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"E ti bacio la bocca bagnata di crepuscolo": Il fascino invernale dell’amore nei versi di Pablo Neruda. Recensione di Alessandria today
Un viaggio poetico tra malinconia e passione nelle immagini evocative del grande poeta cileno.
Un viaggio poetico tra malinconia e passione nelle immagini evocative del grande poeta cileno. La poesia: un inno all’intimità invernale. “No, non voglio baciarti in una giornata di sole.Non voglio che sia estate.Non voglio che sia in mezzo alla folla.Vorrei baciarti in unadi queste sere d’inverno,quando il sole scolora nel grigioe nel freddo;Quando sarà più facile trovare insieme,l’alba dentro…
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Cecilia Vicuña
La donna di oggi è Cecilia Vicuña, artista visiva, poeta e attivista cilena, nota per le sue performance poetiche che rivendicano la sua identità femminile provando a riscrivere la storia della cultura indigena.
È creatrice di una poetica speciale che interseca arte e coscienza ecologica.
Il suo lavoro porta avanti conoscenze millenarie attualizzate con performance, film, installazioni, sculture, libri e gesti della vita quotidiana.
Ha scritto 25 libri di arte e di poesia, tradotti in sette lingue e anticipato i più recenti dibattiti su ecologia e femminismo decoloniale, immaginando nuove mitologie personali e collettive. Molte delle sue installazioni sono realizzate con materiali trovati e detriti abbandonati che intesse in delicate composizioni, nelle quali il microscopico e il monumentale trovano un fragile equilibrio, la sua arte è precaria, intima e, insieme, potente.
I suoi dipinti si ribellano alla forma, mettendo al centro l’immaginazione di una donna indigena.
Oggi le sue opere fanno parte delle collezioni di importanti musei tra cui il Guggheneim, il MoMa, la Tate, il Museo d’Arte Latinoamericana di Buenos Aires e il Museo Nazionale delle Belle Arti di Santiago del Cile.
È nata a Santiago del Cile il 27 luglio 1948 in una famiglia di artisti e intellettuali. Dal 1966, dopo aver iniziato con tele astratte, ha iniziato a lavorare a un progetto che ancora oggi porta avanti, le precarios, sculture assemblate con materiali da recupero, esposte agli agenti atmosferici e alle maree.
Nel 1967 ha fondato il suo primo gruppo, Tribu No, che realizzava azioni artistiche collettive nella città di Santiago.
Nel 1968 ha pubblicato il suo primo poema sul periodico messicano El Corno Emplumado.
Dagli anni ’70, il suo lavoro si è confrontato visivamente e poeticamente con i rituali dell’America latina, delle popolazioni aborigene australiane, del Sudafrica e dell’Europa paleolitica. Le sue esibizioni, installazioni site-specific, quipu, sculture, dipinti, disegni e testi legano il filo rosso al sangue mestruale e alla continuità della vita.
Dopo aver esposto per la prima volta al Museo Nazionale delle Belle Arti di Santiago ed essersi laureata in Belle Arti, nel 1972 è partita per Londra per specializzarsi alla Slade School of Fine Art.
Si trovava in Gran Bretagna quando, l’11 settembre 1973, c’è stato il violento colpo di stato militare contro Salvador Allende guidato da Pinochet e ha chiesto asilo politico.
L’anno seguente ha fondato il gruppo Artists for Democracy per raccogliere fondi per la Resistenza cilena e organizzato il Festival of Arts for Democracy in Chile che ha visto partecipare 320 artisti e artiste internazionali tra cui Julio Cortázar, Christo e Sol LeWitt. Durante il Festival erano stati denunciati i soprusi commessi dalla dittatura militare di Pinochet e dalle altre dittature dell’America Latina e la violazione dei diritti umani.
Nel 1975 si è trasferita a insegnare storia dell’arte e poesia latinoamericana all’università di Bogotà, ha lavorato in ambito teatrale e condotto laboratori artistici con la comunità guambiana della Valle del Cauca, esperienza che l’ha portata ad approfondire il suo legame con la cultura indigena.
Quando al Concorso nazionale di poesia Eduardo Coté Lamus le è stato negato il premio a causa del tono erotico e irriverente della sua opera, è partita una serie di azioni artistiche di protesta che le hanno dato grande fama.
A questo periodo risalgono le Palabrarmas, neologismo che unisce le parole (palabra) con le armi (armas), concretizzate attraverso varie tecniche artistiche che spaziano dal disegno alla performance, dalla scrittura ai film, come risposta poetica alla distorsione del linguaggio e alla violenza delle menzogne.
Nel 1980 ha realizzato il suo primo documentario, ¿Qué es para usted la poesía? (Cos’è per voi la poesia?), oggi nella collezione del MoMA.
A New York ha collaborato con il periodico Heresies: A Feminist Publication on Art and Politics, leggendario gruppo di artiste e intellettuali femministe.
Nel 1981 ha esposto per la prima volta al MoMA, nella collettiva Latin American Video.
Tra i viaggi in giro per l’America Latina e gli Stati Uniti, producendo reading, performance poetiche e esposizioni, non ha mai smesso di scrivere libri.
Nel 1995 ha tenuto il primo seminario con la comunità rurale di Caleu, in Cile, per promuovere la riscoperta delle conoscenze ancestrali dando origine a un metodo di educazione decolonizzatrice che ha chiamato Oysi, titolo che ha dato alla sua organizzazione senza scopo di lucro.
Nel 1997 è stata pubblicata la biografia The Precarious. The Art and Poetry of Cecilia Vicuña. L’anno successivo ha realizzato la prima mostra multimediale Cloud-net, dedicata al riscaldamento globale e all’estinzione delle specie e delle civiltà, temi che denuncia e porta avanti, instancabile, in ogni suo lavoro.
Numerose sono state le esposizioni e retrospettive tenute in giro per il mondo e le conseguenti acquisizioni da parte dei più importanti enti museali internazionali.
Nel 2015 è stata nominata Messenger Lecturer per il Dipartimento di Antropologia della Cornell University per contribuire all’«evoluzione della civiltà con lo scopo specifico di elevare lo standard morale della nostra vita politica, commerciale e sociale».
Nel 2017 ha partecipato a documenta 14, una delle più importanti esposizioni d’arte contemporanea nel mondo.
Nel 2018 ha ricevuto il premio Achievement Award assegnato da Cisneros Fontanals Art Foundation ed è stata nominata Sherry Memorial Poet in Residence 2018 per il Programma di poesia e poetica dell’Università di Chicago.
Nel 2019 ha ricevuto il Premio Velázquez di arti plastiche assegnato dal Ministero della cultura e dello sport della Spagna.
Al Centro Cultural España di Santiago del Cile, ha presentato Minga del Cielo Oscuro, convocando personalità del mondo dell’arte, astronomia, archeologia, musica ed etnomusicologia per riflettere sull’oscurità del cielo notturno e sulle molteplici conseguenze ecologiche, neurologiche e sociali della sua scomparsa.
Il 23 aprile 2022 è stata la prima artista cilena a ricevere il Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia. Per l’occasione ha realizzato l’installazione site specific NAUfraga, dedicata alla fragilità (fraga) della laguna.
Il 3 maggio 2023 ha ricevuto la Laurea honoris causa dall’Università del Cile.
Per i suoi meriti, la poetica, l’instancabile ricerca e il fervente attivismo, si può considerare tra le più interessanti protagoniste dell’arte contemporanea.
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Il Bacio
Ti manderò un bacio con il vento
e so che lo sentirai,
ti volterai senza vedermi ma io sarò li
Siamo fatti della stessa materia
di cui sono fatti i sogni
Vorrei essere una nuvola bianca
in un cielo infinito
per seguirti ovunque e amarti ogni istante
Se sei un sogno non svegliarmi
Vorrei vivere nel tuo respiro
Mentre ti guardo muoio per te
Il tuo sogno sarà di sognare me
Ti amo perché ti vedo riflessa
in tutto quello che c’è di bello
Dimmi dove sei stanotte
ancora nei miei sogni?
Ho sentito una carezza sul viso
arrivare fino al cuore
Vorrei arrivare fino al cielo
e con i raggi del sole scriverti ti amo
Vorrei che il vento soffiasse ogni giorno
tra i tuoi capelli,
per poter sentire anche da lontano
il tuo profumo!
Vorrei fare con te quello
che la primavera fa con i ciliegi
Pablo Neruda
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Test Cos’è un antipoeta: Un commerciante di urne e bare? Un sacerdote che non crede in nulla? Un generale che dubita di se stesso? Un vagabondo che ride di tutto Anche di vecchiaia e morte? Un interlocutore di pessimo carattere? Un ballerino sul ciglio dell’abisso? Un narcisista che ama tutti? Un burlone sanguinario Volontariamente miserabile? Un poeta che dorme su una sedia? Un alchimista dei tempi moderni? Un rivoluzionario tascabile? Un piccolo borghese? Un ciarlatano? Un dio? Un innocente? Un paesano di Santiago del Cile? Sottolinei la frase che considera corretta. Cos’è l’antipoesia: Una tempesta in un bicchiere d’acqua? Una macchia di neve su una roccia? Un vassoio pieno di escrementi umani Come crede padre Salvatierra? Uno specchio che dice la verità? Uno schiaffo al Presidente della Società degli Scrittori? (che Dio l’abbia in gloria) Un avvertimento ai giovani poeti? Una bara a reazione? Una bara a forza centrifuga? Una bara a gas di paraffina? Una camera ardente senza defunto? Barri con una croce La definizione che considera corretta.
Nicanor Parra, La camisa de fuerza (1968)
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Nicanor Parra / 1914-2018
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Una splendida poesia di Teresa Wilms Montt.....
Una scrittrice cilena vissuta a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Versi di una donna di ieri per tutte le donne di oggi.
Una donna che ha lottato con tutta la sua forza, la sua determinazione per raggiungere la sua libertà.
❤️
Quando mi amavano senza amore, ho dato ancora più amore.....
Quando hanno cercato di zittirmi, ho urlato.....
"Sono Teresa Wilms Montt
e anche se sono nata cento anni prima di te,
la mia vita non è stata tanto diversa dalla tua.
Anche io ho avuto il privilegio d’essere donna.
E’ difficile essere donne in questo mondo.
Tu lo sai meglio di tutti.
Ho vissuto intensamente ogni respiro e ogni istante della mia vita.
Ho distillato una donna.
Hanno cercato di reprimermi ma non ci sono riusciti con me.
Quando mi hanno voltato le spalle, io ci ho messo la faccia.
Quando mi hanno lasciato sola, ho dato compagnia.
Quando hanno voluto uccidermi, ho dato vita.
Quando hanno voluto rinchiudermi, ho cercato la libertà.
Quando mi amavano senza amore, ho dato ancora più amore.
Quando hanno cercato di zittirmi, ho urlato.
Quando mi hanno picchiato, ho risposto.
Sono stata crocefissa, morta e sepolta,
dalla mia famiglia e la società.
Sono nata cento anni prima di te
comunque ti vedo uguale a me.
Sono Teresa Wilms Montt,
e non sono adatta per le signorine."
Teresa Wilms Montt
Dalla pagina facebook La Lucia
https://www.facebook.com/groups/403292376485555/permalink/2386496144831825/
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Pinochet “visto” da Gustavo Valcà rcel
PENTAGRAMMA DEL CILE ANTIFASCISTA
di Gustavo Valcárcel (qui versione originale)
Lima,
10 Settembre 1975 . “Sono stato due volte in Cile. Abbiamo avuto l’opportunità di frequentare notevoli autorità, tra le quali Luis Corvalán, Segretario Generale del Partito Comunista Cileno, oggi detenuto in ingiustissima detenzione e Pablo Neruda, che avevo già incontrato a Lima, La Habana e Mosca. Abbiamo vissuto la profonda soddisfazione di essere ospiti nelle case di entrambi a Santiago e a Isla Negra, sulla spiaggia di Valparaíso. Il golpe fascista di due anni fa ci segnò l’anima, ma non le speranze; ridusse in ceneri transitorie la nostra illusione cilena, ma non le nostre speranze; ci straziò il cuore ma non la fiducia nell’avvenire. A Londra apprendemmo della morte di Pablo e del nobile sangue popolare che stavano spargendo Pinochet e i suoi complici della Giunta. Tuttavia, ho dovuto acquietare i miei sentimenti per mesi e mesi, fino alla Settimana Santa di quest’anno, affinché sgorgassero a fiotti – insanguinati, imprecatori- i versi del mio
"Pentagramma del Cile antifascista",
che dovrebbero essere già stati pubblicati in questi giorni a Mosca , in russo, e nella rivista della Casa delle Americhe, a Cuba, in spagnolo. Domani è l’Anniversario Nazionale del Cile. Confermiamo al suo popolo solidarietà e poesia, i nostri auguri più umani per la sua rinascita nazionale e per il suo futuro socialista.”
Gustavo Valcarcel
———————————————-
I
PASSO dopo passo, sangue onesto,
frantoio di lacrime, cateratta di ossa,
un coagulo nero nella luce e in gola, nodi
piombo nelle strade e alla Moneda*, fumo.
Grumi crescenti, vertici rotondi,
scala di odio, balaustra di agonie
gradinata di sospiri massacrati,
scendiamo un po’, compagni,
è arrivata in Cile la morte a bastonate.
II
FRIGGIMI le lacrime, Santiago,
metti in forno le mie nostalgie
organizzami il pianto in quattro tempi
lega i miei dolori ad un palo
nascondi i miei singhiozzi in un nido
appendi le mie angosce al soffitto
fai strada ai miei sandali e al mio zaino, mondo
facciamo un po’ di silenzio, compagni,
è arrivata in Cile la morte a bastonate.
III
CHITARRA impazzita, canto sommerso,
il crimine ha calzato gli stivali,
l’escremento ha indossato la divisa
le orine adesso ostentano i galloni
la Giunta avanza scortata di feci.
Intanto, gli asini pascolano nei rettorati
e il libro va al rogo a capofitto
con rilegature singhiozzanti e laceranti caratteri.
Rileggete un po’ le loro ceneri, compagni
è arrivata in Cile la morte a bastonate
IV
LO Stadio è un mondo a parte, pianeta
di sogni rossi fatti a pezzi
piedistallo di morte prematura
teatro dell’angoscia in gradinate.
Già cominciano a cantare i due moncherini
di Victor Jara, il camminamorte,
usignolo decapitato
il muto più sonoro di questi anni.
Ascoltiamolo un po’, compagni,
è arrivata in Cile la morte a bastonate.
V
QUESTO è Pinochet, il disgustoso Caino del nostro tempo,
il boia su misura, il cerbero esatto,
il traditore perfetto, il servo diligente,
la emme più emme del vile abbecedario.
Dategli il suo diploma di tiranno insanguinato!
Dategli la sua patente di affamatore del popolo!
Dategli il suo titolo di saccheggiatore del fisco!
Dategli la sua medaglia di assassino made in USA!
Dategli alla fine il dottorato della morte!
Per tutto ciò abbonda di meriti.
Il Cile non potrà mai dimenticarlo
nelle sue notti più tristi e lunghe
nacque dal pus e si fece fistola
studiò da scorpione e si laureò come vipera
sognò di essere generale e si svegliò Giuda degradato.
Sovrano dei pidocchi, re dei vermi
non c’è dubbio, arriverai molto lontano, lontanissimo,
dove terminano le cloache!
VI
STANCO, il tempo ritira le sue impalcature
tremolante, il vento nasconde la sua vecchiaia
l’aviazione fascista le strappò il suo nome, Marta
e il suo cognome, Bulnes morì di solitudine.
Dolce abitante di una strada triste
i tuoi figli vivranno un altro settembre
ed allora tempo e vento dovranno ripetere
che Marta Bulnes morì felice
con la fede curva dei diseredati.
VII
COME accade con anni e anni mal sommati
oggi mi viene in sogno Antofagasta*
e mi giunge al timpano Valparaíso**
con il rintocco a morto delle sue camapane sotto il mare.
La nebbia singhiozza sottovoce
il pomeriggio mi porta gli odori del Sud
il quadro dell’uva in esequie
la via Teatinos rimpicciolita
l’immagine del copihues senza musica.
Ahi, la voce del Cile si è spezzata,
oggi si abbassa a raccoglierla il cuore.
VIII
MINATORE di Chuquicamata* accendi il forno
resisti all’aria e al fascismo, fuoco!
Illuminati molto nel profondo del corpo
perché l’ombra pesa, le pupille pesano
e la Giunta è un corvo che strappa gli occhi.
Compagno, stai attento,
ora ritornano le ingiurie alla cieca,
le pallottole, la repressione, l’assenza.
Compagno che vivi di notte tra i tetti
scostati dalla dura gogna,
sorvola la fossa comune,
allontanati dal sudario generale,
sì generale,
perché in Cile ancora c’è posto per la speranza!
IX
Mi allontano un po’ Pablo
per avvicinarmi di più a te.
Sommo e moltiplico le tue viñas del mar
le tue islas negras sottosopra
i tuoi fiori in vedovanza, i tuoi alberi spogli
ed il tuo lutto che ora infiamma
i pani, gli uccelli e i pesci.
La tua voce percorre il mondo, non ti affliggere,
trasformata in petali e polvere
e se è certo che nascosero il tuo corpo
non nasconderanno mai la tua vita in Cile
perché la tua vita Pablo ha un sapore Neruda
perché Neruda l’uomo, perché il tuo popolo, Pablo,
avanza sottobraccio ai tuoi versi, canta
e sta giungendo senza voce al domani.
X
QUESTO è Corvalán, il molto amato,
quello esperto in campi di concentramento
in lotte proletarie, in tenerezze
di sposo e di padre, di combattente e uomo
di militante senza rughe
di soldato che non conosce resa.
Quanto ti penso tra mille pareti
mi si rivolta l’anima
e si unisce al gran movimento
che chiede libertà per i tuoi sogni.
Forse saprai, Luis Corvalàn,
che il muro gira veloce verso sinistra
che la rosa cerca il pane con fermezza
perché il loro giorno si avvicina per tutti
e vogliono stare insieme
in un matrimonio di indissolubile amore.
Grande operaio del futuro cileno
stringo le mie insonnie con i pugni
afferro la solitudine dai capelli
rinchiudo la tristezza nella sua gabbia
di notte mi fermo. Sento. Odo. Grido. Vedo:
tra l’austerità del filo spinato
sul groppone del tempo del ricordo
di spalle al patibolo messo a punto
al centro della nerezza mal riuscita
l’unica cosa che brilla è la fantasia
della tua rossa allegria comunista.
XI
IL coraggio ha imparato molto da te
quando afferrasti la vita in un secondo
fucile in mano, polso fermo,
e cominciasti a dettare una semplice lezione:
come morire di faccia al cielo, sfinito,
sudando dignità.
Cile, Salvador, Valparaíso Allende:
si apriranno i grandi viali
come dicesti con l’agonia al fianco
e ti vedremo in piedi al centro di essi
colpire il passato con molta furia
baciare il domani sulla sua guancia australe
abbracciare l’indio più anziano dell’Arauco
e tornare di notte all’opera del mare.
Si apriranno i grandi viali
compagno Presidente
e perfino lì giungerà a piedi la nostra speranza.
(Traduzione di Annalisa Melandri)
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Luis Sepùlveda a Carmen Yanez, sua moglie L’ultima nota del tuo addio mi disse che non sapevo nulla e che arrivavo al tempo necessario di imparare i perché della materia. Così, fra pietra e pietra seppi che sommare è unire e che sottrarre ci lascia soli e vuoti. Che i colori riflettono l’ingenua volontà dell’occhio. Che i solfeggi e i sol raddoppiano la fame dell’orecchio Che è la strada e la polvere la ragione dei passi. Che la via più breve fra due punti è il giro che li unisce in un abbraccio sorpreso. Che due più due può essere un pezzo di Vivaldi. Che i geni gentili stanno nelle bottiglie di buon vino. Una volta imparato tutto questo tornai a disfare l’eco del tuo addio e al suo posto palpitante scrissi la Più Bella Storia d’Amore ma, come dice l’adagio, non si finisce mai d’imparare e aver dubbi. Così, ancora una volta facilmente come nasce una rosa o si morde la coda un a stella cadente, seppi che la mia opera era scritta perché La Più Bella Storia d’Amore è possibile solo nella serena e inquietante calligrafia dei tuoi occhi È morto per coronavirus lo scrittore cileno Luis Sepúlveda. Aveva 71 anni. Ci piace ricordarlo con queste sue parole che, anche se hanno la forma della poesia, sono rivolte a sua moglie, come se fossero una lettera a lei. Prima costretti all’esilio, poi separati per diversi anni e infine ricongiunti, la storia d’amore fra Luis Sepùlveda e la moglie Carmen Yanez, poetessa cilena, sembra uscita da un romanzo, proprio come recita una poesia di Sepùlveda, dal titolo “La más bella historia de amor". Ringraziamo Giulia Oggionni per questa segnalazione.
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Si piange in silenzio e con il pugno chiuso... Ma che dolore.
Prima costretti all’esilio, poi separati per diversi anni e infine ricongiunti, la storia d’amore fra Luis Sepùlveda e la moglie Carmen Yanez, poetessa cilena, sembra uscita da un romanzo, proprio come recita una poesia di Sepùlveda, dal titolo La más bella historia de amor.
L’ultima nota del tuo addio
mi disse che non sapevo nulla
e che arrivavo
al tempo necessario
di imparare i perchè della materia.
Così, fra pietra e pietra
seppi che sommare è unire
e che sottrarre ci lascia
soli e vuoti.
Che i colori riflettono
l’ingenua volontà dell’occhio.
Che i solfeggi e i sol
raddoppiano la fame dell’orecchio
Che è la strada e la polvere
la ragione dei passi.
Che la via più breve
fra due punti
è il giro che li unisce
in un abbraccio sorpreso.
Che due più due
può essere un pezzo di Vivaldi.
Che i geni gentili
stanno nelle bottiglie di buon vino.
Una volta imparato tutto questo
tornai a disfare l’eco del tuo addio
e al suo posto palpitante scrissi
la Più Bella Storia d’Amore
ma, come dice l’adagio,
non si finisce mai
d’imparare e aver dubbi.
Così, ancora una volta
facilmente come nasce una rosa
o si morde la coda un a stella cadente,
seppi che la mia opera era scritta
perchè La Più Bella Storia d’Amore
è possibile solo
nella serena e inquietante
calligrafia dei tuoi occhi
( dalla bacheca di Antonio Nazzaro fb)
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accadde...oggi: nel 1889 nasce Gabriela Mistral
accadde…oggi: nel 1889 nasce Gabriela Mistral
2015 – Ricorre oggi il 126esimo anniversario della nascita di Gabriela Mistral, poetessa ed educatrice cilena. Dopo la sua formazione e l’attitudine alla poesia, la donna si dedica all’insegnamento. Nel 1918, è nominata direttore di una scuola secondaria per ragazze, situata nell’area rurale di Punta Arenas. La terra di Punta Arenas diventa fonte di ispirazione per una serie di poesie dal titolo…
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Recensione: Un’ode alla vita e all’umano nello stile di Neruda. Recensione di Alessandria today
Canto delle radici profonde evoca l’inesauribile profondità dell’animo umano e il legame indissolubile con la natura
Canto delle radici profonde evoca l’inesauribile profondità dell’animo umano e il legame indissolubile con la natura. Con versi che riecheggiano lo stile del grande Pablo Neruda, questa poesia celebra la memoria, la speranza e la resilienza che permeano la vita. La poesia utilizza immagini potenti e simboliche, come le radici e il fiume, per raccontare il viaggio dell’uomo, un viaggio fatto di…
#Alessandria today#amore e poesia#Canto delle radici profonde#canto poetico#celebrazione della natura#Google News#italianewsmedia.com#legami universali#letture emozionanti#memoria poetica#metafore nella poesia#Neruda poesia d’amore#omaggi letterari#omaggio a Neruda#omaggio a un poeta#Pablo Neruda#Pablo Neruda biografia#Pier Carlo Lava#poesia cilena#poesia contemporanea#poesia dell’anima#poesia di speranza#poesia e natura#poesia e passione#poesia e politica#poesia e terra#poesia e umanità#poesia e vita#poesia immortale#poesia intrisa di emozioni
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Violeta Parra. Gracias a la vida
https://www.unadonnalgiorno.it/gracias-a-la-vida/
Violeta Parra è stata la più importante cantautrice cilena, pioniera del movimento politico e culturale degli anni 70, Nuova Canzone Cilena.Musicista, poeta, artista autodidatta, aveva un timbro acuto, graffiante, che scivolava facilmente nel lamento. Una voce capace di spunti teneri e ironici, capace di diventare un grido lacerante.Fortemente osteggiata dal potere per il contenuto politico delle sue opere, ha avuto una vita difficile sin dall’inizio.Nata il 4 ottobre 1917 a San Carlos, in una famiglia povera, erano dieci tra figlie e figli, suo padre era un maestro di musica, passione trasmessa anche a loro. Suonava la chitarra sin da bambina e presto lasciò la scuola per cercare di guadagnare qualcosa cantando e suonando insieme ai fratelli per le strade, nei treni, nei circhi e persino nei bordelli.Ha iniziato a comporre canzoni quando aveva dodici anni ma poi venne folgorata dalla ricerca delle tradizioni. Con un magnetofono e una chitarra percorse i luoghi più sperduti per riscattare il folclore dimenticato dal suo popolo con l’obiettivo di raccogliere direttamente dalle voci dei vecchi contadini le miriadi di canzoni popolari che stavano per scomparire dalla memoria collettiva. Il suo è stato un appassionato lavoro di ricerca antropologica che è stata l’essenza e materia della sua ricerca artistica e esistenziale.Ha portato la musica cilena a livelli mai conosciuti prima.Trasferitasi a Santiago del Cile, nel 1937, conobbe il suo primo marito da cui ha avuto Ángel e Isabel, destinati a seguire il suo stesso destino di musicista.
Nel 1949 si è risposata e ha avuto altre due figlie Luisa e Rosita Clara.
Nel 1953, venne notata da Radio Cile dopo un recital a casa di Pablo Neruda. L’anno successivo ha ricevuto il premio Caupolicán che le ha consentito di partire in un tour europeo. Ha vissuto a Parigi per due anni.
Durante i postumi di un’epatite che nel 1959 l’aveva obbligata a letto, aveva iniziato a tessere degli arazzi in iuta e lana in cui riproduceva gli stessi motivi recuperati dalla tradizione. Successivamente dipingeva e creava sculture. Ha fondato e diretto il Museo d’Arte Popolare ed è stata la prima donna latinoamericana a esporre, nel 1964, al Museo del Louvre.
Nel 1960 ha incontrato il musicologo e antropologo svizzero Gilbert Favre, l’amore della sua vita a cui ha dedicato centinaia di canzoni d’amore, l’ultima, la più famosa, è nata quando la loro relazione è finita, nel 1966, Run Run se fue pa’l Norte.
Nello stesso anno ha registrato il suo ultimo disco: Gracias a la vida diventato un successo internazionale grazie a Joan Baez.
È morta suicida il 5 febbraio 1967 a causa di una forte depressione, non aveva ancora cinquant’anni. Pablo Neruda le ha dedicato la poesia
Elegía para Cantar, in cui la definisce Santa di pura creta.
Nel 1991 è stata creata la Fondazione Violeta Parra che raccoglie tutta la sua opera.
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"LA PIÙ BELLA STORIA D'AMORE" di Luis Sepúlveda
L’ultima nota del tuo addio
mi disse che non sapevo nulla
e che arrivavo
al tempo necessario
di imparare i perché della materia.
Così, fra pietra e pietra
seppi che sommare è unire
e che sottrarre ci lascia
soli e vuoti.
Che i colori riflettono
l’ingenua volontà dell’occhio.
Che i solfeggi e i sol
raddoppiano la fame dell’orecchio
Che è la strada e la polvere
la ragione dei passi.
Che la via più breve
fra due punti
è il giro che li unisce
in un abbraccio sorpreso.
Che due più due
può essere un pezzo di Vivaldi.
Che i geni gentili
stanno nelle bottiglie di buon vino.
Una volta imparato tutto questo
tornai a disfare l’eco del tuo addio
e al suo posto palpitante scrissi
La più bella storia d’amore
ma, come dice l’adagio,
non si finisce mai
d’imparare e aver dubbi.
Così, ancora una volta
facilmente come nasce una rosa
o si morde la coda una stella cadente,
seppi che la mia opera era scritta
perché La più bella storia d’amore
è possibile solo
nella serena e inquietante
calligrafia dei tuoi occhi.
*Poesia (dedicata alla moglie, la grande poetessa cilena Carmen Yanez) tratta dalla raccolta "Poesie senza patria" di José Manuel Fajardo
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Re:play in collaborazione con Young Jazz presenta: OoopopoiooO - Elettromagnetismo e libertà / Spazio ZUT 13.04.2019 ore 21.30 Gli OoopopoiooO riscrivono cent’anni di elettromagnetismo. A un secolo esatto dalla nascita del theremin, Valeria Sturba e Vincenzo Vasi sfoderano le antenne dei loro evanescenti strumenti per sconfiggere la monotonia della lobotomia de li tempi mia. E pubblicano il loro secondo album: Elettromagnetismo e Libertà. Sotto questo epico e speranzoso titolo si cela un lavoro in cui il duo volge a superare le forme musicali consuete, creando una miscela pop in cui convivono in armonia combinazioni stilistiche distanti tra loro: musica contemporanea, minimalismo, tarantelle techno, rap, musica popolare e filastrocche da cantare con l’amico immaginario. Rispetto al disco precedente gli OoopopoiooO hanno lavorato maggiormente sulla forma canzone, seppur sempre sghemba e non convenzionale. Nonostante restino un duo di theremin, non è tutto incentrato su questo strumento, ma il focus è stato allargato alle voci. In “OpoSong”, ad esempio, l’interazione tra theremin e voci, sonorità che possono risultare molto simili e fondersi, è particolarmente marcata. La creatività è ludica: i giocattoli sono utilizzati come veri strumenti musicali o come effetti sonori e quasi tutti i brani contengono all’interno tessiture sonore costituite da giocattoli, sia acustici che elettronici; e ancora la stessa lingua è plasmata attraverso storpiature e pronunce particolari, fino alla vera invenzione di idiomi, come nella minimalista “Misika”, cantata in un finto italiano francesizzato, e in “Toki”, una sorta di danza pellerossa in nientese (grammelot). Le parole prendono anche la forma del rap, come in “Rosafunky” in cui lo strumento solista è un rosario elettronico che rappa su una improbabile base funky, o in “PerDono” in cui Max Princigallo recita una sua poesia. E poi ci sono le arti visive a fare da ispirazione, tra cinema (il primo brano del disco, “Lo Sconosciuto”, è nato per un film muto di Tod Browning, sonorizzato dal duo) e animazione (“Il Topolino Va” e “Dai Topich” sono due brani collegati, una specie di suite surreale per topi). Il disco, prodotto in autonomia da Vasi e Sturba, vede numerosi ospiti, alla voce e agli strumenti, tra cui il già citato Max Princigallo, Cristiano De Fabritiis (batteria), Giorgio Pacorig (piano Rhodes) e Marco Santoro (fagotto). Una menzione speciale va dedicata a “La Partida”, brano composto da Victor Jara, cantautore simbolo della Nueva Cancion Cilena, ucciso durante il golpe militare e reso famoso in Italia dagli Inti Illimani. E’ un brano che gli OoopopoiooO hanno suonato per la prima volta al Festival Electromagnetica di Santiago del Chile, nello spazio polivalente GAM, che ai tempi del golpe veniva utilizzato come centro militare di tortura. E il charanguista degli Inti Illimani, Horacio Duran, ha suonato nel disco, proprio ne “La Partida”. L’altro brano non originale è “Elettromagnetismo e Libertà”, che dà il titolo all’album e porta la firma di Tristan Honsinger, performer e violoncellista americano, improvvisatore e jazzista free, nonché uno dei principali ispiratori degli OoopopoiooO. Libertà di espressione, fantasia visionaria e giocosa, surrealismo lo fi, sono le (non) regole di un progetto rinnovato, con un nuovo spettacolo live in cui i due polistrumentisti e performer saranno circondati da tastierine, giocattoli colorati, antenne, archi e corde, sui palchi di tutti gli universi. Ingresso 10 euro Ridotto 7 euro* * sotto i 25 anni, con la tessera di Young Jazz, con il biglietto di Re: act / Come va a pezzi il tempo - Progetto Demoni POSTI LIMITATI biglietti disponibili su: https://www.diyticket.it/events/Musica/2407/ooopopoiooo-spazio-zut-foligno-biglietti per informazioni: 389 0231912 [email protected] Si ringraziano: Music Outlet Foligno, Music Service Calderini, SUbA Recording Studio, City Hotel & Suites, Wuemme Palestra
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“Fino al fondo di me stesso”. Raúl Zurita, poeta combattente, ottiene il “Reina Sofía” (che vale 42mila euro). Da noi il poeta è vilipeso, la poesia (dicono) “non vende”, ma si continua a pubblicare di tutto…
Ieri litigavo, con ferma serenità, per interposta persona, con un ‘promotore’. Uno di quelli che devono far vendere libri. Parlavo di un grandissimo autore – gratificato dall’al di là – che ha scritto alcune grandissime poesie (parere mio, sia chiaro, che vale quello di un cane bagnato). “Guardi, la poesia non si vende”, mi fa, il tizio. Che scoperta. Eppure si continua a pubblicare, gli dico. Non farebbero meglio a non pubblicarla più? (Per altro, con quel che si pubblica).
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Mi pare un delirio grottesco. L’Italia, in fondo, ha fondato la poesia moderna (Dante, Petrarca, bla bla) – e l’ha sputtanata. In effetti, da noi il poeta, se tale è davvero, ha il ruolo dello sfigato; altrimenti, se ricco e ‘introdotto’, è un fatuo oggetto d’arredo nei salotti letterari (esistono ancora?, censimento di fossili). Il resto lo sapete meglio di me: tutti si pensano poeti, grandissimi, per altro, e la poesia è il regno del livore, un rango che si misura in invidia. Amen.
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Alla ragione ‘umana’ – spesso gli uomini sono ominicchi e i poeti un fottio di lagne – si lega quella del ‘sistema’. Insomma, se il poeta muore per asfissia, se sta nel tormento dell’indifferenza – cosa che al poeta può anche star bene: sono gli altri, eventualmente, ad aver bisogno di lui, lui sta bene così – meglio così. Preciso la questione ‘sistema’. In Italia i premi sono affare per poveracci. Il Premio Strega e il Campiello, per dire di due dei più importanti, offrono allo scrittore 5mila euro. Roba che per me è manna, ma in assoluto, praticamente, ti cambia nulla. Certo, c’è il reflusso ‘d’immagine’, i libri ristampati con la bandella, il carosello delle interviste. Buon per loro: Strega e Campiello non premiano i poeti.
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Preciso ancora. Nel mondo ispanoamericano – non ho detto i fausti States, l’ambita Russia, le piane piene di applausi della Cina, luoghi dove il denaro gira come l’apericena – la poesia è presa sul serio. Il Premio Reina Sofía, che si assegna ogni anno dal 1992, può effettivamente dare un certo vulcanico impulso al poeta, per natura povero e nudo. Vale 42mila euro. Non sono pochi. Il paradosso – che misura l’indecenza culturale di un Paese che ha fondato la poesia ma in cui la poesia “non vende” – è che tolti alcuni (Alvaro Mutis, Mario Benedetti, Nicanor Parra, Juan Gelman, Ernesto Cardenal), i poeti più noti in quei mondi, così prossimi al nostro, sono totalmente ignoti qui. Chi conosce Bianca Varela, Fina García Marruz, Rafael Cadenas, ad esempio?
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Quest’anno il ‘Reina Sofía’ è andato a Raúl Zurita, cileno, classe 1950, la cui vita ha riprodotto un tragico cliché dei poeti in quel tratto di mondo: nel 1973, oppositore di Pinochet, viene arrestato. Zurita ha diversi legami, biografici (la mamma è una emigrata italiana) ed estetici (i suoi libri più grandi, Purgatorio, Anteparaíso, La vida nueva, si legano singolarmente a Dante), con l’Italia. La nota italiana Wikipedia che lo riguarda è lunga e fitta di dati: eppure, l’opera di Zurita, in Italia, è pressoché introvabile, come sempre dobbiamo la sua conoscenza a piccoli & piccolissimi (cioè, grandissimi) editori, Raffaelli (Claudio Cinti ha tradotto Purgatorio), Le parole gelate, Squilibri, Valige rosse. Qui potete leggere un profilo di Lorenzo Mari. Non credo che il premio, pur così importante, cambi qualcosa: in Italia la poesia non vende ma in troppi si credono poeti.
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Come è degno di un uomo di genio, Zurita ha ottenuto la prima pagina di “El País”. Rafael Gumucio ha descritto così la sua opera: “A Raúl Zurita sono bastate una decina pagine su una rivista per lasciare un segno indelebile nella poesia cilena. La rivista si chiamava Manuscrito e nella dittatura installata di recente (era il 1975) costituì una boccata di aria fresca. La rivista durò soltanto un numero, ma nessuno poteva attendersi che Áreas verdes, dello studente di ingegneria Raúl Zurita, 25 anni, si sarebbe rivelato un tale successo. La poesia cilena aveva conosciuto fino ad allora la parola totale e terrestre di Pablo Neruda e l’ironia geometrica e risoluta di Nicanor Parra. Zurita, che conosceva la matematica quanto Parra ma che si abbeverava alle acque oscure di Residencia en la tierra di Neruda, cercò di coniugare entrambe le possibilità liriche, e trovò la sua voce… Tutta la poesia di Zurita è il combattimento interiore di un essere che abita i disagi del mondo. Un uomo costretto a dare tutto per parlare di ciò che non ha nome, che è ovviamente il dolore, ma che a volte si trasmuta in amore, come in Dante, e quando appare è solo per sparire, con grazia raggiunta”.
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In una intervista rilasciata qualche anno fa a “El País” (che leggete integralmente qui) Zurita ha detto: “La poesia ha bisogno di radicalità e passione, non ti accontenti mai. Non so se quello che faccio sia buono, cattivo, mediocre, ma non posso rassegnarmi e continuo a fare ciò che faccio… Ho il Parkinson e lavoro con la mia vita, senza commiserarmi, arrivando fino al fondo di me stesso. Se vi arrivo, in qualche modo è come se fossi giunto al fondo dell’essere umano”.
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Naturalmente, non sono i premi che contano, la poesia va, indipendente dai poeti. Eppure, è quando c’è un criterio, un carato, un crisma, che puoi ribellarti: al contrario, fai castelli di sabbia in una palude. Ci sono i falsi poeti e i veri poeti, come i falsi e i veri profeti. A volte, non ci sono neanche quelli. (d.b.)
L'articolo “Fino al fondo di me stesso”. Raúl Zurita, poeta combattente, ottiene il “Reina Sofía” (che vale 42mila euro). Da noi il poeta è vilipeso, la poesia (dicono) “non vende”, ma si continua a pubblicare di tutto… proviene da Pangea.
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