#oggi disastro
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PRIMA PAGINA Il Giornale di Oggi mercoledì, 26 febbraio 2025
#PrimaPagina#ilgiornale quotidiano#giornale#primepagine#frontpage#nazionali#internazionali#news#inedicola#oggi disastro#pioltello#manager#tecnico#condannato#pagina#occhiuto#anche#dolore#grande#rubin#pierino#alvaro#quel#ruolo#stanza#pagine#buon#senso#provenienza#clemente
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Lavori in corso
Non credo ci siano molte cose più brutte dell’essere imbottigliato nel traffico a poche centinaia di metri dal tuo posto di lavoro a causa dei lavori in corso.
Tranne forse il dover fare la pipì nel frattempo.
#oggi così#lavori in corso#ci sono le elezioni#un disastro#mi scappa la pipì#per non farci mancare nulla
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Caso Solvay a Spinetta Marengo: risarcimenti e bonifiche ambientali, il territorio chiede risposte.
Legambiente Ovadese chiede l’interruzione immediata delle contaminazioni e una bonifica completa, mentre il processo si rinvia al 2025.
Legambiente Ovadese chiede l’interruzione immediata delle contaminazioni e una bonifica completa, mentre il processo si rinvia al 2025. Il caso Solvay: disastro ambientale e richieste di giustizia Durante l’udienza del 20 dicembre 2024 presso il Tribunale di Alessandria, il processo penale che vede imputati gli ex direttori dello stabilimento di Spinetta Marengo e la Solvay Specialty Polymers…
#Alessandria#Alessandria Oggi#Alessandria today#Ambiente#ambiente e industria#Associazioni Ambientaliste#avvelenamento acqua#azione civile#bonifica ambientale#bonifica completa#contaminazioni#diritto ambientale#disastro ambientale#Emissioni#falda acquifera#Futuro sostenibile#Gian Maria Mosca#giustizia ambientale#giustizia climatica#Google News#industrie chimiche#Inquinamento#Inquinamento suolo#italianewsmedia.com#Legambiente Ovadese#legge e giustizia.#legge regionale PFAS#Michela Sericano#Ministero Ambiente#negoziati risarcimenti
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frattesi barella e lautaro ho sottovalutato la vostra capacità di migliorarmi la serata scusate
partita assai tranquilla. mi piace. voto: 10
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Tre sere fa, quando ho fatto questa foto, mi sono fermato un attimo a riflettere su come, lentamente, io stia ritrovando la mia vita, quella che avevo 10 anni fa, quella fatta delle mie passioni, dei miei spazi, dei miei tempi.
Nel 2014 non so cosa sia andato storto, ma iniziai a fare puttanate. Ogni volta, per correggere quella appena fatta, ne facevo una più grossa, per poi scappare in Germania, con la sicurezza che avrebbe messo a posto le cose, macché, ho continuato a farne qui, perché mi ero fondamentalmente perso e non riuscivo ad essere più quello di prima.
Ho provato a legarmi a tutti sperando di risolvere le cose, col risultato di fare peggio, le persone entravano nella mia vita, ci facevano quello che volevano e poi se ne andavano, lasciando un disastro. Il 2024 me ne ha portate via altre due, così, dopo anni insieme, senza motivo, dopo essersi prese un pezzo di cuore, sparite, senza una ragione, senza che io abbia torto un capello, nulla, ed è solo l'ultimo di tantissimi casi.
In tutto questo casino è nato il personaggio che ho costruito qui, che è un po' il risultato paradossale di tante cose, non sarebbe mai dovuto esistere, io qua non ce dovevo veni', diceva il saggio, e fortuna che poi mi ha donato due legami straordinari e al tempo stesso è diventato qualcosa di diverso e di allegro, ma il fatto rimane, non doveva esserci. Non rinnego quello che è oggi, ma se potessi premere un tasto e cancellare tutto, ma intendo tutto, forse sacrificherei anche questo, perché, almeno agli inizi, è stata l'ennesima puttanata fatta per non risolvere un problema.
Poi è arrivata Lilly nella mia vita, e qualcosa è cambiato profondamente. Lilly si è presa tutto, da ogni direzione, lasciandomi una porzione di tempo talmente limitata da iniziare a darle un valore immenso. Non procastino più, non cerco scuse o distrazioni, non esiste più "tanto c'è tempo", no, ogni secondo adesso ha un valore, e ho cominciato ad usarlo come 10 anni fa, con ciò che mi rendeva felice, con quei fogli e quella penna. La conseguenza di questo mio impegno costante, ogni sera, dedicato allo studio, oltre a ridarmi quello che ero prima, mi ha fatto permesso di vedere che da tempo ormai il vaso che doveva traboccare non c'era più, ma io mi illudevo che potesse ancora funzionare, e allora sì, ho iniziato a tagliare tutto quello che ho con gli altri, perché non sono più perso, e il mio tempo conta. Le persone che amo sono rimaste e non permetterò mai a nulla e a nessuno di portarmele via, ma il resto del mondo non mi interessa più, non mi sento più solo.
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👵 Scritto da una 90enne!! ❤️ 🤙
41 lezioni che la vita mi ha insegnato 💖
Dovremmo leggerle almeno una volta a settimana! Assicurati di leggere fino alla fine! Scritto da Regina Brett, 90 anni, del Plain Dealer di Cleveland, Ohio.
Per celebrare l'invecchiamento, una volta ho scritto le 41 lezioni che la vita mi ha insegnato. È la colonna più richiesta che abbia mai scritto. Il mio contachilometri è arrivato a 90 ad agosto, quindi ecco di nuovo la colonna:
1. La vita non è giusta, ma è comunque bella.
2. Quando sei in dubbio, fai semplicemente il prossimo piccolo passo.
3. La vita è troppo breve – goditela.
4. Il tuo lavoro non si prenderà cura di te quando sarai malato. I tuoi amici e la tua famiglia lo faranno.
5. Paga le tue carte di credito ogni mese.
6. Non devi vincere ogni discussione. Rimani fedele a te stesso.
7. Piangi con qualcuno. È più curativo che piangere da soli.
8. Risparmia per la pensione a partire dal tuo primo stipendio.
9. Quando si tratta di cioccolato, resistere è inutile.
10. Fai pace con il tuo passato, così non rovinerà il presente.
11. È OK lasciare che i tuoi figli ti vedano piangere.
12. Non confrontare la tua vita con quella degli altri. Non hai idea di quale sia il loro viaggio.
13. Se una relazione deve essere segreta, non dovresti esserci dentro.
14. Fai un respiro profondo. Calma la mente.
15. Liberati di tutto ciò che non è utile. Il disordine ti appesantisce in molti modi.
16. Ciò che non ti uccide davvero ti rende più forte.
17. Non è mai troppo tardi per essere felici. Ma dipende tutto da te e da nessun altro.
18. Quando si tratta di inseguire ciò che ami nella vita, non accettare un no come risposta.
19. Accendi le candele, usa le lenzuola belle, indossa la lingerie elegante. Non riservarlo per un'occasione speciale. Oggi è speciale.
20. Preparati in modo eccessivo, poi lascia scorrere le cose.
21. Sii eccentrico adesso. Non aspettare la vecchiaia per indossare il viola. 💖
22. L'organo se*suale più importante è il cervello.
23. Nessuno è responsabile della tua felicità tranne te.
24. Inquadra ogni cosiddetto disastro con queste parole: "Tra cinque anni, avrà importanza?"
25. Scegli sempre la vita.
26. Perdona, ma non dimenticare.
27. Quello che gli altri pensano di te non sono affari tuoi.
28. Il tempo guarisce quasi tutto. Dai tempo al tempo.
29. Per quanto buona o cattiva sia una situazione, cambierà.
30. Non prenderti troppo sul serio. Nessun altro lo fa.
31. Credi nei miracoli.
32. Non fare il revisore della vita. Presentati e sfruttala al massimo ora.
33. Invecchiare è meglio dell'alternativa: morire giovani.
34. I tuoi figli hanno solo un'infanzia.
35. Tutto ciò che conta davvero alla fine è che tu abbia amato.
36. Esci ogni giorno. I miracoli ti aspettano ovunque. (Adoro questa)
37. Se tutti buttassimo i nostri problemi in una pila e vedessimo quelli degli altri, riprenderemmo i nostri.
38. L'invidia è una perdita di tempo. Accetta ciò che hai già, non ciò di cui hai bisogno.
39. Il meglio deve ancora venire...
40. Non importa come ti senti, alzati, vestiti e presentati.
41. La vita non è legata con un fiocco, ma è comunque un dono.
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Lo si vede in questi giorni dopo la vittoria di Trump, con un proliferare di crolli nervosi che emergono in rete e nella pubblicistica di fronte alla “vittoria del Male”, ma lo si vede continuamente in mille contesti.
Lo abbiamo visto nei giorni del Covid, dove abbiamo cercato di giustificare esibizioni di malvagità, crudeltà, auspici di morte con la dinamica psicologica della paura.
Lo vediamo nel modo in cui si sviluppano (o meglio NON si sviluppano) i discorsi sulle tematiche del “politicamente corretto” dove ogni discussione aperta è impossibile e dove sensibilità isteriche pronte a scatenarsi sbranando “il Male” sono onnipresenti. Lo vediamo nella demonizzazione delle alterità politiche sul piano internazionale.
Ciò che colpisce è come questa tendenza allo scontro inconciliabile, alla repulsione senza sconti né mediazioni, avvenga proprio nell’epoca per eccellenza della “fine delle ideologie”, della “fine delle grandi narrazioni”, della “secolarizzazione”.
Ciò che colpisce è come questa tendenza allo scontro inconciliabile, alla repulsione senza sconti né mediazioni, avvenga proprio nell’epoca per eccellenza della “fine delle ideologie”, della “fine delle grandi narrazioni”, della “secolarizzazione”.
Per come ci sono state raccontate molte vicende storiche, siamo abituati ad associare lo scontro senza esclusione di colpi all’attrito tra identità forti, identità collettive irriducibili, visioni del mondo radicalmente alternative. La modernità (o postmodernità) ci è invece stata spesso venduta come il luogo dove abbiamo sì sacrificato forti radicamenti, visioni ambiziose e palingenetiche, ma almeno lo abbiamo fatto nel nome della pace, della fratellanza, della pacifica convivenza in un “villaggio globale” esente da contrapposizioni radicali. Solo che le cose appaiono alquanto diverse da quanto ci è stato fatto balenare. Nel secondo dopoguerra abbiamo assistito alla capacità di riconoscimento reciproco e persino alla collaborazione pragmatica, di soggetti che pochi anni prima si erano sparati addosso, di appartenenti a visioni del mondo davvero nettamente divergenti. Democristiani e comunisti erano portatori di ideologie robuste e profondamente diverse, e tuttavia riuscirono a produrre quel mirabile ed equilibrato documento che è la Costituzione.
Persino gli ex fascisti vennero reintegrati, con la sola clausola che non pretendessero di riproporre tale quale la proposta politica che aveva portato il paese al disastro bellico (divieto di ricostituzione del PNF).
Oggi che ovunque in Occidente la “politica dell’alternanza” è alternanza tra varianti della stessa ideologia liberale, con una sovrapponibilità delle politiche al 90%, proprio oggi l’odio inconciliabile tra le parti, il mutuo disprezzo sembrano essere le caratteristiche dominanti. Come è possibile?
Ecco, credo che per capire questo stato di cose noi dobbiamo prima comprendere qualcosa di fondamentale intorno alla forma delle contrapposizioni umane.
Una contrapposizione di carattere ideale, quali che siano le idealità a confronto è una contrapposizione che si muove pur sempre in una sfera umanamente condivisibile, almeno di diritto: la sfera delle idee appunto.
Un’idea diversa da un’altra, una ragione inconciliabile con un’altra ragione sono pur sempre idee e ragioni, e come tali sono potenzialmente condivisibili: è possibile cambiare idea, è possibile comprendere le ragioni altrui.
Questo significa, banalmente, che due visioni del mondo articolate in idee e ragioni, per quanto possano essere diverse, sono comunque parte di un comune gioco umano.
Il processo di disumanizzazione avviene invece in forme diverse, essenzialmente prepolitiche, tipicamente radicate in variabili naturali. Il caso idealtipico è naturalmente il razzismo, dove qualunque cosa il “razzialmente-diverso-e-inferiore” faccia o dica diventa irrilevante, perché niente potrà cambiare la sua “inferiorità naturale”.
Ma questa sfera naturale e prepolitica è, in effetti, divenuta nel discorso pubblico contemporaneo la sfera dominante.
Così, non rileva se Trump e Harris avessero contenuti decenti o indecenti, seri o ridicoli; a questione seriamente discussa diventa: “Com’è possibile che le donne, o gli immigrati, o i “colored”, ecc non abbiano votato per <<uno dei loro>>?” La differenza politica in primo piano ora appartiene ad una sfera prepolitica, naturalistica, impermeabile alla ragione.
L’aver trasformato la politica in una competizione tra gruppi di interesse, lobby, e l’aver svuotato la sfera ideologica convergono nel trasformare il discorso pubblico in una sorta di “razzismo universale”.
Che le differenze siano di “razza”, “genere”, orientamento sessuale, etnia, o che trascolorino in giudizi di ordine psichiatrico, epidermico, antropologico, comunque ci troviamo su di un terreno dove le ragioni non hanno più cittadinanza: resta solo la ripulsa (o l’attrazione) istintiva.
La distruzione della sfera politica, nutrita e alimentata per decenni dal “pilota automatico dell’economia”, è arrivata al capolinea, producendo una nuova forma di tribalismo naturalistico, di “razzismo universale polimorfo”, che non conosce più alternative all’esclusione dell’altro, eventualmente al suo annichilimento.
Lungi dall’essere il viatico per forme di pacifica convivenza, la distruzione delle identità politiche e delle ideologie porta con sé il germe del conflitto senza limiti.
Le premesse per un futuro di guerre civili all’interno e disposizioni genocide all’esterno sono state poste.
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Della serie, i post impopolazzari sono il mio pane: piatto ricco mi ci ficco volentierissimo. Si parla di GENOCIDI.
Il post si basa su un principio fondamentale generale: se vogliamo far propaganda vale tutto, ma se invece vogliamo continuare a capirci, le parole che usiamo sono importanti.
[Inciso/disclaimer: tutte le guerre sono merda e tutte le vittime sono da piangere, buoni e kattivi (chi lo sia lo decide il vincitore, anche se da un po' di tempo il mainstream media fa di tutto per far casino e imputtanare una regola odiosa ma almeno chiara e certa, oltre che antica più di Ramses).]
Stabiliamo la baseline di raffronto: andiamo a dare un'occhiata al campionato mondiale del GENOCIDIO, quello degli ebrei in Europa tra 1936 e 1945. Ecco i freddi numeri ( dati via Holocaust Encyclopedia: Jewish Losses during the Holocaust by Country, su encyclopedia.ushmm.org):
Se ne ricava che in totale il 63% degli ebrei residenti nell'Europa continentale sparì: 6.192.507 mal contati su una popolazione preesistente stimata in 9.780.000. Come? De fame e de fredo, come càpita in tempi cupi un po' a tutti, sostiene il nazicommie d'ordinanza. Si ma non solo (sarcasmo): fu GENOCIDIO non casuale ma spintaneo, organizzato e gestito. Ecco la fredda contabilità:
Questa è Storia. Oggi si usa molto la parola GENOCIDIO riguardo ai palestinesi, in particolare per Gaza. Anche qui, andiamo in par condicio ai freddi numeri senza pietismi:
Popolazione di Gaza nel 2012: 2,142 milioni; vittime di guerra SECONDO HAMAS&SOCI (unwra, mainstream media europide): 50.000 circa. Pari al 2% della popolazione.
Un numero enorme, anche se include i terroristi uccisi mescolati alla popolazione. Teniamolo pure per buono, fingiamo di crederci, così la feccia laida alla Albanese dell'Onu/Unwra complici e correi si acquieta e non inizia a menarla.
Fingiamo ulteriormente che la feccia laida abbia ragione nel sostenere che si tratta di reazione esagerata israeliana a chi, la notte del 7 ottobre, soffriva d'insonnia e non se n'è rimasto a casa sua. Comunque sia, 'sti esagerati giudei avrebbero eliminato, secondo i provocatori del disastro, il 2% della popolazione, fatto esecrabile fin che si vuole ma altra cosa dal 63%, dai sei milioni e fischia dissolti dai nazi. Le dimensioni contano: giratela come volete ma resta fatto evidente incontrovertibile che un GENOCIDIO sia un altro tipo di sport da questa pur esecrabile cosa in atto a Gaza. Spiaze.
Quindi, sciacquarsi abbondantemente la bocca prima di usar termini inappropriati e fuorvianti. Again, un solo morto è sempre troppo ma per capire e capirsi bisogna usare il neurone, le parole=logos=pensiero che si usano sono importanti.
L'effetto peggiore non è tanto che l'uso delle parole ad cazzum avveleni i pozzi come fa, quanto che causa dipendenza assuefatta instupidita parossistica autoconvincente in chi le usa, solo fastidio per i sapiens nel senso etimologico che s'imbattano in codesti tossici.
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Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini è tornato a criticare lo stop alla produzione di auto con motori endotermici che l'Unione Europea vorrebbe implementare dal 2035. "I consumatori decidono, è l’Europa che deve fermarsi. Mettere al bando le auto a benzina e a diesel dal 1° gennaio 2035 è demenziale; se uno vuole comprarsi l'auto elettrica che oggi costa di più, inquina di più, emette di più, è libero di farlo, però non può essere un obbligo per tutti. Rinviare le scadenze perché altrimenti sarà un disastro"
Neanche quando fa propaganda per conto dei petrolieri riesce a imparare una semplice frasetta e non contraddirsi. Ma ste auto elettriche cosa è che emettono? Elettroni? Bastava ripetere le solite cazzate del “inquina produrla” o “la corrente si ricava solo dal petrolio” e invece ha voluto esagerare. E poi: se il problema è che la macchina elettrica inquina, perché dovrebbe bastare rinviare le scadenze? Dovrebbe invece battersi con veemenza per la completa abolizione e il ritorno al 100% ai combustibili fossili! È ministro dei trasporti, no? Anche i treni sono elettrici: se inquinano allora torniamo ai cari e vecchi treni a carbone!
Dai Matteo, ciuf ciuuuuf!
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Scritto da una donna di 90 anni: 42 lezioni che la vita mi ha insegnato
Questo elenco, scritto da Regina Brett, 90 anni, del Plain Dealer di Cleveland, Ohio, è una raccolta di saggezza che dovremmo tutti leggere almeno una volta a settimana!
1. La vita non è giusta, ma è comunque bella.
2. Quando hai dei dubbi, fai semplicemente il prossimo piccolo passo.
3. La vita è troppo breve: goditela.
4. Il tuo lavoro non si prenderà cura di te quando sei malato. I tuoi amici e la tua famiglia sì.
5. Paga sempre le tue carte di credito ogni mese.
6. Non devi vincere ogni discussione. Rimani fedele a te stesso.
7. Piangi con qualcuno. È più terapeutico che farlo da solo.
8. Inizia a risparmiare per la pensione con il tuo primo stipendio.
9. Quando si tratta di cioccolato, la resistenza è inutile.
10. Fai pace con il tuo passato, così non rovinerà il tuo presente.
11. Va bene che i tuoi figli ti vedano piangere.
12. Non confrontare la tua vita con quella degli altri. Non hai idea di cosa sia il loro viaggio.
13. Se una relazione deve essere segreta, non dovresti viverla.
14. Fai un respiro profondo. Calma la mente.
15. Liberati di ciò che non è utile. Il disordine ti appesantisce in tanti modi.
16. Ciò che non ti uccide davvero ti rende più forte.
17. Non è mai troppo tardi per essere felici. Dipende solo da te.
18. Quando si tratta di ciò che ami nella vita, non accettare un no come risposta.
19. Accendi le candele, usa le lenzuola migliori, indossa la lingerie più bella. Non aspettare un'occasione speciale. Oggi è speciale.
20. Preparati oltre il necessario, poi lasciati trasportare dal flusso.
21. Sii eccentrico ora. Non aspettare di invecchiare per vestirti di viola.
22. L’organo sessuale più importante è il cervello.
23. Nessuno è responsabile della tua felicità, tranne te stesso.
24. Inquadra ogni cosiddetto disastro con queste parole: "Tra cinque anni, importerà ancora?"
25. Scegli sempre la vita.
26. Perdona, ma non dimenticare.
27. Ciò che gli altri pensano di te non sono affari tuoi.
28. Il tempo guarisce quasi tutto. Concedigli tempo.
29. Per quanto buona o cattiva sia una situazione, cambierà.
30. Non prenderti troppo sul serio. Nessun altro lo fa.
31. Credi nei miracoli.
32. Non esaminare troppo la vita. Vivi e sfruttala al massimo ora.
33. Invecchiare è meglio dell’alternativa: morire giovani.
34. I tuoi figli vivono un’infanzia sola.
35. Alla fine, ciò che conta davvero è che hai amato.
36. Esci ogni giorno. I miracoli ti aspettano ovunque.
37. Se gettassimo i nostri problemi in una pila e vedessimo quelli degli altri, riprenderemmo i nostri.
38. L'invidia è uno spreco di tempo. Accetta ciò che hai già, non ciò che pensi di aver bisogno.
39. Il meglio deve ancora venire.
40. Qualunque sia il tuo stato d’animo, alzati, vestiti e fatti vedere.
41. Cedi.
42. La vita non è confezionata con un fiocco, ma è comunque un dono.
Da leggere e rileggere per trarre ispirazione ogni giorno. ❤
Autore sconosciuto
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PRIMA PAGINA Corriere Dello Sport di Oggi venerdì, 21 febbraio 2025
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L'AUTONOMIA CON IL CULO DEGLI ALTRI
In una intervista al Corriere Graziano Delrio racconta che nel 2016, quando era ministro delle infrastrutture disse a Zaia che il progetto della Pedemontana non stava in piedi. Come noi diciamo da anni, avevano gonfiato i flussi di traffico. In poche parole se tu prevedi il passaggio del doppio delle vetture al giorno rispetto alla realtà l'opera non sta in piedi. L' aveva segnalato un rapporto di Cassa depositi e prestiti e uno studio di Jp Morgan. Non occorre una laurea a Cambridge, basta saper fare due più due. Delrio suggerì a Zaia di cambiare il progetto. Zaia decise di andare avanti da solo. Lui sa come si fa. Così abbiamo distrutto il territorio, abbiamo consumato suolo in una Regione ridotta ad una colata di cemento e dobbiamo pagare 300 milioni all'anno al Consorzio.
Da anni è tutta una foto di inaugurazioni di tratti dell'autostrada divina, della panacea di tutti i mali, del miracolo zaiano. Una autostrada inaugurata infinite volte. Non si trovano più nastri da tagliare. La stampa genuflessa esalta il Doge. Lui sorride, sardonico, esulta, spesso assieme al compare Salvini. Il gatto e la volpe. O forse il gatto e il somaro, perché uno che fa queste cagate non è di sicuro una volpe. Eppure in molti lo diciamo da anni. Lo abbiamo continuato a ripetere. Il buco, il disastro della finanza pubblica non era prevedibile, era previsto. Abbiamo assistito anche alla tragedia comica, di Zaia, il grande amministratore, che invitava i veneti ad essere solidali, ad usare la Pedemontana. Una barzelletta davvero bizzarra. Vuoi essere buono oggi? Ti senti fedele agli oppressi? Senti una autentica empatia per gli ultimi? Fatti un giro nella Pedemontana. Dal Vangelo secondo Zaia, il vangelo dell'asfalto.
Adesso i nodi sono venuti al pettine. La realtà ha squarciato il velo della propaganda. I conti non tornano, i conti scoppiano. Era scritto. Cosa fa Zaia? Va a Roma chiedendo che l'opera venga nazionalizzata.
Ricapitolando: la Regione fa un'opera che non regge, lo Stato con il ministro Delrio dice a Zaia di cambiare progetto o di andare avanti da solo. Zaia si prende la responsabilità di andare avanti e fallisce. E adesso, a fallimento appurato, certo, indubitabile, chiede a Roma di ripagare i suoi danni. È proprio un bravo amministratore. Mi prendo la responsabilità di fare pagare agli altri i miei vergognosi errori. Autonomia è una parola molto bella. Deriva dal greco e significa "essere legislatori di sé stessi". Questa però è l'autonomia dei leghisti, l'autonomia con il culo degli altri.
Carlo Cunegato, Facebook
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Ieri sera nella zona in cui abito sono tracimati o esondati 4 torrenti
Uno di essi ha allagato casa di mia mamma che abita sotto di me
Il torrente ha raggiunto una forza che non avevo mai visto, ha invaso il giardino e ha iniziato ad avvicinarsi a casa
Dopo poco l'acqua passava da ogni fessura, è stato inutile ogni tentativo di bloccarla
I danni sono stati limitati sennonché poco dopo aver ripulito il soggiorno un'altra ondata molto più grande e forte ha fatto uscire l'acqua dai muri, dalle prese della corrente, dalla porta, dalla doccia, per non parlare della lavanderia completamente sommersa e addio lavatrice
L'acqua in giardino ha completamente divelto la recinzione, ha abbattuto un muro di confine ha portato fango, detriti e tronchi un disastro
Un disastro che in confronto a quello che stava succedendo nei paesi limitrofi era un simpatico gavettone d'agosto
Oggi siamo riusciti a ripulire decentemente casa, il giardino vedremo in seguito
Nel pomeriggio siamo andati a portare da mangiare ai volontari che spalano il fango
Poi ci siamo uniti a loro
Siamo entrati nelle case di sconosciuti che non avevano più niente da un momento all'altro, case di una vita svuotate, tutti i loro oggetti scaraventati per strada marci di fango, persone senza una sedia per riposarsi, le case ormai involucri di cemento vuoti senza un senso
In tutto questo sconvolgimento mi sono accorto che alla natura i confini non piacciono qualunque essi siano
Che il senso di comunione di intenti delle persone che hanno una certa sensibilità mi esalta
Domani si ricomincia e le amicizie diventeranno più forti e altre ne nasceranno
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Sono al tavolo di un bar a bere un caffè.
E’ una giornata freddissima qui da me, ma di sopra c’è un cielo così azzurro che ti vien voglia di nuotarci dentro. Vibra il telefono appoggiato sul tavolino. Odio ogni forma di suoneria, per legittima difesa. La vibrazione del mio cellulare assomiglia alla deflagrazione di una bomba atomica e fa un casino che non si spiega. La ragazza di fianco a me che sembra leggere da un libro molto interessante, se ne accorge e si gira a guardare incuriosita. Le faccio un gesto di scuse con la mano e dal display leggo: Mamma.
Mi metto a ridere, perché quando chiama mia madre, le opzioni sono queste:
1. Silenzio assoluto dall’altra parte. Inutile dire “Pronto, pronto, pronto. Non risponde nessuno. Attacca.
2. Pochi secondi di conversazione, e poi, chiamata in attesa. Ovviamente mia madre non sa come si metta una chiamata in attesa, tantomeno come se ne esca, dunque dopo venti, trenta secondi al massimo, attacca.
3. Amore mi senti? Si Amore, ti sento. Andrea mi senti? Sì mamma ti sento bene, dimmi. Perché non si sente mai niente da questo telefono? No mamma, io ti sento benissimo. Ma che cazzo questo telefono non vale niente io ve lo dico sempre. Mamma prova a spostar…Ha già attaccato.
4. Rumori indecifrabili di fondo. Cani che abbaiano. Persone che parlano. Macchine che passano. La conversazione tuttavia comincia: Andrea, tutto bene? Si Amore, tutto bene. Ok, ti chiamo dopo. Attacca.
Nel computo delle opzioni non rientrano tutte le volte in cui il display non le si accende perché attiva la modalità “non disturbare”, la lingua della tastiera le passa da italiano a giapponese, la suoneria le si abbassa fino a diventare un sussurro, la rete dati le si interrompe perché ha terminato il credito e comunque di tanto in tanto è meglio disattivarla perché potrebbe agganciarsi qualche malintenzionato e dal suo telefono, connettersi con qualche satellite in orbita sulla terra, progettando un invasione aliena. Senza escludere che possano rubarle dei soldi dal conto corrente e clonarle la carta di credito. Così le hanno detto di fare le sue amiche del prato. E se lo dicono le amiche del prato, meglio non intromettersi.
Tornando a me seduto al tavolino che mi accingo a rispondere alla chiamata, penso di rientrare decisamente nell’opzione 4. Porto il telefono all’orecchio e sento un brusio di fondo che sembra essere un asciugacapelli, in funzione. Con la voce di chi è pronto a tutto e non nasconde una certa rassegnazione, esclamo: Pronto Amore mio! Buongiorno! Risponde mia madre: Buongiorno disastro di mamma! Hai mangiato?
Mia madre da quando ci conosciamo inizia sempre una conversazione con: hai mangiato?
Quasi fossimo in carestia dalla notte dei tempi.
Sto facendo colazione proprio adesso, in un bar vicino casa. Sono sano e salvo anche per oggi mamma, non preoccuparti. Il rumore che accompagna le nostre voci a volte copre completamente la conversazione, dunque, come di consueto accade, devo interpretare quello che dice. Ma non lavori? Mi domanda.
Lavoro lavoro, ho il pc dietro e fra un po’ torno a casa. Ho paura a chiederle dove si trova, ma non resisto. Tu dove sei? Sono dal parrucchiere.
Ah, dal parrucchiere. Ma potevi chiamarmi quando avevi finito, no?
Avevo voglia di sentirti, infatti adesso vado.
Va bene Amore mio, dopo mandami una foto dei capelli fatti!
Mi accorgo che ha già riattaccato.
Immagino la scena del parrucchiere che tenta di asciugarle i capelli mentre lei parla al telefono e penso che per fortuna si conoscono da una vita e lui sa, che strana creatura sia mia madre.
Oggi poi che la maculopatia le ha tolto quasi completamente la vista, è peggiorata ulteriormente. O forse è migliorata, non saprei dire.
Perché in realtà, non si è mai arresa a dover dipendere dagli altri, e dunque ci prova a vivere come ha sempre fatto: con le unghie e con i denti, e a non abbattersi mai, anche se di motivi ne avrebbe, eccome.
La conoscono tutti, ed è impossibile non volerle bene. Mia madre è una di quelle persone che senza chiederti il permesso ti restano dentro, piantate nel cuore, per sempre. Una persona generosa, una persona che sa ascoltare, che non giudica, che osserva con attenzione, una persona che nella vita ha sbagliato tutto ma quel tutto lo ha pagato senza sconti. Un esempio da non seguire, mia madre, ma una persona di cui potersi fidare e soprattutto innamorare. Io sono fiero di essere suo figlio. Tutto ciò che di me è fuori dagli schemi, parte da quella radice. Mi alzo dal tavolino per andare a pagare il caffè e la ragazza di fianco mi chiede scusa.
Scusa di cosa, chiedo io.
Non che fossi qui per ascoltare la tua telefonata, ma è così raro sentir chiamare “Amore mio” un figlio, sua madre. Non ti fa un effetto strano?
La domanda un po’ mi trafigge, ma lei sorride ed è una sconosciuta. Forse solo in questi casi ti senti di poter rispondere. Ci ho messo quarant’anni per poter dire Amore mio a mia madre. Capisco lo strano effetto di cui parli, certo. Io mi sono risposto che per essere pronti a tutto quell’Amore, ci vuole del tempo. Non lo puoi comprendere inizialmente. Ti travolge, ti sovrasta, in un certo qual modo, ti annienta. E un po’ te ne vergogni pure. Oddio forse il termine vergogna non è del tutto esatto, ma non me ne viene in mente uno migliore. In quell’Amore ci sei nato e prima o poi ci morirai. Credo sia in questo, il senso di tutto. Con la coda dell’occhio vedo il titolo del libro che sta leggendo. Cecità di Josè Saramago. Un libro che ho letto e che mi ha devastato di bellezza. Tra l’altro il titolo crea una certa continuità con il male che ha colpito gli occhi di mia madre e da lì, paradossalmente, ha iniziato a vedere realmente. Quel libro l’ho letto molti anni fa, le dico. E’ bellissimo.
Bello e tremendo, aggiunge lei.
Concordo.
Quanti anni ha tua madre?
Ha 77 anni.
La mia se n’è andata per una strana malattia qualche anno fa e non sai quanto vorrei apparisse scritto “mamma” sul display del telefono, per una sola volta ancora. Io non sono mai riuscita a dirle Ti Amo, a chiamarla Amore mio. A mostrarle quell’Amore di cui racconti tu.
Vorrei dire qualcosa, ma le parole mi naufragano in gola.
Ti posso abbracciare, mi domanda.
Faccio un’espressione strana, lo percepisco dal suo sguardo.
Certo, le rispondo.
Ci abbracciamo. Che strano senso di vicinanza, talvolta, proviamo per delle persone sconosciute che il destino ci fa incontrare.
Il caffè che faceva schifo te lo posso offrire io?
Faceva veramente schifo, è vero. Ti ringrazio.
Abbracciala forte quella mamma, mi dice. Anche per me.
Ci salutiamo e in un attimo, torniamo sconosciuti.
Mi viene in mente quella frase bellissima che dice: “Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre”.
E’ proprio così che dovrebbe essere, che dovremmo essere. E invece arriviamo a vergognarci persino dell’Amore. Per fortuna che la vita ce lo dice a modo suo, con una telefonata, un caffè offerto da una sconosciuta che ti abbraccia e ti ricorda che sei fortunato. Che devi vivere oggi perché magari domani è troppo tardi. Provo a chiamare mia madre per dirle che oggi mi metto in ferie. Vado a pranzo da lei perché è vero che ormai non ci vede più un cazzo, ma cucina ancora da Dio.
Sono alla terza telefonata.
Squilla e non risponde nessuno.
Va bene così, la Amo lo stesso.
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"Mai successo un fatto simile!"
"Mai visto un disastro come quest'ultima alluvione!"
"Cambiamento Climatico!"
"Le stagioni non sono più quelle di una volta!"
Voci del popolino ignorante milanese, riportate con estrema soddisfazione dai TG, quotidiani, politici di sinistra, verdacci, ribadite da Sor Piccozza e da Farfallino Amoroso (Tozzi e Mercalli).
Invece:
Milano, 31 maggio 1917.
Il 30 maggio, in una Milano spettrale, abitata solo da donne, bambini e anziani, iniziò a piovere a metà pomeriggio, mentre forti temporali avevano già interessato la Brianza e la fascia Prealpina.
Negli ultimi giorni del maggio 1917 l’Italia era piegata dalla Grande Guerra; era in pieno svolgimento la terrificante carneficina della Decima Battaglia dell’Isonzo, in cui il generale Cadorna mandò al massacro 400.000 soldati italiani contro le trincee e le mitragliatrici austro-ungariche. I morti italiani furono 36.000, i feriti e i mutilati oltre 130.000 e 26.000 i fanti catturati dal nemico. Dopo un mese di scontri il fronte era rimasto praticamente invariato.
I Savoia avevano imposto la censura più totale agli organi di stampa, le notizie, quindi, filtravano a fatica.
I fiumi Seveso, Olona e Lambro erano tutti ingrossati, piovve tutta notte e all’alba Milano si svegliò come se fosse Venezia.
Tutti i corsi d’acqua erano esondati e i danni più rilevanti avvennero nei quartieri dove correva l’Olona, lungo la zona ovest della città. Anche le zone di Porta Garibaldi e Porta Nuova erano sommerse, così come il Ticinese, dove era esondata addirittura la Darsena.
Le chiamate di aiuto ai pompieri furono centinaia già poche ore dopo il tramonto e continuarono tutta notte, con cantine e androni dei palazzi sommersi in alcuni punti anche da un metro d’acqua.
Il torrente Merlata, che allora correva in superficie, esondò e lo stesso accadde per la roggia Poveretto, le acque invasero il Cimitero Maggiore di Musocco, allagando gli ossari con quasi tre metri di acqua. L’onda di piena dei due torrenti si unì poi a quella del non distante Olona e insieme raggiunsero il quartiere della Maddalena, oggi piazza De Angeli, sommergendo anche le zone vicine di corso Vercelli e del borgo di San Pietro in Sala, oggi piazza Wagner.
I pompieri montarono delle passerelle in legno sopraelevate per far camminare i milanesi, esattamente come a Venezia, ma ben presto anche quelle vennero sommerse da altre ondate di piena dell’Olona.
Vennero sospesi tutti i Gamba de Legn, i tram a vapore extraurbani, che da Milano si dirigevano verso l’area metropolitana a nord e a ovest.
Il Comune decise di far trasferire tutte le bare in attesa di inumazione lontano dal Cimitero Maggiore, per timore che venissero prese dalle acque e portate via. Il cimitero venne poi chiuso, totalmente sommerso da più di un metro di acqua. L’ultima volta era accaduto nel 1893, quando le acque dell’Olona superarono addirittura i due metri di altezza a Musocco e Garegnano.
Diversi stabilimenti e laboratori subirono ingenti danni.
Altri danni notevoli furono arrecati dal Seveso, soprattutto alle porte di Milano. A Palazzolo di Paderno Dugnano crollò un ponte sul Canale Villoresi, alla congiunzione col Seveso; l’onda di piena fu talmente forte da causare l’annegamento di 16 persone. A Milano i danni maggiori furono causati nel quartiere di Ponte Seveso, all’Isola Garibaldi, a Niguarda, a Prato Centenaro e al Mirabello, tutti sommersi da oltre un metro e mezzo di acqua.
A Niguarda crollò un palazzo, fortunatamente tutti gli abitanti riuscirono a fuggire pochi minuti prima del crollo. Il Villaggio dei Giornalisti fu totalmente allagato ed evacuato.
Poco dopo l’alba tutte le linee tranviarie che dal centro correvano verso nord e ovest vennero sospese.
I quotidiani, sottoposti a censura, minimizzarono l’accaduto, nonostante danni ingentissimi, mezza città sott’acqua, 16 morti, collegamenti sospesi e le acque che si ritirarono completamente solo due giorni dopo. Nessuna notizia venne riportata dopo il primo di giugno.
Le foto vennero scattate nel pomeriggio del 31 maggio, quando le acque si erano ormai quasi completamente ritirate. In una foto si vede il Gamba de Legn per Magenta, bloccato dalle acque in via Marghera all’angolo con via Sacco.
(Grazie a Francesco Liuzzi e a “Milano Sparita”)
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Si vedrà, ma quel che è evidente è che l’entusiasmo democratico delle prime settimane sembra ora svanito trasformandosi in una reale e percepibile difficoltà.
La stessa difficoltà che è apparsa ben evidente in Kamala Harris l’altro giorno, quando è stata intervistata da Bret Baier a Special Report su Fox News.
La vicepresidente è apparsa nervosa e ovviamente poco a suo agio essendo nella tana del lupo, ma soprattutto scontrosa nei confronti del conduttore. A domande precise, come quella se sapesse dare un numero esatto o quanto meno approssimativo sul numero di immigrati clandestini entrati in America sotto la presidenza Biden, Harris ha iniziato come al solito a divagare e, incalzata da Baier sui numeri, ha dato in escandescenza. Ma anche quando il giornalista ha chiesto alla vicepresidente come mai l’attuale amministrazione non ha fatto nulla in tre anni e mezzo per arginare l’inflazione e lei oggi si ripromette invece di sovvertire i dati, Kamala, con la tipica smorfia di quando non le piace la domanda, ha risposto con un imbarazzante: “anche Donald Trump è in campagna elettorale da tre anni e mezzo”. Come se un candidato alla presidenza avesse gli stessi poteri esecutivi di un’amministrazione in carica; esilarante.
L’intervista si è conclusa con otto minuti di anticipo rispetto alle tempistiche concordate, con i quattro componenti senior dello staff di Harris che da dietro le telecamere si sbracciavano affinché la vicepresidente ponesse fine al disastro in diretta televisiva. Una scena pietosa.
I sondaggi servono, soprattutto ai giornalisti per riempire paginate o intrattenere il pubblico, ma la realtà è ben diversa da quel che apparentemente viene descritta: la luna di miele di Kamala Harris con l’elettorato è finita, e già da un pezzo; la corsa per lei è ormai tutta in salita.
Nel frattempo, pare che lo staff di Donald Trump stia già stilando una lista di possibili personalità da inserire nella prossima amministrazione, al contempo mettendo il veto su alcuni nomi di traditori che l’ex presidente non vuole più nemmeno sentire nominare. L’aria che tira sembra essere quella che noi auspichiamo. Siamo agli ultimi, decisivi, cento metri.
Capite perché gli ultimi giapponesi sull'isola, tipo quelli de Il Manifesto, devono sostenere che Trump stia dando evidenti segni di demenza?
Btw è stata una delle domande di Baier che più ha fatto incazzare Kamela: "quando si è resa conto per la prima volta dei problemi mentali di JoBiden?".
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