#poesia antica
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Bianco come la notte
È notte e il mare fa il suo suono solito, fa sottofondo a una Luna che cerca il mio sguardo, vuole dirmi qualcosa, quella Femmina, quella Grande Madre tanto buona e tanto amata da chi conosce l'oro. Finisco di fumare una delle tante sigarette e penso che forse dovrei creare il sigillo più grande mai creato, uno di quelli capaci di vincolare i demoni delle costellazioni, di lasciare ammirato il coro delle anime pure che cantano intorno al creatore, di lasciare attonita tutta la natura, così che gli uccelli, i felini e tutte le creature riconoscano in me tale alterazione. Dovrei convincere la Luna a concedermi questo regalo, un dono per il suo figlio prediletto, che tanto ha fallito ma che tanto è appassionato. Reciterebbe così: "conoscenza e passione sono le padrone astio e indifferenza sono i castigati, l'occhio per l'oro, l'occhio per il tempo, l'occhio per Dio. Creare bene, brillare gli occhi, cervello sereno come il mare è perpetuo, voluttuoso come la notte, appaga il mio bisogno: capire e possedere di più dentro mentis, specchiato al di fuori". Dati questi sacri sigilli, o Madre, illuminami la via, rendi tuo figlio bianco. Obbedisco solo a te, oh Madre.
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Vieni.
Inseguimi tra i cunicoli della mia mente tastando al buio gli spigoli acuti delle mie paure. Trovami nell'angolo più nero, osservami. Raccoglimi dolcemente scrollando la polvere dai miei vestiti. Io ti seguirò. Ovunque.
Saffo esorta l’amore a entrare nella sua mente, dove è buio e ci sono spigoli ovunque creati dalle paure che ci affliggono. Lo sprona a trovarla nel suo angolo più nero, nell’ombra più vera, lo prega di raccoglierla dolcemente dalla sua stessa ombra e di scrollare la polvere che si è creata su di lei, simbolo di tutte le ceneri accumulatesi dal dolore passato. Poi però fa qualcosa di propositivo, gli dice che lo seguirà ovunque. Questo non sorprende. In fondo è proprio quello che cerchiamo. Lo sforzo iniziale di qualcuno di penetrane nella nostra ombra, in ciò che di più oscuro abbiamo dentro di noi e di non spaventarsi, ma anzi, di avere quel briciolo di coraggio per scrollare la cenere che si è creata nei secoli psicologici di traumi e sofferenze, a quel punto nasce la fiducia. Prima dell’amore è una questione di fiducia, perché l’amore è lì che aspetta per essere tirato fuori dalla sua gabbia ma la fiducia, quella è tutto un altro paio di maniche. Gli spigoli e i luoghi bui, la cenere, la abbiamo tutti, dobbiamo solo avere la forza quindi di spolverarci a vicenda, la fiducia che ci sarà qualcuno da spolverare e che ci spolveri genuinamente, che non si spaventi e fugga. - roberto bembo
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SOLES OCCIDERE ET REDIRE POSSUNT: NOBIS, CUM SEMEL OCCIDIT BREVIS LUX, NOX EST PERPETUA UNA DORMIENDA.
I soli possono cadere e tornare; per noi, quando la breve luce cade, c’è il sonno di una notte senza fine.
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Il ritorno, Rutilio Namaziano
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“Mi accorgo della primavera fiorita che sta arrivando;/ versate il più velocemente possibile nel cratere il vino/ e il miele”.
Alceo è il poeta simposiale per eccellenza e per i Greci ogni occasione era buona per banchettare: quale migliore circostanza dell’inizio della bella stagione?
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TAORMINA - PASSEGGIANDO
Nessun poeta può scrivere una poesia su Taormina perché Taormina è già poesia nel suo essere cielo e mare nella luce che la veste nella sua infinita primavera nei mille colori che l’accendono nel suo solare abbraccio perché qui nessun cuore può essere straniero o triste o vestirsi di malinconia o non credere nei sogni mentre parla con il mare dai suoi balconi fioriti da quel gradino del paradiso che è la sua piazza luminosa. Nessuno a Taormina può negare la bellezza o ignorare la felicità o non amare la vita. Perché Taormina è la luce del giorno è i versi di una tragedia nel teatro sospeso sul mare è il fascino dei palazzi medievali arrossati dal sole al tramonto Taormina è il sorriso delle sue bellissime donne è le lingue del mondo che qui trovano casa. Taormina è i suoi vicoli il verde ed i fiori che la vestono è il profumo dei suoi ristoranti l’ironia, la gioia delle scalinate il suo essere nobile e casta sensuale e provocante, sorella e amante ricca e generosa silenzio e musica. Taormina è abbracciare il nord è il lungo sereno viale che vive da levante a ponente è il suo volto rivolto a sud è il centro di tre mari lo specchio di sette cieli il tempo che si ferma la vita che scivola felice su i suoi antichi palazzi. Taormina è il crocevia di ogni poesia d’amore è le stelle d’agosto con cui le sue luci si confondono felici è il sospiro di amanti e poeti è la luna che la veste d’argento le nubi che la sfiorano la serenità che la culla il vento che l’accarezza. Taormina è il bello racchiuso nella sua profumata, antica multicolore, immensa, elegante anima mediterranea
TAORMINA - WALKING: No poet can write a poem about Taormina, because Taormina is already poetry, in its being sky and sea, in the light that dresses it, in its infinite spring, in the thousand colors that light it up in its sunny embrace because here no heart can be foreign or sad, or dress in melancholy, or not believe in dreams, while it speaks with the sea, from its flowered balconies, from that step of paradise, which is its luminous square. No one in Taormina can deny beauty, or ignore happiness, or not love life. Because Taormina is the light of day, it is the verses of a tragedy, in the theater suspended over the sea, it is the charm of the medieval buildings, reddened by the setting sun, Taormina is the smile of its beautiful women it is the languages of the world, which find a home here. Taormina is its alleys, the greenery and flowers that dress it, it is the scent of its restaurants, the irony, the joy of the stairways, its being noble and chaste, sensual and provocative, sister and lover, rich and generous silence and music. Taormina is embracing the north, it is the long serene avenue, which runs from east to west, it is its face facing south, it is the center of three seas the mirror of seven heavens, time that stops, life that slides happily, on its ancient buildings. Taormina is the crossroads of every love poem and the stars of August with which its lights happily merge is the sigh of lovers and poets it is the moon that dresses her in silver, the clouds that touch her, the serenity that cradles her, the wind that caresses her. Taormina is the beauty contained in its fragrant, ancient, multicoloured, immense, elegant Mediterranean soul
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Quando ami un'anima antica
di Luiza Fletcher
C'è un tipo speciale di persona in questo mondo che spesso viene fraintesa. Queste persone tendono ad essere solitarie, spiriti liberi, amanti innocenti. Vedono il mondo per tutto quello che possono e dovrebbero essere, anche se il mondo li vede raramente.
Sono le vecchie anime, i sognatori, le persone in sintonia con la vita, così intuitive di emozioni da spaventarci. Non ci spaventano per chi sono, ma per chi non siamo, per cosa ci manca.
Le anime antiche raggiungono profondità che non riusciamo a capire. Hanno un legame con Dio, con l'Universo, con la Natura, ed è per questo che sono le persone che cambieranno il mondo.
Spesso ci sentiamo inferiori, come se dovessimo sforzarci di rimanere lontanamente vicini al loro livello, per essere degni del loro amore.
Ci vuole una persona sicura di sé per amare un'anima vecchia. Ma ne vale la pena. Cambierà la tua vita.
Sono romantici, sono leali, ci aiutano a crescere, non sono materialisti, capiscono le connessioni profonde della vita, sono grati, sono esempi di coraggio.
Percorrono le strade più dolorose di questa vita, eppure in qualche modo trovano il coraggio di sorridere, spesso altruisti. Sostenere gli altri.
Amare una vecchia anima ed essere amati da una persona è un dono dell'universo!
[Immagine: Dipinto dell'artista americana Alice Ruggles Sohier (1880-1969). ]
Poesia, Tea ed io
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Gli Hobbit
Gli Hobbit sono una razza umanoide che vive nella Terra di Mezzo, principalmente nell'Eriador (vasta regione situata ad Ovest tra le Montagne Azzurre e le Montagne Nebbiose), in un paese che loro chiamano Contea, dove vivono in pace e ignari di ciò che accade nel resto del mondo.
Il terreno della Contea fu donato loro da Argeleb II (vecchio re del regno di Arnor) nel 1601 TE.
Sono un popolo sereno e gioviale, amano godersi la vita, il buon cibo e fumare l'erba pipa.
Il nome Hobbit
Gli Hobbit vengono chiamati in diverso modo, anche se pochi possono dire di averli conosciuti di persona (tra cui i Nani e i Raminghi). Hobbit è il termine hobbittish (loro dialetto nella lingua corrente) con il quale chiamano loro stessi "abitanti dei buchi". A Rohan vengono chiamati holbytla, nome che ha lo stesso significato di hobbit. I Dunedain invece si riferiscono a loro col termine "mezzuomini", per via del loro aspetto.
Aspetto
Gli Hobbit sono una razza umanoide di bassa statura (tra i 90 e i 120 cm) dai grossi piedi pelosi e dalla pianta così dura da rendere superflue le scarpe. Non hanno la barba ma possono avere lunghe basette e capelli folti, castani e bruni per la maggior parte. Quando nasce un hobbit biondo viene visto come un ottimo presagio.
Gli hobbit arrivano alla maggiore età a 33 anni, ma vengono considerati adulti raggiunti i 50. La loro prospettiva di vita è di 100 anni, i più longevi che vengono ricordati sono Il Vecchio Tuc e suo nipote Bilbo Beggins (130 e 131 anni rispettivamente).
Razze
Esistono 3 razze principali di hobbit e queste sono : I Pelopiedi (più scuri e bassi, non hanno la barba, hanno le mani piccole e agili e preferiscono la montagna alla pianura. Furono tra i primi a giungere nella Contea e si dice fossero grandi amici dei nani. Sono i più numerosi e vissero in caverne scavate nella terra), Gli Sturoi (con mani e piedi più grandi, preferiscono le pianure e le sponde dei fiumi. Si stabilirono sulle rive dell'Anduin per poi seguire i Pelopiedi verso ovest. Alcuni di loro hanno la barba) e i Paloidi (i più alti e chiari di pelle e di capelli. Amano i boschi e le foreste e sono i meno numerosi. Amano il canto, la poesia e l'artigianato, preferiscono la caccia. I più spericolati e avventurieri delle 3 razze.
Cultura
Gli Hobbit sono un popolo di antica origine, discreto e modesto, meno numerosi che in passato. Amano la pace , la tranquillità e la terra per coltivata. Sono ottimi artigiani e lavoratori. Sono un popolo estremamente timido infatti non hanno rapporti con gli altri abitanti della Terra di Mezzo. In passato erano amici dei nani, sono molto bravi a nascondersi dalla "gente alta". Tendono ad essere grassocci e pigri. Non indossano scarpe per via di una pianta del piede molto spessa e callosa. Hanno piedi grandi con una folta peluria ma in compenso hanno un viso più grazioso.
Amano bere e far festa. Sono tra i popoli coloro che si avvicinano di più agli uomini, e da loro hanno ereditato l'abilità nel costruire case (imparata a loro volta dagli elfi), ma a differenza loro tendono a costruire porte e finestre circolari in case costruite dentro la terra.
Il mondo ha quasi sempre ignorato la loro esistenza, cosa che li rende assai felici dato che non si interessano di ciò che non li tocca direttamente. Vivono in famiglia, Frodo e Bilbo con la loro vita solitaria sono delle eccezioni.
Origini
Le origini degli hobbit sono perlopiù sconosciute. Gli elfi sono gli unici che conservano registri di epoche così lontane e in questi registri loro parlano unicamente della loro storia. Si presuppone che fossero un popolo nomade, civilizzati grazie al contatto con gli uomini del nord. Vivevano nei pressi del Bosco Atro e per via delle continue incursioni di altri popoli decisero di andare ad ovest superando le Montagne Nebbiose. Tuttavia a causa delle lotte tra le forze di Angmar e i Dunedain, si spostarono ancora di più ad ovest passando da Le Colline Del Vento alla Terra di Brea. Qui, l'ultimo re del regno del nord (Argeleb II) concesse agli Hobbit il terreno in cui, dopo la fine di Arnor, prese il nome di Contea (poiché gli hobbit misero a capo un conte).
La Battaglia di Terreverdi
Negli anni successivi alla nascita della Contea ci fu un periodo di pace, anche perchè gli hobbit erano protetti a nord dai Raminghi che li difendevano dalle incursioni degli orchi. Tuttavia nel 2740 TE, un gruppo di orchi sfuggì dalla guardia dei raminghi e giunse sulla Contea. A salvare la situazione ci pensò l'hobbit Bandobras Ruggitoro Tuc (che si dice fosse abbastanza alto da cavalcare un cavallo adulto) che grazie ad un esercito di Hobbit scacciò gli orchi e di loro non vi fu più traccia. I racconti dicono che Bandobras staccò la testa dal corpo di Golfinbur (capo degli orchi) con una mazza, e che la testa andò a finire nella tana di un coniglio. Così nacque il gioco del golf, che gli hobbit tanto amano.
Il Crudele Inverno
Dieci anni dopo la Battaglia di Terreverdi ci fu un lungo inverno che mise ad dura prova gli hobbit. Il popolo fu decimato a causa del gelo e dalla fame. Si salvarono però grazie all'aiuto dei raminghi e di Gandalf. Proprio in questo periodo Gandalf prese a cuore gli hobbit, colpito dal loro coraggio e dalla loro forza.
Calendario della Contea
Spesso abbreviato con CC o SR (in inglese), è il calendario degli hobbit. Questo calendario differisce dagli altri della Terza Era di 1600 anni, poichè gli hobbit cominciarono a contare da quando si insediarono nella Contea ( nel 1601 TE). E' composto da 12 mesi da 30 giorni, a questi si aggiungono i 2 giorni di Yule (che cadono nei nostri 21/22 Dicembre, ovvero nel solstizio d'inverno) e 3 giorni festivi a metà anno (primo e terzo chiamati Lithe e il secondo Giorno di Mezzo Anno). Negli anni bisestili si aggiunge un giorno di festa chiamato Superlithe.
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"agonismo" (ἀγωνισμός «lotta/comando)
Nell'antica Grecia, per l'essere umano era previsto un solo modo di poter fieramente esistere alla prima persona singolare "io", sottraendosi così all'anonimato: eccellere nello sport per ricevere, insieme all'alloro, un canto che lo rendesse eterno.
Credo che poche epoche nella storia siano state più sfacciatamente competitive della Grecia antica in cui tutto o quasi era una gara dichiarata, anzi, un agone, dalla battaglia allo sport, dall'arte alla retorica; e il premio per ogni lotta, fisica o intellettuale, era sempre lo stesso: un pugno di versi immortali, cantati sin da Omero, fino a Pindaro, poi nella Tragedia come nella statuaria. Tutti generi che rendevano i vincitori simili a dei.
E' proprio per questa ragione, legata anche allo sport, che in Occidente è nato il genere poetico dedicato a cantare le gesta degli uomini (lirica) e non soltanto la gloria divina, come già accadeva da secoli. Di fatto si può dire che la poesia "laica" è anche un prodotto dello sport e viceversa, perché l'una si afferma nella stessa epoca dell'altro, nel VII secolo a.C., poco dopo la fondazione dei giochi Olimpici in onore di Zeus. Dopo i grandi ideali collettivi resi immortali da Omero, la gloria spetta adesso all'individuo singolo, con il suo nome e cognome, che eccellendo nello stadio rende grande la Grecia non più - o non solo - con le armi, ma con i suoi muscoli.
-Andrea Marcolongo (De arte gymnastica)
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I giochi del demonio
Ed ecco una figura severa
Essa mi guarda con uno sguardo penetrante
Come mai ne ho visti
Come mai ne vorrei vedere
Come se ci fosse un sortilegio
Che attiri sguardi simili addosso a me
Come se guardando quel viso tetro
Mi si attacchi addosso un maleficio
Che mi attiri sguardi simili inviati dal demonio
Che le persone che mi amano mi condannino
A una mezza vita
Come se la volessi
Come se non preferissi stare almeno da solo
Se non ho la forza di vivere con chi amo
E se avessi la forza dopo
Non sarebbe riconosciuta
Perché la Terra è territorio dei demoni
E gli uomini sono sottomessi alle loro leggi
E non tutti godono del potere di distogliersi
All'occorrenza dai loro ordini
Ho paura di non avere la forza di incidere la verità
Ho paura che sia inutile
Ho paura che non si possa cambiare una persona
Devo continuare a vivere
Spero che questi rimarranno brutte visioni soltanto
Ma adesso basta rammaricarsi
Meglio che cali il sipario e mi ritiri dentro di me
Mi riposo, sono stanco adesso
Di giocare ai giochi del demonio
Di vedere sempre gli oggetti della mia condanna
Con un anticipo tremendo
Come se non ci fosse più via di fuga
Io il segreto lo conosco
Ma forse è necessario che lo tenga nascosto
Come un oggetto prezioso
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STANOTTE
HO SCOPERTO UN BLOG
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IL CARATTERE
DEI ROMAGNOLI
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E niente, volevo dirvelo...
stanotte ho scoperto un Blog.
Un blog che all'inizio non gli daresti un soldo, perchè non ha proprio nulla di particolarmente moderno o tecnologico. Non c'è infatti nemmeno un briciolo di Intelligenza artificiale (A.I.), quella che si scorge è interamente intelligenza e sensibilità U-MA-NA !
Completamente umana.
Come dire? Umanamente si tratta di un prodotto D.OC. E' un blog scoperto per caso alle 4 di notte durante una fase di insonnia conclamata, assai comprensibile dopo l'alluvione che ci ha colpito.
Quindi lo ripeto, se vi aspettate numeri da circo o effetti speciali tecnologici vi dico di no. Non fa al caso vostro.
Da questo punto di vista, siete fuori strada sul blog, di questo, finora sconosciuto, (almeno per me), Francesco Satanassi da Forlì!!
🤷🏻♂️
Eppure io, lì dentro, ci sento come una intera miniera d'oro.
E vi leggo tutto il carattere, la forza indomita, la fierezza, l'anarchica indipendenza di giudizio, tipica dei romagnoli fra i suoi Post.
Perchè lì io sento le radici.
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Le radici di quella pianta bellissima che si chiama " ROMAGNA ".
La solida concretezza e la passionalità dei miei conterranei, che quando credono in certi valori...È PER SEMPRE.
E poi percepisco la medesima qualità, la stessa saggezza antica e contadina dei miei nonni. La loro dignità e la capacità di sentirsi ugualmente in armonia con la Terra, la Natura, con la Storia e con la semplicità e il piacere del vivere attraverso l'assaporare e l'apprezzare ogni tipo di emozione.
In estrema sintesi : il vivere senza freni, a perdifiato.
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Avverto nelle parole di questo Blogger di Forlì, la consapevolezza di non voler mai dimenticare il sacrificio e l' altruismo di chì è venuto prima di noi. Di chi ha saputo scegliere con coraggio e si è schierato per una causa ben precisa: l'antifascismo e la libertà, fino a sacrificare la propria piccola vita a favore di un bene e di valori ben più grandi del proprio misero egocentrismo. E ancor di più, ritrovo la schiettezza tipica delle persone dirette, che vanno dritte al cuore delle cose, perchè apprezzano la semplicità e la poesia e la verità che si nasconde nelle piccole cose concrete .
Così come emerge cosa sia davvero sacro: l'onorare con la nostra memoria i nostri antenati. Così come la capacità di diventare noi stessi "Storia", incarnandola con la passione che esprimiamo coi nostri giorni e col nostro corpo.
Sapere da dove veniamo, e cosa abbia attraversato chi è venuto prima di noi sul pianeta.
Ecco, se oggi penso, agli "angeli del fango" di Cesena e della Romagna intera, ai volontari che senza preavviso sono spuntati come funghi, per venirci ad aiutare nello spalare il fango in ogni cortile, in ogni scantinato, in ogni garage, ritrovo intero il carattere deila gente di Romagna.
Se penso ai ragazzi delle Superiori, agli Universitari che hanno scelto di scendere in strada, in autentici "battaglioni della solidarietà", ecco che io la ritrovo subito la continuità fra i nostri antenati e i romagnoli di oggi e ritrovo nel contempo, tutti i valori che esprime un Blog come " HANNO DETTO CHE PIOVE " di Francesco Satanassi.
Io lo vedo benissimo il filo di continuità che esiste in tutto questo.
È il filo dell'avere i piedi ben piantati per terra! Anzi, nel fango e nella melma. Ma starci dentro, per esserci, per contare, per mostrare alle persone più fragili, agli anziani, a chi ha perso la casa o tutto quel che c'era dentro, che la presenza e la solidarietà, non sono solo vuote parole sulla bocca del Politico di turno, che si lancia nella consueta "marchetta politica" con promesse sconsiderate, ma una pratica diffusa e collettiva. L'attitudine di una intera comunità di persone sensibili e responsabili.
Questi valori devono farsi musica, canzoni, condivisione!
Canzoni da cantare tutti insieme, in coro, non cercando l'impossibile unisono, ma raggiungendo un altro risultato miracoloso che è la coesione sociale, il sentirsi tutti parte di un unico essere, a cui diamo il nome di "collettività".
L'esempio della canzone "ROMAGNA MIA", cantata in mezzo al fango, ai rifiuti e ai detriti dell'alluvione, è illuminante.
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Pur non considerandola un capolavoro nè da un punto di vista poetico nè tantomeno musicale, quella canzone è però una "bomba atomica" dal punto di vista emotivo!
Una bomba di energia sociale, tutte le volte che inspiegabilmente permette l'aggregazione di centinaia di persone che si trovano a lavorare, senza tregua e senza compenso, perchè tutti insieme e ognuno individualmente, si avverte la comune responsabilità di dare una mano alla comunità a cui si appartiene.
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Penso ai volontari giunti da Amatrice, oppure a quelli arrivati da Reggio Emilia ( a cui avevamo dato una mano noi in occasione del terremoto dell'Emilia del 2012 ), o ancora, ai volontari giunti da L'aquila.
Mi coinvolge questa idea: una sorta di " fratellanza nella sventura ".
Avverto in tutte queste persone, al di là della provenienza da una determinata terra, proprio l'appartenenza ad una precisa tipologia umana, ad una "tempra" di cui io stesso, sento di essere parte.
"Chi vive all'incrocio dei venti ed è bruciato vivo" come canta il poeta-cantautore Francesco De Gregori nella sua sublime "Santa Lucia".
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Chi vive sporgendosi continuamente verso gli altri, affacciato verso l'universo dell'altro da una comune inquietudine umana ed esistenziale. Chi insomma vive e non ha paura della generosità, della gratuità, del dare aiuto senza chiedere nulla in cambio, e sempre, difendendo il valore del "restare umani" anche nelle situazioni più drammatiche della Storia.
È come avvertire un sangue comune che circola nelle vene di tutte queste persone: dai giovani romagnoli ai meno giovani, dai volontari del posto, a quelli arrivati dalle altre città. Tutte persone che "più li butti giù e più si rialzano" e più energia e carica umana, sono capaci di trasmetterti, consapevoli tutti quanti del valore del lavorare tutti per una buona causa.
Per tutto questo, mi sento grato anche a Francesco e al suo Blog per testimoniare cosa ci sia dietro la "Romagnolità".
Per darci con le sue parole intense e sentite, una lezione di umanità e di passione civile.
Per restituirci il buon sapore di tuttò ciò che è sentito e vissuto con l'anima, che poi é molto simile al sapore del pane caldo, appena sfornato, al suo profumo di buono.
Sono i valori che fanno della nostra comunità, un meraviglioso popolo che sa cos'è la fatica, l'impegno costante e la responsabilità verso gli altri, e insieme verso la propria coscienza di cittadini con gli occhi aperti.
Per noi in fondo è questo ciò che importa: il rimboccarsi le maniche tutti i santi giorni e lavorare finchè un lavoro, un'opera, un'impresa non sia finita, compiuta, realizzata.
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#Romagna interiore#Riflessioni#Blog che valgono#Valori e solidarietà#Volontariato#La Resistenza oggi
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"Sul sentiero dello sciamano: dialogo della vicinanza"
scultura raku - fulvia
Ispirato ad "Accordo reciproco" di Wassily Kandinsky
"Amami per ciò che vedi ad occhi chiusi
o per quello che senti
quando resto in silenzio.
Lo stesso farò io camminandoti accanto.
E se sarai con me, ti insegnerò a volare
e tu mi insegnerai a restare"
Antica poesia indiana
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Gli altri sono troppi, per me.
Ho un cuore eremita. Sono
impastata di silenzio e di vento.
Sono antica.
Mariangela Gualtieri, primi versi poesia
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Jiřì Kolàř
a cura di Gerwald Sonnberger e Egon Schiele Centrum Český Krumlov
Galleria Nazionale Arte Antica Palazzo Barberini, Roma 1998, 150 pagine, 21x29,5cm
euro 80,00
email if you want to buy [email protected]
Jiří Kolář è stato dagli anni Quaranta uno dei protagonisti della poesia visiva, ma la sua arte è legata in particolare alle infinite possibilità del collage, al superamento della bidimensionalità come valore tradizionale della pittura. Geniale autodidatta, il suo discorso figurativo ha preso spunto dai principi da lui scoperti in poesia, tradotti in modo molto originale nei suoi collages. Kolář ne fece una vera e propria scienza, elencando metodologicamente le 108 diverse tecniche di collage utilizzate e inventate nel suo Dizionario dei Metodi. Il suo mezzo di comunicazione creativa era il collage, la sostanza della sua arte la carta stampata.
03/03/24
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E amo le scritte sui muri, amo le incisioni, anche e forse soprattutto dove non dovrebbero essere. Incidi il tuo nome sul Colosseo, scrivi Monica ti amo sulle colonne di una chiesa storica, non ha importanza, anzi è bellissimo. Amo l'umanità, amo i segni che lascia. Amo chi vuole far sapere a tutti che io c'ero, ci sono, sono esistito ed ero qui; che io amo, io soffro, io sono scemino e voglio disegnare un cazzo.
È la poesia più alta di tutte, è la poesia più antica di tutte. Abbiamo sempre dipinto sui muri delle caverne e davvero non capisco perché e da quando è diventato sbagliato.
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La poesia d'amore più antica del mondo: La canzone d'amore di Shu-Sin
La poesia d’amore più antica del mondo è The Love Song for Shu-Sin (2000 aC circa) composta nell’antica Mesopotamia per l’uso in parte dei sacri riti della fertilità. Prima della sua scoperta nel 19° secolo e della sua traduzione nel 20°, si pensava che il biblico Cantico dei Cantici fosse il più antico poema d’amore esistente. Nel 19° secolo d.C., gli archeologi scesero nella regione della…
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#Bibbia#Arte#Artista#Assurbanipal#Babilonia#Cantico dei Cantici#Convivio#Costume#cultura#Diario#Donna#femminilità#Filosofia#Istanbul#La canzone d&039;amore di Shu-Sin#Linguaggio#Ninive#Noè#Opera#Sociologia#Storia
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