#porta riviste
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Sleepy lamp, lampada libreria https://www.design-miss.com/sleepy-lamp-lampada-libreria/ I #designer milanesi Marco Maturo e Alessio Roscini, fondatori di Studio Klass, hanno realizzato per Busso Sleepy Lamp, una lampada con una scala che diventa una libreria o una portariviste. Sleepy Lamp si appoggia e […]
#Alessio Roscini#alfemminile.com#arredamento#Busso#lampada#libreria#Marco Maturo#porta riviste#scala#Studio Klass
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Fissa nella mente
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Lo so: “non posso fare a meno di amarti.” Me l'hai detto cento volte. Poi: “sei sempre salda e fissa in cima alla lista dei miei desideri.” Cazzo, che palle grosse che sei! Sentimi bene, bimbo: siamo solo usciti qualche sera quando tua moglie e i figlioli erano al mare. Si vabbè, t'ho fatto anche scopare, per un po’ di sere: è stato perché eri così caruccio, mi faceva tenerezza il marito smarrito e poi… francamente stavo dimenticando i rudimenti dell'arte e mi serviva qualcuno che mi togliesse le ragnatele, lì sotto. E mi sono anche divertita, con te. Giuro. Ma non ti amoooo! E comunque, sei di un'altra. Non sottoscrivo certo un investimento a perdere già in partenza, fossi scema. Peraltro poi, io sto sempre aspettando che l'uomo che mi piace davvero si decida e mi scelga.
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Sto cercando di prendermelo con ogni mezzo, ma lui proprio non riesco a farlo crollare. E a farmelo, porca puttana! È fidanzato. Con quella scema è sempre un tiramolla; si pigliano e poi si lasciano. E quando si lasciano, io mi ficco subito in mezzo. Cercando di consolarlo, di consigliarlo “per il suo bene” a lasciare quella donna, perché non è adatta a lui e gliene spiattello davanti le prove, i grossissimi difetti, i pettegolezzi. Oh: tutti da fonte sicura e fidata. Ma ancora non capisce che lo voglio. O piuttosto fa finta di non capire, il coglione. E quindi, malgrado le mie trasparenze, la mini indossata senza mutande con le parigine velate, la camicetta sbottonata senza reggiseno per fargli vedere tutto ciò che vuole… niente!
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Nonostante casualmente ogni tanto mi strusci a lui in modo esplicito, mi stringa forte al suo braccio “per non cadere, sai: i tacchi alti” e sia sempre molto profumata, il soggetto resiste a tutti i miei assalti! È innamorato, il piccioncino. E vede solo lei: ‘sta vegana culona senza un filo di trucco, scialbissima, e tracagnotta. Cazzo ci avrà sotto, quella! Non usa neppure né deodorante né profumo. Per un approccio… “Greenpeace-no-pollution-save-the-planet” evidentemente! Bah… ‘Sta mezza zoccola fallita… Comunque, alla prossima che capita, se mi gira bene lo porto in un angolo nascosto, gli schiaffo una lingua in bocca, gli infilo direttamente una mano nei calzoni e vedi allora se non reagisce, se non gli si drizza subito l'uccello!
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Che poi di sicuro ce l'ha bello grosso, a giudicare dal pacco: io l'ho notato subito. È la prima cosa che guardo, in un uomo. Quello si che lo voglio nel mio culo, cazzo, mmmmh… ! Certo che tu non l'hai ancora provato il mio culo e non succederà mai, tranquillo! Noo, te lo ripeto: non esco domani sera con te. Si, l'avevo capito già da come hai reagito l'ultima volta che siamo stati insieme, che nessuna mai t'ha fatto un pompino come te l'ho fatto io. Modestamente, so il fatto mio, in materia: sono un'artista. Guarda: ora basta, per piacere: lasciami stare che ti conviene. Comperati un paio di riviste hard, fatti un bel giro sui siti porno. Iscriviti a un sito di annunci.
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O invece, meglio: vai a puttane. A proposito: ho un po’ di amiche escort bellissime, sane e discrete. Interessa l'argomento? Prendo il 20% sulle serate coi clienti che procuro loro. O magari fai una cosa estrema: sfogati con tua moglie, per favore. Poverina, in fondo un po’ di cazzo ogni tanto spetterebbe anche a lei, dopotutto, no? E non cercarmi più. Certo che non ti bloccherò, tranquillo. E non ti ignorerò se ti incontro, figuriamoci. Per chi mi hai preso? Sono una persona seria, di sani e rigidi princìpi morali! Adesso attacca, che ho il mio capo che mi porta a cena, stasera: la moglie è andata dai suoi. Fine della conversazione. Un bacio.
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RDA
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Carla Sozzani Arte Vita Moda
Louise Baring
L'ippocampo, Milano 2024, 288 pagine, 474 immagini, 24,5x25,5cm, ISBN 978-88-6722-938
euro 39,90
email if you want to buy [email protected]
Carla Sozzani è una delle figure che hanno plasmato la moda, l’arte e il design degli ultimi decenni. Direttrice di Elle e dei numeri speciali di Vogue, ha lavorato fianco a fianco con stilisti come Azzedine Alaïa, Romeo Gigli e Paco Rabanne. Nel 1990 ha fondato 10 Corso Como, l’innovativo spazio che unisce moda e arte, design e convivialità, e dove Carla ha espresso appieno la sua pionieristica visione. Unita indissolubilmente alla sorella Franca – a lungo direttrice di Vogue Italia –, il suo lavoro ha avuto un impatto decisivo sul modo di fare e fruire la moda in tutto il mondo. Questa imperdibile biografia, disseminata di rare fotografie e di citazioni, rende omaggio a una donna vulcanica e infaticabile, che attraverso riviste, mostre, collaborazioni, libri e cataloghi – fino alla Fondazione che porta il suo nome – ha sempre dato spazio alla più frizzante cultura contemporanea.
14/12/24
#Carla Sozzani#Arte Vita Moda#Azzedine Alaïa#Romeo Gigli#Paco Rabanne#10 Corso Como#fashion books#fashionbooksmilano
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FALSOMAGRO E BRACIOLINE
La Nonna: u viziu chi nun è castigatu, dura pi sempri!
Nonna - Pronto oh prontu
Catina - Si pronto chi parla
Nonna - Anciulina jo sugnu, nun mi canusci? L’ hai dumatu l’apparecchio pi sentiri?
Catina -Signora non sono mia zia Angela sono Catena, sua nipote
Nonna - Oh gioooia, non ti avia riconosciutu. Cercavo a tua zia perché ho fatto il falsomagro e le braciole al sugo, ma mio nipote non è venuto e mi sono rimasti. Volevo dargliene un po'…. Ma chi fici, forse ho sbagliato numero?
Catina – No signora, il numero è giusto, solo che ho io il cellulare della zia perché siamo al pronto soccorso e lei è ricoverata
Nonna - Oh Prontu Soccorsu..? o Santilibbiranti è chi ci succidiu?
Catina – Niente, non si preoccupi. Zia Angela aveva detto allo zio di pitturare il bagno …
Nonna - U sapia, u sapia chi a cuppa era di du disgraziatu!!! E chi ci fici ci miscoi perché al solito non voleva fare niente?
Catina -No signora, non l’ha picchiata. Lo zio ha incominciato a pitturare il bagnetto solo che doveva pitturare il soffitto e allora ha preso una sedia
Nonna – La Sedia? Ha bisogno di un ascensore: ma se lui è alto come una suola delle scarpe, come faceva ad arrivare al soffitto con la sedia?
Catina -Infatti ha preso una sedia e c’è salito sopra, ma non ci arrivava lo stesso e allora ha messo sotto i piedi della sedia quello che ha trovato, una pila alta così di libri e riviste. Poi c’è salito sopra e si è fatto aiutare dalla zia a prendere la latta di pittura da 50 litri che era pesantissima. Siccome era enorme, per tenerla, l’aveva appoggiata sulle ante di vetro della doccia.
Nonna - Ma chi è cretino? E se si rompevano
Catina - Infatti signora, la latta era tanto pesante che le ante si sono staccate dal muro andando in mille pezzi, Lo zio ha cercato di prendere la latta ma la sedia su quella pila di giornali è scivolata giù e non le dico il casino che è venuto fuori … tutto il bagnetto, le pareti e il corridoio pieni di pittura, lo zio nel cadere ha rotto la lampadina perché si è cercato di aggrappare a qualcosa, ha cercato anche di aggrapparsi al mobile dove tengono le tovaglie ma questo è caduto giù spaccando il bidè … lui , non è riuscito a brancicarsi da qualche parta ed è caduto con la testa nel water ed ha dato un colpo tanto forte che è svenuto. La zia è stata travolta dal bidone di pittura, è caduta all’indietro, ha battuto la testa ed è svenuta anche lei. Non le dico il macello. La signora Romano che sta nell’appartamento sotto al loro, ha sentito il botto e ha mandato il figlio a vedere cosa era successo. U carusu è salito, ha aperto la porta è ha visto la zia stesa per terra, tutta bianca e con le braccia aperte che quasi non respirava … si è spaventato ed è corso dalla mamma dicendo che la signora Anciula era morta. La signora Romano ha incominciato a urlare a chiamare i pompieri, la Croce Rossa, i Carabinieri e ha chiamato anche me.
Nonna - Mahhh … chi disastru, speru sulu chi to ziu questa volta battiu nto sonnu (nelle tempie) e ci ristoi.
Catina - Ma no signora, l’ambulanza è arrivata ha visto mia zia stesa nel corridoio tutta bianca, l’hanno presa e portata subito giù in ambulanza. Le hanno fatto sentire i sali e lei si è ripresa è ha chiesto di mio zio, ma gli infermieri non l’avevano visto. Sono tornati e guardando nel disastro del bagnetto con la torcia hanno trovato lo zio tutto coperto di pittura con la testa incastrata nel water…
Nonna – è quello è il posto giusto per lui: u cessu!! Ma hanno tirato l’acqua facendolo finire in mezzo a quelli come lui?
Catina - … era tutto raggomitolato e con la pittura non si distingueva dal water e non si staccava perché la pittura s’era tutta seccata e lo aveva incollato li dentro. Così l’hanno portato in ospedale sempre con la testa nel water perché avevano paura che se lo toglievano gli usciva il cervello
Nonna - Non c’era questo pericolo perché lui è cerebrovacanti: a testa gli serve solo per portare le corna che ha!?
Catina - No ora sta bene. Ha un bernoccolo di dietro ma sta bene, anzi da come stà gridando contro lo zio di la in infermeria, si è ripresa di sicuro.
Nonna - Ragiuni avi, du disgraziatu, du ruvinafamigghia chi è. Ma come si fa che una ni fa e milli disgrazie ni cummina, chi poi ci va sempre nto menzu da Santa fimmina di Anciulina. Ma per una volta che ne è successa una bona di disgrazia, ma perché non finiva bene e la faceva diventare vedova che ci voleva: hai fatto trenta e fai trentunu binidittu Diu!. Oh signuruzzu mei, “u viziu chi nun è castigatu dura pi sempri”, picciò, fanni sta grazzia: pigghittillu, pottitillu in paradisu e fallu puru beato, santu, chiddu chi boi e tenittillu accanto a tia: libberani i sta disgrazia infinita.
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Vittorio è un ragazzo Napoletano che confessa in una lettera la propria omosessualità al papà. La risposta è spettacolare! Leggete! ❤️
"Caro papà perdonami, sono gay.
Non so bene quando è cominciato, forse alle elementari. Forse alle superiori, quando solo guardando gli occhi di un compagno di classe mi batteva il cuore.
Mi dispiace perché la storia con Gianna non andava bene, le volevo bene, questo è certo, siamo stati insieme 3 anni, ma c'era sempre qualcosa che tra di noi non andava.
Mi dispiace perché spesso commentavi le Veline di Striscia la Notizia e io non ti andavo dietro con le battute, MA NON LO SAPEVO ANCORA.
Per fortuna siamo Napoletani, e ho vissuto questo periodo di accettazione con una popolazione speciale. Per fortuna siamo Napoletani, e abbiamo nel DNA l'amore per il prossimo, quello che ho trovato nelle persone che come me cercavano di capire.
Sono ormai 5 anni che vivo da solo, perché mi sentivo DIVERSO.
A soli 19 anni ho voluto scappare da quel nucleo familiare PERFETTO, e forse è stato quello a spingermi ad andare via... forse ero io a RENDERLO IMPERFETTO, non volevo rovinare il tuo immenso lavoro di padre e capofamiglia.
Ora mi ritrovo in una casa da SOLO a 24 anni, CON LA CONSAPEVOLEZZA di essere gay .
Per fortuna siamo Napoletani, dove non mi sono mai sentito solo e mai sentito DISPREZZATO da nessuno. Non so come sarebbe andata a finire in una altra citta'.
CARO papà mi manchi tanto, POSSO TORNARE A CASA ? questa volta da Gay...
Vittorio"
"Caro Vittorio.
Mi dispiace ma allora si STUNZ... ( in modo affettivo )
Io e tua mamma avevamo già intuito i tuoi gusti sessuali da bambino, quando non ti interessava giocare con i compagni ai famosi soldatini, ma collezionavi migliaia di riviste per adolescenti.
Perdonami, forse avrei dovuto dirtelo prima, in modo che evitavi questo inutile IMBARAZZO, ma ho sempre ritenuto che siano stati "CAZZI tuoi" (scusa la battuta, pero' è simpatica ja' , ejaa').
Visto che siamo Napoletani, e per fortuna che siamo Napoletani, la nostra storia ci ha sempre insegnato che solo aprendo la mente e non creando muri c'è la possibilità di SALVARSI, di SOPRAVVIVERE.
Mi sei sempre mancato dal primo giorno, sei mio figlio e CASTANO, BIONDO O GAY per me non fa differenza.
È solo un gusto, a me ad esempio piacciono le cozze, a te forse piaceranno i CANNOLICCHI (scusa ja' è n'altra battuta, uammamia non si puo' pazziare qua, e che è?)
Grazie a DIO siamo Napoletani.
Da genitore devo farti un rimprovero.
Non azzardarti mai, e poi mai di ritenermi cosi stupido...
La tua stanza è pronta, vieni quando vuoi, non vedo l'ora... Ricordati i genitori la porta di casa non la chiudono mai, la lasciano sempre un pochino aperta per fare in modo che il figlio possa “INFIZZARSI” da un momento all'altro.
TI AMO
Papa'"
P.S
Nella mia famiglia non esiste, e non dovrà esistere mai nessun tipo di RAZZISMO mai tranne per gli JUVENTINI... a casa mia JUVENTINI non ne voglio... CHIARO?
Puoi anche fidanzarti con un CAMMELLO e portarmelo a casa, basta che non sia Juventino.
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Storia Di Musica # 313 - AA.VV. - She Rocks Volume 1, 2017
Un giovane chitarrista di origini italiane (i nonni arrivarono negli Stati Uniti dalla Lomellina) nel 1978, quando ha appena 18 anni, manda una cassetta e una trascrizione del leggendario pezzo The Black Page al suo creatore, Frank Zappa. Il brano si chiama così perchè lo spartito è così pieno di segni musicali (punti, segni, note) ed è famoso perchè di una complessità mostruosa. Zappa impressionato dal talento del giovane chitarrista lo contatta e dopo che il nostro giovane eroe finisce la scuola, lo invita a Los Angeles, gli fa un provino e lo stipendia prima come trascrittore ufficiale e poi, dal 1980 fino al 1985, lo porta sul palco e in studio a registrare, presentandolo come il suo "little Italian virtuoso" e gli assegna spettacolari assolo definiti "impossible guitar parts". Quel giovane chitarrista è Steve Vai, unanimemente considerato uno dei più grandi chitarristi di tutti i tempi. Oltre ai dischi, ai concerti, ai premi, al ruolo di innovatore dello strumento (leggendarie le chitarre Ibanez Jem con lui sviluppate) il suo è sempre stato un lavoro di ricerca sia strumentale sia umano: cacciatore di talenti prima, e poi produttore ed editore musicale. Nel 1999 infatti fonda insieme a Ray Scherr, il fondatore di Guitar Center, la più grande catena di negozi di strumenti musicali di tutte le Americhe (con oltre 300 negozi) una etichetta discografica, Favored Nations, con il preciso obiettivo di sviluppare la musica chitarristica, di scovare nuovi artisti e di produrre quelli già affermati. Il primo disco prodotto è del 2000, Coming To Your Senses del chitarrista jazz fusion Frank Gambale, di lì in poi è un susseguirsi di grandi nomi. A metà del decennio successivo, Vai sente la necessità di rispondere, con un disco, ad una domanda: Who says the ladies can’t rock?.
Per questo in collaborazione con l'associazione Women’s International Music Network mette su una compilation, insieme con Brad Tolinski, direttore di una delle bibbie dei chitarristi e chitarriste, Guitar World, di strepitose chitarriste, a cui dà il titolo di She Rocks Vol.1, sottotitolo: A Collection of Kick-Ass Guitar Goddesses, che esce nel gennaio del 2017. In scaletta 11 brani di 11 chitarriste che comprendono diversi generi, dal jazz rock al blues, ma che spingono forte verso l'hard rock e l'heavy metal, per un assortimento niente male. C'è una delle scoperte di Vai, la tedesca Yasi Hofer (qui presente con una torrida sua composizione, Cosmic Star), c'è la leggenda del rock femminile Lita Ford, delle Runwayas, che si unisce alle Lez Zeppelin, una tribute band femminile dei mitici Led Zeppelin, cantando The Lemon Song (uno dei testi più maliziosi ed erotici del catalogo di Plant e soci, nello slang "lemon" è una metafora del pene) accompagnata da Steph Paynes, che nella compilation regala una meravigliosa The Sun At Her Eastern Gate (Payne è stata anche scrittrice e giornalista del rock per riviste come il New Music Express e Rolling Stone). C'è il blues di U Know What I Like di Kat Dyson (che è stata più volte la lead guitar dei tour internazionali di Zucchero), il trascinante heavy metal di Transmogrify, brano scritto da Orianthi, chitarrista e polistrumentista australiana che accompagnò Micheal Jackson nel suo ultimo tour This Is It. Jackson era un grande estimatore di chitarriste, tanto che nella compilation c'è pure il contributo di un'altra sua storica sessionista, Jennifer Batten, che lo ha accompagnato nei tour di Bad, Dangerous e History: qui è presente la sua In The Aftermath. Si passa dal jazz rock di Sarah Longfield (The Taxi Time Travel Task Force) alle sonorità sofisticate di Yvette Young, uno dei talenti più puri in circolazione (Hydra), alle super prove di nomi più famosi come Nita Strauss (la chitarrista di Alice Cooper), che contribuisce con Pandemonium e Gretchen Menn con Scrap Metal. Da ricordare anche il brano di Nili Brosh, A Matter Of Perception, la chitarrista è stata per anni star degli spettacoli musicali del Cirque Du Soleil e insieme ad altre protagoniste di questa compilation suonerà in una tribute band, The Iron Maidens, che omaggia al femminile la musica degli inglesi Iron Maiden. In copertina c'è un disegno di Laura B. Whitmore, musicista, produttrice e ex manager di importantissime etichette discografiche, che nel 2012 fondò la WiMN per fornire supporto, informazioni e un senso di comunità alle donne in tutti gli aspetti del settore musicale, compresi artisti, addetti ai lavori, educatori e studenti.
La dicitura Vol.1 mi ha fatto sempre sperare in un Vol.2 che al momento non è ancora arrivato. Tuttavia questo disco è prova viva che " A Lady Can Surely Rocks".
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Il Centro Del Fiume
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Figure di carta che bevono nuovi pensieri
e fragili miti creati dal mondo di ieri
disperdono giovani forze sottratte al domani
lasciando distorte le menti e vuote le mani.
Consumi la vita sprecando il tuo tempo prezioso
raggeli la mente in un vano e assoluto riposo
trascorri le ore studiando le pose già viste
su schermi elettronici oppure su false riviste.
E tieni le orecchie tappate agli inviti del suono
e questa è una polvere grigia che cade sugli occhi dei figli dell’uomo.
Deciso a sfuggire il tuo tempo che soffia e ribolle
non abile a prendere il passo di un mondo che corre,
coraggio è soltanto una strana parola lontana
tu cerchi rifugio in un pezzo di canapa indiana.
Il sesso che prendi con facile e semplice gesto
rimana ancora e di nuovo soltanto un pretesto
e ancora nascondi la testa alla luce del sole
il sesso è scoperto però hai coperto l’amore.
E tieni le orecchie tappate agli inviti del suono
e questa è una polvere grigia che cade sugli occhi dei figli dell’uomo.
Fai parte di un gregge che vive ignorando il domani
e corri da un lato e dall’altro ad un cenno dei cani
il mito di un lupo mai visto ti ha fritto il cervello
e corri perfino se il branco ti porta al macello.
E dormi nel centro del fiume che corre alla meta
e niente che possa turbare il tuo sonno di seta
qualcuno ti grida di aprire i tuoi occhi nebbiosi
ma tu preferisci annegare in giorni noiosi.
Non senti che ti stanno chiamando con voce di tuono
e questa è una polvere grigia che cade sugli occhi dei figli dell’uomo.
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Per la donna il cui marito fa una "sosta extra" ogni sera dopo il lavoro.
Per la donna che piange la perdita di una gravidanza che nessun altro conosceva.
Per la donna che guarda sempre avanti, anche se si perde dentro.
Per la donna licenziata per il quarto ritardo perché sveglia da una settimana di fila con un bambino malato.
Per la mamma single che non sa come pagare le utenze questo mese.
Per la donna che ha avuto 2 FIVET e ha provato per cinque anni senza successo ma si presenta comunque ad ogni baby shower per i suoi amici.
Per la donna che ancora non si è perdonata per l'aborto avvenuto 20 anni fa.
Per la donna che guarda se stessa e i suoi figli mentre conta le monete al supermercato.
Per la donna che apre la porta alla notizia della morte del marito all'estero tre settimane prima del suo ritorno a casa.
Per la donna che soffre di ansia ma nessuno capisce cosa potrebbe stressarla.
Per la donna che dà alla sua famiglia tutto il giorno, ogni giorno e ha solo bisogno di una pausa.
Per la donna che sorride agli estranei tutto il giorno in pubblico, ma piange silenziosamente ogni notte.
Per la donna che voleva farla finita ma ha trovato la forza per continuare.
Per la donna che ogni notte dorme accanto a uno sconosciuto.
Per la donna la cui genetica non le permetterà mai di sembrare come nelle riviste.
Per la donna che sopporta una relazione interrotta dopo l'altra perché nessuno le ha insegnato cos'è l'amore.
Per la donna che alleva una figlia senza padre e prega che la storia non si ripeta.
Per la donna che ama con tutto il cuore e che ha un disperato bisogno di essere amata.
[Traduzione e adattamento La vita di una donna Arte: Yehuda Devir]
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Ci sono persone speciali che hanno un cromosoma in più 💕
#sapeviche
John Langdon Down, fu il medico britannico che nel 1866 pubblicò la prima descrizione accurata della sindrome che porta il suo nome.
Nel 1959 il genetista francese Jérôme Lejeune scoprì che i bambini down nascono con un cromosoma in più, ne hanno cioè 47 invece di 46. In seguito i ricercatori scoprirono che il cromosoma extra è una copia del cromosoma 21.
📚🔍Per un interessante approfondimento vedi l'articolo:
"Crescere un figlio con la sindrome di Down"
(Gioie e soddisfazioni)
📌
https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/riviste/g201106/Crescere-un-figlio-con-la-sindrome-di-Down-tra-sfide-e-soddisfazioni/
Trovi il link anche nel mio profilo Threads 😊
There are special people who have an extra chromosome 💕
#did you know that
John Langdon Down was the British doctor who in 1866 published the first accurate description of the syndrome that bears his name.
In 1959, French geneticist Jérôme Lejeune discovered that children with Down syndrome are born with an extra chromosome, that is, they have 47 instead of 46. Researchers later discovered that the extra chromosome is a copy of chromosome 21.
📚🔍For an interesting in-depth analysis see the article:
"Raising a child with Down syndrome"
(Joys and satisfactions)
📌
https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/riviste/g201106/Crescere-un-figlio-con-la-sindrome-di-Down-tra-sfide-e-soddisfazioni/
You can also find the link in my Threads profile 😊
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Soul Kitchen - Bugs Bunny Crazy Castle 3
Sono preso male quindi scrivo. Vediamo se mi passa...
Non sono qui per parlare del gioco in se, ma piuttosto delle sensazioni di un momento, in un posto che per qualche motivo riesco ancora a ricordare abbastanza vividamente.
Mi trovo nella cucina di casa di mia nonna.
E' un martedì pomeriggio, giorno di chiusura dell'attività dei miei nonni all'epoca (avevano un bar), e si stanno preparando per andare a fare la spesa per casa/bar.
Io sono in questa cucina che gioco a Crazy Castle 3 e di base non c'è¨ niente di strano, normale amministrazione di me che gioco allo stesso gioco da un sacco di tempo perché sono bloccato all'ultimo livello della seconda tranche cioè la Hall (le tranche sono, in ordine: Garden > Hall > Basement > Treasury).
Fuori fa freddo, è febbraio.
Il sole è già in procinto di salutarci, sono circa le 16.30.
Dalla porta semiaperta della cucina vedo la sala del bar, buia e vuota.
Ogni tanto anche ripensare al bar pieno mi fa quasi strano.
In quel periodo, ovvero inverno del 2000 ("ritmo del duemila / adrenalina puraaaaah" cit. Ritmo - Litfiba - Mondi Sommersi - 1997) come si confà a un individuo di 7 anni (manco compiuti, fai anche 6) non ho un accesso a internet e quindi ignoro bellamente cosa mi si parerà davanti dopo questa sequela di livelli della Hall di sto castello sempre più difficili e ostici.
Ad un certo punto il miracolo. Supero il (per me) famigerato livello 39, mi prodigo di trovare carta e penna per segnarmi la password per continuare poi dal livello 40, siccome in quel momento mi chiama mio nonno dicendomi esser pronti per andare.
E proprio in quell'istante qualcosa da qualche parte del mio cervello si materializza, e rimane li ancora oggi come una fotografia che riesco a rivedere se ci ripenso. Come una fotografia su pellicola di quel tempo, che a lungo andare perde in dettagli ma rimane sempre riconoscibile.
"La camera ha poca luce
E poi è molto più stretta di come da giù immaginavo"
diceva Ligabue in Bambolina e Barracuda, e devo dire che la descrizione corrisponde quasi del tutto.
Questa cucina è una stanza dalla forma rettangolare, ma non troppo lunga. Un rettangolo un po' tozzo ma comunque non Umberto.
Al centro un grande tavolo con piano in marmo grigio la fa da padrone, sopra di esso una fruttiera in vetro verde, sempre piena.
Ai lati del tavolo (punto di vista dalla porta d'entrata) rispettivamente:
A sinistra
subito dietro la porta un piccolo angolo credenza zeppo di libri di cucina (sopra), incarti di vari prodotti, sacchetti di carta per il pane (nel mezzo) e due piccole ante contenenti ogni sorta di attrezzo quali chiavi, cacciaviti o anche prodotti spray tipo insetticida e simili che ovunque stan bene tranne che in una cucina (sotto). Superato questo angolo il frigorifero, un vecchio frigorifero incassato ricoperto dall'anta in legno, seguito dal piano cottura, un doppio lavello e alla fine della parete una delle due finestre.
A destra
subito all'altezza del gomito inizia quello che è un mobile angolare in legno anch'esso con piano di marmo grigio che fa il paio con suo fratello The Table, che proseguirà sino all'altro capo della stanza.
La parte sotto è composta di semplici ante che nascondono il loro contenuto fra vecchie riviste, la stecca di MS Bionde e attrezzi da cucito in capo, il posto dove viene tenuto il pane della giornata nell'angolo e poi (perdonate la ridondanza) lungo la parte lunga tovaglie, tovagliette, tovaglioli, pentole, bicchieri (che non erano li da ieri), insalatiere, e altri suppellettili TASSATIVAMENTE DA NON USARE MAI.
Sopra questo mobile vi sono diverse situazioni, anche abbastanza diverse fra loro. Sempre in prossimità del gomito, qualora si stesse entrando, è visibile con la coda dell'occhio un posacenere blu dell'Aperol cui da che ho memoria ha sempre ospitato al suo interno un mazzo di chiavi del quale ho sempre ignorato quali porte avrebbe potuto aprire, un elastico giallo, una graffetta e una 200 lire.
A fianco immancabile è la combo Sorrisi&Canzoni + rivista di gossip a piacere. Ma più ci si addentra con lo sguardo e più la situazione si fa complessa.
L'angolo viene dominato da una tv a tubo catodico della Mivar (top orgoglio italiano non ironicamente), con lo schermo bombato che mangia buona parte delle barre dell'energia in quasi tutti i picchiaduro che era possibile giocare su ps2 da li a pochi anni.
Dietro questo Golia ai fosfori osserviamo un buco nero nel quale nemmeno la luce fa in tempo a venire assorbita, non lo raggiunge proprio.
Letteralmente la camera dei segreti, nella camera.
Si dice vi sia stato ritrovato di tutto dietro a quel monolito grigio opaco, da svariate sorprese di ovetti kinder a un centrotavola che sembrava essere andato perduto per sempre.
Li giaceva anche un misterioso contenitore grigio, in metallo, che ricordava la forma di quelli che si appendono in doccia per poggiarvi i vari shampoo, bagnoschiuma e simili. Forse il suo scopo in origine era proprio quello, ma poi qualche sconvolgimento spazio-temporale ha fatto si che venisse dimenticato in quell'anfratto nascosto.
Sempre dietro al televisore, oltre al suo cavo di alimentazione se si disponevano di arti lunghi a sufficienza ci si poteva addentrare fino a scoprire sia ben tre prese a muro più una spina volante, anche lei senza padrone.
Un cavo di alimentazione si, ma per chi?
Se ci si chiede chi controlla i controllori allora sarebbe giusto anche chiedersi cosa alimenta l'alimentazione? Who watches the Watchmen?
Superata la Notte Eterna ritorna la luce, e a fianco del televisore spunta un cesto di vimini con al suo interno vari giochi e fumetti miei fra cui macchinine, volumi di Topolino, quaderni di disegni, pennarelli e cosi via.
Accanto vi è quella che per forma e scopo risulta esser a tutti gli effetti un'anfora. Non dell'avidità ma quasi. "Quindi chi sei tu per giudicare?" direbbe qualcuno a riguardo.
La sua forma ricorda una donna di Willendorf per le sue rotondità che suggeriscono fertilità e abbondanza. E di abbondanza in quell'anfora ce n'era, sicché era stata riempita fino all'orlo di documenti, ricevute, scontrini, un blocchetto di assegni, collane, bracciali, orecchini, alle volte anche monete. Ovviamente era imperativo il "LASCIA STARE NON TOCCARE".
E noi senza toccare, limitandoci a guardarla in tutta la sua bianca e lucente ceramica, gettiamo l'occhio (e non il cuore) oltre l'ostacolo per incontrare un piccolo forno a microonde che termina l'allestimento del piano.
Fra il piano e il muro vi è un angusto spazietto di 1 metro circa, nel quale viene confinata una rossa sedia da giardino.
Quello che per anni ha rappresentato un angolo strategico in quanto era l'angolo del termosifone, luogo di sollievo per i lunghi inverni passati col Game Boy fra le mani, a cercare sia calore che un angolo illuminato in epoca pre GBA SP.
Ah, che male al collo.
A parete troviamo una composizione di pensili che segue il perimetro del mobile di cui sotto, anche questo pieno di situazioni abbastanza varie dietro alle sue ante marroni.
Anche qui si nascondono servizi di piatti e bicchieri che si e no si vedevano a natale, alcuni calici "griffati" di varie bevande che si servivano nel bar ma la sezione più pittoresca rimane quella perpendicolare al tv, che precedentemente abbiamo battezzato come Notte Eterna.
Anta ad angolo, che si apre piegandosi su se stessa rivelando due mensole dalla conformazione quasi simile ad una casa delle bambole. Mancava solo una piccola scala per rendere comunicanti primo piano e piano terra. Videocassette, nastri vergini, palette di trucchi, altre collane e gioiellini fra bigiotteria e non sono solo alcuni dei generi che si possono trovare all'interno. E, come sotto, un infinita oscurità.
"Putèl, andom?"
Le parole di mio nonno che mi chiama per andare con loro,
spengo il gbc dopo aver segnato la password e inizio a fantasticare su cosa troverò poi nel Basement, del quale ho visto solo la schermata di selezione del livello.[continua nei commenti]
#racconti#flusso di coscienza#immagini tumblr#images and words#images#raccontare#in memoriam#memoriaspoeticas
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Renzo Mongiardino Architettura da Camera
a cura di Francesca Simone
Officina Libraria, Roma 2022, 224 pagine, 21x24cm, ISBN 978-88-3367-194-9
euro 38,00
email if you want to buy [email protected]
Pubblicato nel 1993 da Rizzoli, Architettura da camera si può considerare un classico dell’architettura di interni. A lungo esaurito, viene ora riproposto in una nuova edizione, curata dalla nipote di Mongiardino, Francesca Simone, che mantiene il testo originale ma modifica in parte l’apparato iconografico e la veste grafica per renderli più aderenti al testo. Laureatosi con Gio Ponti nel 1942, dagli inizi degli anni Cinquanta si afferma come architetto realizzando alcune delle case più affascinanti della seconda metà del XX secolo, destinate ad una clientela internazionale e prestigiosa di colti collezionisti e grandi imprenditori tra cui Thyssen, Onassis, Agnelli, Safra, Zanussi, Valentino, Versace, Rothschild e Hearst. Contemporaneamente porta avanti la sua attività di scenografo per il teatro e per il cinema lavorando con Franco Zeffirelli, Peter Hall, Giancarlo Menotti, Raymond Rouleau. Architettura da camera si articola in una serie di lezioni-racconto volte a spiegare metodo e canoni della sua architettura di interni. Riccamente illustrati con riferimenti storici e a dimore realizzate da Mongiardino, i capitoli affrontano ciascuno uno specifico problema (la stanza troppo alta, la stanza lunga) o una questione di gusto, per esempio quello per le rovine, per mostrare come risolverlo prima da un punto vista spaziale e di proporzioni e poi attraverso la minuziosa progettazione di ogni dettaglio, eseguiti dai fedeli artigiani che collaborarono con lui per tutta la sua carriera. Abilissimo creatore di spazi spettacolari, Mongiardino ha saputo accostare oggetti comuni e di antiquariato in un gioco magistrale di tessuti preziosi o dipinti, pannelli scolpiti e non e una gamma di trompe-l’oeil grazie ai quali otteneva capolavori con materiali poveri. Lo “stile Mongiardino” è ormai divenuto leggendario tanto da meritare continue pubblicazioni sulle più importanti riviste di architettura e interni, ma anche su quelle di larghissima circolazione, come il magazine del «New York Times», oltre a numerosi libri.
15/11/24
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da quanto ne so, chi ha voglia di studiare, di solito, si siede davanti a un libro e studia. evito discorsi sull'adhd e territori adiacenti: non è quello a cui mi riferisco. fintanto mi limito a leggere libri e riviste per diletto, mi pare di assimilare ogni concetto; sono in grado di leggere un articolo di giornale, un paragrafo di un libro e spiegare abbastanza bene cosa vi è riportato. nel momento in cui l'attività si direziona verso un approccio didattico, finalizzato a un esame, si presentano un vuoto nella comprensione e una serie di insicurezze: leggo e rileggo; inizialmente credo di aver capito ma poi nell'esposizione mentale mi forzo a ripetere doverosamente ogni riga o quasi del paragrafo, che inevitabilmente mi porta a ritenere fallacea la mia immagazzinazione del testo e da lì: credevo di avere capito, ma se così non fosse? non è che ci sono significati sfuggevoli in quel che ho letto, un substrato di informazioni? perché non sento la scintilla della comprensione, un eureka! permeo di sensazione fisica, un bagliore cerebrale nel leggere un testo? non è che forse non ho capito nulla? cosa significa capire un testo? che so spiegarlo a parole mie? perché non sono capace di esprimermi con parole mie su ogni argomento che mi interessa? non è che faccio così anche per i libri, per i saggi, per le riviste che leggo? che non capisco niente e faccio finta? di fronte a un esperto, sarei in gado di reggere un confronto verbale? inizio dunque a fissare il testo, a rileggere le parole, concentrandomi su ogni frase che, dopo un po', inizia a perdere di significato, chiedendomi se tra una lettera e l'altra magari si cela, magari riesco a trovare una nuova chiave di lettura
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Perché C'è ancora domani non è un film femminista, a mio parere (mentre Barbie invece sì)
Ho temporeggiato per vedere C'è ancora domani perché tutte e tutti ne hanno parlato come di un film bellissimo e “femminista”. E quando sento gli uomini usare l'aggettivo femminista come una caratteristica positiva i miei sensi di femminista formicolano. E a ragione. Il film parla di una donna, Delia, sposata con un uomo, Ivano. Il film è la rappresentazione didascalica e anche pedissequa del maschilismo più becero, violento e, soprattutto, riconoscibile. Talmente riconoscibile che qualsiasi uomo può guardare a quel modello di maschilista e prenderne tranquillamente le distanze. Peccato che il modello rappresentato dal personaggio di Ivano sia solo l'1% del patriarcato, quello che abusa fisicamente, verbalmente, economicamente, sessualmente. Ma Ivano è solo la punta dell'iceberg e il film ignora totalmente tutti quei piccoli, apparentemente innocui, atteggiamenti che costituiscono la base sommersa su cui il marito violento trova la cultura che lo cresce e lo protegge. Ogni uomo che abbia visto C'è ancora domani può tranquillamente dire “io non sono come Ivano quindi non sono parte del patriarcato. Pertanto il problema non mi tocca”. Purtroppo la questione è che questo film non mette in scena tutte gli atteggiamenti con cui ogni uomo si può rendere parte del problema. Non si vede il catcalling, gli apprezzamenti invadenti e non richiesti, le battute sessiste, il paternalismo benevolo, le riviste, i film, i cartelli pubblicitari tappezzati di corpi femminili più o meno vestiti... tutto questo fa parte del patriarcato e ogni uomo (e anche qualche donna) lo porta avanti senza rendersi conto che anche questo è maschilismo, anche questo è patriarcato. Ma questo film non punta il dito contro questi atteggiamenti che appartengono ad ogni uomo (chi più chi meno), non fa quest'opera di denuncia. Il patriarcato è rappresentato come bianco o nero (letteralmente) perciò o sei come Ivano oppure sei una brava persona.
Dopo averlo visto ho capito perché tanti uomini hanno dichiarato questo film femminista. È il femminismo che piace a loro, quello che li rassicura, che gli dice che loro no, loro sono bravi ragazzi, non stanno facendo niente di male, non hanno bisogno di rivedere i loro comportamenti, le loro parole e i comportamenti e le parole degli altri uomini che frequentano.
A differenza di Barbie. Barbie presenta il patriarcato in maniera apparentemente più chiara a didascalica, ma in realtà Barbie presenta il patriarcato nelle sue sfumature più subdole, più sottili e, quindi, meno facilmente riconoscibili. In tutto il film nessun Ken alza mai le mani su una Barbie, nessun Ken offende una Barbie, nessun Ken fa catcalling o molesta sessualmente una Barbie. Quello che fanno i Ken è togliere alle Barbie ogni loro ambizione, ogni loro sogno, la loro identità. Per farne degli oggetti da possedere ed esibire e di cui disporre a loro piacimento. Un'azione terribile, innegabilmente, e la cosa che ha scatenato le ire di (quasi) ogni uomo è che quest'azione terribile non è stata operata da un burino in canotta, ma da quello che potrebbe essere definito il classico bravo ragazzo. Ken è il prototipo di giovanotto di belle speranze che, in fondo, non ha fatto niente di male, no?! Ken è il personaggio in cui ogni uomo si identifica ma quando si vede rappresentato in tutto il male che fa a Barbie ecco che, anziché cogliere l'occasione per una riflessione e una sana autocritica, il maschio medio si butta per terra a piangere e urlare che “questo non è femminismo, il femminismo è quello che mi dice che io sono bravo e bello e buono”.
In conclusione C'è ancora domani è un film contro il patriarcato? Certo che sì, ma contro una percentuale minima del patriarcato. Quella frazione che è la più evidente e la più facilmente condannabile. C'è ancora domani è un film femminista? A mio parere no. Il film non è scomodo, non fa nascere una discussione, non critica la società. La protagonista non fa niente per contrastare questo status quo e l'unica cosa che fa alla fine del film non è merito suo. È un diritto per cui lei non ha lottato e lo ha esercitato in segreto, in silenzio, per non urtare la sensibilità del patriarcato. Mentre invece vorresti dirmi che Barbie è un film femminista?! Sì, perché racconta il patriarcato come un potere strisciante, che penalizza entrambi i generi (anche se in modo molto diverso), che viene esercitato da ogni singolo uomo, anche quelli “bravi”. Non a caso Barbie ha fatto arrabbiare molti maschi medi che ancora oggi ne parlano come di un film sciocco, innocuo. Ma come si spiega che un film così insignificante faccia ancora arrabbiare tanti maschi dopo tanto tempo?
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MARCO BELLOCCHIO: “RAPITO”
A leggere le recensioni di "Rapito" il bel film di Marco Bellocchio, sembrerebbe trattarsi di un film eminentemente storico ed effettivamente di questo si tratta. L'episodio raccontato risale al 1858 e a quei tempi Bologna era ancora sotto il dominio del Papa-Re, Pio IX, quando il piccolo Edgardo Mortara, di famiglia ebraica, viene segretamente battezzato dalla donna di servizio che, fraintendendo e pensandolo in fin di vita, decide di sottrarlo al limbo, a cui erano destinate le anime non battezzate ( e tali erano anche considerati gli ebrei). Venuto misteriosamente a conoscenza del fatto, il Papa decide di far prelevare il piccolo e, grazie all’intervento del braccio armato della Chiesa, la Santa Inquisizione, viene strappato alla famiglia d’origine per imporgli una vita di fede cristiana. La vicenda, realmente accaduta, è certamente significativa dell'esercizio del potere da parte della Chiesa in quegli anni, ma come avvisa lo stesso Bellocchio, "È un film, non è né un libro di storia o di filosofia, né una tesi ideologica" ed è quindi evidente che si tratti del racconto di una vicenda e non certo di una lezione sulla Storia della Chiesa (e del suo potere temporale). Ma c'è di più (o, almeno c'è dell'altro). "Rapito" è un grande film di "segni". Si tratta forse di un aspetto secondario dell'opera, ma visto che giornali e riviste specializzati, puntano tutto sul racconto storico e sui giudizi che si possono dare su una simile assurda vicenda, vale la pena considerare anche questo aspetto, niente affatto trascurabile. Già dal principio a dare fuoco alle polveri è un segno: la fantesca vede i genitori del piccolo Edgardo recitare una preghiera davanti alla culla del bambino e da quel "segno" deriva una convinzione, cioè che il bambino sia malato. Non per tirarla troppo per le lunghe, ma come affermato da teorie semiotiche, é il caso di ricordare che un "segno" per funzionare ha bisogno di un "emettitore" e poi di un "ricettore" che, tramite un "messaggio", riceve una informazione. Tutto questo però non può avvenire senza un "contesto". E nel nostro caso il punto è proprio questo contesto, formato da un substrato di pregiudizi millenari contro gli ebrei e, in generale, contro le culture, le fedi, le idee non omologate. In fondo le fedi sono fatte anche di segni esteriori forti. Edgardo già adulto, nel corso della sua durissima "rieducazione", per punizione verrà obbligato dal Papa a tracciare con la lingua tre croci per terra, in una scena tra le più drammatiche del film. Gli ebrei si differenziano alla vista, proprio grazie ai segni: la piccola Mezuzah data dalla madre al piccolo Edgardo, lo "Shema Israel", così come la Kippah che ricopre il capo degli ebrei. Tutto questo nel film è ben evidenziato poiché, poi in fin dei conti le due grandi religioni, quella cristiana e quella ebraica hanno più punti di unione che punti di divisione, a cominciare dal fatto, e non è cosa da poco, che pregano lo stesso Dio. Il fim di Bellocchio è ben ambientato, prima in una lugubre Bologna e poi in una altrettanto inquietante Roma che ben rispecchiano la realtà di quei tempi difficili (ammesso che ne esistano di facili). Alla cacciata di Pio IX, a seguito della breccia di Porta Pia nel 1870 Edgardo Mortara, ormai sacerdote, inveirà contro il fratello, (arruolato nelle truppe sabaude e appena entrate in Roma) che cerca di convincerlo a tornare a casa. Una storia difficile da raccontare che non ha scoraggiato il coraggioso Marco Bellocchio che ne ha fatto un film non manicheo, molto originale e di grande bellezza.
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Portariviste Inquadro https://www.design-miss.com/portariviste-inquadro/ #Inquadro è il #portariviste dalle linee #semplici ed essenziali che esaltano sia l’oggetto che il contenuto.
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Donne con il foulard
Ultimamente per motivi strettamente personali, ho scoperto che esistono dei luoghi nel mondo in cui incontri delle donne che portano un foulard sulla testa.
Io ne conosco uno.
E' una stanza uguale a tante altre con file di sedie grigie, un corridoio che porta fuori e una grande finestra che si apre sul parcheggio della struttura.
I rumori di fondo che giungono dall'esterno sono sempre uguali, mentre uomini e donne si alzano silenziosi quando è il loro turno e altri uomini e altre donne arrivano e prendono il loro posto sulla sedia.
Sulle pareti asettiche dipinte di bianco solo qualche disegno appeso ai muri fatto da qualche bambino passato nel tempo li dentro cerca di dare colore alla stanza e di regalare all'ambiente un po' di vita.
E' li che incontri le donne con il foulard.
Sono donne di ogni età, di ogni razza e religione.
Le ho viste dentro quella stanza, dove il confine tra speranza e rassegnazione è così sottile da spezzarsi se solo arriva un leggero soffio di vento, un posto dove i sogni e le attese si trasformano in realtà e qualche volta in un pianto.
Le ho viste sedute senza differenze tra una e l'altra, in cui una donna riconosce se stessa negli occhi delle altre, nelle stesse storie e nelle stesse lacrime, al di la di ogni traguardo a cui le ha portate la vita.
Sono le donne con il foulard.
E sono bellissime.
Ascolto le loro parole, il loro trattenere la disperazione, portando con dignità profonda ogni graffio che nel tempo ha violato il loro corpo e che tenta in ogni istante di spezzarle e di averla vinta su di loro.
Ogni loro respiro è un soffio di vita trattenuta con i denti, ogni loro sguardo è una sfida vissuta con un doppio salto del cuore.
Sono donne in agguato con negli occhi la speranza che ci sarà ancora un domani da cui farsi attraversare e con nel cuore la forza di una tigre ferita e quella incredibile voglia di difendere l'unica cosa per cui vale sempre la pena di lottare
A volte vincono, a volte qualcuna di loro perde.
Le donne con il foulard non si sentono mai sconfitte, non si sentono mai vinte e non abbassano mai gli occhi, non più.
Spesso hanno dei figli, qualche volta un marito, un compagno, una persona cara che tiene loro la mano ed il cuore quando da solo non ce la fa.
Qualcuna la vedi da sola nell'attesa di qualcosa, qualcuna legge riviste che fra mezzora non ricorderà più, qualcun'altra tiene gli occhi chiusi per l'attesa o per la fatica.
Le donne con il foulard sono di una bellezza che ti brucia dentro e che fa male per chi le sa guardare e sa andare dietro al terrore che le attraversa e copre la loro anima.
Sono le donne con il foulard in testa.
E sono bellissime.
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