#natura nella letteratura
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pier-carlo-universe · 12 days ago
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“Ode all’odore della legna” di Pablo Neruda: La celebrazione sensoriale di una memoria universale. Recensione di Alessandria today
Un viaggio poetico tra i profumi della natura e i ricordi dell’anima.
Un viaggio poetico tra i profumi della natura e i ricordi dell’anima.La poesia “Ode all’odore della legna” di Pablo Neruda è un capolavoro lirico che cattura il lettore attraverso la potenza dei sensi, in particolare l’olfatto, e lo immerge in un’esperienza intima e universale. Neruda, con la sua straordinaria capacità di trasformare gli elementi più quotidiani in simboli poetici, celebra l’aroma…
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occhietti · 7 months ago
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Un bambino risponde grazie perché ha sentito che è il tuo modo di replicare a una gentilezza, non perché gli insegni a dirlo.
Un bambino si muove sicuro nello spazio quando è consapevole che tu non lo trattieni, ma che sei lì nel caso in cui lui abbia bisogno di te.
Un bambino quando si fa male piange molto di più se percepisce la tua paura.
Un bambino è un essere pensante, pieno di dignità, di orgoglio, di desiderio di autonomia. Non sostituirti a lui. Ricorda che la sua implicita richiesta è: aiutami a fare da solo.
Quando un bambino cade correndo e tu gli avevi appena detto di muoversi piano su quel terreno scivoloso, ha comunque bisogno di essere abbracciato e rassicurato; punirlo è un gesto crudele. Purtroppo sono molte le madri che infieriscono in quei momenti. Avrai modo, più tardi, di spiegargli l’importanza del darti ascolto, soprattutto in situazioni che possono diventare pericolose. Lui capirà.
Un bambino non apre un libro perché riceve un’imposizione (quello è il modo più efficace per fargli detestare la letteratura), ma perché è spinto dalla curiosità di capire cosa ci sia di tanto meraviglioso nell’oggetto che voi tenete sempre in mano con quell’aria soddisfatta.
Un bambino crede nelle fate se ci credi anche tu.
Un bambino ha fiducia nell’amore quando cresce in un esempio di amore, anche se la coppia con cui vive non è quella dei suoi genitori. L’ipocrisia dello stare insieme per i figli alleva esseri umani terrorizzati dai sentimenti.
Non sono nervosa, sei tu che mi rendi così, è una frase da non dire…
Un bambino sempre attivo è nella maggior parte dei casi un bambino pieno di energia che deve trovare uno sfogo, non è un paziente da curare con dei farmaci. Provate a portarlo il più possibile nella natura.
Un bambino troppo pulito non è un bambino felice. La terra, il fango, la sabbia, le pozzanghere, gli animali, la neve sono tutti elementi con cui lui vuole e deve entrare in contatto.
Un bambino che si veste da solo abbinando il rosso, l’azzurro e il giallo non è mal vestito, ma è un bambino che sceglie secondo i propri gusti.
Un bambino pone sempre tante domande. Ricorda che le tue parole sono davvero importanti. Meglio un questo non lo so se davvero non sai rispondere; quando ti arrampichi lui lo capisce e ti trova anche un po’ ridicola.
Inutile indossare un sorriso sul volto per celare la malinconia, il bambino percepisce il dolore. Lo legge attraverso la sua lente sensibile, nella luce velata dei tuoi occhi. Quando gli arrivano segnali contrastanti, resta confuso, spaventato. Spiegagli perché sei triste. Lui è dalla tua parte.
Un bambino merita sempre la verità, anche quando è difficile. Vale la pena trovare il modo giusto per raccontare con delicatezza quello che accade utilizzando un linguaggio che lui possa comprendere.
Quando la vita è complicata il bambino lo percepisce, e ha un gran bisogno di sentirsi dire che non è colpa sua.
Il bambino adora la confidenza, ma vuole una madre, non un’amica.
Un bambino è il più potente miracolo che possiamo ricevere in dono.
Onoriamolo con cura.
- Giorgio Gaber
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angelap3 · 6 months ago
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Capolavoro della letteratura Mondiale...
"Vuoi dire che se non difendi quell'uomo, Jem e io potremmo non darti più retta?"
"Più o meno."
"Perché?"
"Perché non potrei più pretenderlo da voi. Vedi Scout, a un avvocato succede almeno una volta nella sua carriera, proprio per la natura del suo lavoro, che un caso abbia ripercussione diretta sulla sua vita. Evidentemente è venuta la mia volta. Può darsi che a scuola tu senta parlare male di questa faccenda, ma se vuoi aiutarmi devi fare una cosa sola: tenere la testa alta e le mani a posto. Non badare a quello che ti dicono, non diventare il loro bersaglio. Cerca di batterti col cervello e non con i pugni, una volta tanto... È una buona testa, la tua, anche se è dura a imparare!"
"Atticus, vinceremo la causa?"
"No, tesoro."
"Ma allora, perché..."
"Non è una buona ragione non cercare di vincere sol perché si è battuti in partenza," disse Atticus.
Il buio oltre la siepe
Harper Lee.
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gregor-samsung · 2 months ago
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“ Mettiamo per ipotesi che volessimo ripercorrere la storia di un uomo terribile come Adolf Hitler. La raccontiamo dall’adolescenza alla presa del potere? Dalla presa del potere alla disfatta? Scegliamo solo un episodio significativo? Narriamo tutta la sua vicenda dagli inizi alla morte? Il problema più importante è decidere se il dittatore sarà il protagonista assoluto: sarà «visto» da un altro (o altri) oppure sarà raccontato oggettivamente? Nel primo caso verrà fuori un personaggio «filtrato» attraverso una precisa (e quindi parziale) esperienza; nel secondo egli risulterà così come realmente è stato, nella sua verità storica. Esaminiamo adesso questa seconda eventualità. Al di là della «autenticità» dei fatti che racconteremo, da un punto di vista strettamente narrativo siamo costretti a sciogliere un nodo molto difficile: riusciremo a rappresentare bene un personaggio così «negativo»? O meglio: riusciremo a renderlo in tutta la sua negatività? Nella nostra testa egli è la quintessenza della malvagità e del cinismo, ma poi, passando alla scrittura riusciremo a «restituirlo» così come lo immaginiamo? Sicuramente no, a meno di non renderlo «incredibile», falso, forzato. Non ci riusciremo perché nel momento in cui dobbiamo approfondire il personaggio - anche per cercare le ragioni più o meno oscure della sua violenza - finiamo fatalmente per trovargli una, seppur aberrante, giustificazione. E senza volerlo, faremo di Hitler un eroe, un sublime dannato, grande come un demone dell’apocalisse, una vittima di sé stesso, carismatico com’è carismatico il male.
Penso, ad esempio, al Riccardo III di Shakespeare, allo spietato duca di Gloucester, il quale riesce a salire sul trono d’Inghilterra dopo aver fatto assassinare mezza corte reale. La sete di potere acceca quest’uomo infelice (è nato storpio e claudicante) e quando alla fine il conte di Richmond giungerà a liberare il paese dall’usurpatore, questi, nel momento di morire, acquisterà la sua dimensione tragica ed eroica. Riccardo è un uomo reso cinico dalla natura, un «mostro» suo malgrado. La sua malvagità è in qualche modo legittimata dalla sua infelicità. Come potremmo noi, oggi, senza falsare smaccatamente la storia, trovare la spiegazione delle atrocità naziste nella contorta personalità di Hitler? Ogni tentativo di collegamento tra il carattere del dittatore e gli avvenimenti della storia è destinato al ridicolo.
Uno scrittore (di letteratura, di cinema, di teatro eccetera) non può fare a meno di andare nel fondo dei personaggi, di pescare nelle loro contraddizioni, nella loro essenza segreta. Là dentro si muovono forze creaturali capaci di rendere un uomo libero o schiavo di sé stesso. Ma in tutti e due i casi egli è innocente. Come può uno scrittore lavorare con un personaggio senza un briciolo di luce? Un Hitler tutto nero, insensatamente malvagio, rischia di diventare una caricatura, un burattino, la maschera del cattivo: niente di più schematico. Julien Sorel (protagonista di Il rosso e il nero), personaggio arrivista e assassino, è amato da Stendhal malgrado sia «negativo»: lo scrittore ne descrive con pietas il desiderio frustrato di adeguarsi alla morale della Restaurazione francese. Se volessimo dunque raccontare la malvagità di Hitler, sia come uomo sia come dittatore, senza «salvarlo» in qualche modo, saremmo costretti a farne un ritratto bugiardo. Quindi è meglio trovare un’altra strada, una maniera «trasversale» di raccontare il personaggio. Magari, come avevo accennato, cercando un altro protagonista e lasciare che sia lui a far da intermediario. “
Vincenzo Cerami, Consigli a un giovane scrittore. Narrativa, cinema, teatro, radio, Garzanti, 2002; pp. 28-30.
[1ª edizione: Einaudi, 1996]
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canesenzafissadimora · 2 months ago
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Un bambino risponde «grazie» perché ha sentito che è il tuo modo di replicare a una gentilezza, non perché gli insegni a dirlo.
Un bambino si muove sicuro nello spazio quando è consapevole che tu non lo trattieni, ma che sei lì nel caso lui abbia bisogno di te.
Un bambino quando si fa male piange molto di più se percepisce la tua paura.
Un bambino è un essere pensante, pieno di dignità, di orgoglio, di desiderio di autonomia, non sostituirti a lui, ricorda che la sua implicita richiesta è «aiutami a fare da solo».
Quando un bambino cade correndo e tu gli avevi appena detto di muoversi piano su quel terreno scivoloso, ha comunque bisogno di essere abbracciato e rassicurato; punirlo è un gesto crudele, purtroppo sono molte le madri che infieriscono in quei momenti. Avrai modo più tardi di spiegargli l’importanza del darti ascolto, soprattutto in situazioni che possono diventare pericolose. Lui capirà.
Un bambino non apre un libro perché riceve un’imposizione (quello è il modo più efficace per fargli detestare la letteratura), ma perché è spinto dalla curiosità di capire cosa ci sia di tanto meraviglioso nell’oggetto che voi tenete sempre in mano con quell’aria soddisfatta.
Un bambino crede nelle fate se ci credi anche tu.
Un bambino ha fiducia nell’amore quando cresce in un esempio di amore, anche se la coppia con cui vive non è quella dei suoi genitori. L’ipocrisia dello stare insieme per i figli alleva esseri umani terrorizzati dai sentimenti.
«Non sono nervosa, sei tu che mi rendi così» è una frase da non dire mai.
Un bambino sempre attivo è nella maggior parte dei casi un bambino pieno di energia che deve trovare uno sfogo, non è un paziente da curare con dei farmaci; provate a portarlo il più possibile nella natura.
Un bambino troppo pulito non è un bambino felice. La terra, il fango, la sabbia, le pozzanghere, gli animali, la neve, sono tutti elementi con cui lui vuole e deve entrare in contatto.
Un bambino che si veste da solo abbinando il rosso, l’azzurro e il giallo, non è malvestito ma è un bambino che sceglie secondo i propri gusti.
Un bambino pone sempre tante domande, ricorda che le tue parole sono importanti; meglio un «questo non lo so» se davvero non sai rispondere; quando ti arrampichi sugli specchi lui lo capisce e ti trova anche un po’ ridicola.
Inutile indossare un sorriso sul volto per celare la malinconia, il bambino percepisce il dolore, lo legge, attraverso la sua lente sensibile, nella luce velata dei tuoi occhi. Quando gli arrivano segnali contrastanti, resta confuso, spaventato, spiegagli perché sei triste, lui è dalla tua parte.
Un bambino merita sempre la verità, anche quando è difficile, vale la pena trovare il modo giusto per raccontare con delicatezza quello che accade utilizzando un linguaggio che lui possa comprendere.
Quando la vita è complicata, il bambino lo percepisce, e ha un gran bisogno di sentirsi dire che non è colpa sua.
Il bambino adora la confidenza, ma vuole una madre non un’amica.
Un bambino è il più potente miracolo che possiamo ricevere in dono, onoriamolo con cura.
Giorgio Gaber - “Non insegnate ai bambini”
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valentina-lauricella · 5 months ago
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Il nulla è uno zero più onorevole. (Emil Cioran)
Orgogliosa nel leggere bei complimenti motivati al mio fidanzato, che qualcuno ha provveduto a fargli mentre io non ero ancora nata: Anna Maria Ortese, in un'intervista del 1974 oggi inserita in Corpo celeste, parla in questi termini di Leopardi e della sua teoria della doppia visione:
"Si direbbe Leopardi l'unica voce reale della letteratura italiana, dopo Dante. È probabilmente più grande di Dante, perché egli - al cosiddetto reale - non crede più. La natura gli appare, nel suo aspetto usuale, inganno: il reale (di natura e uomo) distrutto. Così, la natura dei pensieri, unicamente la natura interiore dei sentimenti (e del sentimento di questa distruzione) si pone come reale."
Verissimo: Leopardi si sentiva intimamente superiore a tutti gli altri che credevano alle cose e non sospettavano che fossero illusioni, era orgoglioso del suo senso del nulla (egli non era stropicciato e dimesso come Cioran, era aristocratico e non sentiva il bisogno di giustificarsi, indossando il nulla come abito usuale). Inoltre, rivolgendosi soltanto alla propria interiorità come fonte di ispirazione, non è scaduto nella trattazione di temi di attualità, ma si è mantenuto in alto volo nello spazio delle grandi, inesauribili tematiche universali. Furbissimo.
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fashionbooksmilano · 8 months ago
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Ephimera Dialoghi sulla moda
a cura di Sofia Gnoli
testi di Antonio Mancinelli, Maria Luisa Frisa, Alessandro Michele, Anna Piaggi, Luca Stoppini, Mariuccia Casadio, Quirino Conti, Bonizza Giordani Aragno, Maria Grazia Chiuri, Giuseppe Scaraffia, Gabriella Pescucci, Valeria Palermi, Daniela Baroncini, Silvia Venturini Fendi, Andrea Mecacci
Electa, Milano 2020, 115 pagine, 16x24cm, brossura con alette, ISBN 9788892820319
euro 29,00
email if you want to buy [email protected]
La moda nelle sue innumerevoli sfaccettature è la protagonista Ephimera, un volume nato dal ciclo di conversazioni che si è tenuto al Parco archeologico del Colosseo, nella Curia Iulia, cuore della civiltà romana, tra il 2019 e il 2020.
Fugace, velocissima, radicata nel presente, la moda sta sempre sul punto di diventare qualcos’altro, di cambiare pelle. È proprio per questo che la curatrice Sofia Gnoli ha scelto Ephimera – da epi “sopra” che messo insieme ad emera “giorno”, significa di un sol giorno – come titolo di questi dialoghi. Il risultato è un libro che esplora la moda da una molteplicità di punti di vista: moda come linguaggio di segni, come espressione artistica, senza trascurare argomenti classici quali l’androginia o il dandysmo e il suo legame con il cinema e con la letteratura, con la fotografia e con il kitsch.
Il continuo scambio tra presente e passato, così come la natura polimorfica di questa disciplina si riflettono anche sulla diversa formazione dei partecipanti di Ephimera, nonché autori del volume: direttori creativi, artisti, saggisti, studiosi e giornalisti, hanno approfondito, attraverso la loro personale visione, un aspetto della contemporaneità. Attraverso tutti questi racconti, Ephimera traccia un quadro della moda con le sue mutevolezze, le sue imprevedibilità e le sue compulsive morti e rinascite. Così, tra presente e passato, tra effimero ed eternità, la moda non smette di incantare.
EPHIMERA SOFIA GNOLI L’AVVENIRE È LA PORTA, IL PASSATO È LA CHIAVE ANTONIO MANCINELLI E SILVIA VENTURINI FENDI ALESSANDRO MICHELE: ARCHEOLOGO DELLE COSE A VENIRE MARIA LUISA FRISA E ALESSANDRO MICHELE MODA: STRUMENTO DI CONSAPEVOLEZZA, ARTE DEL POSSIBILE VALERIA PALERMI E MARIA GRAZIA CHIURI LE D.P. “DOPPIE PAGINE” DI ANNA PIAGGI LUCA STOPPINI ANNA PIAGGI “PRIVATE” PAOLO CASTALDI FENOMENOLOGIA DEL DANDY GIUSEPPE SCARAFFIA IL DANDISMO DI LUIGI ONTANI MARIUCCIA CASADIO L’INDISTINTA SESSUALITÀ DELLA MODA QUIRINO CONTI OSCAR AI COSTUMI GABRIELLA PESCUCCI IL GUARDAROBA DELL’EROS: LETTERATURA, MODA E EDUZIONE DANIELA BARONCINI SGUARDI ITALIANI: LA FOTOGRAFIA DI MODA IN ITALIA BONIZZA GIORDANI ARAGNO CONSIDERAZIONI SUL KITSCH ANDREA MECACCI
23/05/24
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firewalker · 1 year ago
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Dobbiamo parlare di gatti
Sono sicuro che c'è un padrone o una padrona di gatto o gatti tra chi mi segue, e forse questo post non sarà di suo gradimento. La faccio breve.
TL;DR: non fate uscire il gatto da casa, tenetelo dentro.
Versione lunga.
Su Nature Communications è stata pubblicata una revisione della letteratura riguardante l'impatto del gatto domestico (Felis catus) sul regno animale. L'articolo è stato riassunto da Fanpage in italiano. Le revisioni sono pubblicazioni scientifiche che cercano di fare il punto sulla conoscenza attuale di un dato argomento. Gli studiosi hanno esaminato 533 studi precedenti e hanno identificato oltre 2000 specie animali predate dai gatti in tutto il mondo (per la precisione 2084).
Mettendo insieme tutti i dati, i risultati sono questi:
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Se pensate che i gatti servano per catturare i topi, ebbene sbagliate. La prima preda, in assoluto, del micio è un uccello, non un mammifero. In tutto il mondo, i gatti fanno strage di uccelli, quando va bene i mammiferi sono la seconda scelta, globalmente sono la terza (preferiscono i rettili). E tra i mammiferi, si specifica nell'articolo, non ci sono solo topi e ratti, ma anche mammiferi di grandi dimensioni, perché al gatto non è che interessi poi tanto se deve catturare un animale o può cibarsi di una carcassa: anche fosse un toro non gli farebbe schifo.
Eh, ma tanto, cosa vuoi che sia? Il gatto ha sempre portato un regalino, è la loro natura
Sì, certo, è la loro natura. Assassina. Altro grafico tratto dallo studio:
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Al gatto non frega niente se quella che ha puntato è una specie comune o è in via di estinzione. Consideriamo che globalmente le specie predate a basso rischio sono il 75%, aggiungiamo un 10% di specie incerte (che non significa che siano a basso rischio, significa che non sono state valutate con certezza, ma consideriamole ottimisticamente). Abbiamo quindi che il gatto risulta un fattore di rischio di estinzione per il 15% delle specie predate. Considerando le 2000 specie complessive circa, abbiamo quindi 300 specie minacciate dal gatto domestico. E non è un problema solo dell'Australia, ma anche dell'Europa (che magari non arriva al 15%, ma di poco)
Il gatto domestico è nella lista delle 100 specie invasive più dannose al mondo, e c'è un motivo. Interessante notare anche la taglia della preda del gatto:
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La maggior parte delle prede è intorno ai 5 kg (quanto pesa il vostro gatto?), ma come dicevo prima non si salvano nemmeno i bovini, o anche gli emu, le tartarughe marine o anfibi giganti come la rana toro: i gatti sono anche spazzini.
Quando guardate il vostro gatto e pensate che è così carino, ricordatevi che il suo fascino è quello di Ted Bundy.
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alessandro55 · 6 months ago
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Il giardino dipinto
Stefano Zuffi
24Ore Cultura, Milano 2024, 208 pagine, 100 illustrazioni, 28,5x28,5cm, ISBN 978-88-6648-706-7
euro 45,00
email if you want to buy [email protected]
Nella Bibbia, Adamo ed Eva passeggiano nel meraviglioso giardino dell’Eden, e ne vengono cacciati a causa di un frutto proibito; nel mondo classico l’origine ogni pianta e fiore si associa a un mito; nella letteratura del Medioevo si afferma il “romanzo della rosa”, e Dante immagina il Paradiso in forma di “candida rosa”; nel Rinascimento Leonardo ha esplorato con appassionata partecipazione le leggi della natura partendo proprio dai vegetali; nell’età barocca la “febbre dei tulipani” ha provocato in Olanda una crisi finanziaria di proporzioni inimmaginabili; nell’Illuminismo Voltaire ci ricorda quanto sia necessario “coltivare il proprio orto”; l’introduzione di nuove specie e coltivazioni cambia il paesaggio e l’alimentazione di interi continenti.
E oggi ci rendiamo conto di quanto sia delicato, fragile e indispensabile la cura del pianeta partendo dal “verde” dei campi, dei boschi, di ogni singolo seme o fiore. Attraverso una accurata selezione di immagini, con sorprendenti particolari tra celebri capolavori e opere da scoprire, questo volume illustra la presenza di alberi, fiori e frutti nell’arte.
Per ogni singola specie botanica vengono presentati i miti, i significati simbolici, i riferimenti storici e letterari. Il lettore si troverà così di volta in volta a passeggiare in un bosco, in un parco, in un giardino, in un frutteto o in orto, con la compagnia di splendidi dipinti e con commenti brevi e documentati.
13/07/24
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pier-carlo-universe · 2 days ago
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Adriano Guerrini: Un Poeta tra Tradizione e Modernità. Il viaggio poetico di un autore che ha saputo innovare senza dimenticare le radici. Di Alessandria today
Adriano Guerrini, nato ad Alfonsine nel 1923 e scomparso a Genova nel 1986, è stato un poeta, insegnante di filosofia e storia, saggista e organizzatore culturale italiano.
Adriano Guerrini, nato ad Alfonsine nel 1923 e scomparso a Genova nel 1986, è stato un poeta, insegnante di filosofia e storia, saggista e organizzatore culturale italiano. La sua opera poetica, che abbraccia oltre quattro decenni, si distingue per la capacità di fondere tradizione e modernità, esplorando temi universali con un linguaggio raffinato e profondo. La vita e il percorso…
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fioredialabastro · 7 months ago
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Nella doccia e nella tempesta
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Questi primi giorni di giugno mi sono scivolati addosso all'improvviso, mentre l'acqua tiepida della doccia avvolgeva le mie membra stanche, confondendosi con la pioggia scrosciante e i tuoni fragorosi che da qualche ora avevano preso in ostaggio la casa.
Ho pensato all'altra sera, in cui mi ero sentita leggera e spensierata, come se fossi stata la protagonista di una commedia americana ambientata in qualche paesino sperduto di campagna. C'era, infatti, la festa dell'oratorio, e mi ero unita al gruppetto solito di amici per assistere al torneo di calcio saponato, e fare il tifo sugli spalti di legno ammassati tra la gente, mentre le risate e le chiacchiere si disperdevano nella brezza leggera odorosa di fritto, fumo e cola. Non avevo mai visto una competizione sportiva di quel genere, perciò mi ero divertita, come accade ogni volta che imparo qualcosa di nuovo.
Mi sono poi tornati in mente i dieci euro che avevo trovato casualmente sotto ad un tavolo, e la gioia che avevo provato nel regalarli spontaneamente ad un'amica che era stata nell'area bimbi tutta la sera come membro dello staff di volontari.
Ho apprezzato, infine, la serenità con cui ho accettato dentro di me l'amara sorte di chi si innamora dell'impossibile e accoglie ciò che arriva, poiché soffocare le emozioni è la vera sofferenza, mentre lasciarle fluire nel proprio cuore permette di dar loro il giusto peso, liberarsi da deleterie fantasie, amare in modo puro e non precludersi nuove conoscenze.
Quanto era bello l'altra sera, l'impostore della mia quiete. Ogni volta che le nostre anime si toccano, mi sembra di vivere quella famosa descrizione di Tolstoj in "Guerra e Pace", che tanto piace alle pagine social di letteratura:
"Per alcuni istanti si guardarono negli occhi in silenzio, e ciò che era lontano, impossibile, a un tratto diventò vicino, possibile, inevitabile."
Nessun uomo, prima di lui, mi aveva mai guardato in un modo così stratificato: alla base c'è sempre la gioia, l'incanto e la paura di chi ha incontrato la donna della sua vita, ma poiché non la può avere al suo fianco come compagna, in privato si aggiungono una velata tristezza e una serena consapevolezza di poterci comunque essere per lei, mentre in pubblico prevalgono teneri sorrisi, guizzi dispettosi e occhiate fugaci, per poi concedersi di nascosto una dolcezza, un'ammirazione e un'intensità indescrivibili.
A volte vorrei mi stringesse a sé in un profondo abbraccio, nella doccia e nella tempesta. Tuttavia, non è questo il suo ruolo e la felicità di averlo tra i punti di riferimento del mio cammino di vita presente supera ogni ostacolo di natura umana.
Questi primi giorni di giugno mi sono corsi incontro pieni di gioia, come il nuovo cane della vicina, che mi aspetta ogni volta che esco dall'auto per riempirmi di coccole, ricordandomi che l'amore incondizionato è l'unica ragione per cui vale la pena vivere.
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thegianpieromennitipolis · 1 year ago
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SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
ESPRESSIONI ARCHETIPALI
In letteratura, esistono i racconti "archetipali".
Ecco come ne ho spiegato la natura nel mio "Il '300 di Boccaccio e dei lettori del Decameron":
[...]
Camilleri ricorda di aver scritto un racconto breve che in seguito scoprì essere molto simile ad un altro racconto pubblicato in precedenza da Jorge Amado. Non sapendo come spiegarsi una così sorprendente analogia, pensò all’esistenza di “storie marinare” che in qualche modo transitano entro la memoria collettiva e vengono attinte senza volerlo da più di un narratore.
Di questo genere di storie, aveva anche scritto Dante definendole “archetipali”. Il discorso venne ripreso da Italo Calvino in una recensione pubblicata su “Repubblica” : «[...] Beniamino Joppolo aveva scritto nel 1937 un breve racconto in cui il segreto d'una rispettabile famiglia d'oggi è che tiene in casa uno zio scimmione (l'evoluzione biologica in quella famiglia ha funzionato con ritardo ma a grande velocità); il nipote cerca di nasconderlo alla sposa, la quale invece trova il fatto scientificamente interessante e promettente. Il bello è che io, senza saperne niente, ventisette anni dopo ho scritto un racconto che, pur essendo quanto mai diverso, ha esattamente lo stesso schema: nell'era carbonifera, una famiglia d'animali terrestri ha uno zio che è rimasto pesce; il nipote lo vorrebbe nascondere alla fidanzata che invece ne è entusiasta. Il che prova che le strutture narrative esistono per conto loro come figure geometriche o idee platoniche o archetipi astratti e s'impongono all'immaginazione individuale dei singoli autori. È da notare che nessun critico (che io ricordi) ha mai scoperto questa analogia: e ciò prova che non c'è letteratura meno conosciuta dell'italiana. [...]».
Si tratta di una suggestione: perdersi ad immaginare Boccaccio che attinge a quest’iperuranio di racconti che appartengono ad un patrimonio collettivo invisibile ma disponibile attraverso il ricorso ad un’ispirazione creativa.
[...]
Questa spiegazione vale anche per la pittura, a maggior ragione per l'arte figurativa.
L'esempio più interessante è dato da due artisti che non si sono mai conosciuti e che hanno vissuto in luoghi diversi: Vincent van Gogh (1853 - 1890) e Edvard Munch (1863 - 1944).
Con il suo "Sulla soglia dell'eternità", risalente al 1890 e conservato nel Kröller-Müller a Otterlo, Van Gogh mette in forma il prologo di cupezza, solitudine, disperazione pietosa che ghermisce l'animo turbato di un vecchio ormai consapevole delle ultime vibrazioni di vita.
Il segno del baratro.
Il segno del nulla destinale.
Munch, con il suo celebre "Urlo", di una data incerta tra il 1893 e il 1910, conservato nella Galleria Nazionale a Oslo, coglie sentimenti simili, proiettati tuttavia sullo sfondo di una caduta del senso che anticipa la visione della soglia finale.
Come se i tremiti di quel vecchio si fossero propagati nell'onda mentale avvertita, a distanza, da una figura instabile, quella di un essere umano che consuma in un urlo agghiacciante il tragico della coscienza.
La misura del mondo giace sotto un unico velo.
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ef-fetto-notte · 1 year ago
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il linguaggio è lo strumento più efficace, migliore, che noi siamp riusciti a creare ed elaborare - come cultura e come macchina bioevolutiva, nella evoluzione darwinistica dell'intelligenza - per rappresentare i nostri stati interni di macchine neurali naturali- I vantaggi sociali ci sono, evidenti, di rappresentare agli altri i nostri stati interiori- Il linguaggio è diremmo in termini moderni e "tecnici", uno strumento di Deep Learning, anzi di visualizzazione dei livelli interni di DNN di CNN che possediamo, naturalmente e biologicamente, in noi. In estrema sintesi. Per questo il linguaggio è così 1-1 con le rappresentazioni numeriche e vettoriali che scopriamo o inventiamo come ad es word2vec, o i layer interni delle Reti Neurali. Stiam oricreando nella ricerca quanto la natura ha già fatto, e stiamo scoprendo relazioni tra reti neurali artificiali e linguaggi che sono intrinseche e insite by design, a fortiori, in noi. La capacità culturale umana partendo dal linguaggio, inteso come meccanismo di analisi dell'interiore "linguistico" , dell'intelligenza e della sua rappresentazione interna, l'ha evoluta in un costrutto culturale propriamente inteso. Letteratura, romanzi, arte, ragionamento e discussione scientifica, e strumento di rappresentazione delle emozioni, della psiche, della PERSONA che alberga in noi. La persona, ovviamente, non è la sua intelligenza. La persona è più vicina a ciò che la Chiesa Cattolica denota con il termine Anima. O meglio, la persona è la controparte biologica ed interiore dell'anima. Morendo vi resta la controparte spirituale, l'anima propriamente intesa secondo la teologia cristiana.
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lapolani · 2 years ago
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“L’Infinito” di Giacomo Leopardi Idillio introdotto, letto e commentato da Lapo Lani
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Museo Casa Rurale di Carcente
Comune di San Siro (CO)
Sabato 1 luglio, ore 21:00
(In caso di maltempo la lettura verrà rinviata a sabato 8 luglio, ore 21:00)
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«Dicono i poeti che la disperazione ha sempre nella bocca un sorriso» [1]. Il linguaggio della poesia si muove attraverso l’immaginazione [2], esprimendosi con un linguaggio vago, incerto, indeterminato, servendosi di metafore, metonimie, paragoni, catacresi, figure di dizione. Il poeta fa fatica a esprimere la bellezza e la forza della natura, e non può farlo se non con parole quasi accidentali. Il 18 luglio del 1821, Leopardi scrive nei “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura” [3]: «Il principio delle cose, e Dio stesso, è il nulla. Giacché nessuna cosa è assolutamente necessaria, cioè non v’è ragione assoluta perch’ella non possa non essere, o non essere in quel tal modo» [4]. Solo l’immaginazione, portando il pensiero dell’uomo verso l’indeterminato e l’infinito, dà conforto e sollievo. «Hanno questo di proprio le opere di genio, che quando anche rappresentino al vivo la nullità delle cose, quando anche dimostrino evidentemente e facciano sentire l’inevitabile infelicità della vita, quando anche esprimano le più terribili disperazioni, tuttavia ad un’anima grande che si trovi anche in uno stato di estremo abbattimento, disinganno, nullità, noia e scoraggiamento della vita, o nelle più acerbe e mortifere disgrazie (sia che appartengano alle alte e forti passioni, sia a qualunque altra cosa); servono sempre di consolazione, raccendono l’entusiasmo, e non trattando né rappresentando altro che la morte, le rendono, almeno momentaneamente, quella vita che aveva perduta. E così quello che veduto nella realtà delle cose, accora e uccide l’anima, veduto nell’imitazione o in qualunque altro modo nelle opere di genio, apre il cuore e ravviva» [5]. Credere che le cose siano nulla, significa credere che il divenire, ovvero ciò che appare esistente, sia niente. Questo pensiero – fondamento del nichilismo, l’essenza della modernità – segna il confine più estremo mai raggiunto dalla filosofia dell’Occidente. Leopardi apre la strada che verrà percorsa dalla cultura contemporanea nell’ultimo suo atto. La scienza e la tecnica sono i due maggiori interpreti di questo orizzonte, in cui il divenire è un processo che esclude la relazione tra le cause e gli effetti degli accadimenti: ogni cosa nasce dal nulla e ritorna nel nulla. La tecnica ha come scopo l’incremento indefinito degli scopi, senza poterli prevedere né conoscere; la scienza procede con metodi statistici, probabilistici, considerando presunto e ipotetico l’evento che accadrà. In ambedue i casi si opera all’interno del concetto di soggettività, profondamente radicato nel pensiero moderno: il “sistema” [6] delle cose che noi conosciamo è la loro relazione, il loro co-esistere. Questa convinzione ha sostituito quella per cui il sistema delle cose che noi conosciamo è epistème [7], ovvero lo scenario in cui è possibile giudicare e conoscere le cose al di là del puro fatto reale. L’epistème è la conoscenza “vera” di ciò che sta sopra l’accadimento dei fatti. Per un lungo periodo l’oggetto dell’epistème si è chiamato Dio: quell’Essere immutabile ed eterno che comprende e giustifica il divenire, ed è “sempre salvo” dal nulla. Come scrive Leopardi, la modernità è l’era del disincanto, in cui la ragione, nella sua forma più radicale, mostra l’impossibilità di sperare: «Il tempo delle grandi illusioni è finito» [8]; «Questa vita è una carneficina senza immaginazione» [9]. Se l’indeterminatezza e l’incertezza sono, per natura, le maggiori fonti della felicità, la scienza, avendo definito i confini delle cose, avendo quindi oltrepassato l’indefinito, limita la speranza, le illusioni, la vita. La scienza distrugge l’indeterminatezza, quindi porta all’infelicità e alla noia. Questa è la vita nell’èra moderna, nell’èra della matematica: «Che piacere o felicità o conforto ci può somministrare il vero, cioè il nulla?». Poi Leopardi prosegue, con un tono tanto inquietante quanto profetico: «Le quali cose [la ragione e il pensiero matematico, che rendono evidente la nullità di tutte le cose] se ridurranno finalmente gli uomini a perder tutte le illusioni, e le dimenticanze, a perderle per sempre, ed avere davanti agli occhi continuamente e senza intervallo la pura e nuda verità, di questa razza umana non resteranno altro che le ossa, come di altri animali di cui si parlò nel secolo addietro. Tanto è possibile che l’uomo viva staccato affatto dalla natura, dalla quale sempre più ci andiamo allontanando, quanto che un albero tagliato dalla radice fiorisca e fruttifichi. Sogni e visioni. A riparlarci di qui a cent’anni. Non abbiamo ancora esempio nelle passate età, dei progressi di un incivilimento smisurato, e di uno snaturamento senza limiti. Ma se non torneremo indietro, i nostri discendenti lasceranno questo esempio ai loro posteri, se avranno posteri» [10]. E ancora: «Si dice con ragione che al mondo si rappresenta una Commedia dove tutti gli uomini fanno la loro parte. Ma non era così nell’uomo in natura, perché le sue operazioni non avevano in vista gli spettatori e i circostanti, ma erano reali e vere» [11]. «Così tra questa / immensità s’annega il pensier mio: / e il naufragar m’è dolce in questo mare» [12]; ovvero: «Sunt lacrimae rerum: et mentem mortalia tangunt» [13]. («Sono le lacrime delle cose, e le cose mortali toccano i cuori».) Lapo Lani Milano, febbraio 2023
Note: [1] Giacomo Leopardi, “Dialogo di Timandro e di Eleandro", scritto nel 1824. Il dialogo fu pubblicato come epilogo della 1ª edizione di "Operette morali"; editore Antonio Fortunato Stella, 1827. [2] Dal latino imaginatio -onis, forma di pensiero che, senza seguire regole predeterminate o nessi logici, si esprime attraverso l’elaborazione di immagini in grado di rappresentare una realtà affettiva. [3] “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, altrimenti conosciuto come “Zibaldone” o “Zibaldone di pensieri”, scritto da Giacomo Leopardi tra il 1817 e il 1832. La numerazione relativa ai pensieri citati, riportata tra parentesi a termine delle note di seguito elencate, fa riferimento all’edizione Feltrinelli del 2019: “Zibaldone di pensieri. Nuova edizione tematica condotta sugli indici leopardiani”. [4] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 18 luglio 1821 (1341,1). [5] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 4 ottobre 1820 (259,1). [6] La parola deriva dal greco ed è composta dalla preposizione sýn- (“con”, “insieme”) e dal verbo histemi (“stare”); quindi “stare insieme”. [7] La parola epistème deriva dal greco (ἐπιστήμη) ed è composta dalla preposizione epì- (“su”) e dal verbo histemi (“stare”); quindi “stare sopra”. L'epistème designa la conoscenza certa e incontrovertibile delle cause e degli effetti del divenire, ovvero quel sapere che intende porsi “al di sopra” di ogni possibilità di dubbio attorno alle ragioni degli accadimenti. [8] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, (83,3). [9] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 26 giugno 2020 (137,1). [10] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto tra il 18 e il 20 agosto del 1820. [11] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 21 agosto del 1820. [12] Giacomo Leopardi, epilogo dell’idillio “L’Infinito”, 1818-1819. [13] Virgilio, “Eneide”, Libro I, verso 465.
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Copertina: "L’infinito”.
Disegno di Lapo Lani, realizzato con colori acrilici su carta bianca, e successivamente elaborato con processi digitali. Dimensioni: cm 26x34. Anno: febbraio 2023. Collezione privata.
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readplayerone99 · 9 months ago
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Cime tempestose
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🅰🅻🅻🅴🆁🆃🅰 🆂🅿🅾🅸🅻🅴🆁 SIETE STATI AVVISATI
Inauguriamo questa prima stagione di recensioni con un grande classico della letteratura inglese: Wuthering Hights, in italiano Cime Tempestose. 
La storia racconta di questo gentiluomo, il signor Lockwood, che decide di affittare una casa di campagna, dal misterioso e rude Mr. Heathcliff. Grazie al racconto della signora Dean, la governante che ha lavorato a lungo per la famiglia di Heathcliff, Lockwood scoprirà quale triste e tragica storia si cela dietro la casa in Wuthering Height.
Inizio col dire che sono una Austiniana convinta, quindi per me leggere questo romanzo è stata un' esperienza non molto diversa da quella provata dal civile Lockwood, una volta giunto nella inospitale brughiera. Penso fosse proprio questo l'effetto che Mrs. Bronte volesse suscitare nello spettatore e direi che ci è riuscita benissimo.
Siamo molto lontani dalle ridenti colline dell' Hampshire, brulicante di personaggi gentili e cortesi (talvolta anche un po’ sciocchi, ma tutto sommato simpatici), e dimenticatevi anche le storie d'amore, dolci, ma mai stucchevoli, della nostra amatissima zia Jane. 
Entrando in questo romanzo, siamo accolti dalla natura più selvaggia, dove solo la fioca luce del camino e le sagge parole di Mrs. Dean (a mio avviso, unico personaggio positivo della storia) riescono a darci un po' di conforto dal magone provato ora da uno, ora da un altro personaggio. 
Perché sì, nonostante vogliano far spacciare Cime Tempestose come una storia d'amore tra due persone, essa lo è solo in parte. Questo romanzo è in realtà la storia di due famiglie, unite e divise da un unico uomo, Mr. Heathcliff, molto simile, nella sua ossessione per la bella Catherine, ad un eroe Byroniano, ma che poi lo vediamo trasformarsi, torto dopo torto, in un villain da romanzo gotico, che sotto quello sguardo rude nasconde una mente  fredda e calcolatrice, che usa le persone care al suo nemico come pedine di una scacchiera. Ma, non abbiatecela troppo con lui, perché, come purtroppo accade molto spesso, è il mondo ad averlo reso così. E poi c'è la sua bella, Catherine Earnshaw, che non ha nulla a che spartire con una Elizabeth Bennet o con una Elinor Dashwood. Se quest'ultime benchè avessero un qualche difetto, come l'orgoglio o l'eccessiva razionalità, Catherine ha difetti e basta; non è, insomma, la classica eroina che farebbe di tutto per avere il suo uomo, anzi si può dire che è lei stessa una delle implicite cause scatenanti della vendetta di  Heathcliff e della futura infelicità dell' altra famiglia protagonista, i Linton. 
Ma a voler essere sinceri, tutti i personaggi in questa storia, chi più chi meno, hanno dei difetti e dei torti che hanno subito o che commettono l’uno verso l’altro: un po' come nella vita reale, nessuno è esente da colpe.  Anzi, l'antagonista è molto scaltro nel saper sfruttare queste colpe, spesso dettate dalla vanità, vanità di cui lui stesso è stato vittima.
Un punto che mi sento di dare a favore di questo romanzo è quel breve accenno di paranormale. Non aspettatevi fantasmi rancorosi alla Takashi Shimizu: qui la morte non segna la fine, ma il ritrovamento di una pace perduta, di un ritrovarsi in un altrove, dove l' al di qua, con le sue ipocrisie, tende a dividere ed a estraniare il diverso.
Il mio voto: 7\10
Consigliato: Si
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valentina-lauricella · 8 months ago
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Leopardi, più che contraddittorio nel suo sistema, è in perenne dialogo con sé stesso. Le sue asserzioni non vanno considerate isolatamente, ma nel quadro di un continuo interrogativo in evoluzione, che alza sempre più la posta in gioco, le istanze della creatura e il suo giudizio morale verso la Natura.
Io uso fare una distinzione tra religione e filosofia: la religione prevede un aldilà, che dà senso alla vicenda terrena, per quanto dolorosa, e che quindi impedisce all'essere umano sia di sentirsi totalmente smarrito, che di disperare. Per questo identifico, forse a torto, Leopardi come non religioso. Leopardi, sulla scorta dei viaggi nell'Ade della letteratura classica e sul massimo esempio letterario italiano, la Divina Commedia, certamente figura l'aldilà nelle sue opere, soffermandosi sullo stato dei "morti". E mentre la sua prima, giovanile rappresentazione di esso, nell'Appressamento della morte, è tipicamente religiosa, con angeli e santi con i quali entrare in dialogo, essa progressivamente s'inaridisce, e rapidamente, già nel Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie, diviene uno stato indefinibile e indefinito, ricavato solo per sottrazione, per pura antitesi rispetto alla "vita". Il culmine di questa rappresentazione "mortuaria" si ha nella satira dei Paralipomeni, in cui egli espone chiaramente la sua tesi antropologica della genesi dell'idea di aldilà nella psiche umana, e le anime sono rappresentate in una staticità e in un processo di impoverimento "cadaverico". Questo stato dei morti, può essere assimilato al "sonno" dell'Antico Testamento?
Leopardi, si sa, ama la vita, quella terrena, animata da belle illusioni, e auspica che la terra stessa divenga un luogo piacevole da abitare grazie all'esercizio diffuso della virtù. Una virtù, però, amata per sé stessa, quasi consustanziale all'animo, e non praticata per obbedienza a un Dio, né per desiderio o timore di premi e castighi. Che è come dire l'attuazione del processo trasformativo cui è chiamato l'essere umano per entrare in una dimensione superiore. Quindi, per questo e per mille altri motivi, mi sono convinta che Leopardi, pure quando sembra errare, sia sempre vicinissimo alla verità, anche religiosa. In ogni pensiero di Leopardi vi è verità: basta guardarlo dall'angolazione giusta.
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