#poesia e resistenza
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pier-carlo-universe · 5 days ago
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Erri De Luca: La poesia della vita e della resistenza. Una voce potente tra memoria, impegno e spiritualità. Recensione di Alessandria today
Erri De Luca nasce il 20 maggio 1950 a Napoli, città che segnerà profondamente il suo immaginario e la sua scrittura.
Biografia dell’autore. Erri De Luca nasce il 20 maggio 1950 a Napoli, città che segnerà profondamente il suo immaginario e la sua scrittura. Durante gli anni Settanta, si unisce a Lotta Continua, partecipando attivamente alla stagione delle lotte operaie. Dopo lo scioglimento del movimento, lascia la politica attiva e intraprende lavori manuali, come operaio e muratore, esperienze che…
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francesco-nigri · 20 days ago
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La Declamazione Poetica
La Declamazione Poetica: Arte, Tecnica e Impatto Emotivo La declamazione poetica è una pratica antica e nobile, che fonde l’arte della parola con l’espressione corporea e vocale. Si distingue dalla semplice lettura perché implica un’interpretazione emotiva e performativa del testo poetico, trasformandolo in un’esperienza sensoriale e comunicativa più intensa. Questa pratica ha attraversato i…
#allitterazioni assonanze per creare effetti sonori coinvolgenti#assimilazione significato dei versi#attraverso voce e corpo declamatore rende testo vivo#avvendto della stampa poesia sempre più verso la scrittura#combinare voce immagini suoni#connessione autentica tra esseri umani#considerare non solo significato delle parole ma anche suono musicalità impatto performativo#corretta gestione respiro controllo ritmo emissione vocale#declamazione come riscoperta della poesia#declamazione efficace suscita emozioni#declamazione poetica arte che richiede consapevolezza testo ritmo voce corpo#declamazione poetica arte che unisce parola voce corpo in esperienza emotiva comunicativa unica#declamazione poetica atto di resistenza e bellezza#declamazione poetica autentica coinvolgente#declamazione poetica contesti culturali artistici#declamazione poetica emozione elemento chiave#declamazione poetica esperienza sensoriale comunicativa più intensa#declamazione poetica espressione corporea#declamazione poetica fisicità#declamazione poetica forma di espressione viva significativa#declamazione poetica implica interpretazione emotiva performativa del testo poetico#declamazione poetica nella letteratuta orale nella performance teatrale poetry slam#declamazione poetica non semplice lettura ad alta voce#declamazione poetica non semplice lettura ad alta voce ma arte che richiede consapevolezza del testo ritmo voce corpo#declamazione poetica non solo recitazione ma atto performativo che coinvolgeva pubblico emotivamente intellettualmente#declamazione poetica nuove forme di comunicazione#declamazione poetica ponte tra poeta e pubblico#declamazione poetica pratica antica nobile#declamazione poetica si distingue dalla semplice lettura#declamazione poetica voce ritmo timbro intensità
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empito · 8 days ago
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La bellezza autentica non si misura in anni o nei frizzanti sorrisi dell’adolescenza, ma in quel momento sublime in cui una donna abbraccia la totalità del suo essere. È il viaggio silenzioso verso un’intimità profonda, dove ogni esperienza, ogni cicatrice e ogni trionfo si fondono in una luce interiore che nessun giudizio altrui può oscurare. Immagina una donna che, come un ruscello limpido, ha attraversato i sentieri incerti della vita. Lontana dalle illusioni di approvazione e conformità, ha imparato a riconoscere che il vero splendore nasce dalla consapevolezza del proprio valore. Con passo deciso, essa abbandona la continua ricerca di approvazione e si dedica, invece, alla cura del proprio benessere. In questo momento di catarsi, la sua anima si apre come un fiore al mattino, timida eppure fiera, pronta a irradiare dentro e fuori di sé una luce che non teme l’ombra dei giudizi altrui. Ogni esperienza, anche quelle più dolorose, diventa un mattone nella solida fortezza della sua autostima. È in questo risveglio interiore che si cela la potenza dell’essere donna: un fascino che travalica l’effimero e che si esprime nella serenità del proprio sguardo e nella dolcezza del cuore. Non si tratta di rinunciare alle emozioni, ma di imparare a custodirle e a trasformarle in forza, in arte, in poesia quotidiana. La donna che scopre il proprio valore smette di cercare la conferma esterna, perché ha compreso che il vero incanto risiede nell’amarsi senza riserve. In ogni gesto autentico, in ogni sorriso sincero, si racconta una storia di resistenza, un inno silenzioso alla libertà interiore. Così la bellezza non si definisce mai con una cifra o un tempo preciso, ma si scopre nell’intensità del vivere, nell’arte di essere fedeli a se stesse. È l’epoca in cui ogni donna diventa regina del proprio regno interiore, capace di illuminare il mondo con la luce ineguagliabile della sua verità.
Empito
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greenbor · 3 months ago
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Poesia di https://www.tumblr.com/scorcidipoesia
Ho nostalgia di me. Delle speranze che come farfalle mi volteggiavano intorno. In questo tempo anche il mio corpo si è consumato, stancato, è invecchiato. Portando con se’ l’esuberanza della giovinezza e quell’ambire alla passione che ricuciva le situazioni o appagava i sensi illudendomi che quella fosse la felicità. Questo tempo mi ha sgualcita e ridotta all’osso. Il tempo mi ha mostrato la vita e gli altri per come sono, non ho più usato gli occhiali da miope per riuscire a capire le situazioni. Adesso so che il per sempre non esiste. Che le famiglie perfette non esistono. Che l’amore è frutto di un solo tempo e dopo c’è un sentimento che sembra una unione ma si è come spezzati dalla vita che c’è stata prima. Nessuno si illuda di ricominciare : non si ricomincia mai, si continua coi propri bagagli e si procede cambiati come verso una resistenza. Si resiste per vivere.
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carmenvicinanza · 5 months ago
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Fiona Apple
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Fiona Apple, pianista, compositrice e cantautrice è tra le artiste più interessanti della sua generazione.
Tra i tanti premi e nomination ricevute, spiccano tre Grammy e due MTV Video Music Award.
Nel 2023 la rivista Rolling Stones l’ha inclusa tra le 200 cantanti più brave di tutti i tempi.
Ha composto ballate con liriche drammatiche e intimiste che testimoniano la sua personalità tormentata e i problemi psicologici cominciati dalla violenza sessuale subita a dodici anni da uno sconosciuto, nel garage di casa.
All’anagrafe Fiona Apple McAfee-Maggart, è nata a New York il 13 settembre 1977, dall’unione tra Brandon Maggart e Diane McAfee, entrambi attori che si sono separati quando lei era ancora molto piccola.
A otto anni ha iniziato a suonare il piano e a undici ha scritto la sua prima canzone.
La sua ascesa artistica è iniziata quando, nel 1994, un’amica ha fatto ascoltare una sua cassetta a Kathryn Schenker (che ha prodotto anche Sting e Smashing Pumpkins), per la quale lavorava come babysitter, che le ha subito procurato un contratto con la Sony.
Ha esordito a soli diciotto anni con Tidal del 1996, disco di platino che ha venduto oltre tre milioni di copie solo negli Stati Uniti e con cui ha partecipato al primo festival tutto al femminile della storia, il celebre Lilith Fair. L’album ha riscosso subito un grande successo di pubblico e di critica e le ha portato il primo Grammy Award nella categoria Best New Artist in a Video per il brano Criminal.
Il suo carattere difficile e la resistenza ad accettare le leggi dello star system che la voleva sex-symbol a tutti i costi, mal si adeguavano alle sue ambizioni artistiche. Nel 1997, agli Mtv Video Music Awards, ritirando il Best New Artist Award, ha dichiarato che quel mondo faceva schifo e concluso con la frase della scrittrice Maya Angelou Go with yourself.
Nel 1999 è uscito il suo secondo album When The Pawn Hits The Conflicts He Thinks… che ha venduto oltre un milione di copie ottenendo il disco d’oro e portandole ulteriori candidature ai Grammy. Il disco è entrato nel Guinness dei Primati come album dal titolo più lungo mai entrato nelle classifiche statunitensi, è infatti, una poesia di 90 parole.
Tra i vari progetti collaterali, nel 1998 ha contribuito anche alla realizzazione della colonna sonora del film Pleasantville interpretando Across the Universe dei Beatles.
Il terzo album di inediti, Extraordinary Machine, è uscito nel 2005, portandole il disco d’oro, una candidatura ai Grammy e molte recensioni positive dalla critica. La casa discografica ne aveva bloccato l’uscita ritenendolo poco vendibile, allora venne distribuito in rete, tanto da mobilitare i suoi fans in una raccolta di firme e coniare lo slogan “FreeFiona!
Nel 2006 ha interpretato una cover di Sally’s song inclusa nell’edizione speciale della colonna sonora del film di Tim Burton Nightmare Before Christmas.
Nel 2011 ha partecipato all’album di cover in onore del cantante Buddy Holly, Rave on Buddy Holly, interpretando il famoso brano Everyday.
Nel 2012 ha pubblicato il quarto album, un altro titolo lunghissimo, The Idler Wheel Is Wiser Than the Driver of the Screw and Whipping Cords Will Serve You More Than Ropes Will Ever Do, svettato subito alla terza posizione della classifica statunitense.
Dopo quasi otto anni di parziale assenza dalle scene musicali, nel 2020, ha pubblicato Fetch the Bolt Cutters, interamente registrato a casa sua, che è stato uno degli album maggiormente acclamati nella storia della musica, vincitore del Grammy Award al miglior album di musica alternativa nel 2021.
Fiona Apple ha iniziato come una tenera e languida cantautrice di storie intrise d’angoscia e malinconia, in eterna lotta con il music business, con un carattere difficile e ribelle che l’ha portata a porsi contro chi voleva affibbiarle etichette di bella, sexy e ricca. Oggi è un’artista che non ha dimenticato nulla, che ha imparato a convivere col caos dei suoi sentimenti, pronta ad accusare in pieno ogni nuova ferita. E ad apprezzarne morbosamente le ripercussioni.
Tra uscite di scena, silenzi infiniti e improvvisi ritorni, la sua carriera è un grande gioco di magia che continua a lasciarsi dietro applausi e commozione. Prosegue così come vuole lei, coi suoi tempi e la sua libertà.
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cartacei · 11 months ago
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qui è quando io e Venera ci guardiamo dopo aver letto le poesie di Jolanda Insana in un mercato sperimentale e durante l’evento della giornata mondiale della poesia. negli ultimi nove anni mi hanno fatto veramente un sacco di foto, per tantissimi motivi differenti, ma questa di Giulia fa un’eco di resistenza e resilienza straordinaria.
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occhietti · 2 years ago
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Avevi capito che la crescita dell'uomo non è solo organica come quella di una rosa, ma interiore: conosce salti, risvegli, accelerazioni.
Il senso della vita è il compimento e il compimento è un processo che conosce lotte, cadute, battute d'arresto, come sa ogni scultore che nella materia trova la resistenza necessaria a dare vita alla sua intuizione.
Gioia e dolore, insieme, piangono con le stesse lacrime, l'essenza dell'essere uomini. Occhi celesti aperti sul mondo e quindi anche sulle sue ferite, che si nascondono solo a sguardi superficiali.
Tu sapevi quanto un dolore, un amore, un sogno, una lettura possano accelerare un uomo, destarlo e restituirlo a se stesso con maggiore pienezza.
Non rinunciare mai alla poesia, anche quando sembra che la vita mantenesse le sue promesse, è l'atto d'amore più grande che tu abbia compiuto.
- Alessandro d’Avenia, L'arte di essere fragili
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maurosempre · 1 year ago
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Avere memoria perché...perché non ci siano più Auschwitz, perché non ci siano Gaza...
Perché ricordare è un dovere che non possiamo disperdere, che non possiamo non trasmettere ai nostri figli, ai nostri nipoti.
Erri De Luca:
"Ho imparato lo yiddish per arrivare al Canto.
...Traduco il Canto perché è il canto dei canti, il vertice in poesia dell’esperienza della distruzione.
...Nel Canto c’è la vita feroce che vuole resistere con parole proprie e sceglie per resistenza la poesia”.
...da "Il Canto del popolo yiddish messo a morte"
(Itzhak Katzenelson)
CANTA
Canta, prendi l’arpa nella tua mano vuota, svuotata e lieve,
sulle sue corde magre getta le tue dita dure,
come cuori in pena, l’ultimo dei canti,
canto degli ultimi yidn sul suolo d’Europa.
Come faccio a cantare? Come aprire la bocca
se sono rimasto io solo solamente?
Mia moglie, i miei due cuccioli, orrendo
un orrore mi scuote, piangere, da lontano sento piangere.
Canta, canta, solleva in alto la tua voce di pena e di rovina.
Cerca, cercalo lassù da qualche parte, se ancora ci sta.
E cantagli, canta per lui l’ultimo canto dell’ultimo degli yidin,
vissuto, morto, non sepolto e nient’altro.
Come faccio a cantare? Come posso levare la testa?
Mia moglie portata via, il mio Bentzi e Yomele,
piccolino,
non li ho più e non mi lasciano mai.
Ombre scure dei miei luminosi, ombre gelate e cieche.
Canta, canta un’ultima volta ancora sulla terra, getta
la testa indietro, rovescia gli occhi pesanti su di lui
e canta per l’ultima volta, suona per lui sull’arpa.
Non ce n’è più di yidn. Messi a morte
non ce ne sono più.
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lucianopagano · 15 days ago
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Roberto Roversi, Giovanni Raboni, due raccolte di versi per raccontare la Storia.
«Versi guerrieri e amorosi» (Einaudi, 1990) di Giovanni Raboni, e «Dopo Campoformio» (Einaudi, 1965) di Roberto Roversi, sono due raccolte che in modo diverso si rapportano alla storia, trasfigurando – la prima – episodi personali, e utilizzando un approccio materialista per evocare episodi collettivi – la seconda.
«Dopo Campoformio» (scritto tra il 1955-1960 a eccezione della poesia dedicata al Vajont) è un racconto in versi dalla pianura del Po, tra il Dopoguerra e gli anni Sessanta. È il paesaggio, con la natura, il duro lavoro dei campi, l’argomento principale. Le specie vegetali, le specie animali della vita campagnola, il cane, l’asino. La durezza della vita nei campi. L’inizio di un sottile cambiamento sociale, con un passaggio di testimone tra generazioni. L’anelito è storico, Treblinka, Hiroshima. Roberto Roversi scrive da un paesaggio, il suo, emiliano, degli anni Sessanta, di coloro che durante la seconda guerra mondiale erano bambini e adesso hanno venti anni, e hanno vissuto da vicino l’atrocità della guerra.
«Dopo Campoformio» è la cifra stilistica (Stefano Giovanardi) più equilibrata e riuscita, nell’arco spazio-temporale, almeno fino a metà anni Novanta, di Roberto Roversi.
L’autore in «Dopo Campoformio» segue tre attitudini che mutano nel corso della lettura, in una raccolta dall’ideale andatura poematica. La prima parte è storica, più storica e meno cronachistica, il linguaggio è più aderente alla visione e meno alla poesia. Nella parte centrale (sia per le assonanze interne, che per il metro, spesso tradizionale) è come se Roversi prendesse consapevolezza del discorso poetico entro il quale ci si deve muovere, pur raccontando la storia recente: è come se nella parte centrale della raccolta la poesia sia preponderante. La parte conclusiva, appena prima di «La bomba di Hiroshima», si avvia verso un finale di cronaca, dedicato al Vajont, volutamente confuso, «Iconografia ufficiale» perché riprende, trasmettendo la concitazione del momento e il susseguirsi di notizie, il narrato giornalistico dei fatti del 9 ottobre 1963. A una partenza, un abbrivio quasi epico e evocativo del passaggio dalla fine della guerra all’epoca contemporanea, segue una parte più didascalica, anche se questo aggettivo in poesia ha un’accezione così negativa che andrebbe revisionata, più che di “didascalia” si potrebbe parlare di “racconto in versi”. La parte finale si trasforma lentamente in una presa d’atto fotografica del reale. Gli echi poetici colgono nel Novecento storico, con “terre desolate”, “bosco sacro”, “lume spento”, facendo pensare che sull’asse Eliot-Pound si possa cogliere anche quell’ispirazione al «montaggio» della fabbrica poetica; d’altro canto “lo spedale”, “gli unguenti”, “le umane genti dissidenti”, sono piccole forme di resistenza a un lessico, che lascia poi il passo alla sperimentazione, con riferimenti, citazioni nascoste, passaggi anche metricamente e consapevolmente tradizionali. 
Ci si può costruire un epos della terra, un nostos? I titoli delle sezioni dedicate al paesaggio sono per l’appunto «Una terra», «La raccolta del fieno», «Pianura padana», vicini come sensibilità alla poetica di Attilio Bertolucci, per citare un esempio analogo per longitudini e latitudini, anche se qui si tratta del vero e proprio romanzo in versi, «La camera da letto» dove Bertolucci mette il luogo e la storia individuali al centro, mentre «Dopo Campoformio» mette la Storia al centro, in un luogo meta-storico che viene creato per farvi agire la scrittura. Dopo sessanta anni il risultato, che conserva uno sperimentalismo vivido, non proviene da una tradizione, né la crea, essendo debitore di un’atmosfera da messa in discussione della storia, cantiere aperto, tipica del periodo a ridosso e finalmente fuori dal secondo conflitto mondiale. Gli anni Sessanta con gli ex-fascisti scampati all’epurazione post-bellica che erano stati reinseriti nell’Italia Repubblicana, doveva essere difficile da esperire e digerire.
Roberto Roversi, nella nota che accompagna i testi in coda al volume, cita il preciso momento storico in cui sono nate queste poesie: «Scritte tra il 1955 e il 1960 (tranne l’ultima che è un montaggio), le composizioni che qui si ripresentano, dopo una diversa edizione, hanno una collocazione dentro a un tempo ben preciso in cui vogliono e devono confondersi e riconoscersi (dai fatti d’Ungheria all’esplosione di Krusciov); e in cui trovano i rimandi e i riscontri necessari per l’intelligenza delle cose dette o solamente accennate con arguzia (spesso con un autentico dolore intellettuale). In quel tempo imprevedibile e caotico nel senso del nuovo che cominciava, si collocano; e con questo tempo affatto remoto (e i suoi atti e i suoi fatti) amano misurarsi e scontrarsi». 
«Dopo Campoformio», cioè, nasce da una frattura storica, da un dialogo col presente, da una critica sia costruttiva che decostruttiva dei fatti, da una presa di posizione con la politica. Sta qui il senso del rapporto tra il poeta e la realtà, un senso che oggi sarebbe sempre più auspicabile in poesia.
«Versi guerrieri e amorosi» di Giovanni Raboni, contiene, nella sua prima sezione, poesie in cui viene evocata con realismo e crudezza l’atmosfera quotidiana in cui si viveva durante la seconda guerra mondiale. Raboni allora aveva tra gli otto e i dodici/tredici anni, mescola i ricordi personali a quelli di chi viveva la stessa situazione. Sono poesie che aspirano visivamente a una forma chiusa, scritte da un uomo che ha superato i cinquanta anni, e che si confronta con una lingua “altra” (solo con due ‘incursioni’ esterne, “audio”, “superfuturo”), un gergo proveniente dal passato. La guerra è tutta qui, nel suo orrore, nella spietatezza che viene trasfigurata dallo sguardo poetico «Non stava a noi risolvere / il rebus della cena / scaraventando in scena / le sostitute povere // delle pietanze a poca / luce d’acetilene / o abbreviando le pene / gutturali dell’oca // ma essere personaggi / di quella storia, perdere / proprio quella partita // quando per contumacia / di te s’era smarrita / in un forno la vita». 
Se l’atteggiamento di Roversi nei confronti della storia è quello del cronista, il Raboni dei «versi guerrieri» si fa reduce e sopravvissuto, e descrive in prima persona gli stati d’animo e gli episodi della quotidianità in guerra. La trasfigurazione che realizza grazie all’utilizzo di una forma tradizionale affida la storia alla poesia e, a distanza di trentacinque anni leggiamo un diario poetico che però non ha nessuno dei difetti stilistici e delle scadenze (non “scansioni”) temporali del diarismo. All’inizio della raccolta una citazione di Goethe: «Bisogna confessare che ogni poesia converte i soggetti che tratta in anacronismi» – non in “astoricismi” – ci mette in guardia sul fatto che il lirismo è la chiave d���accesso per una realtà che, descritta, cessa di essere immediatamente sé stessa per divenire simbolo, di tutte le guerre, di tutti gli amori, di tutte le persecuzioni, in un anelito del quale l’individuo non cessa di importare alla storia bensì termina nella poesia una parabola egoica e si abbandona a un flusso di fatti. Una poesia che ci racconta di tutti, ma che sarebbe impossibilitata a farlo se non fosse racconto di uno; non si tratta comunque di cronaca ed è molto più “dantesca” rispetto alla “storiografia poetica” di «Dopo Campoformio».
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Quello che emerge dai «Versi guerrieri e amorosi» di Giovanni Raboni è un sentimento che la forma rigorosa non trattiene né nasconde, anzi, sembra quasi che il rigore formale coincida con l’umana dignità, e sia l’unica cosa capace di trattenerci dal pianto.
Luciano Pagano
(in foto Giovanni Raboni, Roberto Roversi, fonte Wikipedia)
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southbendtrees · 4 months ago
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Creare un Giardino Unico con Piante Esclusive: Bonsai Ficus Ginseng, Kokedama, Bougainvillea e Verde Stabilizzato
Nel mondo del giardinaggio e della decorazione d'interni, le piante giocano un ruolo fondamentale nel creare ambienti accoglienti e naturali. Se gestisci uno spazio verde, un balcone o vuoi semplicemente decorare gli interni della tua casa, I Giardini di Giulia offre una selezione di piante uniche che possono trasformare il tuo ambiente in un'oasi di tranquillità e bellezza. Tra le piante più apprezzate ci sono il Bonsai Ficus Ginseng in vaso Bagua, i kokedama, la Bougainvillea e il verde stabilizzato con muschio e licheni stabilizzati. In questo articolo esploreremo le caratteristiche di queste meravigliose piante e come possono valorizzare i tuoi spazi.
Bonsai Ficus Ginseng in Vaso Bagua: Un Capolavoro di Natura
Il bonsai è una forma d’arte vivente che ha origine in Giappone e che richiede attenzione e cura per mantenerne la forma miniaturizzata. Il Bonsai Ficus Ginseng in vaso Bagua è una delle varietà più amate e diffuse per chi desidera avere un bonsai a casa propria. Questo bonsai è caratterizzato da radici aeree ben sviluppate e un tronco spesso, che gli conferiscono un aspetto robusto e imponente nonostante le sue dimensioni ridotte. Il vaso Bagua, spesso associato ai principi del Feng Shui, aggiunge un ulteriore elemento di equilibrio ed energia positiva agli spazi. bougainvillea la pianta colorata che trasforma il tuo giardino in unoasi mediterranea
Il Ficus Ginseng è molto apprezzato per la sua resistenza e facilità di cura, rendendolo perfetto anche per chi si avvicina per la prima volta al mondo dei bonsai. Richiede una posizione luminosa, ma lontano dai raggi diretti del sole, e deve essere annaffiato regolarmente, mantenendo il terreno umido ma non inzuppato. Grazie alla sua estetica raffinata, è l’aggiunta ideale per un salotto, un ufficio o qualsiasi ambiente che necessiti di un tocco di verde. Acquistare un Bonsai Ficus Ginseng in vaso Bagua su I Giardini di Giulia significa portare a casa un pezzo di natura che dona serenità e armonia.
Kokedama: La Poesia delle Piante Sospese
Il Kokedama è una tecnica giapponese di coltivazione delle piante, che si distingue per la sua semplicità ed eleganza. In italiano, kokedama significa "palla di muschio", e questo riflette esattamente la struttura della pianta: una sfera di terra avvolta nel muschio che contiene le radici, senza bisogno di un vaso tradizionale. I kokedama sono perfetti per essere appesi o esposti su un piatto decorativo, aggiungendo un tocco di originalità a qualsiasi ambiente.
I kokedama sono apprezzati non solo per la loro estetica, ma anche per il loro significato simbolico. Secondo la tradizione giapponese, rappresentano un legame diretto con la natura, portando equilibrio e pace negli spazi. A I Giardini di Giulia, offriamo una selezione di kokedama che variano per dimensioni e tipologie di piante, ognuno creato artigianalmente per garantire unicità. Che tu voglia appendere un kokedama in salotto o posizionarlo su un tavolino, queste piante sospese sono ideali per chi cerca un’idea decorativa minimalista e naturale.
Bougainvillea: La Pianta Colorata che Trasforma il Tuo Giardino
Se desideri aggiungere un tocco di colore e vivacità al tuo giardino, la Bougainvillea è la pianta perfetta per te. Originaria delle regioni tropicali e subtropicali, questa pianta rampicante è nota per i suoi fiori colorati e abbondanti, che vanno dal rosa al viola, dal rosso all'arancione. La Bougainvillea è perfetta per creare un'atmosfera mediterranea, trasformando il tuo spazio esterno in un’oasi fiorita e vibrante.
La Bougainvillea è una pianta versatile che può essere coltivata in vaso o direttamente in terra, ideale per rivestire pergolati, muretti o recinzioni. Richiede poche cure: ama il sole diretto e preferisce un terreno ben drenato. Con la sua capacità di fiorire generosamente per gran parte dell'anno, è una delle piante più spettacolari per il giardino. Acquista la tua Bougainvillea su I Giardini di Giulia e porta un angolo di Mediterraneo a casa tua.
Verde Stabilizzato: Muschio e Licheni per Decorazioni Naturali e Sostenibili
Per chi cerca soluzioni verdi che non richiedano manutenzione, il verde stabilizzato è la scelta ideale. Il muschio e i licheni stabilizzati sono piante naturali che, attraverso un processo di stabilizzazione, mantengono la loro freschezza e colore per anni senza bisogno di acqua, luce o potature. Questa tecnologia li rende perfetti per creare decorazioni murali, pareti verdi o centrotavola innovativi e sostenibili.
A I Giardini di Giulia, offriamo una vasta gamma di prodotti in verde stabilizzato, ideali per chi vuole aggiungere un tocco di natura a spazi interni come uffici, negozi o abitazioni. Il verde stabilizzato è anche una soluzione ecologica e durevole, perfetta per chi desidera un’estetica naturale senza l’onere della manutenzione. I nostri muschi e licheni stabilizzati sono disponibili in diverse tonalità e texture, permettendoti di creare combinazioni creative e personalizzate per ogni ambiente.
Perché Scegliere I Giardini di Giulia
Scegliere piante di qualità è essenziale per creare un ambiente accogliente e duraturo. I Giardini di Giulia offre una selezione di piante curate con passione, ideali sia per gli appassionati di giardinaggio che per chi desidera aggiungere un tocco di verde alla propria casa o ufficio. Acquistare piante online su I Giardini di Giulia è facile e sicuro: garantiamo spedizioni rapide in tutta Italia e un'assistenza clienti dedicata per ogni necessità. verde stabilizzato muschio e licheni stabilizzati i giardini di giulia
Sia che tu stia cercando un Bonsai Ficus Ginseng in vaso Bagua per decorare il tuo salotto, un kokedama per un tocco di originalità, una Bougainvillea per dare vita al tuo giardino o il verde stabilizzato per una decorazione sostenibile, su I Giardini di Giulia troverai sempre la pianta giusta per te.
Visita il nostro sito e scopri tutte le novità nel mondo del verde. Trasforma i tuoi spazi con piante uniche e di qualità.
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pier-carlo-universe · 5 days ago
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Nâzım Hikmet: La voce della libertà e dell’amore. Il poeta rivoluzionario che ha sfidato il destino. Recensione di Alessandria today
Nâzım Hikmet nasce il 15 gennaio 1902 a Salonicco, allora parte dell’Impero Ottomano (oggi Grecia). Fin da giovane mostra un talento straordinario per la poesia e un forte senso di giustizia sociale.
Biografia dell’autore. Nâzım Hikmet nasce il 15 gennaio 1902 a Salonicco, allora parte dell’Impero Ottomano (oggi Grecia). Fin da giovane mostra un talento straordinario per la poesia e un forte senso di giustizia sociale. Dopo gli studi a Mosca, dove entra in contatto con le idee comuniste, torna in Turchia e inizia una vita di militanza politica e lotta per la libertà di espressione. Le sue…
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londranotizie24 · 5 months ago
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adrianomaini · 7 months ago
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Angelo Oliva si vide invece attribuire il primo premio
Angelo Oliva si vide invece attribuire il primo premio https://ift.tt/D36Zefu Bordighera (IM): la sede attuale dell'Unione Culturale Democratica (Via al Mercato, 8) Angelo Oliva, premio Cinque Bettole 1961 Enzo Maiolino e Giorgio Loreti - queste pagine non possono che iniziare dai loro nomi - hanno svolto per decenni un'opera di raccolta e salvaguardia delle memorie culturali del Ponente ligure e specialmente delle stagioni più intense di iniziative che ebbero come centro Bordighera nel cuore del secoloscorso e a cui hanno loro stessi contribuito. Negli archivi che Maiolino e Loreti hanno radunato e preservato si possono infatti ritrovare, rispettivamente, tutte le iniziative organizzate nell'ambito dei Premi Cinque Bettole, la cui parabola va dalla fine degli anni Quaranta ai primi anni Sessanta, e le numerose attività del circolo creato alla fine degli anni Cinquanta e denominato a partire dal 1960 Unione Culturale Democratica. Il presente fascicolo e la riscoperta dell'esordio letterario di Angelo Oliva ci riportano precisamente all'incrocio tra queste due traiettorie, la manifestazione delle Cinque Bettole e il dinamismo dei giovani aderenti all'UCD, all'inizio di un decennio che si era aperto già in modo turbolento con il governo Tambroni e la contestazione antifascista al congresso nazionale del Movimento Sociale Italiano indetto a Genova, città medaglia d'oro della Resistenza. Con l'edizione 1961 dei Premi, dopo la "gara estemporanea" organizzata nel 1958, lo svolgimento in una sola giornata di un concorso di pittura nel 1959 e la sospensione nel 1960, si tentò di rifondare quella che era stata per diversi anni la rassegna di punta delle estati bordigotte proprio coinvolgendovi nuove generazioni. [...] Angelo Oliva si vide invece attribuire il primo premio per il racconto Una grossa porcheria che si può infine rileggere in questo volume nella versione edita, come previsto a compimento della manifestazione, sulle pagine de "L'Eco della Riviera". [...] A distanza di più di sessant'anni è comunque difficile dire quanto possa avere influito nelle determinazioni della giuria il fatto che Oliva fosse già conosciuto come uno dei fondatori dell'UCD e tra i principali animatori del "giornale dell'Unione Culturale Democratica", dove i suoi articoli erano regolarmente affiancati da quelli firmati dagli stessi Seborga e Biamonti. La pubblicazione, realizzata in ciclostile dai giovani democratici, nacque, si sviluppò e fu poi interrotta proprio tra il 1960 e il 1961. L'ultimo numero, doppio, uscì a ridosso di quell'estate con in prima pagina uno scritto di Biarnonti in morte di Maurice Merleau-Ponty e uno di Oliva su Fidel Castro, in terza pagina una poesia inedita di Seborga che presentava più oltre alcuni versi del poeta cubano José Luis Galbe (che fu uno dei suoi traduttori). La ricchezza dei contributi raccolti nei fascicoli di questo giornale corrispondeva alla varietà di interessi dei giovani fondatori del circolo in virtù dei quali la cessazione delle pubibblicazioni, a metà del 1961, non coincise con una flessione delle attività del gruppo: nel giro di pochi mesi, presso il locale denominato "la Buca" perché seminterrato al n. 171 (l'attuale 187) di via Vittorio Emanuele di Bordighera, l'UCD organizzò infatti mostre personali di Enzo Maiolino, Mario Raimondo e Sergio Gagliolo, conferenze di Seborga sulla poesia civile in lingua spagnola o del maestro Raffaello Monti su Musorgskij, per poi festeggiare a ottobre l'anniversario della sua sede "rinnovata" con esposti alle alle pareti "quadri di pittori di Bordighera fra i quali: Maiolino, Truzzi, Gagliolo, Raimondo, Ciacio, Porcheddu e della pittrice Eny
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cinquecolonnemagazine · 9 months ago
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L'evocatore e altri racconti di Emmanuel Di Tommaso
Un universo imprevedibile L'evocatore e altri racconti di Emmanuel Di Tommaso edito da Infinito Edizioni è una raccolta di tredici storie, tutte ambientate in un possibile futuro, una cornice per raccontare innanzitutto il mondo interiore dei personaggi.  Creature di un’altra galassia si impossessano del nuovo mondo e non resta che opporre “resistenza” per sopravvivere. Molti, però, falliranno, perché non si può mai combattere da soli nella vita. L’uomo è un essere sociale e anche i suoi demoni interiori vanno sconfitti con l’aiuto degli altri.  Nell'Evocatore e altri racconti di Emmanuel Di Tommaso il lettore può percepire il richiamo a molti grandi scrittori, tra cui, ad esempio, il poeta e saggista cileno Bolaño, al quale Emmanuel si è ispirato per caratterizzare i personaggi nella loro grande umanità. All’interno dei racconti, oltre all’universo delle intere emozioni e contraddizioni umane, c’è anche spazio per temi di grande attualità come l’ecologia, la guerra e la pace. Come di consueto, ringraziamo Emmanuel Di Tommaso per questa bella intervista che ci ha permesso di sviscerare alcuni argomenti del libro e di approfondire il suo rapporto con la scrittura e i generi letterari. L'evocatore e altri racconti di Emmanuel Di Tommaso Salve Emmanuel, domanda di rito per tutti gli scrittori nuovi qui a Cinquecolonne Magazine: ci racconta brevemente cosa fa nella vita e quali sono le sue passioni? In questa fase della mia vita vivo a Bologna dove lavoro per l’Alma Mater Studiorum nella creazione e gestione di progetti di ricerca in ambito umanistico. La mia più grande passione è la letteratura, che vivo nel doppio ruolo di lettore e di scrittore. Leggo di tutto (dai fumetti ai classici della letteratura russa, finanche alle biografie degli artisti), anche se i miei scrittori preferiti restano Ursula K. Le Guin, Margaret Atwood, Dostoevskij e Roberto Bolaño. Scrivo soprattutto racconti e poesie, e in passato mi sono anche dedicato alla critica musicale e di letteratura. Faccio tutto questo con grande passione ma senza prendermi mai troppo sul serio: concepisco la letteratura come un gioco per comprendere il mondo attraverso la riflessione e il sogno. Lei è autore di numerose poesie e racconti ma non si è mai cimentato nel romanzo? Le interessa oppure è un tipo di scrittura che non le è congeniale? Quando scrivo non mi preoccupo minimamente della forma che assumerà il testo su cui sto lavorando. Credo che le distinzioni tra forme di scrittura come la poesia, i racconti e i romanzi siano ormai superate. Si tratta di categorizzazioni imposte dal mercato editoriale perché per vendere un prodotto occorre prima di tutto definirlo. Per me all’origine della scrittura c’è un desiderio primordiale di smarrirsi in sé stessi per giungere attraverso il lavoro sul linguaggio a una visione più nitida delle cose.  Partiamo dal titolo del suo libro per incuriosire un po’ i nostri lettori. Perché “L'evocatore”? a cosa si riferisce il termine? “L’evocatore” è il titolo di uno dei racconti che compongono il libro. Ho scelto di inserirlo anche nel titolo del libro perché trovo che sia il racconto più completo e complesso che io abbia mai scritto: è una storia gotica ma con elementi fiabeschi e di realismo magico. L’epicentro da cui parte la narrazione è un paese in Nord Africa in cui gli abitanti hanno improvvisamente smesso di sognare durante il sonno. Si tratta di un’allucinazione collettiva o di un maleficio? E ancora, è solo il piccolo paese di Chefchaouen ad essere minacciato da queste forze oscure o è il mondo intero? In questo racconto la storia e il destino dell’umanità si mescolano alle memorie individuali e collettive, e non è un caso che il protagonista narrante sia uno sconfitto, uno dei tanti marginalizzati costretti a vivere relegati nella sala d’aspetto della Storia. Tutte le vicende narrate hanno al centro l’uomo con le sue emozioni e conflitti. In base alla sua esperienza, cos’è che cattura di più il lettore? Una buona storia o il racconto del turbinio interiore dei personaggi?   In questo caso rispondo da lettore e senza alcun dubbio: il turbinio interiore dei personaggi. La dimensione introspettiva, ciò che i personaggi di una storia pensano e sentono, è in fin dei conti ciò che più ci cattura mentre leggiamo perché ci permette di immedesimarci, di porci delle domande, di riflettere sul senso del nostro transitare per il mondo. Le tredici storie dell’Evocatore e altri racconti sono ambientate in un mondo fantastico. E’ la prima volta che sperimenta questo genere? Lo farà ancora? Durante uno dei primi incontri con il pubblico che sto organizzando per promuovere il libro, un amico molto caro mi ha fatto notare come l’universo a cui ho dato vita nell’Evocatore è molto simile a quello del mio primo libro pubblicato 10 anni fa che si intitolava “Il luogo dei teschi”. Non ci avevo fatto caso ma ciò mi ha fatto comprendere come il mio immaginario sia da sempre costituito sì da elementi e temi fantastici ma anche spietatamente reali e credibili. In questo momento sto scrivendo dei nuovi racconti sul tema della cura (o dell’assenza di cura) nei confronti di noi stessi e degli altri e delle cose che ci circondano. Non è facile ma mi piacerebbe elaborare questo tema all’interno di un mondo fantastico. Per il resto non saprei: quando si impugna la penna non si sa mai in che mondi si può sprofondare, ed è questo per me l’aspetto più affascinante della scrittura. Read the full article
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carmenvicinanza · 1 year ago
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Cecilia Vicuña
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La donna di oggi è Cecilia Vicuña, artista visiva, poeta e attivista cilena, nota per le sue performance poetiche che rivendicano la sua identità femminile provando a riscrivere la storia della cultura indigena.
È creatrice di una poetica speciale che interseca arte e coscienza ecologica.
Il suo lavoro porta avanti conoscenze millenarie attualizzate con performance, film, installazioni, sculture, libri e gesti della vita quotidiana.
Ha scritto 25 libri di arte e di poesia, tradotti in sette lingue e anticipato i più recenti dibattiti su ecologia e femminismo decoloniale, immaginando nuove mitologie personali e collettive. Molte delle sue installazioni sono realizzate con materiali trovati e detriti abbandonati che intesse in delicate composizioni, nelle quali il microscopico e il monumentale trovano un fragile equilibrio, la sua arte è precaria, intima e, insieme, potente.
I suoi dipinti si ribellano alla forma, mettendo al centro l’immaginazione di una donna indigena.
Oggi le sue opere fanno parte delle collezioni di importanti musei tra cui il Guggheneim, il MoMa, la Tate, il Museo d’Arte Latinoamericana di Buenos Aires e il Museo Nazionale delle Belle Arti di Santiago del Cile.
È nata a Santiago del Cile il 27 luglio 1948 in una famiglia di artisti e intellettuali. Dal 1966, dopo aver iniziato con tele astratte, ha iniziato a lavorare a un  progetto che ancora oggi porta avanti, le precarios, sculture assemblate con materiali da recupero, esposte agli agenti atmosferici e alle maree.
Nel 1967 ha fondato il suo primo gruppo, Tribu No, che realizzava azioni artistiche collettive nella città di Santiago.
Nel 1968 ha pubblicato il suo primo poema sul periodico messicano El Corno Emplumado.
Dagli anni ’70, il suo lavoro si è confrontato visivamente e poeticamente con i rituali dell’America latina, delle popolazioni aborigene australiane, del Sudafrica e dell’Europa paleolitica. Le sue esibizioni, installazioni site-specific, quipu, sculture, dipinti, disegni e testi legano il filo rosso al sangue mestruale e alla continuità della vita.
Dopo aver esposto per la prima volta al Museo Nazionale delle Belle Arti di Santiago ed essersi laureata in Belle Arti, nel 1972 è partita per Londra per specializzarsi alla Slade School of Fine Art.
Si trovava in Gran Bretagna quando, l’11 settembre 1973, c’è stato il violento colpo di stato militare contro Salvador Allende guidato da Pinochet e ha chiesto asilo politico.
L’anno seguente ha fondato il gruppo Artists for Democracy per raccogliere fondi per la Resistenza cilena e organizzato il Festival of Arts for Democracy in Chile che ha visto partecipare 320 artisti e artiste internazionali tra cui Julio Cortázar, Christo e Sol LeWitt. Durante il Festival erano stati denunciati i soprusi commessi dalla dittatura militare di Pinochet e dalle altre dittature dell’America Latina e la violazione dei diritti umani.
Nel 1975 si è trasferita a insegnare storia dell’arte e poesia latinoamericana all’università di Bogotà, ha lavorato in ambito teatrale e condotto laboratori artistici con la comunità guambiana della Valle del Cauca, esperienza che l’ha portata ad approfondire il suo legame con la cultura indigena.
Quando al Concorso nazionale di poesia Eduardo Coté Lamus le è stato negato il premio a causa del tono erotico e irriverente della sua opera, è partita una serie di azioni artistiche di protesta che le hanno dato grande fama. 
A questo periodo risalgono le Palabrarmas, neologismo che unisce le parole (palabra) con le armi (armas), concretizzate attraverso varie tecniche artistiche che spaziano dal disegno alla performance, dalla scrittura ai film, come risposta poetica alla distorsione del linguaggio e alla violenza delle menzogne. 
Nel 1980 ha realizzato il suo primo documentario, ¿Qué es para usted la poesía? (Cos’è per voi la poesia?), oggi nella collezione del MoMA.
A New York ha collaborato con il periodico Heresies: A Feminist Publication on Art and Politics, leggendario gruppo di artiste e intellettuali femministe.
Nel 1981 ha esposto per la prima volta al MoMA, nella collettiva Latin American Video. 
Tra i viaggi in giro per l’America Latina e gli Stati Uniti, producendo reading, performance poetiche e esposizioni, non ha mai smesso di scrivere libri.
Nel 1995 ha tenuto il primo seminario con la comunità rurale di Caleu, in Cile, per promuovere la riscoperta delle conoscenze ancestrali dando origine a un metodo di educazione decolonizzatrice che ha chiamato Oysi, titolo che ha dato alla sua organizzazione senza scopo di lucro.
Nel 1997 è stata pubblicata la biografia The Precarious. The Art and Poetry of Cecilia Vicuña. L’anno successivo ha realizzato la prima mostra multimediale Cloud-net, dedicata al riscaldamento globale e all’estinzione delle specie e delle civiltà, temi che denuncia e porta avanti, instancabile, in ogni suo lavoro.
Numerose sono state le esposizioni e retrospettive tenute in giro per il mondo e le conseguenti acquisizioni da parte dei più importanti enti museali internazionali.
Nel 2015 è stata nominata Messenger Lecturer per il Dipartimento di Antropologia della Cornell University per contribuire all’«evoluzione della civiltà con lo scopo specifico di elevare lo standard morale della nostra vita politica, commerciale e sociale».
Nel 2017 ha partecipato a documenta 14, una delle più importanti esposizioni d’arte contemporanea nel mondo.
Nel 2018 ha ricevuto il premio Achievement Award assegnato da Cisneros Fontanals Art Foundation ed è stata nominata Sherry Memorial Poet in Residence 2018 per il Programma di poesia e poetica dell’Università di Chicago.
Nel 2019 ha ricevuto il Premio Velázquez di arti plastiche assegnato dal Ministero della cultura e dello sport della Spagna.
Al Centro Cultural España di Santiago del Cile, ha presentato Minga del Cielo Oscuro, convocando personalità del mondo dell’arte, astronomia, archeologia, musica ed etnomusicologia per riflettere sull’oscurità del cielo notturno e sulle molteplici conseguenze ecologiche, neurologiche e sociali della sua scomparsa.
Il 23 aprile 2022 è stata la prima artista cilena a ricevere il Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia. Per l’occasione ha realizzato l’installazione site specific NAUfraga, dedicata alla fragilità (fraga) della laguna.
Il 3 maggio 2023 ha ricevuto la Laurea honoris causa dall’Università del Cile.
Per i suoi meriti, la poetica, l’instancabile ricerca e il fervente attivismo, si può considerare tra le più interessanti protagoniste dell’arte contemporanea.
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enjoymusicandbeauty · 9 months ago
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Fatece largo che
Passa domani, che adesso non si può
Oggi non apro perché sciopererò
E andremo in strada co' tutti gli striscioni
A fare come sempre la figura dei fregnoni
Ma a me de questo sai, non me ne importa niente
Io oggi canto in mezzo all'altra gente
Perché ce credo o forse per decenza
Che partecipazione certo è libertà
Ma è pure resistenza
E non ho scudi per proteggermi né armi per difendermi
Né caschi per nascondermi o santi a cui rivolgermi
Ho solo questa lingua in bocca
E forse un mezzo sogno in tasca
E molti, molti errori brutti
Io però li pago tutti
Fatece largo che
Passa il corteo e se riempiono le strade
Via Merulana così pare un presepe
E semo tanti che quasi fa paura
O solo tre sfigati come dice la questura
E le parole, sì lo so, so' sempre quelle
Ma è uscito il sole e a me me sembrano più belle
Scuola e lavoro, che temi originali
Se non per quella vecchia idea
De esse tutti uguali
E senza scudi per proteggermi né armi per difendermi
Né caschi per nascondermi o santi a cui rivolgermi
Con solo questa lingua in bocca
E se mi tagli pure questa
Io non mi fermo, scusa
Canto pure a bocca chiusa
Guarda quanta gente c'è
Che sa rispondere dopo di me
A bocca chiusa
Guarda quanta gente c'è
Che sa rispondere dopo di me
A bocca chiusa
A bocca chiusa
A bocca chiusa
Guarda quanta gente c'è
A bocca chiusa
Guarda quanta gente c'è
A bocca chiusa
Buon giorno con la bellissima poesia canzone di Daniele Silvestri
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