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20enne ucciso a colpi d’arma da fuoco in centro a Napoli
Il corpo della vittima è stato lasciato da ignoti nell’ospedale Pellegrini. Sparatoria in pieno centro a Napoli. NAPOLI – Tragedia nella notte a Napoli, dove un giovane di 20 anni è stato ucciso a colpi di arma da fuoco in via Santa Teresa degli Scalzi, nel cuore della città. La vittima è stata trasportata da ignoti all’ospedale Vecchio Pellegrini, dove i medici non hanno potuto fare altro che…
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Sogno d'un cane ignoto, corre matto tra i balconi, fino a scapicollarsi e precipitare giù in cortile. Nel lento cadere, il cane si fa uomo, fino a spiaccicarsi a terra. Giunto lì in tardo soccorso, m'accorgo subito che l'uomo è morto, per lui non c'è più niente da fare, sangue sparso e sguardo vitreo ne ribadiscono senza dubbio la fine, ma nutro ancora qualche speranza per il cane. Soltanto di lui m'interessa, del pover'uomo non mi scuote empatia alcuna, così procedo ad aprirlo per accertarmi che il cane in lui stia bene. È sano e salvo, perciò lo traggo dall'uomo, abbracciandolo felice quanto più posso, e nascondo il cadavere nel cane, per paura che qualcuno m'accusi d'averlo ucciso. Dopo un po' però, lo scandalo viene a galla, qualcuno scopre, chissà come, l'uomo nel cane ed io vengo arrestato per vilipendio e occultamento di cadavere oltre a essere inquisito per omicidio. L'opinione pubblica di colpo si scatena facendo di me un mostro. Quale essere umano, infatti, reagirebbe con distaccata freddezza alla vista d'un morto, pensando invece a soccorrere il cane, piuttosto che l'uomo? Chi mai oserebbe negargli legittimo cordoglio e funerali? Un mostro, niente più che un mostro, è il verdetto della stampa. Tento di giustificarmi dicendo che "non l'ho ucciso", "è corso via prima che potessi fermarlo", "quando sono arrivato era già morto. Era già morto, non c'era più niente che potessi fare". D'improvviso mi sdoppio, guardandomi in tv. Non sono più io il colpevole, sono parte dell'opinione pubblica. Fissando lo schermo, penso: "Io non potrei mai farlo. Non avrei mai potuto", sì, mi sento più leggero, sono sicuro che non avrei mai commesso una fesseria simile, non io. La casa del mostro intanto è divenuta un'ambita meta turistica. Vado a visitarla dall'alto della mia autoproclamata innocenza e trovo la sua camera completamente spoglia, disabitata, fatta eccezione per una parete ingombra di fogli e pagine di quaderno dense di scritte e appunti incomprensibili. Nel centro della parete la bianca maschera di un maiale.
Medito su questo sogno da giorni, perché non riesco a venirne a capo. Lo trovo molto significativo, ma al tempo stesso non riesco a comprenderne a pieno il significato. L'uomo nel cane, il cane nell'uomo, la morte dell'uomo, la fitta sassaiola dell'infamia, il senso di colpa, la negazione e infine la maschera del maiale... Questa poi soprattutto, voi cosa ci vedete?
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Toccata e Fuga
La “repentinità dell’azione, senza alcuna insistenza nel toccamento”, da considerarsi “quasi uno sfioramento” non consente di “configurare l’intento libidinoso o di concupiscenza generalmente richiesto dalla norma penale”. Con il solito bolso uso aulico della lingua (che è per il potere il rifugio alla propria stupidità) un bidello è stato assolto dalla quinta sezione penale del Tribunale di Roma, secondo cui il palpeggiamento compiuto da quest'ultimo ad una studentessa nell’aprile del 2022 “non costituisce reato” dato che, per il tribunale, il palpeggiamento, è durato “tra i 5 e i 10 secondi”. Mi ha molto colpito questa sentenza, perchè quantifica la quantità necessaria di un’azione per essere considerata una molestia: come per esempio una suite d’albergo deve avere almeno due stanze altrimenti non può definirsi tale, qui la durata in secondi del gesto non può chiamarsi molestia.
L’altro giorno un post di @oceanblueeurope (che taggo con il suo permesso) si lamentava del come la libertà personale di mostrarsi su Tumblr, soprattutto rispetto al proprio corpo, sia vista spesso come un esplicito invito a chiunque per soddisfare una sua concupiscenza, per dirla come gli esimi giudici. La totalità di questi chiunque sono maschi, di età variabile. Non è la sola che come post fissato in alto sulla bacheca ha questa sorta di avvertimento: non scambiate quello che mi piace fare per il fatto che mi piaccia farlo con uno qualsiasi di voi.
Sembra un concetto limpidissimo e facilissimo da capire. Ma noto che è prontamente disatteso. Tra l’altro, se una delle ragazze se ne lamenta, con tutti i buoni possibili motivi del caso, passa per stronza, nel migliore dei casi.
C’è una sostanziale differenza tra il criticare un’idea e la persona che la trasmette. In un posto come Tumblr, il non accettare una azione che non si condivide è semplicissimo, basta non seguire più il blog da cui questa idea scaturisce. D’altronde, @oceanblueeurope non chiede a nessun altro né di emularla né di fare il contrario, ha tutta la possibilità, nel limite che lei o le regole di questo posto impongono, di poterlo fare. La sua libertà di fatto non va a collidere con nessuna delle libertà altrui.
Una delle subdole convergenze che il Web ha portato nei nostri tempi è una malcelata sessuofobia di genere: pure qui abbiamo tutti molto discusso del fatto che un capezzolo nudo, femminile ovviamente, sia censurato, un’argomentazione farabutta, storicamente errata e infamante di altri no, per il principio della libertà di espressione. Che, per un’idea totalmente anglosassone (e francamente stupidissima), può passare per parole dette o scritte ma non per rappresentazioni visive. Per cui, un paio di tette è molto più “pericoloso” che una citazione del Mein Kampf. Questo non fa altro che fissare la visione della nudità come univoca della sessualità, legata cioè alla condivisione del proprio piacere, e non come qualsiasi altro motivo (liberazione da vincoli, piena espressione di sé, momento di auto considerazione, perfino vanità, non è questo in discussione in questo mio post), che se ci pensiamo bene, è la stessa idea insita nella pornografia industriale, dove basta un sorriso per finire nudi in qualsiasi momento.
Ogni volta che succede un femminicidio, che ricordo è un omicidio perpetrato ad una donna in quanto donna (per cui un delitto tra mafiose ha valore in quanto delitto di mafia e non di genere) si dice che è una questione di educazione. In questi giorni dove un abuso sessuale è al centro della cronaca, nel caso specifico comprendente anche altre questioni niente male (il potere politico, la delazione di genere, il passaggio tra il caso specifico e abitudini di chi, presumibilmente, ha subito un’aggressione) si parla spesso di educare i figli maschi al rispetto delle femmine. È del tutto comprensibile e necessario. Ma prima di questo, sarebbe necessario imparare ad ascoltare, o leggere nel caso che ho citato, e capire cosa chiede un’altra persona, e avere la dignità di perdere un secondo per chiedersi se è meglio essere sinceri, essere limitati e non esagerare, essere pertinenti e chiari.
In sintesi, impariamo a rispettare gli altri, a non sentirci chiamati da spirito divino a commentare cosa fanno e come e a non pensare di vivere in un film porno.
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𝐶ℎ𝑒 𝑐𝑟𝑖𝑚𝑖𝑛𝑒 𝑒̀ 𝑑𝑎𝑟𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑠𝑐𝑜𝑛𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑠𝑒 𝑓𝑜𝑠𝑠𝑒 𝑢𝑔𝑢𝑎𝑙𝑒 𝑎 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑑𝑖 𝑖𝑒𝑟𝑖?
Questa sera. Tutto pronto, fanno sala, si apre la porta ed entra il pubblico. L'ennesima replica di Cammelli a Barbiana. Arriva, sì, ogni volta, due, tre minuti prima di cominciare, un attimo di fatica. Bisogna essere sinceri. Ogni volta sai che dovrai attraversare una vita intera. L'hai fatto oltre 200 volte, come farlo senza perdere la voglia, il fuoco? Come farlo sapendolo a memoria? Ne conosci ogni piega, ti dici. Per cosa potrai stupirti ancora?
Questa volta aspetto il pubblico tra le poltrone. La sala è piccola, entrano, li guardo in faccia un ad uno. Non li conosco. Non so niente di loro. Chi sono? Mi si avvicina un signore che ha il posto che occupo. Mi alzo, dico mi scusi, non sa che sono l'attore, gli cedo il posto. Scalo due file dietro. Li guardo ancora entrare. Cosa sono venuti a cercare stasera?, qui?, mi chiedo. Eppure sarà diverso, mi dico, perché sono diversi loro ed è impossibile che sia come ieri. E ogni parola, fatto, passaggio, risuonerà diverso, avrà silenzi diversi, spessori diversi, significati diversi perché loro non sono quelli di ieri. E io, probabilmente, lo spero, nemmeno. E il mondo nemmeno. Che crimine è dare per scontato il pubblico come se fosse uguale a quello di ieri? Un pubblico fatto di infinite sfumature diverse, uno ad uno, uomini e donne, di cui non so niente. Esseri umani, anime. E non posso, mi dico, non posso darli per scontato. Non so niente di voi e fra poco attraverseremo tutta una vita insieme. Tra perfetti sconosciuti. Andrete via senza che io sappia se avete un mutuo, un matrimonio, figli, un divorzio alle spalle, un male, un bene, qualcuno che amerete stanotte, qualcuno che avete perso proprio ieri. Non so nulla di voi. Una storia d'amore tra perfetti sconosciuti vivremo. Perché è vero, in qualcosa di profondo ci toccheremo, di questo sono sicuro. E se lo sfioriamo con un pubblico di sconosciuti, di darlo per scontato, che già mi pare un crimine, cos'è quando lo facciamo con chi conosciamo?, anche vicinissimo. Che morte è? Che omicidio dell'altro è? Uccidere l'altro perché so già tutto di te. Dio, che crimine. Perpetrato di anima in anima, di sogno in sogno, di essere umano in essere umano.
Ecco, penso tutto questo mentre prendono posto. La sala è completa. Le luci si abbassano. Mi alzo e vado verso il centro del palco. Si comincia. E di voi non so nulla. Nulla. Che tutto possa vivere ora.
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Marina Corradi su quel pericoloso foglio sovversivo che è Avvenire
Una moto che non si ferma all’alt in zona di movida, dietro a corso Como, la notte del 24 novembre. Sembra una faccenda banale, che si risolve dopo due isolati – guida senza patente, una catenina d’oro e, quei due ventenni, un po’ troppi soldi in tasca. Invece, poco prima delle quattro del mattino, in una Milano che nelle dashcam delle gazzelle dei Cc è tanto deserta quanto livida, si scatena una caccia all’uomo forsennata: otto chilometri, venti minuti, le sirene che urlano nella città che dorme. È normale inseguire chi non si ferma a un alt, ma fino a che punto lo è incalzarlo in una corsa folle, cercando di fare perdere l’equilibrio a una moto? Nelle registrazioni agli atti della Procura l’intento di chi guida è chiaro: un incrocio in via Moscova, “Vaff…non è caduto”, esclama un carabiniere su Volpe 40. Poi : “Stringi, che lo prendiamo...” e infine, 4.03 minuti, periferia sud, via Ripamonti angolo via Quaranta: «È caduto». E un collega, via radio, in risposta: «Bene».
Non era esattamente caduta la moto su cui viaggiava Rami Elgaml, 19 anni, egiziano, guidata dall’amico 22 enne Fares Bouzidi, senza patente. Una telecamera stradale inquadra la curva ad alta velocità, moto e gazzella attaccate, e infine lo spaventoso schianto dei due ragazzi contro un semaforo, e l’auto che piomba loro addosso.Morto sul colpo per rottura dell’aorta Ramy, egiziano, figlio di immigrati al Corvetto, sopravvissuto l’amico. Il giorno dopo il quartiere è una barricata, la gente scoppia di rabbia.
Perché qualcuno ha visto, ha girato un video, e due carabinieri gli hanno intimato di cancellarlo. Ma l’uomo, evidentemente, ha raccontato. Ora l’autista di Volpe Quaranta è accusato, come Fares Bouzidi, di omicidio stradale, e i due che hanno minacciato il teste devono rispondere di frode e favoreggiamento.
Molto brutta, la storia. A 20 anni si possono fare errori e sciocchezze, che non meritano però, per punizione, la morte. Ora la domanda è: quando un inseguimento normale – immaginiamo che ne accadano di simili ogni notte – è diventata una caccia all’uomo. Una vera e propria caccia: quei due sciocchi con i loro vent’anni e una catenina d’oro forse loro, forse no, inseguiti come lepri. Cercando di farli cadere, in ogni modo, ad ogni costo. Non erano kamikaze pronti a colpire, né infiltrati dell’Isis. Erano due ragazzi del Corvetto su una moto che andava forte, e il guidatore, senza patente, ha avuto paura.
La domanda, torno a dirmi, è quando, e perché quei due scappati a un alt sono diventati prede da stringere a cento all’ora, e infine mosche da schiacciare in una curva mortale. In che momento di quella notte, e perché lo sono diventati.
�Cosa è accaduto, Volpe 40? Immagino quei due carabinieri probabilmente molto giovani, stressati da un lavoro pericoloso e da una città, sotto alle luci trendy, più incanaglita di quanto sembri. Sono stata recentemente al Corvetto. Tutti i ragazzi erano figli di immigrati, tutti gli italiani erano vecchi, gli ultimi rimasti in case popolari da cui chi ha potuto se ne è andato. C’era un bar, a un angolo: dentro, ai tavoli, una platea di anziani italiani fissava ipnotizzata il tabellone delle estrazioni di quella lotteria che dà i numeri ogni pochi minuti. Quando una lotteria è l’ultima speranza, vuol dire che di speranza ne è rimasta poca. A due chilometri dal centro, la Milano delle badanti, dei facchini, dei fattorini, e dei loro figli, che non vogliamo dire italiani. Un’altra Milano, che mi aveva ammutolito.
E i due del 24 novembre, cresciuti lì, oltre l’invisibile muro che divide le periferie dalla metropoli che scintilla. Una moto veloce, una bravata, un’idiozia. Morire a 19 anni con l’aorta spezzata, per una bravata. Contro a un semaforo, con una gazzella dei Cc addosso. «Sono caduti». «Bene». Che epitaffio. Quella notte perché tanto accanimento, da vigilantes più che da uomini delle Forze Armate italiane, e le menzogne poi? Che è successo, Volpe 40, nelle vostre teste? Perché?
(Marina Corradi - Avvenire 8.1.’25)
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#far #legionenera
Questo è un libro che parla di un tempo perduto. Il titolo spaventa solo perché reca in se parole considerate tabù. Ci fu un tempo in cui vi erano distinzioni tra destra e sinistra, tra valori e disvalori, tra azione e reazione. Bene, Salierno gli attraversa universalmente tutti e lo fa in prima persona. Vive metà della sua vita come "fascista" come commissario politico della sez. Romana di Colle Oppio, poi per omicidio, è messo in carcere, ne uscirà incredibilmente come sociologo marxista di estrema sinistra. Questa autobiografia è un’opera che ha però il ritmo di un romanzo. Una lettura coinvolgente, dura e violenta, che proietta il lettore nella Roma degli anni pesanti, quelli dalle lotte tra fascisti e comunisti. Nella sezione missina di Colle Oppio, nei bar e nelle trattorie della periferia e nei vicoli stretti del centro si muovono il protagonista e gli altri "camerati", che sognano di far rinascere la RSI. Il protagonista viene affascinato dai vecchi reduci e dalla figura severa e mistica di Julius Evola, mentre è deluso dalla debole e rinunciataria politica dei dirigenti del suo partito....
Io sono solo un lettore, non influenzeró con il mio pensiero questo splendido romanzo quasi saggio, ricordando solo che quello fu il tempo di Pier Paolo Pasolini : l'uomo sismografo, cui la quotidiana misurazione dei movimenti della società italiana aveva aperto anticipatamente gli occhi sopra la confusione dei ruoli, l'indistinzione dei profili, la dissolvenza dei colori tra destra e sinistra sopra un futuro che è il nostro presente.
#sociologia
#fuan #nar #br #credo #lottacontinua #giuliosalierno #pasolini #boiachimolla #evola
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Omicidio (sfiorato) sulla Breslavia- Cracovia: il reportage di una serata terrificante
Ed eccoci tornati a scrivere su questa piattaforma. Come quello precedente, sarà un post abbastanza lungo, quindi, caro lettore, mettiti comodo, sorvola su qualsiasi errore di sintassi, grammaticale di punteggiatura o di qualsiasi altra natura e divertiti.
Il tutto inizia in un anonimo pomeriggio di gennaio, per essere precisi quello del 21, in quel della stazione ferroviaria di Breslavia in Polonia, sento già la domanda:
E tu che ceppa ci stavi facendo in quel di Breslavia a gennaio del 2025?
Ebbene, è stato il mio regalo di compleanno. Una tre giorni polacca tra Cracovia ed, appunto, Breslavia. Meta vicina, facilmente raggiungibile e abbastanza economica. Meglio di così...
Comunque, dopo aver visitato il centro storico della città in lungo in largo, dopo aver fatto tante foto, dopo aver preso quantità indefinite di permafrost addosso, verso le 18 mi dirigo verso la stazione ferroviaria dove alle 19:15 era previsto il treno di ritorno verso Cracovia. La prima cosa che faccio è quella di dirigermi verso il tabellone degli orari e controllare che il mio treno ci sia e che l'orario fosse quello che sapevo senza eventuali ritardi o chissà quale altra cosa, quindi dopo aver visto che era tutto come da previsione, mi metto tranquillo seduto su una panchina e ne approfitto per fare delle chiamate, giusto per passare il tanto tempo che mancava prima della partenza.
Concluse le chiamate, decido di dirigermi verso il binario; cosa importante: in quel della Polonia non ci sono i binari come qui, ci sono le piattaforme e nella piattaforma ci sono due binari. Con estrema calma mi dirigo verso la piattaforma che nel mio caso era la numero 4, mancava ancora circa un quarto d'ora all'arrivo del treno e in quel poco tempo che mancava mi immaginavo il viaggio, la comodità (sì, i treni polacchi sono comodi e funzionano bene al contrario dei nostri) e al fatto che il giorno dopo sarei ritornato a casa in Italia, quindi organizzare per bene il trasferimento in aeroporto con i mezzi, quando svegliarmi e cosa fare. Insomma, le cose normali che chiunque fa quando viaggia. Passano i minuti e il treno non arriva, vabbè, penso, un po' di ritardo ci può stare, non ho problemi con gli orari, visto che a Cracovia i mezzi pubblici per tornare a casa alle 22:15 circa ci sono ancora. I minuti passano e del treno non c'è ancora traccia; in sottofondo sento degli annunci ovviamente in polacco che ovviamente non capisco e a cui non do importanza. Quindi, cosa fare nell'attesa? Beh, facciamo una foto, no? Eccola.

Bello, penso, la foto mi è venuta anche abbastanza bene, chissà, magari prima o poi la pubblicherò nei social, mi piace, la tengo. Nel frattempo il ritardo comincia a farmi innervosire e sulle info del binario lo schermo rimane costantemente spento. Ad un certo punto, dal niente lo schermo miracolosamente si accende ma la destinazione del treno in arrivo non è quella che mi aspettavo. La gente sale, la banchina si svuota e lo sconforto comincia. Mi decido di andare allo sportello a chiedere informazioni: adesso il problema è: come faccio a farmi capire con il mio inglese? E gli impiegati allo sportello sapranno parlarlo? Mi faccio coraggio e faccio la coda. Arrivo allo sportello e chiedo come prima cosa "do you speak english?" La risposta è stata NO ma (a gesti) la mia collega all'altro sportello lo parla. Ok, rispondo, grazie.
Lo senti l'inizio della fine? Anche io.
Quindi, mi sposto all'altro sportello, chiedo per conferma se fosse in grado di capire e parlare l'inglese: la soggetta mi risponde positivamente e comincio a spiegare che il mio treno previsto per le 19:15 non è ancora arrivato e quindi chiedo cosa potesse essere successo. La malcapitata mi risponde nella maniera in cui non avrei mai voluto. Mi risponde le seguenti parole: (traduco)
"Come non è passato? Il treno è anche partito ma mezz'ora fa!"
Non ho più sentito il pavimento sotto i piedi e ho cominciato a sudare malissimo nonostante la temperatura della stazione fosse abbastanza bassa.
Con il cagotto in corso, chiedo ancora come sia potuto succedere nonostante fossi presente sul binario indicato dal tabellone con, oltretutto lo schermo della destinazione e l'orario spento. La risposta è stata il colpo di grazia estremo:
"Signore, il treno è partito ma è stato annunciato il cambio binario."
Ricordi la foto? Sì, quella di prima, quella che penso di postare sui social per prendere sconsiderate quantità di like? Ebbene, quello era il mio treno.
L'incazzatura comincia a salire e la povera malcapitata viene sommersa di italiche ingiurie di qualsiasi tipologia. Nel mezzo chiedo come sia possibile fare un annuncio di un cambio piattaforma di un treno Intercity solamente in lingua polacca quando nel resto dell'Europa, o almeno nei posti in cui sono stato, gli annunci vengono fatti anche in lingua inglese, giusto per un senso di civiltà, ecco. La risposta abbastanza sullo scocciato andante della personaggia è stata la seguente:
"L'annuncio è stato fatto in polacco perché siamo in Polonia."
Valanghe di bestemmie anche qui. Fortuna vuole però che ci sia un altro treno che potrebbe riportarmi in quel di Cracovia ed è alle 21. Dopo che l'impiegata mi dice questa cosa, chiedo:
"La prenotazione che ho del treno precedente, visto che mi avete fatto perdere voi il treno per l'annuncio in polacco, vale lo stesso vero?" Risposta tombale:
"No, deve rifare il biglietto." Bestemmie italiche a raffica partite in automatico.
Non potendo fare altro, do l'ok a farmi fare un'altro biglietto. L'impiegata mi dice che il treno è alla piattaforma 3, qual è la carrozza in cui devo salire e il posto che ho prenotato. Tutto chiaro. Mentre stavo per ringraziare ed andarmene a bestemmiare per tutta la stazione, sempre l'impiegata mi dice che il treno previsto per le 20 viaggia con un'ora di ritardo. Indovina anche qui cosa sono partite? Esatto, le bestemmie. Tante bestemmie.
Ok, il biglietto è fatto, resta solo da aspettare il treno. Manca ancora tipo un'ora all'arrivo dell'altro treno e per paura che possa succedere quello che era appena successo mi piazzo fisso davanti al tabellone delle partenze per controllare che non ci siano cambiamenti. Per essere sicuro, ogni tot controllo anche tutti i tabelloni che ci sono all'inizio di ogni scala che fanno accedere alle piattaforme. La rabbia è tanta, l'incazzatura ancora di più.

Il tempo passa, cambiamenti non ce ne sono ma per annunciare il ritardo questa volta fanno anche l'annuncio in inglese. Secondo me qualcuno ha sentito i miei scongiuri molto coloriti per tutta la stazione e ha capito. il treno sta per arrivare. Il tabellone questa volta, per ovvie ragioni, si accende e ha mostrato la tanta sperata destinazione:

Ricapitoliamo: treno perso, mezza rissa allo sportello, biglietto da rifare, treno successivo con un'ora di ritardo. Finita qui? Assolutamente no.
Finalmente salgo in treno, un InterCity proveniente da Berlino. Dentro di me sento che l'avventura, seppur abbastanza tragica è arrivata al termine; bastava sedersi, rilassarsi e arrivare a Cracovia. Arrivo al mio posto assegnato e dentro lo scompartimento (sì, tipo i nostri InterCity di una volta) mi trovo una coppia di vecchi, probabilmente marito e moglie. Mostro alla signora che il posto in cui il marito è seduto sarebbe assegnato a me e che quindi si sarebbe dovuto alzare e smammare. La signora, non so come, mi fa capire che purtroppo al marito fa molto male la gamba e che fa fatica a muoversi; mi fa capire poi che nello scompartimento accanto c'è posto e che se voglio posso mettermi lì. Alla fine, dopo tutto quello che è successo, non ho voglia di mettermi lì a discutere per un posto a sedere, faccio cenno che va bene e mi piazzo lato finestrino dell'altro scompartimento e amen. Nello scompartimento c'è un personaggio alquanto strano: uomo sulla quarantina, fisico da muratore, tratti somatici tipici della Polonia. Fino a lì niente di particolarmente strano o fastidioso; mi siedo, tiro un sospiro di sollievo grande non so quanto e tempo un paio di minuti il soggetto che ho davanti a me comincia a tirare su con il naso. Il rumore di questa cosa è una delle poche (ehm, direi tante) che proprio mi fa andare fuori di testa. Dopo quello che era successo non mi andava di mettermi a discutere con sto tizio qua, anche perchè non avrei saputo come, visto che la probabilità di avere una lingua in comune era a livelli tragicamente bassi. Gli sguardi di sfida non sono bastati a farlo smettere e noncurante di tutto e soprattutto di tutti (io me in questo caso) è andato avanti a deliziare me e i vicini con i suoi rumori nasali. Due ore e tre quarti di concerto, signore e signori. Il soggetto non si sa se sia ancora vivo. È probabile che non abbia ancora consultato un buon otorinolaringoiatra e in questo momento starà inconsciamente crescere dei potenziali serial killer; vicini di casa? Familiari? Fidanzate/i? Moglie? Marito? Chi lo sa.
Alla fine della fiera il viaggio si conclude alle ore 00:58 circa e l'unico modo per tornare a casa era quello di contattare un Bolt che sarebbe arrivato nel giro di pochi minuti.
Nel mentre che aspetto la macchina che mi riporta a casa mi si avvicinano due personaggi chiaramente alterati da droga o alcool ma per fortuna non pericolosi. Mi chiedono qualcosa in polacco e io faccio finta di non capire. I due insistono e ho la poco brillante idea di dire "in english, please"; mi chiedono una sigaretta e, non fumando rispondo che non ne ho facendo il gesto con la mano. Mi chiedono poi di dove fossi e in maniera velatamente orgogliosa rispondo che sono italiano; appena ho detto "italiano" i due mi guardano con gli occhi sgranati tipo quando qualcuno ha un'apparizione mariana e con un sorriso a pochi denti cominciano a cantarmi a tutto volume L'Italiano di Toto Cotugno. La scena è durata fortunatamente 10 secondi perchè poi nel frattempo è arrivato il salvifico Bolt che nel giro di pochi minuti mi ha portato a casa.
L'avventura si può dichiarare conclusa alle ore 01:10 del mattino. Una giornata cominciata alle 05:30 che non mi aspettavo potesse finire in questa maniera. Però, se non succedono queste cose, come si può dire che ci si è divertiti?
Alla prossima. Forse.
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Christopher Reeve: Una Vita tra Cinema, Successo e Impegno Sociale
Christopher D’Olier Reeve è stato una delle figure più iconiche del cinema statunitense. Nato a New York il 25 settembre 1952, ha raggiunto la fama internazionale nel 1978 interpretando Superman, il celebre eroe dei fumetti che lo ha reso un’icona della cultura pop. La sua carriera nel cinema e in televisione è stata segnata da successi e da un forte impegno sociale, che ha caratterizzato la sua vita anche dopo il tragico incidente che lo ha reso tetraplegico.

Gli Esordi e il Successo nel Cinema
Cresciuto in una famiglia di intellettuali, Christopher Reeve ha frequentato l’Università di Cornell, laureandosi in Inglese e Teoria Musicale nel 1974. Successivamente, ha affinato le sue capacità attoriali alla Juilliard School, sotto la guida di John Houseman. Nel 1976, il suo talento lo ha portato a debuttare a Broadway e nello stesso anno ha sostenuto un provino per il ruolo che gli avrebbe cambiato la vita: Superman.
Il film “Superman” del 1978 è stato un successo straordinario nel mondo del cinema, consolidando Reeve come uno degli attori più amati della sua generazione. Ha ripreso il ruolo di Clark Kent/Superman in tre sequel, rafforzando la sua immagine di eroe e diventando un simbolo per milioni di fan.
Un Impegno Oltre il Cinema
Nonostante il successo, Reeve non si è mai limitato al cinema. Ha sfruttato la sua notorietà per portare avanti battaglie sociali, tra cui la difesa della libertà di espressione e i diritti umani. Nel 1987, durante la dittatura di Pinochet, si è recato in Cile per protestare contro la repressione degli intellettuali. Il suo attivismo lo ha reso una voce influente anche al di fuori del mondo del cinema.
L’Incidente e la Rinascita
Il 27 maggio 1995, Reeve è rimasto vittima di un incidente durante una gara equestre a Charlottesville, in Virginia. La caduta da cavallo gli ha causato una grave lesione al midollo spinale, rendendolo tetraplegico. Da quel momento, la sua vita è cambiata radicalmente, ma il suo spirito combattivo lo ha portato a impegnarsi ancora più attivamente nel sociale.
Nonostante le difficoltà, Reeve è tornato sullo schermo, dimostrando che la sua passione per il cinema non era stata spezzata. Nel 1998 ha recitato nel remake televisivo de “La finestra sul cortile”, interpretando il ruolo di un uomo con disabilità che assiste a un omicidio dalla sua abitazione. La sua performance è stata accolta con entusiasmo, dimostrando ancora una volta il suo straordinario talento.
Un’Ultima Fase di Carriera e Impegno nel Cinema
Dopo l’incidente, Reeve ha continuato a essere attivo nel mondo del cinema e della televisione. Ha partecipato alla serie “Smallville”, interpretando il Dr. Swann, uno scienziato che aiuta il giovane Clark Kent a scoprire le sue origini. Ha anche diretto il film d’animazione “Piccolo grande eroe”, uscito postumo nel 2006.
Parallelamente, ha scritto due libri autobiografici: “Still Me” (1998) e “Nothing is Impossible – Reflection of a New Life” (2003). In queste opere ha raccontato la sua esperienza dopo l’incidente, diventando una fonte di ispirazione per milioni di persone in tutto il mondo.
Attivismo e Fondazioni
Oltre al cinema, Reeve ha dedicato gli ultimi anni della sua vita alla ricerca scientifica e alla difesa dei diritti delle persone con disabilità. Ha fondato la “Christopher Reeve Paralysis Foundation”, sostenendo la ricerca sulle cellule staminali e la clonazione terapeutica. Insieme alla moglie Dana, ha creato il “Christopher and Dana Reeve Paralysis Resource Center”, un centro per aiutare i paraplegici a vivere in modo indipendente.
Nel 2004 ha sostenuto attivamente la candidatura di John Kerry alla presidenza degli Stati Uniti, in opposizione alla politica di George W. Bush riguardo alla ricerca sulle cellule staminali.
La Morte e l’Eredita
Christopher Reeve è morto il 10 ottobre 2004 a causa di un infarto, a soli 52 anni. Il suo contributo al cinema, alla televisione e alla società rimane un’eredità indelebile. Ancora oggi, il suo nome è associato non solo all’iconico ruolo di Superman, ma anche al coraggio e alla determinazione con cui ha affrontato le avversità.
Il suo lavoro nel cinema e il suo attivismo hanno lasciato un segno profondo. La sua vita rappresenta un esempio di come la celebrità possa essere usata per scopi nobili, al di là del semplice successo sul grande schermo.
Christopher Reeve sarà sempre ricordato come un uomo che ha reso il cinema un mezzo per ispirare, sensibilizzare e cambiare il mondo. Il suo straordinario percorso di vita continua a essere una fonte di ispirazione per chiunque creda nella forza della volontà e nel potere del cinema di raccontare storie che vanno oltre lo schermo.
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Il 9 marzo, a Vittoria, un giovane è stato arrestato per tentato omicidio dopo aver sparato colpi d'arma da fuoco contro un coetaneo in centro città. I Carabinieri sono intervenuti dopo che era giunta una segnalazione sulla presenza di colpi d'arma da fuoco. All'arrivo, i militari hanno confermato l'autenticità della segnalazione, delimitato l'area e iniziato a raccogliere testimonianze e a visionare le riprese delle telecamere di sorveglianza. Le indagini hanno mostrato che un trentenne del posto, B.G., ha avvicinato la vittima, identificata come G.E., un ventottenne di Vittoria, sparando all'interno dell'auto. Dopo aver ferito G.E. a entrambe le braccia, B.G. lo ha inseguito a piedi, continuando a sparare. La vittima è stata successivamente trasportata in prognosi riservata all'ospedale "Guzzardi" di Vittoria. Durante l'operazione, i Carabinieri, insieme al personale del Commissariato di Polizia di Stato, hanno rintracciato e identificato B.G. e, nella perquisizione effettuata, hanno trovato l'arma del delitto: una pistola a salve modificata per sparare proiettili, detenuta illegalmente. Di conseguenza, B.G. è stato arrestato per tentato omicidio aggravato e per il possesso illegale di armi. Dopo le formalità di rito, B.G. è stato trasferito presso la Casa Circondariale di Ragusa, dove rimarrà a disposizione dell'Autorità Giudiziaria.
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Omicidio a Ribera, uomo ucciso in pieno centro: avviate le indagini Un uomo di nazionalità tunisina è stato ucciso in via Bonamici, una zona a poca distanza dal corso... #SiciliaTV #SiciliaTvNotiziario Read the full article
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Il Settimo Canone di Robert Dugoni. Recensione di Alessandria today
Un thriller legale avvincente tra misteri, giustizia e corruzione
Un thriller legale avvincente tra misteri, giustizia e corruzione Sinossi Un brutale omicidio scuote il quartiere del Tenderloin a San Francisco. Un adolescente che si prostituiva viene trovato morto nel centro per giovani senza fissa dimora di Padre Thomas Martin. Accusato ingiustamente e con prove schiaccianti contro di lui, il sacerdote si affida all’avvocato Peter Donley per…
#Alessandria today#Avvincente#Avvocati#corruzione sociale#crimini irrisolti#Diritti civili#giustizia e corruzione#giustizia e etica#Google News#Il Settimo Canone#Indagini#Intrighi Legali#italianewsmedia.com#legal thriller#legge e morale#lettura coinvolgente#libri da leggere#libri Kindle#lotta per la verità#mistero#narrativa americana#narrativa contemporanea#narrativa d&039;autore.#narrativa e suspense#narrativa giuridica#Omicidio#Padre Thomas Martin#personaggi complessi#Peter Donley#Pier Carlo Lava
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“Avevo visitato il centro governativo di Zawiya, chiuso dopo tre attacchi inscenati dal clan di Bidja perché l’unico a restare operativo fosse quello aperto illegalmente dalla sua rete”. Grazie all’incarico istituzionale nella guardia costiera, Bidja e i suoi avevano il controllo di tutta la filiera. Non a caso nel 2017, come racconterà due anni dopo Nello Scavo su Avvenire, l’allora capitano Bidja viene invitato in Italia per partecipare a riunioni con funzionari italiani, visitare il Centro per richiedenti di Mineo e gli uffici della Guardia costiera a Roma. Fatti che nessun governo italiano ha mai voluto chiarire, nonostante il nome di Bidja fosse finito nella black list del Consiglio di Sicurezza dell’Onu a due sole settimane da quel viaggio. Nonostante le indagini della procura di Agrigento e quelle della Corte penale internazionale avviate grazie al lavoro di Porsia. “Sono diventata la nemica numero uno di Bidja che nel 2019 ha minacciato me e la mia famiglia via social, citando nome e cognome di mio figlio che allora aveva due anni, la stessa età che ha oggi suo figlio”, ricorda la giornalista, che dopo l’uscita della sua inchiesta ha rischiato di essere rapita, ha dovuto lasciare la Libia e da allora si è vista negare il visto per rientrarvi. Ma c’è di peggio: “L’Italia sapeva dei pericoli che correvo, ma non fece nulla per proteggere me e il mio lavoro”. Al contrario, nel 2021 scoprirà che la procura di Trapani, quella delle indagini sulle Ong, nel 2017 l’ha intercettata per sei mesi “sebbene non fossi tra gli indagati”.
Tutto a causa di un’inchiesta dall’incredibile tempismo. “Il mio lavoro e così la mia interlocuzione con Bidja per tentare un incontro che poi non ci fu, si svolgevano mentre il governo italiano intesseva il memorandum: stavo provando a denunciare gli interlocutori con cui l’Italia trattava”. Ora che Bidja è morto, spiega, “rimane l’amarezza di essere stata tradita dallo stesso sistema democratico di cui faccio parte”. Quanto alle sorti della Libia, “un’esecuzione mafiosa non può che confermare la condizione del Paese: chiunque sostituirà Bidja sarà come lui se non peggio”. Al contrario, l’attuale governo italiano ritiene che il Paese sia cambiato e che le condanne, anche in Cassazione, delle navi che negli anni passati hanno riportato in Libia i migranti salvati nel Mediterraneo siano superate dall’attuale contesto, “migliorato anche grazie al sostegno dell’Italia e dell’Europa”, ha dichiarato il ministro dell’Interno Matteo Piatedosi che non manca mai di ringraziare la guardia costiera libica per le migliaia di persone intercettate e riportate nei centri di detenzione. “Certo, bisognerà capire chi sostituirà Bidja perché il suo era un ruolo chiave: decideva i luoghi di sbarco dei migranti intercettati, dove sarebbero finiti e quindi chi avrebbe ricevuto i finanziamenti”, spiega Porsia, che avverte: “Il suo omicidio incrocia anche interessi internazionali”.
“Ma non c’è bisogno di un erede vero e proprio perché ormai si tratta di un intero sistema, corroborato e suggellato anche nel forum internazionale tenutosi a Tripoli lo scorso luglio dove la premier Giorgia Meloni era in prima fila: chiedere ad uno Stato fallito com’è la Libia di gestire una materia delicata come la tutela dei diritti umani è come consegnare l’agnello al lupo”. E nella Tripolitania dove le milizie si spartiscono territorio e ministeri, i lupi non mancano: “Dagli Interni alla Difesa, tutti cercano di accaparrarsi la fetta di torta più grande, anche investendo nelle operazioni di pattugliamento a largo delle coste perché questo è il canale principale per prendere i fondi”. Per i migranti, assicura Porsia, “la situazione è solo peggiorata. Le prigioni libiche restano punti neri sulla mappa dove la detenzione è arbitraria e le persone sono numeri che le milizie rivendono al governo di Tripoli come all’Italia. Le torture e le violazioni sono costanti, per uscire bisogna pagare e a farlo è spesso il trafficante che recupererà il denaro dal prezzo della traversata via mare, magari l’ennesima per la stessa persona”. Poco importa chi organizza il viaggio: “Le partenze sono funzionali al business di detenzioni e intercettazioni che a loro volta alimentano i viaggi via mare”. Bidja è stato tra i primi a mettere in piedi un cartello in grado di attuare il patto Italia-Libia alla uniche condizioni possibili in un Paese senza Stato. “Un’azione necessaria alla tenuta democratica dell’Italia – disse del memorandum l’allora ministro dell’Interno Marco Minniti.
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Strage Paderno Dugnano, il 17enne in carcere: «Voglio vedere mio nonno, so che non posso tornare indietro» Ha trascorso la sua seconda notte nel carcere minorile Beccaria. Provato e stanco, si è contraddeto più volte il 17enne che nella notte tra sabato e domenica ha ucciso padre, madre e fratello di 12 anni a Paderno Dugnano, nel Milanese. Questa mattina ha ricevuto la visita del suo legale di fiducia, l'avvocato Amedeo Rizza. «E' provato, sta prendendo consapevolezza di ciò che ha fatto, anche se non riesce a darsi una spiegazione», ha detto l'avvocato. Paderno Dugnano, la ricostruzione della strage: papà Fabio vede i corpi in camera, urla al figlio di chiamare aiuto e lui lo accoltella alle spalle Le ultime parole «Voglio vedere il nonno. Mai avrei pensato di poter arrivare a uccidere, so che non posso tornare indietro». Sono le parole con cui il 17enne di Paderno Dugnano, accusato di aver sterminato la sua famiglia, si è rivolto al suo difensore, l'avvocato Amedeo Rizza. «Abbiamo fatto un primo colloquio dove ha ripercorso quello che ha detto a carabinieri e pm - spiega il legale all'Adnkronos -. Il perché rimane un punto di domanda, parla di un suo disagio generico». In attesa dell'interrogatorio davanti al gip, il minore, che si trova nel centro di prima accoglienza del Beccaria, ha già incontrato alcuni psicologi della struttura che accoglie i minori. «Si è reso conto di quello che ha fatto, è consapevole, ma non è corretto dire che era lucido in quel momento. Davanti al gip cercheremo di spiegare meglio quello che è successo e che non si può sostenere la premeditazione».«Vivevo questo disagio, un'angoscia esistenziale, ma non pensavo di arrivare a uccidere, non mi so spiegare cosa mi sia scattato quella sera, purtroppo è successo», ripete a chi lo sta incontrando in queste ore nel centro di prima accoglienza del carcere minorile Beccaria. Il malessere Un «malessere personale», la sensazione di sentirsi «estraneo rispetto al mondo», la stessa musica triste ascoltata per ore, poi «il pensiero di uccidere» che si era fatto strada «da qualche giorno» diventa azione. Chi cerca la logica o un solido movente deve restare lontano dalla villetta di Paderno Dugnano (Milano) dove, domenica 1 settembre, un 17enne ha ucciso a coltellate il fratello di 12 anni, poi ha infierito sulla madre Daniela, 48 anni, e infine ha colpito a morte il padre Fabio Chiarioni che poche ore prima aveva spento 51 candeline. Un triplico omicidio premeditato, aggravato dal vincolo della parentela, compiuto con «lucidità" ma senza possibili vie di fuga. La confessione Era seduto sul muretto fuori dalla casa, con il coltello vicino e ancora sporco di sangue quando sono arrivati i carabinieri della Stazione, allertati dallo stesso studente che aveva chiamato aiuto. A loro, a cui è parso «pacato e sereno», ha raccontato di aver ucciso il padre colpevole di aver ammazzato il resto della famiglia. Una bugia durata poco. Davanti ai magistrati la verità è risuonata come «una liberazione da un peso» spiegano gli inquirenti. «L'interrogatorio è iniziato con la sua confessione, ha immediatamente ritrattato la versione iniziale. Era provato, abbiamo avuto la sensazione che iniziasse a rendersi conto della gravità del suo gesto. C'è sembrato molto lucido, ha capito che non può tornare indietro da quello che ha fatto» spiega la pm del tribunale per i minorenni di Milano Sabrina Ditaranto. «Lui ha parlato di un malessere, di un pensiero di uccidere che aveva da qualche giorno» e che non ha confidato a nessuno. «Il perché è la grande domanda» di questa strage familiare, «ma è anche la risposta più difficile da raggiungere. Dal punto di vista giudiziario non abbiamo un movente tecnicamente inteso, dal punto di vista sociologico sono aperte più strade. Anche lui non si dà una spiegazione logica». Il debito a scuola Se il movente non serve per condannare in un'aula di un tribunale, le risposte le cerca chi descrive il 17enne come un bravo studente, con un solo debito in matematica che avrebbe recuperato questa settimana subito prima di iniziare l'ultimo anno di liceo, appassionato di pallavolo, tranquillo, taciturno. Nessun sospetto, nessuna avvisaglia, nessuna 'anomalia' neanche poche ore prima del massacro quando ha festeggiato con i parenti il compleanno del papà.
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SEGNALAZIONI LIBRARIE INTERESSANTI PER QUESTA ESTATE 2024
Oggi un breve post ricco di piccole curiosità e suggerimenti per le vostre lettture estive.
Partiamo da ciò che per me è un classico di ogni estate: i gialli inglesi, possibilmente cozy. Cioè ambientati in piccoli paesini dove una signora normale si ritrova a dover risolvere dei misteriosi delitti in una comunità all'apparenza carina e socevole, stile Jessica Fltcher e Signora in giallo per intenderci.
Quest'anno all'interno di questo genere vi suggerisco di acquistare, se ne avete occasione, perchè li ho visti in offerta in diverse librerie i primi due libri della serie Martha Miller di Catherine Coles:
Un misterioso omicidio e molti segreti di Catherine
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Trama: 1947. Westleham, cittadina tranquilla poco distante da Londra, è in fermento: la guerra è finita e tutti si stanno dando da fare per organizzare una fiera indimenticabile. L’unica a non mostrarsi troppo entusiasta durante i preparativi è Martha Miller. Da quando suo marito Stan è scomparso senza lasciare traccia, ha dovuto fare i conti con i pettegolezzi dei vicini, che hanno cominciato a trattarla con freddezza e sospetto. Questa potrebbe essere l’occasione che Martha aspetta da tempo per conquistare l’amicizia della gente del posto, grazie al delizioso gin alle prugne che ha preparato con le sue mani. Ma qualcosa di tragico sta per accadere. Alice Warren, in qualità di presidente del comitato di Westleham, inaugura la fiera con un brindisi al gin e… si accascia a terra, morta. Tutto lascia supporre che sia stata avvelenata. Prima che Martha possa rendersene conto, viene trascinata di nuovo al centro dei sospetti. Questa volta, però, è determinata a dimostrare la sua innocenza. Con l’aiuto del nuovo pastore, l’affascinante Luke Walker, troverà il vero colpevole. E, soprattutto, difenderà l’onore del suo squisito gin fatto in casa.
Delitto all'ora del tè di Catherine Coles
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Trama: 1947. Come ringraziamento per la brillante risoluzione del caso precedente, Martha Miller è l’ospite d’onore alla fiera di Winteringham. Stavolta, i suoi unici compiti saranno giudicare i cani più belli in gara al concorso e godersi un buon tè in compagnia dell’affascinante pastore della chiesa locale Luke Walker, lontano dai pettegolezzi e da sguardi indiscreti. O almeno, questo è ciò che credeva... Nel bel mezzo della fiera, infatti, la setterina irlandese di Martha, Lizzie, scopre proprio dietro il tendone allestito per il tè il corpo senza vita di una giovane donna. Ma chi può aver ucciso una ragazza così giovane, e perché? A quanto pare, qualcuno nel villaggio ha dei segreti da nascondere... e sembra che Martha e Luke abbiano un altro caso da risolvere. Che le indagini abbiano inizio!
Un libri che invece vi suggerisco di comprare o almeno di cercare e vedere se vi può interessare è un romanzo che purtroppo non sta avendo il successo e la fama che mreita qui in Italia probabilmente perchè uscito nelmomento sbagliato e si tratta di:
Margo ha problemi di soldi, di Rufi Thorpe
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Trama: Una ventenne studentessa californiana, scopre di aspettare un bambino da Mark, suo professore all’università, sposato e con due figli. Margo decide di tenere il bimbo, nonostante tutti le ricordino che l’aspetta una vita difficile, soprattutto perché non ha un soldo. E infatti, com’è prevedibile, quando Bodhi nasce la situazione si le coinquiline con cui divide l’appartamento si lamentano per le urla del piccolo, Margo non riesce a trovargli un posto all’asilo nido e il ristorante in cui lavora la licenzia. Del tutto al verde, Margo decide di sbarcare su OnlyFans ma la situazione finisce solo per intricarsi ulteriormente…
La sinossi sopra non gli da giustizia, a me ricorda molto il film ed il libro Qui dove batte il cuore. E' veramente un bel libro scritto bene, divertente ma anche commovente, sembra di leggere una sitcom americana ma di quelle scritte bene. Non lasciatevi ingannare dall'argomento scabroso di Only fans, qui al centro c'è la famiglia, ok un po' sui generis, ma la famiglia. Non c'è nulla di scabroso.
Un libro che invece sta ricevendo molto attenzione online è un fantasy YA:
Where the dark stand still. La foresta dell'amore eterno, di A. B. Poranek
Link: https://amzn.to/3Wyly9e
Trama: Liska sa che la magia è mostruosa e che chi la pratica è malvagio. Ha fatto di tutto per sopprimere il potere che le sboccia nel petto, con conseguenze disastrose. Così, per liberarsene, fugge dal suo villaggio e si inoltra nella Driada, il pericoloso bosco-vivo, per rubare il mitico fiore di felce, che le permetterà di esprimere il desiderio di una vita senza magia. Oltre al fiore, però, nella foresta Liska trova il Leszy, il demone guardiano del bosco, che invece di ucciderla le offre un patto: un anno di servitù in cambio del desiderio del fiore di felce. Costretta ad accettare per non morire, la ragazza viene portata dal mostro nel suo fatiscente maniero divorato dal bosco, e qui comincia a intravedere il groviglio di segreti e fantasmi che avviluppano il suo ospite. Eppure, intrecciati al dubbio, iniziano a germogliare in lei sentimenti nuovi. Ma qualcosa si sta svegliando nella Driada, qualcosa di letale e senza pietà. Qualcosa che spaventa persino il Leszy. Qualcosa che non può essere sconfitto, se Liska non abbraccia il mostro che ha sempre temuto di diventare…
Personalmente questo romanzo non mi attira molto, peimo, perchè è uno YA, e secondo, perchè la trama sa di già visto e già sentito, e mi ricorda davvero tanto quella del libro Uprooted di Naomi Novak, che qui da noi in Italia fu pubblicato con il titolo Cuore Oscuro. Però una mia amica mi ha detto che è molto bello ed ero prevenuta anche contro il libro della Novak che poi invece apprezzai molto durante la lettura. Quindi non so... se lo leggerò o meno...dipenderà dal mio mood e dal mio tempo immagino.
Per concludere qualche succosa curiosità libraria di cui forse non eravate a conoscenza. Sappiamo tutti che molti persoanggi famosi hanno scritto dei libri e persino dei romanzi. Diversi attori di hollywood sono anche autori di biografie, guide di vita, o libri per bambini. Vi ho già raccontato anni fa qui sul blog che ad esempio Hilary Duff ha scritto una trilogia paranormal romance il cui primo libro è stato pubblicato pure da noi in Italia, ma non i seguiti.
Ma forse non sapete che anche Keanu Reeves ha scritto un romanzo, e insieme al famosissimo scrittore China Mieville di cui è fan di lunga data.
The Book of Elsewhere, di Keanu Reeves e China Mieville
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Trama: Ci sono sempre stati dei sussurri. Leggende. Racconti di un guerriero che non può essere ucciso. Che ha visto mille civiltà sorgere e cadere, e che ha avuto molti nomi: Unuto, Figlio del Fulmine, Morte stessa. In questi giorni, è conosciuto semplicemente come "B." E vuole poter finalmente morire. Una divisione militare segreta dell'esercito degli Stati Uniti gli ha promesso che possono realizzare questo suo desiderio, ma in cambio lui deve combattere le loro le battaglie più impossibili. Come quella che riguarda un soldato fin troppo mortale tornato in vita, un evento impossibile che cela dietro di sè una forza ancora più misteriosa dello stesso B. Un nemico almeno altrettanto forte. E uno con un piano tutto suo.
questo romanzo si inserisce nella serie a fumetti di cui è sempre autore Keanu Reeves e che si intitola BRZRKR, da berseker, cioè dal guerriero protagonista.
E anche i vip nostrani italiani non si sono lesinati nel cercare di diventare anche scrittori. A partire da Clio Make up:
Sei bella come sei, di Clio Zammatteo
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Trama: Quando Clio atterra a New York ha in tasca tanti sogni e già dal primo giorno si accorge che la vita in America è un'avventura imprevedibile! Si trova catapultata in un nuovo mondo, ricco di piccole e grandi sfide: Giorgia, l'amica con cui ha sempre condiviso ogni cosa, è come sparita nel nulla con un ragazzo appena conosciuto, quando compare il nuovo vicino di casa, che tra uno scherzo e qualche risata riesce a colorare anche i momenti più bui. Clio, infatti, è cotta dell'inarrivabile di turno: ha occhi solo per Lui, che invece non la degna nemmeno di uno sguardo. E, come se non bastasse, c'è da conquistare quel posto da make-up artist alla New York Fashion Week! La Grande Mela si rivela soprattutto il luogo delle opportunità e degli imprevisti: la città perfetta per sentirsi liberi, per imparare a essere se stessi e seguire la propria passione. A migliaia di chilometri da casa - dove è rimasta l'amatissima nonna, sempre pronta a darle un consiglio e un incoraggiamento via Skype - Clio inizierà a riconoscere cosa (e soprattutto chi) vuole al suo fianco per il futuro, riuscirà a fare pace con il passato e a innamorarsi delle parti di sé di cui finora ha sempre avuto paura. E se incontrare un ragazzo che ti ripeta "sei bella come sei" non è semplice, è ancora più difficile arrivare a crederci davvero. Perché i sogni si inseguono, ma per raggiungerli non bisogna arrendersi mai!
Fino a Luca Argentero:
Disdici tutti i miei impegni, di Luca Argentero
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Trama: La vita scintillante di Fabio Resti, imprenditore romano che traffica con successo nel business degli eventi aziendali, piomba nell'ombra più anonima quando riceve un'inattesa telefonata da parte della Guardia di Finanza: l'ufficiale Belfiore deve consegnargli una urgente comunicazione giudiziaria che lo riguarda. Causa il possibile inquinamento delle prove, Fabio è costretto a disdire tutti gli impegni e a iniziare l'estate agli arresti domiciliari, a casa dei suoi genitori, in via di Val Tellina, invece che a Formentera o in Salento. È un colpo durissimo, ma anche l'inizio di una piccola, personale rivoluzione. L'osservazione dell'amorevole ménage degli arzilli genitori, l'ambiguo fascino di una ragazza che abita nell'appartamento di fronte, il diradarsi dei rapporti con colleghi e amici trasformeranno la cameretta di Fabio da luogo di detenzione a trampolino verso un futuro diverso dal suo recente passato.
E la cantante Levante:
E questo cuore non mente, di Levante
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Trama: Anita: una donna come tante che somiglia solo a se stessa. Nel lavoro ha successo, è una giornalista affermata, ma in amore colleziona disastri. L'ultimo in ordine di tempo si chiama Marco, "nessun segno particolare, non un tatuaggio, non un piercing alle orecchie, al naso, niente. La faccia di uno che non attira l'attenzione. Piaceva a tutti, non se lo ricordava nessuno". Lei però se lo ricorda bene. Ricorda quando lui l'ha fatta ridere per la prima volta, sotto un cielo blu di Prussia, con un gin tonic in mano e la testa leggera leggera. Ricorda le caffettiere che preparava solo per lei, per non farle mancare la colazione. Ma ricorda anche i silenzi terribili, carichi di risentimento, con cui la chiudeva fuori dal suo mondo senza darle spiegazioni. Perché ogni storia d'amore è così: per comprenderla tutta, bisogna cominciare dalla fine. E adesso che anche con Marco è finita, dopo tante tempeste e uomini sbagliati, Anita desidera soltanto salvarsi il cuore, metterlo al sicuro. Per curare l'anima dalle ferite del passato e abbracciare, finalmente, la scatola nera delle sue emozioni.
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