#storia della medicina
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L’invenzione della nostalgia
Nòstos àlgos, nostalgia. Nòstos in greco significa qualcosa come «ritornare a casa», «fare ritorno»; àlgos è «dolore». Sono entrambe parole greche ma, per quanto Odisseo sia stato il malato di nostalgia per eccellenza, il suo popolo non aveva nessuna parola adatta a definirla. I greci ebbero tempo e intelligenza per elaborare i sintomi del mal d’amore, quando Saffo ne soffrì sull’isola di Lesbo, ma non si dedicarono mai all’analisi dello struggimento del ritorno. A elencarne i sintomi per la prima volta, scrivendo la sua tesi nel tentativo di laurearsi in medicina, fu uno studente alsaziano dell’università di Basilea. Era già il 1688, si chiamava Johannes Hofer, e voleva analizzare con metodo scientifico la malattia che colpiva i mercenari svizzeri del Re Sole: esiliati in Francia per combattere, si consumavano nel ricordo dei cantoni elvetici fino a morirne. Per definire questo malessere, Hofer ideò il neologismo, e la sua Dissertazione medica sulla nostalgia garantì al giovane alsaziano il titolo di dottore e un posto nella storia della medicina. Il mondo attendeva quella parola da un bel po’ di tempo, e quando finalmente venne coniata diede un nome a sentimenti antichissimi, filtrando in ogni ambito della cultura umana. Può sembrare strano che per «inventare» la nostalgia sia servita l’analisi medica di un popolo nordico come quello svizzero. Eppure per molti anni la sofferenza che uccideva i mercenari fuori dai campi di battaglia rimase una loro malattia professionale. Colpiva gli elvetici in particolare, che sono stati a lungo i mercenari europei per eccellenza, e venivano descritti come disciplinati e feroci, fedelissimi finché veniva pagato il soldo, molto meno quando lo stipendio ritardava. Questi soldati sono un doloroso esempio di uomini che vivevano senza avere niente: avevano imparato a combattere difendendo i cantoni dagli invasori ed erano emigrati come mercenari perché il loro era un paese povero, in cui l’unica possibilità di guadagnare qualcosa era rischiare la vita in giro per l’Europa, uccidendo uomini verso i quali non provavano alcun odio, al soldo di nazioni per le quali non nutrivano alcun sentimento di fedeltà. In Svizzera erano poveri, padroni soltanto di una terra difficile da coltivare, e in guerra avevano ancora meno: né caserme, perché erano della nazione che li aveva ingaggiati; né la terra su cui combattevano, perché il campo di battaglia era soltanto un vantaggio o uno svantaggio, nulla da difendere o conquistare per sé; né avevano un vero nemico, perché quello combattuto in guerra era solo un estraneo. Le uniformi, le armi, gli stendardi? Le pagava il cliente. Niente di ciò che viveva, combatteva o difendeva era del mercenario; l’unica cosa che gli apparteneva era il ricordo della patria: come sorprendersi che ne siano morti a centinaia di nostalgia?
Salvatore La Porta, Less is more. Sull’arte di non avere niente, Il Saggiatore (collana La Cultura, n° 1134), 2018¹. [Libro elettronico]
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Dalla scienza al quotidiano: la delusione di Pietro Luigi Garavelli tra ricerca e quotidianità
Il medico e ricercatore riflette sulla difficoltà di portare avanti progetti culturali e scientifici fuori dal contesto accademico
Il medico e ricercatore riflette sulla difficoltà di portare avanti progetti culturali e scientifici fuori dal contesto accademico. Pietro Luigi Garavelli, medico e ricercatore di lungo corso, racconta con amarezza le sfide affrontate nel passaggio dalla dimensione scientifica accademica a quella della quotidianità. Con oltre quarant’anni di attività clinica e didattica, e una carriera coronata…
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Salerno di nuovo capitale dell'arte di Esculapio: dal 9 al 12 ottobre il congresso internazionale di Storia della medicina
Salerno di nuovo capitale dell'arte di Esculapio: dal 9 al 12 ottobre il congresso internazionale di Storia della medicina
Redazione Si svolgerà a Salerno, dal 9 al 12 ottobre prossimi, il 49° Congresso della Società di Storia Internazionale della Medicina, che si tiene in Italia solo per la quinta volta. La città della Schola Medica, considerata la prima della civiltà occidentale, nata dall’incontro tra saperi scientifici di diversa estrazione geografica e culturale, ospiterà relazioni, letture magistrali, poster e…
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PRIMA PAGINA Il T di Oggi giovedì, 24 ottobre 2024
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Ti sia l’alimento farmaco
Anoressia, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata: medici e nutrizionisti ne parlano con le scuole al convegno Ti sia l’alimento farmaco CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLI – Ti sia l’alimento farmaco: un focus sui problemi dell’alimentazione per sensibilizzare i più giovani ad un corretto stile di vita e ad una dieta sana che si svolgerà martedì 12 marzo a partire dalle ore 10,…
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#convegno#Gennaro Rispoli#Ippocrate#Museo delle Arti Sanitarie e di Storia della Medicina#Napoli#Nicola Caputo#Ti sia l’alimento farmaco
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Tanto per non farci mancare niente, ora ci mettiamo pure le malattie autoimmuni letali. Prima di tutto però voglio dire che è una condizione rara, quindi non andate subito in panico. Detto questo, spieghiamo - per come l'ho capita io - che cacchio hanno trovato. La prendo larga.
Esistono diversi meccanismi di difesa contro i patogeni, il più famoso è il sistema immunitario. Esiste anche un sistema di difesa sviluppato dalle singole cellule e quasi esclusivo della lotta contro i virus: l'interferone. Senza entrare nei dettagli dei vari tipi di interferone e di come agisca, il punto saliente è che viene stimolato dalla presenza di un doppio filamento di RNA nel citoplasma. Non è normale avere un doppio filamento di RNA nel citoplasma, generalmente è un filamento singolo che viene riconosciuto dai ribosomi e viene degradato subito dopo aver fatto da modello per la traduzione delle proteine. Molti virus - tra cui SARS-CoV-2 - nel loro ciclo vitale hanno un momento in cui producono un RNA a doppio filamento, e questo fa da trigger per la sintesi di interferone.
Come lo fa? Nella cellula esiste una famiglia di molecole chiamata RLRs che lega l'RNA estraneo (doppio filamento o singolo con alcune caratteristiche precise). Il legame di queste molecole con l'RNA estraneo scatena una cascata di segnale (una serie di reazioni chimiche) che porta alla sintesi di interferone.
Una delle RLRs è la MDA5, che è la protagonista della nostra storia. Esiste infatti una malattia rara, chiamata dermatomiosite, che è una malattia autoimmune in cui gli anticorpi del corpo se la prendono contro la MDA5. Il risultato è una malattia che può manifestarsi in diversi distretti corporei: spesso è cutanea, ma a volte può portare disturbi anche più fastidiosi come fatica e spossatezza ma senza danneggiamento dei muscoli: ecco perché si chiama anche dermatomiosite amiopatica.
Ecco, il punto è che si è scoperto che l'infezione da SARS-CoV-2 può portare, in rari casi, allo sviluppo di una malattia analoga alla dermatomiosite, ma che colpisce i polmoni e risulta essere quindi spesso fatale. L'hanno chiamata MIP-C: MDA5-autoimmunity and Interstitial Pneumonitis Contemporaneous with COVID-19 ovvero: una malattia autoimmune contro MDA5, la dermatomiosite di prima, localizzata nei polmoni e causata dalla CoViD-19.
SARS-CoV-2 stimola, con il suo RNA, MDA5, ma per qualche motivo stimola anche la creazione di anticorpi contro quella molecola. Non è una cosa nuova in generale, si chiama cross-reazione, e a volte succede di vedere che un patogeno stimola una risposta immunitaria contro di sé ma anche contro molecole simili ai suoi bersagli molecolari ma del tutto innocue, anzi utili all'organismo. È una delle cause dell'artrite reumatoide.
Perché? Nelle discussioni dell'articolo (qui il pdf) si fa riferimento al fatto che nei linfonodi l'attivazione di MDA5 può portare anche all'attivazione di alcuni tipi di linfociti, e questo può portare a reazioni autoimmuni. Dato che questi ricercatori hanno dimostrato che questa cosa è causata dall'RNA del virus, non possono escludere che sia anche un possibile - e finora sconosciuto - effetto collaterale anche dei vaccini.
Our finding incriminate MDA5 protein activation, whether linked to natural infection, or vaccination or potentially both as a trigger for MIP-C and that MDA5-mediated sensing (and mounting of an immunophenotype that is comprised of type 1 interferonopathy and antigen-specific CD8+ T cell responses; elaborated below) is a distinct trigger in MIP-C.
Staremo a vedere come si evolve la situazione. Al momento, non ci sono allarmi riguardanti la MIP-C legati alle vaccinazioni, anche perché - a logica - direi che è molto più facile trovare il virus nei linfonodi piuttosto che il vaccino inoculato per via intramuscolare.
Rimaniamo con le antenne dritte.
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AUMENTANO GLI HABITAT PROTETTI IN NORDAMERICA
Il 2 maggio 2024 il presidente degli Stati Uniti d’America Biden ha ampliato l’area del San Gabriel Mountains National Monument: 105mila acri in più per proteggerne la storia culturale, le caratteristiche geologiche e la diversità ecologica. San Gabriel Mountains è infatti stato designato monumento nel 2014 dall’allora Presidente Obama per preservarne l’ecosistema minacciato dal turismo di massa. L’espansione proteggerà Bear Divide, un canyon su una cresta in California che viene utilizzato dagli uccelli migratori mentre si dirigono dall’America Centrale verso l’Artico. Preserverà l’habitat per gli orsi neri, i leoni di montagna, i coyote e i cervi muli, insieme a specie rare e in via di estinzione, tra cui la pecora bighorn di Nelson, le rane di montagna dalle zampe gialle.
Negli Stati Uniti i Monumenti nazionali vengono istituiti direttamente dal presidente degli Stati Uniti d’America; il primo monumento nazionale dichiarato fu la Torre del Diavolo per opera di Theodore Roosevelt nel 1906 attraverso l’Antiquities Act, la legge che fornisce una protezione giuridica per le risorse culturali e naturali di interesse storico o scientifico sui terreni federali. L’area di San Gabriel Mountain non è solo importante dal punto di vista della biodiversità ma è anche patria di diverse culture indigene. Per migliaia di anni popoli come i Kizh, i Tongva, i Chumash Kitanemuk, Serrano e i Tataviam hanno vissuto in questa zona. Oggi i loro discendenti continuano a utilizzare l’area per scopi cerimoniali e per la raccolta di piante tradizionali importanti per la lavorazione del vimini, il cibo e la medicina.
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Fonte: US Forest Service; foto di Pexels
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Uccidiamo per divertirci, uccidiamo per mangiare.
Uccidiamo per fare soldi, uccidiamo per sciupare.
Uccidiamo per vestirci, uccidiamo per noia.
Uccidiamo per credenze religiose, uccidiamo per volontà inesistenti.
Uccidiamo per la medicina, uccidiamo in nome della scienza.
Uccidiamo per fare trofei, uccidiamo per riempire gabbie.
Uccidiamo per il puro gusto di farlo, uccidiamo per torturare,
uccidiamo senza sapere il motivo.
Abbiamo sempre ucciso sin dalla prima impronta sulla Terra.
Se c'è un verbo che accomuna tutta l'umanità, la storia che ci appartiene ad ogni angolo del Pianeta, questo è uccidere.
Un gruccione abbattuto da un cacciatore e lasciato al suolo.
Ugo Bettio 🌻
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Il mio omaggio a #Outlander
Ho finito Outlander, non ne avrò più di nuovo fino a Novembre, oltretutto è finito su un cliffhanger devastante, e io in questo momento, in preda a una vera e propria sensazione di astinenza come mi era successa soltanto con qualche libro da giovane, vorrei potermi smemorizzare come un hard disk.
Invidio chiunque di voi là fuori, anime affini, che non l’abbia ancora visto.
Probabilmente non è pane per i denti di tutti - ad esempio per me la scintilla non è mai scattata con Game of Thrones, e nemmeno con quel freddissimo capolavoro di Boardwalk Empire, per citare alcune serie che scaldano il cuore dei più ma non il mio- ma se amerete Outlander come l’ho amato io in questo mese, in cui mi ha tenuta calda la sera prima di dormire, come avevano potuto fare soltanto i libri della mia infanzia, state per godervi una delle storie più appassionanti degli anni duemila.
Claire (pure il nome!), infermiera militare britannica reduce di guerra, abituata agli orrori dell’ultimo conflitto mondiale sui fronti orientali e africani e nelle retrovie del D-Day, nel 1945, mentre tutti festeggiano la vittoria, è già straniera in patria e nel suo stesso mondo interiore.
Irrequieta e vivacissima, intelligente e piena di bontà, ormai cambiata dal dolore e segretamente colpita da stress post traumatico che si manifesta soprattutto con i forti rumori, Claire non ha più confidenza con il marito Frank, anche lui militare britannico dopo tanta guerra e tanta lontananza.
I due decidono, per cercare di salvare il proprio matrimonio, di passare una “seconda luna di miele” in Scozia, in una vacanza nei pressi del borgo medievale di Inverness, sulle montagne del nord del paese, per tornare a riconoscersi.
Qui Claire, durante una passeggiata solitaria per raccogliere alcuni fiori, viene attratta come da una calamita da un antico cerchio di pietre su un colle, dove la notte precedente lei e suo marito, storico militare, avevano assistito a una danza di un gruppo di persone del luogo che avevano salutato l’alba con un rito druidico.
Claire non lo sa, ma è una “viaggiatrice”: la storia non lo spiega ma qualche rara persona, forse per un retaggio magico e soprannaturale, per qualche lascito genetico extraterrestre o fatto della stessa essenza della Scozia immortale, può entrare in una sorta di risonanza con certi cerchi di pietre che sono veri e propri portali verso il passato.
A Craigh na Dun, nel cerchio di pietre, Claire, ipnotizzata dal loro canto, che solo lei può sentire, si appoggia ad una di esse e improvvisamente viene catapultata indietro di 200 anni, nel bel mezzo delle guerre tra Inghilterra e Scozia per la successione confessionale del trono tra Stuart e Hannover (gli odierni Windsor).
Da questo inizio sorprendente parte un’avventura alla “Angelica” che attraversa quarant’anni di storia europea e americana, vista attraverso gli occhi puri di Claire, eroina indomita e indimenticabile, pronta ad attraversare tempo e spazio per restare fedele al suo cuore e a quella che è, sempre in dubbio se poter cambiare la storia che lei conosce, o lasciare che le cose (e il dolore che ne deriva) facciano il loro corso ineluttabile.
Outlander è una storia indefinibile, non bene inquadrabile e molto originale, nessuno aveva mai pensato di ambientare un’opera sostanzialmente di fantascienza classica (c’è tutto Herbert G.Wells) nell’ambito delle guerre continentali tra settecento e primi dell’Ottocento, rappresentate come in un romanzo storico più che in un romance di costume e in costume.
L’originalità è la pausa di vent’anni tra i due ritorni “al passato” con la protagonista che si laurea in medicina, diventa un abile chirurgo, cresce la figlia e vive sostanzialmente una vita dissociata (lei è *sempre* straniera, “outlander”, “sassenach”, ovunque e in qualsiasi tempo si trovi) nella Boston della Golden age del secondo dopoguerra, poi torna dal suo grande amore, il buio e violento, e insieme tenerissimo Highlander Jamie nel settecento, ma vent’anni dopo, ed entrambi hanno già qualche filo grigio tra i capelli.
Si tratta di una rivisitazione elegantissima del classico romanzo d’appendice, ma di una qualità stellare.
Con momenti anche di stanca (avrei evitato sia la storia del pirata nella quinta stagione sia quella dello stupro di gruppo, c’è qualche scena d’amore sessuale di troppo per i miei gusti, io sono per il vedo non vedo), ma anche momenti di poesia purissima - l’episodio dello schiavo nella piantagione americana salvato da Claire soltanto per poi doverlo poi consegnare, il vecchio crudele abbandonato nella cabina dalla sua moglie bambina; le prime stagioni (meravigliose) che vedono “in diretta” la fine di un mondo ancora quasi medievale come quello delle highlands, in cui si usavano ancora le spade seicentesche di Toledo, per forza di quelli (gli inglesi) che erano a tutti gli effetti degli oppressori, le scene di battaglia nel nuovo mondo e tutto il filone sulla rivoluzione americana, le scene caraibiche degne di Stevenson e i suoi tesori nascosti, le traversate degne di Patrick O’Brian se non di Conrad, il mistero delle pietre e il “rumore” che sentono soltanto “i viaggiatori”, il personaggio struggente di Lord John, capo militare inglese, nobilissimo e puro di cuore, che amerà e rispetterà Jamie per tutta la vita sapendo di non poterlo mai avere, la potenza della medicina del novecento che deve districarsi nel segreto tra le superstizioni del settecento (Claire, medico del novecento, rischierà più volte di finire al rogo come strega)… come sempre non è quello che si prende dall’immaginario collettivo ma è dove lo si porti, come dice Jodorowsky. E in questo Ronald Moore (Battlestar Galactica) e Toni Graphia (Dr.Quinn, Medicine Woman) sono maestri.
Elegantissimo pastiche (polpettone? Polpettone sia), Outlander per me resta una delle cose più belle di sempre, degna dei miei libri di bambina, e del ricordo della mia mamma che per prima me li ha messi in mano.
Anche solo per quanto questa storia straordinaria mi abbia fatto pensare a lei, ne è valsa davvero la pena.
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La controrivoluzione delle élite di cui non ci siamo accorti: intervista a Marco D’Eramo - L'indipendente on line
Fisico, poi studente di sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi, giornalista di Paese Sera, Mondoperaio e poi per lungo tempo de il manifesto. Marco D’Eramo ha di recente pubblicato il saggio Dominio, la guerra invisibile contro i sudditi (ed. Feltrinelli, 2020), un libro prezioso che, con uno stile agevole per tutti e dovizia di fonti, spiega come l’Occidente nell’ultimo mezzo secolo sia stato investito di una sorta di rivoluzione al contrario, della quale quasi nessuno si è accorto: quella lanciata dai dominanti contro i dominati. Una guerra che, almeno al momento, le élite stanno stravincendo e che si è mossa innanzitutto sul piano della battaglia delle idee per (ri)conquistare l’egemonia culturale e quindi le categorie del discorso collettivo. Una chiacchierata preziosa, che permette di svelare il neoliberismo per quello che è, ovvero un’ideologia che, in quanto tale, si muove attorno a parole e concetti chiave arbitrari ma che ormai abbiamo assimilato al punto di darli per scontati, ma che – una volta conosciuti – possono essere messi in discussione.
Ci parli di questa rivoluzione dei potenti contro il popolo, cosa è successo?
Nella storia i potenti hanno sempre fatto guerra ai sudditi, se no non sarebbero rimasti potenti, questo è normale. Il fatto è che raramente i sudditi hanno messo paura ai potenti: è successo nel 490 a.C., quando la plebe di Roma si ritirò sull’Aventino e ottenne i tribuni della plebe. Poi, per oltre duemila anni, ogni volta che i sudditi hanno cercato di ottenere qualcosa di meglio sono stati brutalmente sconfitti. Solo verso il 1650 inizia l’era delle rivoluzioni, che dura circa tre secoli, dalla decapitazione di re Carlo I d’Inghilterra fino alla rivoluzione iraniana, passando per quella francese e quelle socialiste. Da cinquant’anni non si verificano nuove rivoluzioni.
E poi cosa è successo?
Con la seconda guerra mondiale le élite hanno fatto una sorta di patto con i popoli: voi andate in guerra, noi vi garantiamo in cambio maggiori diritti sul lavoro, pensione, cure, eccetera. Dopo la guerra il potere dei subalterni è continuato a crescere, anche in Italia si sono ottenute conquiste grandiose come lo statuto dei Lavoratori, il Servizio Sanitario Nazionale ed altro. A un certo punto, le idee dei subordinati erano divenute talmente forti da contagiare le fasce vicine ai potenti: nascono organizzazioni come Medicina Democratica tra i medici, Magistratura Democratica tra i magistrati, addirittura Farnesina Democratica tra gli ambasciatori. In Italia come in tutto l’Occidente le élite hanno cominciato ad avere paura e sono passate alla controffensiva.
In che modo?
Hanno lanciato una sorta di controguerriglia ideologica. Hanno studiato Gramsci anche loro e hanno agito per riprendere l’egemonia sul piano delle idee. Partendo dai luoghi dove le idee si generano, ovvero le università. A partire dal Midwest americano, una serie di imprenditori ha cominciato a utilizzare fondazioni per finanziare pensatori, università, convegni, pubblicazioni di libri. Un rapporto del 1971 della Camera di Commercio americana lo scrive chiaramente: “bisogna riprendere il controllo e la cosa fondamentale è innanzitutto il controllo sulle università”. Da imprenditori, hanno trattato le idee come una merce da produrre e vendere: c’è la materia prima, il prodotto confezionato e la distribuzione. Il primo passo è riprendere il controllo delle università dove la materia prima, ovvero le idee, si producono; per il confezionamento si fondano invece i think tank, ovvero i centri studi dove le idee vengono digerite e confezionate in termini comprensibili e affascinanti per i consumatori finali, ai quali saranno distribuiti attraverso giornali, televisioni, scuole secondarie e così via. La guerra si è combattuta sui tre campi della diffusione delle idee, e l’hanno stravinta.
Quali sono le idee delle élite che sono divenute dominanti grazie a questa guerra per l’egemonia?
La guerra dall’alto è stata vinta a tal punto che non usiamo più le nostre parole. Ad esempio, la parola “classe” è diventata una parolaccia indicibile. Eppure Warren Buffet, uno degli uomini più ricchi del mondo, lo ha detto chiaramente: «certo che c’è stata la guerra di classe, e l’abbiamo vinta noi». O come la parola “ideologia”, anche quella una parolaccia indicibile. E allo stesso tempo tutte le parole chiave del sistema di valori neoliberista hanno conquistato il nostro mondo. Ma, innanzitutto, le élite sono riuscite a generare una sorta di rivoluzione antropologica, un nuovo tipo di uomo: l’homo economicous. Spesso si definisce il neoliberismo semplicemente come una versione estrema del capitalismo, ma non è così: tra la teoria liberale classica e quella neoliberista ci sono due concezioni dell’uomo radicalmente differenti. Se nel liberalismo classico l’uomo mitico è il commerciante e l’ideale di commercio è il baratto che si genera tra due individui liberi che si scambiano beni, nel neoliberismo l’uomo ideale diventa l’imprenditore e il mito fondatore è quello della competizione, dove per definizione uno vince e l’altro soccombe.
Quindi rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto siamo diventati un’altra specie umana senza accorgercene?
L’idea che ogni individuo è un imprenditore genera una serie di conseguenze enormi. La precondizioni per poter avviare un’impresa è avere qualcosa da investire, e se non ho capitali cosa investo? A questa domanda un neoliberista risponde: «il tuo capitale umano». Questa è una cosa interessantissima perché cambia tutte le nozioni precedenti. Intanto non vale l’idea del rapporto di lavoro come lo conoscevamo: non esiste più un imprenditore e un operaio, ma due capitalisti, dei quali uno investe denaro e l’altro capitale umano. Non c’è nulla da rivendicare collettivamente: lo sfruttamento scompare, dal momento che è un rapporto tra capitalisti. Portando il ragionamento alle estreme conseguenze, nella logica dominante, un migrante che affoga cercando di arrivare a Lampedusa diventa un imprenditore di sé stesso fallito, perché ha sbagliato investimento. Se ci si riflette bene, la forma sociale che meglio rispecchia questa idea del capitale umano non è il liberalismo ma lo schiavismo, perché è lì che l’uomo è letteralmente un capitale che si può comprare e vendere. Quindi non credo sia errato dire che, in verità, il mito originario (e mai confessato) del neoliberismo non è il baratto ma lo schiavismo. Il grande successo che hanno avuto i neoliberisti è di farci interiorizzare quest’immagine di noi stessi. È una rivoluzione culturale che ha conquistato anche il modo dei servizi pubblici. Per esempio le unità sanitarie locali sono diventate le aziende sanitarie locali. Nelle scuole e nelle università il successo e l’insuccesso si misurano in crediti ottenuti o mancanti, come fossero istituti bancari. E per andarci, all’università, è sempre più diffusa la necessità di chiedere prestiti alle banche. Poi, una volta che hai preso il prestito, dovrai comportarti come un’impresa che ha investito, che deve ammortizzare l’investimento e avere profitti tali da non diventare insolvente. Il sistema ci ha messo nella situazione di comportarci e di vivere come imprenditori.
Ritiene che l’ideologia neoliberista abbia definitivamente vinto la propria guerra o c’è una soluzione?
Le guerre delle idee non finiscono mai, sembra che finiscano, ma non è così. Se ci pensiamo, l’ideologia liberista è molto strana, nel senso che tutte le grandi ideologie della storia offrivano al mondo una speranza di futuro migliore: le religioni ci promettevano un aldilà di pace e felicità, il socialismo una società del futuro meravigliosa, il liberalismo l’idea di un costante miglioramento delle condizioni di vita materiali. Il neoliberismo, invece, non promette nulla ed anzi ha del tutto rimosso l’idea di futuro: è un’ideologia della cedola trimestrale, incapace di ogni tipo di visione. Questo è il suo punto debole, la prima idea che saprà ridare al mondo un sogno di futuro lo spazzerà via. Ma non saranno né i partiti né i sindacati a farlo, sono istituzioni che avevano senso nel mondo precedente, basato sulle fabbriche, nella società dell’isolamento e della sorveglianza a distanza sono inerti.
Così ad occhio non sembra esserci una soluzione molto vicina…
Invece le cose possono cambiare rapidamente, molto più velocemente di quanto pensiamo. Prendiamo la globalizzazione: fino a pochi anni fa tutti erano convinti della sua irreversibilità, che il mondo sarebbe diventato un grande e unico villaggio forgiato dal sogno americano. E invece, da otto anni stiamo assistendo a una rapida e sistematica de-globalizzazione. Prima la Brexit, poi l’elezione di Trump, poi il Covid-19, poi la rottura con la Russia e il disaccoppiamento con l’economia cinese. Parlare oggi di globalizzazione nei termini in cui i suoi teorici ne parlavano solo vent’anni fa sembrerebbe del tutto ridicolo, può essere che tra vent’anni lo sarà anche l’ideologia neoliberista.
Intanto chi è interessato a cambiare le cose cosa dovrebbe fare?
Occorre rimboccarsi le maniche e fare quello che facevano i militanti alla fine dell’Ottocento, ovvero alfabetizzare politicamente le persone. Una delle grandi manovre in questa guerra culturale lanciata dal neoliberismo è stata quella di ricreare un analfabetismo politico di massa, facendoci ritornare plebe. Quindi è da qui che si parte. E poi bisogna credere nel conflitto, progettarlo, parteciparvi. Il conflitto è la cosa più importante. Lo diceva già Machiavelli: le buone leggi nascono dai tumulti. Tutte le buone riforme che sono state fatte, anche in Italia, non sono mai venute dal palazzo. Il Parlamento ha tutt’al più approvato istanze nate nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle piazze. Lo Statuto dei Lavoratori non è stato fatto dal Parlamento per volontà della politica, ma a seguito della grande pressione esterna fatta dai movimenti, cioè dalla gente che si mette insieme. Quindi la prima cosa è capire che il conflitto è una cosa buona. La società deve essere conflittuale perché gli interessi dei potenti non coincidono con quelli del popolo. Già Aristotele lo diceva benissimo: i dominati si ribellano perché non sono abbastanza eguali e i dominanti si rivoltano perché sono troppo eguali. Questa è la verità.
[di Andrea Legni]
https://www.lindipendente.online/2023/11/01/la-controrivoluzione-delle-elite-di-cui-non-ci-siamo-accorti-intervista-a-marco-deramo/?fbclid=IwAR0J1ttaujW9lXdoC3r4k5Jm46v3rQM_NMampT4Sd_Q-FX4D-7TFWKXhn3c
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CHURNALISM 🌺🌺🌺
"Churnalism" è un termine peggiorativo per una forma di giornalismo in cui, invece di riportare notizie originali, si riciccia materiale preconfezionato come comunicati stampa o storie fornite dalle agenzie di stampa. Il "churnalism" riduce i costi, la raccolta di notizie originali e il controllo delle fonti. L'origine della parola sarebbe una combinazione di "churn" (ovvero "agitare", "rimestare") e "journalism" (https://en.wikipedia.org/wiki/Churnalism).
Il sito web di Sensible Medicine ha dedicato molteplici pezzi al "churnalism" nella medicina e nella scienza, definendolo come "il resoconto negligente e privo di curiosità di una ricerca biomedica mal condotta. Il churnalismo scambia la vera storia – perché uno studio non è importante o dimostra qualcosa di diverso da quanto sostiene – con un titolo facile." (https://www.adamcifu.com/churnalism). Secondo un recente post del blog di Sensible Medicine (https://www.sensible-med.com/p/churnalism-on-npr), i "sette peccati capitali" del "churnalism" in medicina sono:
1. Dare per scontata la causalità quando uno studio mostrasse solo un’associazione;
2. Estrapolaee e generalizzare senza scrupoli e cautele;
3. Ignorare i fattori di confondimento o di selezione;
4. Non valutare se l’affermazione di un medico o di un ricercatore sia plausibile prima di riportarla tal quale;
5. Usare la “manovra di disclaimer e pivot” – in cui un autore afferma qualcosa del tipo: “Naturalmente questo risultato potrebbe rappresentare solo un’associazione e non una causalità” prima di spendere i successivi otto paragrafi assumendo la causalità;
6. Ignorare l'esistenza di un mondo di ricerche, pubblicate, non pubblicate o “annullate” che potrebbero mettere in discussione la loro tesi;
7. Soprattutto, non manifestare mai alcuna curiosità.
Per combattere questa deriva e i suoi rischi, Sensible Medicine raccomanda di riflettere sempre profondamente su ciò che si sta riportando e cercare punti di vista alternativi, capire che, sebbene lo studio non riesca a mostrare ciò che sostiene l’autore, la ricerca ci dice qualcosa che vale la pena discutere, e promuovere sempre una ricca e vivace discussione.
Giorgio Bianchi
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Il fondatore di Greenpeace
«Vi svelo la truffa ambientalista»
Uno dei padri dell’organizzazione: «La sinistra, capito che attorno all’ambientalismo girano soldi e potere, ne ha traviato la missione L’obiettivo è stato fare da megafono all’apocalisse climatica, con l’uomo unico responsabile da punire.
25 Apr 2024 FRANCO BATTAGLIA
Studioso, ecologista e leader di lungo corso nel campo ambientale internazionale, Patrick Moore, con un dottorato di ricerca in Ecologia dall’Università della British Columbia e un dottorato di ricerca onorario dalla North Carolina State University, è considerato uno dei più qualificati esperti di ambiente al mondo. Nel 1971 fondava Greenpeace, la più grande organizzazione di attivisti ambientali del mondo, ma l’ha lasciata nel 1986.
Come mai l’ha lasciata, dottor Moore?
«Greenpeace è stata “dirottata” dalla sinistra politica quando ha capito che c’erano soldi e potere nel movimento ambientalista. Gli attivisti politici di sinistra in Nord America e in Europa l’hanno trasformata da organizzazione scientifica a un’organizzazione politica di raccolta fondi. Oggi gli ambientalisti si concentrano principalmente sulla creazione di narrazioni progettate per infondere paura e sensi di colpa nel pubblico in modo che il pubblico invii loro denaro».
Cosa pensa dell’Ipcc, il Comitato dell’Onu sul clima? Fa scienza?
«L’Ipcc assume scienziati per fornire loro “informazioni” che supportino la narrazione dell’emergenza climatica. Le loro campagne contro i combustibili fossili, l’energia nucleare, la CO2, la plastica, etc., sono fuorvianti e mirano a far credere alla gente che il mondo finirà, a meno che non paralizziamo la nostra civiltà e distruggiamo la nostra economia. Sono ormai un’influenza negativa sul futuro dell’ambiente e della civiltà umana. Oggi la sinistra ha adottato molte politiche che sarebbero molto distruttive per la civiltà perché non sono tecnicamente realizzabili. Basti pensare all’incombente crisi energetica, una crisi che hanno creato loro stessi, rifiutandosi, opponendosi all’energia nucleare e adottando una posizione impossibile sui combustibili fossili in generale».
L’uomo è il nemico del pianeta…
«Già. Secondo i leader ambientalisti gli esseri umani sono i nemici del pianeta e della Natura. Secondo la nuova filosofia dominante, il mondo sarebbe migliore se esistesse meno gente. Ma le persone che dicono questo non si sono offerte volontarie a essere le prime ad andarsene».
Come accadde che lasciò Greenpeace?
«Ero uno dei 6 direttori di Greenpeace International, e l’unico ad avere una formazione scientifica formale, laurea con lode in scienze e foreste e dottorato in ecologia. I miei colleghi direttori decisero che Greenpeace avrebbe dovuto iniziare una campagna per “bandire il cloro in tutto il mondo”. Ma l’aggiunta di cloro all’acqua potabile, alle piscine e alle terme è stato uno dei progressi più significativi nella storia della sanità pubblica nel prevenire la diffusione del colera. Inoltre, circa l’85% dei prodotti farmaceutici è prodotto con chimica legata al cloro e circa il 25% di tutti i nostri farmaci contiene cloro.
Tutti gli alogeni, compresi cloro, bromo e iodio, sono potenti antibiotici, e senza di essi la medicina non sarebbe la stessa. Invece i miei colleghi pretendevano che il cloro passasse come l’elemento del diavolo” e che il Pvc, cloruro di polivinile, fosse etichettato come “la plastica velenosa”. L’obiettivo era di spaventare il pubblico. Inoltre, questa politica sbagliata rafforza l’atteggiamento secondo cui gli esseri umani non sono una specie degna e che il mondo starebbe meglio senza di loro. Non sono riuscito a convincere i miei colleghi di Greenpeace ad abbandonare questa politica sbagliata. Questo è stato il punto di svolta per me».
Una delle narrazioni di Greenpeace riguarda la scomparsa degli orsi polari
«Il Trattato internazionale sugli orsi polari, firmato da tutti i Paesi polari nel 1973 per vietare la caccia illimitata all’orso bianco, non viene mai citato dai media, da Greenpeace o dai politici che affermano che l’orso polare si sta estinguendo a causa dello scioglimento dei ghiacci nell’Artico. In realtà, la popolazione di orsi polari è aumentata da 6.000-8.000 esemplari nel 1973 a 30.000-50.000 oggi. L’obiettivo della narrazione è sostenere la teoria dell’apocalisse ambientale. Gli Aztechi gettavano le vergini nei vulcani, e gli europei e gli americani hanno bruciato le donne come streghe per 200 anni, sostenendo che così si sarebbe salvato il mondo. Gli esseri umani sono animali sociali con una gerarchia, ed è più facile ottenere una posizione elevata usando la paura e il controllo. La teoria dell’apocalisse ambientale riguarda soprattutto il potere e il controllo politico. Oggi, nei Paesi più ricchi, si stanno prendendo decisioni che i nostri nipoti dovranno pagare. È normale che le persone abbiano paura del futuro perché è sconosciuto e pieno di rischi e difficili decisioni. Alle giovani generazioni di oggi viene insegnato che gli esseri umani non sono degni e stanno distruggendo la Terra. Questo indottrinamento li ha fatti sentire colpevoli spingendoli a vergognarsi di sé stessi».
Perché è stata presa di mira la CO2?
«Il mondo si sta riscaldando dal 1700 circa, e l’ha fatto per due secoli prima dell’utilizzo dei combustibili fossili. Il 1700 è stato l’apice della Piccola era glaciale, un paio di secoli molto freddi che hanno patito scarsi raccolti e fame. Prima di allora, intorno al 1000 d.C., c’è stato il Periodo caldo medievale, quando i vichinghi coltivavano la Groenlandia. Alcuni credono che la CO2 sia la causa principale del riscaldamento degli ultimi decenni. Ma sono principalmente scienziati pagati da politici e burocrati, da media che fanno notizia o da attivisti che fanno soldi. Se l’anidride carbonica fosse la causa principale del riscaldamento, allora dovrebbe esserci un aumento della temperatura in corrispondenza dell’aumento della CO2, ma non è stato così. Inoltre, la CO2 è alla base di tutta la vita sulla Terra e la sua concentrazione nell’atmosfera oggi è più bassa di quanto sia stata per la maggior parte dell’esistenza della vita. L’aumento della CO2 è correlato all’aumento della vegetazione: quasi tutti i coltivatori di serre commerciali in tutto il mondo acquistano CO2 da iniettare nelle loro serre per ottenere raccolti con rese superiori fino al 60%. Gli allarmisti climatici preferiscono discutere delle conoscenze climatiche solo a partire dal 1850. Il periodo precedente viene definito “età preindustriale”. Questa “età preindustriale” è durata più di 3 miliardi di anni, quando la vita era presente sulla Terra. In quel periodo si sono verificati molti cambiamenti climatici, tra cui ere glaciali, ere temperate, grandi estinzioni. Oggi la Terra si trova nell’era glaciale del Pleistocene, iniziata 2.6 milioni di anni fa. Siamo ancora nel Pleistocene, per quanto gli allarmisti climatici vogliano negarlo.
La grande ironia dell’attuale panico climatico è che la Terra è più fredda oggi di quanto lo sia stata per 250 milioni di anni prima dell’inizio del Pleistocene. E la CO2 è più bassa oggi che nel 95% della storia della Terra. Ma non lo saprete mai se ascoltate solo tutte le persone che traggono vantaggio dalla menzogna del cambiamento climatico antropico».
Vogliono azzerare l’uso dei combustibili fossili…
«Non possiamo fermare l’aumento dell’uso dei combustibili fossili o ridurre le emissioni di CO2. Nel 2015, mentre partecipavo alla Cop (Conferenza delle parti) di Parigi, ho offerto una scommessa pubblica di 100.000 dollari in un comunicato stampa diffuso da oltre 200 media, secondo cui entro il 2025 le emissioni globali di CO2 sarebbero state superiori a quelle del 2015. Nessuno ha voluto scommettere con me. Russia, Cina e India rappresentano il 40% della popolazione mondiale e non sono d’accordo con l’agenda anticarbonio. Se aggiungiamo Brasile, Indonesia e la maggior parte dei Paesi africani, la maggioranza della popolazione mondiale non è preoccupata dal clima. Un’altra grande ironia è che molti Paesi con i climi più freddi, come Canada, Svezia, Germania e Regno Unito, sono i più preoccupati per il riscaldamento».
Vogliono produrre energia solo con fotovoltaico ed eolico…
«Le tecnologie fotovoltaica ed eolica sono entrambe molto costose e molto inaffidabili. È incredibile che a così tante persone sia stato fatto il lavaggio del cervello per pensare che interi Paesi possano essere sostenuti con queste tecnologie. Esse sono i parassiti di un’economia più ampia. In altre parole, rendono il Paese più povero rispetto al l’utilizzo di altre tecnologie più affidabili e meno costose. I fornitori di energia eolica e solare godono di sussidi governativi, sgravi fiscali e normative che obbligano i cittadini ad acquistare energia eolica e solare anche se più costosa, con il pretesto che è “rispettosa dell’ambiente”. Milioni di persone pagano di più per l’energia eolica e solare mentre poche persone si stanno arricchendo a spese dei primi. È una colossale frode. Senza contare che parchi eolici e solari utilizzano grandi quantità di combustibili fossili per l’estrazione, il trasporto e la costruzione. E in molti luoghi non producono, nel corso della loro vita, l’energia necessaria per costruirli e mantenerli».
Gli ambientalisti ce l’hanno anche con la plastica...
«La plastica non è un materiale tossico. Ed è per questo che se ne fa così largo uso!».
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Cesare Lombroso: Uno sguardo sul male attraverso l’opera di Paolo Mazzarello
La presentazione del libro “Il darwinista infedele” offre un nuovo punto di vista su uno dei più controversi scienziati italiani.
La presentazione del libro “Il darwinista infedele” offre un nuovo punto di vista su uno dei più controversi scienziati italiani. Il 24 ottobre 2024, presso la Biblioteca comunale “Roberto Allegri” di Serravalle Scrivia, verrà presentato il nuovo libro di Paolo Mazzarello, “Il darwinista infedele. Lombroso e l’evoluzione”. L’evento, organizzato dall’Assessorato alla Cultura del Comune di…
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Firenze / La storia della formazione medico-chirurgica nei codici e negli antichi libri della Biblioteca Laurenziana
Firenze / La storia della formazione medico-chirurgica nei codici e negli antichi libri della Biblioteca Laurenziana
Redazione “Edocēre medicos. Storia della formazione medico-chirurgica a Firenze” è il titolo della mostra ospitata dalla Biblioteca Medicea Laurenziana per il centenario dell’Ateneo fiorentino e a cento anni dall’ingresso dei primi pazienti nell’Ospedale di Careggi. È stata realizzata dal Sistema Bibliotecario di Ateneo, con la Scuola di Scienze della salute umana e i suoi Dipartimenti, insieme…
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Pagine Golose
In polipo: pipere, liquamine, lasere inferes - Apicio, De Re Coquinaria, 9.5.1
Traduzione: Per il polpo: pepe, liquamen, laser e servi
De Re Coquinaria di Apicio è il primo grande libro sul cibo della nostra cultura occidentale: è solo in parte riassumibile in un ricettario perchè assomiglia più ad un indiretto atlante del gusto dell'Impero Romano (il libro, su cui ci sono le consuete dispute filologiche, risale al I secolo D.C., al culmine della potenza Imperiale romana). Nella ricetta del polpo, Apicio consiglia quindi di condirlo con il pepe (spezia le cui quantità di commerci nel corso della Storia fanno venire le vertigini), il liquamen, che è una variante del famoso garum, e il laser: non era una diavoleria di una primitiva cucina molecolare, ma un ingrediente ottenuto dalla resina estratta dalla radice del silfio, una pianta che cresceva esclusivamente sulle coste prossime alla città di Cirene in Libia. In età romana, tanto era richiesto il laser che la continua e non regolata raccolta del silfio ne provocò l’estinzione. Plinio ci dice che l’ultima pianta venne regalata all’imperatore Nerone e si dovette ripiegare su una sostanza analoga, anche se non identica all’originale, ricavabile da una pianta simile al silfio: l’asafoetida o assa fetida. Il nome, diremmo, non promette nulla di buono e infatti la presenza di zolfo rende il prodotto particolarmente maleodorante, almeno prima della cottura. Il laser originario, come il succedaneo da assa fetida, avevano notevoli proprietà medicinali riconosciute da sempre.
Piccola curiosità leggendaria: i semi hanno una forma particolare, che assomiglia al geroglifico egizio utilizzato per indicare il concetto del cuore (ỉb):
da cui alcuni speculano si sia arrivato all'immagine del cuoricino.
Questa storia l'ho ritrovata in un foglietto in un altro libro stupendo che parla di cibo, Buono da Mangiare di Marvin Harris, dove il famoso antropologo si chiede e cerca di spiegare, per esempio, perchè in certe zone si mangia la carne di maiale e in altre no. E c'è una lista di libri legati al cibo (alcuni non li posseggo nemmeno, probabilmente era anche una lista di desideri) che lascio qui, divisi nelle sue sezioni con annessa piccola spiegazione:
Claude Levi-Strauss, Il Crudo e il Cotto; Marvin Harris Buono Da Mangiare e Cannibali e Re; Massimo Montanari, Il Cibo come Cultura
Il cibo dei giallisti: Manuel Vázquez Montalbán, Ricette Immorali. Camilleri scelse Montalbano come cognome del suo indimenticabile commissario proprio in onore del suo amico scrittore catalano, ed entrambi condividono la passione, critica e viscerale, per il cibo, tra le ricette della tradizione siciliana o quella catalana di Pepe Carvalho. Ma la passione del cibo è presenta in tutta la giallistica europea, dalle colazioni che la signora Hudson fa a Sherlock Holmes e al Dottor Watson, oppure ai pranzetti dei bistrot del Commissario Maigret annaffiati di Calvados. Al contrario, raramente i personaggi degli hard boiled americani hanno un buon rapporto con il cibo, se non con l'alcool con cui si accompagnano, spesso, sin dalle prime ore del mattino.
Antony Bourdain, Kitchen Confidential
José Manuel Fajardo, Il Sapore Perfetto
Redcliffe N. Salaman, Storia Sociale Della Patata
Nel 1903 Salaman fu nominato direttore dell'Istituto patologico del London Hospital, ma nel 1904 si ammalò di tubercolosi e dovette smettere di esercitare la professione medica e trascorrere sei mesi in un sanatorio svizzero. Gli ci vollero più di due anni per riprendersi completamente dalla malattia. Acquistò una casa a Barley, nell'Hertfordshire e, poiché non poteva tornare a praticare la medicina, iniziò a sperimentare una nuova scienza emergente, la genetica sotto la guida del suo amico William Bateson. Dopo diversi esperimenti falliti con una serie di animali e dopo aver chiesto consiglio al suo giardiniere, Salaman iniziò a sperimentare con le patate. Iniziando per caso, notò dapprima le caratteristiche recessive e dominanti delle varietà che incrociava (come aveva notato Mendel con i piselli), poi attraverso vari incroci fu il primo a creare ibridi di patate, che notò essere resistenti a numerose malattie, tra cui la peronospora della patata, che fu la causa principale della grande carestia che colpì l'Irlanda tra il 1845 e il 1849, decimandone la popolazione. Lo studio di Salaman, che spazia dall’antropologia all’archeologia alla storia agraria, incrocia molteplici campi dell’esperienza storica: ricostruisce i caratteri originari dei sistemi agrari dei vari paesi, riporta in luce la profonda commistione degli interessi agrari con quelli politici, restituisce scorci della vita materiale dei ceti più poveri; riconduce infine l’analisi dei comportamenti alimentari alle forme dell’immaginario collettivo."Un monumento insuperato di erudizione e di simpatia umana” (Eric Hobsbawm).
Se vi va, si potrebbe allungare la lista con tutti i contributi sul rapporto cibo\libri che vi vengono in mente, così da creare una piccola biblioteca al riguardo! Aspetto le segnalazioni!
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Inaugurato il presepe scientifico del MAS
Inaugurato il presepe scientifico del MAS
Il presepe scientifico vuole essere un omaggio a tutti i malati del mondo, agli operatori sanitari e alle istituzioni che dispensano cure di Antonio Vitale CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLI – Nella Sala del Lazzaretto dell’ex Ospedale della Pace in via dei Tribunali, nel cuore del centro storico, mercoledì 14 dicembre si è tenuta la cerimonia inaugurale della mostra Incurabili pastori e guaritori…
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