#pittura moderna
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Jean Metzinger, La Femme à l'Éventail, Woman with a Fan
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Venus Playing Lively with Two Doves (Portrait of the dancer Carlotta Chabert) (1830), by Francesco Hayez (1791–1882), oil on canvas, 137 × 183 cm Museo D'arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Italy
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In the boat, Konstantin Korovin (1888)
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My name is Maurizio D'Andrea and the world knows me, very humbly, as the painter of the unconscious. I have exhibited my paintings in private and group exhibitions all over the world
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Inés Vionnet, Bailar pegados (2019)
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Edgar Degas: Il maestro dell'impressionismo e la bellezza del quotidiano. Recensione di Alessandria today
Esploriamo l'arte di Edgar Degas, pittore e scultore celebre dell'epoca di Berthe Morisot, famoso per i suoi dipinti di ballerine e scene di vita quotidiana.
Esploriamo l’arte di Edgar Degas, pittore e scultore celebre dell’epoca di Berthe Morisot, famoso per i suoi dipinti di ballerine e scene di vita quotidiana. Edgar Degas (1834-1917) è stato uno dei principali esponenti dell’Impressionismo, movimento artistico che si è sviluppato in Francia alla fine del XIX secolo. Degas, come Berthe Morisot, ha giocato un ruolo cruciale nel ridefinire i confini…
#Arte contemporanea#arte e società#Arte figurativa#arte francese#artisti impressionisti#ballerine#Berthe Morisot#Degas e ballerine#Edgar Degas#Impressionismo#innovazione nell&039;arte#Metropolitan Museum of Art#Musée d&039;Orsay#opere celebri di Degas.#opere di Degas#Parigi#pastello#pittori francesi#pittura e movimento#pittura impressionista#pittura realista#realismo e impressionismo#scena di vita quotidiana#scena teatrale#Scuola di danza#Storia dell’arte#tecniche pittoriche#Vita Moderna#vita urbana#XIX secolo
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Francis Bacon: Intensità e Distorsione nei Ritratti
Francis Bacon è un artista britannico del XX secolo, famoso per i suoi ritratti intensi e distorti. Nato a Dublino nel 1909, a soli 16 anni lasciò la casa dei genitori. Si trasferì prima a Londra, poi a Berlino e infine a Parigi. Lì, iniziò a lavorare come designer di interni. Nel 1927, dopo aver visto una mostra di Picasso, decise di dedicarsi alla pittura. Era autodidatta. I suoi primi dipinti,…
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I ‘depositi visitabili’ dei musei civici fiorentini
Dallo scorso 26 gennaio sono prenotabili le visite guidate ai Depositi di Santa Maria Novella, in pratica un museo nel museo con le opere dei musei civici fiorentini. Continue reading I ‘depositi visitabili’ dei musei civici fiorentini
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" Ci sono certi sguardi di donna
che l' uomo amante non iscambierebbe con
l' intero possesso del corpo di lei.
Chi non ha veduto accendersi in un occhio limpido il fulgore della prima tenerezza non sa la più alta
delle felicità umane."
( Dal Piacere di Gabriele D' Annunzio)
Il dubbio di Giacomo Balla 1907/08
Galleria d'Arte Moderna, Roma (olio su carta, cm 67x50)
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Giacomo Balla è stato uno dei protagonisti della pittura italiana della prima metà del secolo scorso. Dopo essere stato legato alla pittura divisionista, ha aderito al futurismo per poi tornare al realismo.
Il dipinto è uno splendido ritratto della moglie Elisa, risale al 1907/1908 quando Balla era ancora influenzato dalle ricerche divisioniste.
L'opera sembra uno scatto fotografico, un fugace fermo immagine.
La moglie del pittore sembra essersi destata da un momento di intima riflessione. Il pittore cerca la sua attenzione, la chiama: "Elisa". Lei si volta e sorride portando nello sguardo il velo di pensieri nei quali era assorta. Nell'iride balena un lampo di luce.
Da qui nasce il titolo "il dubbio".
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" Educare all'ozio significa insegnare a scegliere un film, uno spettacolo teatrale, un libro. Insegnare a sbrigare le attività domestiche e a far da sé molte cose che fin qui abbiamo comprato. Insegnare la convivialità, l'introspezione, il gioco. Anche la pedagogia dell'ozio ha una sua etica, una sua estetica, una sua dinamica, delle sue tecniche. E tutto questo va insegnato. L'ozio richiede luoghi adatti per riposarsi, per distrarsi, per divertirsi. Ai giovani perciò bisogna insegnare a districarsi non solo nei meandri del lavoro, ma anche nei meandri delle varie offerte di loisirs. Significa educare a fare il genitore e a fare il coniuge, ai rapporti con l'altro sesso, al volontariato, cioè ad attività socialmente utili da svolgere nel tempo libero che avremo in abbondanza. Ce n'è da insegnare! La massa della gente non sa scegliere neppure un luogo di vacanze: va in un'agenzia e si fa rifilare quello che capita. La massa della gente non sa come distrarsi e come riposarsi. Bisogna educare alla notte: la nostra cultura è tutta diurna, vede la notte come uno spazio privatissimo, peccaminoso. E poi bisogna educare alla cultura post-moderna: molte espressioni della nostra cultura non sono godibili immediatamente com'era per la pittura classica o per la musica tradizionale. Siano architettura, scultura o design, spesso possiamo apprezzarle solo se ne conosciamo storia, senso e scopo. Posso rimanere istantaneamente colpito di fronte alla Gioconda o a una statua di Canova, ma per capire Mondrian devo sapere cos'è stato il movimento De Stijl, e per ammirare davvero Van Gogh devo sapere cos'è stato l'Impressionismo. Educare significa insegnare ad arricchire le cose di significato, come diceva Dewey. Più educato sei, più significati cogli nelle cose e conferisci alle cose. "
Domenico De Masi, Ozio creativo. Conversazione con Maria Serena Palieri, Ediesse (collana Interventi), Roma, 1997¹; pp. 141-142.
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Mikuláš Galanda, Still Life with Apples
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Venus Playing Lively with Two Doves (Portrait of the dancer Carlotta Chabert) (1830), by Francesco Hayez (1791–1882), oil on canvas, 137 × 183 cm Museo D'arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Italy
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Cimabue
L'ha detto il Vasari, che oltre a pittore fu anche uomo rinascimentale dai molti ingegni e primo storico della pittura "moderna" con Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, che tutto inizia con Cimabue, maestro di Giotto. Siamo nella seconda metà del ducento quando a Firenze tale Cenni di Pepo, questo il suo vero nome, inizia a innovare l'arte bizantina cercando di sfuggirne l'usuale fissità.
In particolare sui crocifissi, dicono, Cimabue diede saggio del suo nuovo stile: inarcò ancora di più la curva del corpo, definì meglio i muscoli attraverso un uso più sapiente della sfumatura, iniziò a far risaltare ancor di più i tratti drammatici del volto. Ecco un raffronto fra lo stile di Giunta Pisano (a sinistra) e quello di Cimabue (a destra).
Lentamente la pittura si stava spostando verso un maggiore realismo della figura contro il simbolismo dell'arte bizantina classica, un realismo di cui fu riconosciuto come primo maestro Giotto (e Cimabue come suo precursore).
[nota: che la pittura andasse verso un maggiore realismo non significava che fosse conseguentemente migliore di quella precedente, come se il valore di un pittore si misurasse dall'abilità di copiare meglio la realtà. Si tratta semplicemente di un concetto nuovo che si svilupperà via via fino ai giorni nostri, almeno fino alla nuova rivoluzione dell'arte astratta]
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Claudio Massini Trieste
testi di Giulio Ciavoliello, Massimiliano Forza, Paolo Magris, Francesca Tavarado, Pietro Valle e Roberto Vidali
Juliet ed., Trieste 2009, 295 pagine, 21x26cm, ISBN 978-88-90 302-8-9
euro 50,00
email if you want to buy [email protected]
Mostra Fili Fatali, Trieste 2009
“Fili fatali” si compone di un insieme di tele volutamente dedicate agli ambienti e alle memorie dell’ infanzia di Massini, napoletano d’origine ma trasferitosi presto a Trieste dove vive sino all��età di diciotto anni studiando decorazione pittorica all’Istituto Statale d’Arte “Enrico ed Umberto Nordio” sotto il magistero di Riccardo Bastianutto, Ugo Carà e Dino Predonzani. E’ grazie a questo percorso di studi tradizionali che il pittore acquisisce conoscenze che ritornano in un percorso espressivo interamente votato al culto della bellezza e della preziosità della superficie cromatica, entrambe coniugate secondo un sentire contemporaneo.
Ed è alla realtà triestina che le tele dipinte a tecnica mista con rilievi e incisioni si rivolgono, grazie all’allusione di alcuni titoli e di alcuni soggetti facilmente riconoscibili: stelle, fiori, calici, architetture, chicchi di caffè. In questi dipinti troviamo fissata una realtà carezzevole e istigatrice al sentimento del lusso e della voluttà, grazie alla preziosità del pigmento che è ricollegabile all’antica pittura di tradizione medioevale e presente ancora nella delicata preziosità coloristica ed espressiva dei rilievi quattrocenteschi di Carlo Crivelli. Una luce uniforme, falsificatrice, investe le cose raffigurate, quasi immobilizzandole e stendendole sul lettino dello psicanalista per poi espandersi e abbracciare orizzonti lontani: disegna l’oscillazione di un mondo orientale che si ricongiunge con quello occidentale e si trasforma in una luce moderna che incontra, nella gustosità tattile dei materiali, quella antica.
03/06/24
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Hannah Höch
Hannah Höch è stata l’artista che ha dato voce e immagine alla critica sociale e femminista durante la Repubblica di Weimar.
Pioniera del fotomontaggio e della tecnica del collage, ha sperimentato stili e correnti artistiche diverse.
I suoi fotomontaggi, a differenza di quelli dei surrealisti, che mantenevano un aspetto reale, grazie alla continuità di scala o di colore, erano estremamente frammentari, per lo più di proporzioni e colori diversi, e minavano costantemente la percezione iniziale di chi li guardava, rappresentarono l’estetica della liberazione, della rivoluzione, della protesta.
Ha fatto parte del gruppo Dada di Berlino, sebbene spesso sia stata lasciata in secondo piano dalla critica e dalla ricostruzione storica del movimento.
La sua vasta produzione artistica si è dipanata dalla Prima Guerra Mondiale fino agli anni Settanta del Novecento.
Attraverso l’utilizzo di diverse tecniche, ha attraversato una varietà di temi, come il militarismo, l’industrializzazione e la tecnologia, le relazioni di genere, l’etnografia, decostruendo le immagini e gli stereotipi femminili ed esplorando le contraddittorie rappresentazioni della donna nuova diffuse nei mass media.
Hannah Hoch è il nome d’arte di Anna Therese Johanne Höch, nata il primo novembre 1889 a Gotha, in Germania. Cresciuta in una famiglia della media borghesia, l’amore per l’arte le era stato trasmesso dalla madre, pittrice per diletto. Dopo aver abbandonato gli studi per accudire la sorella minore e aver lavorato per un anno nell’ufficio di assicurazioni del padre, nel 1912, si è trasferita a Berlino per frequentare la scuola di arti applicate di Charlottenburg, dove ha studiato lavorazione del vetro e design artistico del libro, con una pausa forzata durante la guerra, quando si è impegnata con la Croce Rossa
Nel 1915 ha cominciato una relazione con l’artista Raoul Hausmann che l’aveva introdotta nell’ambiente culturale berlinese. Una storia d’amore turbolenta e conflittuale durata sette anni mentre l’uomo aveva moglie e figli. A lui, nel 1920, aveva dedicato “una breve storia caustica” intitolata Der Maler (Il pittore), in cui prendeva di mira il sessismo alla base del radicalismo dada e l’atteggiamento del compagno, da lei ritenuto ipocrita nei confronti dell’emancipazione femminile.
Mentre era iniziato il suo coinvolgimento col gruppo Dada, lavorava presso l’editore di riviste illustrate Ullstein come designer di modelli per tessuti ricamati e in pizzo, pubblicati in libri o riviste femminili di moda, utilizzando spesso come base ritagli di giornali. Le tecniche apprese da questa esperienza saranno utilizzate in diverse opere satiriche e politiche successive.
Agli inizi della sua carriera ha utilizzato la pittura, senza mai disdegnare la sperimentazione con vari materiali. Dal 1918 cominciarono a circolare i suoi primi fotomontaggi, la forma di espressione che l’ha resa famosa e che ha maggiormente connotato la sua carriera artistica.
L’inizio della sua partecipazione pubblica agli eventi dada è databile nel 1919, quando ha partecipato alla prima mostra collettiva nello studio del mercante d’arte ed editore Israel Ber Neumann, in cui ha esposto alcuni acquerelli astratti e nella serata di chiusura, ha suonato con coperchi di pentole un’antisinfonia composta da Golyscheff.
Dagli anni Venti, si è dedicata ai fotomontaggi che combinavano immagini di pubblicazioni popolari, tecniche di collage, pittura e fotografia. Un tripudio di immagini sovrapposte così diverse che, spesso, apparivano caotiche e impossibili da analizzare. Un’estetica perfetta per un’artista interessata al rumore senza senso della vita moderna.
Ha presentato nove opere alla prima Fiera Internazionale Dada del 1920.
Sebbene il movimento avesse un profilo anarchico e anti-conformista, era composto principalmente da uomini, e la figura di una donna costituiva un’eccezione al suo interno. Per questo motivo, ha proclamato a gran voce la propria emancipazione dalla figura maschile.
Mettendo in discussione l’idea di bellezza femminile, ha fatto emergere temi legati al genere e al ruolo della donna nella società, ponendo al centro del suo lavoro la costruzione dell’identità. I suoi montaggi offrono visioni caleidoscopiche della cultura tedesca tra le due guerre, da una prospettiva femminista e spiccatamente queer.
Ha evidenziato un mondo frammentato, sconvolto da guerre e crisi economiche.
La sua prima mostra personale si è tenuta nel 1929 a l’Aia, dove si era trasferita per stare vicino alla sua compagna, la scrittrice olandese Til Brugman.
Quando i nazisti salirono al potere all’inizio degli anni trenta, al contrario di molti colleghi, decise di non lasciare il paese, nonostante fosse invisa per la sua libertà sessuale e la provocazione delle sue opere. Il governo considerava il suo lavoro “degenerato” e il suo nome comparve fra gli artisti del Novembergruppe dichiarati “bolscevichi culturali”.
Quando venne cancellata la sua mostra, prevista a Dessau nel maggio 1932, perché i nazisti imposero la chiusura della sede Bauhaus in cui doveva svolgersi, decise di di trasferirsi fuori Berlino, come disse, per “sprofondare nell’oblio” viaggiando spesso col marito Heinz Kurt Matthies, sposato nel 1938 che l’aveva lasciata, qualche anno dopo, per mettersi con una sua amica.
Nella sua produzione dal 1933 al 1945 si affermarono i temi della natura e del paesaggio, mentre diventarono sempre meno presenti le figure umane, disegnate come sagome, maschere teatrali o apparizioni; l’intento era principalmente quello di poter trovare degli acquirenti e di evitare censure politiche, tuttavia, questa nuova prospettiva le aveva aperto la via verso nuove forme di sperimentazione, anche nei fotomontaggi.
Nel 1946 ha preso parte a un’esposizione sostenuta dagli artisti surrealisti a Berlino e promosso la mostra Fotomontaggio da Dada a oggi. Due anni dopo ha partecipato a una mostra al MoMA di New York. In questo periodo ha collaborato alla rivista antifascista di letteratura, arte e satira Ulenspiegel, dove pubblicava acquerelli e diversi fotomontaggi, fra cui Stivali delle sette leghe, del 1934.
Nel 1949, a Berlino, si è tenuta la sua prima personale del dopoguerra, dal titolo Hannah Höch und Dada, ma ha continuato a esporre, principalmente all’estero.
Dopo il lancio dello Sputnik, la prima capsula spaziale in orbita intorno alla terra, è iniziato il suo interesse per l’esplorazione spaziale, di cui ha scritto ampiamente nei suoi diari e, dieci anni dopo, ha realizzato un collage dedicato allo sbarco sulla luna, Dedicato agli uomini che conquistarono la luna, 1969, nel quale era assente la critica alla tecnologia che aveva caratterizzato la sua produzione degli anni venti.
Nel 1964, in onore del suo settantacinquesimo compleanno, si è svolta, alla Galerie Nierendorf di Berlino, un’ampia retrospettiva, seguita negli anni settanta da altre importanti mostre realizzate a Parigi, Berlino e New York.
Le sue opere sono state esposte anche alla famosa mostra Women Artists: 1550-1950 realizzata nel 1977 al Museo d’arte di Los Angeles.
Ha lasciato la terra il 31 maggio 1978 a Berlino all’età di 88 anni.
Hannah Höch ha messo l’accento sul complicato rapporto tra arte e politica, la sua ferrea volontà l’ha portata a emergere in un contesto che escludeva le donne e le loro voci, è una figura che merita di essere ricordata.
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L’arte pittorica di Matteo Pietro Gallo al Novi Musica Festival: Un viaggio tra emozione e introspezione. L’arte pittorica di Matteo Pietro Gallo al Novi Musica Festival: Un viaggio tra emozione e introspezione
Il Novi Musica Festival continua a sorprendere con la sua capacità di accogliere e promuovere non solo musica ma anche le arti visive.
Il Novi Musica Festival continua a sorprendere con la sua capacità di accogliere e promuovere non solo musica ma anche le arti visive. Dopo l’anteprima di Gianni Noli del 31 agosto, e in vista dello spettacolo di Flamenco del 26 ottobre al Teatro Giacometti, il festival offre un’occasione imperdibile per scoprire la mostra pittorica di Matteo Pietro Gallo. L’anteprima della mostra di Gallo si…
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