#poesia antica
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arnesaknussemm · 1 month ago
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I regali fatti agli amici non sono preda del fato:
avrai soltanto le ricchezze che hai donato.
Marco Valerio Marziale
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princessofmistake · 1 year ago
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Vieni.
Inseguimi tra i cunicoli della mia mente tastando al buio gli spigoli acuti delle mie paure. Trovami nell'angolo più nero, osservami. Raccoglimi dolcemente scrollando la polvere dai miei vestiti. Io ti seguirò. Ovunque.
Saffo esorta l’amore a entrare nella sua mente, dove è buio e ci sono spigoli ovunque creati dalle paure che ci affliggono. Lo sprona a trovarla nel suo angolo più nero, nell’ombra più vera, lo prega di raccoglierla dolcemente dalla sua stessa ombra e di scrollare la polvere che si è creata su di lei, simbolo di tutte le ceneri accumulatesi dal dolore passato. Poi però fa qualcosa di propositivo, gli dice che lo seguirà ovunque. Questo non sorprende. In fondo è proprio quello che cerchiamo. Lo sforzo iniziale di qualcuno di penetrane nella nostra ombra, in ciò che di più oscuro abbiamo dentro di noi e di non spaventarsi, ma anzi, di avere quel briciolo di coraggio per scrollare la cenere che si è creata nei secoli psicologici di traumi e sofferenze, a quel punto nasce la fiducia. Prima dell’amore è una questione di fiducia, perché l’amore è lì che aspetta per essere tirato fuori dalla sua gabbia ma la fiducia, quella �� tutto un altro paio di maniche. Gli spigoli e i luoghi bui, la cenere, la abbiamo tutti, dobbiamo solo avere la forza quindi di spolverarci a vicenda, la fiducia che ci sarà qualcuno da spolverare e che ci spolveri genuinamente, che non si spaventi e fugga. - roberto bembo
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pier-carlo-universe · 26 days ago
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"Parole tra le dita" di Autore Anonimo. "Lettura e passione: il ritratto di una musa tra libri e sogni". Recensione di Alessandria today
Poesia: “Parole tra le dita” Scorrono pagine tra le dita leggere,sussurrano storie al cuore in silenzio,un libro si apre come un destino,dipinto d’inchiostro e desiderio intenso. Il rosso scivola su seta e pensieri,mentre la luce danza sui capelli,sottili i segreti tra le righe nascoste,un soffio d’anima tra mondi ribelli. Leggo e vivo, mi perdo e ritorno,tra labbra socchiuse e sogni…
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francesco-nigri · 2 months ago
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La Declamazione Poetica
La Declamazione Poetica: Arte, Tecnica e Impatto Emotivo La declamazione poetica è una pratica antica e nobile, che fonde l’arte della parola con l’espressione corporea e vocale. Si distingue dalla semplice lettura perché implica un’interpretazione emotiva e performativa del testo poetico, trasformandolo in un’esperienza sensoriale e comunicativa più intensa. Questa pratica ha attraversato i…
#allitterazioni assonanze per creare effetti sonori coinvolgenti#assimilazione significato dei versi#attraverso voce e corpo declamatore rende testo vivo#avvendto della stampa poesia sempre più verso la scrittura#combinare voce immagini suoni#connessione autentica tra esseri umani#considerare non solo significato delle parole ma anche suono musicalità impatto performativo#corretta gestione respiro controllo ritmo emissione vocale#declamazione come riscoperta della poesia#declamazione efficace suscita emozioni#declamazione poetica arte che richiede consapevolezza testo ritmo voce corpo#declamazione poetica arte che unisce parola voce corpo in esperienza emotiva comunicativa unica#declamazione poetica atto di resistenza e bellezza#declamazione poetica autentica coinvolgente#declamazione poetica contesti culturali artistici#declamazione poetica emozione elemento chiave#declamazione poetica esperienza sensoriale comunicativa più intensa#declamazione poetica espressione corporea#declamazione poetica fisicità#declamazione poetica forma di espressione viva significativa#declamazione poetica implica interpretazione emotiva performativa del testo poetico#declamazione poetica nella letteratuta orale nella performance teatrale poetry slam#declamazione poetica non semplice lettura ad alta voce#declamazione poetica non semplice lettura ad alta voce ma arte che richiede consapevolezza del testo ritmo voce corpo#declamazione poetica non solo recitazione ma atto performativo che coinvolgeva pubblico emotivamente intellettualmente#declamazione poetica nuove forme di comunicazione#declamazione poetica ponte tra poeta e pubblico#declamazione poetica pratica antica nobile#declamazione poetica si distingue dalla semplice lettura#declamazione poetica voce ritmo timbro intensità
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diaryofanauthor · 8 months ago
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Il ritorno, Rutilio Namaziano
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oubliettederien · 1 year ago
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“Mi accorgo della primavera fiorita che sta arrivando;/ versate il più velocemente possibile nel cratere il vino/ e il miele”.
Alceo è il poeta simposiale per eccellenza e per i Greci ogni occasione era buona per banchettare: quale migliore circostanza dell’inizio della bella stagione?
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lunamagicablu · 4 months ago
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Trova il tempo di riflettere, è la fonte della forza. Trova il tempo di giocare, è il segreto della giovinezza. Trova il tempo di leggere, è la base del sapere. Trova il tempo di essere gentile, è la strada della felicità. Trova il tempo di sognare, è il sentiero che porta alle stelle. Trova il tempo di amare, è la vera gioia di vivere. Trova il tempo d'essere sereno, è la musica dell'anima.
(Antica poesia irlandese) ********************* Find time to think, it is the source of strength. Find time to play, it is the secret of youth. Find time to read, it is the foundation of knowledge. Find time to be kind, it is the road to happiness. Find time to dream, it is the path to the stars. Find time to love, it is the true joy of living. Find time to be serene, it is the music of the soul.
(Ancient Irish poem) 
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fashionbooksmilano · 4 months ago
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Jiří Kolář
Gerwald Sonnberger, Egon Schiele Centrum Český Ktumlov
Galleria Nazionale d'Arte Antica Palazzo Barberini, Roma 1998 , 140 pages, 21x29,5cm,
euro 80,00
email if you want to buy [email protected]
Mostra Galleria Nazionale d'Arte Antica Palazzo Barberini Roma 21 maggio-28 giugno 1998 nell'ambito della mostra Jiří Kolář e il Collage Ceco
Jiří Kolář nasce nel 1914 a Protivín in Boemia. Nel 1922 si trasferisce a Kladno vicino a Praga. Dopo un’adolescenza caratterizzata da lavori fortuiti, a sedici anni scopre l’edizione ceca di “Les mots en liberté futuristes” di Filippo Tommaso Marinetti, che lo conduce nel mondo della poesia moderna, fondamentale per la sua futura ricerca artistica. Grazie all’incontro con il Surrealismo inizia a lavorare con la tecnica del collage. Nel 1937 espone per la prima volta al Mozarteum di Praga. Nel 1941, durante l’occupazione tedesca, esce la sua prima raccolta di poesie e l’anno seguente fonda il “Gruppo 42” insieme ad altri artisti. Tra il 1946 e il 1948 compie alcuni viaggi a Parigi, in Germania e in Gran Bretagna e qualche anno dopo esce Il Fegato di Prometeo (1952) nel quale, unendo le immagini alla poesia e alla prosa, denuncia la drammatica situazione cecoslovacca dopo l’avvento del regime comunista; una dura verità che insieme ad altri scritti gli costa il carcere per nove mesi e il divieto di pubblicazione fino al 1964. Verso la fine degli anni Sessanta espone in Germania e in Brasile dove nel 1969 è premiato alla X Biennale di San Paolo quindi in Canada e in Giappone. Nel ‘75, nel ‘78 e nell‘85 il Solomon R. Guggenheim Museum di New York gli dedica tre importanti mostre personali (Kolář e Picasso sono gli unici artisti che, da viventi, hanno avuto l’onore di tre mostre personali presso il Guggenheim di New York). Seguiranno molte altre esposizioni in tutto il mondo. Nel 1983 conclude il “Dizionario dei metodi”, una raccolta con tutte le tecniche utilizzate per la realizzazione delle sue opere: collage, ventilages, chiasmages, confrontages, etc. Le sue opere sono presenti nei maggiori musei del mondo. Nel 1991 riceve il Premio Seifert e viene nominato cittadino onorario di Praga, dove muore nell’agosto del 2002.
É del 2012 un’importante retrospettiva presso il MOCAK di Cracovia, mentre nel 2014 si è tenuta una mostra antologica presso la Kunstforum Ostdeutsche Galerie di Regensburg, in Germania ed una mostra-tributo in onore del centenario della nascita dell’artista (September 23, 2014 – February 8, 2015) presso il Museum Kampa di Praga.
L’anno successivo una mostra antologica con più di 160 lavori gli è stata dedicata a Prato presso la Galleria Open Art ed il museo di Pittura Murale di San Domenico.
14/12/24
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sciatu · 2 years ago
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TAORMINA - PASSEGGIANDO
Nessun poeta può scrivere una poesia su Taormina perché Taormina è già poesia nel suo essere cielo e mare nella luce che la veste nella sua infinita primavera nei mille colori che l’accendono nel suo solare abbraccio perché qui nessun cuore può essere straniero o triste o vestirsi di malinconia o non credere nei sogni mentre parla con il mare dai suoi balconi fioriti da quel gradino del paradiso che è la sua piazza luminosa. Nessuno a Taormina può negare la bellezza o ignorare la felicità o non amare la vita. Perché Taormina è la luce del giorno è i versi di una tragedia nel teatro sospeso sul mare è il fascino dei palazzi medievali arrossati dal sole al tramonto Taormina è il sorriso delle sue bellissime donne è le lingue del mondo che qui trovano casa. Taormina è i suoi vicoli il verde ed i fiori che la vestono è il profumo dei suoi ristoranti l’ironia, la gioia delle scalinate il suo essere nobile e casta sensuale e provocante, sorella e amante ricca e generosa silenzio e musica. Taormina è abbracciare il nord è il lungo sereno viale che vive da levante a ponente è il suo volto rivolto a sud è il centro di tre mari lo specchio di sette cieli il tempo che si ferma la vita che scivola felice su i suoi antichi palazzi. Taormina è il crocevia di ogni poesia d’amore è le stelle d’agosto con cui le sue luci si confondono felici è il sospiro di amanti e poeti è la luna che la veste d’argento le nubi che la sfiorano la serenità che la culla il vento che l’accarezza. Taormina è il bello racchiuso nella sua profumata, antica multicolore, immensa, elegante anima mediterranea
TAORMINA - WALKING: No poet can write a poem about Taormina, because Taormina is already poetry, in its being sky and sea, in the light that dresses it, in its infinite spring, in the thousand colors that light it up in its sunny embrace because here no heart can be foreign or sad, or dress in melancholy, or not believe in dreams, while it speaks with the sea, from its flowered balconies, from that step of paradise, which is its luminous square. No one in Taormina can deny beauty, or ignore happiness, or not love life. Because Taormina is the light of day, it is the verses of a tragedy, in the theater suspended over the sea, it is the charm of the medieval buildings, reddened by the setting sun, Taormina is the smile of its beautiful women it is the languages of the world, which find a home here. Taormina is its alleys, the greenery and flowers that dress it, it is the scent of its restaurants, the irony, the joy of the stairways, its being noble and chaste, sensual and provocative, sister and lover, rich and generous silence and music. Taormina is embracing the north, it is the long serene avenue, which runs from east to west, it is its face facing south, it is the center of three seas the mirror of seven heavens, time that stops, life that slides happily, on its ancient buildings. Taormina is the crossroads of every love poem and the stars of August with which its lights happily merge is the sigh of lovers and poets it is the moon that dresses her in silver, the clouds that touch her, the serenity that cradles her, the wind that caresses her. Taormina is the beauty contained in its fragrant, ancient, multicoloured, immense, elegant Mediterranean soul
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susieporta · 1 month ago
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L'Eremita
"La Relazione come Miracolo d'Amore".
Ciò che è Antico, non è sempre semplice da riconoscere.
Occorre osservarlo con accuratezza.
Si muove attraverso i Codici della Parola, della Mimica, della Prossemica.
Si sviluppa attorno a contenuti di Relazione che non prevedono variabili sul tema centrale, che non offrono vie alternative di funzionamento, che si ripetono come dischi rotti all'interno dei dialoghi tra le persone.
Nei conflitti si nascondono "copioni millenari".
Nelle varie espressioni di rabbia e risentimento tra gli Esseri Umani, si annidano ereditati ruoli cristallizzati, irretiti, scolpiti nella pietra.
Nei dialoghi di "Antica rappresentazione", soprattutto quelli legati all'intimità e alla vicinanza affettiva, la battaglia si accende per qualsiasi "passo falso" pretestuoso dell'Altro, seppur apparentemente insignificante.
In genere si tende a rivendicare il "campo della ragione".
Magari alla fine dell'accesa discussione, c'è un "finto vincitore".
Magari l'Altro, ad un certo punto, esce di scena sconfitto, arretra addolorato senza aver "compreso" nulla di se stesso e delle ragioni dell'Altro.
Magari annega poi nei suoi canonici sensi di colpa, nel risentimento, nell'impotenza, nella sofferenza, nell'umiliazione.
Nessuno si preoccupa di questo.
Nessuno tenta davvero di offrire la possibilità all'Altro di rompere lo schema, di offrire spunti nuovi, di trovare soluzioni inedite, o di condividere con piena onestà i contenuti di sofferenza che sottendono alla relazione ferita: "Guardami, riconoscimi, accettami, amami, resta con me".
Ed è così che gli Altri diventano il "nemico" da combattere. E noi i "guerrieri della Solitudine".
Marzo ci offre la possibilità di re-interpretare in modo inedito lo schema distruttivo insito in questi meccanismi seriali.
Per stupire noi stessi e l'Altro con "effetti speciali".
Portando per la prima volta una netta frattura nei consueti "Codici di scambio".
Amando senza perdita, senza dolore, senza rivendicazione.
Offrendo un'alternativa al solito dialogo privo di via d'uscita, costellato da accordi basati sulle antiche "dinamiche specchio" del rifiuto, della mancanza, della richiesta di "risarcimento danni".
La "creatività relazionale", sostenuta dai recenti Codici di Attivazione, inizierà presto ad irrompere in tutte le situazioni stagnanti del Passato, nelle pieghe delle incomprensioni di coppia, nelle amicizie ripiegate nell'aspettativa, nelle condizioni lavorative ed espressive.
Per assumere una prospettiva diversa, un'angolatura che non avevamo considerato, un ascolto che non è "bisogno" o "scontro tra vittima e carnefice", ma Condivisione.
Nessuno può impoverire l'Altro dei suoi meravigliosi Doni interiori, se è caduto definitivamente lo schema interiore della perdita.
Nessuno "fallisce" nel suo intento più profondo, se è venuta meno la ferita del mancato riconoscimento.
Nessuno resta solo e incompreso, se non è ancora gravato dalla pesante esperienza emotiva dell'abbandono.
Marzo ci invita ad assistere alla miracolosa germogliazione dei primi "semi dell'Innovazione".
Ci guida a sperimentare "soluzioni nuove e creative" dentro a schemi ormai superati, incancreniti, irrisolvibili, intoccabili.
Ci "monitora" mentre tentiamo, cadiamo, ci rialziamo. Con sguardo divertito, ma anche estremamente amorevole.
Come un buon Padre, consapevole e presente in ogni istante della crescita del figlio. Un Padre che sa che, sotto la sua attenta supervisione e tutela, non c'è alcun pericolo per il suo bambino interiore nell'entrare in contatto con la Vita, con l'esperienza, con l'Amore.
Può esserci solo scoperta e stupore.
Marzo è ancora lungo.
Si rivelerà nella sua imprevedibile e frizzantina ricchezza di emozioni, di sensazioni, di "apparenti" viaggi all'indietro, seguiti poi da balzi in avanti "quantici",
Sarà "incantesimo e poesia".
Sarà "grazia ed eleganza".
Sarà pieno zeppo di "andate e di ritorni" da spezzare il fiato.
Con l'intento finale, unico e straordinario, di condurci mano nella mano a scoprire il "cambiamento epocale di Struttura" avvenuto dentro di noi negli ultimi mesi.
A fine Marzo avremo in tasca la conferma definitiva che nulla, proprio nulla, nelle profondità del nostro Sè, è più pre-determinato dal Vecchio, né tantomeno corrispondente agli antichi modelli di Relazione.
Ma tempo al tempo.
Nei prossimi giorni, si potranno osservare dei cambiamenti di assoluta eccezionalità nella Coscienza Collettiva. E miracolosi "salti quantici" in quella individuale.
Resteremo senza parole di fronte alla "rarità trasformativa" dei prossimi passaggi.
Individui apparentemente "morti dentro" avranno un "sobbalzamento" improvviso. Un "salto sulla sedia" inatteso e improponibile prima di oggi.
Sarà il primo segnale della "Primavera dei Miracoli".
Era tanto attesa dalle Anime del Diamante.
Occhio agli "scossoni interiori" e alle innumerevoli novità materiali e relazionali.
Calma e gesso. Presenza e discernimento. E, come sempre, "attenzione a dove si mettono i piedi".
Mirtilla Esmeralda
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princessofmistake · 4 months ago
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"La poesia più breve è un nome." Che pensiero curioso. Considerare che un nome, una sola parola, può racchiudere così tanto — eppure così poco. Forse è la forma più pura di poesia, distillata alla sua essenza. Un nome è un segno, un simbolo, un suono. Ma in quel suono fugace si nasconde l'intera storia di una persona, di un luogo, di un'idea. Prendiamo, ad esempio, le opere senza tempo di Shakespeare. Si potrebbe sostenere che Shakespeare, in tutto il suo genio, abbia compreso il potere di un nome meglio di chiunque altro. Romeo e Giulietta: quei due soli nomi, pronunciati nel silenzio di un teatro, suscitano emozioni. La faida tra i Montecchi e i Capuleti non è semplicemente una faida di famiglie, ma di identità, di nomi che racchiudono in sé generazioni di significati, amore e dolore. Giulietta dice: “Cosa c'è in un nome? Quella che chiamiamo rosa con un altro nome avrebbe lo stesso profumo”. Eppure, nonostante la sua protesta, il nome Montecchi ha ancora un peso. Non è solo una parola; è un lignaggio, un fardello, un'eredità. Lei lo sa, Romeo lo sa. E ad ogni pronuncia dei loro nomi, sentono sia l'attrazione del destino che il peso della storia. L'etimologia stessa della parola nome è affascinante. Dall'inglese antico nama, derivato dal protogermanico namô, risale ancora più indietro al protoindoeuropeo nomen, che significa “nominare” o “chiamare”. Il nome, nella sua forma più antica, era un richiamo, un modo per evocare qualcuno o qualcosa. Era un potere, e con il potere arrivava l'identità. Diventava un legame, un filo che collegava gli individui alle loro comunità, ai loro antenati, al loro destino. Che cos'è allora un nome? È molto più che un accozzaglia di lettere. È una rivendicazione. Un nome è un dono, ma a volte sembra più una condanna. Nei nostri nomi ereditiamo eredità di amore, ma anche di conflitti, di aspettative. Dal momento in cui ci viene dato un nome, esso inizia a plasmarci. Diventa parte del nostro paesaggio emotivo. Ci cresciamo dentro, o a volte ci ribelliamo ad esso, cercando di ridefinire chi siamo a prescindere da esso. In un certo senso, i nomi sono uno specchio. Ci riflettono chi siamo e chi siamo destinati a essere. Ma sono anche in continua evoluzione, perché il modo in cui ci chiamiamo, in cui ci rivolgiamo, definisce il modo in cui siamo visti. Considerate le emozioni che si provano intorno a un nome: l'emozione di sentire qualcuno pronunciare il vostro nome con amore, il dolore quando viene pronunciato con rabbia. C'è potere in un nome che viene sussurrato, che viene gridato, che viene scritto in una lettera, che viene inciso nella pietra. Ma forse il vero peso di un nome deriva dal suo legame con qualcun altro. Quando chiamiamo un altro per nome, lo riconosciamo. Convalidiamo la sua esistenza. Il semplice atto di pronunciare il nome di qualcuno ci lega in un modo che le parole da sole non possono fare. E cosa c'è di più poetico di questo? Un nome, la più breve delle poesie, è un ponte tra i cuori, un riconoscimento di chi siamo in relazione gli uni agli altri. Le grandi tragedie di Shakespeare ce lo ricordano. I nomi Amleto, Ofelia, Macbeth, Lear: ognuno è un filo di un complesso arazzo di emozioni, legami e conseguenze. Ma forse, alla fine, ciò che conta davvero è il nome che ci lasciamo alle spalle. Non perché durerà per sempre, ma perché è stata la poesia che abbiamo vissuto, quella che abbiamo portato con noi, che abbiamo sussurrato sulle labbra di chi abbiamo amato e che abbiamo impresso per sempre nel mondo che abbiamo toccato. Quindi, sì, la poesia più breve è un nome. È una poesia che, una volta pronunciata, può riecheggiare attraverso il tempo, attraverso le generazioni, attraverso i cuori.
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pier-carlo-universe · 3 months ago
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"La Via Antica" di Umberto Saba: Un viaggio poetico attraverso memoria e identità. Recensione di Alessandria today
Umberto Saba (1883-1957) è uno dei più grandi poeti italiani del Novecento. Nato a Trieste, ha vissuto la transizione della sua città natale tra culture diverse, un elemento che ha profondamente influenzato la sua poetica
Ritornare alle origini con la poesia.La poesia “La Via Antica”, attribuita al grande poeta Umberto Saba, ci trasporta tra i vicoli di una città lontana nel tempo, intrecciando immagini di quotidianità e memorie di un passato intriso di emozioni. Con un linguaggio evocativo e ricco di simbolismo, Saba esplora il senso di appartenenza, il rapporto tra l’uomo e le sue radici, e l’intima connessione…
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calim3ro · 6 months ago
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Gli Hobbit
Gli Hobbit sono una razza umanoide che vive nella Terra di Mezzo, principalmente nell'Eriador (vasta regione situata ad Ovest tra le Montagne Azzurre e le Montagne Nebbiose), in un paese che loro chiamano Contea, dove vivono in pace e ignari di ciò che accade nel resto del mondo.
Il terreno della Contea fu donato loro da Argeleb II (vecchio re del regno di Arnor) nel 1601 TE.
Sono un popolo sereno e gioviale, amano godersi la vita, il buon cibo e fumare l'erba pipa.
Il nome Hobbit
Gli Hobbit vengono chiamati in diverso modo, anche se pochi possono dire di averli conosciuti di persona (tra cui i Nani e i Raminghi). Hobbit è il termine hobbittish (loro dialetto nella lingua corrente) con il quale chiamano loro stessi "abitanti dei buchi". A Rohan vengono chiamati holbytla, nome che ha lo stesso significato di hobbit. I Dunedain invece si riferiscono a loro col termine "mezzuomini", per via del loro aspetto.
Aspetto
Gli Hobbit sono una razza umanoide di bassa statura (tra i 90 e i 120 cm) dai grossi piedi pelosi e dalla pianta così dura da rendere superflue le scarpe. Non hanno la barba ma possono avere lunghe basette e capelli folti, castani e bruni per la maggior parte. Quando nasce un hobbit biondo viene visto come un ottimo presagio.
Gli hobbit arrivano alla maggiore età a 33 anni, ma vengono considerati adulti raggiunti i 50. La loro prospettiva di vita è di 100 anni, i più longevi che vengono ricordati sono Il Vecchio Tuc e suo nipote Bilbo Beggins (130 e 131 anni rispettivamente).
Razze
Esistono 3 razze principali di hobbit e queste sono : I Pelopiedi (più scuri e bassi, non hanno la barba, hanno le mani piccole e agili e preferiscono la montagna alla pianura. Furono tra i primi a giungere nella Contea e si dice fossero grandi amici dei nani. Sono i più numerosi e vissero in caverne scavate nella terra), Gli Sturoi (con mani e piedi più grandi, preferiscono le pianure e le sponde dei fiumi. Si stabilirono sulle rive dell'Anduin per poi seguire i Pelopiedi verso ovest. Alcuni di loro hanno la barba) e i Paloidi (i più alti e chiari di pelle e di capelli. Amano i boschi e le foreste e sono i meno numerosi. Amano il canto, la poesia e l'artigianato, preferiscono la caccia. I più spericolati e avventurieri delle 3 razze.
Cultura
Gli Hobbit sono un popolo di antica origine, discreto e modesto, meno numerosi che in passato. Amano la pace , la tranquillità e la terra per coltivata. Sono ottimi artigiani e lavoratori. Sono un popolo estremamente timido infatti non hanno rapporti con gli altri abitanti della Terra di Mezzo. In passato erano amici dei nani, sono molto bravi a nascondersi dalla "gente alta". Tendono ad essere grassocci e pigri. Non indossano scarpe per via di una pianta del piede molto spessa e callosa. Hanno piedi grandi con una folta peluria ma in compenso hanno un viso più grazioso.
Amano bere e far festa. Sono tra i popoli coloro che si avvicinano di più agli uomini, e da loro hanno ereditato l'abilità nel costruire case (imparata a loro volta dagli elfi), ma a differenza loro tendono a costruire porte e finestre circolari in case costruite dentro la terra.
Il mondo ha quasi sempre ignorato la loro esistenza, cosa che li rende assai felici dato che non si interessano di ciò che non li tocca direttamente. Vivono in famiglia, Frodo e Bilbo con la loro vita solitaria sono delle eccezioni.
Origini
Le origini degli hobbit sono perlopiù sconosciute. Gli elfi sono gli unici che conservano registri di epoche così lontane e in questi registri loro parlano unicamente della loro storia. Si presuppone che fossero un popolo nomade, civilizzati grazie al contatto con gli uomini del nord. Vivevano nei pressi del Bosco Atro e per via delle continue incursioni di altri popoli decisero di andare ad ovest superando le Montagne Nebbiose. Tuttavia a causa delle lotte tra le forze di Angmar e i Dunedain, si spostarono ancora di più ad ovest passando da Le Colline Del Vento alla Terra di Brea. Qui, l'ultimo re del regno del nord (Argeleb II) concesse agli Hobbit il terreno in cui, dopo la fine di Arnor, prese il nome di Contea (poiché gli hobbit misero a capo un conte).
La Battaglia di Terreverdi
Negli anni successivi alla nascita della Contea ci fu un periodo di pace, anche perchè gli hobbit erano protetti a nord dai Raminghi che li difendevano dalle incursioni degli orchi. Tuttavia nel 2740 TE, un gruppo di orchi sfuggì dalla guardia dei raminghi e giunse sulla Contea. A salvare la situazione ci pensò l'hobbit Bandobras Ruggitoro Tuc (che si dice fosse abbastanza alto da cavalcare un cavallo adulto) che grazie ad un esercito di Hobbit scacciò gli orchi e di loro non vi fu più traccia. I racconti dicono che Bandobras staccò la testa dal corpo di Golfinbur (capo degli orchi) con una mazza, e che la testa andò a finire nella tana di un coniglio. Così nacque il gioco del golf, che gli hobbit tanto amano.
Il Crudele Inverno
Dieci anni dopo la Battaglia di Terreverdi ci fu un lungo inverno che mise ad dura prova gli hobbit. Il popolo fu decimato a causa del gelo e dalla fame. Si salvarono però grazie all'aiuto dei raminghi e di Gandalf. Proprio in questo periodo Gandalf prese a cuore gli hobbit, colpito dal loro coraggio e dalla loro forza.
Calendario della Contea
Spesso abbreviato con CC o SR (in inglese), è il calendario degli hobbit. Questo calendario differisce dagli altri della Terza Era di 1600 anni, poichè gli hobbit cominciarono a contare da quando si insediarono nella Contea ( nel 1601 TE). E' composto da 12 mesi da 30 giorni, a questi si aggiungono i 2 giorni di Yule (che cadono nei nostri 21/22 Dicembre, ovvero nel solstizio d'inverno) e 3 giorni festivi a metà anno (primo e terzo chiamati Lithe e il secondo Giorno di Mezzo Anno). Negli anni bisestili si aggiunge un giorno di festa chiamato Superlithe.
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crazy-so-na-sega · 8 months ago
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"agonismo" (ἀγωνισμός «lotta/comando)
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Nell'antica Grecia, per l'essere umano era previsto un solo modo di poter fieramente esistere alla prima persona singolare "io", sottraendosi così all'anonimato: eccellere nello sport per ricevere, insieme all'alloro, un canto che lo rendesse eterno.
Credo che poche epoche nella storia siano state più sfacciatamente competitive della Grecia antica in cui tutto o quasi era una gara dichiarata, anzi, un agone, dalla battaglia allo sport, dall'arte alla retorica; e il premio per ogni lotta, fisica o intellettuale, era sempre lo stesso: un pugno di versi immortali, cantati sin da Omero, fino a Pindaro, poi nella Tragedia come nella statuaria. Tutti generi che rendevano i vincitori simili a dei.
E' proprio per questa ragione, legata anche allo sport, che in Occidente è nato il genere poetico dedicato a cantare le gesta degli uomini (lirica) e non soltanto la gloria divina, come già accadeva da secoli. Di fatto si può dire che la poesia "laica" è anche un prodotto dello sport e viceversa, perché l'una si afferma nella stessa epoca dell'altro, nel VII secolo a.C., poco dopo la fondazione dei giochi Olimpici in onore di Zeus. Dopo i grandi ideali collettivi resi immortali da Omero, la gloria spetta adesso all'individuo singolo, con il suo nome e cognome, che eccellendo nello stadio rende grande la Grecia non più - o non solo - con le armi, ma con i suoi muscoli.
-Andrea Marcolongo (De arte gymnastica)
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klimt7 · 2 years ago
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STANOTTE
HO SCOPERTO UN BLOG
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youtube
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IL CARATTERE
DEI ROMAGNOLI
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E niente, volevo dirvelo...
stanotte ho scoperto un Blog.
Un blog che all'inizio non gli daresti un soldo, perchè non ha proprio nulla di particolarmente moderno o tecnologico. Non c'è infatti nemmeno un briciolo di Intelligenza artificiale (A.I.), quella che si scorge è interamente intelligenza e sensibilità U-MA-NA !
Completamente umana.
Come dire? Umanamente si tratta di un prodotto D.OC. E' un blog scoperto per caso alle 4 di notte durante una fase di insonnia conclamata, assai comprensibile dopo l'alluvione che ci ha colpito.
Quindi lo ripeto, se vi aspettate numeri da circo o effetti speciali tecnologici vi dico di no. Non fa al caso vostro.
Da questo punto di vista, siete fuori strada sul blog, di questo, finora sconosciuto, (almeno per me), Francesco Satanassi da Forlì!!
🤷🏻‍♂️
Eppure io, lì dentro, ci sento come una intera miniera d'oro.
E vi leggo tutto il carattere, la forza indomita, la fierezza, l'anarchica indipendenza di giudizio, tipica dei romagnoli fra i suoi Post.
Perchè lì io sento le radici.
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Le radici di quella pianta bellissima che si chiama " ROMAGNA ".
La solida concretezza e la passionalità dei miei conterranei, che quando credono in certi valori...È PER SEMPRE.
E poi percepisco la medesima qualità, la stessa saggezza antica e contadina dei miei nonni. La loro dignità e la capacità di sentirsi ugualmente in armonia con la Terra, la Natura, con la Storia e con la semplicità e il piacere del vivere attraverso l'assaporare e l'apprezzare ogni tipo di emozione.
In estrema sintesi : il vivere senza freni, a perdifiato.
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Avverto nelle parole di questo Blogger di Forlì, la consapevolezza di non voler mai dimenticare il sacrificio e l' altruismo di chì è venuto prima di noi. Di chi ha saputo scegliere con coraggio e si è schierato per una causa ben precisa: l'antifascismo e la libertà, fino a sacrificare la propria piccola vita a favore di un bene e di valori ben più grandi del proprio misero egocentrismo. E ancor di più, ritrovo la schiettezza tipica delle persone dirette, che vanno dritte al cuore delle cose, perchè apprezzano la semplicità e la poesia e la verità che si nasconde nelle piccole cose concrete .
Così come emerge cosa sia davvero sacro: l'onorare con la nostra memoria i nostri antenati. Così come la capacità di diventare noi stessi "Storia", incarnandola con la passione che esprimiamo coi nostri giorni e col nostro corpo.
Sapere da dove veniamo, e cosa abbia attraversato chi è venuto prima di noi sul pianeta.
Ecco, se oggi penso, agli "angeli del fango" di Cesena e della Romagna intera, ai volontari che senza preavviso sono spuntati come funghi, per venirci ad aiutare nello spalare il fango in ogni cortile, in ogni scantinato, in ogni garage, ritrovo intero il carattere deila gente di Romagna.
Se penso ai ragazzi delle Superiori, agli Universitari che hanno scelto di scendere in strada, in autentici "battaglioni della solidarietà", ecco che io la ritrovo subito la continuità fra i nostri antenati e i romagnoli di oggi e ritrovo nel contempo, tutti i valori che esprime un Blog come " HANNO DETTO CHE PIOVE " di Francesco Satanassi.
Io lo vedo benissimo il filo di continuità che esiste in tutto questo.
È il filo dell'avere i piedi ben piantati per terra! Anzi, nel fango e nella melma. Ma starci dentro, per esserci, per contare, per mostrare alle persone più fragili, agli anziani, a chi ha perso la casa o tutto quel che c'era dentro, che la presenza e la solidarietà, non sono solo vuote parole sulla bocca del Politico di turno, che si lancia nella consueta "marchetta politica" con promesse sconsiderate, ma una pratica diffusa e collettiva. L'attitudine di una intera comunità di persone sensibili e responsabili.
Questi valori devono farsi musica, canzoni, condivisione!
Canzoni da cantare tutti insieme, in coro, non cercando l'impossibile unisono, ma raggiungendo un altro risultato miracoloso che è la coesione sociale, il sentirsi tutti parte di un unico essere, a cui diamo il nome di "collettività".
L'esempio della canzone "ROMAGNA MIA", cantata in mezzo al fango, ai rifiuti e ai detriti dell'alluvione, è illuminante.
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Pur non considerandola un capolavoro nè da un punto di vista poetico nè tantomeno musicale, quella canzone è però una "bomba atomica" dal punto di vista emotivo!
Una bomba di energia sociale, tutte le volte che inspiegabilmente permette l'aggregazione di centinaia di persone che si trovano a lavorare, senza tregua e senza compenso, perchè tutti insieme e ognuno individualmente, si avverte la comune responsabilità di dare una mano alla comunità a cui si appartiene.
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Penso ai volontari giunti da Amatrice, oppure a quelli arrivati da Reggio Emilia ( a cui avevamo dato una mano noi in occasione del terremoto dell'Emilia del 2012 ), o ancora, ai volontari giunti da L'aquila.
Mi coinvolge questa idea: una sorta di " fratellanza nella sventura ".
Avverto in tutte queste persone, al di là della provenienza da una determinata terra, proprio l'appartenenza ad una precisa tipologia umana, ad una "tempra" di cui io stesso, sento di essere parte.
"Chi vive all'incrocio dei venti ed è bruciato vivo" come canta il poeta-cantautore Francesco De Gregori nella sua sublime "Santa Lucia".
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Chi vive sporgendosi continuamente verso gli altri, affacciato verso l'universo dell'altro da una comune inquietudine umana ed esistenziale. Chi insomma vive e non ha paura della generosità, della gratuità, del dare aiuto senza chiedere nulla in cambio, e sempre, difendendo il valore del "restare umani" anche nelle situazioni più drammatiche della Storia.
È come avvertire un sangue comune che circola nelle vene di tutte queste persone: dai giovani romagnoli ai meno giovani, dai volontari del posto, a quelli arrivati dalle altre città. Tutte persone che "più li butti giù e più si rialzano" e più energia e carica umana, sono capaci di trasmetterti, consapevoli tutti quanti del valore del lavorare tutti per una buona causa.
Per tutto questo, mi sento grato anche a Francesco e al suo Blog per testimoniare cosa ci sia dietro la "Romagnolità".
Per darci con le sue parole intense e sentite, una lezione di umanità e di passione civile.
Per restituirci il buon sapore di tuttò ciò che è sentito e vissuto con l'anima, che poi é molto simile al sapore del pane caldo, appena sfornato, al suo profumo di buono.
Sono i valori che fanno della nostra comunità, un meraviglioso popolo che sa cos'è la fatica, l'impegno costante e la responsabilità verso gli altri, e insieme verso la propria coscienza di cittadini con gli occhi aperti.
Per noi in fondo è questo ciò che importa: il rimboccarsi le maniche tutti i santi giorni e lavorare finchè un lavoro, un'opera, un'impresa non sia finita, compiuta, realizzata.
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22 notes · View notes
teredo-navalis · 1 year ago
Text
E amo le scritte sui muri, amo le incisioni, anche e forse soprattutto dove non dovrebbero essere. Incidi il tuo nome sul Colosseo, scrivi Monica ti amo sulle colonne di una chiesa storica, non ha importanza, anzi è bellissimo. Amo l'umanità, amo i segni che lascia. Amo chi vuole far sapere a tutti che io c'ero, ci sono, sono esistito ed ero qui; che io amo, io soffro, io sono scemino e voglio disegnare un cazzo.
È la poesia più alta di tutte, è la poesia più antica di tutte. Abbiamo sempre dipinto sui muri delle caverne e davvero non capisco perché e da quando è diventato sbagliato.
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