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funghissimo · 1 month ago
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Omicidio (sfiorato) sulla Breslavia- Cracovia: il reportage di una serata terrificante
Ed eccoci tornati a scrivere su questa piattaforma. Come quello precedente, sarà un post abbastanza lungo, quindi, caro lettore, mettiti comodo, sorvola su qualsiasi errore di sintassi, grammaticale di punteggiatura o di qualsiasi altra natura e divertiti.
Il tutto inizia in un anonimo pomeriggio di gennaio, per essere precisi quello del 21, in quel della stazione ferroviaria di Breslavia in Polonia, sento già la domanda:
E tu che ceppa ci stavi facendo in quel di Breslavia a gennaio del 2025?
Ebbene, è stato il mio regalo di compleanno. Una tre giorni polacca tra Cracovia ed, appunto, Breslavia. Meta vicina, facilmente raggiungibile e abbastanza economica. Meglio di così...
Comunque, dopo aver visitato il centro storico della città in lungo in largo, dopo aver fatto tante foto, dopo aver preso quantità indefinite di permafrost addosso, verso le 18 mi dirigo verso la stazione ferroviaria dove alle 19:15 era previsto il treno di ritorno verso Cracovia. La prima cosa che faccio è quella di dirigermi verso il tabellone degli orari e controllare che il mio treno ci sia e che l'orario fosse quello che sapevo senza eventuali ritardi o chissà quale altra cosa, quindi dopo aver visto che era tutto come da previsione, mi metto tranquillo seduto su una panchina e ne approfitto per fare delle chiamate, giusto per passare il tanto tempo che mancava prima della partenza.
Concluse le chiamate, decido di dirigermi verso il binario; cosa importante: in quel della Polonia non ci sono i binari come qui, ci sono le piattaforme e nella piattaforma ci sono due binari. Con estrema calma mi dirigo verso la piattaforma che nel mio caso era la numero 4, mancava ancora circa un quarto d'ora all'arrivo del treno e in quel poco tempo che mancava mi immaginavo il viaggio, la comodità (sì, i treni polacchi sono comodi e funzionano bene al contrario dei nostri) e al fatto che il giorno dopo sarei ritornato a casa in Italia, quindi organizzare per bene il trasferimento in aeroporto con i mezzi, quando svegliarmi e cosa fare. Insomma, le cose normali che chiunque fa quando viaggia. Passano i minuti e il treno non arriva, vabbè, penso, un po' di ritardo ci può stare, non ho problemi con gli orari, visto che a Cracovia i mezzi pubblici per tornare a casa alle 22:15 circa ci sono ancora. I minuti passano e del treno non c'è ancora traccia; in sottofondo sento degli annunci ovviamente in polacco che ovviamente non capisco e a cui non do importanza. Quindi, cosa fare nell'attesa? Beh, facciamo una foto, no? Eccola.
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Bello, penso, la foto mi è venuta anche abbastanza bene, chissà, magari prima o poi la pubblicherò nei social, mi piace, la tengo. Nel frattempo il ritardo comincia a farmi innervosire e sulle info del binario lo schermo rimane costantemente spento. Ad un certo punto, dal niente lo schermo miracolosamente si accende ma la destinazione del treno in arrivo non è quella che mi aspettavo. La gente sale, la banchina si svuota e lo sconforto comincia. Mi decido di andare allo sportello a chiedere informazioni: adesso il problema è: come faccio a farmi capire con il mio inglese? E gli impiegati allo sportello sapranno parlarlo? Mi faccio coraggio e faccio la coda. Arrivo allo sportello e chiedo come prima cosa "do you speak english?" La risposta è stata NO ma (a gesti) la mia collega all'altro sportello lo parla. Ok, rispondo, grazie.
Lo senti l'inizio della fine? Anche io.
Quindi, mi sposto all'altro sportello, chiedo per conferma se fosse in grado di capire e parlare l'inglese: la soggetta mi risponde positivamente e comincio a spiegare che il mio treno previsto per le 19:15 non è ancora arrivato e quindi chiedo cosa potesse essere successo. La malcapitata mi risponde nella maniera in cui non avrei mai voluto. Mi risponde le seguenti parole: (traduco)
"Come non è passato? Il treno è anche partito ma mezz'ora fa!"
Non ho più sentito il pavimento sotto i piedi e ho cominciato a sudare malissimo nonostante la temperatura della stazione fosse abbastanza bassa.
Con il cagotto in corso, chiedo ancora come sia potuto succedere nonostante fossi presente sul binario indicato dal tabellone con, oltretutto lo schermo della destinazione e l'orario spento. La risposta è stata il colpo di grazia estremo:
"Signore, il treno è partito ma è stato annunciato il cambio binario."
Ricordi la foto? Sì, quella di prima, quella che penso di postare sui social per prendere sconsiderate quantità di like? Ebbene, quello era il mio treno.
L'incazzatura comincia a salire e la povera malcapitata viene sommersa di italiche ingiurie di qualsiasi tipologia. Nel mezzo chiedo come sia possibile fare un annuncio di un cambio piattaforma di un treno Intercity solamente in lingua polacca quando nel resto dell'Europa, o almeno nei posti in cui sono stato, gli annunci vengono fatti anche in lingua inglese, giusto per un senso di civiltà, ecco. La risposta abbastanza sullo scocciato andante della personaggia è stata la seguente:
"L'annuncio è stato fatto in polacco perché siamo in Polonia."
Valanghe di bestemmie anche qui. Fortuna vuole però che ci sia un altro treno che potrebbe riportarmi in quel di Cracovia ed è alle 21. Dopo che l'impiegata mi dice questa cosa, chiedo:
"La prenotazione che ho del treno precedente, visto che mi avete fatto perdere voi il treno per l'annuncio in polacco, vale lo stesso vero?" Risposta tombale:
"No, deve rifare il biglietto." Bestemmie italiche a raffica partite in automatico.
Non potendo fare altro, do l'ok a farmi fare un'altro biglietto. L'impiegata mi dice che il treno è alla piattaforma 3, qual è la carrozza in cui devo salire e il posto che ho prenotato. Tutto chiaro. Mentre stavo per ringraziare ed andarmene a bestemmiare per tutta la stazione, sempre l'impiegata mi dice che il treno previsto per le 20 viaggia con un'ora di ritardo. Indovina anche qui cosa sono partite? Esatto, le bestemmie. Tante bestemmie.
Ok, il biglietto è fatto, resta solo da aspettare il treno. Manca ancora tipo un'ora all'arrivo dell'altro treno e per paura che possa succedere quello che era appena successo mi piazzo fisso davanti al tabellone delle partenze per controllare che non ci siano cambiamenti. Per essere sicuro, ogni tot controllo anche tutti i tabelloni che ci sono all'inizio di ogni scala che fanno accedere alle piattaforme. La rabbia è tanta, l'incazzatura ancora di più.
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Il tempo passa, cambiamenti non ce ne sono ma per annunciare il ritardo questa volta fanno anche l'annuncio in inglese. Secondo me qualcuno ha sentito i miei scongiuri molto coloriti per tutta la stazione e ha capito. il treno sta per arrivare. Il tabellone questa volta, per ovvie ragioni, si accende e ha mostrato la tanta sperata destinazione:
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Ricapitoliamo: treno perso, mezza rissa allo sportello, biglietto da rifare, treno successivo con un'ora di ritardo. Finita qui? Assolutamente no.
Finalmente salgo in treno, un InterCity proveniente da Berlino. Dentro di me sento che l'avventura, seppur abbastanza tragica è arrivata al termine; bastava sedersi, rilassarsi e arrivare a Cracovia. Arrivo al mio posto assegnato e dentro lo scompartimento (sì, tipo i nostri InterCity di una volta) mi trovo una coppia di vecchi, probabilmente marito e moglie. Mostro alla signora che il posto in cui il marito è seduto sarebbe assegnato a me e che quindi si sarebbe dovuto alzare e smammare. La signora, non so come, mi fa capire che purtroppo al marito fa molto male la gamba e che fa fatica a muoversi; mi fa capire poi che nello scompartimento accanto c'è posto e che se voglio posso mettermi lì. Alla fine, dopo tutto quello che è successo, non ho voglia di mettermi lì a discutere per un posto a sedere, faccio cenno che va bene e mi piazzo lato finestrino dell'altro scompartimento e amen. Nello scompartimento c'è un personaggio alquanto strano: uomo sulla quarantina, fisico da muratore, tratti somatici tipici della Polonia. Fino a lì niente di particolarmente strano o fastidioso; mi siedo, tiro un sospiro di sollievo grande non so quanto e tempo un paio di minuti il soggetto che ho davanti a me comincia a tirare su con il naso. Il rumore di questa cosa è una delle poche (ehm, direi tante) che proprio mi fa andare fuori di testa. Dopo quello che era successo non mi andava di mettermi a discutere con sto tizio qua, anche perchè non avrei saputo come, visto che la probabilità di avere una lingua in comune era a livelli tragicamente bassi. Gli sguardi di sfida non sono bastati a farlo smettere e noncurante di tutto e soprattutto di tutti (io me in questo caso) è andato avanti a deliziare me e i vicini con i suoi rumori nasali. Due ore e tre quarti di concerto, signore e signori. Il soggetto non si sa se sia ancora vivo. È probabile che non abbia ancora consultato un buon otorinolaringoiatra e in questo momento starà inconsciamente crescere dei potenziali serial killer; vicini di casa? Familiari? Fidanzate/i? Moglie? Marito? Chi lo sa.
Alla fine della fiera il viaggio si conclude alle ore 00:58 circa e l'unico modo per tornare a casa era quello di contattare un Bolt che sarebbe arrivato nel giro di pochi minuti.
Nel mentre che aspetto la macchina che mi riporta a casa mi si avvicinano due personaggi chiaramente alterati da droga o alcool ma per fortuna non pericolosi. Mi chiedono qualcosa in polacco e io faccio finta di non capire. I due insistono e ho la poco brillante idea di dire "in english, please"; mi chiedono una sigaretta e, non fumando rispondo che non ne ho facendo il gesto con la mano. Mi chiedono poi di dove fossi e in maniera velatamente orgogliosa rispondo che sono italiano; appena ho detto "italiano" i due mi guardano con gli occhi sgranati tipo quando qualcuno ha un'apparizione mariana e con un sorriso a pochi denti cominciano a cantarmi a tutto volume L'Italiano di Toto Cotugno. La scena è durata fortunatamente 10 secondi perchè poi nel frattempo è arrivato il salvifico Bolt che nel giro di pochi minuti mi ha portato a casa.
L'avventura si può dichiarare conclusa alle ore 01:10 del mattino. Una giornata cominciata alle 05:30 che non mi aspettavo potesse finire in questa maniera. Però, se non succedono queste cose, come si può dire che ci si è divertiti?
Alla prossima. Forse.
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funghissimo · 2 years ago
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Il portafogli: cronaca di una scomparsa non annunciata
Prima di cominciare: avverto che il post in questione sarà abbastanza lungo e sicuramente pieno di errori. Leggete e limitatevi ad immaginare le bestemmie e tutto quello che ne consegue da un’avventura del genere.
Il 2023 è cominciato abbastanza bene dopo aver passato un 2022 ricco di soddisfazioni e, soprattutto tanti viaggi. Ma veniamo a noi: come da titolo, si capisce in maniera abbastanza chiara cosa sto per raccontare, ma mancano alcuni particolari: dove e quando. Partiamo dalla cosa più semplice.
1) DOVE
Aeroporto Humberto Delgado, Lisbona, Portogallo
2) QUANDO
17 gennaio 2023
Dopo quattro giorni in cui ho girato in lungo ed in largo per la capitale lusitana, arriva purtroppo il giorno della partenza. I soliti controlli prima di lasciare l’albergo sono i classici che fa chiunque per non dimenticare niente: carica batteria c’è, documenti ci sono, telefono c’è, portafogli c’è. Arrivo in aeroporto con largo anticipo e mi dirigo ai controlli dove non trovo alcun tipo di coda. Ovviamente lascio tutti gli oggetti che potrebbero far suonare il metal detector dentro la vaschetta controllando bene di non avere niente in tasca che potesse dar problemi. Passo e neanche a dirlo, questo suona senza un particolare motivo; scattano i controlli del caso da parte di un addetto che fino a quel momento stava esclusivamente pensando a cosa avrebbe dovuto fare appena finito il turno, probabilmente ubriacarsi ammerda da solo in un bar. Si va di cartina per rilevare polvere da sparo e non risulta niente, idem dalla cinta in giù non c’è niente di particolarmente pericoloso. MI lasciano andare e mi dirigo verso la famosa vaschetta con tutte le mie cose, ossia giubbino, bagaglio a mano e telefono. Subito dopo aver salutato e ringraziato, mi accorgo che il motivo per cui il signor metal detector ha suonato è l’orologio che mi ero dimenticato di togliere. Poco male, vado via e, visto che manca un bel po’ di tempo decido di mangiare qualcosa. Il tempo bene o male passa via abbastanza tranquillamente e arriva il momento dell’imbarco. Documenti ok, posto in aereo trovato, si decolla e dopo tre ore di volo eccomi di nuovo in Italia, precisamente all’aeroporto di Venezia. Sceso dall’aereo controllo di aver addosso tutte le mie cose. Ecco, da qui comincia il panico: il portafogli. In tutti e quattro i giorni, il protagonista dell’avventura è sempre rimasto nella tasca sinistra dei pantaloni con la carta d’identità fuori dal portafogli (sì, ho ancora quella cartacea) e fino al momento in cui ho messo piede in Italia ero convinto fosse lì dove è sempre stato.
Dopo aver palpato in ogni fibra delle tasche che avevo ho realizzato di aver perso chissà dove l’oggetto che da il titolo a questo post. Al suo interno non c’erano banconote ma c’era la carta di debito, il codice fiscale e poche monete. eccolo il panico che non avevo mai provato fino quel momento, i 4 gradi di temperatura non li sentivo per niente, visto che stavo sudando tipo a luglio con 34 gradi e il 92% di umidità. Quindi, nel già citato panico che si era impossessato di me cerco il modo di bloccare la carta. In questo momento entra in scena il co-protagonista di questa avventura, ossia Poste Italiane. Cominciate già a sentire le bestemmie, vero?
Comunque: dopo tipo dieci minuti di voce registrata riesco a bloccare la carta e riesco persino a fare richiesta di spedizione di nuova carta a casa, cosa non da poco, direi; nell’istante immediatamente successivo alla riuscita del fatto mi fiondo in autobus che mi porta direttamente in quel di Venezia. Ma il biglietto? Come lo faccio senza un soldo in tasca e la carta bloccata? Come faccio a fare il biglietto da telefono se Google Pay non funziona? Esatto, non faccio il biglietto e spero che in caso di entrata di controllore capisca la situazione e con un filo di pietà mi lascino tornare a casa senza una multa. Il viaggio, però, non si sarebbe concluso in quel della stazione dei bus di Venezia. Da lì, infatti, avrei dovuto prendere un treno per arrivare in quel della mia città. Anche in questo caso, vista la provenienza del mio viaggio, faccio il portoghese senza che alcun controllore mi chiedesse un biglietto. 
La mattina dopo, senza aver praticamente chiuso occhio, chiamo il call center di Poste Italiane dove chiedo chiarimenti circa la mia carta. L’operatore molto gentile mi rassicura che l’ultimo movimento registrato è stato fatto da me e che al momento dell’arrivo della nuova carta (con pin e IBAN identici) sarebbe bastato recarmi in un qualsiasi sportello, inserire la carta ed attivarla. Ecco, ricordate queste due semplici cose: 
qualsiasi sportello 
attivazione immediata
Passa qualche giorno e finalmente la carta arriva. Il pomeriggio stesso decido di andare in posta centrale per attivarla e tornare finalmente con i soldi in tasca. Tutto contento mi dirigo verso il bancomat, inserisco la carta, piazzo il pin ed una schermata mi avverte che il costo di attivazione è di 5 euro. Mortacci loro, penso tra me e me. Non potendo fare diversamene, accetto e faccio andare avanti l’operazione fino a che non arriva una schermata che dice che c’è un errore. Rifaccio l’operazione più volte e arrivo sempre al solito punto di non ritorno. Decido di fare coda per andare allo sportello e nonostante le venti persone davanti a me e aspetto il mio turno. Finalmente chiamano il mio numero, mi avvio verso lo sportello e comincio a spiegare il problema dicendo che ho messo la carta dentro il bancomat per attivarla e che mi da errore. La tizia mi dice che per sbloccarla serve prima una denuncia di smarrimento. Appena sento la parola “denuncia” mi casca il mondo addosso. Ricordate l’elenco poco sopra? Lì comincio a dire alla tizia che il suo collega non mi aveva detto che servisse una denuncia e che avrei dovuto fare solo le cose che ho elencato prima. Con tono abbastanza maleducato, l’impiegata comincia a dirmi che non devo dirle io come deve fare il suo lavoro che fa da ben vent’anni e che per la cosa che chiedevo serviva la denuncia, un codice fiscale che non avevo e la carta d’identità. Ripeto per la terza volta che non mi era stato detto e la tizia continua ad innervosirsi sempre di più in maniera veramente esagerata. Va a finire che non la mando a fare in culo pensando che ho fatto tre quarti d’ora di attesa per niente ma la saluto in maniera abbastanza stizzita e andando via bestemmiando con tono di voce che sicuramente qualcuno mi ha sentito. 
Sconfortato da tutto ciò, dal supermercato dove fare un minimo di spesa, richiamo il numero del call center delle Poste dove racconto di nuovo tutto quello che è successo in Posta. L’operatore, questa volta, mi conferma la versione dell’impiegata, ossia che per sbloccare la carta nuova serve una denuncia. Erano circa le 19, ero in centro città e non lontano dalla stazione dei Carabinieri quindi decido di recarmici e fare sta benedetta denuncia che dopo pochi minuti è fatta. Nel mentre che il carabiniere stava scrivendo quello che ho dichiarato chiedo se per caso con un codice fiscale scaduto (che in quel momento mi è venuto in mente e che avevo a casa) potevo presentarlo per sbloccare la carta. Mi si risponde di no, in quanto scaduto, quindi avrei dovuto fare richiesta di un codice fiscale/tesserino sanitario nuovo e che avrei dovuto provare ad andare all’anagrafe sanitaria con la denuncia e provare a vedere se potevano darmi un duplicato o qualcosa del genere. Dal canto mio, ho dubitato di questa cosa perché sul sito dell’Agenzia delle Entrate è scritto a chiare lettere che in caso di furto o smarrimento della tessera occorre la denuncia. Capito cosa serve? Serve la denuncia. Ok. Mi metto il cuore in pace e torno a casa e dopo aver sentito le parole del Carabiniere, decido che il giorno dopo sarei andato all’anagrafe sanitaria per richiedere il duplicato.
Quasi dimenticavo: nel mentre di tutto questo marasma, il portafogli era stato ritrovato, visto che subito dopo sceso dall’aereo, nel panico già descritto, ho mandato una mail all’albergo dove ho soggiornato e all’ufficio oggetti smarriti dell’aeroporto. Mi hanno risposto entrambi ma solo il secondo mi ha dato una risposta positiva. Il portafogli, quindi, è rimasto da solo al freddo e al gelo in una vaschetta dove si ripongono i propri effetti personali prima del metal detector.
Facendola corta, mi è stato detto che lo hanno ritrovato e che, se volevo, avevo tre opzioni per poter riavere il mio oggetto:
Andare lì di persona con un documento d’identità. Direi impossibile.
Delegare una persona di mia fiducia con una delega e un documento d’identità. Meh.
Richiedere una spedizione dell’oggetto previa invio di domanda scritta, una copia del documento d’identità e il pagamento di ben 6,2 euro.
Ovviamente la scelta è ricaduta sull’ultima opzione. Una volta ricevuto il pagamento e una volta spedito l’oggetto mi avrebbero dato il tracking per tenere d’occhio la spedizione.
Ok, quindi il problema del portafogli a livello di oggetto è risolto, rimane il problema delle tessere al suo interno. Anzi, dell’unica tessera ancora valida, ossia il codice fiscale. Il protafogli verrà spedito il giorno 26 di gennaio.
Tornando a noi, la sera stessa dopo la denuncia, nel pieno della notte mentre sono a letto, decido di rileggere cosa scrive il sito dell’Agenzia delle Entrate in merito del da farsi per richiedere il codice fiscale nuovo. Non so come ma arrivo in una pagina (dopo autenticazione con lo SPID) dove senza bisogno di alcuna denuncia da caricare, si può fare richiesta di un nuovo tesserino che verrà spedito a casa. Ovviamente provo a fare quello che mi viene chiesto e vedo che l’operazione va a buon fine perché a schermo mi viene scritto che il tesserino verrà spedito direttamente all’indirizzo di residenza presente in Anagrafe Tributaria. E anche qui partono bestemmie inenarrabili e non quantificabili. Il carabiniere mi dice una cosa e il sito dell’Agenzia delle Entrate mi dice una cosa e poi ne fa un’altra. Un classico italiano, insomma. In tutto ciò, dopo le bestemmie, scopro sempre dalle mie ricerche online che il tesserino sanitario, se usato solo come codice fiscale, è comunque valido anche se scaduto. Quindi alla fine, il sottoscritto è cornuto e mazziato.
Arriviamo quindi a pochi giorni fa, in cui mi presento in un altro ufficio postale tentando la fortuna. Mi presento con la denuncia, la mia carta d’identità, il codice fiscale scaduto (ma valido) e la tessera da attivare. Arriva praticamente subito il mio turno e in meno di 5 minuti di orologio la pratica è andata a buon fine. Praticamente si è perso più tempo a fare le fotocopie dei documenti che non la pratica vera e propria in se. Quindi, felice del risultato, torno a casa contento perché finalmente ho tutti i miei soldi a disposizione. Manca il codice fiscale e il portafogli.
Siamo quasi alla fine dell’avventura: il portafogli è in viaggio. Il 30 di gennaio l’oggetto risulta fermo in quel della provincia di Milano. Il 2 di febbraio, ossia ieri rispetto al giorno in cui sto scrivendo questo papiro, risulta in consegna e verso metà pomeriggio arriva tra le mie mani con tutte le monete che avevo il giorno in cui l’ho lasciato in Portogallo. Ad oggi, 3 febbraio, manca ancora il tesserino sanitario/codice fiscale nuovo. 
Che dire, tutto è bene quel che finisce bene. Devo dire che sono rimasto stupito in maniera positiva dal modo in cui le autorità portoghesi hanno gestito in maniera abbastanza veloce il mio caso, rispondendomi puntualmente e in maniera chiara su tutto ciò che avrei dovuto fare e su quello che stava succedendo. Sono, invece, rimasto, non dico deluso, ma convinto dell’inefficienza del nostro sistema che è, nonostante la tecnologia, fermo ancora ai livelli di 20/30/40 anni fa. Non oso immaginare se dovesse succedere la stessa cosa ad una persona straniera che viene qui in vacanza. Fa prima a lasciar perdere. Che amarezza.
Fine del papiro. 
Complimenti a chi ha avuto la pazienza/coraggio di arrivare fino a qui.
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funghissimo · 2 years ago
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Boa noite, Tumblr. 😉
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funghissimo · 7 years ago
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Consigli per le orecchie
Dalla mia praticamente totale ignoranza in materia di musica classica, mi permetto di consigliare a tutti questo box di 6 CD di Bach diretto ed anche suonato dal Maestro Karl Richter.
La cronologia di YouTube a volte fa ricordare delle cose che tanto tempo fa ho apprezzato e che fino a ieri avevo totalmente dimenticato. Il buon Spotify, poi, dal niente, ti fa trovare l’album completo. Dove? Qui.
Non male, dai.
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funghissimo · 7 years ago
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Ancora un blog
Ho (ri)aperto un blog. Sì, l’ennesimo e non so il perché. Mi piace l’idea di avere un blog che ormai è roba preistorica ma in realtà non so se e quando ci scriverò qualcosa. In ogni caso, tu che stai leggendo questo post, fammi sapere del tuo passaggio e, se ti fidi, seguimi solo per la fiducia. Io ci provo. Vediamo come andrà.
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