#il vento della libertà
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Nâzım Hikmet: La voce della libertà e dell’amore. Il poeta rivoluzionario che ha sfidato il destino. Recensione di Alessandria today
Nâzım Hikmet nasce il 15 gennaio 1902 a Salonicco, allora parte dell’Impero Ottomano (oggi Grecia). Fin da giovane mostra un talento straordinario per la poesia e un forte senso di giustizia sociale.
Biografia dell’autore. Nâzım Hikmet nasce il 15 gennaio 1902 a Salonicco, allora parte dell’Impero Ottomano (oggi Grecia). Fin da giovane mostra un talento straordinario per la poesia e un forte senso di giustizia sociale. Dopo gli studi a Mosca, dove entra in contatto con le idee comuniste, torna in Turchia e inizia una vita di militanza politica e lotta per la libertà di espressione. Le sue…
#Alessandria today#amore e rivoluzione#Google News#Hikmet e la passione.#Hikmet e l’esilio#Hikmet frasi#il carcere nella poesia#Il più bello dei mari#il vento della libertà#italianewsmedia.com#la bellezza nella poesia#la poesia come lotta#le poesie più belle di Hikmet#letteratura e impegno civile#letteratura e libertà#letteratura turca#libertà e poesia#Nâzım Hikmet#Pier Carlo Lava#poesia contro l’oppressione#poesia d’amore#poesia e amore#poesia e resistenza#poesia e sofferenza#poesia e sogno#poesia internazionale#poesia moderna#poesia politica#poesia rivoluzionaria#Poesia Sociale
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"Aspettare è una imposizione. Eppure è l'unica cosa che ci fa percepire fisicamente il logorio del tempo e ce ne fa conoscere le promesse. Esistono infinite forme di attesa: in amore, dal medico, alla stazione o nel traffico. Aspettiamo: l'altro, la primavera, i numeri del lotto, un'offerta, il pranzo, la persona giusta, e aspettiamo Godot. I compleanni, i giorni di festa, la felicità, i risultati sportivi, un referto. Una telefonata, il rumore della chiave nella toppa, il prossimo atto e la risata dopo il finale di una barzelletta. Aspettiamo che un dolore smetta e che ci colga il sonno o che il vento si plachi. Inerzia, distrazioni o noia: nel registro delle ore programmate, l'attesa è la pagina vuota da riempire. Che nel migliore dei casi ci ricompensa con la libertà."
Andrea Köhler - L’arte dell’attesa
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Se queste ali saranno come due remi,
remando controcorrente
precipito perché un vento incoerente cambia il livello,
chi spinge verso l'oceano
chi resta nel suo torrente,
chi ha fatto un biglietto aereo,
chi parte con il cervello, e se hai coraggio
apri gli occhi adagio quando ti infrangi,
qui è un macello
qui c'è un buio lancinante e ti lanci
qui c'è un acqua allucinante, pioggia pisci o piangi,
stanotte gli angeli daranno i calci
E se la libertà porta fuori
tu ci incarceri nei paraggi
ci imprigioni come piccioni,
viaggiatori senza messaggi,
quando il sole sta taciturno
quando ruzzola coi suoi raggi
ma che lusso il cielo notturno quando
è bussola dei miei viaggi
Ora le stelle vanno a slalom, tutti attenti
tutti agitati tanto che ho imparato a volare
e sono sempre tutti girati,
prima toglierai con un camion le foglie secche dagli isolati,
dopo si sta come d'autunno sopra quegli alberi quei soldati
E gli equipaggi del pacifico lo dicono già da un'era
che chi regna incontrastato in cielo in terra non si rivela,
e per un albatro se il vento tira ai lati è già primavera,
perché sull'albero della nave è già fiorita la prima vela.
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Ogni volta che mi tradisco nel vano tentativo di aggrapparmi a legami velenosi, illudendomi che possano trasformarsi, svilisce il rispetto che devo a me stesso. È come se calpestassi la dignità del mio essere, sopprimendo i sussurri dell'anima che implora libertà. Inseguito da ombre di promesse mai mantenute, mi perdo nei labirinti di speranze illusorie. Cuori avvolti da spine, relazioni intrise di dolceamara sofferenza, mi tengono prigioniero di un passato che non vuol mutare. Eppure, continuo a nutrire quel flebile lume di possibilità, quel sogno antico che tutto possa rifiorire. Ma l'anima mia, stanca di catene invisibili, anela al vento leggero della rinascita. È tempo di lasciare andare pesi che gravano sul cuore, di levare l'ancora e salpare verso nuovi orizzonti. Il rispetto per me stesso reclama il suo spazio, come un albero che cerca il sole oltre la fitta foresta. Nel profondo sento risuonare l'eco di antiche saggezze: non si può cambiare chi non desidera mutare. È un canto sommesso che invita all'ascolto, a volgere lo sguardo verso l'intimità dell'essere, dove risiede la vera forza. Abbandonando illusioni vane, posso finalmente abbracciare la libertà e l'amore autentico che meritano dimora nel mio cuore. È dunque con passo lieve ma deciso che mi allontano da quei sentieri oscuri. Ogni respiro si fa più intenso, ogni battito del cuore celebra la ritrovata armonia. E mentre il velo delle false speranze si dissolve, scorgo all'orizzonte la promessa di un domani luminoso, forgiato dal rispetto e dall'amore per me stesso.
Empito
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Studiate.
Per amore del sapere, mai per i voti.
Perché sapere aiuta a essere.
E sapere tanto aiuta a essere tanto.
Studiate!
Perché la cultura rende liberi
e niente vale più della libertà.
Studiate!
Perché siamo le parole che conosciamo,
perché il pensiero crea la realtà.
Studiate!
Perché non conoscerete mai la noia
se amerete un libro, un paesaggio,
un quadro o la settimana enigmistica.
Studiate!
Perché studiando capirete le vostre qualità, le vostre inclinazioni, i vostri punti deboli.
Studiate la storia, perché il passato illumina il presente.
Studiate la geografia perché ogni luogo è anche un fiume, una montagna, un vento.
Studiate la matematica perché nella vita spesso i conti non tornano e bisogna trovare soluzioni alternative.
Studiate le lingue straniere, perché i viaggi sono le lezioni di vita più belle.
Studiate la biologia perché capire come fa a battere il cuore o perché il battito accelera se vi innamorate è meraviglioso.
Studiate la filosofia perché imparerete a ragionare e a guardare il mondo dalle prospettive più originali.
Studiate la letteratura perché vivrete molte vite e vedrete posti incredibili da casa.
Studiate la grammatica perché la differenza tra un accento e un apostrofo non è mai un dettaglio.
Studiate la musica, l’arte e la poesia!
Perché la bellezza è emozione e terapia.
Studiate la fisica e la chimica perché nell’atomo e nelle molecole si celano energie potentissime.
Studiate!
Perché quando smetti di imparare smetti di vivere.
Studiate ciò che vi piace ma anche ciò che ora vi sembra inutile.
Perché un giorno, quando meno ve lo aspettate, ne capirete il senso.
Studiate!
Senza pretendere troppo da voi stessi e senza rinunciare mai allo svago, allo sport e alle emozioni.
Perché lo studio viene sempre dopo il vostro benessere!
Studiate!
Senza temere di dimenticare qualcosa.
Perché i buchi di memoria servono a fare spazio.
Perché la scuola serve a trasformare specchi in finestre, non a giudicarvi.
Francesco De Sanctis
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L’avevano fermata, le avevano detto che il suo velo era fuori posto, che doveva sistemarlo meglio, che coprisse come si deve. Uno sguardo di ammonizione, una regola ripetuta, e un comando che pesava come catene invisibili.
Ma invece di abbassare lo sguardo, di tirare quel velo come le avevano detto, si toglie il velo. Poi la giacca, la camicia. Strato dopo strato, libera la pelle, si scrolla di dosso le catene.
Nel cuore pulsante di Teheran, nel cortile dell’università, rimane in biancheria intima, ma rivestita di un coraggio e una dignità che superano ogni stoffa.
Gli sguardi si accalcano su di lei: alcuni pesanti, di giudizio; altri increduli, come se stessero respirando libertà per la prima volta. Lei è una nota stonata in un coro di silenzi, un punto esclamativo in un libro di regole immutabili.
La terra sotto i suoi piedi è sempre la stessa, ma il cielo sembra abbassarsi per accoglierla. Si domanda se il vento senta il peso di tutte le parole che non si sono mai osate.
Gli occhi degli altri si posano come pietre sul suo corpo, mentre le voci si sussurrano contro di lei, tempeste di giudizi. Ma nel suo silenzio c’è un grido che sfida il mondo.
Arrivano per spegnere la sua fiamma, ricoperti di divise che trasudano conformità. La afferrano con forza, la trascinano via, mentre lei resta muta, forte come una roccia. La portano in un luogo dove sperano di spezzarla, di soffocare quel fuoco indomabile. La trasferiscono in un ospedale psichiatrico, dove tentano di etichettare come “follia” il suo desiderio di libertà. Ma non capiscono che le idee non si possono ammanettare, né chiudere in una stanza bianca.
Donna. Libera. Rivoluzione che cammina a piedi nudi sul selciato della storia.
Il suo corpo è un manifesto, la sua pelle è inchiostro vivo, e oggi ha scritto una nuova pagina di libertà.
Nel dipartimento rimane il suo ricordo, un’ombra luminosa, un’equazione irrisolta sul muro. Perché spogliarsi dei simboli imposti è l’unico modo per rivestirsi di infinito.
PS: La ragazza si chiama AhouDaryaei, studia letteratura francese all’Università di Oloom Tahghighat, in Iran.
Un’eroina di cui avevamo bisogno!
Fonte: Simone Carta, scrittore ❤️
#tumblr#coraggio#frasi forza#resilienza#frasi tumblr#amore tumblr#donna#donne#iran#eroi#simonecartascrittore
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L’avevano fermata, le avevano detto che il suo velo era fuori posto, che doveva sistemarlo meglio, che coprisse come si deve. Uno sguardo di ammonizione, una regola ripetuta, e un comando che pesava come catene invisibili.
Ma invece di abbassare lo sguardo, di tirare quel velo come le avevano detto, si toglie il velo. Poi la giacca, la camicia. Strato dopo strato, libera la pelle, si scrolla di dosso le catene.
Nel cuore pulsante di Teheran, nel cortile dell’università, rimane in biancheria intima, ma rivestita di un coraggio e una dignità che superano ogni stoffa.
Gli sguardi si accalcano su di lei: alcuni pesanti, di giudizio; altri increduli, come se stessero respirando libertà per la prima volta. Lei è una nota stonata in un coro di silenzi, un punto esclamativo in un libro di regole immutabili.
La terra sotto i suoi piedi è sempre la stessa, ma il cielo sembra abbassarsi per accoglierla. Si domanda se il vento senta il peso di tutte le parole che non si sono mai osate.
Gli occhi degli altri si posano come pietre sul suo corpo, mentre le voci si sussurrano contro di lei, tempeste di giudizi. Ma nel suo silenzio c’è un grido che sfida il mondo.
Arrivano per spegnere la sua fiamma, ricoperti di divise che trasudano conformità. La afferrano con forza, la trascinano via, mentre lei resta muta, forte come una roccia. La portano in un luogo dove sperano di spezzarla, di soffocare quel fuoco indomabile. La trasferiscono in un ospedale psichiatrico, dove tentano di etichettare come “follia” il suo desiderio di libertà. Ma non capiscono che le idee non si possono ammanettare, né chiudere in una stanza bianca.
Donna. Libera. Rivoluzione che cammina a piedi nudi sul selciato della storia.
Il suo corpo è un manifesto, la sua pelle è inchiostro vivo, e oggi ha scritto una nuova pagina di libertà.
Nel dipartimento rimane il suo ricordo, un’ombra luminosa, un’equazione irrisolta sul muro. Perché spogliarsi dei simboli imposti è l’unico modo per rivestirsi di infinito.
PS: La ragazza si chiama Ahou Daryaei, studia letteratura francese all’Università di Oloom Tahghighat, in Iran.
Un’eroe di cui avevamo bisogno!
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Un grosso problema sono le donne a favore della sharia, e se non sono tutte coese contro il regime religioso, sarà l'ennesimo martire di un ottusa religione.
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L’intimo è ciò che si nega al pubblico per concederlo solo a chi si vuol far entrare nel proprio segreto profondo. Il pudore, che difende la nostra intimità, difende anche la nostra libertà. Non è una faccenda di vesti, sottovesti o abbigliamento intimo, ma una sorta di vigilanza, dove si decide il grado di apertura e di chiusura verso l’altro.
Ma contro tutto ciò soffia il vento del nostro tempo che vuole la pubblicizzazione della propria intimità, perché in una società consumista, dove le merci per essere prese in considerazione devono essere pubblicizzate, si propaga un costume che contagia anche il comportamento degli uomini, i quali hanno la sensazione di esistere solo se si mettono in mostra. Conformismo e consumismo hanno messo in circolazione un nuovo vizio che per comodità chiamiamo "spudoratezza", con riferimento non tanto a uno scenario sessuale, quanto al crollo di quelle pareti che consentono di distinguere l'interiorità dall'esteriorità, la parte "privata", "intima" di ciascuno di noi dalla sua esposizione e pubblicizzazione.
Ciò produce una metamorfosi dell’individuo che ormai si riconosce solo nella propria immagine, e perciò non cerca più se stesso. I nostri vissuti emotivi, che abitavano il segreto della nostra interiorità, dove domina il raccoglimento e il silenzio, ma forse anche la solitudine, le parole di preghiera, le parole d’amore, le parole d’amicizia, le parole di rabbia, le parole umane, hanno dovuto esteriorizzarsi come la pelle rovesciata di un serpente.
- Umberto Galimberti
Klaudia Rataj photography
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Marta che questi vecchi muri non possono far propria, fonte dove si specchia la mia monarchia solitaria, come potrei dimenticarti dal momento che non ho da ricordarmi di te: tu sei il presente che s'accumula, ci uniremo senza dover accostarci, prevederci, come due papaveri fanno in amore un anemone gigante.
Non t'entrerò nel cuore per limitarne la memoria.
Non tratterrò la tua bocca per impedirle di schiudersi sull'azzurro dell'aria e sulla sete di partire. Voglio esser per te la libertà e il vento della vita che varca la soglia di sempre prima che la notte divenga introvabile.
- René Char, traduzione di Giorgio Caproni
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La Ruota di Fortuna.
"Il coraggio di afferrare il Timone".
A volte, quando siamo troppo impegnati a combattere il Passato, non vediamo nulla di ciò che davvero ci cammina a fianco.
Quando il Senso di ingiustizia si impossessa della Vittima, gran parte delle Energie si disperdono nella "visione dei problemi" e non lasciano spazio alle possibili Soluzioni.
Si diventa impotenti. Incapaci di muovere Energia Maschile. Si bloccano le funzioni "generative" e ci si spegne dentro al movimento di Rabbia repressa.
Quando l'Emotivo non ha risolto ed è ancora ossessivamente proiettato dentro allo schema di disfunzione, le acque intorno a noi continuano a proiettarci ombre, sconfitte e ostacoli. Ci sentiamo esausti, sfiniti, privati di qualcosa che doveva essere nostro, ma che ci è stato ingiustamente tolto.
Basterebbe distaccarsi qualche attimo dalla scena, osservarci da fuori per renderci conto di quanto siamo accecati dalla strisciante e sotterranea vendetta. Vogliamo giustizia per il Carnefice e risarcimento per la Vittima.
E non vediamo nient'altro.
Potremmo passare una Vita intera a reclamare le nostre ragioni e i "loro torti". Ma questo ci toglierebbe solo tempo ed energie e null'altro.
La Vittima non vuole responsabilità. E' dipendente dal Carnefice, al quale chiede di risolvergli tutti i fastidi, di colmare i propri spazi di immaturità e insicurezza, di sostituirsi completamente nella gestione della Materia.
Da piccoli questo era l'unico schema possibile. Non abbiamo avuto reale scelta. Siamo stati obbligati a fidarci delle scelte del genitore o di chi ne fa le veci, per sopravvivenza e per inesperienza.
Ma da Adulti è folle delegare all'Altro la nostra Vita.
Ci sono dei problemi? Vanno affrontati. Vanno prese delle scelte. Giuste o sbagliate che siano.
Dobbiamo iniziare a sperimentare la nostra capacità di autodeterminazione e autonomia.
A nessuno interessa se abbiamo subìto un'ingiustizia da piccoli.
Ma interessa a noi.
Siamo noi che dobbiamo "timonare la nostra nave" e portarla in un luogo sicuro e abbondante.
Le soluzioni ci sono. Ci sono sempre.
Ma se siamo assorbiti dentro al problema, non le vedremo mai.
E certe "decisioni" particolarmente forti e impattanti, costano fatica, impegno, concentrazione e determinazione. Oltre che una buona dose di Amor proprio.
Lasciare andare il Carnefice e la sua scia proiettiva, è disumano per una Vittima. Ma solo così ci riapproprieremo della nostra Libertà, del nostro Sogno, della nostra Integrità.
Non saremo più tanti piccoli bambini spaventati e arrabbiati, che si rotolano nel dolore e che sbattono i piedi per attirare l'attenzione dell'Altro.
Saremo finalmente degli Adulti che prendono in mano le situazioni, che non rimandano, che non fanno finta di non vedere, che non si perdono nell'attesa dell'ennesimo Salvatore.
Vogliamo vivere?
Affrontiamo.
Non vogliamo vivere?
Restiamo pure abbarbicati dentro ai nostri schemi disfunzionali, continuando ad evitare i problemi e negare le possibili soluzioni.
Il Fuoco dentro di noi arde. Brucia. Scotta.
Luglio ci vuole "vivi" e protagonisti del nostro Potere Interiore.
Si può abbandonarsi e accendersi al Fuoco dalla Passione o immolarsi tra le Fiamme dall'incendio. A noi la scelta.
Le Streghe e gli Eretici sono stati condannati al rogo centinaia di anni fa. Non serve più immolarsi.
C'è a tutto una soluzione. Sempre. Può costare estrema fatica e iniziale dolore. Ma c'è.
Anche alla Morte c'è soluzione: si può accoglierla. E amarla. Come puro atto di Sacra Trasformazione. Oppure respingerla e allontanarla, annichiliti dalla paura e dal giudizio.
Il Vento sta cambiando.
Afferrate il Timone e iniziate a governare la vostra barca.
Siate il coraggioso Capitano del vostro vascello, orgogliosi di guidare la vostra Vita in salvo, verso Terre nuove e rigogliose, verso sentieri mai battuti e opportunità straordinarie.
La Vita ci offre sempre soluzioni. Mai problemi.
Siamo noi che ci ostiniamo a "vedere nella soluzione il più insormontabile dei problemi".
Buon mercoledì. Di Fuoco. Di Passione. Di Rinascita.
Mirtilla Esmeralda
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Primavera di libri
Torniamo a suggerirvi nuove letture e film “raccomandati” dai vostri bibliotecari di fiducia.
Un autentico caso letterario l’inedito di Gabriel García Márquez Ci vediamo in agosto, che, come narra la leggenda a proposito dell’Eneide di Virgilio, l’autore avrebbe voluto distruggere: “un omaggio alla femminilità, una storia di libertà e di desiderio che non si sopisce con l’età e nemmeno con l’amore coniugale”. I figli hanno consentito la pubblicazione di questo breve romanzo, che esce in contemporanea in tutti i paesi e ci delizia come una sorpresa inaspettata, nonostante la volontà del suo artefice, forse troppo esigente con sé stesso.
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Tutt’altro che deprimente, Piccoli suicidi tra amici di Arto Paasilinna è ormai diventato un classico. Scritto con stile quasi cronachistico, la sua apparente freddezza (che peraltro ben si addice alle gelide lande della Finlandia da cui provengono i personaggi del libro) non fa che accrescere l’ironia, magari un po’ macabra, di cui è pervaso. “… ogni giorno è per ciascuno sempre il primo della vita che gli resta da vivere, anche se siamo troppo occupati per rendercene conto” è la sintesi filosofica di un romanzo divertente, originale, che si risolve in un inno non banale alla vita, alla solidarietà, all’amicizia. Un vero toccasana “per tempi agitati”, citando Mauro Bonazzi, come sono quelli in cui ci troviamo a vivere. Dalla postfazione di Diego Marani: “Una delle cose più belle dei romanzi di Paasilinna è che dopo il tumulto, il fragore e le spericolate rincorse tutto si risolve delicatamente, come una risata di cui resta solo il gioioso ricordo, nell’acqua increspata d’un lago, nel vento della sera, nell’odore di foraggio appena tagliato. … In questo libro la grande beffata è la morte”.
Ambientato a Bologna durante le festività natalizie tra la fine del 1953 e l’inizio del ’54, Intrigo italiano di Carlo Lucarelli ci ripropone la compagnia del commissario De Luca, sempre ombroso, inappetente e drogato di caffeina. Lo accompagna un giovane poliziotto che lo introduce negli ambienti musicali degli amanti del jazz, di cui era appassionato un noto professore morto in circostanze non chiare. Ma il mistero si infittisce quando anche la vedova viene trovata uccisa e De Luca stesso è controllato dai Servizi Segreti. Non siamo più in tempo di guerra mondiale, ma di guerra fredda e anche i migliori si devono aggiornare. Un giallo di classe, con una ricostruzione storica sempre molto accurata. È del 2022 il ritorno del commissario Marino, segretamente ma attivamente antifascista, in Bell’abissina, dopo l’esordio del 1993 con Indagine non autorizzata, quando era ancora soltanto ispettore. Si tratta di un cold case soltanto apparente, perché la serie di delitti, legati da somiglianze via via sempre più chiare, si protrae dal passato al presente pericolosamente minacciato dall’imminente scontro bellico. Marino ha un temperamento diverso da quello di De Luca e si getta anima e corpo in questa indagine che coinvolge corrotti fiancheggiatori del regime. Un incontro, come dice l’autore stesso nei Ringraziamenti, tra la storia, con la s minuscola, frutto di fantasia, e la Storia, quella del secondo conflitto mondiale che Lucarelli conosce molto bene e che ha trattato anche in diverse trasmissioni televisive.
Irresistibile la doppietta di Simenon che vi proponiamo. Gli altri, inedito in Italia fino alla pubblicazione di Adelphi del 2023, è scritto in forma di diario-confessione e ci guida con il suo ritmo irresistibile tra i meandri di un suggestivo castello francese, che racchiude, ça va sans dire, una morte misteriosa, una giovane e affascinante castellana, nonché un burbero e attempato maggiordomo, sospettosamente depositario di ogni segreto… Come sempre, con pochi abili tratti l’autore descrive una serie di personaggi che non potrebbero essere fra loro più diversi, anche se appartenenti alla stessa famiglia: la sua penna riesce a far sembrare del tutto naturali e accettabili legami apparentemente inconciliabili e al limite della moralità. Il finale è riservato all’apertura del testamento: a chi andrà la cospicua eredità del vecchio Antoine Huet? Ma soprattutto: in che modo la ricchezza influirà sulla vita e le abitudini dei protagonisti? A voi il piacere di scoprirlo. Il romanzo La prigione inizia ex abrupto con un misterioso omicidio, su cui la polizia indaga. Ma duplice è la ricerca intrapresa dall’autore: da una parte il movente del delitto, dall’altra la psicologia del protagonista, costretto a scavare nella sua vita per scoprire su sé stesso e sulle persone che gli erano più intimamente vicine segreti che ignorava o che, più probabilmente, cercava di rimuovere per superficialità, paura o inadeguatezza. Così la prigione diventa una metafora per descrivere una vita fasulla che implode in un solo istante di un giorno d’autunno. Al di là del caso limite rappresentato dal fatto di sangue e delle inevitabili differenze di carattere, è talmente accurata l’analisi psicologica che ogni lettore potrebbe ritrovare qualcosa di sé nell’indole del protagonista e comprendere i suoi atti apparentemente privi di logica. Simenon, come sempre, con ritmo inesorabile e accanito vaglio introspettivo ci conduce all’unica soluzione possibile.
Furio Scarpelli e Agenore Incrocci hanno firmato, sotto la nota sigla di Age&Scarpelli, “le più memorabili sceneggiature dell’epoca d’oro del cinema italiano”, da Totò le Mokò di Bragaglia, a La banda degli onesti di Mastrocinque, C’eravamo tanto amati di Scola, I soliti ignoti, L’armata Brancaleone e La Grande guerra di Monicelli, per citarne solo una minima parte. Tra gli inediti di Scarpelli che Sellerio sta ripubblicando (è del 2019 Amori nel fragore della metropoli) vi consigliamo Si ricorda di me, signor tenente?, romanzo che introduce i protagonisti alternando, con la tecnica del flash back, la narrazione contemporanea al memoriale di guerra. Lo scavo nel complesso passato del personaggio principale porterà alla luce gravi traumi, profondi e rimossi sensi di colpa. Ma chi è lo sgangherato seccatore che apostrofa con la domanda del titolo il vecchio Giulio, tranquillo pensionato che passeggia per le vie della Milano del 1999? Un truffatore, un commilitone o un rigurgito della sua coscienza addormentata? Si legge piacevolmente tutto d’un fiato.
Per una lettura diversa dal solito vi proponiamo Nightmare Alley, La fiera delle illusioni di William Lindsay Gresham, “una tipica storia noir”, da cui sono stati tratti ben due film: un classico con il fascinoso Tyrone Power in una veste per lui inedita e il recentissimo remake di Guillermo Del Toro con Bradley Cooper, Cate Blanchett, Willem Dafoe. Diviso in due parti (con un finale ad anello): da un lato il fantastico, bizzarro, grottesco mondo del circo, con i suoi misteri e le sue crudeltà; dall’altra quello dell’alta borghesia, non meno pericoloso. In sintesi, il libro e i due film sono “Tre facce della stessa storia che presentano tutte letture degne di essere lette e viste per una storia che potrebbe benissimo svolgersi anche al giorno d’oggi. I prestigiatori, che siano o meno appassionati di mentalismo/spiritismo, vi troveranno molti spunti interessanti.”
Un prezioso suggerimento dal passato: se vi fosse sfuggito, potete rimediare cogliendo dai nostri scaffali Il peso falso di Joseph Roth. Un autentico gioiello che mischia allo stile formulare dei poemi omerici, un’autentica passione d’amore e una finissima riflessione sull’essere umano, dominato dai suoi difetti, quasi deterministicamente volto verso il male, incapace di sfuggire alla tentazione del peccato, anche quando è mosso dalle migliori intenzioni. I temi sono quelli consueti della poetica di Roth, e spesso tornano anche gli stessi personaggi, che inevitabilmente cadono nella colpa: il tutto senza pessimismo né amarezza, anzi forse con una leggera sfumatura di fatalistica ironia.
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Come una diabolica matrioska le vicende biografiche dell’autore, Herbert Clyde Lewis, giornalista e scrittore americano, nato a New York da ebrei russi emigrati, si ripercuotono sul protagonista del romanzo per poi accanirsi inspiegabilmente sulle vicissitudini editoriali dell’opera che vi vogliamo consigliare, Gentiluomo in mare. Sì, perché come l’autore ebbe una vita difficile, nonostante gli incessanti sforzi profusi per affermarsi e l’indubbio talento, così il protagonista di questo delizioso romanzo breve è vittima di “una sorte bizzarra e cattiva”, per citare la splendida canzone di Lauzi-Conte, e infine la novella fu ingiustamente ignorata alla sua prima pubblicazione nel 1937 per essere poi “ripescata” (è proprio il caso di dirlo) dall’abisso dei libri dimenticati per la prima volta in Argentina nel 2010: da quel momento il successo, più che meritato anche se postumo, divenne planetario. Davvero “una perlita”, come fu definito nella recensione argentina.
#gabriel garcia marquez#arto paasilinna#carlo lucarelli#georges simenon#furio scarpelli#agenore incrocci#william lindsay gresham#joseph roth
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Studiate.
Per amore del sapere, mai per i voti.
Perché sapere aiuta a essere.
E sapere tanto aiuta a essere tanto.
Studiate!
Perché la cultura rende liberi
e niente vale più della libertà.
Studiate!
Perché siamo le parole che conosciamo,
perché il pensiero crea la realtà.
Studiate!
Perché non conoscerete mai la noia
se amerete un libro, un paesaggio,
un quadro o la settimana enigmistica.
Studiate!
Perché studiando capirete le vostre qualità, le vostre inclinazioni, i vostri punti deboli.
Studiate la storia, perché il passato illumina il presente.
Studiate la geografia perché ogni luogo è anche un fiume, una montagna, un vento.
Studiate la matematica perché nella vita spesso i conti non tornano e bisogna trovare soluzioni alternative.
Studiate le lingue straniere, perché i viaggi sono le lezioni di vita più belle.
Studiate la biologia perché capire come fa a battere il cuore o perché il battito accelera se vi innamorate è meraviglioso.
Studiate la filosofia perché imparerete a ragionare e a guardare il mondo dalle prospettive più originali.
Studiate la letteratura perché vivrete molte vite e vedrete posti incredibili da casa.
Studiate la grammatica perché la differenza tra un accento e un apostrofo non è mai un dettaglio.
Studiate la musica, l’arte e la poesia!
Perché la bellezza è emozione e terapia.
Studiate la fisica e la chimica perché nell’atomo e nelle molecole si celano energie potentissime.
Studiate!
Perché quando smetti di imparare smetti di vivere.
Studiate ciò che vi piace ma anche ciò che ora vi sembra inutile.
Perché un giorno, quando meno ve lo aspettate, ne capirete il senso.
Studiate!
Senza pretendere troppo da voi stessi e senza rinunciare mai allo svago, allo sport e alle emozioni.
Perché lo studio viene sempre dopo il vostro benessere!
Studiate!
Senza temere di dimenticare qualcosa.
Perché i buchi di memoria servono a fare spazio.
Perché la scuola serve a trasformare specchi in finestre, non a giudicarvi.
Francesco De Sanctis
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MARZAMEMI
Abbiamo lasciato il Gelsomineto per andare a mangiare. La Figlia mi chiede se conosco qualche trattoria li vicino. Le sorrido e le dico di chiamare un ristorante a Marzamemi. A Marzamemi, dopo le casette e le strade simili a tanti paesini sulla costa, ci abbraccia serena e luminosa la grande piazza che nasconde il mare, con la piccola chiesa, gli edifici dell’antica tonnara trasformati in ristoranti e negozi. È tornare indietro nel tempo, quando il mare era color corallo per il sangue dei tonni e le case accoglievano i pescatori , gli attrezzi per le gabbie in cui intrappolare i tonni e le nere Parascalmi, le barche su di cui ai lati della camera della morte, si eseguiva la rituale, drammatica mattanza (“sangu pi sangu”, sangue per avere sangue, come diceva mia nonna quando uccideva gli animali da cortile per nutrire tutti noi). La chiesa in piazza, non è un ornamento, ma il nodo tra la vita e la morte per cui Marzamemi è nata, l’incrocio tra il dolore e la vita, l’ultima certezza prima degli incerti giorni di un tempo. Ora invece il tempo sembra fermarsi nella solare serenità della piazza e che questa serenità contagia ogni persona che l’attraversa. I tavoli sulla piazza del ristorante prenotato sono vuoti. La Figlia, mi guarda preoccupata. “Vieni” le dico e la porto sul di dietro del ristorante dove, dopo un vicolo pieno di fiori, c’è una grande terrazza sopra gli scogli del mare. La terrazza è coperta da canne e la luce filtrando tra loro, assume una luminosità dorata. Intorno scuri scogli usurati dalle onde, bianca schiuma, il blù del mare, l’azzurro perfetto del cielo. I piccoli tavoli sono coperti da antiche tovaglie siciliane ricamate o fatte all’uncinetto mentre forchette e coltelli sono di quelli grandi e pesanti delle grandi occasioni. I bicchieri colorati ed i vecchi piatti siciliani, rendono quel luogo familiare alla memoria e unico tra tutti quei locali, che seguono temporanee mode e tendenze. Alla destra abbiamo una famiglia olandese con la madre che non starà zitta per tutto il pranzo mentre il marito, dirà solo due parole, “Pane prego” per fare la scarpetta nel salmorigghiu del pesce. Alla sinistra abbiamo una coppia francese, non più giovane che si guardano da innamorati e che parlano sottovoce dicendosi frasi che li fanno sorridere e riempiono i loro occhi di complicità e malizia. Scrivono nell’aria versi che nessun poeta potrà mai copiare e che restano intrappolare tra le canne del tetto e trai petali dei fiori. Arriva il responsabile di sala, in realtà un ragazzo con i capelli ricci e i baffetti alla Domenico Modugno che ci porta un menù colorato. Ordiniamo poche cose tra cui un calice di Grillo perché per raggiungere Marzamemi ho attraversato le terre dove nascono il Grillo e l’Inzolia. Terre bianche, secche, aride, bruciate dalla calura e mi stupisce come i vini di quella terra possano essere così profumati, sapendo di fiori e di vento. Forse nell’uva la vite mette i suoi sogni, quel suo voler essere nell’arida terra, fiori e bellezza e sono questi sogni che sentiamo nel vino e che alla fine donano ebrezza. Mangiamo ascoltando il mare, la brezza che attraversa le canne, osservando l’andare e venire di invisibili camerieri che percepisci solo per le gustose emozioni che lasciano sui tavoli. Lentamente mangiamo guardando i colori dei fiori, gli sguardi amorevoli degli innamorati, la gioia delle famiglie, il soffice silenzio in cui tutto si perde tra il profumo dei fiori del bianco Catarrato e la dolcezza assoluta della cassata. La lentezza con cui viviamo una necessità come nutrirsi diventa piacere, ci libera da ogni ansia donata dal correre dei minuti, ci da un senso di libertà che le grandi città ci hanno rubato. Così ci riprendiamo lo spazio e il tempo per essere felici, per dimenticare affanni, credere nella serenità e inventare nuovi sogni. In fondo, è questo Marzamemi. ( andando via l’olandese si ferma a guardare il mare che urta gli scogli. La moglie lo raggiunge e lo abbraccia osservando il mare con la sua testa appoggiata alla spalla del marito. Sono già ammalati di nostalgia).
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The Partisan - Leonard Cohen
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.....Oh, il vento, il vento soffia,
il vento soffia attraverso le tombe,
la libertà arriverà presto;
e arriverà dall'ombra....
The Partisan" è stata adatta dalla canzone della resistenza francese "La complainte du partisan", composta a Londra nel 1943 da Anna Marly e Emmanuel d'Astier de la Vigerie.
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POESIE IN PROGRESS
Capirei se fosse solo silenzio per chi ha l’anima intensa in quell’incrocio naturale della luna ad accogliere ogni coincidenza Sentirei la pioggia fragorosa nel suo tintinnare sulla mia pelle sottile e lo sguardo che non possiamo possedere per regalarti cose che non si comprano Ascolterei il vento nella sua amputazione a sconvolgere l’ordine naturale per trattenere il respiro e fermare il tempo ascoltare e rispondere all’indifferenza come un cono del sole sulla terra arida Scaverei solchi nel cuore che per riempirli rimanga il segno a scivolare lentamente nel brivido del giorno per sedurre la tua mente e corteggiare i pensieri con quell’orecchio che non sente e ignora lo sconcerto nell’armonia delle tue labbra Ti ruberei il colore di quel bacio come neve leggera nel suo manto ad inseguire un aquilone in un angolo di cielo per sentire il canto festoso della tua risata a sottrarre e togliere ogni spina del dolore Amerei la libertà di sorprenderci chiusi i ricordi dentro una valigia mentre gira a vuoto la ruota panoramica e ci incrociamo sul vecchio pontile guardando il mare.
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Abbandono
Abbandonare....
l'abbandono è una cura,
Detto cosi
Sembra sciocco
Ma non lo è..
Anche se l'inizio è stato e sarà amaro,
È un percorso che inizia con la tristezza, ma ti riporta la tua pace interiore.
A volte ci aggrappiamo a cose e persone anche se ci feriscono,
Ma nel momento del lasciar andare, scopri che il cuore diventa più leggero,
L'anima comincia a respirare liberamente dopo un periodo di sofferenza.
Lasciar andare non è una via di fuga, è una scelta per noi stessi.
La decisione di lasciare andare ciò che turba la nostra vita, anche se all’inizio è doloroso.
È una cura che non arriva subito,
Ma col passare del tempo, scoprirai che la vita migliorerà.
E tu sei più forte di quanto immaginavi.
Lasciar andare ti insegna a mettere te stessa al primo posto,
E senti la pace interiore che arriva solo dopo la decisione difficile.
Sii forte e lascia andare ciò che ti ferisce, non importa quanto lo ami, non sprecare le tue energie e i tuoi giorni della tua vita con persone che non ti danno autostima o amore per quello che sei. Ci sono concetti che non cambiano e persone che non cambieranno mai, non importa quanto ci provi. Alla fine, scoprirai che hai combattuto una guerra persa fin dall’inizio e che sei stato l’unico perdente...tu novello don chischotte
Contro i mulini a vento
Devi impare a sfruttare il vento
Non cercare di cambiarlo
Non versare tutti i tuoi pensieri, sentimenti e sforzi in una tazza rotta e rischiare di morire di fame e di sete
In un radioso giorno di agosto
Perche non riesci a vedere il sole
La luce che ti porti dentro
E rimani li a perdere tempo intorno al castello dell illusioni! Lascia andare
Lasciati andare
col tempo il dolore scomparirà lentamente sarà sostituito da un senso di soddisfazione per esserti aggrappato all'ultima cosa che ti era rimasta un attimo prima di arrenderti alla stupidita
, ovvero sarai grata di aver dato valore alla tua dignità.
Perché la dignità ha il sapore della libertà
Entrambi sono dei doveri verso noi stessi prima di essere diritti
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