#uomini comuni
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"La memoria è un progetto per il futuro, non è volgersi nostalgicamente al passato. Il passato si onora solo se edifichiamo un futuro fondato su quei principi calpestati e denigrati per i quali innocenti sono caduti e uomini giusti hanno combattuto e sono morti. Purtroppo in questa nostra Europa ci sono segnali di pesanti regressioni [...]. Un'Europa pavida, vile che tace, che accetta tutto. [...] L'antifascismo si pensa, si pratica, lo si esercita avendo memoria e opponendosi a ogni forma di sopruso. Primo Levi ci ha lasciato un'eredità definitiva sulla questione: ciò che è stato può avvenire di nuovo perché appartiene al lato oscuro dell'umanità. [...] Dobbiamo combattere con tutte le nostre forze, la logica del privilegio, del sopruso, della disuguaglianza e la più grande pestilenza che può ammorbare una società: l'indifferenza.
Sono parole di Moni Ovadia. Risalgono al 2016.
Una delle funzioni degli intellettuali è subodorare la puzza di gas, di fogna, di bruciato o di sterco prima ancora che si diffonda lentamente nell'aria; tanto lentamente che finiamo per abituarcene. E tutto ci sembrerà NORMALE.
#memoria#27 gennaio#primo levi#indifferenti#indifferenza#fascismo#antifascismo#uomini comuni#conformismo#conformisti#soprusi#oppressione#disuguaglianza#lato oscuro#intellettuali#puzza#gas
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“Se c'è un Paese che, dalla caduta dell'Impero Romano ad oggi, è stato invaso, occupato, dominato, spartito, quello è il nostro
Con la differenza che da noi sono nati, i Comuni, le Signorie, le Repubbliche marinare. Si sono costruite Cattedrali, strade, ponti, borghi, i più belli del mondo, ferrovie. È nata l'arte, musica, pittura, letteratura, architettura. È nato il pensiero, scoperte, invenzioni. È nato l'artigianato, il commercio, le banche. L'Umanesimo, il Rinascimento, il Risorgimento.
Tutto questo sotto dominazione straniera e non sto qui ad elencare quanta e quale.
Quello che gli africani hanno lo hanno costruito gli europei: strade, ponti, dighe, ferrovie, città. Tutto. Loro più in là delle capanne di fango e sterco non sono stati in grado di andare.
Pensiero? Le dominazioni non ti bloccano il pensiero. Non mi risulta che ne sia venuto (Ida Magli docet).
Il problema dell'Africa, che fra l'altro è il Continente più ricco del pianeta, non è l'Africa o chi ne sfrutta le materie prime, ma gli africani stessi. Quando si saranno insediati in numero considerevole in Europa, la ridurranno peggio dell'Africa.
L'Ambiente lo fanno le persone. Se l'Italia è considerato un posto fortunato lo dobbiamo a uomini come i nostri avi, geniali, arguti, coraggiosi. Hanno versato sangue e sudore per consegnarci questo paradiso .
Peccato che alcuni non se ne rendano conto e preferiscano consegnare questo Paese a chi nulla ha fatto per il proprio e nulla farà per il nostro. Se non distruggerlo.”
Commento di Ivana Ingrosso
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che poi a me pare sconcertante pensare che io non posso aprire twitter senza vedere video di bambini mutilati, sangue nella terra, genitori che tengono gli arti dei figli in sacchetti di plastica, bambine che guardano il corpo del padre bruciare, medici che si vedono arrivare la famiglia in ospedali abbozzati senza sapere se arriveranno anche gli altri membri o se sono in altre stanze o se sono sotto macerie o fatti a pezzi, ragazzi che vengono uccisi con colpi di cecchino semplicemente perchè camminano, ambulanze fatte saltare in aria, persone urlare e svenire perchè operate senza anestetico, droni che sparano sulla folla che si era riunita per ricevere i pochi aiuti alimentari che passano, cadaveri non identificati in fosse comuni, soldati israeliani che prendono per il culo i morti palestinesi, CIVILI israeliani che prendono per il culo i morti palestinesi, case che stanno ancora in piedi ma sono piene di cadaveri decomposti uccisi con colpi di pistola alla nuca, uomini torturati, uomini fatti marciare nudi, uomini con chiodi impiantati nei piedi, donne che tengono tra le braccia il corpo del proprio figlio adolescente con la testa aperta, liste di nomi di bambini che non hanno raggiunto l'anno di età,
eppure la gente si scandalizza se si chiede il cessate il fuoco e una condanna per israele
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“Si sceglie solo una volta. Scegliamo di essere guerrieri o uomini comuni. Non c’è una seconda possibilità. Non su questa terra.” da-Il cammino del Tolteca- ********************* “You only choose once. We choose to be a warrior or an ordinary man. There is no second chance. Not on this earth.” from-The Toltec Path-
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Sono donna anche oggi, anche se non è l'8 marzo e nessuno mi porta una mimosa.
Sono donna anche oggi, che non ho nessuna serata in discoteca con uomini nudi che dovrebbero farmi divertire ballando e invece, poveretti, mi fanno solo pena...loro e chi ci va quel maledetto 8 marzo.
Sono donna ogni giorno, quando mi alzo e ho la forza di dire ''tocca a me'', senza nessuno che mi impone qualcosa o senza obblighi legati ad ormai morte tradizioni ed usanze.
Mi piace essere donna, non sono una femminista sfegatata che difende ad ogni costo e ad oltranza il mio genere, perché le stronzate le facciamo anche noi e non siamo sante, almeno io aureole in testa non ne vedo proprio a nessuno, ma mi piace la mattina pettinarmi i capelli, mettere il mascara e perdere quegli intramontabili venti minuti davanti ad un armadio, sempre pieno di cose che a me in quel preciso istante non piaceranno.
Mi piace essere donna, perché in quel lontano 1907 e poi 1909 e infine in quel 1910 qualcuno finalmente capì che anche io ho un pensiero, e posso renderlo libero come ogni altro maschietto del tempo stava facendo; mi piace essere donna perché mi piace esser come tutti gli altri, in fondo cosa cambia?
Al posto di averle in basso due palle, le ho appiccicate sul petto.
Non voglio dire frasi e luoghi comuni come "grazie a noi avete i vostri figli, uomini", perché a riguardo nessuno ha un merito superiore, perché se qualcuno ci ha creati entrambi siamo complementari e non subordinati.
Se qualcuno ha lottato per una parità di diritti, se esiste questa benedettissima uguaglianza voglio lottare e conquistarla ogni giorno, voglio esser donna anche quando le cose si metton male e c'è da rimboccarsi le maniche, voglio esser donna quando c'è da lavorare anche se non si tratta di gonna sexy ma di una tuta grigia e sporca di nero a fine giornata, voglio essere donna e voglio combattere tenacemente in una società "evoluta" e dinamica, in una società dal libero pensiero e dalla mentalità aperta che ancora boicotta l'espressione di ogni genere e di tutti i generi.
"Dichiarazione universale dei diritti umani" e "Dichiarazione dei diritti umani di Vienna", 1945 prima e 1993 poi... vi dice nulla? A me sì, e dice che se io voglio studiare, laurearmi e lavorare in un'azienda e starne a capo, posso farlo perché ho la stessa brama, grinta e forza che avrebbe il mio collega dalle palle attaccate in basso che il colloquio non lo ha superato. Mi dice anche che la mia mansione non è esclusivamente accudire i figli e sfornare lasagne e torte al cioccolato per il mio amato maritino che, povero, al rientro dal suo faticoso lavoro deve trovare qualcosa in tavola e il figlio che già dorme, pulito e profumato. No. Non sono una serva, una schiava, un'allevatrice e macchina di procreazione. Gli antichi romani si sono estinti e siamo nel ventunesimo secolo.
Io sono donna e ho diritto di vivere, io sono donna e ho diritto, io sono donna, io sono. Io. Quell' "io" promotore di soggettività, indipendenza ed esistenza. Non esiste moralmente, eticamente, metaforicamente (chi più ne ha, più ne metta) UOMO e DONNA, esiste io. E quest'ultimo devo ogni giorno, ora, minuto confermarlo senza che altri io prendano il sopravvento.
Io sono donna anche oggi, che non è l'8 marzo, ma in ogni attimo della mia esistenza pretendo reciproco rispetto e fedeltà, detengo la mia dignità e manipolo senza vincoli i fili di un burattino chiamato Vita.
Silvana Blasco
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Ragazza che non ho, ti ho già scritto una volta. Ero più giovane dentro e fuori, sognavo che dal buio fiammante della radio potessi uscire tu, con il mio S.O.S. di carta fra le dita,e uno di quei sorrisi che sembrano dire “Perché ti meravigli tanto? Non hai mai visto uscire una ragazza da una radio?”. Avrei guardato le tue gambe svelte scavalcare la finestra nera della radio, ti saresti lasciata ammirare quel vestitino di carta giapponese, con i fiori d’ acqua e tutti i miei problemi si sarebbero accucciati in un angolo come un cane pentito, perché avevo osato dubitare della materia dei sogni. Vedi, ragazza, credere nell’impossibile è stato la causa dei miei guai e delle mie grandezze. Ho puntato su tutte le roulette, sono andato in spiaggia con le scarpe d’inverno e mi sono steso in cappotto davanti al mare bruciante. Disprezzavo i luoghi comuni. Così non ho mai smesso si credere che esisti, che esistono ragazze che escono dalle radio con i vestiti a fiori. Ecco perché ti ho scritto e imbuco questa lettera nell’universo. Non sono così sciocco da credere che tu non verrai mai ( i miracoli sono più reali dei soldi), la verità è che temo di deluderti. Sono scorbutico, gonfio di dubbi e non ho mai imparato a ballare. Ti annoieresti, temo, e dopo qualche minuto di silenzio mi diresti “Usciamo?”. Ma non mi va di uscire, stasera in televisione c’è il mio documentario preferito, di la cena è apparecchiata per uno. E poi ho l’ansia da prestazione, va bene? Tu hai fatto l’amore fra le stelle, io in letti di serie B, che la sigaretta dopo era l’orgasmo. Non credermi, ragazza che non ho, questo è un vecchio gioco: provocare i miracoli e smettere di stupirsi l’attimo seguente. Se a questo punto te ne andassi via, sarei perduto.Siamo mezzi uomini,mezzi maghi, eterni bambini. Non credermi basta, portami fuori. E’ una serata così dolce. Ci sarà pure da qualche parte una balera deserta dove potrai insegnarmi il ritmo semplice e misericordioso della vita. Ragazza che non ho, stanotte saremo in tanti ad attenderti, lo sai? Fai così, non pensare a me, a forza di credere nei miracoli io ho imparato a reggerne l’assenza. Ma uno, questa notte, uno almeno di noi fallo felice.
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Bella riflessione! E riguardo a argomenti comuni, interessi e modi di comunicare che differenze noti tra I tuoi coetanei e gli uomini più grandi?
le differenze nei contenuti e negli interessi sono ridotte ormai. non esistono vere e proprie distinzioni, a venticinque anni iniziamo a somigliare (o meglio a simulare) di più ai cinquantenni che ai quindicenni. forse le persone più giovani peccano un po' più di arroganza nel modo di porsi, ma per citare hoffman "certo eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati, ma avevamo ragione" e probabilmente è sacrosanto che sia così. non ho mai creduto che l'età garantisca la maturità, né le esperienze, che se non sai analizzare e archiaviare non prima di averne succhiato il nutrimento dall'osso, puoi averne avute quante più possibile, ma saranno state vane. a contrario, la sola e unica esperienza del ragazzino, se questo ha saputo nutrirsene, lo arricchisce nettamente nella maturità. come dicevo non riconosco l'età come un dato rilevante, perché non si sceglie, perché non garantisce o esclude nulla. vivaddio, le persone cambiano di spirito in spirito, indipendente dai propri dati. sennò sarebbe un mondo ulteriormente metodico, ordinario e schematico. fortunatamente esiste la sorpresa, forse è l'unica ragione d'esistere, stare a guardare cosa c'è oltre noi stessi. mi piace che io e quell'anon non avessimo seguito la stessa logica, mi piace che altri sicuramente non seguano la mia né la sua, e che invece ne abbiano una propria magari totalmente discordante e mi piace che io non possa e nessuno di voi possiate dire con assoluta certezza, più o meno, l'età che hanno gli anon che hanno espresso una propria opinione in merito, perché appunto, le opinioni, i contenuti, la comunicazione, niente suggerisce quel dato se l'autore è nascosto. questo per me lo conferma significativamente irrilevante
sono stata prolissa, scusami :))
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"GLI ANNI PIÙ BELLI"
Pochi giorni fa la Camera dei Comuni del parlamento Canadese, con la presenza del presidente ucraino Zelens'kyj, ha riservato un lungo applauso al 98enne Yaroslav Hunka, ucraino naturalizzato canadese, per ringraziarlo di aver combattuto i russi durante la II Guerra Mondiale. Strano che nessuno (almeno inizialmente) abbia pensato all’ovvio: se negli anni ’40 combattevi i russi, la tua posizione era abbastanza ovvia. Al vecchio Hunka non è parso vero di essere accolto come un eroe di guerra, soprattutto ripensando alle operazioni militari del suo reparto. Hunka faceva parte della famosa Divisione Galizia, una formazione composta da volontari ucraini che si erano uniti al Terzo Reich. Non semplici soldati, ma uomini appartenenti alle SS che al processo di Norimberga furono accusati di aver ucciso centinaia di ebrei e civili polacchi. Le SS della Galizia furono infatti protagoniste nel reprimere la rivolta di Varsavia mettendo in atto gli ordini di Himmler: incendiare gli edifici senza curarsi di chi li occupava e sparare ai bambini, alle donne e al personale medico. Al termine dell’operazione, i civili superstiti lasciarono la città e furono pochissimi quelli che si nascosero tra le macerie. Tra questi c'era Władysław Szpilman, il musicista polacco di cui si racconta la storia nel film “Il pianista.” Dopo il conflitto, Hunka e altri 8000 appartenenti alla Divisione Galizia furono prima rinchiusi in un campo di prigionia britannico vicino a Rimini, poi con l’aiuto del Vaticano furono fatti transitare verso Spagna, Francia e Inghilterra. Da qui, il nostro “eroe” raggiunse il Canada negli anni '50, restando attivo nei circoli frequentati da ex SS. Su un blog di veterani ucraini, Hunka descrisse gli anni della guerra come il periodo più bello della sua vita. Chissà cos’hanno pensato gli ex abitanti di Huta Pieniacka, villaggio polacco raso al suolo dalle SS galiziane nel febbraio del ’44, ricordando i bambini gettati contro i muri e le donne incinte squartate. Una volta in Inghilterra, gli autori del massacro non furono interrogati e il governo inglese respinse sempre ogni richiesta di indagare sul loro passato. Nonostante i crimini di guerra dei quali si sono macchiati, una Commissione d'inchiesta canadese ha decretato che, da quando giunsero in Canada, gli uomini della Galizia "hanno tenuto una condotta soddisfacente e niente ha indicato che fossero infetti dall'ideologia nazista.” Oggi l’ex Divisione viene onorata dai nazionalisti ucraini e ogni 28 aprile si tiene una marcia per celebrarne la fondazione. Lo scorso anno la Corte suprema dell'Ucraina ha stabilito che i suoi simboli non sono riconducibili al nazismo, perciò possono essere esposti e messi in mostra. In fondo, come disse il mai pentito Hunka, si tratta solo di ricordare gli “anni più belli", non è vero?
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"Uno dei caratteri peculiari del nostro tempo è che le scene più significative sono legate ad attori insignificanti. Soprattutto lo si vede nei suoi grandi uomini: abbiamo l’impressione che si tratti di figure che potremmo incontrare ovunque...L’aspetto irritante di questo spettacolo, è il legame tra una statura tanto modesta e un potere funzionale così enorme...
A questo punto dobbiamo constatare che l’uomo comune, l’uomo della strada, quello che ogni giorno incontriamo dappertutto, ha afferrato la situazione meglio di tutti i governi e di tutti i teorici di questa terra. Il motivo è che in lui sopravvivono le tracce di un sapere che ha radici più profonde dei luoghi comuni dell’epoca presente. "
Ernst Jünger (1895-1998), Trattato del ribelle, 1951
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[...]
Lo scettro della colonizzazione ed il fardello dell’esportazione della democrazia sono stati ereditati nel secolo scorso dagli Stati Uniti che hanno appoggiato i golpe militari in Sud America, hanno invaso e devastato il Vietnam e, nel 2003 hanno occupato l’Iraq facendo quasi un milione di vittime tra militari e civili.
Contro gli Stati Uniti invasori nessun Paese occidentale ha invocato sanzioni o ha inviato armi a lungo, medio e corto raggio agli iraqeni per aiutarli a respingere l’invasore.
Oggi assistiamo inermi al massacro che l’esercito israeliano sta compiendo a Gaza e si accinge a compiere anche in Libano, bombardando case, scuole, ospedali con la scusa di scovare i terroristi che userebbero i civili come scudi umani.
L’ultimo orrore in ordine di tempo è stata la manomissione di migliaia di cerca-persone e di altri dispositivi , opera probabilmente dei servizi segreti israeliani, e la loro esplosione che ha causato la morte e la mutilazione di centinaia di persone in Libano ed anche in Siria.
Sconcerta leggere gli articoli anche su alcuni giornali italiani coi quali ci si compiace quasi dell’impresa, manifestando ammirazione per l’efficienza, la preparazione tecnologica e l’astuzia con la quale sono stati beffati gli uomini di Hezbollah!
D’altronde, negli ultimi anni assistiamo ad un proliferare di articoli ed editoriali che esaltano la tecnologia di guerra, ascoltiamo giornalisti e politici che parlano di missili, aerei, razzi sempre più sofisticati e costosi con un senso di ammirazione e compiacimento per i progressi della tecnica bellica.
Che le esplosioni dei cerca-persone o i bombardamenti indiscriminati causino morte e distruzione, sembra un problema secondario ed irrilevante rispetto alla superiorità di Israele e dell’Occidente.
Quest’atteggiamento è la manifestazione di una sorta di perversa idolatria della tecnica che spinge l’uomo a godere della propria capacità di produrre strumenti di morte sempre più precisi, assolutamente indifferente alle sofferenze dei suoi simili.
A ciò si accompagna l’assenza di capacità di reazione di noi cittadini comuni che ci aggiriamo come imbambolati nei centri commerciali, nei locali, sulle spiagge, insensibili al massacro che si consuma a poca distanza da noi.
Le uniche mobilitazioni di dissenso sono state quelle degli studenti, prontamente manganellati, come a Pisa, o addirittura denunciati come negli Stati Uniti, patria della libertà e della democrazia.
Esemplari a tal proposito sono 2 episodi recenti: il primo a febbraio durante il festival di Sanremo, allorquando si è scatenato un putiferio contro Ghali che ha avuto il coraggio di pronunciare la parola “genocidio” sul palco senza nemmeno citare Israele e qualche giorno fa a Berlino dove un ragazzino di 11 anni è stato fermato dalla polizia perché aveva una bandiera della Palestina.
In Germania in particolare si è instaurato un clima di caccia alle streghe contro chiunque osi criticare Israele, forse per placare il senso di colpa che ancora tormenta molti tedeschi per ciò che ha fatto Hitler 80 anni fa.
Purtroppo ci sono periodi nella storia durante i quali l’eccitazione per la guerra e la voglia dello scontro prevalgono sulla ricerca della soluzione diplomatica delle controversie internazionali.
Questo che stiamo vivendo è sfortunatamente uno di quelli, come quando alla vigilia della Prima Guerra Mondiale si esaltava la guerra come “igiene del mondo”.
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Questa è una dedica per Giulia, una dedica che posto qui perché non voglio farmi pubblicità o altro; vorrei semplicemente chiedere scusa a Giulia, e a tutte quelle donne che purtroppo a causa di una società orribile non sono riuscite a raggiungere i propri sogni, semplicemente perché un uomo deviato glieli ha portati via.
Vorrei chiederle scusa perché sono sicura che si sarebbe laureata con il massimo dei voti, e avrebbe festeggiato in modo stupendo, con tutte le persone che la amavano insieme a lei. Inoltre dopo la laurea sarebbe finalmente andata a studiare nel luogo dei suoi sogni, dando libero sfogo alla sua creatività, disegnando probabilmente dei fumetti meravigliosi.
Vorrei chiederle scusa perché non la conosco, eppure non riesco a smettere di pensare a lei; non riesco a smettere di pensare a come una settimana fa era felice e magari nervosa all’idea di laurearsi, mentre adesso non c’è più. Non riesco a smettere di pensare a quanto suo padre potesse essere orgoglioso nel vedere la sua bambina con la corona d’alloro in testa, quella bambina che ogni giorno la salutava con un “ciao papino!”
Vorrei chiederle scusa perché mi viene da piangere, perché per quanto una settimana fa non avessi la minima idea di chi fosse, adesso in qualche modo condivido il suo dolore, e vado fuori di testa pensando a come potrebbero essere stati gli ultimi istanti della sua vita, di quanto possa aver sofferto e come nonostante tutto abbia provato a difendersi, a lottare, anche se è stato tutto inutile.
Mi scuso perché da quello che ho capito lei era una persona dall’animo buono e gentile, perché nonostante il deviato si mostrasse effettivamente pericoloso, lei si è fidata di lui, gli ha donato ancora una volta la sua gentilezza, non avendo la minima idea che a lui, del suo buon cuore, non gliene fregava proprio niente; e se lei è stata così buona, io adesso non provo altro che odio verso tutto ciò che le è successo e verso chi ha fatto sì che tutto ciò succedesse.
Mi dispiace tanto Giulia, mi dispiace veramente veramente tanto, perché la tua vita si è spezzata, si è distrutta, e nessuno è venuto a salvarti quando ne avevi un disperato bisogno.
Mi sento impotente, impotente con il bisogno disperato di fare qualcosa, qualcosa che non ho assolutamente idea di come poter fare, perché ormai l’unico modo per cambiare il mondo è distruggerlo completamente. Siamo una società rotta, deviata, manipolata da luoghi comuni e stereotipi, e non vedo modo di far sì che tutto prenda una strada migliore.
Leggo ovunque la frase “educate i vostri figli”, “educate gli uomini”, ma come si può educarli, se fin da quando erano piccoli gli è stato insegnato che non si deve piangere perché i veri uomini non piangono mai, che ad ogni guaio o marachella la punizione era la violenza, le sberle? Sono cresciuti deviati, siamo tutti stati deviati. E ora non ho la minima idea di come si possa cambiare strada.
Per questo mi scuso cara Giulia, per non essere in grado di offrire alle donne come te, come noi, un luogo sicuro in cui crescere, in cui sognare, in cui poter vivere.
Per quanto insignificante possa essere, sappi che ora hai un posto nel mio cuore, e per quanto effimera possa essere, sappi che per te rimane accesa una mia piccola speranza, la speranza che un giorno questo mondo malsano rimanga soltanto un brutto ricordo.
Con tanto tanto amore,
Giulia.
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Pier Paolo Pasolini on the cover of Guerin Sportivo following his death on the 2nd of November 1975.
Eulogy and interview transcribed below the cut:
Italian:
Di Pier Paolo Pasolini ricordo la straordinaria disponibilità al dialogo sportivo. Poteva sembrare un non senso in un uomo di cultura, poteva anche passare per civetteria poliedrica, ma in lui lo sport era uno dei momenti essenziali. E lo scrittore vi teneva fede non solo quando ribadiva la validità del binomio arte e gioco, ma lo faceva in prima persona. Diceva: «Lo sanno tutti che mi piace giocare al calcio, e per questo c'è sempre qualcuno che mi chiama. Io vado soltanto a giocare. Per me l'arte è gioco ed anche il gioco, in qualche modo, è arte». Così era l'uomo-Pasolini, sincero anche nel paradossale: le sue prestazioni calcistiche raramente hanno registrato una vittoria, anzi le sconfitte avevano punteggi da pallottoliere. Ma lui era tenace, martedì scorso avrebbe dovuto giocare a Palermo con altri attori, tanto per riassaporare quel gusto di libertà « che soltanto una partita tra amici - sono sempre parole sue - sapeva fargli ritrovare perchè soltanto così lo sport usciva dalla dimensione di bene di consumo ». Per questo forse trovava il «Guerin Sportivo» dissacrante nel modo giusto. Specie quando usciva dai canoni tradizionali e si lanciava in crociate senza nessun avallo all'inizio, ma che in seguito si rivelavano giuste e facevan proseliti. «Bisogna aver coraggio mi diceva qualche giorno fa, durante la sua ultima intervista sul calcio e i suoi protagonisti il coraggio di uscire dalla mercificazione e dai commenti falsamente vivaci. Non c'è dubbio che Brera sa scrivere, anche Ghirelli. Tutti gli altri, invece, sono un casuale ammasso di luoghi comuni ». Gli proponemmo di commentare per noi gli avvenimenti più importanti, meglio ancora se sconfinavano dai limiti sportivi per entrare in quelli del costume. « Aver coraggio - mi rispose - vuol dire fare cose anche come questa. Magari riuscissi a trovare il tempo per farle, chissà! Parliamone, forse riesco a farlo davvero ». Incontrarlo era un'avventura. Nella sua casa dell'Eur non c'era quasi mai. Al telefono mi rispondeva la vecchia madre oppure Graziella Chiercossi, docente di lettere al- l'Università, sua cugina di secondo grado. Era sempre in giro, ma lasciava diligentemente nota dei suoi spostamenti, magari cambiandoli cinque minuti dopo. La sua ultima intervista è nata nell'intervallo di una conferenza all'Università di Bologna. (« Meno male mi disse - parliamo di sport. Mi serve per rilassarmi prima di tornare là dentro!»), si è poi completata in un secondo incontro. Pier Paolo Pasolini, però, pur nel suo correre era di parola: « Vedi un po' se basta, che del contenuto ne rispondo io. Anzi, appena a Roma, mando qualche appunto per ampliare alcuni concetti ». É puntuale, qualche giorno fa è arrivata in redazione una sua caratteristica busta arancione. Ecco, questo è stato l'iter della sua ultima discussione sul calcio. « Peccato - disse nel salu- tarmi che tutti mi considerino solo un uomo di cultura. Vogliono da me unicamente giustificazioni culturali forse perché oggi la cultura è un ottimo alibi. Mai che mi invitino a tenere una conferenza sul calcio, eppure sono ferratissimo. Vedi, gli sportivi sono poco colti e gli uomini colti sono poco sportivi. Ma io sono un'eccezione >>. Ecco, Pier Paolo Pasolini era tutto questo. «< Lo sport, si legge nell'intervista, è diventato la religione del nostro tempo». Di sicuro, lo era del suo.
English:
I remember Pier Paolo Pasolini's extraordinary willingness to engage in sports dialogue. It might have seemed nonsensical in a man of culture, it might even have passed for multifaceted coquetry, but for him sport was one of the essential moments. And the writer remained faithful to it not only when he reaffirmed the validity of the binomial art and play, but he did it in the first person. He said: "Everyone knows that I like playing football, and for this reason there is always someone who calls me. I just go and play. For me art is play and play, in some way, is art". This was Pasolini the man, sincere even in the paradoxical: his football performances rarely recorded a victory, indeed the defeats had scores like an abacus. But he was tenacious, last Tuesday he should have played in Palermo with other actors, just to savor that taste of freedom «that only a game between friends - his words - could make him find again because only in this way did sport emerge from the dimension of a consumer good». Perhaps this is why he found «Guerin Sportivo» irreverent in the right way. Especially when it went beyond traditional canons and launched into crusades without any endorsement at the beginning, but which later turned out to be right and made converts. "You have to have courage - he told me a few days ago, during his last interview on football and its protagonists - the courage to escape from commodification and falsely lively comments. There is no doubt that Brera knows how to write, even Ghirelli. All the others, on the other hand, are a casual mass of clichés." We suggested that he comment on the most important events for us, even better if they went beyond the limits of sport to enter those of custom. "Having courage," he replied, "means doing things like this too. I wish I could find the time to do them, who knows! Let's talk about it, maybe I can actually do it." Meeting him was an adventure. He was almost never in his house in EUR. His old mother would answer the phone, or Graziella Chiercossi, a literature professor at the University, his second cousin. He was always out and about, but he diligently left notes of his movements, sometimes changing them five minutes later. His last interview was during the break in a conference at the University of Bologna. ("Luckily, he told me, 'Let's talk about sports. I need it to relax before going back in there!'") and was then completed in a second meeting. Pier Paolo Pasolini, however, even in his rush, was true to his word: "You'll see if it's enough, because I'll answer for the content. In fact, as soon as I get to Rome, I'll send a few notes to expand on some concepts." He is punctual, a few days ago his characteristic orange envelope arrived in the editorial office. Here, this was the process of his last discussion on football. "Too bad - he said when greeting me - that everyone considers me only a man of culture. They only want cultural justifications from me, perhaps because today culture is an excellent alibi. They never invite me to give a conference on football, and yet I am very knowledgeable. You see, athletes are not very cultured and cultured men are not very sporty. But I am an exception". Here, Pier Paolo Pasolini was all this. "Sport, we read in the interview, has become the religion of our time". Certainly, it was of his.
Italian:
Un documento eccezionale: l'ultima intervista di Pier Paolo Pasolini. Sono domande che vertono su argomenti sportivi o che comunque nello sport trovano la loro matrice e Pasolini ha risposto in due cartelle dattiloscritte, correggendo e ampliando il concetto (dove ve ne fosse bisogno ad una seconda lettura) con la sua scrittura minuta e fitta. Perché, ci si chiede ora, argomenti sportivi ad un poeta, ad un intellettuale come lui? Perché Pasolini, scrittore e regista, era anche uomo di sport. Amava il calcio in particolare; spesso partecipava a partite tra amici, ma sempre con il massimo impegno com'era nel suo carattere. « Per me sport e cultura non sono in antitesi aveva detto in un nostro precedente colloquio - anzi, si integrano, lo sport fa parte del bagaglio culturale di ogni uomo libero ». Per questo, ora, pubblicare la sua testimonianza sportiva ci pare per noi che di sport viviamo la maniera migliore di ricordarlo.
English:
An exceptional document: Pier Paolo Pasolini's last interview. These are questions that focus on sports topics or that in any case find their origin in sports and Pasolini answered in two typewritten pages, correcting and expanding the concept (where necessary on a second reading) with his minute and dense writing. Why, one wonders now, sports arguments to a poet, to an intellectual like him? Because Pasolini, writer and director, was also a man of sport. He loved football in particular; he often took part in matches with friends, but always with the maximum commitment as was his character. "For me, sport and culture are not in antithesis, he had said in a previous conversation - on the contrary, they complement each other, sport is part of the cultural baggage of every free man". For this reason, now, publishing his sporting testimony seems to us, for those of us who live by sport, the best way to remember him.
Italian:
Q. Si dice calciatore e si va subito al successo, al guadagno. La regola del gioco, tuttavia, può esse- re troppo dura: in fondo, il giovane che diventa un idolo si trova in un contesto innaturale in cui non sempre il dare e l'avere risultano in pareggio a fine carriera. Qualcuno ha detto che un calciatore è come un clown: spogliato dei suoi abiti sgargianti è una persona tristissima. A. Trovo un po' sentimentale questo problema. Potremmo proporlo come tema di una canzonetta. Del resto non mi pare che questi giovanotti trovino così traumatizzante il successo. Anzi sembrano trovarlo molto naturale e quasi dovuto. Direi che lo tecnicizzano subito. E ciò li rende impenetrabili. L'alato Antognoni è una sfinge. Chi si "scopre" sono di solito o i genitori o gli amici o i padroni dei bar.
English:
Q. You say you're a footballer and you immediately go to success, to earnings. The rules of the game, however, can be too harsh: after all, the young man who becomes an idol finds himself in an unnatural context in which giving and taking do not always result in a draw at the end of his career. Someone said that a footballer is like a clown: stripped of his flashy clothes he is a very sad person. A. I find this problem a bit sentimental. We could propose it as the theme of a song. Besides, it doesn't seem to me that these young men find success so traumatic. On the contrary, they seem to find it very natural and almost due. I would say that they immediately technicalize it. And this makes them impenetrable. The winged Antognoni is a sphinx. Those who "discover" themselves are usually either their parents or their friends or the owners of the bars.
Italian:
Q. Riva e Rivera: due campioni, due personaggi, due uomini profondamente differenti. Riva è taciturno e riesce quasi sempre antipatico. E per di più è innamorato di una donna sposata con un altro. Fa simpatia solamente nella sventura. Rivera, invece, viene coccolato, preso ad esempio, è il tipico self-made man italiano. Parla con l'erre francese e non bestemmia. Riva e Rivera, dunque, come le due facce del nostro calcio. A. Riva è un uomo molto simpatico. Lo capisco dalla rabbia che mi fa: che è la rabbia che fanno gli amici. Parlo della rabbia dovuta alla sua rinuncia, alla sua fuga, alla sua assenza. Io penso che ci si debba spendere fino all'ultimo, e che quindi si debba anche sbagliare. Ma Riva è un "naturale" amico: e perciò dico questo cercando di capire le sue ragioni, soprattutto quelle più inconsapevoli, con cui è inutile discutere se non per passione. Di Rivera non capisco nulla, l'ho sempre considerato un grande giocatore, ma quando ho visto a Mantova la partita Milan-Cagliari mi sono reso conto che, al contrario di Riva, ha fatto benissimo a ritirarsi. Adesso, però, vuol tornare in campo e in Consiglio. Metta in pratica la seconda ipotesi. Penso che or- mai possa fare solo il Presidente.
English:
Q. Riva and Rivera: two champions, two characters, two profoundly different men. Riva is taciturn and almost always comes across as unpleasant. And what's more, he's in love with a woman married to someone else. He's only sympathetic in misfortune. Rivera, on the other hand, is pampered, taken as an example, he's the typical Italian self-made man. He speaks with the French "r" and doesn't swear. Riva and Rivera, therefore, like the two faces of our football. A. Riva is a very nice man. I understand it from the anger he makes me feel: which is the anger that friends make [you feel]. I'm talking about the anger due to his renunciation, his escape, his absence. I think that one should give oneself up to the last, and therefore one should also make mistakes. But Riva is a "natural" friend: and that's why I say this trying to understand his reasons, especially the most unconscious ones, with whom it's useless to argue if not out of passion. I don't understand anything about Rivera, I've always considered him a great player, but when I saw the Milan-Cagliari match in Mantua I realized that, unlike Riva, he did well to retire. Now, however, he wants to return to the field and to the Council. Put the second hypothesis into practice. I think that now he can only be President.
Italian:
Q. Padre Eligio: ovvero, la Chiesa batte nuove strade. Il suo è un personaggio per molti versi inconcepibile. Di lui si dice che non esiste cosa che non abbia fatto. Adesso ha preso Rivera sotto la sua tonaca protettrice e gli cura le pubbliche relazioni. Ecco, può coesistere il binomio padre Eligio-calcio? A. Padre Eligio (almeno pubblicamente) è un uo- mo così volgare che mi riesce impossibile parlare di lui.
English:
Q. Father Eligio: that is, the Church is breaking new ground. His is a character that is in many ways inconceivable. It is said of him that there is nothing he hasn't done. Now he has taken Rivera under his protective cassock and takes care of his public relations. So, can the Father Eligio-football duo coexist? A. Father Eligio (at least publicly) is such a vulgar man that it is impossible for me to talk about him.
Italian:
Q. La Nazionale, Bernardini e Bearzot: le critiche si sono sprecate. Bernardini chiede tempo e pace, i tifosi vogliono risultati e subito. La Finlandia non fa testo, la Polonia invece ha dato il via ad una polemica feroce fatta di falso ottimismo, Facchetti (prima di Varsavia) ha detto che una Nazionale decente in questi anni la si è vista contro l'URSS. Per il resto, tutto da rifare. A. Ha ragione Facchetti: la partita contro l'URSS è stata la migliore che la Nazionle italiana abbia giocato in trasferta in questi anni. Meglio anche di Varsavia. Le mancava solo l'ultimo passaggio verti- cale verso la porta avversaria. O perlomeno le man- cava chi fosse così autorevole da farselo fare. Savol- di era la prima volta che giocava: i suoi compagni non sapevano che bisogna passargli palloni in pro- fondità a mezza altezza da girare, piegati, di testa; oppure ciabattate sempre in profondità su cui entra- re un po' pazzescamente in scivolata. Ci ha prova- to ultimamente Pulici, ma ha fatto cilecca. Non gli sono arrivati neanche dei palloni casuali che egli po- tesse raggiungere, con le spalle alla porta avversaria, da girare alla cieca, secondo il suo particolare, enig- matico opportunismo. Chinaglia in quella Nazionale era perfettamente inutile: una mezza punta goffa e delirante, che in tal ruolo non vale neanche un deci- mo di quello che vale il delizioso, lampeggiante Bettega. E per di più Chinaglia non fa altro che mettere il malumore agli altri: e tutti sanno che si gioca bene solo quando si è di buon umore. Mi vie- ne il sospetto che Bernardini facesse giocare China- glia per ragioni non sportive. Speravo molto che Chinaglia se lo prendesse il Cosmos (e magari Cosa Nostra).
(contd)
L'altro punto nero è Graziani, che, come Pulici, è bravissimo a fare dei gollacci a delle squadre di media o bassa classifica, come si dice, del campionato italiano. Ma oltre a tale bravura non va. Tuttavia una frase di Bernardini, riportata, spero fedelmente, da un giornale mi ha illuminato: "Auguro al mio successore di trovare un nuovo Riva". E' infatti proprio un nuovo Riva che manca. alla Nazionale: ossia, manca la possibilità di giocare verticalmente (perché non dico "Riva" ma un "nuovo Riva"). Non è colpa di Bernardini (o di Bearzot?) se questo "nuovo Riva" effettivamente non c'è. Per tutto il resto mi sembra che Bernardini abbia fatto un ottimo lavoro. La partita contro la Finlandia non significa nulla. E' stata una trappola, un vicolo cieco. E' riuscito a giocar male anche Rocca, che ha fatto fughe da oratorio. Si è comunque salvato (proprio per questa sua naturalezza), ma si è bruciato un altro bravissimo giocatore come Gentile. Ripropo- sto a Varsavia, ha risentito di questa mancata fiducia ed è risultato forse il peggiore degli italiani. E' difficilissimo dire perché la partita con la Finlandia non può avere rilevanza. E non mi avventuro in un' analisi retorica. Però è così. I "piedi buoni" restano "piedi buoni" malgrado la Finlandia. E Cordova contro la Polonia (a Roma ovviamente) ha avuto dei piedi deliziosi, sia ben chiaro. In conclusione devo ammettere che ci sono delle buone ragioni per non avere sfiducia in Bernardini. Egli ha dato alla Nazionale una velocità doppia a quella della Nazionale precedente (anche se non raggiunge certo neppu- re quella della Finlandia…) e, soprattutto, ci ha fatto tornare vincitori (o quasi) da una trasferta in casa di Lato, Deyna e Gadocha. E con i tempi che corrono, questo pareggio è un exploit mondiale. Questa velocità ha creato, un nuovo, grande giocatore: Capello. Quando, secondo il mito del gioco all'italiana Meazza - Rivera, Capello andava al trotto o al piccolo trotto, era un buon giocatore e basta. Adesso che è costretto a corre- re, e anche tanto, è diventato appunto un grande. Perché egli sa fare rifiniture in velocità (mentre un tempo le rifiniture erano naturaliter blande). Il segreto del gioco moderno, sul piano individuale, è l'esattezza massima alla massima velocità: correre come pazzi ed essere nello stesso tempo stilisti. Ciò e successo a Capello: e poteva succedergli solo nel contesto bernardiniano.
English:
Q. The National team, Bernardini and Bearzot: the criticisms have been wasted. Bernardini asks for time and peace, the fans want results and now. Finland is not a good example, Poland instead has started a fierce controversy made of false optimism, Facchetti (before Warsaw) said that a decent National team in recent years was seen against the USSR. For the rest, everything needs to be redone. A. Facchetti is right: the match against the USSR was the best that the Italian National team has played away in recent years. Even better than Warsaw. All that was missing was the final vertical pass towards the opponent's goal. Or at least it was missing someone authoritative enough to have it done. It was Savoldi's first time playing: his teammates didn't know that you have to pass him balls in depth at half height to turn, bent, with your head; or slips always in depth on which you can slide a bit crazy. Pulici tried recently, but he failed. He didn't even get random balls that he could reach, with his back to the opponent's goal, to pass blindly, according to his particular, enigmatic opportunism. Chinaglia was completely useless in that national team: a clumsy and delirious half-forward, who in that role isn't even worth a tenth of what the delightful, flashing Bettega is worth. And what's more, Chinaglia does nothing but put the others in a bad mood: and everyone knows that you only play well when you're in a good mood. I suspect that Bernardini played Chinaglia for non-sporting reasons. I really hoped that the Cosmos (and maybe Cosa Nostra) would take Chinaglia.
(contd)
The other black spot is Graziani, who, like Pulici, is very good at scoring goals against teams in the middle or lower ranks, as they say, of the Italian championship. But beyond that he doesn't go. However, a phrase by Bernardini, reported, I hope faithfully, by a newspaper enlightened me: "I hope my successor finds a new Riva". It is in fact a new Riva that the National team lacks: that is, it lacks the ability to play vertically (because I don't say "Riva" but a "new Riva"). It is not Bernardini's fault (or Bearzot's?) if this "new Riva" is effectively missing. For everything else it seems to me that Bernardini did an excellent job. The match against Finland means nothing. It was a trap, a dead end. Rocca also managed to play badly, making oratory-like escapes. He was saved anyway (precisely because of his naturalness), but he burned another very good player like Gentile. Re-proposed in Warsaw, he suffered from this lack of confidence and was perhaps the worst of the Italians. It is very difficult to say why the match with Finland cannot be relevant. And I will not venture into a rhetorical analysis. But it is so. The "good feet" remain "good feet" despite Finland. And Cordova against Poland (in Rome obviously) had delicious feet, let's be clear. In conclusion I must admit that there are good reasons not to have no confidence in Bernardini. He has given the national team a speed double that of the previous national team (even if he certainly does not reach that of Finland…) and, above all, he has made us return victorious (or almost) from an away game at the home of Lato, Deyna and Gadocha. And in the current times, this draw is a world-class exploit. This speed has created a new, great player: Capello. When, according to the myth of the Italian game Meazza - Rivera, Capello went at a trot or a slow trot, he was a good player and that was it. Now that he is forced to run, and a lot, he has become a great player. Because he knows how to do finishing touches at speed (whereas once the finishing touches were naturally bland). The secret of the modern game, on an individual level, is maximum precision at maximum speed: running like crazy and being a stylist at the same time. This happened to Capello: and it could only have happened to him in the Bernardine context.
Italian:
Q. Il pallone come sedativo antidolorifico: ovvero, con una partita passa tutto. Succede nell'America Latina, succede anche da noi. In fondo, al povero basta poco e un pallone è l'ideale per sognare. A. Che lo sport (i "circenses") sia "oppio del popolo", si sa. Perché ripeterlo se non c'è alternativa? D'altra parte tale oppio è anche terapeutico. Non credo ci sia psicanalista che lo sconsiglierebbe. Le due ore di tifo (aggressività e fraternità) allo, stadio, sono liberatorie: anche se rispetto a una morale politica, o a una politica moralistica, sono qualunquistiche ed evasive.
English:
Q. Football as a painkiller: that is, with a match everything goes away. It happens in Latin America, it happens here too. After all, the poor don't need much and a football is ideal for dreaming. A. That sport (the "circuses") is the "opium of the people", is known. Why repeat it if there is no alternative? On the other hand, this opium is also therapeutic. I don't think there is a psychoanalyst who would advise against it. The two hours of cheering (aggression and brotherhood) at the stadium are liberating: even if with respect to a political morality, or a moralistic politics, they are indiscriminate and evasive.
Italian:
Q. Dopo la donna-madre, la donna-amante, la donna-mille usi, adesso la donna gioca pure al pallone. E giura che non è finita. Allora? A. Che le donne giochino a pallone è uno sgradevole mimetismo un po' scimmiesco. Esse sono negate al calcio come Benvenuti o Monzon.
English:
Q. After the woman-mother, the woman-lover, the woman-a thousand uses, now the woman also plays football. And she swears that it's not over. So? A. That women play football is an unpleasant mimicry a bit ape-like. They are as unsuited to football as Benvenuti or Monzon.
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Costanza Modica, 17 anni. Studentessa di Pisa. Il suo discorso al Consiglio Comunale di Pisa
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"Buongiorno a tutti, sono Costanza Modica, ho 17 anni, il 23 Febbraio ho partecipato al corteo. Insieme ad altri studenti sono scesa in piazza.
Siamo scesi in piazza per manifestare il nostro dissenso contro quello che sta succedendo in Palestina, un genocidio, un massacro di gravità inaudita dimenticato, se non peggio, da tutta la nostra politica e ancor di più dal nostro governo.
Non ne potevamo più, non potevamo più sentirci complici e volevamo manifestare per esprimere chiaramente e con forza il nostro dissenso e lo sgomento per la situazione della popolazione palestinese.
Eravamo 100, 100 ragazzi, qualche universitario, molti liceali e alcuni studenti delle medie che manifestavano insieme a noi. Per chi non lo sapesse, un corteo di 100 persone è un corteo piccolo, quasi deludente.
Siamo partiti da Piazza Dante, dirigendoci verso Piazza dei Cavalieri, ma già in via San Frediano, una via stretta, abbiamo trovato una camionetta con la squadra antisommossa ad aspettarci, poliziotti con caschi, scudi e manganelli in riga e compatti, mentre alle spalle ci hanno raggiunto delle volanti della polizia bloccandoci davanti alla cancellata del Liceo Artistico.
Abbiamo alzato le mani in segno di pace, abbiamo fatto capire che eravamo pochi e non avevamo nessuna intenzione violenta, abbiamo chiesto come mai ci avessero bloccati, non ci rispondevano, abbiamo più volte cercato di capire ma non ci hanno mai risposto.
E poi la prima carica, la prima carica che ci ha spinti indietro di 3 metri, no, non ci hanno spinto indietro con gli scudi ma con le manganellate. Da quel momento è scoppiato il panico, io ero indietro ed ho aiutato i bimbi più piccoli ad andarsene, mentre altri più avanti erano stati colpiti duramente, alcuni seriamente feriti, altri presi e portati via.
In un crescendo incontrollato non hanno risparmiato colpi ai ragazzi che erano davanti, anche a quelli che cercavano evidentemente di arretrare con le mani alzate, hanno colpito con violenza, con apparente cattiveria, quasi con sadica soddisfazione. Hanno colpito e ferito ragazzi, per la maggior parte minorenni, disarmati e con le mani alzate.
Non hanno fatto passare l’ambulanza per una ragazza ferita alla testa, una è caduta ed è stata presa dal giacchetto mentre cercava di rialzarsi e colpita ripetutamente (come hanno mostrato molti video), il tutto senza mai nemmeno il tentativo di un dialogo, senza mai degnarci di una risposta al contrario di quel che ha dichiarato il ministro Piantedosi.
Non potevamo fare altro che scappare, ad un certo punto le volanti che ci chiudevano da dietro si sono dileguate e così ce ne siamo andati, loro ci hanno seguito per tutta via San Frediano e poi si sono fermati.
Questo avvenimento ha avuto una visibilità mediatica enorme con riscontri sia positivi, che, purtroppo, negativi. Abbiamo letto di tutto, sia messaggi di solidarietà, sia falsità, falsità che vogliamo sfatare qui ed adesso.
Si, deputato Ziello, eravamo incappucciati, pericolosi cappucci dei nostri giacchetti e delle nostre felpe, pioveva e come tutti i comuni mortali ci siamo coperti.
No, i poliziotti non ci hanno detto neanche una parola, non ci hanno ritenuto degni di un dialogo, di un confronto, non hanno cercato una mediazione, ci abbiamo provato noi, solamente noi, ma siamo stati bloccati da un muro silenzioso di uomini in divisa antisommossa, considerati bestie da scacciare e schiacciare.
E come osate paragonare un poliziotto che è caduto facendosi male alla gamba, con 13 ragazzi disarmati al pronto soccorso, come osate parlare di feriti da ambo i lati, come osate parlare di scontro alla pari?
No, non avevamo nessuna intenzione di andare in sinagoga o al cimitero ebraico, e anzi, vogliamo ricordare che noi non siamo antisemiti, siamo ragazzi che lottano contro le azioni portate avanti dal governo Israeliano e da quello Italiano.
Vorrei ricordarlo perché questa differenza, evidente e scontata, soprattutto per politici esperti e maturi come voi, sembra stranamente sfuggire alla maggioranza che si lamenta delle strumentalizzazioni altrui.
Insomma tutte queste falsità non reggono e non possono reggere, basta ragionarci sopra, con onestà.
Molti esponenti del governo, con il ministro Salvini in prima linea, si sono espressi dicendo “non toccate le forze dell’ordine, sono un patrimonio sacro”, ribadendolo più volte.
Forse non è bastato il richiamo del Presidente Mattarella, forse non erano sufficienti le sue parole, forse bisogna ribadire l’ovvio: non toccate gli studenti, non toccate il futuro dello stato italiano, il futuro del paese che dite tanto di amare.
E ringraziate, ringraziate ogni giorno i ragazzi che sono ancora qua, che non hanno paura e che lottano per un paese migliore, ragazzi che meritano, prima di ogni altra cosa, le vostre scuse.
Vi lamentate dei giovani, dite che sono dei vandali, bloccate in tutti i modi la loro voce, anche violentemente, e continuate a lamentarvi del distacco che hanno dalla politica odierna eppure, quando vengono massacrati, li attaccate, dite che è colpa loro, anche quando è del tutto evidente che state raccontando bugie.
Bugie non solo nelle interviste rilasciate dai maggiori esponenti politici, che forse non conoscono bene Pisa, che vedono da lontano, ma anche negli interventi del consiglio comunale di lunedì. Alcuni di noi hanno partecipato ed hanno assistito ad un teatrino imbarazzante riconducibile al nulla.
Non ci sono state prese di posizione da parte della maggioranza, se non una difesa della polizia, un vago richiamo alla necessità di aspettare le indagini e mille scuse per condannare i ragazzi che manifestavano, con paralleli totalmente campati per aria.
Siete rimasti così attaccati al vostro partito, alle indicazioni ricevute dall’alto, al ruolo che vi hanno imposto, o che (peggio) vi imponete, da perdere ogni onestà intellettuale; con noi davanti è una delle cose peggiori che potevate fare.
E no, non mi soddisfanno le parole del Sindaco, no, non mi soddisfa l’ordine del giorno che è stato approvato perché è vago, inconsistente e ridicolo. E la cosa peggiore è che ci avete fatto perdere del tutto la fiducia nelle istituzioni cittadine e questa è una sconfitta bruciante.
Nessuno di noi chiede di andare indietro nel tempo, o di dimenticare quello che è successo, ve lo dovete ricordare, dovete guardare i video, ascoltare le testimonianze, guardarci in faccia e prendere dei provvedimenti immediati, dovete riconoscere il problema. Non possiamo accontentarci di una superficiale vicinanza senza un provvedimento adeguato.
Chiudo dicendo che noi non ci fermeremo, avete provato a bloccarci a spaventarci, ad umiliarci, ma non ci siete riusciti, continueremo a manifestare, a lottare contro le ingiustizie e a guardarvi in faccia, noi sì, senza paura.
Pensavate che questa oppressione ci potesse in un qualche modo fermare? Abbiamo già dimostrato venerdì sera che non sarà così, riempiendo pacificamente la piazza che ci era stata chiusa con la violenza, ma ve lo confermiamo di nuovo in questa sede.
Non ci avete fermato anzi ci avete dato un motivo in più per scendere in piazza, chiedere giustizia per i manifestanti, chiedere provvedimenti adeguati contro chi si è abbandonato alla violenza.
Capisco che alle volte uscire dai vostri ideali politici di partito sia difficile, ma se vi fermaste un solo secondo ad ascoltarci davvero, a sentire la nostra voce e le nostre ragioni, capireste che non siamo vandali, siamo ragazzi che lottano per una causa comune, siamo i figli e il futuro di ogni paese democratico che si rispetti."
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“ «Com'è strano, — pensava Veročka — già le sapevo dentro di me, già le presentivo, tutte le cose che ha detto sulle donne, sui poveri, sull'amore. Dove le ho imparate? Forse nei libri che ho letto? No, non là. In quei libri ci sono tanti dubbi, tante riserve, e ogni cosa sembra insolita, incredibile. Come si trattasse di sogni belli, ma irrealizzabili! A me sembra invece che questi sogni siano semplici, semplicissimi, comuni, che senza di essi non si possa vivere, che si dovranno avverare senz'altro. Eppure, secondo me, questi libri sono ottimi. George Sand; per esempio, è così buona e morigerata, eppure, tutto in lei è sogno! E i nostri? No, nei nostri non si parla di questo. In Dickens, invece, sì, ma tutto è come senza speranza; certo, lui se l'augura, perché è buono, però sa bene che non si avvererà. Come fanno costoro a non sapere che in mancanza di questo non si può vivere e che bisogna darsi da fare, e si lavorerà senz'altro, perché non ci siano più uomini poveri e infelici? Ma che, forse non lo dicono? Dire lo dicono, ma provano solo pietà, mentre pensano che tutto resterà com'è ora: sì, qualcosa migliorerà, ma per il resto. No, essi non dicono le cose che io penso. Se le dicessero, saprei che le persone buone e intelligenti ragionano come me. E invece sinora ho creduto di essere l'unica a pensarla così, perché sono una stupida. Nessuno pensa come me, nessuno si aspetta che le cose cambino realmente. E ora lui assicura che la sua fidanzata ha detto a tutti coloro che l'amano che le cose andranno proprio secondo le mie idee. E ha parlato così chiaramente, dice lui, che tutti già lavorano perché tutto avvenga al più presto. Che donna intelligente! Ma chi è? Lo saprò di certo. E come sarà bello, quando non ci saranno più poveri, quando nessuno sarà costretto a ricorrere agli altri per bisogno, quando tutti saranno allegri, buoni, felici...». Assorta in queste riflessioni, Veročka si addormentò, e dormì profondamente, senza sognare. “
Nikolaj Gavrilovič Černyševskij, Che fare?, traduzione e cura di Ignazio Ambrogio, Edizioni Studio Tesi (collana Collezione Biblioteca, n° 85), Pordenone, 1990; p. 78.
NOTA: Il testo originale (Что делать?), che Černyševskij scrisse in prigionia nella fortezza di Pietro e Paolo a San Pietroburgo, cominciò ad essere pubblicato a puntate nel 1863 sul mensile letterario russo Sovremennik sino a quando le autorità sequestrarono l’intera opera, ritenuta sovversiva. Il libro circolò quindi clandestinamente fino alla pubblicazione integrale nel 1905, all’inizio della breve stagione riformista dello zar Nicola II.
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C'è abbastanza perfidia, odio, violenza, assurdità nell'essere umano medio per rifornire qualsiasi esercito in qualsiasi giorno E i migliori assassini sono quelli che predicano la vita E i migliori a odiare sono quelli che predicano l'amore E i migliori in guerra – in definitiva – sono quelli che predicano la pace Quelli che predicano Dio hanno bisogno di Dio Quelli che predicano la pace non hanno pace Quelli che predicano amore non hanno amore Attenti ai predicatori Attenti ai sapienti Attenti a quelli che leggono sempre libri Attenti a quelli che o detestano la povertà o ne sono orgogliosi Attenti a quelli che sono sempre pronti ad elogiare poiché hanno loro bisogno di elogi in cambio Attenti a quelli pronti a censurare hanno paura di quello che non sanno Attenti a quelli che cercano continuamente la folla; da soli non sono nessuno Attenti agli uomini comuni alle donne comuni attenti al loro amore, Il loro è un amore comune che mira alla mediocrità Ma c'è il genio nel loro odio c'è abbastanza genio nel loro odio per ucciderti per uccidere chiunque. Non volendo la solitudine non concependo la solitudine cercheranno di distruggere tutto ciò che si differenzia da loro stessi. Non essendo capaci di creare arte non capiranno l’arte. Considereranno il loro fallimento, come creatori, solo come un fallimento del mondo intero. Non essendo in grado di amare pienamente considereranno il tuo amore incompleto e poi odieranno te e il loro odio sarà perfetto. Come un diamante splendente Come un coltello Come una montagna Come una tigre Come cicuta La loro arte più raffinata. Charles Bukowski - Il genio della massa
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#condivisione
Da soli, senza un aiuto è difficile danzare armonicamente sul pianeta terra.
Ogni giorno si deve lavorare con l’energia/materia che l’esistenza/karma ti mette davanti, ti mette sul piatto.
Cosa vuol dire questo.
Se lavori in una fabbrica che costruisce auto tu costruirai auto, se non lo fai avrai problemi.
Se lavori in una panetteria dovrai fare del pane, se non lo fai avrai problemi.
Ora questo tipo di lavorare sembra cosa normale, perché l’uomo viene addestrato per questo; e lo è, normale.
Poiché abbiamo necessità di alcune cose. Anche se non tutto ciò che si produce in quest’epoca sia poi così necessario…
Comunque, tutto questo per dire che a prescindere da quale lavoro, ordinario, uno sta eseguendo o da come vive la propria vita, tutti e nessuno escluso lavora per il più grande organismo/fabbrica del pianeta terra.
Questa fabbrica si chiama Esistenza, Vita, Universo.
Cosa produce questa Fabbrica?
Veri Esseri Umani. ( ma oggi la produzione sembra come quella della FIAT o forse è solo la mia visione limitata…).
Ora in quest’epoca, sono più le persone che hanno dimenticato che quelle che lavorano per l’esistenza.
Allora i primi, come salario avranno una mente confusa e un cuore chiuso che consumerà più velocemente il proprio corpo.
I secondi, in base agli sforzi consapevoli avranno il loro salario, che si tradurrà in una mente più ordinata, un centro emozionale ( cuore ) sempre più sereno e un corpo vivace e pieno di energia.
Qualità che servono per fare scelte più consone alla nostra vita Reale e non immaginaria.
Come si lavora in questa Fabbrica.
Prima di poter accedere al Vero Lavoro bisogna fare come i lavori comuni di quest’epoca.
Un percorso di formazione.
In questo percorso di formazione, speciale, si studia come funziona l’Essere umano e quali sono le leggi di questa “ Azienda “, ovvero le leggi dell’universo o leggi oggettive, che sono uguali ovunque e la relazione tra queste leggi e l’Essere umano.
Che uno se ne renda conto o meno, la Fabbrica sul pianeta terra produce Esseri umani per mezzo delle esperienze che il singolo dovrà attraversare.
Se solo gli uomini fossero in grado di eseguire i propri Doveri Esserici, così da saper sciogliere i propri nodi e portare luce dove serve, in Se Stessi.
Ma pochi sanno come portare avanti i propri doveri esserci. Pochi lavorano seriamente per questa “ Azienda “.
Allora entrano in gioco le Scuole e chi inizia un po’ a “ ricordare “ che il Lavoro più nobile è quello su Se Stessi, sarà anche in grado di beneficiare del materiale delle scuole.
Per nostra fortuna, la nostra Scuola ci da tanto materiale, costantemente.
Quindi per chi ha voglia di lavorare non ci sono scuse. 🤷♂️
Per ricollegarmi all’inizio: se non lavori per creare Essere Umani, ( se non lavori su te stesso) allora avrai…
Rendersi conto delle Priorità e che si ha bisogno di aiuto è già segno di più armonia e Verità.
Per ciò che riguarda il Lavoro su se stessi.
Grazie per questa possibilità di studio e crescita.
Buon Lavoro a tutti.
Andrea Buonofiglio
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