#leopardi cristiano
Explore tagged Tumblr posts
Text


I grossolani errori che gli antichi ebbero intorno alla Divinità, dovrebbono esser bastanti a sollevare ogni saggio contro i malaugurati pregiudizj dei popoli. Compresi più da timore, che da un trasporto secreto verso quell'Essere, che non si può conoscere senza amare, e non si può vivere senza conoscere, i nostri avi fecero di quel culto, che appaga sì abbondantemente i cuori ragionevoli e sensibili, un oggetto di esecrazione e di sacrilegio. Negarono alla Divinità ciò che gli apparteneva, e gli attribuirono quello di cui il più abbietto degli uomini avrebbe arrossito. Ersero altari alle passioni, divinizzarono le infamie, offrirono sacrifizj ai bruti più vili.
La voluttà, la libidine, il pallore, la febbre, la tempesta, ebbero tempj ed incensi.
[...]
Splendida testimonianza in favore della unità di Dio diè Sofocle in quei memorabili versi […]:
Un solo invero è il Dio, che i cieli, e questa, Che calchiamo co' piè, spaziosa terra, Che l'azzurra del mar palude immensa Solo compose , e diede ai venti il soffio. Ma noi mortali ahimè! da error guidati, Statue femmo agli Dei di sasso, e legno, O d'eburneo lavóro, o d'or vestite: E a queste allor che con incensi e feste Tributo offriam di largo sangue e d'inni, Stolti ! crediam pei Dei nutrir pietade.
[...]
Massimo Madaurense, vecchio Idolatra, scriveva a Sant'Agostino: 《In verità chi può mai essere assai debole di mente, e assai pazzo, per non considerare come certissima verità, che avvi un solo Dio, sommo, senza principio, senza prole, Padre massimo, per dir così, e magnificentissimo della natura? Noi invochiamo con differenti vocaboli gl'influssi di quest'Essere, sparsi per tutto il mondo, perchè il suo proprio e vero nome ci è ignoto.》
#dio#dei#monoteismo#paganesimo#saggio sopra gli errori popolari degli antichi#leopardi cristiano#l'adolescenza è un periodo difficile#il nome di dio#sofocle#sant'agostino
0 notes
Text










Anima mia, come sono fortunato ad avere te. (My soul, how lucky I am to have you.)
Giacomo Leopardi and Antonio Ranieri in Rai's Leopardi. Il poeta dell'infinito
83 notes
·
View notes
Text
se ranieri e leopardi non si danno almeno un bacetto domani o dopodomani IMPAZZISCO
#giacomo leopardi#leopardtag#rai 1#antonio ranieri#Mi va bene anche una dichiarazione da giacomino#Vi prego lasciatelo essere attratto sia dagli uomini che dalle donne#Comunque visto che c'è Caccamo come Ranieri la tensione ci sarà in ogni caso#Cristiano Caccamo the man you are#rai rambles#nonsousareitag#Non so usare i tag
8 notes
·
View notes
Text
Aggiorno informando che anche Leonardo Maltese e Cristiano Caccamo hanno urlato detto gay rights.
Elio Germano e Michele Riondino ne Il giovane favoloso hanno detto gay rights.
#il giovane favoloso#Giacomo Leopardi#Antonio Ranieri#leopardi il poeta dell'infinito#leonardo maltese#cristiano caccamo
40 notes
·
View notes
Text
LEOPARDI, IL POETA DELL'INFINITO, regia di Sergio Rubini, con Leonardo Maltese, Cristiano Caccamo, Giusy Buscemi, Valentina Cervi, Fausto Russo Alesi, Alessandro Preziosi, Alessio Boni, Rai 1, 7 e 8 gennaio 2025

View On WordPress
1 note
·
View note
Photo



Brano tratto da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO TERZO - di Gianpiero Menniti
TEMPO LINEARE E TEMPO CICLICO
Nella visione giudaico-cristiana, il tempo è vissuto come evento e come attesa: è un tempo "progressivo", quindi lineare. Agostino d'Ippona, in Occidente, pose a margine la tradizione antica del tempo "ciclico", quell'eterno ritorno rievocato da Nietzsche nella seconda metà del XIX secolo. Nulla di misterioso: ciclico è il tempo delle stagioni come ciclico è il movimento degli astri e dell'universo, nel quale tutto muta ma nulla scompare, nella prospettiva di una conservazione che duri "ab aeterno". Ma il tempo che siamo chiamati a vivere, per il credente, è solo un episodio di quell'eternità dell'origine: è il tempo della conversione, il tempo dell'Apocalisse che annuncia l'estrema vittoria del male fino al compimento del secondo e definitivo avvento, la "parousía", Cristo che riappare per instaurare il regno di Dio: «Ecco, io verrò presto e porterò con me il mio salario, per rendere a ciascuno secondo le sue opere.» Sembra chiaro. Infatti prosegue: «Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine.». Nel mondo ebraico il "Messia" è ancora un'attesa. In quello cristiano, l'attesa è quella del giudizio finale. L'Occidente storicizza. Eppure. Se nulla perisce, ogni essente è destinato al ritorno. La celebrazione liturgica è un ciclico riapparire. La memoria della nascita di Gesù è una ricorrente rinascita. Poiché tutto s'inscrive in un'eternità. Rammento il Leopardi delle "Operette morali": «la materia stessa niuno incominciamento ebbe, cioè a dire che ella è per sua propria forza ab eterno». Dunque, la nascita è già morte. E resurrezione. La nascita è già compimento. E la morte diviene nascita. Al centro, il simbolo del sacrificio: il bue rosso. Destinato a ripetersi. Tutto è quando era. Chiamato ad essere mentre sarà. Tempo senza tempo. Come in un cerchio bianco di luce. Come in una fiaba.
Marc Chagall (1887-1985): "Natività"/"Crocifissione" 1941
7 notes
·
View notes
Link
Stiamo facendo peggio dei Romani il cui Impero finì quando concessero la cittadinanza a tutti i sudditi e spalancarono le frontiere allo straniero. La Storia non ci ha insegnato nulla
Cari amici, dobbiamo ammettere che la Storia non ci insegna nulla. Stiamo ripetendo gli stessi errori dei romani nella fase della decadenza dell’Impero Romano d’Occidente, che rappresentava il mondo globalizzato dell’epoca. A fronte del calo demografico dovuto alle guerre, alle epidemie e alla denatalità, i Romani decisero di concedere la cittadinanza romana a tutti i sudditi dell’Impero e di spalancare le frontiere allo straniero. Fu l’Imperatore Antonino Caracalla, figlio di Lucio Settimio Severo di origini puniche e berbere, a emanare nel 212 la “Constitutio Antoniniana”, un editto che concesse la cittadinanza romana a tutti i sudditi dell’Impero. Insieme ad altre concause, il venir meno dei valori e delle regole e una crisi economica strutturale, nel 476 finì l’Impero Romano d’Occidente. Non per la forza dei barbari, il cui generale Odoacre depose l’ultimo Imperatore Romolo Augusto, ma per la fragilità dei romani. Non fu un omicidio, ma un suicidio. Ed è lo stesso suicidio che si sta verificando nella nostra Europa e nella nostra Italia. Già Giacomo Leopardi (1798-1837) nello “Zibaldone” descrisse in modo magistrale la fine dell’Impero Romano d’Occidente a causa della concessione della cittadinanza a tutti i sudditi dell’Impero: “Quando tutto il mondo fu cittadino romano, Roma non ebbe più cittadini; e quando cittadino romano fu lo stesso che cosmopolita, non si amò né Roma né il mondo: l’amor patrio di Roma divenuto cosmopolita, divenne indifferente, inattivo e nullo: e quando Roma fu lo stesso che il mondo, non fu più Patria di nessuno, e i cittadini romani, avendo per Patria il mondo, non ebbero nessuna Patria, e lo mostrarono col fatto”. Cari amici, chi ci governa oggi sta facendo ancora peggio dei Romani, perché siamo noi stessi che promuoviamo l’invasione andando a prendere gli stranieri dall’Africa e dall’Asia, così come concediamo la cittadinanza anche a chi non sa una sola parola della nostra lingua, non apprezza la nostra cultura, non ama la nostra Patria, vuole sovvertire la nostra civiltà per sottometterci e schiavizzarci. Dobbiamo al più presto insorgere, salvaguardare la nostra civiltà, riscattare il nostro legittimo diritto a essere pienamente noi stessi a casa nostra. Andiamo avanti forti di verità e con il coraggio della libertà. Insieme ce la faremo.
#italia#impero romano#caduta dell'impero romano#magdi cristiano allam#immigrazione incontrollata#immigrazione illegale#immigrazione irregolare#immigrati illegali#immigrati irregolari
12 notes
·
View notes
Text
Oggi Leopardi compie gli anni. Insieme agli auguri, sveliamo l’autore che il divo Giacomo ha “plagiato” per scrivere “L’infinito”. Ovvero, modesta proposta per una storia della letteratura italiana alternativa
Senza Amore, sottotitolo L’ultimo capitolo della letteratura italiana, è l’ultimo testo scritto da Andrea Sciffo, insegnante di liceo, poeta, novellista e saggista, edito dalla rivista digitale sui generis Il Covile, cui l’autore monzese contribuisce regolarmente con meditazioni che hanno in due viennesi, Hofmannsthal e Illich, in due lombardi, Corti e Quadrelli, e in Simone Weil, i puntelli di un pensiero radicalmente altro – cristiano, cattolico, dunque fedele all’intuizione poundiana per cui il sentire (per esempio: il potere della musica) unisce, col cuore, nella carne, mentre il pensare (per esempio: il vuoto cerebralismo) divide, nella mente, nelle idee, o meglio nelle ideologie, quindi negli ideologismi, nonché all’et-et asburgico, tardobarocco e antimoderno – insomma controcorrente rispetto alla letteratura e alla critica gnostica, e a-gnostica, del XX e XXI secolo.
*
Lui è Andrea Sciffo
Senza Amore, sottotitolo L’ultimo capitolo della letteratura italiana, perché tale è secondo la sua tesi la storia delle patrie lettere, da intendersi come letteratura post-unitaria (l’equazione di base è proprio questa e vale a dire che tutto ciò che è post-unitario si colloca in un ambiente decisamente post-amoroso) ossia della falsa patria di nome “Italia” e non delle sue singole parti – le quali soffrono tuttavia di una falsa “identità” che si fonda appunto sulla totale mancanza d’amore, da cui deriva, e che deriva, da una storia anch’essa “senza amore” che abbraccia – o meglio strangola –, soffocandola in una stretta mortale tutta la letteratura italiana – o meglio italofona –, a partire dal cronologismo (“la crudeltà di Chronos”, ovvero “il male radicale”, scriveva il leibniziano Gilles Deleuze a proposito del naturalismo di Émile Zola) che limita le scuole e la scuola.
Si tratta ovviamente dello storicismo e dello scuolismo dei Tiraboschi prima e poi dei De Sanctis, dei Croce, e infine dei Ferroni, dei Sapegno, contro i quali Sciffo scrive in quello che si direbbe un piccolo pamphlet, non fosse che quello pamphlettario è un tono che non appartiene alle sue sue corde, cor–cordis, al suo cuore, libero dal grottesco gioco delle parti di cui è vittima un paese preso tra Commedia dantesca (cf. Inf.) e quotidiana commedia farsesca – “senza amore”.
*
“Se esiste una definizione sintetica che possa abbracciare la letteratura italiana nella sua interezza, […] è proprio questa endiadi che consta delle due sole parole che non andrebbero mai accostate. Se è senza amore la storia delle patrie lettere, a maggior ragione lo sono anche le storie individuali dei singoli che popolano la cultura italica, cresciuti nel suo cono d’ombra come tanti arlecchini senza arte né parte”.
Così esordisce Sciffo puntellandosi, o meglio, come scrive egli stesso facendo eco a una massima apocrifa metà anni Cinquanta di Noventa, che denunciava come tutta la cultura ufficiale italiana fosse fondata sugli errori della scuola torinese, e così la scuola di Stato, lo stato delle cose delle stantie scuole “scuolastiche” ancora e sempre deamicisiane (Cuore) basate a loro volta sulla continua coscrizione degli studenti e cittadini (senza amore e ormai senza civitas) e sul disamore quale condizione forse irrimediabile in assenza della parola-chiave che è summa di tutti gli affetti e aspetti (eros, agàpe, filìa, storghé, dilectio) del sommo affetto – per rilanciare poi l’idea di un apprendimento più libero – non meno impegnato – con mezzi propri – magari più essenziale – anche in povertà – anarcronistico nel senso di libero dal potere del tempo – come Pinocchio.
“[…] E poi verrebbe la grande amorosa agnizione, un ritrovarsi in armonia con l’altro da sé, una catarsi purificatrice del gran difetto del soggetto moderno: l’ipocrisia. La vecchia pagliacciata sarebbe finita e soltanto i suoi estremi attori fingerebbero di non accorgersene: il trucco scivolato dalle guance e i costumi logori; le battute del copione prevedibili e comunque i guitti ne dimenticano ogni volta una o due”.
Come Pinocchio con un libro trovato quasi per caso, o con la convivialità, tema fondamentale del pensiero di Illich, oppure nella natura, o nello spazio rurale, come fece la Weil, due ambiti quasi del tutto assenti tra gli autori “italiani” del XIX e XX secolo – certo con qualche eco nella Brianza di Manzoni, nella Padanìa della Scapigliatura, nel Veneto di Comisso, di Zanzotto, ma di norma declinati in senso atrocemente negativo come sul Vesuvio di Leopardi, nella Sicilia di Pirandello, di Verga, in Cristo si è fermato a Eboli, e nella Roma di Moravia, di Pasolini, tanto per citare degli esempi d’altri universi etnici e letterari.
*
Senza Amore, sottotitolo L’ultimo capitolo della letteratura italiana, e le ultime pagine sono proprio quelle di Manzoni, e soprattutto di Leopardi, alle quali non è corrisposto secondo Sciffo nessun rinascimento – essendo stato il cosiddetto risorgimento politico la fine, – quanto un trionfo – sancito dalle istituzioni, dagli scuolismi, e dalla scuola, – di una serie d’istanze tipicamente leopardiane come il senso del dolore e della noia, tra erudizione e freddezza, e della figura del “letterato” denunciato dalla Weil, proprio a proposito del poeta recanatese cui Sciffo oppone il dalmata Tommaseo, che considera ben superiore.
Dietro c’è una vera e propria censura, ovvero l’ostilità verso tutta la letteratura del Seicento, parallela a quella ancor più dichiarata dei Savoia e di tutto il risorgimento nei confronti del Barocco, del Tardo-Barocco, con la sua Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte “totale” che va dalla figurazione pittorica alla parola alla musica alle figure architettoniche che negli esiti del movimento controriformista trovò un altro ultimo capitolo (nel 1866 nel monastero cretese di Arkadi, unico esempio greco ortodosso di Barocco, dava rifugio a dei martiri resistenti agli ottomani – nel mentre da cinque anni gli “italiani” inneggiavano al fatto di essersi cinti il capo con l’elmo pagano appartenuto a Scipione l’Africano)… – e nelle lettere autori come Filicaia, Magalotti, Maggi, Menzini, Redi, Salvini… – e De Lemene, che secondo Sciffo fu plagiato proprio dal poeta de L’infinito…
“Riempie il tutto, e se fingendo io penso / oltre al confin de’ vasti spazij, e veri, / deserti imaginati…”.
Questi versi sono tratti da una raccolta di poesie sacre edita a fine Seicento, e che per Sciffo “quasi certamente Leopardi plagiò per poi rifonderli forse inconsciamente nel più celebre dei suo i Canti”. Così come nel libro Sette giornate del mondo creato (1686) “per esempio […] le due terzine con cui Giuseppe Girolamo Semenzi immortalò Il passero solitario [sic]”, con queste melodiose parole: “Sto poetando al ciel ne l’erma cella / talora e far godo la vita anch’io / selvaggia quanto più, tanto più bella, // Passero solitario è detto pio. / Gloria però del solitario è quella, / onde un bruto non è ma quasi un Dio”.
Come si può evincere dalla lettura del volume Arcadia edificante, edito da ESI a Napoli nel 1969 e curato da Carmine Di Biase, prima di Leopardi e della letteratura unitaria ovvero “senza amore” l’universo italofono era ben altro, dal “controcanto” lombardo a quello partenopeo con poeti che cantano il Creatore, le Creature, la loro creaturalità, e infatti un terzo esempio che egli cita è una strofa – “strofa che espone il legame psicobiologico del poeta tardobarocco con la ���natura’ sentita come simbiotico altro-da-sé con cui però è inevitabile la pulsione fusionale: in un processo di integrazione tra organico e inorganico che mi pare di una limpidezza mai più ottenuta in tempi recenti, per la quale il ‘creante’ viene chiamato ‘autore’ delle cose che un individuo sente come maggiormente intime e personali”.
*
L’entità chiamata “Italia” – come ha fatto con la cultura di alcune sue regioni – come ha fatto recidendo l’albero che costituivano – che tali erano sotto occupazioni non più estranee – come sotto quelle cristiane spagnole e austriache – ha annichilito, annullato, o meglio emarginato, questo suo possibile “controcanto” che dice di un mondo del tutto differente, radicato nella creaturalità, d’uomini connessi col Creato come lo sono i passeri, e gli alberi, e in cui l’autore, il poeta, non canta soltanto del suo dolore, della sua noia, ma anche e soprattutto della sua “comunione” con Dio, per tramite di ciò che è “altro-da-sé”.
In questo Sciffo è allievo della scuola-non-scuola della Weil, di Quadrelli, e dunque erede della vera tradizione, quella del Cristianesimo, della poesia di Hölderlin, del Tardo-Barocco, e della censurata “Arcadia edificante” di cui ha voluto testimoniare: non senza ma con amore.
Marco Settimini
L'articolo Oggi Leopardi compie gli anni. Insieme agli auguri, sveliamo l’autore che il divo Giacomo ha “plagiato” per scrivere “L’infinito”. Ovvero, modesta proposta per una storia della letteratura italiana alternativa proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/31X86ih
4 notes
·
View notes
Text
1. My favourite place is piazza Navona (Rome), it's in my city and I have a lot of beautiful memories connected to it. It's a place where present and the past of baroque Rome, full of life and history.
2. I love traveling abroad bc I'm fascinated by foreigner languages and I want to experience new cultures.
3. It's a peninsula lmao
4. Parmigiana (A southern Italian dish made from aubergines baked with tomato sauce and Parmesan cheese) and Tiramisù (meaning "cheer me up" , it's made of ladyfingers dipped in coffee layered with a whipped mixture of eggs, sugar, and mascarpone cheese, flavoured with cocoa)
5. Le tasche piene di sassi by Jovanotti (tr: pokets full of stones)
6. 7 Miliardi by Massimo Pericolo......I just hated that song so much
7. stella (star), marmo (marble), aurora (dawn)
8. Usually Italians are mistaken for Spanish and French bc our countries are close and our languages are similar.
9. I'm in love with France, so I'd go to France absolutely
10. Li mortacci tua (your despicable dead relatives)
11. Leopardi (poet)
12. I feel sorry for non Italian speaker that can't read the original text
13. We make the sign of horns with our hand to ward off bad luck 🤘🏽
14. Sometimes, but I can't wait to watch Il Traditore, I will tell you if it's worthy the hype
15. actually there are A LOT, this is another reason why I feel sorry for non Italians. A classic is "No, Maria io esco", my favourite one of 2019 is Mark Caltagirone
16. We. Don't. Speak. like you think we do and we don't do the ItalianTM hand gesture ALL. THE. TIME. That gesture means wtf. And we don't say "mamma mia" all the time, actually I never say mamma mia unless I'm singing an ABBA song.
But I agree with the stereotype that says we're loud.
17. Yeah, it's a lot of stuff, I mean it's not boring, a lot of dead people, crimes and crazy stuff.
18. We mix standard Italian and dialect, some people put more dialect and others less (like me). And I do have an accent, people from other parts of Italy thinks the accent of Rome is charming.
19. I like them both
20. Soccer absolutely
21. a book of recipes and a book of art history
22. I'm proud of our great history, art and cuisine, I'm proud of our friendliness and sense of humor. I'm ashamed of our "menefreghismo" which is the couldn't-give-a-damn attitude, this laziness that ruins my country in every way and leads it to a never ending downfall.
23. wine
24. French people lmao, idk it's just that we're frenemies
25. There are a lot of problems here, the economic crisis and the fact that this country is slowing dying ( I mean it feels like everything around me is dead, static and old)...but I love Italy, it has a lot of great things and I'm proud to be Italian.
26. ............Hollywood has a VERY distored vision of Italy....But I mean USA is the country where people think they're Italian bc their great grandmother was.... Italian-americans are NOT Italians, they are Americans and it shows A LOT.
27. Cristiano Malgioio my icon
28. A LOT OF THEM, I can't choose honestly
29. nah, but all Italians agree that Molise doesn't exist.... ah I was about to forget that Rome has a rivalry with Milan. Rome is the capital but every foreigner celebrity goes to Milan ugh, Milan thinks they're superior.
30. My parents are Peruvian, but I feel no attachment to Peru, I don't recognise myself with their culture....Ik it's sad but this is it
“hi, I’m not from the US” ask set
given how Americanized this site is, it’s important to celebrate all our countries and nationalities - with all their quirks and vices and ridiculousness, and all that might seem strange to outsiders.
1. favourite place in your country?
2. do you prefer spending your holidays in your country or travel abroad?
3. does your country have access to sea?
4. favourite dish specific for your country?
5. favourite song in your native language?
6. most hated song in your native language?
7. three words from your native language that you like the most?
8. do you get confused with other nationalities? if so, which ones and by whom?
9. which of your neighbouring countries would you like to visit most/know best?
10. most enjoyable swear word in your native language?
11. favourite native writer/poet?
12. what do you think about English translations of your favourite native prose/poem?
13. does your country (or family) have any specific superstitions or traditions that might seem strange to outsiders?
14. do you enjoy your country’s cinema and/or TV?
15. a saying, joke, or hermetic meme that only people from your country will get?
16. which stereotype about your country you hate the most and which one you somewhat agree with?
17. are you interested in your country’s history?
18. do you speak with a dialect of your native language?
19. do you like your country’s flag and/or emblem? what about the national anthem?
20. which sport is The Sport in your country?
21. if you could send two things from your country into space, what would they be?
22. what makes you proud about your country? what makes you ashamed?
23. which alcoholic beverage is the favoured one in your country?
24. what other nation is joked about most often in your country?
25. would you like to come from another place, be born in another country?
26. does your nationality get portrayed in Hollywood/American media? what do you think about the portrayal?
27. favourite national celebrity?
28. does your country have a lot of lakes, mountains, rivers? do you have favourites?
29. does your region/city have a beef with another place in your country?
30. do you have people of different nationalities in your family?
65K notes
·
View notes
Text
Intervista ad Alex Parisi, Pittore di Collegno


Nome completo e professione Mi chiamo Alex Parisi. Dopo anni di praticantato legale, ho deciso di svolgere la professione del venditore di caffè e dei prodotti da bar. Da dove vieni? Da Collegno, la famosa cittadina dello Smemorato interpretato da Totò, alle porte di Torino Come, quando e perché è iniziato il tuo amore per l'arte? Nel 2007, dopo il liceo artistico, sono rimasto folgorato dalle opere di due torinesi: Felice Casorati e Corrado Porchietti. Poi, grazie al mio professore di pittura al liceo: osservare il suo studio, ingombro di tele, barattoli, poesie di Baudelaire e qualche "Loreto impagliato", dimenticato qua e là tra la polvere, è stato una fonte di ispirazione costante. Mi ha molto impressionato anche l'autobiografia di Giorgio De Chirico, il quale decantava il "mestiere antico". Per lui Raffaello oggi avrebbe comprato un foglio, un làpis temperato e avrebbe disegnato. Ho quindi scoperto Pietro Annigoni, Mario Donizetti, Vespignani e altri pittori che hanno osservato la modernità nel cantuccio del loro studio, saldamente ancorati alla tradizione o al tramonto delle idee. Cosa hai studiato e dove? Dopo il liceo artistico ho studiato per mio conto e da auto-didatta, fatte salve alcune puntate a Milano tra il 2012 e il 2014, presso maestri d'arte di solido mestiere, come fanno tutti coloro che si dilettano con passione. Mi ritengo infatti un appassionato dilettante. Come studente, qual è stata la lezione più importante che hai imparato? Quella dell'osservazione dal vero o dagli antichi. In questi due poli non è compresa la fotografia: copiare una foto non è un male, ma osservare il caleidoscopio del vero e il modo in cui gli antichi hanno còlto la realtà è per me il massimo. Come artista, cosa vuoi condividere con il mondo? Tengo a precisare di essere un dilettante o, ancora meglio, un uomo che disegna e dipinge. Amo la figurazione, in tutti i suoi aspetti: per quanto mi riguarda, non c'è separazione tra un quadro di storia, una scena biblica, un paesaggio o una natura morta (anzi, preferisco la parola "vita silente", che traduce come gli inglesi e i tedeschi definiscono il genere della natura morta), purché si ponga grande attenzione alla composizione, all'equilibrio delle parti nell'insieme. Secondo te, da dove viene l'ispirazione? In quanto cristiano evangelico, sono persuaso che l'ispirazione venga da Dio: è dunque un dono, ma anche - e soprattutto - una responsabilità. Penso che la migliore ispirazione sia quella che non mette in luce il pittore, ma la verità di quello che rappresenta. Da qui il mio particolare interesse verso gli oggetti rappresentati e la tradizione figurativa. Qual è l’elemento iniziale che innesca il processo creativo? E cosa ritieni sia più importante? Il concetto, l’idea espressa, o il risultato estetico e percettivo dell’opera? Rispondere a questa domanda è difficile, ma non voglio rinunciarvi. Anni fa ho frequentato un convegno tenuto dal compianto Fratel Enrico Trisoglio, noto grecista e studioso della patristica antica torinese. Era un uomo capace di raffinate e dignitose citazioni, di quelle che riscaldano l'uditore. Tra una lettura e l'altra di Dante e Leopardi, espose una propria immagine: tale era la descrizione di due betulle garbate e sinuose, dolcemente attraversate da brezze primaverili. Come non rimanere colpiti dalla sinuosità degli alberi e dal loro maestoso portamento, spesso valorizzato dagli antichi che hanno dipinto campagne romane o rovine? Posso dire che questa immagine, e ciò che evoca, è il mio elemento iniziale che innesca il processo creativo.

Studio di una mano dal manuale di Bargue

Studio di scultura dell’Accademia Albertina di Torino

Studio per un quadro con armenti Quale fase dell'arte ti colpisce di più? Quella relativa al disegno e alla preparazione della sotto-pittura. Per chi conosce la musica barocca, queste fasi del lavoro sono equiparabili al "basso continuo", conferendo solidità e maestosità all'opera. Perché hai scelto le arti visuali? Le arti visuali comprendono diversi aspetti della realtà e forniscono diverse chiavi di lettura. Le buone figurazioni, in particolare, possono stupire e, al contempo, suscitare interrogativi. Cosa si prova a manipolare la materia per creare un’opera visiva? La sensazione che prova un artigiano quando utilizza i mezzi di cui dispone per realizzare, nel modo più onesto possibile, un'opera. È difficile discorrere d’arte senza parlare di sé. Quanto c’è della tua storia, dei tuoi ricordi, della tua vita intima, nelle opere che realizzi? A mio avviso molto poco. Credo che lo studio perseverante del vero e delle maniere degli antichi maestri aiuti a superare le proprie vicissitudini. Ancora una volta, credo che l'interesse sia da spostare sull'opera, più che sull'autore. Qual è l'importanza di trasmettere la conoscenza artistica alle nuove generazioni? Massima: la società occidentale è bombardata da moltissime immagini, ma non sa inventarne di nuove. Inoltre, manca la tradizione, un pilastro che rimane intatto tra una moda e l'altra. Secondo te qual è la funzione sociale dell'Arte? Non saprei rispondere a questa domanda. Più che di funzione sociale, parlerei di funzione "civile", ricordando chi siamo stati nel Rinascimento, per non lasciare spazio all'oblio e alle barbarie Siamo la civiltà che ha prodotto il prodigio della musica partenopea del XVIII secolo, da lì vengono Bellini, Donizetti, Rossini e Verdi; anche quest'ultimo parlava di "ricerca del vero" nelle proprie opere. Ecco, che ciascuno di noi lo ricerchi, senza esitazione... Cosa dicono le tue opere? Quali messaggi vogliono comunicare? Sono felice quando viene affermato che ricerco il vero e lo rappresento con un forte equilibrio tra maniera e realtà. Parlino gli oggetti e le figure, sospesi nel silenzio e sottratti al tempo. Quale messaggio personale vorresti lasciarci? Quello di amare profondamente il vero impresso nelle cose. Osservatelo, coglietene le forme armoniose e raffiguratele, con la maggiore onestà possibile. Amate le forme eleganti, maestose e sinuose racchiuse in ogni oggetto: dalla foglia al quadro di storia, sempre vi può essere la motivazione per disegnare e dipingere con dedizione. Grazie Alex Read the full article
0 notes
Text
Con un po' di fantasia, ecco la meravigliosa coppia Leopardi+Ranieri. Almeno, Leonardo Maltese è pettinato come nel ritratto di Domenico Morelli realizzato sulla maschera funeraria del poeta e secondo le indicazioni di Ranieri, che però avrebbe voluto "l'apertura degli occhi più grande". E Cristiano Caccamo ha la fisicità giusta per interpretare l'atletico e piacente esule napoletano, quantunque, ricordiamo, egli fosse biondo.
2 notes
·
View notes
Text

Leonardo Maltese, Cristiano Caccamo and Giusy Buscemi as Giacomo Leopardi, Antonio Ranieri and Fanny Targioni Tozzetti in Sergio Rubini's Leopardi. Il poeta dell'infinito.
31 notes
·
View notes
Link
31 DIC 2019 18:30
ISOTTA IN LODE DI SCIASCIA: “E’ UN GRANDE A CUI AVREBBERO DOVUTO DARE IL NOBEL. UN SOMMO PESSIMISTA DIVORATO DAL DUBBIO: COSÌ AVEVA POTUTO ESSER STATO COMUNISTA, SOCIALISTA, RADICALE, POI NULLA - SCIASCIA ERA ANDATO PIÙ VICINO DI TUTTI ALLA COMPRENSIONE DEL DELITTO MORO - UNA VOLTA MI AIUTÒ ANCHE LA SUA IRONIA: "OGGI E' DIFFICILE INCONTRARE UN INTELLIGENTE CHE NON SIA CRETINO...”
-
Paolo Isotta per “Libero quotidiano”
Ho confessato più volte che se la musica è la mia passione, il mio vizio è la lettura. Nulla mi piace quanto passare il pomeriggio a letto insieme col bassotto Ochs a leggere in due. Or, pochi giorni fa, rievocando il trentennale della morte di Georges Simenon, ho scritto che nel Novecento i sommi ai quali non è stato conferito il Nobel sono Céline, Borges e Simenon. Dimenticavo Leonardo Sciascia, del quale pure quest' anno cade il trentennale della scomparsa.
Le opere complete di Leonardo Sciascia le tengo sempre a portata di mano; sebbene i libri che ho sempre con me siano Lucrezio, Virgilio, Orazio, Leopardi, Manzoni, Flaubert: un anno I promessi sposi, un altro la prima versione, da lui rifiutata, convenzionalmente denominata Fermo e Lucia. Giovanni Macchia la giudica superiore e, certo, basterebbe l'atroce romanzo nel romanzo dedicato alla Monaca di Monza a farci gioire che tale versione non sia stata distrutta e sia stata ritrovata.
Manzoni e Leopardi sul cuore umano, sulla politica, sulla massa, hanno, con Flaubert, scritto le cose più rivelatrici di ogni tempo. Sciascia è un manzoniano e su Manzoni gli si debbono ricerche erudite che, come tutte le sue opere storiche, sono fra le perle della sua creazione. È un seguace di Manzoni nell' indagare il cuore umano e il suo indurirsi in rapacità e abiezione. Adorava le petites histoires, che spesso nascondono macigni. Nessuno come lui è capace di trarre da un piccolo fatto, che pare insignificante, una storia terribile o grottesca.
Lo studio che il grande Racalmutano fa dell'uomo parte sempre dalla Sicilia, sebbene s'allarghi in senso universale. L'attaccamento dei siciliani di ogni tempo alla roba, che si fa addirittura una metafisica della roba, non è dell'italiano tutto, se non dell' uomo assolutamente? E qui va osservato l'attaccamento alla roba proprio dei preti. Certo, di tutti; ma il clero siciliano, col suo particolarismo, la sua autonomia, ne è un emblema. Anche per l'essere il popolo siciliano, secondo Leonardo, superstizioso, sì, ma soprattutto irreligioso, a-cristiano se non ateo.
In questo di alta meditazione è la ricerca storica Morte dell' inquisitore, la storia di un monaco secentesco detenuto e torturato dall' Inquisizione il quale, prima del rogo, riesce colle manette a strangolare l'Inquisitore palermitano. Sempre sul tema, di acre ironia è la Recitazione della controversia liparitana; e di deliziosa ironia Il Consiglio d' Egitto. L'avesse scritto un Francese, si definirebbe uno dei capolavori del romanzo neo-volterrano, insomma uno dei capolavori del romanzo del Novecento.
IL PREMIO MANCATO
Perché a Sciascia non hanno offerto il Nobel, che avrebbe onorato questo premio sempre più spento? Ma perché dalle opere dei premiati deve scaturire una rappresentazione del mondo ottimistica, basata sul concetto che l'uomo sia fondamentalmente buono e capace di redenzione. Fosse esistito nel Settecento, l'avrebbero dato a piene mani a uno degli scrittori che più disprezzo e più mi è antipatico, Jaen-Jacques Rousseau. Di Voltaire avrebbero detto: «Ma che vuole, costui?» Sciascia era un sommo pessimista, ed era divorato dal tarlo del dubbio.
Inoltre, e questo suscita diffidenza, in lui è spesso difficile distinguere la narrazione pura (appunto, alla Simenon) dalla narrazione mista col saggio, come nel suo, e mio, Pirandello. Aveva risolto indagini storiche memorabili: una storia terribile, di tortura e rogo, suggeritagli da quel "chilo agro e stentato" che il Vicario di Provvisione stava facendo durante la rivolta dei forni, nel capo XIII dei Promessi sposi. Il dubbio e la ricerca della verità: Così aveva potuto esser stato comunista, poi socialista, poi radicale, poi nulla. Uno dei casi più clamorosi. Sciascia era (è) andato più vicino di quasi tutti alla comprensione del mistero del rapimento e del delitto Moro.
C' era una verità ufficiale che faceva comodo a tutti: le "Brigate rosse", ai comunisti, ai democristiani, ai Tedeschi, agli Americani. Renato Guttuso, un pittore di grande talento che spesso tale talento ha sprecato, era parlamentare del Pci. Si allineò vilmente a tale "verità". Di Sciascia del troppo intelligente scrittore isolato alla Camera, complice Guttuso, il pittore si vide recapitare un pacco da un commesso. Erano stati grandi amici. Il pacco conteneva un prezioso dipinto di Guttuso che anni prima aveva donato allo scrittore. Pacco e quadro: senza una parola.
Negli ultimi anni doveva chiedere ospitalità ai quotidiani; e chissà se lo compensavano. Era un bibliofilo e un esperto di ceramiche. E riusciva sempre a scoprire quel ch' è nascosto sotto un verso, una frase, una storia.
Alla mafia Sciascia si è dedicato con passione e lungimiranza: lo narrano Il giorno della civetta e A ciascuno il suo. Il bel libro recentissimo di Nando Dalla Chiesa ''Una strage semplice'' rievoca l' assassinio di Paolo Borsellino e mette in luce come tuttora esso, tra mandanti e coperture e depistaggi, sia avvolto dal buio; e sebbene Sciascia su Borsellino abbia fatto il suo solo errore, subito emendato, questa storia a me pare eminentemente sciasciana, quasi la realtà, ancora una volta, si sia sulla creazione artistica modellata. Ma questa creazione artistica partiva, nel caso di specie, da un' analisi della realtà effettuale.
L'IRONIA
L' ho frequentato, sia pur brevemente. Ora è come se fossimo intimi. A Milano colla moglie, Mimmo Porzio lo invitava sempre a cena. Una boccata di fumo tra un boccone e l'altro; taciturno, uno sguardo di pazienza insondabile e disperata. La sua pagina è per me, oltre che modello stilistico, soccorso al disagio del vivere. La disperazione, se si fa arte, aiuta. Una volta mi aiutò anche la sua ironia.
Avevo scritto che il rock (oggi aggiungerei il rap: pensate a Fedez e agli affari della sua "compagna") è uno strumento di consenso sociale, giacché gli sventurati sfogano consumandolo ogni carica di rivendicazione ed eversione. Mi attaccò su "Repubblica" un intrattenitore televisivo, un certo Beniamino Placido. Chissà quale pensione percepiva costui, ex funzionario parlamentare.
Scriveva che gli aristocratici napoletani non possono abbassarsi a capire niente. Risposi con una citazione di Nero su nero: «È ormai difficile incontrare un cretino che non sia intelligente e un intelligente che non sia cretino. Oh i bei cretini d' una volta! Genuini, integrali. Come il pane di casa. Come l' olio e il vino dei contadini.»
Se fosse ancora con noi, dialogherebbe con Manzoni, Baudelaire, Serpotta, la Tragedia greca, Lucrezio e Virgilio. Non aprirebbe nemmeno il giornale. Allora si diceva di lui: "il bravo scrittore e romanziere". Oggi si potrebbe definire solo un gigante. A volte accade persino: veritas filia temporis.
0 notes
Photo

"Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro" (Umberto Eco) Due presentazioni di Libri in 3 giorni, entrambi due argomenti scottanti, di cui sarebbe bene non parlare. L'islamismo visto da Magdi Cristiano Allam, ex islamico (ora cattolico), giornalista ed ex politco. Argomento nazionale di cui si dovrebbe tacere secondo i radical chic L'ex comunità montana,argomento locale, su cui c'è un omertà abbastanza diffusa. La politica montana e nazionale non può passare sopra questi argomenti su cui bisogna esprimere la propria opinione. Nascondere la testa sotto la sabbia non serve a niente. #marcopoli #maiarrendersi #avantiadognicosto #unicoeinimitabile #primalamontagna #montagna #montagnapistoiese #sanmarcellopiteglio #comunitàmontana #islamismo https://www.instagram.com/p/B4Ixq67iIq1MR6Ra-trM57Jn3Hj9dRXEaRBojQ0/?igshid=1xc3svvn5mw9v
#marcopoli#maiarrendersi#avantiadognicosto#unicoeinimitabile#primalamontagna#montagna#montagnapistoiese#sanmarcellopiteglio#comunitàmontana#islamismo
0 notes
Photo

BUON NATALE con: SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
TEMPO LINEARE E TEMPO CICLICO
Nella visione giudaico-cristiana, il tempo è vissuto come evento e come attesa: è un tempo "progressivo", quindi lineare.
Agostino d'Ippona, in Occidente, pose a margine la tradizione antica del tempo "ciclico", quell'eterno ritorno rievocato da Nietzsche nella seconda metà del XIX secolo.
Nulla di misterioso: ciclico è il tempo delle stagioni come ciclico è il movimento degli astri e dell'universo, nel quale tutto muta ma nulla scompare, nella prospettiva di una conservazione che duri "ab aeterno".
Ma il tempo che siamo chiamati a vivere, per il credente, è solo un'episodio di quell'eternità dell'origine: è il tempo della conversione, il tempo dell'Apocalisse che annuncia l'estrema vittoria del male fino al compimento del secondo e definitivo avvento, la "parousía", Cristo che riappare per instaurare il regno di Dio: «Ecco, io verrò presto e porterò con me il mio salario, per rendere a ciascuno secondo le sue opere.»
Sembra chiaro.
Infatti prosegue: «Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine.».
Nel mondo ebraico il "Messia" è ancora un'attesa.
In quello cristiano, l'attesa è quella del giudizio finale.
L'Occidente storicizza.
Eppure.
Se nulla perisce, ogni essente è destinato al ritorno.
La celebrazione liturgica è un ciclico riapparire.
La memoria della nascita di Gesù è una ricorrente rinascita.
Poiché tutto s'inscrive in un'eternità.
Rammento il Leopardi delle "Operette morali": «la materia stessa niuno incominciamento ebbe, cioè a dire che ella è per sua propria forza ab eterno».
Dunque, la nascita è già morte.
E resurrezione.
La nascita è già compimento.
E la morte diviene nascita.
Al centro, il simbolo del sacrificio: il bue rosso.
Destinato a ripetersi.
Tutto è quando era.
Chiamato ad essere mentre sarà.
Tempo senza tempo.
Come in un cerchio bianco di luce.
Come in una fiaba.
- Marc Chagall (1887-1985): "Natività"/"Crocifissione" 1941
11 notes
·
View notes
Link
FERMO – La marchigianizzazione dell’Italia è iniziata”. Scherza, ma forse nemmeno tanto, Piero Massimo Macchini: l’attore fermano rappresenta le Marche in “Comici Tipici”, la terza stagione della web serie “Casa CRAI”, della nota catena di supermercati.
L’episodio dedicato alla nostra regione è on line da qualche settimana, pubblicato sulla pagina Facebook e sul canale YouTube di CRAI. I padroni di casa sono Pino Insegno e Roberto Ciufoli: impegnati a selezionare personale per il supermercato, si trovano di fronte Macchini, un candidato molto particolare che racconterà loro tutte le peculiarità di questa regione al plurale e dei suoi abitanti.
Inoltre, a Ciufoli, nei panni dello chef Iacopo Leopardi, Macchini spiegherà anche la ricetta dei vincisgrassi e soprattutto perché sono così buoni.
“Mi ha fatto davvero piacere essere selezionato per Casa CRAI – commenta l’attore fermano – soprattutto perché a fare la differenza è stato il mio grande repertorio sulla marchigianità. E pensare che mi sono candidato per caso: Cristiano Virgili, che si occupa del mio management e del booking, mi ha iscritto a mia insaputa e così mi sono ritrovato una sera di ottobre, a mezzanotte, ad inviare il provino video. Abbiamo girato in un CRAI alle porte di Roma ed è stata buona la prima”.
Fermo, il dialetto, la pensione di mamma, nel colloquio del “comico tipico” Macchini i pezzi forti del Provincialotto ci sono tutti, ma il candidato verrà irrimediabilmente respinto: “Il video ha ottenuto ottimi risultati in termini di visualizzazioni e condivisioni sia sui social che su YouTube. Marchigianizzare l’Italia è il mio obiettivo e, dopo il riconoscimento da parte di Lonely Planet, direi che siamo sulla strada giusta”, scherza Piero Massimo Macchini che, con il progetto MarcheTube, ha fatto della valorizzazione della nostra regione un concept amato e molto seguito in rete.
0 notes