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Il portafogli: cronaca di una scomparsa non annunciata
Prima di cominciare: avverto che il post in questione sarà abbastanza lungo e sicuramente pieno di errori. Leggete e limitatevi ad immaginare le bestemmie e tutto quello che ne consegue da un’avventura del genere.
Il 2023 è cominciato abbastanza bene dopo aver passato un 2022 ricco di soddisfazioni e, soprattutto tanti viaggi. Ma veniamo a noi: come da titolo, si capisce in maniera abbastanza chiara cosa sto per raccontare, ma mancano alcuni particolari: dove e quando. Partiamo dalla cosa più semplice.
1) DOVE
Aeroporto Humberto Delgado, Lisbona, Portogallo
2) QUANDO
17 gennaio 2023
Dopo quattro giorni in cui ho girato in lungo ed in largo per la capitale lusitana, arriva purtroppo il giorno della partenza. I soliti controlli prima di lasciare l’albergo sono i classici che fa chiunque per non dimenticare niente: carica batteria c’è, documenti ci sono, telefono c’è, portafogli c’è. Arrivo in aeroporto con largo anticipo e mi dirigo ai controlli dove non trovo alcun tipo di coda. Ovviamente lascio tutti gli oggetti che potrebbero far suonare il metal detector dentro la vaschetta controllando bene di non avere niente in tasca che potesse dar problemi. Passo e neanche a dirlo, questo suona senza un particolare motivo; scattano i controlli del caso da parte di un addetto che fino a quel momento stava esclusivamente pensando a cosa avrebbe dovuto fare appena finito il turno, probabilmente ubriacarsi ammerda da solo in un bar. Si va di cartina per rilevare polvere da sparo e non risulta niente, idem dalla cinta in giù non c’è niente di particolarmente pericoloso. MI lasciano andare e mi dirigo verso la famosa vaschetta con tutte le mie cose, ossia giubbino, bagaglio a mano e telefono. Subito dopo aver salutato e ringraziato, mi accorgo che il motivo per cui il signor metal detector ha suonato è l’orologio che mi ero dimenticato di togliere. Poco male, vado via e, visto che manca un bel po’ di tempo decido di mangiare qualcosa. Il tempo bene o male passa via abbastanza tranquillamente e arriva il momento dell’imbarco. Documenti ok, posto in aereo trovato, si decolla e dopo tre ore di volo eccomi di nuovo in Italia, precisamente all’aeroporto di Venezia. Sceso dall’aereo controllo di aver addosso tutte le mie cose. Ecco, da qui comincia il panico: il portafogli. In tutti e quattro i giorni, il protagonista dell’avventura è sempre rimasto nella tasca sinistra dei pantaloni con la carta d’identità fuori dal portafogli (sì, ho ancora quella cartacea) e fino al momento in cui ho messo piede in Italia ero convinto fosse lì dove è sempre stato.
Dopo aver palpato in ogni fibra delle tasche che avevo ho realizzato di aver perso chissà dove l’oggetto che da il titolo a questo post. Al suo interno non c’erano banconote ma c’era la carta di debito, il codice fiscale e poche monete. eccolo il panico che non avevo mai provato fino quel momento, i 4 gradi di temperatura non li sentivo per niente, visto che stavo sudando tipo a luglio con 34 gradi e il 92% di umidità. Quindi, nel già citato panico che si era impossessato di me cerco il modo di bloccare la carta. In questo momento entra in scena il co-protagonista di questa avventura, ossia Poste Italiane. Cominciate già a sentire le bestemmie, vero?
Comunque: dopo tipo dieci minuti di voce registrata riesco a bloccare la carta e riesco persino a fare richiesta di spedizione di nuova carta a casa, cosa non da poco, direi; nell’istante immediatamente successivo alla riuscita del fatto mi fiondo in autobus che mi porta direttamente in quel di Venezia. Ma il biglietto? Come lo faccio senza un soldo in tasca e la carta bloccata? Come faccio a fare il biglietto da telefono se Google Pay non funziona? Esatto, non faccio il biglietto e spero che in caso di entrata di controllore capisca la situazione e con un filo di pietà mi lascino tornare a casa senza una multa. Il viaggio, però, non si sarebbe concluso in quel della stazione dei bus di Venezia. Da lì, infatti, avrei dovuto prendere un treno per arrivare in quel della mia città. Anche in questo caso, vista la provenienza del mio viaggio, faccio il portoghese senza che alcun controllore mi chiedesse un biglietto.
La mattina dopo, senza aver praticamente chiuso occhio, chiamo il call center di Poste Italiane dove chiedo chiarimenti circa la mia carta. L’operatore molto gentile mi rassicura che l’ultimo movimento registrato è stato fatto da me e che al momento dell’arrivo della nuova carta (con pin e IBAN identici) sarebbe bastato recarmi in un qualsiasi sportello, inserire la carta ed attivarla. Ecco, ricordate queste due semplici cose:
qualsiasi sportello
attivazione immediata
Passa qualche giorno e finalmente la carta arriva. Il pomeriggio stesso decido di andare in posta centrale per attivarla e tornare finalmente con i soldi in tasca. Tutto contento mi dirigo verso il bancomat, inserisco la carta, piazzo il pin ed una schermata mi avverte che il costo di attivazione è di 5 euro. Mortacci loro, penso tra me e me. Non potendo fare diversamene, accetto e faccio andare avanti l’operazione fino a che non arriva una schermata che dice che c’è un errore. Rifaccio l’operazione più volte e arrivo sempre al solito punto di non ritorno. Decido di fare coda per andare allo sportello e nonostante le venti persone davanti a me e aspetto il mio turno. Finalmente chiamano il mio numero, mi avvio verso lo sportello e comincio a spiegare il problema dicendo che ho messo la carta dentro il bancomat per attivarla e che mi da errore. La tizia mi dice che per sbloccarla serve prima una denuncia di smarrimento. Appena sento la parola “denuncia” mi casca il mondo addosso. Ricordate l’elenco poco sopra? Lì comincio a dire alla tizia che il suo collega non mi aveva detto che servisse una denuncia e che avrei dovuto fare solo le cose che ho elencato prima. Con tono abbastanza maleducato, l’impiegata comincia a dirmi che non devo dirle io come deve fare il suo lavoro che fa da ben vent’anni e che per la cosa che chiedevo serviva la denuncia, un codice fiscale che non avevo e la carta d’identità. Ripeto per la terza volta che non mi era stato detto e la tizia continua ad innervosirsi sempre di più in maniera veramente esagerata. Va a finire che non la mando a fare in culo pensando che ho fatto tre quarti d’ora di attesa per niente ma la saluto in maniera abbastanza stizzita e andando via bestemmiando con tono di voce che sicuramente qualcuno mi ha sentito.
Sconfortato da tutto ciò, dal supermercato dove fare un minimo di spesa, richiamo il numero del call center delle Poste dove racconto di nuovo tutto quello che è successo in Posta. L’operatore, questa volta, mi conferma la versione dell’impiegata, ossia che per sbloccare la carta nuova serve una denuncia. Erano circa le 19, ero in centro città e non lontano dalla stazione dei Carabinieri quindi decido di recarmici e fare sta benedetta denuncia che dopo pochi minuti è fatta. Nel mentre che il carabiniere stava scrivendo quello che ho dichiarato chiedo se per caso con un codice fiscale scaduto (che in quel momento mi è venuto in mente e che avevo a casa) potevo presentarlo per sbloccare la carta. Mi si risponde di no, in quanto scaduto, quindi avrei dovuto fare richiesta di un codice fiscale/tesserino sanitario nuovo e che avrei dovuto provare ad andare all’anagrafe sanitaria con la denuncia e provare a vedere se potevano darmi un duplicato o qualcosa del genere. Dal canto mio, ho dubitato di questa cosa perché sul sito dell’Agenzia delle Entrate è scritto a chiare lettere che in caso di furto o smarrimento della tessera occorre la denuncia. Capito cosa serve? Serve la denuncia. Ok. Mi metto il cuore in pace e torno a casa e dopo aver sentito le parole del Carabiniere, decido che il giorno dopo sarei andato all’anagrafe sanitaria per richiedere il duplicato.
Quasi dimenticavo: nel mentre di tutto questo marasma, il portafogli era stato ritrovato, visto che subito dopo sceso dall’aereo, nel panico già descritto, ho mandato una mail all’albergo dove ho soggiornato e all’ufficio oggetti smarriti dell’aeroporto. Mi hanno risposto entrambi ma solo il secondo mi ha dato una risposta positiva. Il portafogli, quindi, è rimasto da solo al freddo e al gelo in una vaschetta dove si ripongono i propri effetti personali prima del metal detector.
Facendola corta, mi è stato detto che lo hanno ritrovato e che, se volevo, avevo tre opzioni per poter riavere il mio oggetto:
Andare lì di persona con un documento d’identità. Direi impossibile.
Delegare una persona di mia fiducia con una delega e un documento d’identità. Meh.
Richiedere una spedizione dell’oggetto previa invio di domanda scritta, una copia del documento d’identità e il pagamento di ben 6,2 euro.
Ovviamente la scelta è ricaduta sull’ultima opzione. Una volta ricevuto il pagamento e una volta spedito l’oggetto mi avrebbero dato il tracking per tenere d’occhio la spedizione.
Ok, quindi il problema del portafogli a livello di oggetto è risolto, rimane il problema delle tessere al suo interno. Anzi, dell’unica tessera ancora valida, ossia il codice fiscale. Il protafogli verrà spedito il giorno 26 di gennaio.
Tornando a noi, la sera stessa dopo la denuncia, nel pieno della notte mentre sono a letto, decido di rileggere cosa scrive il sito dell’Agenzia delle Entrate in merito del da farsi per richiedere il codice fiscale nuovo. Non so come ma arrivo in una pagina (dopo autenticazione con lo SPID) dove senza bisogno di alcuna denuncia da caricare, si può fare richiesta di un nuovo tesserino che verrà spedito a casa. Ovviamente provo a fare quello che mi viene chiesto e vedo che l’operazione va a buon fine perché a schermo mi viene scritto che il tesserino verrà spedito direttamente all’indirizzo di residenza presente in Anagrafe Tributaria. E anche qui partono bestemmie inenarrabili e non quantificabili. Il carabiniere mi dice una cosa e il sito dell’Agenzia delle Entrate mi dice una cosa e poi ne fa un’altra. Un classico italiano, insomma. In tutto ciò, dopo le bestemmie, scopro sempre dalle mie ricerche online che il tesserino sanitario, se usato solo come codice fiscale, è comunque valido anche se scaduto. Quindi alla fine, il sottoscritto è cornuto e mazziato.
Arriviamo quindi a pochi giorni fa, in cui mi presento in un altro ufficio postale tentando la fortuna. Mi presento con la denuncia, la mia carta d’identità, il codice fiscale scaduto (ma valido) e la tessera da attivare. Arriva praticamente subito il mio turno e in meno di 5 minuti di orologio la pratica è andata a buon fine. Praticamente si è perso più tempo a fare le fotocopie dei documenti che non la pratica vera e propria in se. Quindi, felice del risultato, torno a casa contento perché finalmente ho tutti i miei soldi a disposizione. Manca il codice fiscale e il portafogli.
Siamo quasi alla fine dell’avventura: il portafogli è in viaggio. Il 30 di gennaio l’oggetto risulta fermo in quel della provincia di Milano. Il 2 di febbraio, ossia ieri rispetto al giorno in cui sto scrivendo questo papiro, risulta in consegna e verso metà pomeriggio arriva tra le mie mani con tutte le monete che avevo il giorno in cui l’ho lasciato in Portogallo. Ad oggi, 3 febbraio, manca ancora il tesserino sanitario/codice fiscale nuovo.
Che dire, tutto è bene quel che finisce bene. Devo dire che sono rimasto stupito in maniera positiva dal modo in cui le autorità portoghesi hanno gestito in maniera abbastanza veloce il mio caso, rispondendomi puntualmente e in maniera chiara su tutto ciò che avrei dovuto fare e su quello che stava succedendo. Sono, invece, rimasto, non dico deluso, ma convinto dell’inefficienza del nostro sistema che è, nonostante la tecnologia, fermo ancora ai livelli di 20/30/40 anni fa. Non oso immaginare se dovesse succedere la stessa cosa ad una persona straniera che viene qui in vacanza. Fa prima a lasciar perdere. Che amarezza.
Fine del papiro.
Complimenti a chi ha avuto la pazienza/coraggio di arrivare fino a qui.
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Boa noite, Tumblr. 😉
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Consigli per le orecchie
Dalla mia praticamente totale ignoranza in materia di musica classica, mi permetto di consigliare a tutti questo box di 6 CD di Bach diretto ed anche suonato dal Maestro Karl Richter.
La cronologia di YouTube a volte fa ricordare delle cose che tanto tempo fa ho apprezzato e che fino a ieri avevo totalmente dimenticato. Il buon Spotify, poi, dal niente, ti fa trovare l’album completo. Dove? Qui.
Non male, dai.
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Ancora un blog
Ho (ri)aperto un blog. Sì, l’ennesimo e non so il perché. Mi piace l’idea di avere un blog che ormai è roba preistorica ma in realtà non so se e quando ci scriverò qualcosa. In ogni caso, tu che stai leggendo questo post, fammi sapere del tuo passaggio e, se ti fidi, seguimi solo per la fiducia. Io ci provo. Vediamo come andrà.
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