#la donna perduta
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il-gualty1 · 1 year ago
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La donna è musica perduta nella carne…
E. Cioran
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canesenzafissadimora · 1 month ago
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Ma la cosa migliore
non furono quei baci
e neppure le passeggiate serali,
o i nostri segreti.
La cosa migliore era la forza che quell’Amore mi dava,
la forza lieta di vivere e di lottare
per lei,
di camminare sull’acqua e sul fuoco.
Potersi buttare,
per un istante,
poter sacrificare degli anni
per il sorriso di una donna:
questa sì che è felicità,
e io non l’ho perduta.
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Hermann Hesse
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be-appy-71 · 1 month ago
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Ma la cosa migliore
non furono quei baci
e neppure le passeggiate serali,
o i nostri segreti.
La cosa migliore era la forza che quell'Amore mi dava,
la forza lieta di vivere e di lottare
per lei,
di camminare sull'acqua e sul fuoco.
Potersi buttare,
per un istante,
poter sacrificare degli anni
per il sorriso di una donna:
questa sì che è felicità,
e io non l'ho perduta... ♠️🔥
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pettirosso1959 · 2 months ago
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https://roma.corriere.it/notizie/politica/24_dicembre_22/bella-chat-giannini-naufragio-fe81b63c-f015-4742-a5b6-d41106da9xlk.shtml
E pure Bella chat, alla fine, è stata travolta dalla maledizione della Favola delle api. L’ha scritta Bernard de Mandeville, nel 1705. L’alveare prospera, sotto il tallone di un lavoro spietato, con pochi che si arricchiscono sfruttando i più, tra vizi, imbrogli, miserie, lussi e disperazione. Eccola allora la rivoluzione dei probi: ora l’onestà regna, l’uguaglianza tra le api pure, ma, rapidamente, più nessuno fa nulla, tutto decade, l’alveare crolla. Avverte il filosofo: «Abbandonate dunque le vostre lamentele, o mortali insensati! Invano cercate di accoppiare la grandezza di una nazione con la probità. Occorre che esistano la frode, il lusso e la vanità, se noi vogliamo goderne i frutti».
Cinico e iperbolico, de Mandeville, ma sta di fatto che anche l’ultimo tentativo di far nascere l’Uomo Nuovo (o la Donna Nuova), con una chat creata da Massimo Giannini il 25 aprile scorso, ha fatto naufragio, sfregiato soprattutto, in conclusione, da liti feroci su Israele. È proprio il fondatore ad abbandonare la nave: «Amiche ed amici, con grande dispiacere e rammarico, vi informo che dopo quest’ultimo messaggio lascio questa chat. L’idea che l’aveva fatta nascere era un’altra, ma constato che nel tempo si è irrimediabilmente perduta, sicuramente anche per responsabilità di chi l’aveva lanciata. Per quanto mi riguarda, mi fermo qui». Ma insomma, che accidenti è successo? La partenza era stata in grande spolvero. Un confronto per la democrazia e contro le tentazioni di rigurgiti neofascisti. Già si parlava di organizzare convegni, e c’era pure chi immaginava la nascita di un nuovo partito. Un migliaio di partecipanti, tanti nomi prestigiosi, non facile dire se con il ruolo di promotori o invece di semplici invitati. Carlo De Benedetti, Romano Prodi, Massimo D’Alema, Giuseppe Sala, Stefano Bonaccini, Pierluigi Bersani, Fausto Bertinotti, Walter Veltroni, Elsa Fornero, Sigfrido Ranucci, Corrado Formigli, Concita De Gregorio, Bianca Berlinguer, Donata Scalfari e tantissimi altri. A dire la verità già all’inizio gran parte dei nomi più noti si guardavano bene dall’intervenire. E anzi, sconcertati dalla valanga di Bip! che inondavano i cellulari, in parecchi, con garbo, auguravano buon lavoro a tutti e si staccavano dalla chat. Anche perché l’unanimità si era raggiunta soltanto contro l’Autonomia differenziata, e per il resto l’effetto sfogatoio, pieno di frecciatine, non aveva faticato a prendere il sopravvento. Ed è vero anche che si trattava di una chat aperta, dove ognuno poteva invitare chiunque, l’amico, il vicino, il parente, e guai a dire di no alle masse. Ma va da sé che l’effetto stadio si moltiplica. E quindi, dopo un po’ di complimenti reciproci, perché era proprio ora, c’era davvero bisogno che qualcuno alzasse la voce, si era rapidamente passati, come da tradizione, a discutere sulle colpe storiche di una sinistra che ha smarrito principi e ideali, per diventare piaciona e salottiera, se non affarista e attaccata alle poltrone. Ma è soprattutto sulla tragica vicenda mediorientale che la chat è esplosa. David Parenzo contro le «teste di Gaza». Rula Jebreal pubblica foto di bambini palestinesi uccisi: «Ecco cosa vi dovrebbe offendere! Provate a misurare la vostra moralità e umanità». Tal Simone: «Lei mi ha dato del genocida e ora dovrei vergognarmi io». «Vergognati!». «Lei ci ha insultati tutti. Basta». Emanuele Fiano: «Io sono il presidente di Sinistra per Israele e sono stato accusato di essere “per il genocidio”, accusa infamante». Rula Jebreal: «C’è un ampio consenso popolare per il genocidio a Gaza». «Lei insulta. Ogni tanto chiedere scusa non è una vergogna. Ci provi». «Sostenere uno Stato che sta commettendo uno sterminio è direttamente proporzionale a sostenere lo sterminio». «Ma veramente non capisci il valore di quello che dici?». E addio al proposito della chat di stringere nell’angolo Giorgia Meloni. Va da sé che basta, non poteva durare e forse, con il senno di poi, non doveva nemmeno cominciare. Anche l’ultima utopia, per quanto relegata nell’ambito virtuale di una chat, va in soffitta. L’aveva predetto Jean-Jacques Annaud, il regista del film Il nemico alle porte, sulla battaglia di Stalingrado. Eccolo il monologo del commissario politico, prima di morire vittima consapevole del proiettile del cecchino nazista: «Sono stato così sciocco Vassili. L’uomo sarà sempre l’uomo. Non esiste l’uomo nuovo. Con tanta fatica abbiamo provato a creare una società che fosse giusta, dove non c’è niente da invidiare al tuo compagno, ma ci sarà sempre qualcosa da invidiare: un sorriso, un’amicizia, qualcosa che non hai e di cui ti vuoi appropriare. In questo mondo ci saranno sempre i ricchi e i poveri. Ricchi di talento, poveri di talento. Ricchi d’amore, poveri d’amore».
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thegianpieromennitipolis · 11 months ago
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IL RACCONTO DELL'IMMAGINE - POLIS di Gianpiero Menniti racconta la Comunicazione l'Arte e la Politica
SENZA LUOGO
In ogni passo, un pensiero.
Pensieri.
Semplici.
Pratici.
Necessari.
In ogni passo, un suono.
Sordo.
Di una sola nota che batte un pianto silenzioso.
Come un cane alla ricerca di un tozzo di scarto.
Così è la bocca serrata dall'angoscia.
Di essere nulla oltre un vestito logoro.
Unico appiglio di un'infanzia perduta nella coscienza.
Madri.
Figli.
Ciascuno è forza dell'altro.
In ogni passo.
Senza più luogo.
- Foto di Robert Capa, Israele, Haifa. 1948. Una donna e il figlio si dirigono verso il campo di Rosh Hay’n.
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noneun · 7 days ago
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Il Fascismo e la superstizione esoterica
Il rapporto tra Nazismo e mondo dell'esoterismo è un tema ben conosciuto e che ha sempre suscitato molto interesse. Anche se non si può dire che l’ideologia nazista fosse un sistema esoterico a sé stante, alcuni dei suoi protagonisti – soprattutto nelle alte sfere delle SS – mostrarono un vivo interesse per il misticismo e la simbologia antica.
Forse il personaggio più emblematico in questo connubio tra potere nazista e misticismo è Heinrich Himmler, uno dei principali artefici del regime. Himmler nutriva una profonda passione per le leggende germaniche e per l’occulto. Fondò l’organizzazione Ahnenerbe (letteralmente Eredità Ancestrale), che aveva lo scopo di studiare e “dimostrare” l’esistenza di antichi legami tra il popolo tedesco e una mitica origine ariana. Una delle sue missioni fu la ricerca di antichi artefatti, come quello dell’Arca dell’Alleanza che ispirò, decenni dopo, il famoso film "I predatori dell'arca perduta" della saga di Indiana Jones.
Un altro aspetto interessante e molto conosciuto è l’uso della simbologia mistica. Il regime nazista adottò e rielaborò simboli antichi, come la svastica, che in realtà è un simbolo molto usato in diverse culture per rappresentare, ad esempio, la buona fortuna o il Sole. I nazisti la scelsero per dare l’idea di un potere ancestrale e misterioso, rendendola parte integrante della loro propaganda.
In pochi sanno, invece, la storia del legame fra il Fascismo e l'esoterismo. Benito Mussolini, a differenza di Hitler e Himmler, non mostrò un interesse esplicito per l’esoterismo, ma esistono racconti secondo cui si avvicinò alla pratica esoterica usata per ottenere informazioni sul futuro da fonti sovrannaturali, chiamata comunemente "divinazione". Dapprima si affidò alla divinazione "intuitiva", ovvero sulla rivelazione da parte di un'entità soprannaturale grazie all'intermediazione di un indovino. Si narra che Mussolini consultò almeno una volta la più famosa sensitiva dell'epoca: la bresciana Semiramide. E sembra che durante una seduta gli avesse predetto una morte violenta, tramite il colpo d'una pallottola.
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Questa previsione avrebbe molto spaventato il Duce il quale, nonostante la sicumera che ostentava durante le sue apparizioni pubbliche, pare fosse sempre più divorato dai dubbi sul proprio futuro. E la previsione di Semiramide gliene infuse di nuovi.
Le inquietudini andarono peggiorando una volta entrato in guerra al fianco della Germania Nazista, i cui gerarchi, oltre a trascinarlo in un conflitto più grande di quanto il Regno d'Italia potesse gestire, lo influenzarono con ulteriori idee esoteriche.
Fino a portarlo ad avvicinarsi alla variante "induttiva" della divinazione, ovvero quella che si basa sull'interpretazione di segni da parte di un conoscitore dell'arte divinatoria che, non a caso, nell'antichità era chiamata addirittura "scienza".
In particolare si narra che alla fine del 1943, appena dopo la nascita della Repubblica di Salò, lo Stato fantoccio voluto da Adolf Hitler per amministrare i territori italiani occupati, lo stesso Mussolini che la governava fu assalito da ancor più forti dubbi e angosce riguardo il proprio futuro e quello della Nazione.
Si rivolse quindi a una cartomante esperta in Taromanzia, la divinazione tramite carte speciali: i famosissimi Tarocchi.
Benito scelse una cartomante meno rinomata di Semiramide, ma comunque conosciuta per l'incredibile accuratezza delle sue previsioni. Il suo nome, purtroppo, non si evince dalle carte e dai documenti dell'epoca. Fortunosamente però rimane, in alcune pagine poco conosciute scritte di proprio pugno dal Duce, un'accurata descrizione di quel pomeriggio esoterico.
Mussolini racconta che, appena entrato nello studio della cartomante, avvolto dalla penombra, percepì distintamente un forte odore di incenso. La cartomante, una donna anziana dal volto severo e una veste scura, chiese al Duce di sedersi, rilassarsi e di concentrarsi sulla domanda che avrebbe voluto rivolgere ai Tarocchi. Chiaramente pensò subito alle incertezze del conflitto bellico in corso e alla sua conclusione, che sperava ancora potesse essere gloriosa. Lei intanto prese a toccare le carte con le mani per sintonizzarsi sull'energia esoterica in esse contenuta. Poi chiese a Mussolini se preferisse la classica lettura Astrologica, usando 12 carte, ognuna associata a un segno zodiacale; oppure usando un particolare metodo di lettura chiamato a "Croce Celtica", che permette di analizzare in profondità il problema tramite la lettura di 10 carte in una disposizione analoga alla figura che le dà il nome; oppure il metodo a "Carta Singola", per una risposta immediata e meno prona a interpretazioni fallaci.
Nonostante Mussolini fosse attratto, per ovvi motivi, dal metodo a Croce Celtica, non lo scelse per quella lettura del futuro. E non scelse nemmeno la versione astrologica: non era appassionato di astrologia come suo genero, Galeazzo Ciano. Optò quindi per la Carta Singola, ispirato in questa scelta dal proprio temperamento risoluto e dal suo caratteristico decisionismo fulmineo.
La cartomante annuì e chiese a Mussolini di mescolare i Tarocchi lentamente, molto lentamente, per fare in modo che l'energia personale del Duce si trasferisse nel mazzo. Poi gli chiese di poggiare il mazzo al centro del tavolo, mostrandone il dorso, e di spezzarlo con la mano sinistra: la mano che simboleggia l'intuito. A questo punto la cartomante prese in mano il mazzo risultante e iniziò a prelevarne lentamente una carta alla volta, poggiandola di nuovo al centro del tavolo a formare un pila. E chiese al Duce di dirle quando fermarsi. L'ordine di alt sarebbe dovuto essere assolutamente perentorio.
Passate poche carte, l'ordine di fermarsi arrivò. La cartomante teneva la carta prescelta sollevata a pochi centimetri dalla pila, pronta a essere rovesciata e mostrata agli occhi attenti di Mussolini, desideroso di conoscere il futuro. Lo guardò negli occhi e chiese: "Siete pronto?".
Benito rispose in maniera affermativa, sforzandosi di dissimulare la tensione che gli stringeva la gola.
La tensione fu contagiosa. La mano della cartomante che teneva la carta tremava, e i brevi istanti che precedettero il movimento rotatorio sembravano non passare mai.
Poi, quasi d'improvviso, girò la carta:
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multiverseofseries · 3 months ago
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L’amica geniale 4, episodi 1 e 2: un inizio all'altezza delle aspettative
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Laura Bispuri dirige la stagione finale della serie tratta dalla tetralogia di Elena Ferrante. Protagoniste Alba Rohrwacher e Irene Maiorino.
L'avevamo lasciata a guardarsi nello specchio del bagno di un aereo Lenù, con il passaggio di testimone tra Margherita Mazzucco e Alba Rohrwacher. La ritroviamo di spalle con un lungo e leggero abito verde dirigersi nella hall di un albergo per chiamare l'Italia dove le sue figlie sono rimaste con il padre dopo la fuga con Nino Narratore (Fabrizio Gifuni). La saga letteraria di Elena Ferrante è tornata con l'adattamento televisivo de L'amica geniale - Storia della bambina perduta, quarto e ultimo romanzo della tetralogia. Dopo il passaggio a Tribeca Film Festival, la messa in onda negli Stati Uniti su HBO Max, la serie arriva - finalmente - anche in Italia.
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Alba Rohrwacher e Irene Maiorino
Dopo le prime due stagioni dirette da Saverio Costanzo - rimasto nella veste di produttore esecutivo e sceneggiatore insieme a Francesco Piccolo, Laura Paolucci ed Elena Ferrante - e Daniele Luchetti alla guida del terzo capitolo, ora è il turno di Laura Bisturi di sedere dietro la macchina da prese dei dieci episodi finali.
La separazione
Il capitolo 25 de L'amica geniale 4, intitolato La separazione, racconta dei mesi ed anni immediatamente successivi alla decisione di Lenù di lasciare la vita che si era costruita accanto a Pietro (Pier Giorgio Bellocchio) per seguire l'amore viscerale e totalizzante per Nino Sarratore. Un sentimento così forte, profondo, impetuoso da convincerla a lasciare le sue due bambine, Dede ed Elsa, alle cure della nonna paterna. Un ambiente fatto di regole e disciplina, di stabilità. La stessa che lei, sempre con la valigia in mano per lavoro e per amore, non può darle.
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Fabrizio Gifuni e Irene Maiorino ne L'amica geniale 4
È drammatico il racconto di questa donna che alla fine degli anni Settanta attraversati da dibattiti, tensioni, contestazioni e tentativi di rivoluzione ammette a sua madre arrivata da Napoli per farle fare pace con il marito che "vuole bene ad un altro". Una confessione dalla quale non si può tornare indietro, che - una volta pronunciata ad alta voce - diventa realtà. Tutti, dal marito alla suocera passando per la madre, vogliono decidere per lei, farle ammettere di aver sbagliato e dimenticare quella fuga. Una madre separata con figli e ambizioni. Ognuno di loro sembrano dirle che le due cose insieme non possono coesistere, che deve rinunciare. Ma Nino Sarratore è per Lenù come il canto delle sirene. Seducente e fatale.
Una donna divisa in due che deve fare i conti prima di tutto con se stessa e una verità difficile da accettare nell'intima confessione interiore con il proprio io. Il corpo e la voce di Lenù, che nelle stagioni precedenti erano separate, si uniscono grazie ad Alba Rohrwacher che a quella voce fuori campo regala un volto, gesti, movimenti. La sua Lenù smette di subire e decide, con tutto il dolore e i sensi di colpa che questo comporta, di provare ad essere lei alla guida della sua vita. Non è un caso che il suo libro parli "dell'invenzione della donna da parte dagli uomini". Ora è lei che inventa se stessa. O almeno così crede. Perché Nino Sarratore è il manipolatore di sempre che la muove come un burattino.
La storia privata e collettiva
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Fabrizio Gifuni e Alba Rohrwacher in un momento della serie
La Storia, come nelle stagioni precedenti, è sia sullo sfondo che in modo diretto nel racconto. Il rapimento di Aldo Moro, i posti di blocco, i morti ammazzati, la violenza fascista, la prevaricazione maschile che passa anche solo per il cognome tramandato di padre in figlio. C'è tantissimo nel primo episodio de L'amica geniale - Storia della bambina perduta che Laura Bispuri decide di riprendere concentrandosi sui primi piani dei suoi protagonisti - un cast tutto nuovo che coinvolge, tra i tanti, Stefano Dionisi, Lino Musella, Edoardo Pesce e Sonia Bergamasco - e i dettagli strettissimi di mani che si cercano, soffrono, provano rabbia e sconforto.
Chi manca quasi del tutto fisicamente, ma è una presenza quasi asfissiante per Lenù nel corso di tutto l'episodio, è Lila. L'amica con la quale ha un rapporto di attrazione e respingimento che le accompagna dall'infanzia. Rimasta a Napoli, la giovane donna è diventata un'imprenditrice informatica. Ad interpretarla Irene Maiorino, attrice dalla somiglianza incredibile con Gaia Girace, che cerca di mettersi in contatto con l'amica scrittrice per metterla in guardia su Nino.
Dispersione
Il capitolo 26, Dispersione, racconta dell'ulteriore perdita di coordinate di Lenù. Pronta ad andare a vivere a Napoli con le sue bambine insieme a Nino in una casa da cui si vede il mare, la voce narrante de L'amica geniale scopre le bugie dell'amato e decide di dirottare temporaneamente la sua vita a Milano ospite con le figlie della cognata Maria Rosa (Bergamasco) che vive insieme all'amore di gioventù Franco (Dionisi). Quella di Nino è una delusione enorme che la schiaccia e non le permette di scrivere nonostante abbia firmato per un nuovo romanzo. Anche in questo episodio la sceneggiatura inserisce la tematica femminile grazie a una riflessione sui "corpi informi" delle madri che non sono "corpi di donna" agli occhi dei loro figli. Lenù, come tante donne di quegli anni e di oggi, tenta una riappropriazione di se stessa. Essere donna oltre la maternità, oltre lo sguardo maschile.
Ma in lei c'è forte una divisione interiore. Da un lato la consapevolezza e il pensiero, dall'altra il cuore. Quello che la fa sentire come una bugiarda quando viene rappresentata libera e autonoma. Anche in una scelta non convenzionale per l'epoca, Lenù finisce per essere come la protagonista di un copione visto milioni di altre volte. Una donna innamorata che accetta tanto, troppo. Anche di essere una moglie parallela. Ma una volta tornata a Napoli, Lenù non deve affrontare solo le sue scelte di vita sentimentale. Deve tornare faccia a faccia con il rione. Lo stesso dal quale era fuggita anni prima, un cumulo di vie fatte di violenza, maschilismo e nessuna prospettiva di crescita. È arrivato il momento della resa dei conti.
Conclusioni
Quarto e ultimo capitolo della saga letteraria di Elena Ferrante, L’amica geniale -Storia della bambina perduta è l’ultima stagione della serie HBO e Rai-Fiction. Alla regia Laura Bisturi che prende il testimone da Saverio Costanzo prima e Daniele Luchetti poi. Nei primi due episodi vediamo Lenù, interpretata da Alba Rohrwacher che unisce corpo e voce della protagonista - cercare il suo posto nel mondo dopo la separazione con il marito e l’inizio della relazione con Nino Sarratore. Due episodi incentrati sulla scrittrice e il suo dramma interiore. La Storia, da prese presente nella serie, ci parla dell’atmosfera tesa della fine degli anni Settanta mentre la regia si concentra sui dettagli per enfatizzare un senso di vicinanza con i protagonisti.
👍🏻
La regia intima di Laura Bisturi.
La scelta del cast che “si parla” con i personaggi e le stagioni precedenti.
La riflessione sul femminile.
La Storia sempre presente in modo diretto nel racconto.
👎🏻
La poca presenza di Lila, anche se funzionale al racconto.
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levireonhato · 3 months ago
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“Tutto cambia, Levi Reonhato. Non sei più un bambino ora, ma un uomo, con un fardello da uomo sulle spalle e una scelta da uomo davanti a te.”
Il caldo desertico era svanito e una falce di luna spuntò bassa all’orizzonte, sottile e rossa come il sorriso di un cannibale. Attraverso le arcate s’intravedeva il tenue bagliore delle luci, decine di migliaia di lampade a olio sminuite dalla vasta oscurità del deserto circostante. A sud, una cappa di fumo smorzava la lucentezza del fiume. Il vento trasportava con sé l’odore di acciaio e di fornace, sempre presente in una città conosciuta solo per i suoi soldati e le sue armi. Come vorrebbe, Levi, aver visto Serra prima di tutto questo, quand’era la capitale dell’Impero dei Dotti. A quei tempi i grandi edifici erano biblioteche e università, non caserme e sale di addestramento. La Strada dei Cantastorie ospitava un gran numero di palchi e di teatri, non un mercato di armi in cui le uniche storie che si raccontavano erano quelle di guerra e di morte. Era un desiderio stupido, come quello di volare. Nonostante le conoscenze di astronomia e architettura e matematica, i dotti si erano sgretolati sotto l’invasione dell'Impero. La bellezza di Serra era perduta ormai. Adesso era una città marziale. In alto, il cielo splendeva, illuminato dalla luce fioca delle stelle. Una parte del corvino sepolto da tempo capì che questa era bellezza, ma non era più in grado di meravigliarsene come faceva da bambino. Allora, si arrampicò sugli alberi del pane per avvicinarsi alle stelle, convinto che un po’ di altezza in più lo avrebbe aiutato a vederle meglio. Allora, in quel mondo era fatto di sabbia e cielo. Allora, era tutto diverso. x: «Tutto cambia, Levi Reonhato. Non sei più un bambino ora, ma un uomo, con un fardello da uomo sulle spalle e una scelta da uomo davanti a te.» Levi aveva in mano il coltellino e lo puntò alla gola dell’uomo incappucciato accanto a lui. Da dove era saltato fuori? Giurerebbe sulla vita dei suoi genitori e di quell'imbranata di sua sorella che quest’uomo non era qui un attimo fa. «Chi diavolo sei?» gli chiese tagliente. Lo sconosciuto abbassò il cappuccio e il corvino ottenne la sua risposta: un Augure. Che ci faceva qui un / Augure /? Credeva che i santoni avessero di meglio da fare, come rinchiudersi nelle caverne a leggere le viscere delle pecore. Era esattamente uguale da come sua madre Laia un tempo li aveva descritti: la sclera degli occhi dell’Augure era di un rosso demone acceso, in contrasto con le iridi nere e lucenti; la pelle si tendeva sulle ossa del suo viso come un corpo torturato sulla ruota. A parte gli occhi, in lui non c’era molto colore in più rispetto ai ragni traslucidi che si annidavano nelle catacombe di Serra.
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Si chiedeva come fosse possibile che sua madre, una donna così tanto intelligente, pensava davvero che gli Auguri fossero immortali? Ma in fondo non era l’unica. I marziali credevano che il / potere / degli Auguri derivasse dal loro essere posseduti dagli spiriti dei morti. Eppure, a chiunque aveva un briciolo di logica, era chiaro che erano una banda di ciarlatani, venerati in tutto l’Impero non solo come creature immortali, ma anche come oracoli ed esperti nella lettura del pensiero. x: «Nervoso, Levi?» l’uomo spinse via il coltello dalla gola, «perché? Non devi avere paura di me. Sono solo “un ciarlatano che vive nelle caverne, uno che legge le viscere delle pecore”. Giusto?» Che il cielo lo fulmini! Come faceva a sapere che Levi pensava queste cose? Cos’altro sapeva? «Era uno scherzo» replicò, «uno stupido scherzo.» x: «E il tuo piano per disertare? Anche quello è uno / scherzo /?» Il corvino rimase in silenzio. Chiunque tenterebbe di scappare da quella “prigione”, chi è che non lo farebbe? x: «Gli spettri delle nostre cattive azioni cercano vendetta» disse la figura dall’aspetto pallido, «ma il prezzo da pagare sarà elevato». «Il / prezzo /? Di cosa cazzø stai blaterando vecchio?» lasciando stare / l’educazione / che i suoi genitori gli avevano insegnato, gli ci volle un istante per capire. Voleva farlo pagare per consentirgli di mettere in atto il suo piano. All’improvviso l’aria della sera si fece più fresca, e pensò alla segreta di Kauf di cui aveva tanto sentito parlare, dove l’Impero spediva a soffrire i disertori nelle mani dei suoi servi più crudeli. E pensò alla frusta di quella strega, al sangue di quei poveri ragazzi che macchiavano le pietre del cortile di Rupenera. Gli aumentò di colpo l’adrenalina, dicendogli di attaccare l’Augure, di sbarazzarsi della minaccia che rappresentava, ma il buon senso prevalse sull’istinto. Gli Auguri godevano di un tale, sconfinato rispetto, che ucciderne uno non era un’opzione percorribile. Umiliarsi invece poteva essere utile. Dunque, era qui per punirlo? x: «Non sono qui per punirti. In ogni caso, il tuo futuro è già una punizione sufficiente. Sai perché sei qui, Levi?» l’Augure si voltò verso la torre campanaria modellata come un diamante. Le parole di cui erano fregiati i mattoni della torre erano così familiari che ormai non le notava quasi più nessuno: “Dai giovani temprati per la battaglia s’innalzerà il Predestinato, l’Imperatore Supremo, flagello dei nostri nemici, condottiero di un esercito devastante. E l’Impero sarà completo.” x: «Per le profezie. Per il futuro contenuto nelle visioni degli Auguri. Ecco perché abbiamo costruito questa accademia. Ecco perché sei qui. Conosci la storia?» Cinquecento anni fa, un brutale guerriero di nome Taius aveva riunito i clan divisi dei marziali ed era piombato giù dal Nord, annientando l’Impero dei Dotti e conquistando la maggior parte del continente. Si era autoproclamato Imperatore e aveva fondato la propria dinastia. Ma gli Auguri, considerati santi già a quei tempi, avevano scoperto nelle loro visioni che la stirpe di Taius un giorno si sarebbe estinta. E in quel momento avrebbero dovuto scegliere il nuovo imperatore attraverso una serie di prove di forza fisica e mentale: le Selezioni.
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Per ovvi motivi, Taius non aveva apprezzato granché la profezia, ma gli Auguri dovevano averlo minacciato di strangolarlo con le budella di pecora, perché non aveva fiatato quando avevano eretto Serra e cominciato ad addestrarvi gli allievi. E, cinque secoli dopo, erano ancora tutti qui, in attesa che la linea dinastica del vecchio furbacchione si estinguesse e che uno di loro potesse trasformarsi in un imperatore nuovo di zecca. Generazioni di guerrieri si erano addestrati, avevano servito ed erano morti senza essere neppure sfiorati dalle Selezioni. Serra può anche essere nata come luogo in cui istruire il futuro imperatore, ma ora era solo una palestra per sfornare le risorse più micidiali dell’Impero. «Conosco la storia», Levi interruppe finalmente il suo ostinato silenzio. Laia gli raccontava storie bislacche dato che quelle d’amore non erano di suo gradimento. Era la sua narratrice e potrebbe anche sembrare una pazza scappata da un manicomio che papà James - santo uomo che era - aveva sposato, ma con la sua voce, il guizzo di una mano e l’inclinazione della testa sapeva tessere le trame di mondi interi. Eppure Levi non credeva a una sola parola di quel mito, per lui era soltanto sterco di cavallo. x: «Non è né un mito né sterco di cavallo, mi dispiace», replicò l’Augure serio. «Sei davvero capace di leggere il pensiero.» x: «Una formulazione semplicistica per un’impresa complessa. Ma è così, ne siamo capaci.» «Allora sai tutto. Del mio piano di fuga, delle mie speranze, del mio odio, della mia famiglia. Tutto.» x: «È un buon piano, Levi», confermò il santone. «Quasi infallibile. Se desideri portarlo a termine, io non ti fermerò.» “È un trucco” gridò la mente del corvino, ma guardò negli occhi del santone e non vide alcuna menzogna. x: «Vieni, facciamo due passi.» Levi era troppo intontito per fare altro che non fosse seguirlo. Se l’Augure non stava cercando d’impedirgli di disertare, allora cosa voleva? Cosa intendeva quando aveva detto che il suo futuro sarà già una punizione sufficiente? Il corvino aveva cercato di leggere i suoi pensieri, tutto ciò di cui aveva bisogno sapere, ma il / velo / dell’Augure glielo impediva. Raggiunsero la torre e le sentinelle di guardia si allontanarono, come obbedendo a un tacito ordine. Levi e il santone erano soli a contemplare nell’oscurità le dune di sabbia. Era così lontano da casa sua, dalla sua famiglia... chissà cosa staranno facendo in questo momento. Cosa penserebbero di lui se diventasse un assassino? Lo avrebbero ugualmente accettato? Tanti pensieri affollarono la mente del corvino. A volte aveva come un nido di scorpioni che gli brulicavano nella mente, senza posa. x: «Quando sento i tuoi pensieri, mi torna in mente Taius il Primo. Aveva nel sangue l’istinto del soldato, proprio come te. E, come te, ha lottato col proprio destino» sorrise al suo sguardo incredulo. «Oh, si. Conoscevo Taius. Conoscevo i suoi avi. lo e i miei simili calpestiamo questa terra da un migliaio di anni. Abbiamo scelto Taius per creare l’Impero, così come abbiamo scelto te, cinquecento anni dopo, per servirlo.» Era impossibile! Se quest’uomo sapeva leggere nel pensiero, l’immortalità potrebbe essere piuttosto ragionevole come passo successivo. Allora, vuol dire che tutte quelle stupidaggini sugli Auguri posseduti dagli spiriti dei morti erano vere? Se solo la sua famiglia potesse vederlo... come gongolerebbe! Con la coda dell’occhio, guardò il santone. Osservandolo di profilo, gli sembrava di colpo curiosamente familiare. C: «Il mio nome è Caino. Sono stato io a sceglierti.»
«A / condannarmi /, per meglio dire. Immagino che tu abbia scelto migliaia di uomini nel corso degli anni. Dev’essere proprio il tuo passatempo preferito» C: «Ma tu sei quello che ricordo meglio. Perché gli Auguri sognano il futuro: tutte le conseguenze, tutte le possibilità. E tu sei intrecciato nelle trame di ogni singolo sogno. Un filo d’argento in un arazzo notturno.» «E io che pensavo aveste sorteggiato il mio nome da un misero cappello.» C: «Ascoltami, Levi Reonhato» l’Augure ignorò la frecciata. Anche se la sua voce non era più alta ora di un istante fa, le sue parole erano avvolte nel ferro, appesantite dalla certezza. «La Profezia è realtà. Una realtà che affronterai presto. Tu cerchi di scappare. Tu cerchi di eludere il tuo dovere, ma non puoi sfuggire al tuo destino.» «Il mio / destino /?» C: «La vita non è sempre ciò che pensiamo sarà» sentenziò Caino. «Tu sei brace sotto la cenere, Levi Reonhato. T’infiammerai e brucerai, distruggerai e / devasterai /. Non puoi cambiare la tua sorte. Non puoi fermarla.» «Io non voglio!»
C: «Quello che vuoi non ha importanza. Dovrai fare una scelta. Tra disertare o fare il tuo dovere. Tra sfuggire al tuo destino o affrontarlo. Se diserti, gli Auguri non ti fermeranno. Scapperai. Lascerai l’Impero. Vivrai, ma non troverai sollievo nel farlo. I tuoi nemici ti daranno la caccia. Le ombre fioriranno nel tuo cuore, e diventerai tutto ciò che hai sempre odiato e temuto: malvagio, crudele, inesorabile. Sarai incatenato all’oscurità dentro di te come saresti incatenato alle pareti di un cella, in prigione.» Caino gli si avvicinò, il suo sguardo era spietato. «Ma se resti, se fai il tuo dovere, avrai la possibilità di spezzare per sempre i vincoli che ti legano all’Impero. Avrai la possibilità di raggiungere una grandezza inconcepibile. Avrai la possibilità di ottenere la vera libertà: del corpo e dell’anima. Quando il momento arriverà, lo saprai, Levi. Devi fidarti di me.»
«Come faccio a fidarmi? Quale dovere? La mia prima missione? La seconda? Quante persone dovrò torturare? Quanto male dovrò commettere prima di poter essere / libero /?» Gli occhi di Caino erano fissi sul viso del giovane, mentre fece un passo lontano da lui, e poi un altro. «Quando potrò lasciare l’Impero? Tra un mese? Un anno? ...Caino!» L’augure scomparse in fretta, come una stella all’alba. Levi si allungò per afferrarlo, per obbligarlo a restare e a dargli delle risposte, ma la sua mano trovò solo aria.
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lunamagicablu · 2 years ago
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Le Pleiadi erano sette sorelle: Maia, Alcione, Asterope, Celeno, Taigete, Elettra e Merope. Figlie di Atlante, il titano a cui Zeus aveva affidato il compito di sostenere la Terra, e di Pleione, la dea protettrice dei marinai.
In seguito a un fortuito incontro con Orione, le Pleiadi e la loro madre diventano preda del cacciatore. Per proteggerle dagli assillanti assalti amorosi di lui, Zeus le tramuta in colombe e le libera in cielo. Si dice anche che Zeus fosse il padre di tre delle sorelle.
Le Sette sorelle sono spesso associate a figure marine per questo simboleggiano i mari, le acque, i fiumi, la pioggia e il gelo. Conosciute anche con il nome di Oceanidi, alcune fonti rivelano che il loro nome derivi dall’antico termine greco plein, ossia navigare.
Maia – è la maggiore delle sorelle nota per la sua straordinaria bellezza e per la sua vita solitaria. Nonostante fosse molto bella, era una donna timida e riservata che prediligeva la solitudine e viveva da sola in una caverna. Il suo nome significa “madre” in latino, ma racchiude anche il significato di “fecondità”, perciò i Romani la consideravano la dea della primavera da cui deriva il nome del mese di maggio.
Alcyone (Ally) – è la seconda delle sorelle, ma è conosciuta per essere la più forte. Durante i giorni di Alcione, quando il mondo era pervaso di gioia, prosperità e quiete, lei vegliava sul Mar Mediterraneo rendendolo sicuro per i marinai. Sposata con Ceice, re della Tessaglia, i due ingannarono Zeus ed Era, facendosi passare per loro. Zeus per vendicarsi, aspettò che i due si separassero, per scatenare una tempesta che affondò la nave di Ceice che morì affogato.
Asterope (Stella) – è il nome greco per “stella” e viene rappresentata, nella tradizione, come la più debole delle sorelle proprio a causa della sua ridotta luminosità. Fu la madre di Enomao, figlio di Ares, dio della guerra. In altre versioni del mito invece è la moglie dello stesso Enomao da cui ebbe quattro bambini.
Celeno (Ce-Ce) – significa “melone” o “scuro”. Proprio come Asterope, la sua luminosità è ridotta, rispetto alle altre, perché si narra sia stata colpita dal fulmine di Theo. Ebbe numerosi figli: Lico (il lupo) e Chimera (in parte leone, drago e capra) da Prometeo; nonché Lico e Nicteo da Poseidone, dio del mare.
Taigete (Tiggy) – la mitologia vuole che vivesse in solitudine tra le montagne come la sorella Maia. Artemide, il suo amato, la tramutò in colomba così da sfuggire all’amore che Zeus nutriva nei suoi confronti. Anche Ercole provò a sedurla.
Elettra – nota per essere la terza stella più brillante della costellazione, ebbe quattro figli tra cui Dardano, fondatore della città di Troia. In alcune storie si narra che Elettra fosse la “Pleiade perduta”, poiché scomparve in seguito alla caduta di Troia e alla morte del figlio.
Merope (la sorella perduta) – fu l’ultima stella a essere mappata dagli astronomi perché invisibile a occhio nudo. Tra le più belle della costellazione, è soprannominata la “stella perduta” per aver nascosto il volto dalla vergogna di essere sposata a un mortale, Sisifo. Altri dicono che si vergognasse perché Sisifo era un criminale, la cui pena era spingere un pesante masso in cima a una vetta che poi rotolava sempre giù. La somiglianza con il padre di Merope, Atlante, che doveva sopportare sulle spalle il peso del mondo, è molto chiara. Lucinda Riley seven sisters by MelekatosheeOleak ************************ The Pleiades were seven sisters: Maia, Alcyone, Asterope, Celeno, Taigete, Electra and Merope. Daughters of Atlas, the titan to whom Zeus had entrusted the task of supporting the Earth, and of Pleione, the patron goddess of sailors.
Following a chance meeting with Orion, the Pleiades and their mother become the hunter's prey. To protect them from his nagging amorous assaults, Zeus turns them into doves and releases them into the sky. It is also said that Zeus was the father of three of the sisters.
The Seven Sisters are often associated with marine figures for this reason they symbolize the seas, waters, rivers, rain and frost. Also known by the name of Oceanides, some sources reveal that their name derives from the ancient Greek term plein, that is to navigate.
Maia – is the eldest of the sisters known for her extraordinary beauty and for her solitary life. Although she was very beautiful, she was a shy and reserved woman who preferred solitude and lived alone in a cave. Her name means "mother" in Latin, but also contains the meaning of "fecundity", therefore the Romans considered her the goddess of spring from which the name of the month of May derives.
Alcyone (Ally) – is the second of the sisters, but she is known to be stronger than her. During the days of Alcyone, when the world was full of joy, prosperity and peace, she watched over the Mediterranean Sea making it safe for sailors. Married to Ceyx, king of Thessaly, the two deceived Zeus and Hera, pretending to be them. Zeus to take revenge, waited for the two to separate, to unleash a storm that sank Ceyx's ship who drowned.
Asterope (Stella) - is the Greek name for "star" and she is traditionally represented as the weakest of the sisters precisely because of her reduced brightness. She was the mother of Oenomaus, son of Ares, god of war. In other versions of the myth she is the wife of Oenomaus himself, with whom she had four children.
Celeno (Ce-Ce) – means “melon” or “dark”. Just like Asterope, her luminosity is reduced, compared to the others, because she is said to have been struck by Theo's thunderbolt. She had numerous children: Lico (the wolf) and Chimera (partly lion, dragon and goat) by Prometheus; as well as Lico and Nicteo from Poseidon, god of the sea.
Taigete (Tiggy) – mythology has it that she lived alone in the mountains like her sister Maia. Artemis, her beloved, turned her into a dove so as to escape the love that Zeus had towards her. Hercules also tried to seduce her.
Electra – known to be the third brightest star in the constellation, she had four children including Dardanus, founder of the city of Troy. In some stories it is said that Electra was the "Lost Pleiad", as she disappeared following the fall of Troy and the death of her son.
Merope (the lost sister) – was the last star to be mapped by astronomers as invisible to the naked eye. Among the most beautiful of the constellation, she is nicknamed the "lost star" for having hidden her face from the shame of being married to a mortal, Sisyphus. Others say she was ashamed because Sisyphus was a criminal, whose punishment was to push a heavy boulder to the top of a peak which then always rolled down. The resemblance to Merope's father Atlas, who had to bear the weight of the world on his shoulders, is very clear. Lucinda Riley seven sisters by MelekatosheeOleak 
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canesenzafissadimora · 1 month ago
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Ma la cosa migliore
non furono quei baci
e neppure le passeggiate serali,
o i nostri segreti.
La cosa migliore era la forza che quell’Amore mi dava,
la forza lieta di vivere e di lottare
per lei,
di camminare sull’acqua e sul fuoco.
Potersi buttare,
per un istante,
poter sacrificare degli anni
per il sorriso di una donna:
questa sì che è felicità,
e io non l’ho perduta.
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Hermann Hesse
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perpassareiltempo · 2 years ago
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La donna è musica perduta nella carne.
Emil Cioran 
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di-biancoenero · 1 year ago
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Filibus è un ladro che commette furti calandosi dal suo dirigibile e celandosi dietro una maschera. Il detective Kutt-Hendy si mette sulle sue tracce e Filibus, che in realtà è la baronessa di Troixmonde, alias conte de la Brive, escogita un piano diabolico per far credere che sia il detective il misterioso ladro. Pellicola prodotta dalla Corona Film, che affida la regia a Mario Roncoroni, ex attore, che avrebbe in seguito diretto La Nave, in collaborazione con Gabriele D'Annunzio; mentre per la sceneggiatura collaborava già con la casa Giovanni Bertinetti, scrittore poliedrico torinese che lavorò, come la sua eroina, sotto diversi pseudonimi, per trattare argomenti che spaziano dalla letteratura per ragazzi alla fantascienza; dalla filosofia a manuali d'economia domestica; dalla drammaturgia in dialetto torinese ai romanzi apocrifi salgariani. Per il personaggio di Filibus, Bertinetti si ispirò a personaggi della letteratura popolare francese molto in voga in quegli anni, ovvero i ladri gentiluomini quali Arsenio Lupin, Fantomas e Rocambole. Ma anche ad una figura nota alle cronache italiane : Rosina Ferrario, la prima donna in Italia ad ottenere, nel 1913, un brevetto di pilota, che sfruttò subito con una ascensione in aerostato. L'eroina Filibus, è donna audace e intraprendente, a suo agio sia nelle vesti maschili di conte, corteggiatore della sorella del detective; sia nell'uso di marchingegni tecnologici come la mini camera, la rilevazione di impronte digitali, l'eliografo, l'areostato. La critica dell'epoca fu negativa, forse imputabile ad un maschilismo imperante nel paese, adducendo pretesti quali storia scopiazzata ed effetti speciali infantili. Il finale presuppone un seguito, ma pochi mesi dopo l'uscita del film, l'Italia entrò in guerra. La pellicola, come la maggior parte delle pellicole del cinema muto, fragili, facilmente deperibili, andò perduta; fu poi ritrovata in Olanda, nella collezione Desmet e successivamente restaurata.
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thegianpieromennitipolis · 2 years ago
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IL RACCONTO DELL’IMMAGINE - di Gianpiero Menniti 
SENZA LUOGO
In ogni passo, un pensiero. Pensieri. Semplici. Pratici. Necessari. In ogni passo, un suono. Sordo. Di una sola nota che batte un pianto silenzioso. Come un cane alla ricerca di un tozzo di scarto. Così è la bocca serrata dall'angoscia. Di essere nulla oltre un vestito logoro. Unico appiglio di un'infanzia perduta nella coscienza. Madri.  Figli. Ciascuno è forza dell'altro. In ogni passo. Senza più luogo.
Foto di Robert Capa, Israele, Haifa. 1948. Una donna e il figlio si dirigono verso il campo di Rosh Hay’n.
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weirdesplinder · 2 years ago
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Podcast vi racconto un drama: Call it love
Oggi vi racconto un drama coreano drammatico/romantico: Call it love
Link per poterlo vedere: https://www.disneyplus.com/it-it/series/call-it-love/3IR3Vo2mCd4s
Trama: tre fratelli già messi alla prova fin adlla giovnae età dal difficile divorzio dei genitoi e poi dalla morte della madre, anni dopo alla morte del padre perdono anche la casa in cui hanno sempre abitato a causa della sua seconda moglie una donna egoista e cattiva. CHe non guarda in faccia niente e nessuno e vuole bene a modo suo solo ad un altra persona la mondo: suo figlio. La sorella di mezzo decide perciò di vendicarsi della matrigna attraverso suo figlio....ma più lo conoscerà più la volontà di farlo soffrire le verrà meno perchè anche lui è un anima che ha molto sofferto nella vita. E forse queste due anime perdute insieme potranno ritovare la strada perduta.
Se volete sapere quali drama ho guardato e guarderò visitate la mia watchlist su Mydramalist: https://mydramalist.com/list/389dv6M4
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studentessamatta · 14 days ago
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Paio di Scarpette Rosse: Una Commemorazione di Joyce Lussu The Red Shoes of Buchenwald: A Poem by Joyce Lussu to Never Forget Oggi e per sempre, ricordiamociToday and Forever, Let Us Remember La Giornata della Memoria, celebrata il 27 gennaio, è dedicata al ricordo delle vittime dell’Olocausto. È un momento per riflettere, imparare e promettere di non dimenticare mai gli orrori che hanno segnato la storia. Una delle voci più toccanti della letteratura italiana che ha affrontato questa tragedia è quella di Joyce Lussu, poetessa, scrittrice e partigiana.Remembrance Day, observed on January 27th, is dedicated to honoring the victims of the Holocaust. It is a time to reflect, learn, and promise never to forget the horrors that scarred history. One of the most poignant voices in Italian literature addressing this tragedy is Joyce Lussu, a poet, writer, and partisan. Chi era Joyce Lussu?Who Was Joyce Lussu? Joyce Lussu, nata a Firenze nel 1912, fu una donna straordinaria: una scrittrice, traduttrice, e partigiana. Durante la Seconda Guerra Mondiale, combatté con le brigate Giustizia e Libertà, ricevendo la medaglia d’argento al valor militare. Fu anche la seconda moglie di Emilio Lussu, politico e scrittore italiano. La sua poesia ci offre una finestra sul dolore, l’ingiustizia e l’umanità perduta durante l’Olocausto.Joyce Lussu, born in Florence in 1912, was an extraordinary woman: a writer, translator, and partisan. During World War II, she fought with the Justice and Freedom brigades, earning the Silver Medal for Military Valor. She was also the second wife of Emilio Lussu, an Italian politician and writer. Her poetry offers a window into the pain, injustice, and lost humanity of the Holocaust. “C’è un paio di scarpette rosse”"There’s a Pair of Red Shoes" Questa poesia, scritta da Joyce Lussu, è una testimonianza dolorosa e intensa di ciò che accadde nei campi di sterminio nazisti. Le sue parole evocano un’immagine indelebile: un paio di scarpette rosse numero 24, appartenute a un bambino innocente. Le scarpette, quasi nuove, ci raccontano una storia che va oltre il tempo, ricordandoci delle vite spezzate e dell’orrore inimmaginabile di quei giorni.This poem, written by Joyce Lussu, is a powerful and poignant testimony of what occurred in Nazi extermination camps. Her words evoke an indelible image: a pair of red shoes, size 24, belonging to an innocent child. The shoes, almost new, tell a story that transcends time, reminding us of the lives cut short and the unimaginable horror of those days. Non dimentichiamo maiLet Us Never Forget Le “scarpette rosse” non sono solo un simbolo di una vita innocente, ma anche un monito. Attraverso queste immagini, Lussu ci invita a riflettere su come ogni vita abbia valore e su come sia nostro dovere assicurarci che simili atrocità non si ripetano mai. La sua poesia continua a essere letta e condivisa, mantenendo vivo il ricordo delle vittime dell’Olocausto e rinnovando il nostro impegno per un mondo più giusto.The "red shoes" are not only a symbol of an innocent life but also a warning. Through these images, Lussu invites us to reflect on how every life has value and how it is our duty to ensure such atrocities never happen again. Her poem continues to be read and shared, keeping the memory of the Holocaust victims alive and renewing our commitment to a more just world. “C’è un paio di scarpette rosse” C’è un paio di scarpette rosse numero ventiquattroquasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica Schulze Monaco.
C’è un paio di scarpette rossein cima a un mucchio di scarpette infantilia Buchenwald.Più in là c’è un mucchio di riccioli biondidi ciocche nere e castanea Buchenwald.Servivano a far coperte per i soldatinon si sprecava nullae i bimbi li spogliavano e li radevanoprima di spingerli nelle camere a gas.C’è un paio di scarpette rossedi scarpette rosse per la domenicaa Buchenwald.Erano di un bimbo di tre anniforse di tre anni e mezzochi sa di che colore erano gli occhibruciati nei forni.Ma il suo pianto lo possiamo immaginare.Si sa come piangono i bambini.Anche i suoi piedini,Scarpa numero ventiquattroper l’eternitàperché i piedini dei bambini morti non crescono.C’è un paio di scarpette rossea Buchenwaldquasi nuoveperché i piedini dei bambini mortinon consumano le suole. "There’s a Pair of Red Shoes" There’s a pair of red shoes, size twenty-four,almost new: on the inner sole, you can still seethe factory brand Schulze Monaco.There’s a pair of red shoeson top of a pile of children’s shoesat Buchenwald.Further along, there’s a heap of blonde curls,black and chestnut locksat Buchenwald.They were used to make blankets for soldiers.Nothing was wasted.And the children were stripped and shavedbefore being pushed into the gas chambers.There’s a pair of red shoes,Sunday red shoes,at Buchenwald.They belonged to a child of three years,perhaps three and a half.Who knows what color their eyes were,burned in the ovens.But we can imagine their tears.We know how children cry.We can also imagine their little feet,shoe size twenty-four,for eternity,because the feet of dead children do not grow.There’s a pair of red shoesat Buchenwald,almost new,because the feet of dead childrendo not wear out the soles. Read the full article
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oltrearcobaleno · 16 days ago
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Maudie: Un Ritratto Cinematografico della Vita e dell’Arte di Maud Lewis
“Maudie” è un film drammatico biografico del 2016 diretto da Aisling Walsh, che racconta la vita della pittrice folk canadese Maud Lewis. Questa coproduzione tra Irlanda e Canada ha visto come protagonisti Sally Hawkins, nel ruolo dell’artista, ed Ethan Hawke, nei panni del marito Everett. La pellicola è un viaggio intimo nella vita di una donna straordinaria, resa ancora più affascinante dalla lotta contro le avversità fisiche e sociali, e dalla celebrazione della sua arte unica. Con il cinema come mezzo d’espressione, il film riesce a catturare lo spirito indomabile e il talento creativo di Maud Lewis.
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La Trama di “Maudie”
Ambientato nella Nuova Scozia degli anni ’30, il film segue Maud Dowley, una donna affetta da artrite reumatoide, che vive con la zia Ida e il fratello Charles. La scoperta della vendita della casa di famiglia, lasciata in eredità ai fratelli dai genitori, aggiunge ulteriore dolore a una vita già segnata da difficoltà. A ciò si somma il trauma della perdita di un figlio, che le viene detto essere morto poco dopo la nascita.
Maud trova un’opportunità di cambiamento quando risponde a un annuncio per un lavoro come governante presso Everett Lewis, un burbero venditore ambulante di pesce. Nonostante le differenze personali e la modesta casa di Everett, la loro convivenza si trasforma in un matrimonio. Durante questo periodo, Maud inizia a dipingere per abbellire l’interno della loro abitazione, creando opere che attireranno presto l’attenzione di clienti locali e internazionali. La sua arte diventa sempre più popolare, portandola persino a vendere un quadro al vicepresidente degli Stati Uniti Richard Nixon.
Nonostante il successo crescente, Maud continua ad affrontare sfide personali, tra cui la scoperta della verità sulla sua figlia perduta e il deterioramento della sua salute. Tuttavia, la relazione tra Maud e Everett evolve in una profonda connessione emotiva, fino alla morte di Maud, che lascia al marito il ricordo della loro vita insieme e il riconoscimento del suo talento artistico.
Produzione e Scenografia
La produzione di “Maudie” è durata dieci anni, con la regista Aisling Walsh che si è appassionata alla sceneggiatura di Sherry White dopo aver letto solo una parte del testo. Girato in Irlanda e Terranova, il film ha ricreato con precisione la piccola casa di Maud Lewis, che è stata ingrandita per accogliere le troupe cinematografiche. Il paesaggio di Trinity Bay e Keels ha fornito uno sfondo suggestivo, evocativo della Nuova Scozia degli anni ’30 e ’40.
Sally Hawkins, pittrice dilettante nella vita reale, ha studiato a fondo lo stile artistico di Maud Lewis per incarnare al meglio il personaggio. Ethan Hawke, scelto per il ruolo di Everett, ha accettato con entusiasmo, anche per il suo legame personale con il Canada Atlantico, dove possiede una proprietà.
Successo Critico e Premi
“Maudie” è stato presentato in anteprima al Telluride Film Festival nel 2016 e ha partecipato a numerosi altri festival prestigiosi, tra cui il Toronto International Film Festival. Il film è stato acclamato dalla critica, con elogi particolari per la performance di Sally Hawkins, che ha catturato con sensibilità l’essenza di Maud Lewis. Ethan Hawke è stato altrettanto apprezzato per la sua interpretazione di Everett, che ha bilanciato con delicatezza durezza e affetto.
Il film ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui sette Canadian Screen Awards, tra cui quello per il miglior film, e tre Irish Film & Television Awards, incluso quello per il miglior regista. Il cinema si è rivelato uno strumento potente per immortalare la vita di Maud Lewis, portando la sua storia e la sua arte a un pubblico globale.
Un Messaggio Universale Attraverso il Cinema
“Maudie” non è solo un film biografico; è un tributo alla resilienza, alla creatività e alla capacità dell’arte di trascendere le circostanze. La pellicola utilizza il cinema per esplorare temi universali come l’amore, la perdita, la ricerca della felicità e il valore dell’espressione artistica. Le opere di Maud Lewis, caratterizzate da colori vivaci e soggetti semplici, riflettono la sua visione positiva del mondo, nonostante le difficoltà personali.
Il cinema come mezzo d’espressione ha permesso a questa storia di raggiungere un vasto pubblico, celebrando una vita vissuta con coraggio e passione. “Maudie” dimostra che, anche in condizioni avverse, la bellezza e l’arte possono emergere e lasciare un’impronta indelebile nel cuore di chiunque entri in contatto con esse.
In conclusione, “Maudie” è un esempio straordinario di come il cinema possa trasformare una storia di vita reale in un’opera che ispira e commuove. Attraverso l’arte e la narrazione visiva, il film onora la memoria di Maud Lewis, rendendo omaggio al suo talento e alla sua umanità.
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