#ogni tanto mi rendo utile
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63874199a · 2 years ago
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Comunque, non penso più a James così tanto. Anzi, non lo penso proprio più. Mi rendo conto che forse senza di lui non sarei cresciuta così tanto, non mi piacerebbero le cose che mi piacciono, non penserei le cose che spesso penso. Sia positivamente che negativamente. Più negativamente, in realtà. Mi chiedo se ogni tanto anche lui mi rivolga qualche pensiero, o se stia marcendo nella sua cattiveria, autocommiserazione etc etc. So che mi è stato utile, infondo, però se potessi tornare indietro e cambiare il corso degli eventi, probabilmente non rifarei nulla. Non perché io mi sia pentita, ma perché penso a quanto dolore e a quanta violenza io mi sia sottoposta per qualcuno che mi guardava con un disprezzo così grande da far tremare la terra.
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spettriedemoni · 3 years ago
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Disavventure del lunedì
Dopo il caldo torrido della giornata di domenica, gli incendi e il sudore che ti si impregnava pure nel buco di culo, tornati a casa la sera se ne è andata pure la corrente elettrica.
Non è un problema del salvavita perché la corrente è venuta a mancare proprio a tutta la mia via, anche i lampioni erano spenti.
A quel punto, senza ventilatori, l'unica era aprire le finestre anche se l'effetto foen era molto forte.
Fortunatamente, verso mezzanotte, la luce è tornata.
Il mattino appresso però se ne andata l'acqua. Probabilmente quella mancanza di corrente ha fatto sì che si formasse una bolla di aria nei tubi e quindi non arrivava acqua agli appartamenti. Quando sono sceso nel seminterrato c'era già qualche condomino. Dopo qualche minuto c'era tutto il palazzo. Neppure delle riunioni di condominio ho visto tutta questa gente.
Fortunatamente c'ero quando il tecnico dell'autoclave aveva sbloccato una situazione simile e ho imparato come fare e lo ricordo ancora nonostante sua passato qualche anno.
Chiudo e apro le valvole, apro il rubinetto da cui esce acqua e (spero) aria. Riavvio la pompa, stavolta la pressione sale. Una inquilina sale a casa per verificare se l'acqua esce. Tutto a posto.
La sera incontro il mio dirimpettaio che sta rientrando con la famiglia mentre io sto buttando la spazzatura. Mi chiede come è andata stamattina, gli spiego come funziona per sbloccare la pompa dell'autoclave quando c'è aria nei tubi e lui alla moglie dice: «È grazie a lui se oggi è tornata l'acqua»
Non sono l'eroe che aspettavano in questo palazzo, ma di sicuro sono l'eroe di cui avevano bisogno.
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la-ragazza-turbata · 3 years ago
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Ieri non ho scritto nulla anche se avrei voluto, ho poco tempo da dedicare a me stessa.
Tra un po' di tempo cambierà tutto e potrò essere di nuovo libera.
Non mi interessa quanto tempo passerò qui, la cosa importante è uscire da qui con il mio bambino, e farò di tutto per raggiungere questo obiettivo.
Il venerdì è l'unico giorno della settimana in cui ho un po' di libertà, esco qualche ora per andare al serd e poi torno in comunità.
Oggi mi sono concessa del tempo per me stessa e ho passato qualche ora con mia sorella, non stavamo insieme da tanto tempo.
Mi manca la mia famiglia e anche il mio paese, mi manca la mia vecchia vita.
Vorrei che tutto questo non fosse mai accaduto.
È da un bel po' che sono lontana da tutto.
Voglio superare tutto questo, trovare un equilibrio, stare tranquilla, avere una vita felice e stare bene, e so che queste cose le vorrei solo con te.
La mia vita cambierebbe drasticamente se tu decidessi di farne parte, ogni giornata sarebbe diversa e sarei felice come non lo sono mai stata.
Tu sei sempre con me, vivi nella mia testa.
Forse dovrei smetterla di sognare ad occhi aperti.
Dovrei accettare che tu non mi vuoi, che non ti interesso e che non starai mai con me.
Purtroppo io so che è così, ma è difficile da accettare.
Non ho deciso io di innamorarmi di te.
La mia vita sta andando avanti senza di te tra alti e bassi e sto cercando di fare qualcosa di utile per me stessa e per mio figlio.
Forse un giorno riuscirò a non pensarti più e starò bene con quello che ho.
Quando scrivo mi rendo conto che i miei pensieri sono rivolti quasi sempre a te, credo che tu sia la mia ispirazione.
Scriverei libri parlando solo di te.
Vorrei farti conoscere il mio bambino e vederti giocare con lui come se fosse tuo.
Credo che da quando hai saputo che sono diventata mamma il tuo interesse nei miei confronti sia diminuito ancora di più, o forse ti sono semplicemente indifferente.
La verità è che tu non mi pensi e io dovrei fare lo stesso.
Mi stai ossessionando.
Devi andartene dalla mia testa, devi lasciarmi in pace.
Non posso continuare a vivere con questo peso nel cuore.
Non riesco a capire se tu sia un sogno o un incubo.
Sono stanca di aspettarti.
Tutto questo è troppo per me.
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thefairysblog · 3 years ago
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Ci pensi mai al fatto che sei vivo? Che respiri? Che abiti su un pianeta dove ci sono delle piante che rilasciano l’ossigeno di cui hai bisogno e tu possiedi degli organi che in milioni di anni si sono sviluppati proprio per darti la possibilità di assimilarlo e beneficiarne. Ci pensi mai a questa magia? E a tutte le altre che ti circondano in ogni instante della tua esistenza? Io credo sia importante farlo, almeno di tanto in tanto. Siamo così presi da un’infinità di questioni irrilevanti, bombardati costantemente da intrattenimento e frivolezze, immersi in diatribe senza alcun senso e che non portano a nulla di veramente utile, da attraversare il nostro presente come spettri, dando così per scontato ciò che è tutto fuorché quello, a partire dalle piccole cose, dal poco e il lento. Un letto caldo e pulito, non è scontato. Una giornata di sole, non è scontata. Un pranzo buono e abbondante, non è scontato. Una passeggiata nel bosco, non è scontata. Un abbraccio sincero, non è scontato. La risata di un bambino, non è scontata. Una serata tra amici, non è scontata. L’affetto di un fratello o una sorella, non è scontato. La compagnia di un animale, non è scontata. Avere del tempo per coltivare le proprie passioni, non è scontato. La lettura di un bel libro, non è scontata. Questo sistema ci ha riempito la testa con una valanga di bisogni indotti e una serie di convinzioni velenose. La competizione è alla base della società e il dio denaro muove il mondo. Conosciamo il prezzo di tutto e allo stesso tempo non sappiamo più cos’ha davvero valore. Ci hanno insegnato la magnificenza delle cose grandi, del tanto e del veloce. A questo bisogna ambire. Ma più passano i giorni, più scopro questo pianeta, più accumulo esperienze e più mi rendo conto che è l’esatto opposto. Che tutto quello che ci è stato insegnato è falso e ci porta solo a dare per scontato quanto di più prezioso abbiamo a disposizione. Le piccole cose, il poco e il lento. È qui che si trova il valore. E non c’è nulla di scontato. #buongiorno #goodmorning #instacool #instagood #photooftheday #thursday #goodvibesonly #goodvibes #instablogger #philosophy #positivevibes #positivethinking #positivequotes https://www.instagram.com/p/CZ1i5OJM_E3/?utm_medium=tumblr
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rovinapost · 4 years ago
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mi rendo conto che non posto niente da tanto, e che probabilmente non posso più raggiungervi come prima. però spero che stiate tutti bene, soprattutto dopo la pandemia da cui, seppur lentamente, ora ci stiamo rialzando. spero che da voi sia stata più leggera rispetto a qui.
ogni tanto ripenso al mio rovinapost.
penso a come sia cresciuto in fretta, a come all’improvviso venivo riempito di domande e di affetto, addirittura ammirazione - che cosa impensabile. ripenso ai messaggi che mi ringraziavano per le risate che riuscivo a dare, perchè era quello l’essenziale. far ridere le persone, portare un po’ di gioia temporanea, è l’unico motivo per cui continuo a fare tante cose.
ho iniziato a vedere una psicologa, negli ultimi mesi. mi trovo molto bene. le ho parlato anche di questo blog, le ho detto che mi dispiace averlo abbandonato. durante quella seduta, ho capito che ho un grande problema nel portare avanti ciò che ho iniziato. ho un problema di continuità, e mi dispiace che questo blog, il mio unico modo di regalare spensieratezza e risate, ne sia stato vittima. faceva star bene anche me.
detto onestamente, sono stato lontano dalla serenità per gran parte della mia vita. da quando ho iniziato a parlare con qualcuno che è lì esclusivamente per ascoltare, però, mi sento un po’ più vicino a ciò che sto scoprendo essere equilibrio.
per farvi capire, ho scoperto anche di avere l’acufene. o meglio, ho scoperto che l’acufene esiste. è da tutta la vita che sento un fischio nell’orecchio, ma ho sempre pensato che fosse una cosa comune a tutti. ho più di vent’anni e ho scoperto che la maggior parte della popolazione riesce a sentire il silenzio, e l’ho trovato meraviglioso. certo, a me rode un po’, anche perchè mi è stata rilevata una leggera sordità che col tempo peggiorerà, ma... ma il silenzio esiste.
come esiste anche l’equilibrio, a quanto pare.
nessuno di noi è salvo. siamo costantemente in equilibrio su una fune sospesa nel nulla, e l’unica cosa che ci impedisce di cadere è il fatto che quella fune ha un centro di gravità. anche quando finiamo sottosopra, urlanti e terrorizzati, col sangue che ci va alla testa, quando vorremmo solo cadere per porre fine a questa terrificante visione di un mondo al contrario, rimaniamo in qualche modo aggrappati. dà ai nervi, non ve lo nego. però torna utile, perchè col sangue alla testa non si ragiona mai bene.
quando si vive con un fischio nelle orecchie per tanto tempo, il silenzio sembra normale solo se macchiato. quando si vive senza equilibrio per tanto tempo, il mondo sembra normale solo visto storto.
mi sto abituando, piano piano. ho bisogno di tempo. non ve lo nego, a volte ho paura che il mondo visto per come è stato concepito mi possa deludere. fare tanto lavoro per niente sarebbe... farebbe bestemmiare pesantemente, ecco. però posso provarci. che si ha da perdere, comunque? spero che, con l’equilibrio, possa trovare anche un po’ della continuità che mi serve per tornare da voi. perché, anche se non sapete che faccia ho, anche se non vi conosco, anche se i disegni sono semplici e le battute pessime, questo è quello di cui ho bisogno.
grazie per l’affetto, che sia solo passato o anche presente e futuro 💙 a presto
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corallorosso · 5 years ago
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La ripartenza, la fretta e l'autogol
Secondo l'Istat oltre la metà dei lavoratori dell’industria e dei servizi privati va al lavoro anche in tempo di lockdown. Si tratta del 55,7%. Milano, con il 67,1 per cento, è perfino oltre la media nazionale. Ovviamente non si parla di lavoro a distanza, si parla proprio di gente che esce, prende un mezzo pubblico o privato, e si reca al luogo di lavoro. A livello nazionale sono state oltre 110 mila le comunicazioni alle prefetture da parte di aziende che hanno deciso di continuare a produrre anche se non fanno parte delle categorie previste secondo il Codice Ateco, quelle "essenziali". Di queste, 21 mila in Lombardia. È utile precisare - dato che quasi tutti i giornali usano la definizione sbagliata di "domanda di deroga" o di "autocertificazione" - che non si tratta né dell'una né dell'altra cosa, ma di una semplice comunicazione alla prefettura, comunicazione che poi consente di operare in regime di silenzio-assenso fino a eventuale decisione diversa della prefettura. Ha quindi ragione il governatore del Veneto Zaia quando dice che di fatto «non c'è alcun lockdown» delle attività produttive: «La chiusura non c'è, non esiste più, è finita da quando il governo ha delegato le prefetture all'approvazione delle deroghe per le aziende che decidevano di rimanere aperte. E grazie al silenzio-assenso, molte hanno riaperto» (oggi, sul Corriere). Lui probabilmente lo dice a significare che il lockdown è in gran parte finzione quindi tanto vale eliminarlo, ma in ogni caso (aldilà delle sue intenzioni politiche) mi sembra che nell'analisi dei dati di realtà abbia ragione. Mi rendo conto che a questo punto discuterne può sembrare quasi sterile o tardivo: che il lockdown italiano sia stato troppo aggirato - e quindi non sia stato un vero lockdown - sarà presto tema per storici, studiosi e statistici che ci diranno quante centinaia o migliaia di morti in più hanno fatto le pressioni di Confindustria, nei giorni e nelle ore che precedettero il discorso in tivù di Conte, la sera di sabato 21 marzo. Da allora sono passate più di tre settimane, nel frattempo i famosi buoi sono ormai scappati dalle stalle - e finiti in terapia intensiva E ora anzi si parla molto, con una certa fretta, di "riapertura" e "ripartenza". Peccato che - lo spiega bene il virologo Fabrizio Pregliasco oggi sulla Stampa - affinché la ripartenza funzioni, sia robusta e non continuamente interrotta da strascichi, nuovi focolai, stop-and-go e zone rosse a macchia di leopardo, ora bisognerebbe non ridurre ma intensificare lo stop per due settimane. Resterà inascoltato, perché abbiamo fretta. Un po' come quando uno ha un brutto raffreddore - per restare in tema - ma vuole uscire la sera e si dice da solo "basta, è passato", poi esce e si becca l'influenza. Insomma c'è da chiedersi se è stato ed è tuttora lungimirante - proprio nell'interesse della produttività, dell'economia, della stessa Confindustria - far pressioni per accelerare. Dopo la Spagnola, lo leggevo qualche giorno fa sul Nyt - le città americane che ripresero a produrre ricchezza meglio e più in fretta furono quelle che durante l'epidemia avevano preso le misure più drastiche. Anche questo quindi sarà un tema per economisti e studiosi, tra un anno o due. Se saremo ancora qui, verificheremo l'ipotesi che Confindustria (e la politica che l'ha accontentata) abbia fatto un autogol, con tutti questi aggiramenti e tutta questa fretta. Dopodiché, s'intende, poteva andarci peggio. In Francia Macron - su pressione di Medef, la Confindustria locale - ha ordinato la riapertura delle scuole elementari e medie, dall'11 maggio prossimo, con il solo scopo di consentire ai genitori di tornare a lavorare anziché badare ai figli piccoli. In sostanza trasformando le scuole - dove il distanziamento tra bambini è sostanzialmente impossibile, nelle classi come in cortile - in luoghi di futuro contagio da potenziali portatori sani e asintomatici (i bambini stessi) verso adulti, insegnanti e famiglie. È un po' il filo rosso politico di tutta la crisi in corso, direi. In Italia abbiamo fatto e continuiamo a fare anche sciocchezze, ma all'estero a questo giro hanno spesso fatto peggio di noi. Non so se è una consolazione, questo lo decida ognuno di voi, di noi. di Alessandro Giglioli
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pangeanews · 4 years ago
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“Un unico interesse, un unico pensiero, un’unica passione – la rivoluzione”. Il leggendario Nečaev e “Il catechismo del rivoluzionario”
La tempra – l’ossessione, piuttosto – si misura lì, tra le mura della fortezza di Pietro e Paolo, nel pozzo di una cella, occhio di drago in muratura. Gli fu impedito di leggere. Poi di scrivere. I rari compagni di cella – ideologi della rivoluzione, antizaristi, delinquenti straordinari – storditi dalla solitudine, da quel vuoto senza eco, impazzivano. Lui no. Diventava più forte. Riuscì a conquistare i soldati addetti alla custodia dei prigionieri; nessuno dubitava del suo potere ipnotico, era posseduto dal verbo. Le pene s’inasprivano e lui progettava fughe prodigiose. Morì di scorbuto, nel dicembre del 1882, era stato arrestato dieci anni prima, a Zurigo. I servizi russi, con ramificazioni in Svizzera, Francia, Germania e Inghilterra, lo braccavano dal 1869. Aveva ammazzato un suo discepolo: non gli obbediva con coerente disciplina. Figlio di un imbianchino e di una serva della gleba, presto orfano, con infiniti fratelli, la vita di Sergej Gennadievič Nečaev affonda nella leggenda. Alcuni hanno dubitato della sua esistenza.
*
La figura di Nečaev, giovanissimo ideatore di rivoluzioni, è decisiva. Insegna, intanto, che l’uomo, per natura, è in rovina e ambisce alla rivolta. Esiste, cioè, un cuore nero nella storia, un nido di mosche nell’uomo che ammette che la rivoluzione – qualunque – non si fa ‘a fin di bene’, per il meglio, per le umane sorti progressive, ma perché bisogna farla, perché non c’è altro fine che il sangue. Nečaev, voglio dire, fa fare un salto all’ideologia rivoluzionaria: la Rivoluzione è la sola divinità e per perseguirla, è naturale, occorre ammazzare. Perfino ammazzare i confratelli. La Rivoluzione è buona in sé, pur priva di contenuti, priva di aggettivi, come l’Uno, va eseguita senza interrogarla, non ammette sconti. “L’originalità di Nečaev sta nel giustificare la violenza fatta ai fratelli”, scrive Albert Camus ne L’uomo in rivolta. “Nečaev fa di più che militarizzare la rivoluzione dal momento che ammette che i capi, per dirigere i loro subordinati, abbiano il diritto di usare la violenza e la menzogna… Il reclutamento faceva tradizionalmente appello al coraggio e allo spirito di sacrificio. Nečaev decide che si possono ricattare oppure terrorizzare gli esitanti, e ingannare i fiduciosi”. Insomma, Nečaev leva ogni mascara morale alla Rivoluzione, per compiere la quale ogni atto è lecito. Soprattutto se illecito.
*
Nečaev fu illuminato da Dmitrj Karakozov, che attentò alla vita di Alessandro II, fallendo – il dio/zar dimostrò una carnosa fragilità. Lo affascinava il profilo di Filippo Buonarroti, rivoluzionario italiano che praticò in Francia, e il pensiero di Pëtr Nikitič Tkačëv. Fu Bakunin, tuttavia, a dare forza e forma alla sua vita. Si incontrarono a Ginevra: il fondatore dell’anarchismo fu totalmente sedotto dal ventenne che sembrava un ispirato, mentiva – diceva d’essere stato arrestato più volte, a Mosca, e altrettante fuggito –, si presentava come il Messia della Rivoluzione. “Vi amavo profondamente e vi amo ancora… credevo fermamente, troppo fermamente in voi”, gli scrive, Bakunin, il 2 giugno del 1870. Nečaev si era già rivelato: scaltro, cinico, opportunista. Un totem d’acciaio. Due settimane dopo, agli amici, a proposito di Nečaev, sempre Bakunin: “Non ho ancora incontrato un rivoluzionario sincero e conseguente come lui… è intelligente, molto intelligente, ma la sua intelligenza è selvaggia come la sua passione, e il suo sviluppo, benché considerevole, non è stato armonioso”.
Nelle rare fotografie che abbiamo di lui, Nečaev (1847-1882) non è mai uguale a se stesso, la contraffazione gli è connaturata, pare
*
Il vecchio anarchico si era accorto di aver fomentato in seno una serpe, il pittbull della Rivoluzione. In Russia, Nečaev fonda l’organizzazione “Giustizia popolare sommaria”: il simbolo è un’ascia, l’obbiettivo rovesciare lo zar, attraverso un’azione collettiva dei contadini. Nečaev era certo che nel 1870 la Rivoluzione avrebbe sradicato le fondamenta della Madre Russia. Nella cultura russa due figure, drasticamente diverse ma sostanzialmente simili, emergono con ossessiva potenza: lo jurodivyj, il ‘folle di Cristo’, che abbandona questo mondo in vista dell’altro, si pone ai margini della Storia, vive esule sulla marea della Provvidenza, e il rivoluzionario, che abita nel cuore della Storia e vuole cambiare il mondo, questo. Entrambi, jurodivyj e rivoluzionario, abitano l’estremismo: uno vive donato a Dio, l’altro dà la vita per la causa. Entrambi vivono senza temere la morte, nell’insussistenza. Dostoevskij, che ragiona sul rivoluzionario ne I demoni, pensava a Nečaev come a una figura minore, meschina, “questo personaggio mi sembra quasi comico”, scrive in una lettera a Michail Katkov. Eppure, Dostoevskij dedica a Nečaev un lungo articolo nel suo “Diario di uno scrittore”, è il 1873, Una delle falsità contemporanee. In sostanza, lo scrittore, negandolo, ammette che la vita di Nečaev, paradigmatica, è il fondamento filosofico dei Demoni. “Tra i Nečaev si possono trovare degli esseri assai cupi, assai desolati e stravolti, con una sete di intrigo e di potere complicatissima nella sua origine, con un bisogno passionale e morbosamente precoce di affermare una personalità… quelli di loro che sono veri mostri possono essere persone molto intelligenti, furbissime e perfino colte. Oppure voi credete che le conoscenze, gli ‘studi’, le nozioncine scolastiche (magari universitarie) formino così definitivamente l’anima del giovane che, ottenendo la laurea, egli acquisti immediatamente l’incrollabile talismano per conoscere, una volta per sempre, la verità ed evitare le tentazioni, le passioni e i vizi?”. Orrida per Dostoevskij è l’idea di poter considerare un “mostruoso e ripugnante assassinio” – come quello di Ivanov, ordito da Nečaev a Mosca – alla stregua di “un fatto politico utile per l’avvenire della futura ‘grande causa comune’”. L’uomo, d’altronde, è così: eleva l’idea a dio, la esplicita in ghigliottine e Gulag, la ciba con carneficina.
*
La passione di Nečaev e la testa di Bakunin forgiano centocinquant’anni fa, un testo di prodigiosa potenza, Il catechismo del rivoluzionario, oggetto di uno studio importante da parte di Michael Confino (1973; in Italia stampa Adelphi). Pensato e scritto nel 1869, Il catechismo è pubblico dal 1871, e agisce, nei sotterranei dell’epoca, con indubitabile fascino. La struttura, per punti, ricorda le ‘regole’ monastiche: tutto è teso, in effetti, a conquistare ‘fratelli’, a confermare e organizzare la loro opera. Il primo punto del Catechismo – “L’edificio dell’organizzazione poggia sulla fiducia nelle persone” – sarà il discrimine nei rapporti tra Nečaev e Bakunin. Per Nečaev bisogna avere fede nella Rivoluzione, non nei rivoluzionari: egli propone una sorta di ‘via negativa’ alla Rivoluzione, che consideri, come pratica inquieta, la sovversione dei valori, la menzogna, l’astuzia tra i pari. “Voi, caro amico mio – e questo è il vostro principale, il vostro colossale errore – vi siete incapricciato del sistema di Loyola e di Machiavelli, dei quali il primo si proponeva di ridurre in schiavitù l’umanità intera, mentre il secondo cercava di creare uno Stato potente (monarchico o repubblicano non ha importanza) per ridurre in schiavitù il popolo. Innamorato come siete dei principi e dei metodi polizieschi e gesuitici, avete avuto l’idea di fondare su di essi la vostra stessa organizzazione, la vostra stessa forza collettiva segreta, per cui agite verso i vostri amici come se fossero nemici: giocate d’astuzia con loro, cercate di dividerli e perfino di metterli in discordia l’uno con l’altro…”. Soprattutto – come si legge dal brandello del Catechismo che ricalco –, incendia il principio per cui si è persi nel profondo, tanto da poter profondere ogni sforzo nella rivolta. Già. Tra Rivelazione e Rivoluzione la differenza è un velo – vanto è vivere nel grido e nel segreto. (d.b.)
***
Atteggiamento del rivoluzionario verso se stesso
1. Il rivoluzionario è un uomo perduto in partenza. Non ha interessi propri, affari privati, sentimenti, legami personali, proprietà, non ha neppure un nome. Un unico interesse lo assorbe e ne esclude ogni altro, un unico pensiero, un’unica passione – la rivoluzione.
2. Nel suo intimo, non solo a parole, ma nei fatti, egli ha spezzato ogni legame con l’ordinamento sociale e con l’intero mondo civile, con tutte le leggi, gli usi, le convenzioni sociali e le regole morali di esso. Il rivoluzionario è suo nemico implacabile e continua a viverci solo per distruggerlo con maggior sicurezza.
3. Il rivoluzionario disprezza ogni dottrinarismo e ha rinunciato alle scienze profane, che egli lascia alle generazioni future. Per questo, e soltanto per questo, egli studia attualmente la meccanica, la fisica, la chimica e perfino la medicina. Pr questo egli studia giorno e notte la scienza viva – gli uomini, i caratteri, le situazioni e tutte le condizioni del regime sociale presente, in tutti gli strati. Lo scopo è uno soltanto: la distruzione rapida di questo immondo regime.
4. Egli disprezza l’opinione pubblica. Disprezza e detesta la morale vigente nella società in ogni suo motivo e manifestazione. Per lui è morale tutto ciò che contribuisce al trionfo della rivoluzione; immorale e criminale tutto ciò che l’ostacola.
5. Il rivoluzionario è un uomo perduto, spietato verso lo Stato e verso la società istruita in genere; da essa non deve dunque aspettarsi nessuna pietà. Fra lui da una parte, lo Stato e la società dall’altra, esiste uno stato di guerra, visibile o invisibile, ma permanente e implacabile – una guerra all’ultimo sangue. Egli deve imparare a sopportare la tortura.
6. Duro verso se stesso, deve essere duro anche verso gli altri. Tutti i sentimenti teneri che rendo effeminati, come i legami di parentela, l’amicizia, l’amore, la gratitudine, lo stesso onore devono essere soffocati in lui dall’unica fredda passione per la causa rivoluzionaria. Per lui non esiste che un’unica gioia, un’unica consolazione, ricompensa e soddisfazione: il successo della rivoluzione. Giorno e notte, deve avere un unico pensiero, un unico scopo: la distruzione spietata. Aspirando freddamente e instancabilmente a questo scopo deve essere pronto a morire, e a distruggere con le proprie mani tutto ciò che ne ostacola la realizzazione.
7. La natura del vero rivoluzionario esclude ogni romanticismo, ogni sensibilità, entusiasmo e infatuazione. Esclude anche l’odio e la vendetta personali. La passione rivoluzionaria, diventata in lui una seconda natura, deve in ogni momento essere unita a un freddo calcolo. Dovunque e sempre, egli deve essere non ciò cui lo incitano le sue tendenze personali ma ciò che l’interesse generale della rivoluzione gli prescrive.
*In copertina: Kazimir Severinovič Malevič, “Cerchio nero”, 1915
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libero-de-mente · 5 years ago
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Vigilia di Natale, ore 20:34
- Papà… - Dimmi figliolo. - Il pacco non è ancora arrivato. - Lo so caro, sto tracciando la spedizione sul sito e mi danno comunque la consegna entro le 21.00 - Secondo me non arriverà *sospiro di rassegnazione* sono sfortunato io. - Non dire così, ora provo a chiedere. C’è il servizio “contattaci”, ora ci provo a chiedere spiegazioni. Quando ho fatto l’acquisto mi era stato assicurato con tanto di scritta evidenziata che sarebbe stato consegnato entro il 24. Il padre preso da sensi di colpa per non aver fatto l’acquisto in un negozio, dove paghi ed esci subito con il regalo in mano, rendendo così triste l’aspettativa del regalo di suo figlio clicca sulla parola “contattaci”. Gli si aprono due possibilità: telefonata o chat con operatore. La scelta ricade sulla chat, cosi prende il via la richiesta di informazioni. - Buonasera, in cosa posso esserti d’aiuto? - Buonasera, so che è la vigilia di Natale ma vorrei delle informazioni su una consegna prevista per oggi. - Certamente, controllo subito hai il numero di spedizione a portata di mano? - Si eccolo – il padre digita velocemente i dati nella chat e poi invia, con la speranza che l’operatore possa fare chiarezza e dirgli che sta arrivando. Dopo alcuni minuti l’operatore si va vivo: - Guarda non ci sono anomalie nella consegna, manca ancora un po’ al termine delle consegne per oggi, potrebbe arrivare. - Se non arrivasse oggi? Si andrebbe al 27? - Si… - Oh… accidenti. - Presumo che il pacco non sia per te, ho questa sensazione. - No, hai inteso bene è per mio figlio. Figurati è sceso ora per guardare se nella cassetta della posta c’è il pacchetto. - Capisco, è Natale e c’è sempre l’aspettativa che tutto sia perfetto e in armonia. - Si vero, fino a che si è giovani vorrei che potesse crederci. Non come per noi adulti, il Natale ha perso la magia e dietro ogni regalo c’è lavoro e fatica. - Ne so qualcosa, anche se adulto per me non si addice. Ho 19 anni. - 19? Solamente 2 anni in più di mio figlio! Scusa se mi permetto ma che ci fai in chat nella notte di Natale? - Si tratta del mio lavoro e devo farlo al meglio, del resto anche se fossi a casa non avrei di che festeggiare. - Mi dispiace tanto, beh io gli auguri di Buon Natale te li faccio anche se dovremmo essere più seri in questa chat. Aspetterò ancora e se non dovesse arrivare pazienza, ne farò tesoro e aspetteremo il 27. - No aspetta, sei sicuro di non avere altre richieste? - No, tutto qui. - Sei stato gentile nei miei confronti, generalmente la gente qui si sfoga e si arrabbia. - Mi dispiace, hai 19 anni e dovresti essere a casa con la tua famiglia, non in una chat dove i leoni da tastiera sfogano la loro ira. - Ho 19 anni, ma non ho nessuno con cui festeggiare il Natale. Ti prego chiedimi di controllare ancora, fino alla fine delle consegne. Non lasciarmi in balia di una persona aggressiva. Sei tanto gentile tu. - Oh si certo, dai rintraccia il mio ordine, vediamo se si è spostato di almeno due centimetri. - Ah ah ah, si agli ordini. - Cosa farai finito qui? - Vado con amici a distribuire coperte e fette di panettone ai senza tetto. Almeno mi rendo utile, in una vita inutile. - Non dire così, non hai una famiglia? - No, non più. Le 21:00 ora fatidica della fine delle consegne sopraggiunse velocemente tra un botta e risposta. Il padre salutò quella ragazzina che gli aveva aperto il cuore mentre tracciava l’ordine. Si salutarono. Alla chiusura della schermata chiara della chat il padre notò riflesso nello schermo scuro l’immagine del figlio. Si girò di colpo e disse: - Mi dispiace ma il pacc… - notò lo sguardo triste del ragazzo. Ma non era uno sguardo di delusione, piuttosto di commozione: - Papà, ho letto ciò che vi siete scritti. Non importa del pacco, non importa. Hai fatto un dono più grande questa notte regalando un po’ di calore umano. Il mio regalo può aspettare. Il padre si alzò e abbracciò forte il ragazzo. Forte forte. Era giunta l’ora del cenone natalizio, con la famiglia. Alla fine della cena il telefono del padre vibrò: - Una mail – pensò – chi usa ancora mail invece delle chat per gli auguri?. Aprì la mail, era di Laura la ragazza della chat: “ Grazie, hai reso questa vigilia più bella regalandomi gentilezza di cui tanto ne ho bisogno.” Era la vigilia di Natale, ora è davvero Natale.
- Libero De Mente
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veronica-nardi · 5 years ago
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The Untamed, Ai Meandri delle Nuvole (prologo + episodi 3-7)
Mentre inizio a scrivere questo commento non ho ancora terminato la visione della serie, ma dopo tutto quello che sta capitando negli episodi di questi giorni (31 e 32) ho sentito il bisogno di tornare indietro, alle puntate passate, quando tutto era ancora tranquillo, quando Wuxian e Jiang Cheng si volevano bene, quando la parola d'ordine del giorno era spensieratezza, quando Wuxian era ancora un ragazzo sorridente e birichino circondato da amici e persone amate.
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Rivedere le prime puntate è come fare una passeggiata all'aria fresca. Mi ero dimenticata quanto Wuxian mi facesse ridere. E mi ero dimenticata quanto mi mancasse.
Da un certo punto in poi, la vicenda ha preso una piega talmente tragica e tutto è stato così intriso di dolore, che mi ero dimenticata che in questa storia una volta si sorrideva. Mi prende la tristezza quando mi rendo conto che non potrà mai più tornare a com'era prima, e se anche avrò il finale che spero, sarà un finale dolce ma molto amaro.
Fare un rewatch della serie mi è molto utile, non solo per respirare quell'atmosfera più serena, ma anche perché mi accorgo di tante cose che all'inizio mi erano sfuggite. All'inizio ero molto concentrata ad ambientarmi con questo mondo e le sue regole, ero attenta alla trama per capire di cosa stesse parlando, per non parlare del fatto che avevo occhi solo per Wuxian. O meglio, vedevo le cose quasi solamente dal suo punto di vista. Mi ha conquistata subito, ed essendo il protagonista era naturale avere una certa attenzione per lui, ma parlerò in seguito della mia personale connessione con questo personaggio. Fatto sta, che durante la prima visione delle puntate non ho capito bene varie cose, e ora che so già che cosa deve succedere e quindi non c'è più l'elemento sorpresa a fregarmi, posso concentrarmi su dettagli che prima mi erano sfuggiti. Ad esempio ora sto facendo molta più attenzione a Jiang Cheng, un personaggio che io ho sempre fatto fatica a comprendere, un po' perché tutto ruota attorno a Wuxian, un po' perché non sono mai riuscita a empatizzare molto con lui. Devo quindi ringraziare di cuore @dilebe06 per avermi sempre aiutata a vedere le cose dal suo punto di vista.
Anche il punto di vista di Lan Zhan è molto più comprensibile per me adesso: ora riesco a vedere le cose attraverso i suoi occhi, prima quel viso serio così difficile da penetrare ora è diventato più semplice leggerlo. Ammetto di avere ancora qualche difficoltà, ma ci sto lavorando.
Ma andiamo con ordine. Rivedendo la serie e vedendo a che punto sono adesso, mi rendo conto che gli episodi si possono suddividere in vari gruppi da analizzare uno alla volta. In questa analisi, partirò velocemente dai primi due episodi, che chiamerò prologo, per poi prendere in esame gli episodi dal 3 al 7.
Prologo
La trama si apre sulla scena finale del flashback. Siamo alla Città senza Notte (detta anche Mordor), è in corso una ribellione, tutti cercano di acchiappare il Sigillo della tigre Yin, e sull'orlo di un dirupo ci viene subito rivelato un grandissimo spoiler: Wei Wuxian muore. Ha l'aria devastata, sconvolta, il mento sporco di sangue (no, non è un vampiro), e sembra davvero senza più speranze o voglia di vivere. Lan Zhan cerca di impedirgli il suicidio, arriva di corsa e lo afferra forte forte, ma arriva Jiang Cheng con lo sguardo pieno di rabbia e Wuxian cade nel baratro.
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Dopo sedici anni, Wuxian viene riportato in vita nel corpo di un altro (un certo Mo) e il suo compito è quello di vendicarsi dei famigliari che hanno fatto del male a questo Mo. Ogni volta che si vendica di qualcuno, una delle ferite che riporta sul braccio scompare.
Ma non sono qui per fare un riassunto pari passo. Se volete un riassunto 1)esiste Wikipedia, 2)guardatevi la serie, 3)la trama stessa non è chiara, e 4)io non sono bravissima a spiegare.
Invece di farmi esplodere il cervello cercando di raccontare la garbugliata storia di questa serie, voglio più concentrarmi sulle mie impressioni, su quello che ho provato, e su tutti i pensieri che mi ha e mi sta scatenando.
E la prima cosa che mi sento di dire è che uno degli aspetti che più mi hanno colpita fin da una prima occhiata è l'incredibile astuzia e la velocità di pensare del protagonista. Viene riportato in vita e l'uomo di cui ora possiede il corpo è considerato un pazzo? Bene. Wuxian capisce subito come sfruttare la situazione a proprio vantaggio. Ed eccolo che nel giro di due secondi si finge pazzo e riesce a cavarsi d'impiccio da una situazione scomoda, per non parlare del fatto che fingersi un po' pazzerelli spinge la gente a parlare in tua presenza di cose di cui davanti a persone normali non farebbero cenno. Complimenti a Wuxian.
L'altra cosa che voglio subito rilevare è come a tratti questa serie assumi un'atmosfera un po' horror. Non diventa mai troppo spaventosa, il che mi va benissimo visto che sono una fifona, e apprezzo sempre tantissimo la scenografia a volte grottesca (vagamente mi ricorda quasi Tim Barton), l'aria di mistero, la tensione del "chissà cosa sta per succedere", e se il tutto è ambientato di notte e di mezzo ci sono spiriti posseduti e magia oscura, allora è il top.
Poco dopo essere tornato in vita, Wuxian incontra il fratello (o dovrei dire ex fratello) Jiang Cheng, con cui si capisce subito non scorre buon sangue, ma i motivi per ora rimangono nascosti (anche se qualcosa si può intuire visto che proprio nel secondo episodio ci viene detto che la loro sorella è morta, GRAZIE DELLO SPOILER).
Il momento più carino dell'episodio è quando Wuxian e Lan Zhan si ritrovano faccia a faccia dopo sedici anni: un momento dolce, triste e pesante allo stesso tempo.
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E qui parte la ship. Sto guardando questa gif in loop e la tensione emotiva è palpabile.
(Non so perché, ma posso dire che con quella maschera Wuxian fa tanto Fantasma dell'Opera? 😂).
E qui finisce il prologo.
Ai Meandri delle Nuvole
I Meandri delle Nuvole sono uno dei posti per me più belli della serie. Rivedendo le puntate mi accorgo della freschezza del posto, dell'aria colma di pace e di saggezza. Ma la cosa che più di tutte riempie questo luogo sono le regole: più di 3000. Ebbene sì, tremila regole. E sono tutte da imparare e rispettare rigorosamente, sennò son guai (il nostro Wuxian ne sa qualcosa).
Ci sono talmente tante cose da dire che non so davvero da dove cominciare. Mentre rivedo gli episodi prendo appunti per ricordarmi quello che devo scrivere qui, e siccome non ho nessuna intenzione di raccontare per bene la trama (non sono qui per fare un riassunto), ho pensato che forse mi sarebbe più facile e magari più interessante da leggere, se divido gli argomenti per categorie o personaggi. Tagliamo la testa al toro e iniziamo subito col primo argomento, che altri non può essere che questo:
WEI WUXIAN E LAN ZHAN.
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Prenderò in esame i due personaggi singolarmente, e il rapporto che li unisce (sempre riferendomi agli episodi dal 3 al 7).
Non ho mai nascosto come Wuxian sia il mio personaggio preferito, almeno fino adesso, ma dubito che qualcuno possa riuscire a prendere il suo posto ora che sono quasi arrivata all'episodio 40 (sì, sto scrivendo questo commento in più giornate perché sono lenta come una mucca). Ammetto però che nel corso della visione ci sono alcuni altri personaggi che mi hanno colpito al cuore, personaggi buoni e villain, ma dei villain parleremo dopo. Parlando di Wuxian, è il personaggio con cui empatizzo più di tutti, da un suo sguardo riesco a capire quello che prova, comprendo facilmente ogni sua espressione, il modo in cui parla, il tono della voce, che cosa dicono i suoi occhi. Se lo capisco così bene devo anche fare i miei complimenti all'attore, che ha fatto un lavoro davvero straordinario.
In questi primi episodi impersona un ragazzo giovane e spensierato, birichino, insofferente verso le regole, arrogante, dalla mente svelta e vivace, e con un gran cuore. Pensavo che mi avrebbe fatto passare cinquanta puntate di risate (illusa, non sapevo cosa mi aspettava).
Quando arriva ai Meandri delle Nuvole si fa subito notare, sia in senso positivo che negativo. Con lui i Meandri delle Nuvole cessano di essere un luogo tranquillo, Wuxian porta con sé risate, scherzi, trasgressione. Non si tira mai indietro quando vuole rispondere a qualcuno, come quando gli Wen si presentano improvvisamente rovinando la cerimonia di presentazione e lui ha l'ardire di rispondere a tono a Wen Chao, o quando esaspera il maestro Lan fino a indurlo a tirargli addosso qualcosa e a sbatterlo fuori dalla classe.
E qui mi aggancio quando dico che Wuxian spicca anche in senso positivo: sarà un ribelle che prende le cose alla leggera, ma è anche dotato di una mente brillante e questo viene subito notato. È astuto, pensa molto velocemente, e più di una volta arriva alle conclusioni prima degli altri, sorprendendoli. Nonostante il suo carattere assolutamente criticabile, ha un cuore buono e uno spirito nobile. E questo viene subito colto da Lan Xichen (sì, mi sono degnata di imparare il suo nome), che dopo aver conosciuto Wuxian sente di avere una buona impressione di lui e spinge il fratello a farci amicizia.
Ed è qui che cominciano i guai: Lan Zhan non è esattamente della stessa indole di Wuxian. Mentre Wuxian è aperto e chiacchierone, Lan Zhan (detto anche Rhaegar) è chiuso e riservato. Uno è assolutamente incurante delle regole, l'altro le segue alla lettera. Wuxian è sorridente e scherzoso, Lan Zhan è rigido e severo. Sono quasi l'uno l'opposto dell'altro, ma come si dice, gli opposti si attraggono. Credo che questo detto sia perfetto per descrivere la loro relazione allo stato iniziale, perché nonostante le mille differenze c'è sempre stato modo di attirarli l'uno verso l'altro. Vuoi per lo stalkeraggio di Wuxian, vuoi per Lan Xichen che è il loro shipper number one, vuoi per le circostanze, alla fine si ritrovano sempre a passare del tempo insieme.
I loro primi incontri non sono esattamente tranquilli e spensierati. Quando Wuxian e i suoi fratelli arrivano ai Meandri delle Nuvole gli viene negato l'accesso perché hanno smarrito l'invito, così Wuxian è costretto a tornare alla locanda per ritrovarlo. Quando torna è ormai piena notte e non c'è nessuno a farlo entrare, così scala le mura accompagnato da due belle boccette di vino. E zac! Lan Zhan lo coglie sul fatto e in due secondi gli elenca le regole che ha infranto in quelle poche mosse. A nulla servono i sorrisi o i tentativi di corruzione di Wuxian, Lan Zhan non si fa certo comprare da qualche sorso di vino, e così in men che non si dica scatta una sorta di lotta aerea sui tetti dei Meandri delle Nuvole, con il cielo notturno e la bianca luna a fare da contorno. L'atmosfera è un po' romantica devo ammettere. Peccato che di sentimenti romantici tra di loro non ci sia ancora l'ombra. Lan Zhan ha di fronte un ragazzo che sfacciatamente osa infrangere le sacre regole del suo Clan, mentre Wuxian deve fare i conti con quello che ai suoi occhi è un tipo troppo inflessibile e severo.
Molto utile l'incantesimo del silenzio a cui Lan Zhan fa ricorso quando Wuxian lo secca troppo con la sua parlantina. Wuxian dal canto suo è offeso perché durante il combattimento sui tetti una delle sue boccette di vino è andata in frantumi. Quale sacrilegio! Perdere la possibilità di gustare il prezioso Sorriso dell'Imperatore è come essere in lutto per Wuxian.
Ad ogni modo, ha infranto le regole, quindi viene portato al cospetto di Lan Qiren e Lan Zixuan per decidere la punizione che gli spetta: scrivere per ben trecento volte i principi del Clan Lan. Wuxian deve accettare suo malgrado, ma sorride con stupore quando gli viene detto che Lan Zhan ha fatto entrare suo fratello e sua sorella nonostante non avessero l'invito. Per lui è difficile interagire con Lan Zhan, dato che quest'ultimo è estremamente rigido e riservato, ma dopo aver mostrato quella gentilezza verso i suoi fratelli e dopo che il loro scontro aereo è finito in parità (a detta di Wuxian finalmente ha trovato un suo pari), Wuxian non si dà per vinto e sembra voler fare amicizia con lui a tutti i costi, anche se questo significa diventare uno stalker.
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Durante le lezioni Wuxian si annoia, si addormenta, si stiracchia, mangia di nascosto, confabula con Nie Huaisang. Quelle lezioni sono bazzecole per la sua mente geniale, quindi deve pur passarsi il tempo in qualche modo. I suoi modi non sono però graditi dal fiscale Lan Zhan, che gli lancia certe occhiate come se volesse fulminarlo. Wuxian è esilarante e Lan Zhan fa la figura del noioso antipatico che non è capace di divertirsi, ma qui Lan Zhan ha ragione devo ammetterlo. Wuxian fa lo scemo e c'è chi ride dei suoi scherzi, ma non può certo aspettarsi che gli vengano fatti i complimenti. Riesce però a colpire il maestro Lan quando è in grado di rispondere a tutte le domande che gli rivolge, ma la situazione sfugge di mano quando Wuxian propone di usare la magia del risentimento per combattere i fantasmi e gli spiriti maligni. Agli occhi degli altri equivale a bestemmiare, e il maestro lo spedisce in punizione esasperato. È interessante quando il maestro gli chiede: "Come puoi essere sicuro che la magia risentita ascolterà solo te e non danneggerà gli altri?" E Wuxian "Non ci ho ancora pensato." CRETINO. Devi pensarci invece! Qui ci danno lo spunto di un grande difetto di Wuxian: non pensa alle conseguenze. Può anche avere delle intenzioni interessanti, ma come può non tenere conto della pericolosità della magia risentita?
Fatto sta che la punizione è occasione di stare in compagnia di Lan Zhan, visto che quest'ultimo è incaricato di supervisionarlo. Lan Zhan, ti sono vicina, porta pazienza. Se mi fossi trovata io con Wuxian, mi sarei fatta due risate assieme a lui, ma immagino che per Lan Zhan non sia stato facile sopportare questo caso umano (ma diciamoci la verità, un po' di spensieratezza non fa male nella vita di questo ragazzo senza amici). Wuxian non è capace di star fermo e sopratutto di star zitto, ed ecco che Lan Zhan si avvale di nuovo dell'incantesimo del silenzio. Non contento, Wuxian regala a Lan Zhan un disegno che lo raffigura mentre legge. Un gesto carino, ma che Lan Zhan trova noioso (ammettilo che ti piace!). Tutto è rovinato quando Wuxian fa trovare in mezzo al libro di Lan Zhan una raffigurazione oscena, il che fa infuriare Lan Zhan che lo spedisce fuori dalla stanza. Wuxian se ne esce noncurante a testa alta, come se l'essere buttato fuori sia motivo di orgoglio.
I due hanno occasione di interagire di nuovo insieme quando si occupano della caccia agli spiriti maligni al lago del villaggio dei pescatori. Qui Wuxian sfoggia di nuovo la sua perspicacia, riuscendo a capire prima degli altri la natura del pericolo che stanno affrontando. E di nuovo voglio elogiare il buon equilibrio tra inquietudine, tensione e leggerezza mista a ilarità. Le inquadrature sott'acqua sono un buon mezzo per creare ansia, l'atmosfera è tesa, il luogo è immerso nella nebbia, il pericolo circonda i nostri protagonisti, ma il tutto non prende mai una piega troppo pesante grazie al personaggio di Wuxian che riesce ad alleggerire l'atmosfera con il suo atteggiamento e a strapparci qualche risata.
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E cosa si fa dopo aver vissuto insieme una bella avventura? SI FESTEGGIA OVVIAMENTE!!! E giù col vino. Wuxian, Jiang Cheng e Nie Huaisang quella sera si riuniscono nelle loro stanze per brindare e ubriacarsi come se non ci fosse un domani. Devo ammettere che finora questa è una delle scene più esilaranti della serie che mi fa sempre morire dal ridere. Wuxian comincia a prendere in giro Jiang Cheng sul tipo di moglie che il fratello desidera, Jiang Cheng se la prende e i due iniziano a rincorrersi attorno al tavolo con Nie Huaisang che si barcamena tra i due. Lan Zhan entra nella stanza senza alcun preavviso e vede i tre ragazzi l'uno sopra l'altro sul letto, che subito si rimettono composti facendo finta di nulla. La regola del "qui è vietato bere vino" è stata infranta e ciò deve subito essere riportato a chi di dovere, ma prima che Lan Zhan possa uscire Wuxian tenta dapprima di convincerlo a unirsi a loro, poi quando vede che non funziona (pensavi davvero che Lan Zhan si sarebbe allegramente seduto con te a bere vino, Wuxian?) gli appiccica a tradimento un talismano sulla schiena. La prima volta che ho visto la scena questo dettaglio mi era sfuggito: per mezzo del talismano Wuxian costringe Lan Zhan a sedersi e bere vino con lui. Praticamente lo rende imbambolato. Il povero Lan Zhan non ha mai bevuto un solo goccio di alcol in vita sua, e dopo il primo bicchiere collassa tirando una memorabile craniata sul tavolo, cogliendo di sorpresa Wuxian, che lo mette a letto.
Qui c'è una scena molto carina, che mi ha fatto prima arrabbiare poi mi ha intenerito. Lan Zhan va quasi in panico quando si accorge che la fascia che porta intorno alla fronte è storta. Wuxian per due volte si offre di aiutarlo a sistemarla ma Lan Zhan gli scaccia via la mano, affermando che quella fascia per lui è sacra: può essere toccata solo dai genitori, dalla moglie e dai figli. Ciò, per motivi noti solo a lui, fa ridere Wuxian, che se ne esce con questa frecciata: "Rido di voi del Clan Lan. Avete così tante regole, siete cosi rigidi e pretenziosi. Nessuna donna ti sposerebbe. Rimarrai da solo per tutta la vita." WUXIAN IO TI ADORO MA NON OSARE TRATTARE MALE QUEL POVERO ANGELO DI LAN ZHAN CHE TI SCUOIO VIVO. Non solo l'hai trattenuto contro la sua volontà e l'hai costretto a bere, ma devi anche deriderlo! Non contento, decide di rincarare la dose con "Tua madre sarà molto annoiata". Quando Lan Zhan gli risponde che non ha una madre, Wuxian replica che è impossibile, mica può essere nato sotto un cavolo. Wuxian, io pensavo che tu fossi intelligente...... Dopo essersi accorto della gaff infelice, Wuxian ha il buonsenso di tacere e di guardarlo in modo dispiaciuto. Poi decide di condividere con Lan Zhan qualcosa di se stesso: anche lui non ha i genitori, sono morti quando era piccolo, vorrebbe ricordarsi qualcosa di loro ma i ricordi sono andati perduti. C'è solo un'immagine che riesce a richiamare alla mente: lui bambino seduto sopra un asino, con mamma e papà che camminano di fianco a lui, tutti e tre sorridenti. Il tono di Wuxian è malinconico, lo sguardo triste al pensiero di non avere nemmeno molte memorie di quella piccola famiglia felice che aveva una volta. Ma non si lascia prendere dal malumore: in due secondi torna a sfoggiare il suo sorriso e alza i calici per un altro brindisi.
Momento di riflessione personale: in questa scena ho davanti due giovani ragazzi, uno talmente chiuso e riservato da non avere alcun amico, un ragazzo che formula poche parole al giorno e che non si diverte/sorride mai; l'altro è un ragazzo super sorridente, che socializza facilmente, che dice sempre ciò che pensa e che non perde occasione di divertirsi, ma in questo preciso momento si mette a nudo con Lan Zhan, si toglie la maschera da "buffone" che di solito porta per rivelare la tristezza che si cela dietro i suoi sorrisi. Wuxian può essere davvero esasperante a volte, ma sono contenta che sia entrato nella vita del solitario Lan Zhan come una ventata d'aria fresca, portando con sé spensieratezza e giocosità, qualcosa che Lan Zhan non ha mai conosciuto.
Riflessione finita, andiamo avanti. Ti sei divertito Wuxian? Bene, perché adesso è ora di tornare coi piedi per terra e di prendersi trecento bastonate per aver infranto le regole. Almeno ha la decenza di provare a difendere Lan Zhan, dicendo di averlo costretto a bere contro la sua volontà, ma anche il povero angelo deve prendersi le sue bastonate. Una punizione molto severa e molto dolorosa, che porta i due ragazzi a fare un bagno freddo alla sorgente nel bosco. Da notare, un'altra atmosfera romantica, ma di nuovo di romantico non succede nulla. Lan Zhan addirittura prende le distanze da Wuxian quando questo entra nell'acqua per rinfrescarsi con lui. Wuxian però vuole essere amico con lui, e glielo dice: siccome il loro combattimento è finito in parità, ha deciso di cambiare idea su di lui, ora lo stima e pensa che possano essere amici. Lan Zhan sembra (SEMBRA) non essere dello stesso avviso. I due vengono poi come risucchiati dalla corrente, che li fa scivolare in una fredda grotta sotterranea, dove incontrano un'antenata del Clan Lan, che si mette a raccontare tutta la storia della sua vita che io non ho nessuna intenzione di ripetere. In poche parole, la donna mette nelle mani di Lan Zhan un pezzo di Metallo Yin, affidandogli il compito di trovare gli altri e distruggerli. Anche se non fa parte del Clan Lan, Wuxian si sente in dovere di partecipare a questa missione, perché vuole lottare per ciò che è giusto.
A questo punto della storia posso pensare che se anche Wuxian è chiassoso e birichino, Lan Zhan non può non aver notato la sua mente sveglia e la sua spontaneità, ma il momento in cui Lan Zhan rimane davvero colpito da lui, è durante la cerimonia delle lanterne. Questa è una delle mie scene preferite della serie: una scena dolce, tenera, piena di speranze. Quando questi ragazzi erano ancora un po' ingenui e spensierati, ma pronti a diventare adulti e ad affrontare il mondo. Quanto è carino Wuxian quando confeziona per Lan Zhan una lanterna con sopra il disegno di un coniglio. Gliela mostra, riuscendo a tirargli fuori il primo sorriso che vedo sul viso di Lan Zhan (awwwww). Credo che la compagnia di Wuxian faccia bene a Lan Zhan, così come la compagnia di Lan Zhan faccia bene a Wuxian. Lan Zhan ha bisogno di un amico, e Wuxian insiste nel volerlo essere nonostante il temperamento freddo e distaccato dell'altro. Perché sa che Lan Zhan è un ragazzo molto solo, perché sa che dietro quella barriera rigida e inflessibile si nasconde un cuore onesto e gentile.
E poi c'è questo:
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Nella luce del tramonto questi ragazzi lasciano andare le lanterne verso il cielo, assieme ai loro desideri e le loro preghiere più sincere. E Wuxian prega di poter vivere con giustizia, aiutare i deboli e non avere nulla di cui pentirsi. A queste parole Lan Zhan si volta verso di lui e lo guarda in modo sorpreso, colpito: forse non si aspettava che quel ragazzo in apparenza infantile e giocherellone potesse fare una promessa tanto seria e nobile? Vede chiaramente il cuore puro, sincero e onorevole di Wuxian, e per la prima volta lo guarda davvero con occhi diversi. Allora quando nella grotta diceva di volerlo aiutare nella sua missione, non lo diceva tanto per dire, ma perché davvero vuole fare la cosa giusta, e se cercare i pezzi di Metallo Yin per distruggerli è la cosa giusta da fare, Wuxian non si tira indietro. Non importa se è rischioso, non importa se deve sacrificare qualcosa, non importa se dovrà stare lontano dalla sua famiglia: per Wuxian la cosa più importante è fare ciò che è moralmente giusto, se non lo facesse non si sentirebbe la coscienza pulita. Penso che questo sia un momento molto importante, non solo per la relazione tra Wuxian e Lan Zhan, ma anche per i due presi singolarmente. Wuxian mostra uno spirito onorevole, maturità e coraggio. Per un momento non è più il ragazzino che corre per i Meandri delle Nuvole creando confusione, ma un ragazzo che desidera stare dalla parte del bene, che è pronto a lottare per ciò che è giusto. Lan Zhan dal canto suo non esprime alcuna preghiera, non a parole almeno, ma quando sente la promessa di Wuxian abbassa gli occhi sulla saccoccia in cui custodisce il pezzo di Metallo Yin, e quello sguardo dice tutto: anche lui, nel suo cuore, desidera le stesse cose di Wuxian: la giustizia, aiutare gli innocenti, essere in pace con se stessi. Così, mentre le lanterne volano via disperdendosi nel cielo, il rapporto tra Wuxian e Lan Zhan fa un passo avanti: le loro buone intenzioni li accomunano, li rendono simili, li vincolano l'uno all'altro.
Finita la cerimonia finisce anche il momento di serietà e maturità di Wuxian, che viene di nuovo messo in punizione dopo aver litigato con Jin Zixuan (tra poco parliamo anche di lui). Lan Zhan lo passa a controllare, e invece di vederlo inginocchiato a riflettere, lo trova intento a giocare con le formiche. La reazione di Lan Zhan è tipo questa: 🙄🙄🙄🙄🙄🙄. Mi fa sorridere come Wuxian tenti di coinvolgere Lan Zhan nel guardare insieme la bellezza delle formiche (davvero ci provi, Wuxian?), ed è inutile dire come Lan Zhan se ne vada senza più degnarlo di uno sguardo.
Dopo sei mesi passati insieme ai Meandri delle Nuvole, tra scherzi, risate, punizioni, passeggiate nei boschi e qualche avventura, giunge il momento per Wuxian di fare ritorno a casa. Prima di passare al prossimo argomento, ci tengo a soffermarmi un attimo su come Lan Zhan osservi il rapporto giocoso e ricco di affetto tra Wuxian e i suoi fratelli. Anche Lan Zhan ha un fratello (Captain Shipper), un fratello molto gentile che si preoccupa per lui, ma nella sua vita manca quell'allegria, quella giocosità, quel lasciarsi andare alle emozioni che vede nella famiglia di Wuxian. Lan Zhan è un solitario, e in solitaria parte per andare alla ricerca dei pezzi di Metallo Yin, ma Wuxian lo lascerà forse andare da solo???
WUXIAN, JIANG CHENG E JIANG YANLI.
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Da notare come mi sia degnata di andare a cercare il nome della sorella, ma ancora fatico a ricordarlo, quindi continuerò a chiamarla semplicemente sorella, o magari Shijie.
Parlerò prima del rapporto tra i tre fratelli, e poi della relazione tra la sorella e Jin Zixuan.
Fin dalle prime puntate scopriamo che se anche Wuxian chiama Jiang Cheng e Jiang Yanli fratello e sorella, in realtà non hanno un vero rapporto di sangue. Wuxian ha perso i genitori quando era piccolo, ed è stato accolto in casa dalla famiglia Jiang. Possiamo subito notare come tra Wuxian, Jiang Cheng e Shijie ci sia un rapporto molto stretto, giocoso, scherzoso, pieno di affetto. È bellissimo vedere questi tre fratelli essere così uniti e in armonia, ma non è tutto rose e fiori, e questo ci viene fatto vedere subito. Nel momento in cui questi tre personaggi entrano in scena, quando arrivano al villaggio ai piedi dei Meandri delle Nuvole, bastano pochi minuti per catturare la personalità di ognuno di loro e i rapporti che li legano: Wuxian è quello spensierato, sorridente, che non vede l'ora di andare a comprare il Sorriso dell'Imperatore, Jiang Cheng (futuro erede del Clan) è il fratello che si lamenta dell'esuberanza di Wuxian, lo avvisa di non giocare una volta arrivati alla scuola perché i discepoli degli altri Clan potrebbero guardarli male, e Shijie è la sorella dolce e delicata super adorata da Wuxian, che difende sempre il carattere vivace di quest'ultimo. Una delle prime battute di Jiang Cheng è: "Sorella, tu e nostro padre lo difendete sempre." E qui ci mettono subito in campo un problema (a cui io personalmente non avevo dato la giusta importanza all'inizio, e ho sbagliato): Jiang Cheng è geloso di Wuxian, e si sente messo in ombra da lui. Lamentandosi del fatto che il padre e la sorella lo giustificano sempre, Jiang Cheng ci sta dicendo che è insofferente verso questa cosa, che non la trova giusta. Lui è l'erede del suo Clan, deve quindi assicurarsi di fare bella figura, per lui è molto importante ricevere l'approvazione della gente, vuole essere diligente, deve essere una persona responsabile, ci si aspetta che si comporti in un certo modo. E mentre lui è "intrappolato" nel suo ruolo e nelle aspettative che ricadono su di lui, Wuxian rappresenta la libertà, la possibilità di poter essere ancora un po' bambino, di poter scherzare senza avere alcun peso di responsabilità sulle spalle. Quando Jiang Cheng lo ammonisce e gli chiede di smetterla di giocare perché ora devono mostrarsi delle persone serie, Wuxian risponde "Okay", per poi sgattaiolare via, dimostrando di non aver preso molto seriamente la richiesta del fratello. Il fratello gli dice di non bere, loro sono lì per le lezioni, e Wuxian fa tutto l'annoiato e ancora una volta se la squaglia. La sorella dal canto suo prende subito le difese di Wuxian, e dicendo che la sua personalità libera e vivace rispecchia i valori del Clan Jiang, non fa altro (inconsapevolmente, senza alcuna cattiveria, certo, ma lo fa) che rendere le cose ancora più insofferenti per Jiang Cheng, che non solo deve sopportare il carattere sbarazzino di Wuxian, ma forse non si sente nemmeno capito dalla sorella, che sembra minimizzare la cosa, mentre per lui è molto importante.
Una volta arrivati ai Meandri delle Nuvole, sappiamo benissimo che Wuxian non segue nemmeno mezza regola manco morto. Viene punito per essersi introdotto con il vino, e risponde a tono agli Wen quando irrompono durante la cerimonia di presentazione. Questo comportamento fa arrabbiare/seccare Jiang Cheng, che parlando con la sorella si sfoga: "Wuxian fa sempre preoccupare gli altri. Quando comincerà a pensare di più al Clan Jiang?". Qui posso notare una sorta di odi et amo tra i due fratelli: Jiang Cheng ama Wuxian, profondamente, e si preoccupa per lui, ma Wuxian col suo atteggiamento rischia di macchiare quell'apparenza per Jiang Cheng tanto importante. Shijie gli risponde che gli antenati del Clan Jiang hanno sempre sostenuto una personalità aperta e schietta e uno spirito libero, e che tutto ciò si può perfettamente ritrovare nella persona di Wuxian, e quindi non c'è bisogno che si preoccupi troppo. Jiang Cheng:
"Ecco perché nostro padre lo favorisce sempre."
Azz. Tosta questa. Quindi per come la vede Jiang Cheng non solo il padre giustifica il carattere frizzante e vivace di Wuxian, ma lo favorisce anche proprio grazie alla sua personalità, che a quanto pare ben si addice ai valori dei Jiang. Shijie replica che loro padre favorisce tutti i bravi discepoli. Non penso che quelle di Jiang Cheng siano solo fantasie: se arriva a dire che si sente inferiore rispetto a Wuxian (perché in pratica dice questo), che si sente messo da parte, che non si sente considerato dal padre, che sente che il padre reputa Wuxian migliore di lui, un motivo ci sarà. Ma non credo nemmeno che la sorella non voglia di proposito dare ascolto al grosso problema di autostima del fratello, o che voglia sminuirlo. Anzi. Cerca di incoraggiarlo, rassicurarlo, dicendogli che anche lui è come Wuxian, che anche lui è un buon discepolo del Clan.
La sorella cerca di fungere da anello di congiunzione tra Wuxian e Jiang Cheng, fa da paciere, mantiene l'armonia tra loro. Il gesto di portare in tavola la zuppa e invitarli a mangiare, li spinge a sedersi a tavola e consumare insieme il pasto, creando una buona armonia famigliare. Armonia che è destinata a svanire nel momento in cui la sorella non è con loro per riappacificarli, e quando Wuxian si lascia troppo andare incurante delle ripercussioni che le sue azioni possono provocare.
Essere così libero e spiritoso fa parte della bellezza del personaggio, e Wuxian agisce senza alcun intento cattivo o dispettoso. È la sua natura. Ma non posso giustificarlo dicendo "eh è la sua natura, è fatto così", quando lo vedo creare trambusto in classe, quando lo vedo appiccicare un disegno sulla schiena del maestro, quando lo vedo appisolarsi sul banco per la noia. In quelle scene posso sentire chiaramente il povero Jiang Cheng porconare male dentro di sé, lo vedo pregare tutti i santi perché Wuxian non li metta in imbarazzo davanti a tutti, lo vedo infastidito. Non credo che uno dei due abbia ragione e l'altro torto, la questione non è bianca o nera. Da una parte vedo Jiang Cheng troppo timoroso del giudizio degli altri, dall'altra vedo Wuxian troppo noncurante di come il suo comportamento può influire sulle persone intorno a lui.
Wuxian e Jiang Cheng si vogliono un gran bene, si proteggono a vicenda, si preoccupano l'uno per l'altro, sono capaci di giocare e ridere insieme. Jiang Cheng lo borbotta sempre ma sotto sotto, anche se non lo ammette, si preoccupa per lui. Hanno entrambi le loro ragioni quando bisticciano, e apprezzo molto che la serie renda le cose sfaccettate, senza mai dare torto a uno e ragione all'altro. E se con Jiang Cheng Wuxian ha un bel rapporto, con la sua Shijie il rapporto è speciale. Si nota fin dall'inizio che l'adora, che le vuole un bene dell'anima e lei a lui, che hanno un legame molto affettuoso. Mi fa piacere vederli così uniti, mi fanno sorridere, ma allo stesso tempo mi chiedo se la sorella faccia bene a prendere sempre le difese di Wuxian, lasciando che sia sempre così birichino, e non prendendo troppo sul serio la frustrazione di Jiang Cheng.
JIN ZIXUAN E JIANG YANLI.
Mi viene già da ridere se ci penso. Questa coppia romantica è talmente scritta male che all'inizio non avevo nemmeno capito che a lei, lui piace. E non ho neanche capito se lui è innamorato di lei ma ha problemi a esprimerlo, oppure se non gliene importa niente. Perché sembra bipolare. Sembra cambiare atteggiamento a seconda di come cambia il vento. La prima volta che li vediamo interagire insieme è quando Shijie con i suoi fratelli arrivano a una locanda per sostare quella notte, ma Jin Zixuan fa uscire tutti gli ospiti per avere la locanda tutta per sé. Lascia in mezzo alla strada anche la sua futura sposa. Questo gli fa guadagnare il soprannome di "pavone fiorito" da parte di Wuxian. Lei è incapace di proferire parola davanti a lui, sembra una bambolina. In seguito Jin Zixuan sembra, e ripeto sembra, imbarazzato/timido in presenza di Jiang Yanli. Se vogliono usare la scusa della sua timidezza per rendere più difficoltosa la comunicazione tra i due, va bene, ma che senso ha buttare in mezzo alla strada la fidanzata? Non posso accettare "perché è timido".
Durante la cerimonia delle lanterne lascia che Shijie liberi la lanterna da sola, e si mostra infastidito quando le altre ragazze parlano del loro matrimonio. Dice testualmente "Questo matrimonio non è quello che voglio". Quindi devo dedurre che al momento non è per nulla interessato a lei? Fatto sta che questo atteggiamento fa infuriare Wuxian, che prende subito le difese di sua sorella. Nasce una lite, i due si azzuffano e finiscono in punizione.
I padri dei due ragazzi vengono invitati ai Meandri delle Nuvole per discutere di questo fidanzamento. Il padre di Yanli pondera la situazione, e siccome nessuno dei due ragazzi sembra molto felice di questa unione, il fidanzamento viene sciolto, senza rancore tra le famiglie. Non conosciamo la reazione di Jin Zixuan perché non ci viene mostrata, ma possiamo guardare le reazioni dei tre fratelli. Jiang Cheng non sembra contento di questa rottura, si vede chiaramente che non è d'accordo con la decisione del padre, e presumo che reagisca così perché teme di sfigurare di fronte al Clan Jin. Una reazione che comprendo: immagino che a quei tempi i fidanzamenti fossero affari importanti, e il Capo Clan Jin avrebbe potuto ritenersi offeso e umiliato quando il Capo Jiang propone di annullare l'unione. Jiang Cheng corre a dirlo a Wuxian, che corre dalla sorella per vedere come sta. Shijie si limita a dire che il suo destino non dipende da lei: QUANTO È PASSIVA QUESTA RAGAZZA. Se la fidanzano con il tipo, accetta in silenzio, se il fidanzamento viene annullato, accetta sempre in silenzio. Ma non ha voce in capitolo? Non potrebbe dire come la pensa? Non potrebbe farci sapere che cosa prova nei confronti di Jin Zixuan? No, lei accetta tutto passivamente e basta. Comunque, Wuxian le promette che sposerà un uomo migliore del pavone fiorito e avrà un bellissimo matrimonio (segnatela questa promessa, Wuxian).
WEN QING E WEN NING.
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Quanto sono belli e carini questi due personaggi. Quando ho visto per la prima volta Wen Qing, pensavo facesse parte dei cattivi, ma già in questi primi episodi ci viene mostrata una ragazza gentile, disponibile, che si prende cura delle persone, molto buona e protettiva con suo fratello. E allora non ci vuole molto a intuire che questa ragazza potrà anche stare dalla stessa parte dei villain, ma non è affatto come loro.
Wen Qing si reca ai Meandri delle Nuvole per uno scopo preciso. Apparentemente segue le lezioni come tutti gli altri, ma in realtà ha un compito: esplorare il luogo e scoprire dove si trova il pezzo di Metallo Yin nascosto dal Clan Lan. Non lo fa per se stessa e per ambizione personale, ma su ordine del Capo Clan Wen. Porta con sé suo fratello minore, Wen Ning, un ragazzo molto dolce, tenero, buono, abilissimo nel tiro con l'arco e anche coraggioso, visto che insiste nel partecipare anche lui alla caccia ai mostri sul lago.
Durante i mesi di apprendimento, i due ragazzi Wen diciamo "fanno amicizia" con Wuxian e Jiang Cheng. Wen Qing sembra però non essere molto propensa a fare amicizia con loro, lei sta lavorando per procurare un'arma potente al suo Capo, e se i ragazzi dovessero scoprirlo non la prenderebbero bene. Quindi non scoppia dalla gioia quando vede suo fratello allenarsi con l'arco in compagnia di Wuxian o quando, sempre Wuxian, le porta un talismano protettivo da dare a Wen Ning. Ma possiamo vedere come, in certe occasioni, lei sia la prima a farsi avanti per offrire il suo aiuto in qualità di curatrice. Come quando la sorella di Wuxian non si sente molto bene e lei le fornisce soccorso, o quando durante la caccia al lago Jiang Cheng rimane ferito e Wen Qing lo raggiunge sulla barca per medicarlo.
Jiang Cheng rimane colpito dalla ragazza, gli piace e si vede. È imbarazzato in sua presenza, vorrebbe dirle qualcosa ma le parole non gli escono. Dopo la caccia sul lago, mentre fa un giro per il villaggio passa davanti a una bancarella che vende vari oggetti tra cui dei pettini, e vediamo l'indecisione di Jiang Cheng. Vorrebbe comprarle qualcosa ma non sa se avrebbe il coraggio di darglielo, si comporta proprio come un giovane ragazzo che si è appena preso una cotta e non sa come comportarsi, non sa come mostrare i propri sentimenti.
Durante la cerimonia delle lanterne, Wen Qing prega che suo fratello possa vivere una vita sicura e felice, e Jiang Cheng udendo queste parole si volta verso di lei e sorride, comprendendo sicuramente il valore di questa preghiera, visto che anche lui ha dei fratelli.
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PERSONAGGI SECONDARI E VILLAIN.
Questa serie può vantare una vasta gamma di personaggi, molto diversi tra loro, incredibilmente interessanti e sfaccettati. Molto interessanti anche le relazioni che li uniscono, come il rapporto tra Wuxian e Jiang Cheng che abbiamo visto prima. Pecca con la trama, perché a volte non è molto chiara e confusionaria, ma tra i personaggi abbiamo delle vere e proprie perle.
Lan Xichen/Captain Shipper e Meng Yao
Tra i personaggi di importanza secondaria, Lan Xichen è sicuramente uno dei miei preferiti. Gentile, affabile, sorridente (l'ho visto che rideva sotto i baffi quando i ragazzi si sono ubriacati!!), rispettoso, pacato, dal portamento elegante. Ma il motivo per cui adoro quest'uomo è perché è lo shipper numero uno di Wuxian e Lan Zhan. In questi primi episodi posso contare almeno quattro occasioni in cui li spinge a stare insieme: 1) Quando spera che suo fratello possa farsi degli amici e commenta dicendo di avere una sensazione positiva verso Wuxian, 2) Quando permette a Wuxian e Jiang Cheng di unirsi a loro alla caccia al lago, per poi dire al fratello "Avevo capito che volevi che venissero", 3) Quando consiglia a Wuxian di lenire il dolore delle bastonate andando a fare il bagno alla sorgente d'acqua fredda, dove CASUALMENTE c'è anche Lan Zhan, 4) Quando chiede al fratello se non è il caso di dire a Wuxian che sta partendo per la ricerca del Metallo Yin.
Lan Xichen, sei la voce di tutti noi fan!!!
Bello il suo rapporto con Meng Yao, un ragazzo al servizio del Clan Nie e che è malvisto da tutti perché figlio di una prostituta. Fin dalla prima volta in cui entra in scena, vediamo subito le persone bisbigliare, sussurrare alle sue spalle, considerarlo come se non fosse uno di loro, ma qualcuno di livello inferiore, un semplice servo, quasi un rifiuto della società.
Lui si presenta in modo molto educato, servile, diligente, sorridente, e se anche non lo dice è chiaro che quelle malelingue lo feriscono. Lan Xichen è l'unica persona a trattarlo con rispetto, con educazione, come se fosse un suo pari. È l'unico a essere gentile con lui. Per ora non posso dire altro su di loro perché in questi primi episodi si limitano a presentarceli senza andare troppo in profondità.
Lan Qiren e Nie Huaisang
Li inserisco giusto per non lasciarli indietro come dei poveracci, ma c'è davvero poco da dire su di loro. Il primo è lo zio di Lan Xichen e Lan Zhan, nonché maestro della scuola, è un uomo severo, rigido, che dà molta importanza alle regole del Clan. Lui e Lan Xichen sembrano avere un buon rapporto.
Il secondo è il cosiddetto "tizio col ventaglio", perché non passa scena in cui non abbia un ventaglio tra le mani. Diventa subito amico con Wuxian, scherza e confabula con lui. Memorabile l'uccellino che nasconde nel vestito durante la lezione.
Wen Chao e Wen Ruohan
I Wen rappresentano i villain di questi episodi. La loro ambizione di potere viene subito messa in campo, con il Capo Wen che ordina a suo figlio e a Wen Qing di andare a indagare con discrezione ai Meandri delle Nuvole.
INDAGARE CON DISCREZIONE.
A quanto pare la parola discrezione è di difficile comprensione per Wen Chao, che come arriva alle porte toglie di mezzo i discepoli di guardia e irrompe con prepotenza durante la cerimonia di presentazione. Lì capisci subito quanto sia antipatico, insolente e arrogante, e anche abbastanza stupido e senza una vera strategia se non "io sono un Wen e voi siete tutti dei cani."
E qui capisci che questo tipo non avrà una vita lunga.
Tra l'altro non capisco perché questi Wen si credono i Targaryen della situazione. Almeno i Targaryen potevano farsi fighi coi draghi, ma questi cos'hanno di bello? Vabbè, convinti loro... Fatto sta che il Capo Wen, che passa le giornate in una grande sala buia seduto su una riproduzione gigante del trono di spade immerso nelle pippe mentali del suo potere, ha deciso di voler dominare il mondo, e per diventare il più potente di tutti ha bisogno di tutti i pezzi del Metallo Yin.
Wow. Che villain. Davvero originale, davvero innovativo. Ho i brividi. NON SI ERA MAI VISTA UNA COSA DEL GENERE PRIMA, MA PROPRIO MAI.
Xue Yang
Questo villain già mi piace di più. È intrigante, misterioso, interessante. In questi episodi compare solamente due volte, e ci viene mostrato in conversazione col Capo Wen, ci viene detto che lavora per lui, ma a differenza sua non è interessato al potere, al Metallo Yin o a dominare gli altri. E qui mi parte la domanda: e allora a cosa sei interessato? La curiosità mi parte a mille, per non parlare del fatto che quel costante sorrisetto che il personaggio ha sulla faccia mi ha da subito intrigato.
A quanto pare Xue Yang e il Capo Wen hanno una sorta di patto: il primo deve trovare il Metallo Yin, mentre il secondo per ricompensa può lasciargli fare ciò che vuole con un certo Clan Chang. E qui mi chiedo: cos'è questo Clan Chang? Perché è così importante per Xue Yang? Perché quando il Capo Wen gli dà carta bianca su come agire su quel Clan, Xue Yang sembra estasiato e impaziente di andare?
Molto interessante una delle prime battute che Xue Yang pronuncia, e che può farti capire molto del personaggio: "Non temo la morte. Temo la noia."
E con questa perla chiudo. Rischio la pazzia mentale se continuo con questa analisi, quindi ci vediamo alla prossima.
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scarletintheocean · 5 years ago
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Riesco ad affrontare qualsiasi compito con vari gradi di difficoltà, mantenendo calma e concentrazione, valutando ogni mossa, calcolando probabilità, soppesando i pro e i contro di ogni azione, considerando le conseguenze, ragionando, spesso, a mente lucida.
C'è una cosa, però, che mi fa sentire piccola, a tratti fragile, sicuramente mi fa apparire una rincoglionita agli occhi degli altri: ho paura di guidare.
Ho la patente, presa al primo colpo circa quattro anni fa (ho postato anche una foto quassù), guido ogni tanto ma mai da sola. Il pensiero di mettermi in macchina e guidare da un punto A a un punto B mi fa sudare freddo, mi provoca battiti accelerati, fa vacillare per un attimo la mia lucidità.
Non mi reputo una chiavica a guidare, sono molto attenta e prudente, ma non mi sento sicura e probabilmente non lo sarò mai. Quando guido sono tesa, mani strette al volante, occhi sulla strada, a stento parlo per non deconcentrarmi.
Questa cosa mi rende inquieta, nervosa e mi fa incazzare con me stessa, perché io pretendo di essere sempre pronta, sempre sul pezzo, per qualsiasi cosa, e non posso cascare su una cosa così banale, così automatica, così semplice per gli altri ma che, mi rendo conto, è un enorme limite per me.
Devo superare anche questa, però. Lo devo a me stessa, ne va della mia indipendenza ed è sicuramente utile per tante piccole cose (sono stata scartata per dei colloqui perché ai tempi non avevo la patente o la macchina, per dirne una).
Che brutto quando sappiamo che ci sono soluzioni ovvie a problemi che ci sembrano insormontabili: fanno apparire le nostre paure ancora più ridicole.
Ridicole un cazzo, però, aggiungo io.
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grixenda · 5 years ago
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22-10-2018
Questo è il mio blog della notte. So che voi pochi che mi leggete non ci credete ma io sono una cazzo di vampiro.
L'unico luogo dove posso sfogare la mia frustrazione è questa piattaforma virtuale dove nessuno mi prende troppo sul serio da segnalarmi e qualcuno mi dà abbastanza credito da leggere quello che scrivo e immaginare sia vero.
Non è la prima volta che vomito qui tutta la merda che mi passa nel cervello ma dato che il mio primo blog è stato censurato perché qualcuno mi ha segnalato alla postale per contenuti troppo espliciti , questa volta cercherò di mantenere un profilo basso.
A proposito di vomitare.  Anche oggi non ho saputo resistere e ho mangiato degli hot dog comprati da Frankie Smalt. Fanno schifo ma non fa differenza perché tanto non sento più il loro sapore acido. La cosa triste è che comunque dopo li ho rigettati, esattamente come ogni volta che mi azzardo a prendere qualcosa da mangiare e mi rendo conto che il mio stomaco non regge. Cerco sempre di fare finta di nulla ma mi devo rendere conto che certe cose non le posso più fare.
Esattamente come andare a suonare a Central Park alle 3 del pomeriggio per passare il tempo e raccimolare gli spicci per la metro. 
Adesso al massimo posso nascondermi nei night club e cantare le canzoni che altri hanno scritto per dare un senso alla mia voce incazzata.
La mia "agente" si era raccomandata di non esprimere troppo questa rabbia che avevo (e ho ancora) in corpo, però avrebbe anche dovuto spiegarmi il motivo prima di farmi lanciare un acuto e lasciarmi raccogliere i cocci (letterali) di ciò che ho frantumato coi polmoni. Non male per carità ma adesso ci penso dieci volte prima di cantare.
Era soddisfatta , si è solo raccomandata di non esagerare e mi ha lasciato il suo numero di telefono per quando fossi stata "pronta ". Alla mia lecita domanda "per cosa?"  ha riso e si è quasi volatilizzata lasciando dietro di sé profumo di viole e pane.  
Da quel momento è come se mi fossi riscoperta piano piano. Ogni giorno...ogni notte c'è qualcosa di nuovo; tranne i miei capelli che continuano a crescere rosa nonostante provi a ritingerli corvini ogni fottuta notte.
Non mi perdonerò mai la cazzata fatta quella volta per assecondare le manie di grandezza della mia vecchia band.
Knot in the guts.
Spero che brucino con la stessa facilità che ho io di contare i secondi che mi separano dal sorgere del sole.
Ho sempre avuto uno spiccato senso del ritmo, evidentemente la mia nuova condizione l'ha reso utile per impedirmi di carbonizzarmi facilmente.
Knot in the guts.
Un giorno gliele tirerò via personalmente ,le budella ,magari su un palco e magari col loro sangue ci brinderò anche, facendo passare il tutto come una pessima copia di un concerto di Ozzy Osbourne. 
Impareranno a tradire me per una fottuta selezione a X-factor.
Come sono caduti in basso. 
Quasi gli auguro di avere successo solo per il gusto che avrò successivamente nel vendicarmi.
Perché accadrà.  New York è grande e gli incidenti accadono.
E io non ho lasciato tutto ciò che avevo per seguire dei coglioni assetati di successo traditori di merda  per della musica pop del cazzo.
Se notate del risentimento ,avete ragione. 
La bassista del gruppo ero io. Ero io quella che scriveva le canzoni con il basso con le contropalle invece di una linea monotono per renderle semplici ad un pubblico abituato ai jingle pubblicitari. 
Ve lo dico. Se vi piace quel tipo di musica , ve ne farò pentire.  Sto quasi per uscire, anche stanotte. Vado a mangiare. No, non gli hot dog merdosi di Frankie Smalt. Ma penso non sia necessario specificare altro.
A domani notte, stronzi. 
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sugiovepiovonodiamanti · 6 years ago
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Capitolo I
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Giuditta sa di piacere, e sa che non c’è nulla di male.
In fondo, lo sanno tutti quanto è ingiusto il mondo: ci sono persone che sono sempre state bellissime e che lo saranno fino alla vecchiaia. Non è questione di trucco o postura, è proprio il loro possesso di un’eleganza elettrica e innata, forse ereditaria.
Trovo più ragionevole vedere Giuditta come una ragazza fortunata nel suo essere così affascinante piuttosto che abbandonarmi al fatto che sia una specie di dea adolescente.
Sdraiata per terra nella sua casa sull’albero, fissa il soffitto con quello sguardo sempre lancinante al punto giusto. La canottiera extralarge del suo ragazzo le copre mezza parte delle cosce, e posso affermare con convinzione che Giuditta Moschella non è mai stata così bella come in questo momento.
Mi sembra serena. Non sorride, magari non è felice, ma è sicuramente serena. Con il braccio sollevato e la mano destra sistemata a sostegno della nuca come per simulare la presenza di un cuscino, assume una posa così regale che potrebbe apparire in una qualsiasi rivista di moda.
La sigaretta ancora spenta che le pende dalle labbra, poi, non è nulla se paragonata a quel mento leggermente pronunciato, sul quale i suoi pochi brufoli diventano quasi un abbellimento più che un difetto.
“Sono contenta di non essere l’unica che è rimasta sveglia stanotte” mi confessa a mezza bocca, mentre la sua mano sinistra comincia a tastare il pavimento circostante alla ricerca dell’accendino.
“Solitamente lo sei?” le chiedo, tenendo le mani nelle tasche dei miei jeans. Dopo essersi accesa la stizza, annuisce.
Il suo sguardo rimane fisso sul soffitto di legno, debolmente illuminato dalle luci colorate appese alle pareti.
Ho avuto l’occasione di studiare Giuditta già dai banchi di scuola delle medie. Non siamo mai stati semplici conoscenti, c’è sempre stata un’intesa molto forte tra noi due, ma non è esattamente la persona a cui confiderei i miei segreti o a cui scriverei un messaggio per chiedere consiglio. Non penso di averne mai avuto l’occasione, a dire il vero. Ormai ognuno ha i propri amici, la propria routine e i propri interessi. Inoltre, ho sempre nutrito un certo timore nel relazionarmi con lei.
Quando si passano diciannove anni della propria vita in una cittadina come Cordello, è abbastanza difficile evitare due cose: odiare i propri genitori per essersi bloccati in un posto simile, e non conoscere almeno di vista ogni coetaneo che attraversa le strade del centro paese. In fondo, il nostro liceo è uno solo, e la città vera e propria più vicina è a un’ora e venti di treno da qua.
Siamo tutti bloccati in questo paesino di tremila abitanti che si estende per nove chilometri quadrati, in un claustrofobico ammasso di ville tanto decorate quanto vuote. Ad oggi, sono convinto che si sia dato un nome per sole questioni di orgoglio e comodità amministrativa.
E ora Cordello è anche peggio del solito: sta arrivando l’autunno, è tutto ancora più nebbioso e grigio. In questa casa sull’albero, però, c’è ancora aria di piena estate.
“Pensavi sarebbe rimasto sveglio qualcun altro?” sussurro a Giuditta, come se considerassi insincera la sua gratificazione nell’avermi al suo fianco.
Lei assume una smorfia altezzosa, come per giudicare tutte le persone che non hanno voluto fare after con noi, e si volta verso Stefano, steso in un angolo. Sta dormendo in una posizione che sembra scomodissima: è ingarbugliato peggio dei cavi di un quadro elettrico, con il cranio inclinato verso il basso e le braccia incrociate. Russa molto pesantemente.
“Hai deciso cosa fare con lui?” domando, notando come Giuditta si sia un po’ inorridita nel vedere il suo ragazzo in condizioni simili.
“Che devo fare? Ci sto insieme e fine. Se dura, dura, se non dura, ciao.”
Non riesco a capire se non voglia parlarne o se è un argomento che la fa arrabbiare.
“Dico solo che è l’ultima notte che poteva passare con me. Poteva evitare di andare a giocare a calcetto con Davide e tutti gli altri coglioni per poi collassare all’una alla mia festa” aggiunge, alzando il tono al punto di disturbare i pochi superstiti che ci circondano, ora intenti a muoversi e fare facce strane nel sonno. Fortunatamente, nessuno si sveglia.
Prendo Giuditta per mano, prima di alzarmi da terra e mimarle di stare in silenzio.
Mentre mi dirigo a passo felpato verso le scale casarecce per scendere dall’albero, mi accorgo quante lattine di birra abbiamo lasciato sul terreno del giardino.
Settembre si sta facendo sentire: nonostante indossi una felpa e dei jeans corti, ho i brividi. Sono le quattro e mezza di mattina, effettivamente, e il sole sta giusto ricomparendo all’orizzonte.
Alzo lo sguardo al cielo, già chiaro e grigio.
“Non so se sono pronta a una relazione a distanza” mi dice Giuditta, camminando a piedi scalzi sul prato che circonda la sua casa sull’albero. Senza distogliere lo sguardo dalle pochissime deboli nuvole sopra di noi, la seguo.
In una mano tiene le sue Vans beige, con l’altra l’accendino. Assume una postura gobba, come se fosse stanca.
Le macchine in strada sono l’unica cosa che provoca rumore al momento, anche perché non saprei bene cosa dire a Giuditta per aiutarla.
“O meglio, non so se mi piaccia abbastanza per tentare una relazione a distanza.”
Si ferma, poco lontana dall’entrata posteriore della sua casa, e aggiunge: “voglio dire, alla fine parto anche per scappare da Cordello, non me ne voglio portare dietro un pezzo.”
Scrolla le spalle mentre lo dice, come se si fosse arresa all’evidenza che per questo suo viaggio dovrà fare molti sacrifici, ed entra in casa. Mi lascia la portafinestra aperta, come per invitarmi a entrare. Probabilmente si è accorta che sto gelando.
Do un’ultima studiata al cielo, prima di attraversare il salotto e raggiungere Giuditta nella sua camera, al piano di sopra.
Uno degli elementi più interessanti di casa Moschella è che unisce un arredamento che tenta di essere ultramoderno e futuristico a un sacco di fotografie famigliari appese alle pareti. Noto, in particolare, una piccola Giuditta intenta a costruire un castello di sabbia in una spiaggia a Bali.
Quando entro nella sua stanza blu, una versione triste e cresciuta di quella bambina mi lancia uno sguardo fulminante dal letto.
Forse voleva che me ne andassi.
Mentre lei ritorna a usare il suo cellulare, mi accorgo quanto soltanto dalla sua stanza si possa capire cosa andrà a studiare.
“Mi piacciono le stelle” le dico, indicando timidamente gli adesivi fosforescenti attaccati al soffitto.
Lei ridacchia, spiegandomi che le ha da quando andava alle scuole elementari ma non è mai stata alta abbastanza per riuscire a toglierle, anche con l’aiuto della grata di scale del padre. Al mio chiedergli perché non si faccia aiutare, mi rendo conto da solo che Giuditta non ama chiedere favori, soprattutto ai suoi.
Mi avvicino alla sua biblioteca, attento a non calpestare i vestiti sparsi in giro per il parquet.
Osservo la collezione di enciclopedie, film spaziali e romanzi fantascientifici dalle copertine luminosissime.
Afferro il DVD de La conquista dello spazio, studiando attentamente le condizioni della custodia. Sembra uno di quei classici degli anni cinquanta con un capitano mega virile e cazzuto che mi annoiano fino alla morte.
In realtà, lo spazio è sempre stato particolarmente interessante per me. Ci sono tanti di quegli studi che affermano molte cose spettacolari e devastanti al riguardo e, davvero, l’astronomia è uno di quegli argomenti per cui riservo una particolare devozione senza una ragione apparente.
Non che mi sarà mai utile.
Io non sono determinato o intelligente come Giuditta, e soprattutto, non ho i suoi mezzi per poter continuare gli studi.
“Verrai a trovarmi?” mi chiede, sempre a letto, cogliendo la mia aria sognante nell’osservare la cartina europea appesa alla parete.
Le dico di sì, sferrando un sorriso agrodolce. In realtà, lo sappiamo entrambi che è un no, mi ha fatto una domanda stupidissima. Mi insospettisce come sembri aver bisogno di assicurarsi che la gente non si dimentichi di lei, come se non fosse una delle ragazze più apprezzate e intriganti della cittadina.
Da sotto il letto afferra una bottiglia di coca-cola, mentre io mi appresto a cercare un accendino in giro per la stanza. Mi appoggio una mano sulla tasca posteriore dei jeans per controllare che il mio personal sia ancora lì.
Ne lascio sempre uno per quando finisce una festa.
Mi piace fumare l’ultima canna mentre cammino verso casa alle cinque di mattina perché è quando la cittadina sembra ancora più morta e statica di quanto non lo sia quando le strade si riempiono di nonnetti e mogli che portano a spasso i propri cani bavosi. Dove almeno per un po’ non sono parte di quella realtà, ma l’imperatore di un territorio distrutto. Mi piace mettermi le cuffiette e ballare in mezzo alla strada, sapendo che non passerà mai neanche una bicicletta. Nulla attorno a me è in grado di illuminarsi se non la mia corona.
Devo però ammettere che, per quanto essere ospite della navicella spaziale di Giuditta Moschella non fosse nei miei piani iniziali, mi ritrovo comunque in un posto dove posso permettermi di mettere un po’ di musica e rilassarmi prima di lanciarmi sul mio letto per qualche ora.
Mi ritrovo da solo sul balconcino della camera di Giuditta. Mi accendo il personal e comincio a scenerare per terra. Tanto Giuditta parte domani, i suoi non le faranno certo pulire casa.
“Come sta andando con Sami?” mi chiede lei, quasi agitata. Sembra non voler stare in silenzio, o magari non ci riesce ora che un quasi-estraneo è nella sua camera.
Ci sono molti cinguettii di uccelli intenti a rendere l’ambiente ancora meno quiete, e una fine pioggerellina sembra volermi dire di tornare dentro casa.
Ignoro il consiglio.
“Tutto bene” le dico, schietto: “è un po’ la solita storia, ecco.”
“Ho visto come guardavi il culo a Davide stanotte” mi confessa, con un sorrisetto malizioso.
Scrollo le spalle, continuando a fumare dal balcone.
Guardo Giuditta negli occhi, io appoggiato alla ringhiera in legno del balcone mentre lei sta ancora sul letto, senza togliersi quel ghigno da Stregatto. Penso mi stia sfidando.
“Lo sai che non tradirei mai Sami” le dico, con in testa l’immagine di Davide che balla in mezzo alla casa sull’albero: “Davide ha dei bei lineamenti, okay, è atletico. Ma non mi dice niente, e mi sa di coglione” continuo.
Giuditta si alza, comincia ad avvicinarsi con una camminata delicata e lenta.
Si sta comportando come se non volesse svegliare qualcuno, ma siamo a casa da soli.
Mi prende la canna dalle mani e comincia a fumarla.
“E’ un ragazzo in gamba il nostro Sami, non fartelo scappare.”
Si espone col busto al di fuori della ringhiera. Il vento sbuffa sui suoi capelli e li scompiglia, ma lei non sembra infastidita dalla cosa. Continua a fumare, cercando di guardare oltre la nebbia con gli occhi socchiusi.
“Se ne andrà pure lui via da qui, prima o poi” le dico, e il solo pensiero mi fa salire un’angoscia in grado di tritarmi la gola: “Sami è parte della Cordello bene, come te.”
“Christian” sussurra, appoggiando una mano sulla mia spalla: “chi ti dice che non scapperai via anche te?”
Mi ripassa la canna, prima di sdraiarsi sulle mattonelle arancioni del balcone.
“I soldi. Come sempre.”
Giuditta sbuffa, prima di usare le mani per alzarsi col busto e guardarmi in faccia, quasi scocciata.
“Che palle i soldi, mamma mia.”
“Non dirmelo.”
Soprattutto te, che non hai mai mosso un dito in vita tua perché sei nata col cordone ombelicale d’oro.
“Cosa vorresti fare da grande?” mi chiede.
“Non lo so. Mi basta andare via da Cordello un giorno, per quel che mi interessa posso anche prostituirmi per andar via di casa.”
Non era un discorso che volevo trattare, soprattutto ora. Volevo stare tranquillo.
Lancio il rimasuglio puzzolente della canna lontano dal balcone di Giuditta, prima di rientrare in casa.
Sono quasi le sei. Ci metterò una quindicina di minuti a tornare a casa e mio padre si sveglia tra venti per andare a lavoro.
“Devo scappare.”
“Puoi dormire qui per un po’, se ti va… parto alle tre di pomeriggio” mi comunica lei, mentre io mi avvicino alla porta.
Mi giro. Lei mi guarda con un fare simile a quello di un gatto che vuole farsi grattare. Se non fosse circondata da valige ancora da fare, forse rimarrei.
“Mio padre si sveglierà tra poco, devo andare” ripeto, più convinto. Non la guardo negli occhi: so che mi convincerebbe a restare.
Giuditta mi sembra dispiaciuta, ma non insiste. Con la sua sfilata elegante mi raggiunge e mi abbraccia. Non profuma, ma non puzza. Sento il suo odore vero, e mi piace.
“Ti vedrò per le vacanze di Natale, no?” le dico, ancora attaccato a lei.
“Sì, tornerò” risponde, prima di interrompere l’abbraccio.
Mi prende per mano e mi porta al piano di sotto come un Virgilio particolarmente sicuro di sé.
Esco dal retro, diretto verso il cancello che si affaccia alla strada.
Mi giro un’ultima volta per salutarla. Sarà strano non vederla più in piazza.
Comincio a camminare verso casa, sotto la pioggia. Vorrei tanto una sigaretta ora, ma ho finito il tabacco.
Mogio mogio raggiungo le strisce pedonali che mi allontanano dal quartiere di Giuditta, addentrandomi nel parchetto comunale.
Sospiro. Vorrei davvero ritrovare della magia in queste strade, ma ormai mi nauseano da quanto le ho viste.
Ho sempre pensato che un turista straniero troverebbe questo paesino italiano un piccolo capolavoro se lo visitasse in piena estate: alla fine c’è molto verde, è piuttosto curato e abbiamo un sacco di campi attorno al centro abitato.
Però, ecco, se lo stesso turista fosse confinato qui per mesi, probabilmente cambierebbe idea.
Tengo il ritmo della musica tamburellando le dita tra di loro, ormai arrivato alla fine del parchetto.
Raggiungo la piazzetta davanti al cimitero mentre sento dei passi infrangersi con le pozzanghere d’acqua dietro di me.
Mi giro mentre mi tolgo le cuffiette, giusto in tempo per vedere Giuditta corrermi incontro.
Mi salta addosso, baciandomi.
Rimango stizzito, mi immobilizzo.
Lì, davanti al cimitero di Cordello, Giuditta Moschella mi ha baciato nella sua ultima mattinata da ragazza di paese. Non so cosa pensare, né se mi sta piacendo.
Mi sento come se fossi ancora nella sua stanza, a guardare con meraviglia le stelle attaccate al suo soffitto.
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solobrividiecoraggio · 2 years ago
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Stamattina siamo stati al mare, ad Ascea, ho camminato con Lucky lungo la battigia. Tornati a casa mi hanno chiamato da lavoro per chiedermi di fare un turno stasera, ho detto di essere fuori città. Per chiedere a me che lavoro solo nel fine settimana di lavorare il martedì sera dev'essere successo qualche imprevisto, ma stavolta non potevo farci nulla. Non ho ancora mangiato quei Baiocchi.
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Oggi pomeriggio mi hanno fatto assistere alla preparazione dell'impasto del babbà. Mi rendo conto che mia zia sì, sa fare questo dolce, ma lo fa in una maniera che non mi si addice troppo. In ogni caso vedere che le riesce lo stesso è un'informazione utile. Siamo andati in una pasticceria che mi piace tanto a Casal Velino. Siamo venuti a sapere che ieri sera le bancarelle c'erano lo stesso, peccato, non l'avevamo considerato plausibile.
Nel post per la giornata di ieri non vi ho fatto sapere che la prima cosa che mi ha detto mia nonna non è stato un commento ai miei capelli. Mi ha chiamato "spilungone".
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len-scrive · 6 years ago
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Incorrectly Female
Ho guardato lo spettacolo di Hannah Gadsby, Nanette.
L’ho cominciato per curiosità, perché ne avevo letto solo recensioni negative da parte di uomini. E quasi tutti recensivano negativamente il TRAILER.
Questo mi ha fatto pensare che fossero prevenuti, che si arrogassero il diritto di parlare in anticipo perché lei doveva essere una scomoda.
Ho fatto bene a basare la mia voglia di vederlo su queste considerazioni, ogni tanto parlarne male fa bene sul serio.
Ne sono uscita colpita, affondata, massacrata.
Ho riso come una pazza e ho pianto anche di più.
È uno spettacolo che attira l’attenzione suscitando proprio quelle due reazioni, come Hannah stessa spiega nel corso del suo lungo monologo.
Non so com’è, ma mi sono ritrovata in almeno metà delle cose che diceva, nell’altra metà mi sono semplicemente immedesimata.
Hannah parla della sua difficoltà di dichiararsi omosessuale in un’epoca in cui già le cose erano difficili e nel suo paese ancora di più. Hannah parla dell’essere diversi e sentirsi in colpa per questo. Parla di uomini, sensibilità, abuso e perfino religione e arte.
Essenzialmente parla, facendoci anche sorridere, di come sia semplice mettere sul ridere la tua vita per lungo tempo (come lei ha fatto) senza rendersi conto che così facendo ci si sta umiliando. Dice che non prendersi sul serio va bene, ma fino ad un certo punto, quello in cui si passa il confine tra umiltà e umiliazione.
Lei dice di voler lasciare la vita da stand-up comedian perché ha basato la sua carriera sull’autoironia accorgendosi troppo tardi di aver utilizzato questa cosa per far finta che il suo difficile passato non fosse poi così importante (not a big deal).
Ecco perché in più di un’ora di spettacolo riesce a fondere egregiamente emozioni diverse: il divertimento dato dal racconto comico di certe situazioni o comportamenti e la tristezza e la rabbia date dal racconto delle stesse togliendo loro proprio il lato ironico.
Perché è importante.
Dice un cosa fondamentale. Che il comico per far ridere deve mantenere la tensione, e che la tensione si mantiene solo fino a metà del racconto.
Quello fa ridere. Fermarsi a metà.
Lei fa notare come finire lo stesso racconto, portarlo fino alla sua conclusione, toglie tutto il ridicolo.
Ed è quello che ti fa pensare che la tua vita possa essere presa sul ridere: non raccontarla tutta. Cosa che lei non vuole più fare.
Ho ascoltato fino in fondo il suo racconto e la sua è stata una vita difficile, eccome.
Quindi mi chiedo qui e lì durante lo spettacolo come faccio io ad essere danneggiata, se vogliamo toccata, alla stesso modo pur non avendo avuto la sua stessa vita.
Credo che questo spettacolo sia molto utile a mettersi nei panni di qualcun altro, ad imparare cosa voglia dire vivere una vita diversa dalla tua.
Quindi forse può essere empatia. Ma io la penso esattamente come lei, esattamente.
Allora forse non è solo questione delle esperienze che TU fai nella vita, è anche questione di quelle che fanno gli altri. Puoi essere incazzato se una cosa è successa ad un’altra persona, puoi essere incazzato come se fosse successa a te.
Oppure ancora… Lei parla di sensibilità.
Lei dice che per tutta la vita si è sentita dire “Smettila di essere così sensibile, Hannah!”
E con la sua maturità di adesso dice che è proprio la sua sensibilità la sua più grande forza.
La gente ti dice di non essere sensibile credendo di farti un favore. Credendo di darti un consiglio per il tuo bene.
Apprezzo lo sforzo, io me lo sento dire in continuazione.
Ma a parte che è una stronzata chiedere ad una persona di non essere sensibile, una stronzata che mostra in particolare quanta poca capacità di immedesimarsi ha il genio che lo chiede, a parte quello la sensibilità non è debolezza.
Anzi.
Il fatto che io non possa evitare di sentire le cose come le sento mi rende più forte. Più ferita e ammaccata, ma più forte.
Una delle frasi che più mi ha colpito è stata
“I don’t think even lesbian is the right identity fit for me. I identify as TIRED.”
Intendendo che �� stanca che tutto giri attorno al sesso, sia quello di appartenenza che quello che ti attira.
È stanca del fatto che la scambiano per un uomo e dopo averlo fatto si scusano.
Questa è una cosa che mi ha sempre lasciato basita. L’importanza che la gente dà al sesso a cui appartieni.
L’importanza che ha il mettere un cappellino rosa o azzurro al tuo bambino indistinguibile, perché la gente deve subito capire di che sesso è.
Perché quello definirà tutta la sua vita.
Posso solo dire per quanto mi riguarda che non mi frega niente di che sesso sono, che quello non definisce affatto chi sono, e soprattutto che potrebbero dirmi domani che avrò un altro sesso ed io sarei perfettamente tranquilla con la svolta degli eventi. L’importante è che è il MIO corpo e che posso farci ciò che voglio. E che mi sia utile.
Del resto me ne frega zero.
Hannah dice che la maggior parte dei suoi problemi sono stati dati dal fatto che è percepita come Incorrectly Female.
Questa considerazione mi ha annichilita.
Non avrei saputo dirlo meglio e sono solo due parole.
Mi fa ridere il fatto che io non ho mai avuto e mai avrò i problemi di Hannah perché? Perché io non sono percepita come Incorrectly Female.
Eppure non so se si possa trovare una più Incorrectly Female di me.
E mi fa incazzare il fatto che si debbano subire abusi e ingiustizie per essere diversi fisicamente. Ma se appari normale le cose ti diventano più semplici. Che schifo.
It’s dangerous to be different.
Certo, perché le persone ti percepiscono come un pericolo per la loro tranquilla vita normale.
Ed è così ingiusto che io raderei al suolo il mondo solo per questo.
Io sono percepita come normale… E bisognerebbe parlarmi per due secondi per capire quanto questa percezione sia sbagliata.
Sto parlando delle idee sulla vita, sulla morte, sulla famiglia, sulla religione… Non sto parlando di malattie mentali che ti portano ad essere un pericolo, né di sociopatia o altro.
Solo di diversità.
Non si sentirà mai uscire dalla mia bocca frasi sull’importanza di avere una famiglia, su quanto è bello riprodursi o su come si debba preparare il mondo per le future generazioni.
Ciò che penso io è quanto di più lontano dalla normalità femminile come la si intende. Ma assomiglio ad una donna quindi come una donna ho il diritto di essere trattata.
Che poi anche lì… È un vantaggio?
Eh no, non proprio.
Hannah dice “Se sono sola in una stanza piena di uomini ho paura e se voi pensate che questa non sia la regola allora vuol dire che non parlate con le donne della vostra vita.”
Io ho paura in una stanza piena di uomini. Eccome.
Ed è giusto questo?
Anche per gli uomini stessi, quelli che si lamentano del fatto che questo spettacolo non fa ridere e che è solo un attacco agli uomini etero (e non lo è), vi piace l’idea che le donne vi temano?
Non c’è orgoglio né soddisfazione nel rendere un’altra persona indifesa e spaventata, come si può godere di qualcosa del genere?
E in questo caso non sto parlando degli schifosi maniaci abusivi e psicopatici, sto parlando di tutti gli altri.
Perché il maniaco è ovvio che prova piacere nell’umiliazione e nell’abuso, ma gli altri dovrebbero indignarsi al solo pensiero che una parte della popolazione mondiale li avverte come una minaccia per deformazione culturale. Anni e anni di convinzioni che gli uomini per primi dovrebbero trovare disgustose.
Ahimè, in molti invece le alimentano e anche l’animo più nobile sotto sotto, nel nucleo del suo cuore, un po’ ci gode a sapere che la definizione sesso forte è per lui. Che se c’è da pagare qualcuno di più per un lavoro, lui ha quella possibilità. Che il potere che ha sull’altro sesso è dato per scontato.
Sono dati di fatto, non sto facendo propaganda femminista così come non la fa Hannah che infatti aggiunge una cosa con la quale sono d’accordissimo.
Che le donne non sono meglio, che sono pronte allo stesso tipo di cattiveria da essere umano solo forse con danni fisici minori rispetto a quella sfoderata da un uomo.
Alla base di tutto sta il fatto che riusciamo ad essere stronzi esseri umani che non sanno mettersi nei panni degli altri.
“We think is more important to be right than it is to appeal to that humanity of people we disagree with.”
Ed è terribilmente vero.
In ogni contesto non c’è mai la voglia solo di confrontarsi e parlare, per il gusto di condividere idee. No, c’è il bisogno fortissimo di dire Io ho ragione e tu torto, di schiacciare, sopprimere ogni idea che sia diversa.
Penso inevitabilmente alle stronzate che sento ogni giorno, ma che sono ritenute accettabili solo perché le pensa la maggioranza.
Se la maggioranza pensa che bisogna sposarsi prima dei trent’anni… Beh, sarà una legge, no?
Se la maggioranza pensa che sia corretta una frase come, Fai un figlio altrimenti chi si prenderà cura di te da vecchio?
Allora sarà legge, no?
No, non lo è.
E se su queste convinzioni si basava la nostra vita centinaia di anni fa (soprattutto quella femminile), fatevi un paio di domande su come sia possibile che in centinaia d’anni ancora si discuta su come devono vivere la vita GLI ALTRI.
Qui non si parla di persone che scendono in piazza a dire “Io mi sposo prima dei trent’anni impeditemelo!”
Che cavolo, fallo pure, ci mancherebbe.
Ci sono persone che vorrebbero imporlo agli altri. Perché loro hanno ragione e la minoranza ha torto.
Gli omosessuali non si devono sposare, non devono adottare, il sesso di appartenenza lo decidiamo noi in base a come appari, se appari in un modo e sei qualcos’altro vuol dire che cerchi di fregarci, sei pericoloso, le donne non devono abortire, bisogna fare più figli, le donne stanno a casa a tirare su i figli, gli uomini lavorano, le donne non si devono vestire in un certo modo se non vogliono essere stuprate…
Questi sono discorsi che sento ogni giorno. E ogni giorno sempre di più mi rendo conto che un posto in questo mondo per me non c’è.
Un’altra cosa che condivido con Hannah, che dice anche lei.
Non ho posto qui perché tutto ciò mi fa uno schifo che non posso esprimere a parole, le parole falliscono miseramente di fronte ad una sensazione di sbigottimento totale.
Mi stupisco del fatto che concetti così terrificanti fanno parte della vita e dei pensieri di alcune persone, davvero.
Che lì fuori c’è gente che pensa queste cose e ha la possibilità di dirle in televisione, nei libri, alla radio, nei film.
Mentre gente come Hannah fa uno spettacolo solo, magari viene derisa ancora prima di aver cominciato a parlare, cerca di fare telefilm innovativi e viene subito cancellata, dirige film che vengono considerati di nicchia e non fanno abbastanza soldi, scrive libri che non vengono pubblicati.
Mi sento molto sola.
Non parlo del contatto umano, eh? Parlo di condivisione di idee.
Sono felice per tutte le dimostrazioni che vedo del fatto che persone che non vogliono piegarsi ad uno schema di cose stabilito nel Medioevo esistono e fanno sentire le loro flebili voci. Spero prima o poi serva.
Ma io personalmente mi sento dire ogni giorno frasi tipo Io sono uguale a te, sono come te.
E dentro di me penso no, no per niente, non sei come me.
Il che va benissimo, ma comprendo Hannah quando dice che non c’è posto per lei.
Siamo tutti diversi e sarebbe stupendo se tutti accettassero la cosa come una benedizione e non come un affronto. Però quando le basi stesse dell’esistenza sono poggiate su idee completamente diverse ci sono persone che si ritrovano più sole di altre nei pensieri.
Io so per certo che sarò sempre emarginata per avere l’ardire di vivere come vivo e che mi ritroverò sempre in un angolo quando le persone con cui vado d’accordo per un po’ di tempo inevitabilmente faranno delle scelte che le porteranno lontane da me.
È dura vivere con la consapevolezza che tutte, tutte le persone a cui vuoi bene prima o poi penseranno di te che sei strana, che sei sbagliata.
Non dovrebbe succedere, perché basterebbe solo evolversi ognuno nella propria direzione, ma capita sempre nella mia vita di ritrovarmi con qualcuno che si sposa e ha figli e subito dopo cerca di sistemare me credendo che quella sia un’opera di bene, non concependo neanche per un istante che la felicità che loro provano col compagno/a e con la famiglia non è felicità per me.
Ho sempre avuto amiche diverse, come me, fino a che non lo sono più state e hanno deciso che non dovevo più esserlo neanche io.
Parlavo di idee scomode da non dire ad alta voce. Ecco una mia confessione.
Quando un amico o un parente mi comunica la nascita di un figlio io faccio auguri e complimenti. Perché?
Perché così vuole il buon gusto.
Dentro di me penso che la loro vita sia appena diventata triste, condannata, senza via d’uscita, buia.
Lo penso tutte le sante volte. Non sono felice per loro, ma devo esserlo e faccio finta di esserlo.
Un omofobo che non approva il matrimonio gay, che non vuole che genitori gay adottino e che ritiene l’omosessualità un peccato contro natura può urlare queste cose ai quattro venti senza troppe ripercussioni.
Io che ammetto la mia visione della famiglia come una specie di condanna a morte verrei considerata una Incorrectly Female.
So per certo che anche le persone che mi vogliono bene, loro stesse, guarderebbero con meno sbigottimento l’omofobo.
Ho più volte detto a mio fratello che il giorno in cui decidesse di avere un figlio io non sarò sua zia, non nei fatti, non nella pratica. Di sangue forse, ma chi se ne frega di quello? Non è quello che fa una famiglia.
Lo dico e lo ripeto e tutti fanno spallucce pensando che di fronte ad un bambino poi chiunque si scioglie, che parlo così perché quel bambino ancora non esiste. E so che quando si renderanno conto che non parlavo tanto per parlare, perché è una cosa che non ho mai fatto nella mia vita, sarò ancora più sola al mondo e guardata con orrore dalla mia stessa famiglia.
Incorrectly Female, eccome.
E beh, insomma, a questo mi fa pensare lo spettacolo di Hannah. A quanto il mondo sia ingiusto perché impone regole anche su cose che non dovrebbero assolutamente averne: l’amore, l’identità, le scelte di vita. A quanto sia ingiusto trattare in modo diametralmente opposto alcune persone solo perché si azzardano a non vivere esattamente come vivi tu. A quanto sia bellissimo ma spaventoso essere diversi.
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dabaki · 3 years ago
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Una settimana fa ho compiuto 40 anni. Che strano numero non mi piace ed è anche pari; chi mi conosce bene conosce anche la mia fissa sui numeri e quanto prediliga quelli dispari in generale. Ad ogni modo, sono molti o pochi? dipende dai giorni. Quando mi sento in "down" sono troppi e solo il negativo di questi anni esce fuori, mentre in altri giorni vedo il bello degli anni passati e sorrido.
È strano, ma è vero; ha ragione mio padre che ci sono tanti punti di vista nelle cose e negli avvenimenti. Se siamo predisposti in un certo modo vivremo il momento con pessimismo. Altre persone, invece, possono vivere lo stesso evento come un'opportunità, vedendo i lati positivi. Penso sia molto orientali questo modo di vedere le cose sotto diverse prospettive ma facenti parte di un tutto, ciò mi affascina molto.
40 anni, eh sì. Ho scritto solo oggi perchè volevo metabolizzare e vivere una settimana da quarantenne. Poi stasera sto aspettando mio fratello e le mie nipoti dall'Olanda, andrò a letto solo quando saranno arrivati e scenderò nel mio appartamento mentre loro resteranno in quello di sopra. Oggi ho voglia di pensare al passato, ai momenti belli e brutti. La morte dei nonni Pippo e Renzo e più recentemente di nonna Ines mi hanno fatto male, ma sono questi i momenti in cui mi rendo conto che dovrei essere meno burbero, accettare i sentimenti e non averne paura e amare tutti. Per il resto devo solo ringraziare i nonni che non ci son più perchè hanno dato molto alla famiglia e a me stesso. Grazie di cuore. Poi penso che in questi 40 anni di amici ne ho avuti pochi ma buoni e che il mio animo zingaro, che mi spinse a non fermarmi mai in una sola compagnia, è stato utile per conoscere tante persone diverse. Alcune oggi non le vedo più e m dispiace tanto.... ma quanti ricordi e risate..e non solo.
Mi ricordo le panke, rigorosamente con la K; e ricordo Pier, Cristiano, Bea, Luigi, Morsi, Alice, Tarozzi e tanti altri. Quante risate e quante notti estive trascorse a cazzeggiare nel quartiere; ho amato ogni singolo momento di quei giorni. Caricare Tarozzi sulla bici di mia madre, giocare a basket nella strada chiusa dove Neri e Ugo avevano montato il canestro. E ancora i giri interminabili a trovare i nostri "amori". Io e Ylenia e l'incazzatura di Serena, Tarozzi ed Eleonora, La Chezzi, le ragazze del basket femminile che tifavano le mie partite, la melissa, Bea e Cristiano, Alice e ancora Tarozzi, Pier e le tante ragazze :D Quanti bei momenti, mi mancate molto ragazzi ma sono felice di "vivere" anche solo virtualmente, qualche momento di vita attraverso foto nei social e due chiacchiere ogni tanto.
40 anni... eh sì. Dove il basket è stato parte integrante e fondamentale della mia vita. Mi ha fatto conoscere belle persone che ancora giocano con me in un campionato amatoriale (Avo, Giova, Dobber, Guiccia..... tutti parte della mia vita e di tanti ricordi). Il basket è stato per me psicologo nei momenti difficili e anche lo sport che mi fece conoscere la donna che ho sempre amato e che, nel bene e nel male, ha condizionato tutta la mia vita: Christine. Per certi aspetti correlati... anche la sua morte è legata al basket; ma se non avessi avuto la palla a spicchi, un paio di campetti all'aperto (grazie Schiocchi e CDR), probabilmente oggi non sarei vivo. Ho perso tanto perdendo il suo amore, la sua presenza la voce il profumo i sorrisi, le carezze.... Ma ogni volta che penso che non ci sei più mi vengono in mente anche i bei momenti che non sarebbero esistiti senza il nostro primo incontro e senza il basket. Quanti bei ricordi con te Christine; i pomeriggi su quel letto rosso, i tuoi capelli biondi, l'accento francese che mi faceva morire..... ecco perchè odio la Francia; ogni cosa francese mi ricorda te e ci sto male. Pensa che anche oggi a pranzo in cui si parlava delle elezioni francesi, mia madre a dire "ce bella Parigi e la torre Eifell".... ed io ad imprecare come sempre su francia e francesi... mentre in realtà dentro muoio ogni volta e penso a te. Non ho mai raccontato alla famiglia di quell'amore; non so perchè ma io mi sono SEMPRE sentito timido ed incapace di esternare con la famiglia che ero innamorato. Penso di aver fatto preoccupare molto mia madre in questi 40anni, perchè non sapeva i motivi dei miei dolori, della mia bocciatura ecc ecc...
40 anni, eh sì... son già arrivati. Mi sembra ieri che uscivo con Valeria, le litigate con Serena ma anche i pomeriggi da lei a vedere Beverly Hills. La verità è che io amavo Serena ma la mia solita vergogna mi fece desistere... era molto apprezzata e per ripicca mi misi con "l'altra", quella che odiava. Che coglione. Sono stato tnte volte coglione in amore; con la Manu l'apoteosi proprio; ora la vedo sposata con figlio e penso che potevo essere io.... mamma mia come sono egocentrico.. ma mi piace pensarlo; ma ero troppo coglione. incontrata 2 volte in tutta l'estate e nemmeno baciata -.- 40 anni belli e bruttii, è vero, soprattutto se penso a Giulia. Sono stati belli subito poi negli ultimi tempi devastanti. Io ho le mie colpre, ma lei ha le sue... mi piacerebbe solo parlarci un'ultima volta senza filtri e "perdonarci". Penso sia brutto come è finita, in fondo ci siamo voluti bene credo. Comunque, di cose da dire e ricordare ce ne sarebbero ancora tantissime come l'università e gli amici alla Partaccia o nelle foreste casentinesi. Oppure i concerti di Bon Jovi, Aerosmith, gem boy.... E i viaggi, le città d'arte.... poi sono anche riuscito ad andare a Parigi anche se fu durissimo e la notte, di nascosto, il primo giorno piansi pensando a Christine. Che bella la vita comunque, devo ammetterlo. Ora sto cercando di avere forza per ricostruirmi fisicamente; causa covid sono un chiattone derelitto rispetto ad anni fa. Poi ho visto troppe persone soffrire e penso di essere un po' depresso. Ma credo che amici, famiglia, basket musica e forza interiore mi aiuteranno. E chissà, forse scriverò qualcosa qui anche nei prossimi anni, sempre inerente la mia vecchiaia.
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EVVIVA I NONNI!!!
Martedì, 2 Ottobre 2018: Festa dei Nonni
Intervista a Mia Nonna
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Cara Nonna, raccontami di Te:
Mi chiamo Emma e sono nata il 27 settembre 1939.
Dove hai vissuto?
Sono nata a Roma nella zona di Vigne Nuove, ma all’età di 2 anni sono stata confinata insieme alla mia famiglia per motivi politici a Grottaminarda (provincia di Avellino) e qui sono rimasta per 4 anni. Non si può immaginare la sofferenza fisica e psicologica provata  in questi anni. Finita la guerra, nel 1946 siamo tornati a Roma. Tutto ciò che avevamo lasciato fu distrutto ma il fatto di essere vivi ci diede la forza necessaria per ricostruire la nostra vita.
Che scuola frequentavi?
Frequentai  sia le Scuole Elementari  che Commerciali (le attuali Scuole Medie) a Roma.  
Per quanto riguarda le scuole Elementari andai i primi due anni alla Scuola Cattolica in Piazza Monte Gennaro  mentre gli altri tre anni alla Scuola Comunale in Via Monte Fumaiolo.  Sono stati anni di cui conservo dei  ricordi stupendi: la scuola ci insegnava a vivere e questo mi è stato utile in tutta la mia vita. In particolare,  ricordo con amore la Maestra Perucchini la quale mi ‘bacchettava’ spesso perché imparavo tutto a memoria tanto che il più delle volte, con un libro in testa, mi portava per le classi e tutti i compagni dovevano dirmi: “Somara”.  Il colmo era quando toccava alla classe di mia sorella, la quale diventava rossa per la vergogna e appena uscivamo da scuola riferiva tutto ai miei genitori. Nonostante questo, per me era un gioco e ridevo d’incoscienza oltre al fatto che ho continuato ad imparare tutto a memoria e oggi, a 79 anni, ancora mi ricordo tutti i poemi e poesie studiate a scuola.  Finite le elementari ho frequentato  Le Scuole  Commerciali Don Bosco in zona Monte Sacro.  In questi  anni strinsi amicizia con la mia amica Silvana, una studentessa modello o come dite oggi voi giovani una ‘secchiona’.  Un’amicizia durata sino poco tempo fa quando purtroppo è venuta a mancare.
Come erano i rapporti con i tuoi genitori? Andavi d'accordo con tua sorella e tuo fratello?
Sono sempre andata d’accordo con i miei genitori i quali ci ha insegnato dei sani valori a cui tutt’oggi sono grata. Nella nostra famiglia, il dialogo era una costante; ci piaceva comunicare insieme, raccontarci la nostra quotidianità e questo non ci stancava mai.  Non avevamo molto anzi quasi niente, ma proprio per questo eravamo altruisti l’uno con l’altro. L’amore era la forza dominante della nostra vita e difficilmente i nostri volti erano tristi. Siamo sempre state persone positive, ottimiste e speranzose e questo ci ha aiutato e ci aiuta tutt’ora nel sostenerci a vicenda.
Quali erano i tuoi passatempi preferiti?
Sono sempre stata una persona giocosa e lo sono tutt’ora.  Mi piaceva stare all’aperto e con le mie amiche giocavamo a campana (infatti avevamo sempre il gessetto bianco dietro), acchiapparella, nascondino, mosca cieca, con la corda … quando pioveva invece giocavamo con le bambole di pezza che ci cucivano da noi. Non avevamo quello che hanno i bambini oggi ma dal mio punto di vista eravamo molto più creativi, una dote che purtroppo la tecnologia sta distruggendo.
Quali erano i tuoi sogni nel cassetto? Li hai realizzati?
Ho sempre custodito e nascosto i miei sogni per paura che non si realizzassero. Quello che nonna ti può dire è che pensavo di poter volare come Icaro, di diventare una Ginnasta Ritmica … avevo così tante idee che descriverle tutte sarebbe impossibile  … ma il sogno più importante che ho realizzato è stato l’Amore e di questo non ho rimpianti.
Mi racconti di quando hai conosciuto il Nonno?
Quando ho conosciuto l’Amore, tuo nonno, eravamo giovanissimi: io avevo 13 anni e lui 16. Ci conoscemmo mentre stavo imparando il cucito presso una sarta (ai miei tempi era solito per le femmine  imparare questi mestieri) che mi aveva incaricato di piegare i panni stesi e tuo nonno mi aiutò. Questo fu il nostro primo incontro. Siamo diventati amici e spesso mi riaccompagnava nei pressi di casa mia. Ci davamo sempre del Lei ma più ci conoscevamo più eravamo attratti l’uno d’altra. Successe che in un tardo pomeriggio d’agosto,  mentre mi riaccompagnava lungo la strada di casa, mio padre ci venne incontro con la bicicletta e quando ci vide capì subito che non era una semplice amicizia ma qualcosa di più profondo. Tentò invano di dissuaderci ma vista la nostra determinazione gli intimò di presentarsi a casa nostra  quella stessa domenica a pranzo coi suoi genitori … fu una domenica indimenticabile per tutti  in tutti i sensi …
Ai tuoi tempi,  essere fidanzati cosa significava?
Ai miei tempi non esisteva il permissivismo di oggi: le regole stabilite in casa andavano rispettate e su quelle non si transigeva. Per quanto possa sembrare un’ affermazione proibitiva,  quest’educazione  ci tutelava e ci insegnava a rispettare sia noi stessi che il prossimo. Ho sempre rispettato gli orari stabiliti e non ho mai avuto comportamenti discutibili ne in privato ne in pubblico.  Per me era importante la stima  della mia famiglia.
Mi  rendo conto che i tempi sono cambiati ma oggi, non mi sembra esista una via di mezzo adeguata anzi il troppo permissivismo  non fa altro che allontanare le famiglie; non esistono punti d’incontro e questo crea solo confusione.
Quando vi siete sposati con il Nonno?
Appena tuo nonno concluse gli anni di Servizio Militare obbligatorio, ci sposammo colmi di sogni. Eravamo materialmente poveri ma ricchi d’amore e questo ci ha permesso di affrontare le bufere della vita.
Crearvi una vostra famiglia cosa ha significato per entrambi?
Costruirsi una propria famiglia è stata una scuola di vita: abbiamo imparato l’importanza del rispettarsi reciprocamente e collaborare insieme.  I nostri figli poi, hanno responsabilizzato la nostra vita e siamo ‘cresciuti’ insieme a loro. Ovviamente la vita di moglie e mamma è stata impegnativa (e lo è tutt’ora che i miei figli sono adulti e io sono nonna), ma ho sempre vissuto questa responsabilità con saggezza.
Cambieresti qualcosa della tua vita?
Neanche un po’, non voglio rovinare i miei sogni! Ho vissuto appieno la mia vita e non ho alcun rammarico e questo perché anche nei momenti peggiori  ho sempre trovato uno spiraglio di luce che ha tenuto viva la mia gioia di vivere.
Cosa pensi della società odierna?
A mio avviso, la società è priva di valori, i giovani sono malconsigliati,  l’autorità familiare e scolastica è calpestata e non si è più capaci di affrontare i problemi in modo maturo.  Siamo diventati arroganti , parliamo tanto ma non vogliamo ascoltare. Credo che sia necessario fermarci  e riflettere.
Cosa consiglieresti a noi giovani per sopravvivere in questa società fatta solo di apparenza ma non di sostanza?
Per me, questa società è ipocrita e falsa: ci illude facendoci credere che è possibile avere tutto senza sacrificio. Ai giovani dico che non serve giustificare o giustificarsi ma affrontare tutto ciò che la vita ci offre. Questo significa diventare grandi.
Grazie Nonna Cara del tempo dedicatomi! Ogni istante passato in tua compagnia non ha uguali e spero davvero un domani di essere per i miei nipotini ciò che tu sei per me da oltre 30 anni.
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La Quercia
C'era nel bosco una quercia vecchiona: sotto la quercia un fungo porcino: e sotto il fungo, all’ombretta buona, c'era una mamma col suo bambino. Casa tranquilla e vita beata di quella povera famigliola! Immensa gioia da tutti ignorata tanto pia vera quanto pia sola! Ecco: alla fame un insetto bastava, uno da pranzo, uno da cena: e per la sete un goccin di rugiada: e per il freddo una ragnatela. Chi ci pensava alle feste del mondo che dànno tante e poi tante pene? A quei due poveri, nel bosco fondo, era assai festa volersi bene.
(Diego Valeri)
Intervista a cura di Viviana C.
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