA SANITARIA"
📁 "A livello mondiale le percentuali di mortalità COVID sono dello 0,15% delle persone che si sono infettate, circa 150 su 100.000, il che corrisponde a una normale influenza stagionale (0,10 e 0,20%). Ne consegue che il 99,85% degli infetti superano la malattia e ne diventano immuni. L’età media dei decessi COVID- 19, spesso con più patologie pregresse, supera in tutti i paesi gli 80 anni, ovvero l’età che corrisponde alla normale aspettativa di vita. [...]"
⁉️ "Quindi come si giustificano le misure draconiane adottate dalle autorità?
L’abolizione dei diritti naturali e costituzionali, la segregazione in casa, il divieto delle visite in ospedale, case anziani e istituti, il certificato COVID, il lasciar morire le persone ricoverate senza la possibilità di abbracciare i propri cari, il divieto dei funerali, le misure di distanziamento, le mascherine, i tamponi per accedere a scuola e lavoro… [...] La società è stata vile con la sua gioventù, costringendola alla segregazione e al ricatto, spingendola a vaccinarsi ed esponendola a grossi rischi (miocarditi, infertilità, mortalità), malgrado che il rischio per i giovani fosse pari a 0. [...]"
"Per spingere al vaccino, sono state sistematicamente bandite la prevenzione, le cure precoci, la possibilità di usare farmaci a basso costo, efficaci e noti da decenni. [...] Le autorità ci hanno mentito sulla protezione del vaccino: per stessa ammissione dei produttori sappiamo che i test sulla trasmissibilità non sono stati effettuati e nemmeno quelli sulla cancerogenesi e sulle donne in gravidanza… I contratti con i fornitori di siero anti COVID sono secretati, perché? Le autorità hanno spinto persone sane, donne incinte, giovani e bambini a vaccinarsi esponendoli alle incognite di un siero genico sperimentale, per di più senza una vigilanza attiva. [...] Chiediamo verità e giustizia affinché tutto questo non succeda mai più."
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canesenzafissadimora · 2 years ago
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La psicoanalisi ha smascherato le credenze umane nei confronti degli idoli e degli ideali di ogni specie. Sotto la sua onda d’urto anche i sentimenti più altruistici e solidaristici si sono rivelati solo povere maschere che ricoprivano l’avidità originaria della pulsione. Al fondo della natura umana non si incontrano buoni sentimenti, ma solo una spinta pulsionale che afferma sé stessa. All’origine della vita – come sosteneva già Hobbes – non c’è l’amore ma la guerra di tutti contro tutti. E se allora l’amore, di cui la retorica di ogni tempo si è riempita la bocca, non fosse che una impostura? Se l’essere umano al suo fondo volesse solo potenziare il proprio Ego, se la natura stessa dell’inconscio fosse profondamente criminogena, se la pulsione avesse di mira solo il suo proprio soddisfacimento, come spiega Freud, come potrebbe mai esistere un amore altruistico? Un atto di donazione di sé stessi verso l’Altro capace di prescindere dal narcisismo? Come può esistere un amore che non sia solo rivolto a noi stessi?
L’odio è più antico e originario dell’amore, scriveva Freud. È sotto i nostri occhi una escalation individuale e collettiva dell’incultura dell’odio, dell’anti-amore, del rifiuto, della segregazione, del respingimento dell’Altro in qualunque forma esso appaia. L’odio è una risposta difensiva finalizzata a salvaguardare la vita in pericolo, esposta, come direbbe sempre Freud, alla natura straniera e ostile del mondo. Se dimenticassimo questa verità ridurremmo l’amore ad una marmellata di buoni sentimenti o, più precisamente, per usare una categoria della psicoanalisi, ad una rimozione dell’odio. Ma proprio perché il primo movimento dell’uomo, il più originario, è quello della chiusura, dell’arroccamento e della paura nei confronti del mondo “straniero e ostile”, la possibilità dell’amore non può prescindere da questo carattere primario e dominante dell’odio. Ecco perché siamo così colpiti dai gesti di amore altruistico. Ci stupiamo forse sempre meno dell’orrore – che non ha limiti – e sempre di più dei gesti di amore e di solidarietà. Nondimeno è evidente, non solo agli psicoanalisti, che anche dove c’è amore serpeggia sempre una ambivalenza affettiva: io ti amo, ma poiché tu hai introdotto in me il seme della mancanza – poiché tu mi manchi proprio perché ti amo –, tu mi fai paura, io non mi posso fidare di te, tu sei pericolosa per la mia identità, ergo, ti odio.
L’amore è una vera alternativa all’odio solo quando sa assumere con slancio la dimensione della mancanza che l’esperienza dell’amore apre in noi. Si tratta di un movimento contro-natura: amo chi mi rende mancante. Come è possibile? La condizione dell’amore è quella di stabilire un rapporto di amicizia con la propria mancanza. Solo se si accoglie la nostra mancanza si può amare, ovvero sentire la mancanza di chi amiamo. Eppure ci sono amori che finiscono nell’odio e nella distruzione. Molto spesso sono gli amori più idealizzati, amori che hanno escluso l’insopportabile amando solo la bella immagine dell’Altro e non il suo fondo più insopportabile. Poi accade fatalmente che, in un momento o nell’altro, l’insopportabile faccia inaspettatamente irruzione e tutto frana, cade, si dissolve e di quell’amore non resta più nulla. Gli amori che finiscono nell’odio sono quelli che hanno cancellato l’insopportabile, che hanno amato solo l’immagine ideale dell’Altro, ovvero l’immagine che corrisponda alla nostre attese. Per questo Lacan diceva che un amore degno di questo nome sa amare tutto dell’Altro, dunque anche la sua parte più insopportabile. È un insegnamento che travalica il piano della vita amorosa e che investe ogni forma di legame umano: l’odio subentra all’amore quando l’idealizzazione lascia il posto alla delusione e questo accade tanto più facilmente quando l’infatuazione per l’Altro vorrebbe ricoprire i suoi limiti. Diversamente gli amori che durano sono gli amori che sanno condividere l’insopportabile, ovvero ciò che è veramente impossibile condividere.
Si dovrebbe allora aggiungere che se l’amore è amore non di qualcosa dell’Altro, ma di “tutto”, nulla
consentirà mai agli amanti di fare o di essere un tutto, di coincidere l’uno con l’altro. Ciascuno sarà infatti
confinato al non-tutto come verità ineliminabile di ogni rapporto. Il mito platonico dell’androgino non dice la verità sull’amore: ricostruire l’intero non può mai essere la meta dell’amore. Piuttosto quando amiamo facciamo esperienza di perdere l’intero, di conoscere la nostra insufficienza e la nostra vulnerabilità. L’amore da questo punto di vista non ricompone la sfera, non sana la ferita ma la apre perché ci costringe a incontrare la mancanza.
Ma se non possiamo aspirare a una totalità – è quello che accade invece nei regimi totalitari dove la massa ama e si sente amata dal suo leader, sentendosi un “tutto” – allora l’amore può essere una vera alternativa all’odio e non solo la sua fatale prosecuzione. L’amore scade nell’odio solo quando apre la ferita che avrebbe dovuto illusoriamente chiudere, ma se l’amore, invece, è la ferita, se è l’esperienza della mancanza, non è nel ritrovamento dell’intero, ma nella sua perdita che esso può realizzarsi. L’amore diventa così un grande antidoto ad ogni forma di odio, perché ci rende possibile fare amicizia con la nostra mancanza.
Il punto è che Freud non coglie la verità più profonda del messaggio cristiano. Egli riduce l’amore per il
prossimo ad una contraddizione insanabile: perché dovrei amare lo sconosciuto? Lo straniero? O, addirittura, chi non sopporto? E come dargli torto? Ma il limite del suo ragionamento consiste nel non intendere che il “prossimo” – come spiegherà invece Lacan – è innanzitutto la parte più dissonante di me stesso. L’amore suppone sempre l’accettazione di questo “prossimo interno”, di questo insopportabile che porto dentro di me. Allora colui a cui dichiaro il mio amore non è più la rappresentazione ideale di me stesso, lo specchio narcisistico che rende amabile la mia stessa immagine, ma diviene l’incontro con ciò che non intendo, che non posso avere e che non sono. La non coincidenza è, infatti, il senso più profondo di ogni legame d’amore. Per questo non c’è amore senza libertà, senza rispetto per la libertà dell’Altro. E per questo la violenza non fa parte dell’amore ma è la sua profanazione più estrema. Ogni amore ci espone al rischio di perdere una parte di noi stessi più che – come pensava Platone – di ritrovarla. Ma questo rischio comporta una gioia ineguagliabile che rende l’amore il più potente anti-depressivo in circolazione: esso introduce, infatti, una pausa, una tregua nel dolore infinito del mondo. Un nascondiglio? Un riparo? Una tana? Quando facciamo esperienza dell’amore facciamo esperienza di una interruzione nell’orrore insensato che accompagna l’esistenza. La mia esistenza, una volta amata, non è più alla deriva, non è più “di troppo”, ma si trova, come direbbe Sartre, voluta sin nei suoi minimi dettagli, “chiamata”, “attesa”, “salvata”. È tantissimo.
Massimo Recalcati
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acrosstheuniverse02 · 1 year ago
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Elliott Erwitt [Elio Romano Erwitz], fotografo staunitense (26/7/1928-29/11/2023)
Nessuna scelta può dare il giusto rilievo a questo grande fotografo. Grazie di tutto
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[*] Mother and baby 1953 - NY
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[*] Smoke break - NYC (1955)
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[*] California (1955)
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[*] Marylin Monroe - NY (1956)
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[*] Provenza (1955)
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[*]
"Qualche volta ho fatto foto che forse erano utili. Segregazione razziale, Guerra fredda… Ma non l’ho fatto in modo premeditato. Le fotografie non si preparano, si aspettano. Si ricevono."
https://guardache.wordpress.com
https://24hoursinthelifeofawoman.tumblr.com
http://photojunkie.livejournal.com
https://artslife.com/2023/11/30/morto-elliott-erwitt-il-poeta-della-fotografia-in-bianco-e-nero/
http://www.faciepopuli.com/post/122092510694/elliott-erwitt-provence-1955
https://biografieonline.it/biografia-elliott-erwitt
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gregor-samsung · 2 months ago
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Dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre, ho ricevuto un messaggio dagli organizzatori [di una conferenza sulla lingua francese che si sarebbe tenuta a Innsbruck], in cui mi si chiedeva di rendere noto il titolo del mio discorso, di « astener[mi] dal fare riferimento alla situazione attuale e di lasciare la dimensione politica fuori dal [mio] discorso per evitare qualunque scompiglio». Ho risposto che a queste condizioni non avrei potuto partecipare, poiché tutto il mio lavoro e la mia vita sono sono costantemente messi in discussione da quanto sta accadendo nel mio paese. L'organizzatrice ha insistito nel volermi chiamare per spiegarmi che «la situazione attuale» - un eufemismo - le sembrava molto confusionaria e complicata, una sorta di campo minato, e per questo voleva solo assicurarsi che quello che avrei detto sarebbe stato appropriato.
«Mi rendo conto », ha aggiunto, « che non diresti nulla di orribile. Voglio solo accertarmene ». Nelle settimane successive ho ripensato a questa conversazione e a quanto ci racconti del modo in cui noi palestinesi siamo trattati come esseri viventi, che respirano, che scrivono, che agiscono politicamente. Che io non abbia partecipato a un evento letterario è una conseguenza minima, ridicola, di quanto sta accadendo. Ma può indicare una cornice, una forma, per ciò che ancora fatico a nominare per paura che si avveri, e che in effetti sta accadendo ora a Gaza e in Cisgiordania. «Cerchiamo di trovare una risoluzione positiva», mi ha suggerito l'organizzatrice al telefono.
[…] La voce al telefono, come tanta parte del mondo che ci circonda, chiedeva la stessa cosa: per favore, cerchiamo di trovare una risoluzione positiva. Se solo voi poteste svanire, o - ancora meglio - se solo non foste proprio mai esistiti, e se solo poteste risparmiarci l'orrore, le espulsioni, i bombardamenti, le uccisioni, la fame di un popolo che ci costringete a scatenare su di voi. Il mondo intero risuonava in questa voce al telefono che mi diceva: c'è una soluzione, se solo tu non fossi così ostinato, c'è una soluzione, che è dissolverti nelle contraddizioni che ti sono state cucite addosso; se solo tu potessi disinvitarti dal mondo, se solo tu non complicassi il mondo con la tua esistenza, se solo non dovessi parlare con te, se solo non dovessi ascoltarti, se solo.
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Brano tratto dall'articolo dello scrittore palestinese Karim Kattam pubblicato sul sito The Baffler il 31 ottobre 2023 , quindi tradotto e pubblicato in:
ARABPOP - Rivista di arti e letterature arabe contemporanee, N. 6 / Palestina - Primavera 2024, Tamu Edizioni, Napoli.
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ibrahimalbadriroleplay71 · 2 years ago
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*Ibrahim viene allarmato quando uno dei suoi uomini lo avvisano che Walid Bin Attash è finito nuovamente a Guantanamo-bay per aver violato il patto con il presidente statunitense James Sawyer quindi continua a nascondersi e non usare mai il telefono per non essere facilmente rintracciato dalle forze svedesi e sta pianificando futuri attacchi,vendette personali verso i militari statunitensi e infine reclute perché aiuta suo fratello maggiore Juma e il generale Omar.
La sua relazione con sua moglie Zainab è molto misogina perché la maltratta molto spesso e la usa solo per il sesso e casalinga non permettendo mai a lei di vivere tranquillamente e seguire i suoi sogni o passioni rendendola una donna facile da ricattare e sottomessa tuttavia la permette di lavorare nell'università di Stoccolma, non perché gli importano dei loro diritti ma perché la sfrutta per reclutare persone perché c'è anche il suo collega Ibrahim "Ibbe" Haddad, Ibrahim per non essere denunciato dalla sua moglie la mette in segregazione anche perché è molto geloso e possessivo rendendola tutti i giorni triste,depressa e sottomessa riducendola alla schiavitù totale*
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diceriadelluntore · 11 months ago
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Falsi ortopedici
Capita a tutti di citare erroneamente. capita anche di credere vera una citazione o un aforisma legati a qualche personaggio che si ammira. Io che ne scrivo tante, ne sono certo, avrò fatto qualche errore di valutazione. Qualche volta però mi capita di incuriosirmi e verificare: per esempio una molta bella e famosa dice
Volevo scriverti, non per sapere come stai tu, ma per sapere come si sta senza di me. Io non sono mai stato senza di me, e quindi non lo so. Vorrei sapere cosa si prova a non avere me che mi preoccupo di sapere se va tutto bene, a non sentirmi ridere, a non sentirmi canticchiare canzoni stupide, a non sentirmi parlare, a non sentirmi sbraitare quando mi arrabbio, a non avere me con cui sfogarsi per le cose che non vanno, a non avermi pronto lì a fare qualsiasi cosa per farti stare bene. Forse si sta meglio. Forse no. Però mi e venuto il dubbio, e vorrei anche sapere se, ogni tanto, questo dubbio è venuto anche a te. Perché sai, io a volte me lo chiedo come si sta senza di te, poi però preferisco non rispondere che tanto va bene così. Ho addirittura dimenticato me stesso, per poter ricordare te.
Attribuita nientemeno a Kierkegaard nel suo Diario di un seduttore. Ebbene, grazie anche ad una mia splendida amica lettrice, ho constatato che nel libro non esiste niente di tutto ciò, e la citazione è costruita prendendo parti diverse da altri libri.
In questi giorni, mi è capitato di rileggere un post che sostiene questo:
Anni fa, uno studente chiese all'antropologa Margaret Mead quale riteneva che fosse il primo segno di civiltà in una cultura. Lo studente si aspettava che Mead parlasse di armi, pentole di terracotta o macine di pietra. Ma non fu così. Mead disse che il primo segno di civiltà in una cultura antica era un femore rotto e poi guarito. Spiegò che nel regno animale, se ti rompi una gamba, muori. Non puoi scappare dal pericolo, andare al fiume a bere qualcosa o cercare cibo. Sei carne per bestie predatrici che si aggirano intorno a te. Nessun animale sopravvive a una gamba rotta abbastanza a lungo perché l'osso guarisca. Un femore rotto che è guarito è la prova che qualcuno si è preso il tempo di stare con colui che è caduto, ne ha bendato la ferita, lo ha portato in un luogo sicuro e lo ha aiutato a riprendersi. Mead disse che aiutare qualcun altro nelle difficoltà è il punto preciso in cui la civiltà inizia. Noi siamo al nostro meglio quando serviamo gli altri. Essere civili è questo.
L'autore è qualche volta sconosciuto, altre volte Ira Byock, un medico scrittore americano. Dato che sono in vacanza, mi sono messo a cercare un po' di notizie, poichè secondo me questa affermazione è altamente improbabile che l'abbia detta l'antropologa Margaret Mead.
La prima evidenza della frase appare in un libro del 1980, Fearfully and Wonderfully Made, del chirurgo Paul Brand e di Philip Yancey, in cui dice "reminded of a lecture given by the anthropologist Margaret Mead, who spent much of her life studying primitive cultures".
La storia però cambia quando un articolo di Forbes durante la pandemia (del Marzo 2020) cita lo stesso episodio: How A 15,000-Year-Old Human Bone Could Help You Through The Coronacrisis di Remy Blumenfeld:
Years ago, the anthropologist Margaret Mead was asked by a student what she considered to be the first sign of civilization in a culture. The student expected Mead to talk about clay pots, tools for hunting, grinding-stones, or religious artifacts. But no. Mead said that the first evidence of civilization was a 15,000 years old fractured femur found in an archaeological site. A femur is the longest bone in the body, linking hip to knee. In societies without the benefits of modern medicine, it takes about six weeks of rest for a fractured femur to heal. This particular bone had been broken and had healed.
L'aggiunta è questa datazione del reperto osseo, e l'articolo continua suggerendo pratiche di condivisione di aspetti gioiosi e comunitari nei periodi di segregazione sociale imposto dal Covid19. L'articolo diviene virale e diffonde sul web lo stesso misterioso passo.
Tuttavia, pur ammettendo che in una determinata occasione non documentata Margaret Mead abbia detto come sopra, ad una domanda specifica "When does a culture become a civilization?", l'antropologa rispose così:
Well, this is a matter of definition. Looking at the past we have called societies civilizations when they have had great cities, elaborate division of labor, some form of keeping records. These are the things that have made civilization. Some form of script, not necessarily our kind of script, but some form of script or record keeping; ability to build great, densely populated cities and to divide up labor so that they could be maintained. Civilization, in other words, is not simply a word of approval, as one would say “he is uncivilized,” but it is technical description of a particular kind of social system that makes a particular kind of culture possible. (Bene, questa è una questione di definizione. Guardando al passato abbiamo definito civiltà le società quando hanno avuto grandi città, elaborata divisione del lavoro, qualche forma di conservazione dei documenti. Questi sono i fattori che hanno fatto la civiltà. Una qualche forma di organizzazione ( il senso di script è questo N.d.t.), non necessariamente il nostro tipo di organizzazione, ma una qualche forma di organizzazione e di conservazione dei documenti; capacità di costruire grandi città densamente popolate e di dividere il lavoro in modo che potessero essere mantenute. La civiltà, in altre parole, non è semplicemente una parola di approvazione, come si direbbe ad un altro “è un incivile”, ma è la descrizione tecnica di un particolare tipo di sistema sociale che rende possibile un particolare tipo di cultura. - fonte Talks with Social Scientists, a cura di Charles F. Madden, Southern Illinois University Press, 1968).
Che non è affatto la stessa cosa. Ci sono poi altre questioni, ancora più profonde: tra tutte, è "la cura medica" il fulcro della umanità? Non è che quella esigenza, in quel contesto storico preciso, era necessariamente più sentita e ben accolta?
Probabilmente non saprò mai se davvero Margaret Mead ha raccontato la storia del femore. Ma sono certo che ha scritto questo:
La natura umana è incredibilmente malleabile, tale da adattarsi accuratamente, con aspetti contrastanti, a condizioni culturali in contrasto (Sesso e temperamento in tre società primitive, Il Saggiatore, 1967, pag 184)
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ortodelmondo · 2 years ago
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IL PRESEPE DEI FOLLI Realizzato dai pazienti negli anni '80, si dispiega su 500 metri quadri che ricostruiscono «l'abbandono e la segregazione degli ospiti, il reparto dei bambini, i luoghi della violenza pseudo terapeutica, l’elettroshock in una successione di siparietti. I materiali utilizzati variano dal fil di ferro al polistirolo, elementi dell’arte povera. Deperibili» spiega Cosimo Schinaia, un tempo direttore di quella struttura, nel suo libro "Il presepe dei folli. Scene da un manicomio".
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novazzanodjm-100 · 12 days ago
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Fence/ Recinzione The fence is one of the most defining features of contemporary diffuse city’s landscape. Used in nearly every building project, it is now rare to find an industrial construction that isn’t surrounded by a fence. Often, fences are accompanied by walls, bushes, or screens. The reasons for using fences can vary: marking private property, blocking external views, providing security, etc. In addition to ensuring privacy and safety, fences contribute to phenomena such as segregation, inaccessibility, and the fragmentation of the territory.
La recinzione è uno degli elementi che maggiormente contraddistingue il territorio contemporaneo della città diffusa. Utilizzata in quasi ogni intervento edilizio, è oggi difficile trovare una costruzione di realizzazione industriale che non sia circondata da una recinzione. Spesso, alle recinzioni vengono affiancati muri, cespugli o teli. I motivi per l’uso delle recinzioni possono essere molteplici: segnalare una proprietà privata, impedire la visibilità dall’esterno, garantire sicurezza, ecc. Oltre a garantire privacy e sicurezza, la recinzione favorisce fenomeni come la segregazione, l’inaccessibilità e la frammentazione del territorio.
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boomerissimo · 1 month ago
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Louis Armstrong, una bellissima storia ebraica
Louis Armstrong, la sua storia ebraica 🛑Un incontro gli ha cambiato la vita 👇 #boomerissimo #jazz #ebraismo #LouisArmstrong #MagenDavid
Portava al collo una stella di David, aveva una mezuzah alla porta, sgranocchiava matzah. Alla sua amicizia con gli ebrei di New Orleans, Louis Armstrong sentiva di dovere tutto. A cominciare dalla sua prima cornetta.  Louis Armstrong non è stato un ragazzo fortunato. Era nato nero nel 1901, a New Orleans, in mezzo alla più feroce segregazione razziale. Era nato in una famiglia difficile e…
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carmenvicinanza · 2 months ago
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Kate Millett e la sorellanza
Scrittrice, insegnante, artista visiva e attivista femminista, autrice del libro La politica del sesso, il manifesto del femminismo radicale
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Quando un gruppo governa un altro, il rapporto tra i due è politico. Quando un tale accordo viene portato avanti per un lungo periodo di tempo, sviluppa un’ideologia (feudalesimo, razzismo, ecc.). Tutte le civilizzazioni storiche sono state dei patriarcati: l’ideologia su cui si basano è la supremazia maschile. L’oppressione sessuale è dominio politico. Un nuovo modo di leggere può generare un miglior modo di vivere.
Scrittrice, insegnante, artista visiva e attivista femminista, Kate Millett è stata una delle americane più influenti del ventesimo secolo. 
È l’autrice del libro La politica del sesso, del 1970, testo fondante del femminismo della seconda ondata.
È stata tra le prime scrittrici a teorizzare il patriarcato e concettualizzare l’oppressione in termini che richiedevano una rivoluzione del ruolo sessuale con cambiamenti radicali negli stili di vita personali e familiari.
La sua opera ha mostrato il modo in cui azione politica ed espressione culturale si compenetrano.
Per prima, ha usato il termine sisterhood (sorellanza) divenuto concetto fondamentale del femminismo contemporaneo che sintetizza l’unione, l’intimo legame delle donne al di là di ogni differenza sociale, religiosa o etnica. Sottintende la complicità di intenti, l’accordo morale, sociale e affettivo tra donne che, riconoscendo e condividendo le stesse esperienze e il vissuto comune, sono unite in un percorso di autostima e emancipazione.
Nata il 14 settembre 1934 a Saint Paul, Minnesota, suo padre era stato un uomo violento col vizio dell’alcol che aveva lasciato la famiglia quando lei aveva 14 anni.
Laureata in letteratura all’Università del Minnesota nel 1956, due anni dopo è stata la prima americana a conseguire una laurea con lode a Oxford.
Nel 1961 si è trasferita in Giappone dove ha studiato scultura e tenuto la sua prima mostra personale alla Minami Gallery di Tokyo, intanto insegnava inglese alla Waseda University. Due anni dopo è tornata a New York e iniziato a insegnare al Barnard College, continuando a dedicarsi all’arte, tra il 1963 e il 2009, ha tenuto diverse personali in giro per il mondo sperimentando tra installazioni, scultura, disegno, serigrafia e fotografia.
Nel 1968 ha scritto un rapporto pionieristico pubblicato da NOW, Token Learning: A Study of Women’s Higher Education in America, in cui ha sfidato i college a fornire alle donne opportunità educative pari a quelle fornite agli uomini. 
A causa del suo coinvolgimento in prima linea nelle proteste studentesche del 1968, era stata sollevata dall’incarico di insegnante alla Barnard.
In quegli anni si è unita al movimento per la pace e al Congress of Racial Equality (CORE) partecipando alle loro proteste.
Nel 1966 è entrata a far parte del comitato della National Organization for Women, successivamente ha creato il primo gruppo di sensibilizzazione lesbico-femminista e si è unita a diverse organizzazioni come New York Radical Women, Radical Lesbians e Downtown Radical Women.
Ha conseguito il dottorato alla Columbia University con una tesi dal titolo Sexual Politics, poi pubblicata, che prendeva spunto dal suo manifesto femminista esposto durante una riunione di un gruppo di liberazione delle donne.
Elaborata successivamente fino a diventare una filosofia, il costrutto logico ruota attorno alla premessa che i rapporti fra i sessi sono un fatto politico. Attingendo a Weber, Engels e Arendt, mostra come la relazione tra i sessi sia caratterizzata da predominio e subordinazione. Sostiene l’istituzionalizzazione di questo rapporto di potere, che iniziando dall’infanzia, porta a una forma di «colonizzazione interiore», un tipo di oppressione «più resistente di qualsiasi genere di segregazione e più rigido della stratificazione di classe». La sua articolata analisi letteraria tocca giganti della letteratura come D.H. Lawrence, Henry Miller e Norman Mailer, dimostrando il sessismo e la degradazione della figura femminile presente nei loro testi.
Il libro, considerato il manifesto del femminismo radicale, mette in discussione le origini del patriarcato sostenendo che l’oppressione basata sul sesso è politica e culturale, postulando che l’annullamento della famiglia tradizionale è la chiave per una vera rivoluzione sessuale.
L’opera le aveva portato un inaspettato successo, trasformandola in una delle più famose attiviste del femminismo internazionale. Invitata in talk show e conferenze in giro per il paese, è anche apparsa sulla copertina di Time che l’aveva appellata la Mao Tse-Tung dell’emancipazione femminile.
Nel 1971, coi proventi delle vendite del libro, ha acquistato una vasta area della città di Poughkeepsie (New York) dove ha fondato la Women’s Art Colony and Tree Farm, una comune di artiste femministe.
Due anni dopo è andata a insegnare all’Università di Berkeley, in California.
Grande successo internazionale ha avuto, nel 1974, il libro In volo. Amori e lotte: un’autobiografia, in cui, partendo dal suo matrimonio con lo scultore giapponese Fumio Yoshimura, ha raccontato del percorso che l’ha portata a fare coming out.
Con l’autobiografico Sita, datato 1977, ha descritto la sua relazione sentimentale con Sophie Keir, la sua compagna di vita.
Nel 1979 si è recata in Iran per conto del Committee for Artistic and Intellectual Freedom per lavorare sul sistema repressivo dell’ayatollah Khomeini nei confronti delle donne. Ha partecipato alla manifestazione di protesta dell’8 marzo all’Università di Teheran che ha visto migliaia di partecipanti picchiate, arrestate e minacciate con l’acido dalle guardie governative. Fermata e spedita fuori dal paese col divieto di rientrarci, ha scritto di questa terribile esperienza nel suo libro Going to Iran, del 1982.   Nel 1980, è stata tra le dieci artiste che hanno esposto al Great American Lesbian Art Show al Woman’s Building di Los Angeles.Negli anni si è impegnata in diverse campagne per i diritti umani, contro la tortura e per la riforma carceraria.Dopo un periodo di grande visibilità, è stata tenuta ai margini e ha vissuto in indigenza, questo ha acuito la sua psicosi maniaco-depressiva che, eviscerata nel libro Il trip della follia, del 1990, mostra una dura critica verso gli ospedali psichiatrici e le terapie farmacologiche.La sua ultima opera, Mother Millet del 2002, scritto mentre assisteva la madre malata, è uno spaccato sulla sua educazione in provincia e di come ha vissuto da emarginata come attivista politica e artista lesbica.Nel 2012, The Women’s Art Colony è diventata un’organizzazione non-profit che ha cambiato il suo nome in Millett Center for the Arts.Nel 2013 è stata inserita nella National Woman’s Hall of Fame.Grande protagonista della scena culturale statunitense, ha ricevuto numerosi premi, tra cui lo Yoko Ono Lennon Courage Awardfor the Arts e il New York Foundation for Contemporary Arts Award.Amata e anche molto criticata per il suo carattere e le posizioni di rottura dei suoi postulati, è una delle protagoniste del documentario sulla storia del femminismo statunitense che porta il titolo di She’s Beautiful When She’s Angry del 2014.
Si è spenta Parigi, il 6 settembre 2017 a causa di un infarto.
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