#narrativa di genere
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pier-carlo-universe · 4 months ago
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"Il Silenzio dei Sentimenti di Romeo Gìpari": Racconti di Amori Celati e Dolori Inascoltati. Recensione di Alessandria today
Un viaggio nell’animo umano attraverso emozioni taciute e relazioni negate
Un viaggio nell’animo umano attraverso emozioni taciute e relazioni negate Romeo Gìpari, con Il Silenzio dei Sentimenti, pubblicato il 29 settembre 2024, ci offre una raccolta di racconti intensa e struggente. Il volume esplora la profondità del silenzio come espressione di sentimenti repressi e affetti non dichiarati, in un’epoca e in contesti in cui l’autenticità emotiva è spesso soffocata…
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elelandia · 7 months ago
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Le mie belle belle letture estive.
Per qualche motivo che non mi è ancora ben chiaro, io tra Giugno e Luglio metto il cervello in pausa e procedo con il pilota automatico. Mi piacerebbe essere sempre funzionante in tutti gli aspetti che compongo la mia vita, ma i neuroni sono quelli che sono e ormai sono giunta alla conclusione che no, non è possibile essere sempre attivi su tutto. Credo che delle pause siano anche salutari,…
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gregor-samsung · 6 months ago
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" «Ogni uomo che vedo e ogni uomo di cui sento dire qualcosa, qualsiasi cosa, mi dimostra l’assoluta inconsapevolezza dell’intero genere umano, e che esso, il genere umano e la natura tutta sono una truffa. Una commedia! In effetti il mondo, come già è stato detto moltissime volte, è un palcoscenico sperimentale su cui si prova in continuazione. Dovunque guardiamo, vi è un continuo imparare a parlare, a camminare, a pensare, a recitare a memoria, a ingannare, a morire, a essere morti, tutto il nostro tempo se ne va in questo. Gli uomini non sono altro che attori che vogliono presentarci qualcosa che già conosciamo. Tutti imparano una parte» disse il principe. «Ognuno di noi impara continuamente una parte (la sua) o più parti, oppure tutte le parti possibili e immaginabili, senza sapere perché (o per chi) le stia imparando. Questo palcoscenico sperimentale è uno strazio unico e quello che vi si recita non diverte nessuno. Su questo palcoscenico tutto avviene però con grande naturalezza. Ma si cerca sempre un drammaturgo. Quando si alza il sipario, lo spettacolo è finito». E il principe disse che la vita è una scuola, nella quale si insegna la morte. E aggiunse che essa è popolata di milioni e milioni di scolari e di maestri. "
Thomas Bernhard, Perturbamento, a cura e con un saggio di Eugenio Bernardi, Adelphi (collana Gli Adelphi N° 83), 2024¹¹; p. 157. (Corsivi dell'autore)
[Edizione originale: Verstörung, Insel Verlag, Frankfurt am Main, 1967]
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queerographies · 4 months ago
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[Ti parlo di noi][Federico Arimondi]
Scopri la commovente storia di Federico, un uomo che ha combattuto per la propria identità negli anni '70, in un'Italia ancora poco aperta alle diversità. Un racconto di coraggio, rinascita e lotta per i diritti
Dalla sofferenza alla rinascita: una storia di transizione di genere negli anni ’70 Titolo: Ti parlo di noiScritto da: Federico Arimondi Edito da: Gruppo Albatros Il FiloAnno: 2024Pagine: 236ISBN: 9788830696457 La trama di Ti parlo di noi di Federico Arimondi All’inizio ci sono Michela e Federico. Michela, egocentrica presenza che tutto divora, catalizzatrice di richieste di coerenza e…
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deathshallbenomore · 3 months ago
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non solo le romcom nel solco della fantasia assolutamente genderizzata di sposare un principe sono interessanti da un punto di vista antropologico, sociale, economico e politico, ma aggiungerei anche che solitamente le monarchie rappresentate nella cornice narrativa di questi film sono molto probabilmente degli stati canaglia i cui prodotti tipici sono chiaramente l’evasione fiscale e la violazione dei princìpi dello stato di diritto. ma dato che il pov è quello della umile ragazza innamorata del suo principe (e noi insieme a lei, in quanto nostra proiezione in questo genere di film), anche una monarchia de facto assoluta che considera la democrazia un orpello ci viene proposta come buona e illuminata. urge indagine ulteriore su come questo genere di prodotto concorra alla causa conservatrice tardo-capitalista finalizzata a promuovere fascinazione verso disparità e privilegio di classe (nobiliare), mascherandosi da innocua pellicola romantica
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susieporta · 4 months ago
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❓️A CHI GIOVA IL PROCESSO DI MOSTRIFICAZIONE DEL MASCHILE ? IL PATRIARCATO E' UNA FORMA DI CONTROLLO DI TUTTI, NON SOLO DELLE DONNE
Nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne proponiamo di uscire dalla narrativa che degli uomini sembra saper solo restituire un'immagine mostruosa e pericolosa.
Come siamo arrivati a vedere degli uomini solo sotto questo aspetto? Perchè le uniche parole che si spendono per descrivere la psicologia maschile sono più o meno sempre le stesse?
Assistiamo quotidianamente a profezie che si avverano, laddove gli uomini sembrano non avere strumenti alternativi alla violenza per manifestare la propria fragilità. Ed in effetti è così. A fronte di un sistema nervoso che alla nascita è più immaturo e sensibile nei maschi rispetto alle femmine, tale per cui i bambini maschi avrebbero bisogno di maggior accudimento e vicinanza perchè oggettivamente più bisognosi e meno autonomi, abbiamo sviluppato una cultura educativa che li spinge precocemente ad essere indipendenti, a negare i propri bisogni di vicinanza ed evolutivi in genere.
A questo scopo i modelli maschili a tutti i livelli insegnano che per produrre l'illusione del maschio adeguato alle aspettative culturali occorra imparare a sopprimere e a non ascoltare le proprie emozioni, in particolare quelle della paura e della tristezza, antidoti naturali alla rabbia e all'ira che sono alla base degli agiti sia auto ( i suicidari sono in larga maggioranza di sesso maschile) che eterolesionisti ( non solo violenza sulle donne, ma condotte pericolose come la guida ad alta velocità).
In pratica è come se per avere l'illusione di saper guidare una macchina altamente sofisticata si dicesse ai conduttori di disattivare delle spie e regolarsi unicamente su un paio: la rabbia e il disgusto.
In questo video provo a dimostrare come tutta questa ignoranza sul funzionamento psicologico degli uomini sia delle donne che degli uomini stessi favorisca una dimensione immatura delle relazioni che porta necessariamente a poter controllare più facilmente gli uni e gli altri attraverso l'influenza esterna come i modelli culturali che gli uomini forti e sicuri sarebbero più attraenti.
A pensarci bene l'indicazione che viene data ai maschi fin dalla tenera età è "Non essere te stesso. Fa di te una copia del modello dominante".
Ed è proprio questa distanza sempre più siderale tra l'immaturità interiore e l'immagine esteriore, di negazione del bisogno dell'altro, che porta gli uomini a rifugiarsi nelle dipendenze in generale, non solo dalle donne, ma anche da sostanze o da lavoro: gli uomini anestetizzati sono burattini, soldatini, schiavi che non possono che muoversi in copioni copia e incolla, fortemente influenzabili e controllabili che non reggono all'impatto di una realtà, come quella intima, che chiede loro di esistere, di esserci.
La deriva di tutto questo si manifesta nella solitudine profonda in cui vive la maggior parte degli uomini: privati della capacità di condividere la propria interiorità, resi totalmente muti, privi di parole per dire cosa stanno vivendo e incapaci di chiedere aiuto, perchè non legittimati a farlo per non sprofondare in una vergogna che annichilisce, non resta loro che obbedire al mondo esterno e reagire ad esso come sistemi ipersemplificati stimolo-reazione, incapaci di portare una mediazione personale che verrebbe dal mondo interiore.
Anche questo è un lato del patriarcato di cui non si parla.
La lotta alla violenza passa anche dal creare una #cultura che aiuti e supporti i maschi a fare una ormai sempre più necessaria rivoluzione.
Servono nuovi Ulissi, pronti a scoprire le terre del mondo interiore maschile e donne in grado di affrontare il maschile immaturo e a tenervi testa, proprio come fece Penelope con i proci.
Il nostro contributo alla creazione di questa cultura proviamo a darlo, come abbiamo già fatto in passato in altre occasioni pubbliche, organizzando insieme al Comune di Mozzo la presentazione del libro di Alberto Penna "Uomini che piangono poco" (Ed. Garzanti) mercoledi 4 dicembre ore 20.30 presso la Sala Civica della Biblioteca di Mozzo.
L'evento è gratuito e a prenotazione obbligatoria. Il contrasto alla cultura della Violenza parte dalla creazione di premesse culturali diverse.
Contaminiamoci con nuove idee. Allarghiamo gli orizzonti di senso.
🤗ecco il link per iscrivervi all'evento:
https://www.eventbrite.it/e/maschi-che-piangono-poco-tickets-1082914248669?aff=oddtdtcreator
Centro Divenire Bergamo
#uominisidiventa
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thekosmicdweller · 1 month ago
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Niente catene - Prefazione
Quel che segue è la prefazione al bello scritto di filosofia morale che intendo presentar come manifesto del far de la mente propria un paradiso d'inferno, od un inferno di paradiso.
È insito nella natura di uomo che ci accomuna che il nostro prosperar sia, seppur limitatamente alla potenza, infinito, e che dunque il nostro osar non si soffochi con l'oppressione de le cose che vengon da fuori o da dentro. Qualcosa di evanescente impregna le nostre membra carnose, e questo è non la brama di vivere, ma quella di affermarsi, che differisce dalla volontà di potenza nella misura in cui essa è l'anelito della sopravvivenza dell'identità, della libertà dell'essere della stessa essenza, la guerra all'onnipotenza del fato.
Quel che Milton immortalava co'l verbo di Lucifero era più che vero, nella sua assolutezza, poichè non fa che render manifesta la viltade propria dell'umanità.
Allor io sancisco Pandemonio la nostra Terra, e Inferno lo bello universo che a noi si para.
La giustificazione di Dio non reggerà giammai. Dio è il signore delle catene.
L'argomento che tratterò principalmente in questo saggio è, per l'appunto, quel de le catene. La tensione al rimuoverle, la loro natura, la loro classificazione, e confronterò lo mio bel pensiero a quel che fu di grandi menti a me anteriori.
Se mi fusse dimandato di esser nudo pe le strade del mondo nostro direi di no, poichè quel sarebbe umiliazione et deumanizzazione. Privar dell'umil decoro gli uomini è tremendo e sfrontatamente osceno; questo si suppone. Ma si io vi chiedessi di sollevar motivo per cui questo sia tale, nulla si reggerebbe se non su se stesso. Nello uomo razionale, che si fa diverso dagli animali altri, alla maniera istessa del variar della meccanica novella e quella classica, non è insita catena di genere alcuno, ma meramente indotta da fattori di tipo diverso. Ma definiamo a modo l'essenza de le catene.
Una catena è quel che potremmo dire valore, in termini di filosofia nietzschiana, ma esteso a tutto quel che non è naturale. È d'ausilio mio l'introduzione breve di un dialogo da me scritto, con protagonisti la luce et l'ombre, per dispiegare le valenze delle catene.
Il cielo crepuscolare, laggiù ove si feriva, si dissanguò di uomini eretti e iracondi, sgorgando per le spoglie di Dio onnipotente poiché lo avevano giustiziato.
Che costui fosse morto o in pena eterna e viva è mistero.
Fratelli e sorelle vi ascendevano per natural torri di nude membra, commosse delle passioni più libere di ogni uomo o bestia.
Cosa poteva più trattenerli? Ciò che si può naturalmente è l'unico vero ch'è giusto perchè instabilito.
Lontana, a tender verso l'aspra ferita celeste, era la terra, come minuta collina aguzza.
Vi serpeggiavano attorno radici avvizzite e antiche, gambe di un albero mille volte narrato. Era così secco, vecchio e nel passato stagnante che i rami magri non erano dai suoi piedi distinti.
Lì arrivarono due, alla destra e alla sinistra della pianta moribonda, un seduto e l'altro a toccar la volta con la testa. Uno brillava, e le sue luci esistevano ed erano sul resto; il secondo era, e ciò che splendeva esisteva solo su ciò che era.
Iudex. "L'hai capito, cosa sia davvero Dio, Qadmon?" chiese uno.
Qadmon. "Me lo chiedi perchè vuoi parlarmene tu, Iudex?" rispose l'altro.
Iudex. "Dio è come ciò di cui è stato immagine nella narrativa dei secoli. Sole."
Qadmon. "Concordo."
Iudex. "Tu credi dunque, come me, che Dio rischiari il tutto a tutti?"
Qadmon. "Ciò che credo differisce, in parte. L'operazione del Sole è diversa. L'operazione del Sole consiste nel farsi morsa incandescente della totalità delle cose, che questa sia morsa effettiva o teporoso abbraccio poco importa. È imposizione, anche di bene resta tale."
Iudex. "Può esistere una completa e natural naturalezza, dunque?"
Qadmon. "Quel ch'è scelto è imposto, anche la libertà. Ammettere un creatore è torto a ciò che è generato."
Iudex. "Ma non credi anche tu, Qadmon, che personificar l'atto di generare ti stia ottenebrando come tanto critichi? L'esistenza ammette logicamente un creatore, che esso sia persona o meno, ed è per logica stessa che le cose debbano esser come sono alla radice e in alcun altro modo. Sostieni vi sia differenza?"
Qadmon. "La peccaminosa natura della volontà degli opulenti."
Iudex. "Ripeti uroborici i medesimi errori. È vano discutere su quest'etica, poichè all'accidente, non resta che accettare l'impossibile essenza della vera libertà."
Qadmon. "Lo scurimento delle cose è aberrazione grammaticale. La dispersione dei raggi di luce fa naturalmente essere la naturalezza."
Iudex. "Perché ciò che è naturale è necessariamente migliore?"
Qadmon. "Non parlo di migliore, Iudex, io parlo di vero."
Quel ch'è inteso nelle parole che sovra ho scritto non è che un'analogia di simboli. Le catene non sono che luce, ed è per motivo espresso che si può viver d'ombre, di luce a moltitudine o di mediocritas neutrale.
Il nostro Inferno è irradiato accecatamente da un mondo di brillamenti demiurgici, opera di quel che diremo un malvagio fabbro che si impone su ogne cosa con le veci d'un sole, portandovi il Paradiso.
Il fabbro è sia ente di luce che fautor di catene, poichè le abbiamo capite esser cosa medesima, e altri non è che la mostruosa e aberrante società radiosa.
La società radiosa o lunare, res extensa del fabbro, ha pilastri e costrutti deboletti ma dall'inespugnabil aestetica, brillante e splendente e maravigliosamente lucente, che ne fan parer la solidità invera - e si badi al prefisso in, poichè non si parla di non verità ma del suo inverso perfetto e lunare, come luna si finge ente della notte ma non è che riflesso del malvagio fabbro -.
Per chiudere l'opera magna del demiurgo: la società, pregna di luce e con immagine un maligno fabbro, incatena chi la compone e inonda di Paradiso l'Inferno.
In qual modo ciò definisce una catena?
Una catena è definita dalla negazione dell'attuarsi di una potenza umana che sia logicamente nelle sue facoltà. Una catena è un raggio di luce che s'impone sulla tela buia.
Quel ch'erano prima di me affermavano che vi fosse un superuomo, tal che chi l'era in latenza si trasfigurasse dapprima in un leone dal suo stato di cammello, zavorrato dal bagliore delle catene riflettenti, e infin in un fanciullo libero e buio. Io credo che questo sia un atto di debolezza. Io credo che nè Qadmon nè Iudex abbiamo ragione, ma che il patto dalle loro mani stretto sia la scelta da percorrere. La libertà totale di quel genere non è che un'in-incatenazione, nonchè l'opposto modulare e perfetto dell'incatenazione. Come Nidhogg rosicchiava le radici di Yggdrasil, così il malvagio fabbro irradia l'Inferno e il Pandemonio, in un bilancio necessario per la libertà di discernimento e il libero arbitrio. Quel ch'è giusto è una cartesiana ristrutturazione dell'etica e la morale, un abbattimento di quel che c'è e c'era al fin di ottenerne una faccia novella, che sfugga e affronti luciferina il fabbro e la luna.
Niente catene. Questo è il giusto principio. Ma poi che ve ne siano di nuove, nostre e corrette, con una tensione allo zero.
Tendere alla vetta è imperativo per l'uomo novo, l'uomo libero, l'uomo vero e naturale.
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canesenzafissadimora · 10 months ago
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Mi piaceva la scuola. Il maestro parlava ai bambini. Venivo dallo stanzino dove nessuno parlava a me, e lì c’era uno da stare a sentire. Imparavo tutto quello che diceva. Era una cosa bellissima un uomo che spiegava ai bambini i numeri, gli anni della storia, i posti della geografia. C’era una carta colorata del mondo, uno che non era mai uscito dalla città poteva conoscere l’Africa che era verde, il Polo Sud bianco, l’Australia gialla e gli oceani azzurri. I continenti e le isole erano di genere femminile, i mari e i monti maschili. A scuola c’erano i poveri e gli altri. Quelli della povertà come me ricevevano alle undici un pane con una marmellata di cotogne, portato dal bidello. Con lui entrava un profumo di forno che squagliava la bocca. Agli altri niente, loro avevano una merenda portata da casa. Un’altra differenza era che quelli della povertà in primavera avevano la testa rasata per i pidocchi, gli altri conservavano i capelli. Si scriveva con il pennino e con l’inchiostro che stava in ogni banco dentro un buco. Scrivere era una pittura, si intingeva il pennino, si facevano cadere gocciole finchè ne restava una e con quella si riusciva a scrivere una mezza parola. Poi si intingeva di nuovo. Noi della povertà asciugavamo il foglio con il fiato caldo. Sotto il soffio, il blu dell’inchiostro tremava cambiando colore. Gli altri asciugavano con la carta assorbente. Era più bella la nostra mossa che faceva vento sopra il foglio stesso. Invece gli altri schiacciavano le parole sotto il cartoncino bianco. A scuola ascoltai a fondo le lezioni. Mi accorsi di com’erano importanti le cose che imparavo. Era bello che un uomo le metteva davanti a un’assemblea di giovani seduti, che avevano uno slancio nell’ascolto, nell’afferrare al volo. Bella un’aula in cui stare per conoscere. Bello l’ossigeno che si legava al sangue e che portava in fondo al corpo il sangue e le parole. Belli i nomi delle lune intorno a Giove, bello il grido di ”Mare, mare” dei greci alla fine della ritirata, bello il gesto di Senofonte di scriverlo per non farlo smettere. Bello pure il racconto di Plinio sul Vesuvio esploso. Le loro scritture assorbivano le tragedie, le trasformavano in materia narrativa per trasmetterle e così superarle. Entrava luce in testa come ne entrava in aula. Fuori era un giorno lucente, uno di maggio finito nel mazzo di dicembre. Tornai verso casa continuando a pensare alle lezioni. C’era una generosità civile nella scuola pubblica, gratuita che permetteva a uno come me di imparare. Ci ero cresciuto dentro e non mi accorgevo dello sforzo di una società per mettere in pratica il compito. L’istruzione dava importanza a noi poveri. I ricchi si sarebbero istruiti comunque. La scuola dava peso a chi non ne aveva, faceva uguaglianza. Non aboliva la miseria, però fra le sue mura permetteva il pari. Il dispari cominciava fuori.
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mchiti · 1 year ago
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Mi ha colpito molto questa foto di Gigi Riva presente ad un convegno del PCI in difesa del popolo palestinese massacrato nei campi profughi in Libano. Purtroppo non sono riuscita a risalire ad una data certa - potrebbe essere, immagino, in occasione del massacro di Sabra e Shatila nel 1982? - ma mi ha colpito per due motivi:
una delle tante reazioni alla condivisione di questa foto di repertorio non è tanto il classico "tenere fuori il calcio dalla politica" ma quanto il: "non si strumentalizzano i morti e questo è sciacallaggio". Solitamente sono argomentazioni da salotto portate avanti da chi non ha un minimo di coscienza non dico politica, ma almeno civile sulle questioni del mondo. Riva non era un politico e non credo che vi sia qualcuno che stia forzando questa chiave narrativa, ma condividere un'immagine del genere è semplicemente un pezzo secondo me molto bello che va a comporre il puzzle della persona che è stata e di quello che ha rappresentato fuori e dentro dal campo.
Di contro, ho visto come il Foglio qualche giorno fa si è prodigato in un articolo di giornale in cui si sottolinea la figura di un uomo che "non si è mai piegato alla politica" e che ha rifiutato candidature, approcci dai più disparati esponenti politici, da De Mita (DC) a Craxi (PSI) sino ad arrivare in tempi più recenti a Berlusconi. Ecco, questo è un articolo di demagogia, dove si fa il processo inverso, dove si sente l'esigenza di limare e rendere inoffensivo l'uomo che è stato. Non ne stanno davvero sottolineando il suo "spirito libero", l'intento è solo di contenere questa figura silenziosa ma sempre attenta alle questioni del mondo.
Sottolineare il suo spirito libero significherebbe invece raccontare che sì, Riva non ha mai prestato il suo volto ai partiti politici ovviamente. Davvero era libero in questo. Ma si è sempre schierato in favore degli ultimi, che fossero i minatori del Sulcis: (lo trovate in fondo, non aveva bisogno di sfilare in prima fila)
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... o il popolo palestinese. Questo è qualcosa di profondamente politico, nell'ampia accezione del termine, ma credo che per certi giornali sia scomodo parlarne.
Viva Gigi Riva e Viva la Palestina Libera 🇵🇸
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schmedterlingfreud · 14 days ago
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In un Writer AU in cui Luca, Alberto e Giulia sono famosi romanzieri, in che generi letterari si specializzerebbero e quali sarebbero gli archetipi e i tropi che utilizzerebbero di più?
Domanda bizzarra... mi piace!
Ci ho messo un pochino a pubblicarla perché mi sono presa il mio tempo per rifletterci -- chiedo venia se quindi rispondo con così tanto ritardo. 🙏​
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Per quanto riguarda Luca, io lo vedrei forse più portato per la poesia che per la narrativa. Un sognatore come lui, secondo me, si esprimerebbe molto più facilmente tramite una scrittura di genere "astratto", più volta all'esplorazione dei sentimenti, delle emozioni più sfuggevoli, del suo coloratissimo mondo interiore.
Lo vedo chiaramente con un piccolo taccuino sempre nella tasca, a portata di mano per le ispirazioni improvvise. Le pagine piene di appunti, pensieri, schizzi, parole e rime alla rinfusa. Sarebbe davvero facile interpretare il suo stato d'animo, il periodo emotivo che sta attraversando, sulla base di quello che scrive.
Potrebbe anche dilettarsi nelle favole per bambini, perché no? Magari lo farebbe dedicando i suoi lavori proprio ad Alberto, immaginando di comunicare con il suo bambino interiore. Lo vedo come un gesto d'amore molto dolce. Anche molte delle sue poesie, naturalmente, nascerebbero dai sentimenti che prova nei suoi confronti, in ogni sfumatura.
𓂃🖊
Se dovessi immaginare una Giulia romanziera... facilissimo! Romanzi di avventura, con tanta azione, magari con ambientazioni un po' esotiche (stile Sandokan, per intenderci), magari mescolandoci anche degli scontri interiori in cui si mette in discussione la moralità e i principi dei personaggi. Potrebbe anche appassionarsi a delle belle ambientazioni high fantasy, perché no? Come lettrice, la vedo piuttosto "onnivora", avida e curiosa proprio come Luca.
Però, dico la verità, la vedrei portata quasi più per la saggistica che per la narrativa. E, anche qui, la vedrei ben associata a tematiche quali giustizia sociale, diritti civili, e forse anche qualcosuccia di psicologia.
Magari, ecco, potrebbe essere una di quegli scrittori che in gioventù si dedica alla narrativa, esprimendo e sviluppando le fantasie più selvagge magari formulate durante i giochi con i suoi amici, e che poi, una volta cresciuta, "evolve" il tutto riportando gli stessi temi in scritti più maturi.
𓂃🖊
Infine Alberto... scusami, ma proprio non riesco a immaginarlo con il naso dietro ai libri (xD). Sicuramente sarebbe un'ottima fonte di ispirazione per gli scritti di Luca e di Giulia -- soprattutto per quelli di Luca.
Nulla di troppo impegnativo per lui, quindi. Sarebbe un amante delle favole semplici, magari con tematiche quali la famiglia, le figure genitoriali, e le prime insicurezze e paure che cominciano a svilupparsi durante l'infanzia. Leggere e partecipare a quello che scrive e condivide Luca sarebbe un ottimo modo per esternare tutte quelle emozioni che tiene nascosto per paura di essere ferito.
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Grazie infinite per l'ask! ◝(ᵔᵕᵔ)◜💚
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pier-carlo-universe · 4 months ago
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"Tocca a Te" di Maura Puccini: un intricato giallo nel cuore di Trieste. Recensione di Alessandria today
Un omicidio misterioso, un commissario in difficoltà e una sergente dell’FBI in cerca di redenzione
Un omicidio misterioso, un commissario in difficoltà e una sergente dell’FBI in cerca di redenzione Maura Puccini ci regala un romanzo giallo avvincente e ricco di sfumature con “Tocca a Te”, pubblicato il 10 settembre 2022. Un thriller che non solo tiene il lettore incollato alle pagine, ma lo trascina nel mistero e nella complessità della natura umana. La trama: un omicidio che sconvolge…
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elelandia · 1 year ago
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Editori della domenica: Moscabianca edizioni.
Nati nel 2018 a Roma, Moscabianca edizioni rappresenta ad ogni Salone del Libro un serio attentato al mio portafoglio. Specializzati in narrativa di genere, pubblicano fantascienza, weird, new weird, distopico, fantasy, realismo magico, bizarro fiction, gotico, surreale. Lo scorso anno da loro ho comprato “La faglia delle fate”, libro illustrato di Iris Compiet che passerei ore a guardare.…
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somegrrrl · 15 days ago
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Grazie degli auguri,
Ma la reclusione delle donne al lavoro di cura e la loro difficoltà ad accedere al lavoro salariato è causa di scarsa indipendenza economica e di maggiore esposizione a violenze e abusi.
Grazie degli auguri,
Ma la femminilizzazione dei settori accademici e occupazionali (segregazione orizzontale) provoca perdita di status e quindi di retribuzione di molte discipline.
Grazie degli auguri,
Ma la narrativa diffusa per cui la sessualità è una cosa subita dalle donne e la totale assenza di educazione sessuale in Italia porta i ragazzini a sviluppare dinamiche di dominio all'interno delle loro relazioni fin dai primi rapporti e causa una cultura che legittima lo stupro e la violenza come fatto naturale.
Grazie degli auguri, veramente,
Ma la mimosa deve essere brandita come simbolo rivoluzionario e non regalata come gesto galante, rafforzando la divisione binaria dei ruoli di genere e rendendo anche la Giornata internazionale dei diritti delle donne un palcoscenico.
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queerographies · 8 months ago
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[Cross][Hiroka Yamashita]
Un’opera commovente che descrive con audacia e delicatezza la variegata sessualità fisica e mentale dei travestiti.
Ichimura/Mana: dal crossdressing alla transizione, un viaggio alla scoperta di sé Titolo: CrossScritto da: Yamashita Hiroka Titolo originale: クロスTradotto da: Valentina FranchiEdito da: Atmosphere LibriAnno: 2024Pagine: 154ISBN: 9788865644355 La trama di Cross di Hiroka Yamashita Ichimura, un uomo di ventotto anni che lavora in una società di vigilanza, e che sembra vivere una vita tranquilla…
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gregor-samsung · 2 years ago
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" Stando alla testimonianza di chi ha avuto la fortuna di vederlo in teatro, il Totò che noi conosciamo, quello del cinema, non vale un decimo rispetto al comico caricato a molla sulle tavole del palcoscenico. Si racconta che, al momento del bis, prima di rientrare in scena, dicesse agli attrezzisti: «Adesso li faccio ridere con la A!». Entrava, improvvisava un paio dei suoi irresistibili lazzi e ritornava dietro le quinte mentre la sala si sganasciava a bocca spalancata: «Ah! Ah! Ah!». Prima del secondo bis prometteva ancora: «Adesso li faccio ridere con la I!». Infatti, la platea: «Ih! Ih! Ih!». Al terzo bis era la volta della U. Entrava in scena di sbieco come un burattino di legno, snodato, e si arrampicava su per il sipario come uno scoiattolo. E gli spettatori: «Uh, Uh, Uh!». Le risate con la A, con la I e con la U hanno sostanza ben diversa le une dalle altre: sono le reazioni emotive a tre differenti espressioni della comicità, o meglio a tre gag di natura diversa. In genere la risata con la A esplode al terzo ritorno di un tormentone o nella «chiusa» di un movimento comico a lunga durata con esplosione finale. La risata con la U è fulminante, quasi sempre provocata da una gag inattesa, da una caduta improvvisa, da una battuta a sorpresa. Quella con la I, invece, è più legata all’umorismo, alla finezza verbale o alla gag «buttata via», regalata ai pochi: arriva sempre con un attimo di ritardo e si espande nella sala per contagio, perché chi non ha capito subito l’arguzia la decifra attraverso lo scompisciarsi degli altri. "
Vincenzo Cerami, Consigli a un giovane scrittore. Narrativa, cinema, teatro, radio, Garzanti, 2002; pp. 173-174.
[1ª edizione: Einaudi, 1996]
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raton-cita · 3 months ago
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Otra vez Saint-John
Muy recientemente comencé la lectura de un plaquette de Saint-John Perse y me descubrí con una nueva forma de interpretación, una nueva forma de acercamiento hacia el material que estaba leyendo. Primero he de aceptar que no pude leerlo así de fácil como lo hago con otros autores que ya conozco o que me atrapan inmediatamente, de modo que hubo un rechazo de mi parte en un primer momento. Pero no quise desistir y una tarde me puse a leerlo con calma y me encontré un agradable acercamiento al primero de los poemas que me puse a leer y luego se me vino una reflexión. ¿Qué me había pasado como lector? Simplemente tardé en adentrarme a ese nuevo mundo que supone esta obra del gran Perse. Fue una exigencia hacia mí mismo que me llevó a comprender esos poemas, esas imágenes, esa forma personal de Saint-John. Pronto le di un calificativo que tal vez no merezca, pero que para mí me sirvió para irme comprendiendo como lector: aridez. ¿De dónde me venía esta palabra? Y, sobre todo, ¿qué quería decir con ello? Quería destacar que sus imágenes no están tan habitadas como otras que pronto se me vinieron al recuerdo. Las imágenes de Perse no pretenden sino ofrecer lo mínimo suficiente para crear la narrativa que nos quieren comunicar, de ahí esa pretendida "aridez", lo mínimo suficiente.
Ahora bien, para calificar algo como lo que acababa de hacer, es necesario que haya un punto de comparación para determinar esa calificación. Lo que pasa es que recordaba yo a otro poeta francés de nombre Marcel Schwob cuya obra que yo había leído yo eran los Mimos que poseen una encantadora e inalcanzable belleza (de hecho se encuentra dentro de mis libros favoritos). En los Mimos podemos leer e imaginar una cantidad grande de elementos que adorman y le dan un toque muy especial (de ahí su encanto) hacia aquello que estamos leyendo. Para entendernos mejor, voy a poner un texto que ejemplifique a cada uno de estos autores.
Primero, Marcel Schwob con un fragmento de su prólogo de la obra mencionada.
La sombra amante sacudió del pliegue de su túnica un queso de Sicilia, un delicado cesto de higos, una pequeña ánfora de vino negro y una cigarra de oro. Súbitamente experimenté el deseo de escribir Mimos y cosquilleó en mi nariz el olor de los vellones nuevos y el humo craso de las cocinas de Agrigente y el perfume acre de las tiendas de pescado en Siracusa. Por las calles blancas de la ciudad pasaron cocineros con los brazos descubiertos, y tocadoras de flauta de cuellos incitantes, y alcahuetas de arrugados pómulos, y mercaderes de esclavos con las mejillas henchidas de dinero.
Es evidente el uso frecuente de adjetivos para enriquecer lo que nosotros imaginamos como lectores.
Este otro es un fragmento del poema El muro, de Saint-John Perse.
El lienzo de muro está enfrente, para conjurar el círculo de tu sueño. Pero la imagen lanza su grito. La cabeza contra una oreja del sillón grasiento, exploras tus dientes con tu lengua: el sabor de las grasas y las salsas infecta tus encías, y sueñas con las nubes puras sobre tu isla, cuando el alba verde crece lúcida en el seno de las aguas misteriosas. Es el sudor de las savias en exilio, la suarda amarga de las plantas silicuosas, la insinuación acre de los manglares carnosos y la ácida delicia de una negra sustancia en las vainas.
Acá las imágenes saltan sin preparación previa (después del muro, se nos habla de una cabeza, ¿de dónde apareció ésta?). Ante estas fulguraciones nuestra lectura debe estar atenta para ir recreando la imagen total que nos permitirá comprender el mensaje final del poema completo.
Como advertirán, los poemas, los poetas son muy distintos. Pues bien, ya cuando acepté la recepción de las imágenes de Perse en mi lectura vi aparecer la poesía en esa lectura. Ya lo que seguía era entender (y terminar de dar forma al mensaje general de Perse desde mi propia perspectiva) para disfrutar la lectura. Pero las reflexiones siempre me acompañan y van paralelas al gozo que me produce la lectura. Me di cuenta de la importancia de una consciencia sobre una lectura activa en estos poemas. Debe haber una voluntad que afine nuestras capacidades e, incluso, nos haga ir en búsqueda de algo que, de alguna manera, sabemos que está presente y que satisface lo que nosotros necesitamos sin saberlo.
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