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La maestra del vetro: Una storia di forza e arte nella Venezia del XV secolo. Recensione di Alessandria today
Con "La maestra del vetro", Tracy Chevalier ci trasporta nella suggestiva isola di Murano del 1486, dove la giovane Orsola Rosso scopre il magico e pericoloso mondo delle vetrerie.
Con “La maestra del vetro”, Tracy Chevalier ci trasporta nella suggestiva isola di Murano del 1486, dove la giovane Orsola Rosso scopre il magico e pericoloso mondo delle vetrerie. Un mondo dominato da uomini, ma in cui si distingue una figura eccezionale: Marietta Barovier, una delle pochissime donne a essere riconosciuta come maestra dell’arte del vetro. Orsola, figlia di un artigiano rivale, è…
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Lunedì 23 Settembre 2024 alle ore 20.30 il GdL "Chiave di Lettura", presso i locali della Biblioteca San Valentino, si incontrerà per discutere insieme del libro “Oltre l’inverno” di Isabel Allende proposto dalla nostra Arianna Pascetta
Lucía, cilena espatriata in Canada negli anni del brutale insediamento di Pinochet, ha una storia segnata da profonde cicatrici: la sparizione del fratello all’inizio del regime, un matrimonio fallito, una battaglia contro il cancro, ma ha anche una figlia indipendente e vitale e molta voglia di lasciarsi alle spalle l’inverno. E quando arriva a Brooklyn per un semestre come visiting professor si predispone con saggezza a godere della vita. Richard è un professore universitario spigoloso e appartato. Anche a lui la vita ha lasciato profonde ferite, inutilmente annegate nell’alcol e ora lenite solo dal ferreo autocontrollo con cui gestisce la sua solitudine; la morte di due figli e il suicidio della moglie l’hanno anestetizzato, ma la scossa che gli darà la fresca e spontanea vitalità di Lucía restituirà un senso alla sua esistenza. La giovanissima Evelyn è dovuta fuggire dal Guatemala dove era diventata l’obiettivo di pericolose gang criminali. Arrivata avventurosamente negli Stati Uniti, trova impiego presso una facoltosa famiglia dagli equilibri particolarmente violenti: un figlio disabile rifiutato dal padre, una madre vittima di abusi da parte del marito e alcolizzata, un padre coinvolto in loschi traffici. Un incidente d’auto e il ritrovamento di un cadavere nel bagagliaio della macchina che saranno costretti a far sparire uniranno i destini dei tre protagonisti per alcuni lunghi giorni in cui si scatena una memorabile tempesta di neve che li terrà sotto assedio.
Isabel Allende (1942) è una scrittrice e giornalista cilena naturalizzata statunitense. Considerata una delle scrittrici più famose dell'America Latina, “La casa degli spiriti” è il suo romanzo più famoso. Ha partecipato a molti tour mondiali per promuovere i suoi libri e ha anche insegnato letteratura in vari college statunitensi. Vive in California dal 1989 e ha ottenuto la cittadinanza statunitense nel 2003. Nel settembre 2010 è stata insignita del Premio Nazionale di Letteratura del Cile. Ha scritto romanzi basati sulle sue esperienze di vita, ma ha anche parlato delle vite di altre donne, unendo mito e realismo, ha scritto anche romanzi storici, come “Inés dell'anima mia”, basato sulla vita di Ines Suarez, la prima spagnola ad aver raggiunto il Perù, oltre a “L'isola sotto il mare” che racconta la vita di una schiava di nome Zarit�� a Santo Domingo, ora Haiti, alla fine del XVIII secolo. La sua opera viene accostata al movimento letterario conosciuto come posboom, anche se alcuni studiosi preferiscono il termine novisima literatura. Questa corrente è caratterizzata dal ritorno al realismo e da una prosa più facile da leggere. Si abbandona il tentativo di creare nuovi modelli di scrittura (metaletteratura), e si pone l'accento sulla storia e la cultura locale.
Se volete partecipare, contattateci all'indirizzo mail: [email protected] oppure all'indirizzo, sempre mail, [email protected] e riceverete, in prossimità dell’incontro, il link di riferimento.
Vi aspettiamo per confrontarci insieme su questa autrice e scoprire il suo libro, non mancate!!!
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Falling Man fu scattata da Richard Drew, lo stesso fotografo che nel 1968 immortalò Bob Kennedy un attimo dopo che gli avevano sparato alla testa. Nella stessa circostanza immortalò pure la moglie Hethel che implorava i fotografi di non fare fotografie. All’epoca Drew era un ragazzino di ventun anni. Ne avrebbe avuti più di cinquanta quando, tre decenni dopo, la storia irruppe un’altra volta nella sua vita. Una fortuna che ti può capitare se fai il giornalista. La mattina dell’11 settembre Richard Drew si trovava a New York per fotografare una sfilata di abiti premaman. Il suo editor lo chiamò sul cellulare per dirgli di schizzare all’istante al World Trade Center. Un 747 si era appena schiantato contro una delle due torri. Giunto sul posto vide che gli aerei impazziti erano due, come le torri. In un batter d’occhio, era passato dai corpi di giovani donne incinte ai corpi di sventurati che si spiaccicavano al suolo dopo un volo di cento piani. Dalla vita alla morte, così. E che morte. Drew si mise comunque al lavoro. Era lì per quello, del resto. Le persone che fanno il suo mestiere non perdono tempo a pensare. Per loro una foto non è che un rettangolo da riempire in una frazione di secondo. Più importante dell’autore dell’immagine, però, è la sua natura. La gente che vide la foto sui giornali e si indignò non poteva sapere chi l’aveva scattata e perché si trovasse a Manhattan quel giorno. Solo col tempo alcuni sono giunti ad apprezzare l’inquietante simbolismo delle coincidenze messe insieme dal destino. Sul momento, la gente vide soltanto un’immagine. O per meglio dire: qualcosa che sembrava soltanto un’immagine. Perché quella scattata da Drew non era una semplice foto. C’era la brutale tragicità del soggetto. Ma c’era anche il fatto che è una foto di surreale bellezza. Falling Man non sembra il ritratto di una persona che, in preda a panico e disperazione, si lancia incontro alla morte. L’uomo precipita con l’elegante compostezza di un tuffatore olimpionico. Il corpo è in posizione verticale, in perfetto asse con la struttura di acciaio alle sue spalle che luccica al sole del mattino. Procede a testa in giù. Le braccia non sono protese in avanti nell’istintivo quanto inutile tentativo di proteggersi. E neppure si agitano. Sono distese e attaccate ai fianchi come se all’ignoto saltatore interessi soltanto favorire l’azione della forza di gravità. Sembra la posizione di un uomo che ha grande dimestichezza col vuoto. Si direbbe che costui non faccia altro da una vita: saltare dai grattacieli.
Ma è una coincidenza anche questa. Le immagini mentono. La frazione di secondo con cui Richard Drew ha riempito il rettangolo della foto non è la verità. Un attimo dopo avrebbe colto l’uomo nella stessa posa scomposta e disperata degli altri saltatori. Nondimeno l’immagine è lì, con la sua surreale bellezza. Ovviamente, la maggioranza di coloro che videro la foto sui giornali e si indignarono non ragionò affatto sulla sua qualità estetica. La bellezza è però dotata di poteri subliminali, riesce a farsi coglierne anche da chi – a cominciare dalla massa indistinta della gente – sembra sprovvisto del senso del bello. Pur senza esserne consapevoli, molti fra coloro che inviarono lettere di protesta ai giornali si sentirono oltremodo offesi proprio dalla minimalista eleganza della foto. Non ci si era limitati a mostrare il vuoto innominabile della morte, si era arrivati al punto assai più oltraggioso di mostrarlo come qualcosa di bello. Nel romanzo di DeLillo c’è l’11 settembre e c’è un Falling Man. «Un uomo penzolava, sopra la strada, a testa in giù. Era vestito come un uomo d’affari. Aveva un gamba piegata e le braccia distese lungo i fianchi». Non è pero lo stesso saltatore della foto. L’uomo indossa un’imbracatura di sicurezza che lo tiene sospeso nel vuoto. È un uomo che finge di cadere. Questo Falling Man è un artista che dopo l’attentato si cimenta nella provocatoria performance di mimare la foto di Richard Drew. Nelle strade la gente si infuria come si è infuriata per la foto. «Il traffico era quasi bloccato adesso. C’era gente che inveiva contro lui, indignata dallo spettacolo, una burattinata della disperazione umana». L’arte contemporanea fa spesso la sua parossistica figura nei romanzi di DeLillo
L'uomo che cade
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Ho ucciso l'angelo del focolare. È stata legittima difesa.
Mi accorsi che se volevo recensire dei libri, dovevo combattere contro un certo fantasma. E il fantasma era una donna, e quando imparai a conoscerla meglio la chiamai come la protagonista di una famosa poesia, la chiamai l’Angelo del focolare. Era lei che quando scrivevo una recensione si metteva in mezzo tra me e il mio foglio. Era lei che mi angustiava e mi faceva perdere tempo e mi tormentava a tal punto che alla fine la uccisi. Voi che appartenete a una generazione più giovane e più felice forse non capite che cosa intendo per Angelo del focolare. Proverò a descrivervela il più brevemente possibile. Era infinitamente comprensiva. Era estremamente accattivante. Era assolutamente altruista. Eccedeva nelle difficili arti del vivere familiare.Si sacrificava quotidianamente. Se c’era il pollo, lei prendeva l’ala; se c’era uno spiffero, ci si sedeva davanti lei; insomma era fatta in modo da non avere mai un pensiero, mai un desiderio per sé, ma preferiva sempre capire e compatire i pensieri e i desideri degli altri. E soprattutto(non occorre dirlo) era pudica. Il pudore era ritenuto la sua bellezza piu grande, i suoi rossori il suo più bell’ornamento. A quei tempi (gli ultimi della Regina Vittoria) ogni focolare aveva il suo Angelo. E quando incominciai a scrivere me la trovai davanti alle prime parole. L’ombra delle sue ali cadevano sulla mia pagina; sentivo nella stanza il fruscio delle sue gonne. Non appena presi in mano la penna per recensire il romanzo di quell’uomo famoso, insomma, lei mi scivolò alle spalle sussurrandomi:« Mia cara, sei una ragazza giovane. Stai scrivendo di un libro che è stato scritto da un uomo. Sii conprensiva; sii tenera, lusinga, inganna, usa tutte le arti e le astuzie del nostro sesso. Non far mai capire che sai pensare con la tua testa. E soprattutto, sii pudica. » E fece come per guidare la mia penna. Ora voglio registrare l’unico gesto per cui mi assumo qualche credito, anche se di diritto il credito va dato a certi miei ottimi antenati che mi lasciarono una certa somma di denaro (facciamo cinquecento sterline I’anno?), sicché non mi trovavo nella necessità di dipendere esclusivamente dalle mie grazie per sopravvivere. Mi voltai e l’afferrai per la gola. Feci del mio meglio per ucciderla.
La mia giustificazione, se mi avesse trascinata in tribunale, sarebbe stata che avevo agito per legittima difesa.Non l’avessi uccisa, lei avrebbe ucciso me. Avrebbe succhiato la vita dai miei scritti. Perché, e me ne resi conto subito appena impugnata la penna, non si può recensire neppure un romanzo senza pensare con la propria testa, senza esprimere quella che secondo noi è la verità sui rapporti umani, sulla morale, sul sesso. E di tutti questi problemi, secondo l’Angelo del focolare, le donne non devono parlare liberamente e apertamente; le donne devono ammaliare,devono conciliare, devono, per dirla brutalmente, dire bugie se vogliono avere successo. Perciò, ogni volta che avvertivo l’ombra della sua ala sulla pagina, o la luce della sua aureola, afferravo il calamaio e glielo scagliavo contro. Ce ne volle per farla morire. La sua natura fantastica le dava un vantaggio. È molto piu difficile uccidere un fantasma che una realtà. Credevo di averla liquidata e invece eccola li di nuovo. Benché mi lusinghi di averla uccisa infine, fu una lotta durissima; che richiese del tempo che sarebbe stato piu utilmente impiegato a imparare la grammatica greca; o a girare il mondo in cerca di avventure .Ma fu una vera esperienza; un’esperienza che doveva toccare a tutte le donne scrittrici a quell’epoca. Uccidere l’angelo del focolare faceva parte del mestiere di scrittrice.
Virginia Woolf, La morte della falena e altri saggi, 1942.
Illustrazione: Liuba Gabriele
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Marjane Satrapi
Marjane Satrapi, fumettista, regista, sceneggiatrice e illustratrice, con il suo lavoro illustrato ha dato voce all’Iran contemporaneo.
È l’autrice del famosissimo Persepolis, il primo fumetto autobiografico sulla storia iraniana poi diventato un film, nel quale descrive la sua infanzia in patria e la sua adolescenza in Europa. La protagonista è una bambina, i suoi giochi, la scuola e la scoperta del rock, che si svolgono in mezzo all’ascesa del fondamentalismo religioso in Medio Oriente.
Una riflessione sui comportamenti legati alla superficialità e al pregiudizio che portano a identificare un paese, un’intera civiltà, con alcuni estremi, drammatici aspetti della sua storia recente.
Scritta con l’intento di “ribattere ai pregiudizi sul mio Paese senza essere interrotta” è la saga di una famiglia iraniana a Teheran tra il 1960 e il 1990.
Sua è anche l’immagine simbolo della lotta delle donne iraniane contro il regime: Donna, Vita, Libertà.
Nata a Rasht, il 22 novembre 1969, è stata educata secondo principi progressisti da genitori illuminati, che, per evitarle il clima oppressivo ed estremista del regime di Khomeini, l’hanno fatta studiare prima al Liceo Francese di Teheran e poi, ancora giovanissima, a Vienna, dove ha dovuto fare i conti con pregiudizio e razzismo nei suoi confronti.
Nel 1988, alla fine della guerra con l’Iraq, è tornata a casa e ha frequentato la Facoltà delle Belle Arti. Incapace di reggere il clima di censura e privazione delle libertà, terminati gli studi, si è trasferita prima a Strasburgo e poi a Parigi dove, frequentando l’Atelier des Vosges, gruppo di disegnatori e disegnatrici che hanno dato vita al movimento d’avanguardia della Nouvelle bande dessinée.
Nel 2001 è nato il suo capolavoro Persepolis che ha riscosso subito un grande successo grazie allo stile semplice e immediato del disegno, volutamente naif e talvolta elementare, sempre efficace.
Il libro ha venduto oltre tre milioni di copie in tutto il mondo ed è stato tradotto in oltre venti lingue. La storia ha assunto un carattere universale grazie all’astrazione conferita dal segno in bianco e nero e alla semplificazione delle figure. La forma del romanzo grafico è riuscita magistralmente a sintetizzare specificità culturali entrando in comunicazione con culture e età diverse.
Nel 2007 ne è stato tratto l’omonimo film d’animazione candidato al Premio Oscar nel 2008. Scritto e diretto da Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud è stato realizzato interamente a mano, secondo le tecniche più tradizionali, per ricreare il segno del fumetto.
Dopo Persepolis ha pubblicato Taglia e cuci, Pollo alle Prugne con cui ha vinto l’Oscar del fumetto al festival internazionale di Angoulême, Il sospiro, favole persiane, Il velo di Maia. Marjane Satrapi o dell’ironia dell’Iran.
La trasposizione filmica di Pollo alle prugne, in live action, del 2011, è stata presentata in anteprima alla 68ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Ha anche diretto The Voices (2014) e Radioactive (2019).
La sua ultima fatica letteraria è stata Donna, vita, libertà, in cui ha riunito esperti di storia, politica e comunicazione e i più grandi talenti del mondo del fumetto per raccontare l’evento che ha segnato la storia contemporanea: l’uccisione di Mahsa Amini dovuta al pestaggio della polizia morale perché non indossava “correttamente” il velo. La morte della giovane ha scatenato in tutto l’Iran un’ondata di protesta che ha dato vita a un movimento femminista senza precedenti.
Marjane Satrapi vive e lavora a Parigi, collabora con numerose riviste e cura una colonna illustrata per il The New York Times.
Nel 2024 è stata insignita del prestigioso Premio Principessa delle Asturie 2024 per la comunicazioni e gli studi umanistici per “la sua voce essenziale nella difesa dei diritti umani e della libertà“.
Nella motivazione, la giuria ha evidenziato che “è un simbolo dell’impegno civico guidato dalle donne. Per il suo coraggio e la sua produzione artistica è considerata una delle persone più influenti nel dialogo fra culture e generazioni“.
Nel ringraziare per il riconoscimento, Marjane Satrapi ha affermato: “approfitto l’opportunità per celebrare la feroce lotta del mio popolo per i diritti umani e la libertà. Oggi si onorano tutti i giovani che hanno perso la vita e a quanti continuano nella battaglia per la libertà in Iran“. E ha dedicato il premio a Toomaj Salhebi, artista di rap, condannato a morte per il suo canto alla libertà.
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«Ho ucciso l’angelo del focolare. È stata legittima difesa».
Virginia Woolf
«Mi accorsi che se volevo recensire dei libri, dovevo combattere contro un certo fantasma, una donna, l’Angelo del focolare. Era lei che quando scrivevo una recensione si metteva in mezzo tra me e il mio foglio. Mi tormentava a tal punto che alla fine la uccisi.
Voi che appartenete a una generazione più giovane e più felice forse non capite che cosa intendo per Angelo del focolare. Proverò a descrivervela il più brevemente possibile. Era infinitamente comprensiva. Era estremamente accattivante. Era assolutamente altruista. Eccelleva nelle difficili arti del vivere familiare.
Si sacrificava quotidianamente. Se c’era il pollo, lei prendeva l’ala; se c’era uno spiffero, ci si sedeva davanti lei; insomma era fatta in modo da non avere mai un pensiero, mai un desiderio per sé.
A quei tempi ogni focolare aveva il suo Angelo. E quando incominciai a scrivere me la trovai davanti alle prime parole. L’ombra delle sue ali cadeva sulla mia pagina; sentivo nella stanza il fruscio delle sue gonne. Non appena presi in mano la penna per recensire il romanzo di quell’uomo famoso, insomma, lei mi scivolò alle spalle sussurrandomi:
"Mia cara, sei una ragazza giovane. Stai parlando di un libro che è stato scritto da un uomo. Sii comprensiva; sii tenera, lusinga, inganna, usa tutte le arti e le astuzie del nostro sesso. Non far mai capire che sai pensare con la tua testa".
Mi voltai e l’afferrai per la gola. Feci del mio meglio per ucciderla. Avevo agito per legittima difesa. Non l’avessi uccisa, lei avrebbe ucciso me. Avrebbe succhiato la vita dai miei scritti.
Secondo l’Angelo del focolare, le donne non devono parlare liberamente e apertamente; devono ammaliare, conciliare, dire bugie se vogliono avere successo. Perciò, ogni volta che avvertivo l’ombra della sua ala sulla pagina, o la luce della sua aureola, afferravo il calamaio e glielo scagliavo contro. Uccidere l’angelo del focolare faceva parte del mestiere di scrittrice».
💐💐💐👍👍👍
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«Ho ucciso l’angelo del focolare. È stata legittima difesa».
Un brano di Virginia Wolf
«Mi accorsi che se volevo recensire dei libri, dovevo combattere contro un certo fantasma, una donna, l’Angelo del focolare. Era lei che quando scrivevo una recensione si metteva in mezzo tra me e il mio foglio. Mi tormentava a tal punto che alla fine la uccisi.
Voi che appartenete a una generazione più giovane e più felice forse non capite che cosa intendo per Angelo del focolare. Proverò a descrivervela il più brevemente possibile. Era infinitamente comprensiva. Era estremamente accattivante. Era assolutamente altruista. Eccelleva nelle difficili arti del vivere familiare.
Si sacrificava quotidianamente. Se c’era il pollo, lei prendeva l’ala; se c’era uno spiffero, ci si sedeva davanti lei; insomma era fatta in modo da non avere mai un pensiero, mai un desiderio per sé.
A quei tempi ogni focolare aveva il suo Angelo. E quando incominciai a scrivere me la trovai davanti alle prime parole. L’ombra delle sue ali cadeva sulla mia pagina; sentivo nella stanza il fruscio delle sue gonne. Non appena presi in mano la penna per recensire il romanzo di quell’uomo famoso, insomma, lei mi scivolò alle spalle sussurrandomi:
"Mia cara, sei una ragazza giovane. Stai parlando di un libro che è stato scritto da un uomo. Sii comprensiva; sii tenera, lusinga, inganna, usa tutte le arti e le astuzie del nostro sesso. Non far mai capire che sai pensare con la tua testa".
Mi voltai e l’afferrai per la gola. Feci del mio meglio per ucciderla. Avevo agito per legittima difesa. Non l’avessi uccisa, lei avrebbe ucciso me. Avrebbe succhiato la vita dai miei scritti.
Secondo l’Angelo del focolare, le donne non devono parlare liberamente e apertamente; devono ammaliare, conciliare, dire bugie se vogliono avere successo. Perciò, ogni volta che avvertivo l’ombra della sua ala sulla pagina, o la luce della sua aureola, afferravo il calamaio e glielo scagliavo contro. Uccidere l’angelo del focolare faceva parte del mestiere di scrittrice».
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Finito poco fa in spiaggia, prima che scoppiasse il temporale. Veloce, interessante, insolito. Se vi piace il ciclo arturiano, questa è una riflessione su alcune donne, più o meno protagoniste, delle storie che sono state narrate e rimaneggiate nel tempo. Se vi piacciono le fan-fiction e la narrativa di rielaborazione, è una illuminante critica sulla prospettiva e sulle carenze della rappresentazione e le conseguenze sull'immaginario colletivo. Se avete amato Michela Murgia, è una piccola finestra biografica su un pezzetto della sua vita che ha fatto da significativo ingrediente per quello che è stato composto successivamente.
Non esistono libri innocui, perché non siamo innocui noi. Gli esseri umani sono pericolosi e quello che nutre il loro immaginario si rivela l’innesco di processi di misteriosa combustione, talvolta divampante, talvolta ardente in latenza, come una minaccia in attesa di concretizzarsi. Non sempre ne siamo consapevoli mentre leggiamo e forse è un bene, perché credo saremmo più cauti nel considerare le storie un diversivo al reale: ne sono invece la matrice.
(...)
In nessuno dei libri che avevo letto fino a quel momento il conflitto di genere era mai stato posto con questa chiarezza, né mai l’avevo visto collegato all’immaginario religioso. Ne uscii scioccata. Le considerazioni politiche e specificamente femministe che sono in grado di formulare oggi ovviamente non erano così strutturate mentre leggevo il libro in nave, ma la storia le insinuava in modo molto efficace e per me tutt’altro che indolore. In quella riscrittura c’era però già qualcosa di ineludibile: l’evidenza che il cristianesimo– che negli anni del papato di Giovanni Paolo II sbraitava ancora per essere riconosciuto come unica “radice d’Europa”– appariva sì dominante, ma solo in quanto distruttore di tutte le alternative. Acquisire questa consapevolezza durante la lettura del romanzo non fu un processo neutro per me. Mentre facevo quella traversata in mare nella notte con in mano Le nebbie di Avalon, io ero vicepresidente diocesana dell’Azione cattolica.
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Giovanna Pappalettera - Il nuovo romanzo “Strappi di luce”
Il libro è stato pubblicato da “Edizioni Effetto” il 17 maggio 2024
“Strappi di luce” è il nuovo romanzo della scrittrice Giovanna Pappalettera, pubblicato il 17 maggio 2024 da “Edizioni Effetto”. Il libro si inserisce nel genere psicologico sentimentale corale, narrando la storia di tre donne che si ritrovano sullo stesso treno, diretto in Sicilia. Letizia, Simona e Sara sono diverse: è lo stato d’animo ad accomunarle, a farle riflettere sulla loro condizione. Davanti al caos del mondo, si sentono perdute e il loro unico desiderio è quello di dissolversi nell’anonimato, di scomparire davanti a tutte le difficoltà. Nel corso del romanzo, le tre protagoniste arriveranno ad un punto di svolta, comprendendo l’importanza della resilienza e dei compromessi con la loro stessa vita. Il libro è rivolto in particolar modo al pubblico femminile, dalle più giovani alle adulte, stimolando una riflessione sul valore di sé stessi e delle proprie emozioni.
Il viaggio descritto da Giovanna Pappalettera non è solo fisico, ma soprattutto mentale: si tratta di un vero e proprio percorso volto alla consapevolezza di sé.
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Storia dell’autrice
Giovanna Pappalettera è nata a Roma e lavora come insegnante di sostegno alle scuole superiori. Sin da bambina, è sempre stata incline alla lettura e alla scrittura, i suoi “antidoti contro il mondo”. Ha già pubblicato tre romanzi: con Alcheringa Edizioni “Io, nonostante tutto sono viva”; con Blueberry Edizioni “E ora puoi baciare la fotografa”; in self “Un caffè, per favore”. Infine, con Edizioni Effetto ha pubblicato l’ultimo romanzo, “Strappi di luce”.
I suoi libri indagano la realtà e le sue dinamiche, prendendo in considerazione la psiche e le emozioni dei personaggi.
Facebook: https://www.facebook.com/giovanna.pappalettera88/
Instagram: https://www.instagram.com/giovanna_pappaletterautrice/
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Premio Strega 2024: i 12 finalisti
La corsa al Premio Strega 2024 si fa più avvincente con l'annuncio dei 12 finalisti, scelti tra 82 candidati dai 400 "Amici della Domenica". La dozzina, come da tradizione, presenta una ricca varietà di generi e stili letterari, con 7 donne e 5 uomini a contendersi il prestigioso riconoscimento. Le autrici e i loro romanzi: - Sonia Aggio con Nella stanza dell'imperatore (Fazi): un romanzo storico che ripercorre la vita di Costanza Piccolomini, donna di grande cultura e amante di Federico II. - Donatella Di Pietrantonio con L'età fragile (Einaudi): un'intima esplorazione del rapporto tra madre e figlia, sullo sfondo di un Abruzzo rurale e suggestivo. - Antonella Lattanzi con Cose che non si raccontano (Einaudi): una storia di formazione che affronta temi delicati come l'abuso e la ricerca di sé. - Valentina Mira con Dalla stessa parte mi troverai (Sem): un romanzo che indaga le sfumature dell'amore e del tradimento, con una scrittura poetica e coinvolgente. - Melissa Panarello con Storia dei miei soldi (Bompiani): un memoir ironico e dissacrante sul rapporto con il denaro e le sue implicazioni nella vita di una donna. - Raffaella Romagnolo con Aggiustare l'universo (Mondadori): un romanzo corale che racconta le vite di quattro donne alle prese con le sfide del quotidiano. - Chiara Valerio con Chi dice e chi tace (Sellerio): un'intensa riflessione sul potere delle parole e del silenzio, in una storia che indaga i segreti di una famiglia. Gli autori e i loro romanzi: - Adrián N. Bravi con Adelaida (Nutrimenti): un romanzo di formazione che narra il viaggio di una giovane donna alla scoperta di sé e delle proprie radici. - Paolo Di Paolo con Romanzo senza umani (Feltrinelli): una distopia ambientata in un futuro in cui l'uomo ha ceduto il passo alla tecnologia. - Tommaso Giartosio con Autobiogrammatica (minimum fax): un'opera ironica e meta-letteraria che gioca con i generi e le convenzioni narrative. - Daniele Rielli con Il fuoco invisibile. Storia umana di un disastro naturale (Rizzoli): un romanzo storico che ripercorre la tragedia del Vajont, unendo la Storia alle storie individuali. - Dario Voltolini con Invernale (La nave di Teseo): un thriller psicologico che si snoda tra le atmosfere rarefatte di una montagna innevata. La sfida si preannuncia avvincente e il verdetto finale, che sarà emesso il 4 luglio 2024, è atteso con trepidante attesa da lettori e addetti ai lavori. Oltre ai finalisti, la "dozzina" del Premio Strega 2024 include anche altri nomi di rilievo: - Veronica Raimo con Niente di vero (Einaudi) - Emanuele Trevi con Due vite (Neri Pozza) - Helena Janeczek con La ragazza con la Leica (Guanda) - Giorgio Fontana con Il silenzio dell'alluvione (Sellerio) - Marco Balzano con Resto qui (Einaudi) La cinquina finalista sarà annunciata il 2 giugno 2024. Il Premio Strega, con la sua lunga e prestigiosa storia, rappresenta un punto di riferimento per la letteratura italiana e internazionale. La selezione dei 12 finalisti offre un'ampia panoramica sulla vitalità e la ricchezza del panorama letterario contemporaneo, invitandoci a scoprire nuove voci e a riflettere su temi di grande attualità.tunesharemore_vert Read the full article
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Modena. Settimana di eventi Alla Tenda, Musica, Cinema e Rendering con Ottavia Piccolo
Modena. Settimana di eventi Alla Tenda, Musica, Cinema e Rendering con Ottavia Piccolo. Da lunedì 8 aprile, "Le parole delle partigiane", il tributo a De Andrè con i Desamistade e Crossoroads con la Sarti big band. Film in lingua e presentazione del libro "I calcagnanti". È una settimana densa di appuntamenti quella che si apre lunedì 8 aprile alla Tenda di viale Monte Kosica: nel programma, il reading con Ottavia Piccolo con le parole delle partigiane; il cinema con la proiezione in lingua originale del film "L'onda" e un documentario sulla vita in Senegal; la presentazione di "I calcagnanti", romanzo d'esordio di Nicolò Moscatelli e la musica con il tributo a De Andrè del gruppo Desamistade e il nuovo appuntamento con la rassegna "Crossroads – Jazz e altro in Emilia Romagna" e il concerto della Sarti Big Band. Lunedì 8 aprile, alle 18, in "Libere – Le parole delle partigiane", Ottavia Piccolo porta sul palco testimonianze sul ruolo decisivo svolto dalle donne nella Resistenza e nella costruzione dell'Italia democratica. L'attrice leggerà, tra gli altri, le parole delle partigiane Ibes Pioli "Rina", Aude Pacchioni "Mimma", Gina Borellini "Kira", Clelia Manelli "Clara", Ione Torricelli "Stella", Irma Marchiani "Anty", Savina Reverberi, figlia di Gabriella Degli Esposti "Balella". La selezione dei testi è curata da Caterina Liotti e Natascia Corsini. L'iniziativa è organizzata dal Centro documentazione donna di Modena in collaborazione con Cgi, Anpi e Istituto storico di Modena. Appuntamento al cinema mercoledì 10 e giovedì 11 aprile. Mercoledì, alle 20.30, nell'ambito della rassegna di cineforum promossa dal Centro linguistico di Ateneo di UniMoRe, sarà proiettato, in lingua originale con sottotitoli, il film "Die Welle" ("L'onda", in italiano), produzione tedesca del regista Dennis Gansel. Ambientato in Germania, il film racconta dell'esperimento di "regime dittatoriale" in cui un insegnante, dal passato di anarchico rockettaro, coinvolge i suoi studenti per spiegare loro il concetto di autocrazia. Per una settimana la classe dovrà rispondere unicamente agli ordini del professore e diventerà sempre più compatta. I ragazzi sviluppano un grande senso di appartenenza a un gruppo forte e diventano pericolosi, alimentando atti vandalici sia all'interno sia fuori dalla scuola fino a che l'esperimento va fuori controllo. Giovedì 11 aprile, alle 21, sarà proiettato il film documentario "Je m'appelle Teranga - Incontri, chiacchiere e storie di vita in Senegal" di Marco Antolini, nella serata in collaborazione con l'associazione Bambini nel Deserto. Sempre giovedì 11 aprile, alle 11, nuovo appuntamento con la rassegna "In dialogo con l'autore" proposta dall'associazione L'Asino che vola: Sandro Campani intervista Nicolò Moscatelli all'esordio con "I calcagnanti" (La Nave di Teseo, 2023) romanzo d'avventura, di formazione e insieme fiaba anarchica. Musica dal vivo nel fine settimana: sabato 13 aprile, alle 21, il tributo a Fabrizio De Andrè con il gruppo musicale Desamistade, nella serata promossa da Medici con l'Africa Cuamm di Modena e Reggio Emilia. Domenica 14 aprile alle 20.45, nuovo appuntamento con "Crossroads – Jazz e altro in Emilia-Romagna", il festival itinerante curato da Jazz Network. Sul palco la Sarti Big Band con lo spettacolo "Mingus" dedicato al grande contrabbassista e compositore Charles Mingus. La band è un'emanazione della scuola comunale di musica Sarti di Faenza ed è nata nel 1997 all'interno del laboratorio permanente per giovani musicisti chiamati a confrontarsi con i linguaggi dell'improvvisazione e con la musica contemporanea. L'ingresso al concerto è a pagamento: il biglietto intero costa 12 euro, (ridotto a 10 euro per under 25, over 65, soci Combo Jazz Club di Imola, soci Touring Club Italiano). I biglietti sono acquistabili in prevendita online: il link è disponile sul sito de La Tenda e sul sito di Crossroads. Per informazioni è possibile contattare Jazz Network al numero 0544/405666, e all'indirizzo email [email protected] Tutti gli eventi in programma nella struttura che fa capo all'assessorato alle Politiche giovanili del Comune di Modena sono a ingresso libero e gratuito, salvo dove diversamente specificato. Il programma completo è consultabile sul sito www.comune.modena.it/latenda e sulla pagina Facebook La Tenda.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Sentimi – Il potere delle voci femminili nel romanzo corale di Tea Ranno. Recensione di Alessandria today
Cento voci, una storia: la forza delle donne e dei loro racconti in un romanzo corale intriso di emozioni e memorie.
Cento voci, una storia: la forza delle donne e dei loro racconti in un romanzo corale intriso di emozioni e memorie. Recensione:“Sentimi” di Tea Ranno è un romanzo corale che raccoglie le voci di cento donne, intrecciando le loro storie in un unico racconto che celebra la forza e la resilienza femminile. La narrazione si sviluppa in un piccolo paese siciliano, dove ogni donna porta con sé un…
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Quando un libro parla proprio di te
ITA: In questo articolo l'autrice recensisce il libro Lontano dalla vetta. Di donne felici e capre ribelli di Caterina Soffici, che racconta del suo anno passato in una baita a 1700 metri di altitudine durante il covid. Il testo si colloca a metà tra un diario ed un saggio, con citazioni e poesie di donne e uomini che con la montagna hanno intrattenuto un rapporto speciale. Racconta il percorso di scoperta della vita in montagna e le relazioni con alcune importanti figure femminili, come la pastora detta la Regina delle caprette; analizza la quotidianità di chi ha fatto della montagna la propria casa in chiave profondamente femminile; descrive le capre come animali intelligenti e ribelli. Il romanzo attraversa le stagioni ed è un percorso di consapevolezza e recupero della connessione con sé stesse/i.
ENG: In this article the author reviews the book Far from the Summit. Of Happy Women and Rebellious Goats by Caterina Soffici, who recounts her year spent in a cabin at 1700 meters above sea level during covid. The text is somewhere between a diary and an essay, with quotes and poems from women and men who had a special relationship with the mountains. It recounts the journey of discovery of life in the mountains and relationships with some important female figures, such as the shepherdess known as the Queen of the goats; it analyzes the everyday life of those who have made the mountains their home, in a deeply feminine way; it describes goats as intelligent and rebellious animals. The novel traverses the seasons and is a journey of awareness and recovery of connection with one self.
🖊️: Sara Marsico
#toponomasticafemminile
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American Psycho - Bret Easton Ellis
"American Psycho" è un romanzo di Bret Easton Ellis scritto nel 1991. L'edizione da me letta è quella del 2014, pubblicata da Einaudi Editore. Il romanzo rientra in parte nel genere thriller ed in parte nella narrativa contemporanea. Infatti, la componente spazio-temporale è molto forte, tanto da prevalere sulla trama.
Il libro è ambientato negli anni '80 negli Stati Uniti, più precisamente a New York e si concentra su una particolare categoria di persone, un particolare status sociale, quello della alta borghesia e ne fa un affresco partendo da una trama prettamente thriller. La trama, appunto, si incentra su Patrick Bateman, un uomo di 27 anni definito come il ragazzo della porta accanto che lavora a Wall Street e, nel tempo libero, si diletta ad uccidere. Quindi, il romanzo in breve racconta le vicende di un serial killer, ma non è questo l'obiettivo del romanzo.
"Senti, dovremmo tutti poter fare esattamente ciò che vogliamo. Io voglio che tu faccia quel che vuoi."
Si provi ad analizzare attentamente il personaggio di Patrick Bateman: è un uomo che si confonde con i suoi colleghi, perché la classe sociale rappresentata è estremamente superficiale e non ha interesse nell'approfondire veri e propri rapporti. Questo comporta una sorta di generalizzazione di Patrick Bateman, perché egli può essere chiunque. Ovviamente, queste non sono le uniche informazioni che si guadagnano sul tale personaggio durante la lettura, infatti l'autore riesce a dipingere un quadro estremamente dettagliato di Bateman attraverso episodi sconnessi tra loro, ma che crescono di tensione con lo scorrere del tempo. Questi episodi non sono univoci, bensì si possono distinguere episodi sociali, ovvero tutti quei momenti in cui Patrick Bateman è inserito in un contesto sociale con i propri colleghi, che permettono di osservare l'interazione del protagonista con altre persone; episodi "psicopatici", molto esplicativi, in cui il protagonista commette atti violenti e omicidi; episodi generici, che descrivono la vita di tutti i giorni di Bateman, con i quali l'autore di approfondire diversi aspetti della società che sta trattando. Un esempio di questi ultimi sono tutti quei capitoli in cui Ellis si intromette nella narrazione per poter parlare di musica, di moda. Queste tre tipologie di episodi danno al lettore tutti gli strumenti per conoscere Patrick Bateman: un uomo narcisista, violento, metodico, nonché razzista, maschilista e omofobo, caratteristiche che lo accomunano ai suoi colleghi. Infatti, l'obiettivo dell'autore va oltre la narrazione degli atti di uno psicopatico, ma è quello di evidenziare e analizzare una precisa classe sociale, caratteristica che accomuna anche altre opere di Bret Easton Ellis. Si osserva, in questo romanzo, come già detto, come Patrick Bateman si mimetizza tra i suoi colleghi, per cui vale anche il viceversa: sono tutti uguali, si vestono nella stessa maniera, frequentano gli stessi luoghi e le stesse persone, nessuna persona tra loro spicca, si distingue, Bateman si distingue solo perché l'autore ha deciso di raccontare la sua storia. Questa somiglianza è presente soprattutto nelle ideologie di questi uomini: essi sono razzisti, maschilisti, omofobi. Ciò viene descritto direttamente tramite l'utilizzo di episodi diversi, con l'interazione con altre persone, l'interazione tra loro, come parlano delle donne, come le trattano, cosa dicono. L'intento di Ellis è, quindi, mettere in evidenza i lati negativi di una società che pensa di meritarsi tutto dal mondo, che pretende tutto e Patrick Bateman è solo un modo per farlo.
"Questa era la geografia intorno alla quale ruotava la mia vita: non mi era mai venuto in mente, mai, che la gente fosse buona o che un uomo potesse cambiare o che il mondo sarebbe potuto essere un posto migliore grazie a un sentimento o a uno sguardo o a un gesto, o al fatto di accettare l'amore o la gentilezza di un'altra persona."
10/10
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Ricordatemi come vi pare. Non ho mai pensato di mostrarmi diversa da come sono per compiacere qualcuno. Anche a quelli che mi odiano credo di essere stata utile, per autodefinirsi. Me ne andrò piena di ricordi. Mi ritengo molto fortunata. Ho incontrato un sacco di persone meravigliose. Non è vero che il mondo è brutto; dipende da quale mondo ti fai. Quando avevo vent’anni ci chiedevamo se saremmo morti democristiani. Non importa se non avrò più molto tempo: l’importante per me ora è non morire fascista».
Queste le parole nell’ultima intervista di Michela Murgia.
Definire Michela Murgia non è semplice: da scrittrice a presentatrice, da speaker radiofonica ad attrice. In ogni ruolo in cui si applica riesce sempre a contraddistinguersi con la sua grande passione e forza che porta in ogni sua opera.
Michela Murgia nasce a Cabras, in Sardegna, il 3 giugno 1972 e la sua terra natia sarà sempre fonte di orgoglio e di costante presenza in tutte le sue opere, da quelle letterarie a quelle per il teatro. Prima di diventare scrittrice ha sperimentato una grande quantità di altre professioni e in questi lavori ha potuto conoscere persone e storie sempre diverse che sono state fonte di ispirazione per le sue narrazioni. Ed è proprio durante una di queste esperienze lavorative che avvia la sua carriera da scrittrice: stava infatti lavorando in un call center quando si rende conto che deve far sapere a tutti le condizioni e la realtà quotidiana che vivono gli operatori telefonici. Decide quindi di aprire un blog dove descrive e racconta tutto questo, dagli articoli di quel blog nascerà il suo primo libro Il mondo deve sapere, che verrà pubblicato nel 2006. Il libro diventerà un vero cult e un regista come Paolo Virzì lo prenderà come modello e ispirazione per produrre la sceneggiatura del proprio film Tutta la vita davanti.
Il primo romanzo che decreterà il successo di Michela Murgia è l’Accabadora che uscirà nel 2009 per Einaudi. Un libro molto forte che narra la storia di una professione antica, quella di colei che aiuta le anime ad andare nell’Aldilà. Si tratta di un romanzo ambientato in Sardegna e che riceverà molti premi, tra i quali il Premio Campiello nel 2010.
Il suo forte legame con la Sardegna è sancito anche dalla fondazione con altre persone della rete di librai, bibliotecari e associazioni culturali del territorio sardo dal nome Lìberos, con i quali mirano a sostenere le realtà legate al mondo della cultura e della lettura in Sardegna.
Negli anni Michela Murgia collabora con molte riviste e testate giornalistiche, con le quali porta avanti una lotta contro il maschilismo per ristabilire il valore della donna.
Lo fa anche attraverso un importante podcast ideato e condotto con Chiara Tagliaferri dal titolo Morgana.
Il successo del podcast è così forte che verranno realizzate varie stagioni e soprattutto dal podcast nasceranno ben due volumi in cui sono raccolte le storie delle donne che vengono raccontate: Morgana. Storie di ragazze che tua madre non approverebbe (2019) e Morgana. L'uomo ricco sono io (2021).
Tra le sue celebri storie troviamo anche un volume illustrato: Noi siamo tempesta (2019), che nello stesso anno vince il premio Morante e la menzione speciale della giuria del premio Andersen.
Non si tiene fuori dalla politica, infatti, oltre a candidarsi in Sardegna esordisce con un pamphlet politico dal titolo Istruzioni per diventare fascisti, che ebbe un grande riscontro di pubblico al punto da essere tradotto in cinque lingue.
Dopo alcune esperienze come drammaturga teatrale, con discreto successo, dal 2018 è lei stessa a calcare le assi del palcoscenico portando a teatro sia Istruzioni per diventare fascisti sia Dove sono le donne, un monologo sulla parità di genere molto apprezzato.
Su questo tema nel 2021 esce il saggio Stai Zitta, e altre nove frasi che non vogliamo sentire più, dove indaga alcune delle espressioni maschiliste utilizzate nei confronti delle donne.
L’autrice si spegne a Roma il 10 agosto 2023.
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Petina Gappah
Ci sono fatti storici ancora avvolti dal silenzio, in qualche modo anche dalla vergogna. La letteratura serve anche a questo, a interrompere il silenzio.
Petina Gappah, pluripremiata avvocata e scrittrice, definita la voce dello Zimbabwe, scrive in inglese libri ambientati nel suo paese d’origine mentre esercita brillantemente la sua professione di avvocata internazionalista. È la figura legale di riferimento per l’area araba allargata di libero scambio (GAFTA) ad Accra.
La passione per il suo lavoro rimane forte mentre narra dei fallimenti e delle ingiustizie dello Zimbabwe nella speranza che, nonostante l’oscurità, si possa ottenere un cambiamento.
Ha anche scritto per diverse testate internazionali come The Financial Times, The New York Times, The Guardian e Süddeutsche Zeitung, ed è stata editorialista per OmVärlden, la rivista svedese sullo sviluppo e gli affari globali.
È nata in Zambia il 16 giugno 1971, da genitori emigrati dallo Zimbabwe, dove è ritornata quando aveva nove mesi. Dopo l’indipendenza del paese, la sua famiglia si era trasferita a Harare, in una zona prevalentemente abitata da persone bianche bianca, tanto che è stata una delle prime alunne nere della sua scuola elementare. Ha iniziato a scrivere quando aveva dieci anni, il suo primo racconto è stato pubblicato sulla rivista della scuola che frequentava.
Dopo la laurea in giurisprudenza in Zimbabwe, ha conseguito un dottorato in diritto internazionale all’Università di Graz e un master a Cambridge. Successivamente si è trasferita a Ginevra, dove ha iniziato a lavorare come avvocata specializzata in diritto internazionale.
Nel 2009 ha pubblicato il suo primo libro, la raccolta di racconti An Elegy for Easterly, tradotto in diverse lingue, che le è valso diverse prestigiose candidature come opera prima e ha vinto il Guardian First Book Award.
Nel 2010 è tornata ad Harare per tre anni per lavorare al suo primo romanzo, Il libro della memoria che, pubblicato nel 2015, è il testamento immaginario di una donna albina imprigionata nel braccio della morte, che spera in una tregua presidenziale. Il libro ha vinto il Premio McKitterick dalla Society of Authors.
La seconda raccolta di racconti Rotten Row, pubblicata nel 2016, è stata scelta come “Libro del giorno” da The Guardian.
Dal 2017 è stata DAAD Fellow e Writer-in-Residence a Berlino.
Nel giugno dello stesso anno ha tenuto la conferenza annuale del Journal of Southern African Studies, intitolata Looking for Dr Livingstone’s African Companions, presso la School of Advanced Study dell’Università di Londra.
Out of Darkness, Shining Light, del 2019, che in italiano è stato tradotto con il titolo Oltre le tenebre, ha vinto i National Arts Merit Awards 2020 per Outstanding fiction book.
Il libro si apre a Chitambo, nell’attuale Zambia, dove David Livingstone è morto nel 1873 e si chiude in riva al mare, a Bagamoyo, di fronte all’isola di Zanzibar. In mezzo ci sono i sessanta giorni di un Cuore di tenebra a rovescio, il racconto di come i suoi attendenti e la cuoca Halima, sfidando la fame e i pericoli, gli sono rimasti fedeli fino all’ultimo, cercando pace per quello strano uomo bianco e una vita migliore per se stessi.
“La storia di David Livingstone, il grande esploratore dell’Africa, ossessionato dalla ricerca delle sorgenti del Nilo, è cosa nota. Ciò che pochi sanno è che il viaggio più incredibile lo ha fatto da morto, quando il suo corpo imbalsamato è stato trasportato per oltre duemila chilometri dall’interno del continente africano fino alla costa, per poter essere sepolto in Inghilterra. Chi erano gli uomini e le donne che lo accompagnarono? Perché lo fecero? Il mio romanzo è nato per restituire un volto e un destino a queste figure dimenticate”.
Petina Gappah ha lavorato con il David Livingstone Birthplace Museum per reinterpretare i Tableaux Pilkington Jackson di Charles d’Orville.
Con la sua scrittura riesce nel difficile compito di rendere luoghi per lo più sconosciuti, con tale intimità e vitalità da farli sentire subito familiari. E dotata di una speciale sensibilità verso la tragedia umana e anche verso la commedia, insita nell’esistenza. Spalanca le porte di un milione di case illuminate e ci permette di guardarci dentro. In ognuna troviamo qualcosa di meraviglioso e strano, compreso un riflesso di ciò che siamo.
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