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Vueling e Barça Femminile Presentano il Nuovo Aereo Ispirato alle Carriere delle Giocatrici
Con lo slogan “Dream, Play, Fly”, l’Airbus A320 celebra i successi del Barça Femminile e la collaborazione tra Vueling e il club, primo in Europa a promuovere il calcio femminile su una linea aerea.
Con lo slogan “Dream, Play, Fly”, l’Airbus A320 celebra i successi del Barça Femminile e la collaborazione tra Vueling e il club, primo in Europa a promuovere il calcio femminile su una linea aerea. Milano, 14 novembre 2024 – Questo fine settimana, in occasione dell’attesa sfida tra Barça Femminile e Real Madrid, la squadra blaugrana salirà per la prima volta a bordo di un Airbus A320 speciale…
#Airbus A320#Aitana Bonmatí#Alessandria today#Alexia Putellas#Barça Femminile#Calcio femminile#Caroline Graham-Hansen#celebrazione carriere#Collaborazione sportiva#corporate sustainability#decarbonizzazione#donna nello sport#Dream Play Fly#Eventi Sportivi#FC Barcelona#Google News#Gruppo IAG#inclusione femminile#innovazione sportiva#italianewsmedia.com#leadership sportiva#María León#modello di ispirazione#nuovo aereo#partnership innovativa#partnership sportiva#Patri Guijarro#Pier Carlo Lava#proiezione brand#promozione del calcio
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Ciao a tutti, oggi voglio parlarvi di una delle mie passioni: le auto elettriche. In particolare, vi voglio mostrare la Porsche Taycan 79KWH, una berlina sportiva che unisce potenza, eleganza e innovazione.
La Porsche Taycan è la prima elettrica della casa tedesca e ha un design da coupé che la rende molto attraente. Ha due motori, uno per asse, che le consentono di raggiungere una potenza di 761 CV in modalità launch control. Questo significa che può scattare da 0 a 100 km/h in soli 2,8 secondi e raggiungere una velocità massima di 260 km/h. Non male, vero?
Ma la Porsche Taycan non è solo prestazioni, è anche comfort e tecnologia. L’abitacolo è spazioso e lussuoso, con materiali di qualità e finiture curate. Il cruscotto è dominato da quattro schermi touch che permettono di gestire tutte le funzioni dell’auto, dalla navigazione alla climatizzazione, passando per l’intrattenimento e le impostazioni di guida. Inoltre, l’auto dispone di una serie di sistemi di assistenza alla guida, come il cruise control adattivo, il mantenimento della corsia, il riconoscimento dei segnali stradali e il parcheggio automatico.
La Porsche Taycan ha anche una buona autonomia, grazie alla batteria da 83,7 kWh che le consente di percorrere fino a 377 km con una sola ricarica. E se si ha bisogno di fare il pieno di energia, si può sfruttare la rete di colonnine superveloci a corrente continua che possono ricaricare l’auto dall’5 all’80% in meno di mezz’ora. Oppure, si può usare una presa domestica a corrente alternata, che impiega circa 9 ore per una ricarica completa.
Insomma, la Porsche Taycan è un’auto che fa sognare e che rappresenta il futuro della mobilità elettrica. Se volete saperne di più, vi consiglio di chiamare il numero 0506207307 Fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti e se anche voi siete appassionati di auto elettriche. A presto! 😊
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Attrezzatura Sportiva: Guida Completa per gli Appassionati di Padel e Pickleball
Nel mondo dello sport, scegliere l’attrezzatura giusta è fondamentale per ottenere il massimo delle prestazioni e per vivere un'esperienza più gratificante. Tra gli sport emergenti che stanno guadagnando sempre più popolarità, il padel e il pickleball si distinguono per la loro dinamicità e il coinvolgimento sociale. Se sei un appassionato di questi sport, scegliere la giusta attrezzatura sportiva è un passo cruciale, soprattutto quando si parla di racchette di padel e pickleball.
Racchetta Padel: Il Cuore del Gioco
La racchetta padel è uno degli strumenti fondamentali per un giocatore di padel. A differenza di quella del tennis, la racchetta da padel è più piccola, solida e priva di corde. È progettata per massimizzare il controllo e la potenza dei colpi, offrendo una grande varietà di opzioni per diversi stili di gioco. Se stai cercando la racchetta perfetta, Reves Padel offre una vasta gamma di prodotti progettati per soddisfare ogni esigenza, dalle racchette per principianti a quelle per giocatori avanzati.
Sul sito Reves Padel - Racchette troverai modelli che combinano innovazione, resistenza e comfort. Ogni racchetta è costruita con materiali di alta qualità, come la fibra di carbonio, che garantisce durabilità e una performance eccellente in ogni partita.
Pickleball Racket Custom: Personalizza il Tuo Stile di Gioco
Il pickleball, uno sport che sta rapidamente guadagnando terreno, richiede una racchetta leggera e maneggevole. Le pickleball rackets custom permettono ai giocatori di personalizzare la propria attrezzatura per adattarsi al meglio al loro stile di gioco. Se cerchi una racchetta che ti offra il giusto equilibrio tra potenza e controllo, su Reves Padel - Pickleball Revestyle troverai racchette di alta qualità che puoi anche personalizzare per renderle uniche.
Personalizzare la tua racchetta non significa solo scegliere il design, ma anche determinare fattori come il peso, la forma e il grip, che influenzano direttamente il comfort e la performance durante il gioco.
Padel Premier e il Calendario di Padel Premier
Il Padel Premier è una competizione di livello internazionale che attira i migliori giocatori di padel da tutto il mondo. Il calendario del Padel Premier include tornei che si svolgono in diverse località, offrendo un'opportunità unica per gli appassionati di vedere i campioni in azione. Se sei un fan del padel e desideri seguire i principali eventi, assicurati di tenere d'occhio il calendario ufficiale, disponibile su vari siti di sport e news del settore.
Essere al passo con gli eventi del Padel Premier non è solo un'opportunità per apprezzare il talento dei professionisti, ma anche per ispirarti e migliorare il tuo gioco.
Giocatore di Padel: Consigli per il Successo
Essere un giocatore di padel richiede dedizione e allenamento. Oltre ad avere una buona tecnica, è fondamentale dotarsi di un'attrezzatura adeguata che rispecchi il proprio stile di gioco. Ogni giocatore ha bisogno di racchette diverse a seconda delle proprie esigenze: chi preferisce una racchetta più leggera per un gioco veloce, o chi opta per una più pesante per colpi più potenti e stabili.
Nel sito Reves Padel troverai anche accessori come borse, abbigliamento tecnico, e scarpe specifiche per il padel, che ti aiuteranno a sentirti al meglio durante ogni partita.
Padel Roma: Dove Giocare a Padel nella Capitale
Se ti trovi a Roma e desideri praticare il padel, la città offre numerosi centri sportivi dove poter giocare. La crescente popolarità di questo sport ha portato alla nascita di diverse strutture specializzate in padel. Dai campi all'aperto a quelli indoor, le opzioni non mancano.
Alcuni club romani organizzano anche tornei e eventi di padel, dove puoi sfidare altri giocatori e migliorare la tua tecnica. In città sono anche presenti negozi specializzati dove acquistare attrezzatura sportiva di alta qualità, come Reves Padel, che offre un ampio assortimento di racchette e accessori.
Concludendo
Che tu sia un principiante o un giocatore esperto, scegliere l'attrezzatura giusta è fondamentale per migliorare il tuo gioco e divertirti di più. Se sei alla ricerca di racchette per padel o pickleball, visita Reves Padel, dove troverai una vasta selezione di prodotti di alta qualità. Non dimenticare di seguire i tornei come il Padel Premier per vedere i migliori giocatori in azione e trarre ispirazione. E, se sei a Roma, approfitta della crescente scena del padel per praticare e perfezionare le tue abilità!
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TSG 1899 Hoffenheim: Un Modello di Crescita e Sostenibilità nel Calcio
Il TSG 1899 Hoffenheim, club calcistico tedesco fondato nel 1899, ha compiuto un percorso straordinario dalla sua umile origine a una delle formazioni più rispettate della Bundesliga. Questa evoluzione è stata guidata da un perfetto equilibrio tra innovazione e tradizione.
1. Radici Storiche
Il TSG 1899 Hoffenheim ha origini che risalgono al 1899, quando fu fondato come club di calcio amatoriale da un gruppo di appassionati. La storia del club è intrinsecamente legata alla comunità di Hoffenheim, un piccolo paese nel Baden-Württemberg. Negli anni, il club ha vissuto un'evoluzione significativa, passando dalle competizioni locali a palcoscenici nazionali.
Negli anni 2000, con l’arrivo di Dietmar Hopp, il cofondatore di SAP, Hoffenheim ha intrapreso un percorso di crescita senza precedenti. Hopp ha investito risorse significative, portando innovazioni sia infrastrutturali che tecnologiche. La costruzione di un moderno centro di allenamento e di uno stadio all’avanguardia ha segnato un cambio di paradigma, trasformando Hoffenheim in una realtà competitiva.
Il club ha mantenuto un forte legame con le sue radici, continuando a promuovere valori comunitari e sportivi. Questo equilibrio tra la tradizione e la nuova visione ha permesso al TSG 1899 di emergere come uno dei club più innovativi e rispettati del calcio tedesco, creando una base solida per il suo futuro.
2. Innovazione Tecnologica
L'innovazione tecnologica è stata un pilastro fondamentale nel percorso di crescita del TSG 1899 Hoffenheim, permettendo al club di distinguersi nel panorama calcistico tedesco. Con l'ingresso di Dietmar Hopp, il club ha abbracciato un approccio scientifico e analitico che ha rivoluzionato la preparazione atletica e la gestione delle performance.
Uno dei principali investimenti è stato nel settore della scienza dello sport. Hoffenheim ha integrato tecnologie avanzate per il monitoraggio delle prestazioni dei giocatori, utilizzando sistemi di analisi dei dati che consentono di valutare in tempo reale aspetti come la resistenza, la velocità e la fatica. Questo approccio consente agli allenatori di personalizzare i programmi di allenamento e ottimizzare il rendimento di ogni singolo atleta.
Inoltre, il club ha adottato software di analisi video che permette di studiare le partite sia dal punto di vista tattico che tecnico. Grazie a queste tecnologie, i tecnici possono analizzare le strategie avversarie e adattare il proprio gioco, migliorando la preparazione per ogni incontro.
Un aspetto distintivo del TSG 1899 Hoffenheim è il suo impegno per la sostenibilità, che si riflette anche nella produzione della maglia TSG 1899 Hoffenheim. Realizzata con materiali ecologici e tecnologie innovative, la maglia non solo rappresenta il club in campo, ma simboleggia anche l’impegno verso un futuro più sostenibile.
Hoffenheim ha anche investito in tecnologie per la salute e il benessere dei giocatori, come sistemi di monitoraggio della nutrizione e della fisioterapia. Questi strumenti aiutano a prevenire infortuni e a garantire che gli atleti siano sempre al massimo della forma fisica.
Infine, l’innovazione non si limita al campo, ma si estende anche all'infrastruttura del club. Lo stadio PreZero Arena, inaugurato nel 2019, è dotato di tecnologie moderne che migliorano l'esperienza dei tifosi, con servizi all'avanguardia per la sicurezza e il comfort.
In sintesi, il completini calcio ha saputo integrare in modo efficace innovazione tecnologica e cultura sportiva, creando un ambiente di lavoro altamente professionale. Questo focus sull'innovazione ha contribuito non solo a migliorare le prestazioni della squadra, ma ha anche posizionato il club come un modello da seguire nel calcio contemporaneo.
3. Un Accademia Focalizzata sul Futuro
L'accademia del TSG 1899 Hoffenheim rappresenta un elemento chiave nel modello di successo del club, fungendo da fulcro per lo sviluppo di giovani talenti. Sin dalla sua fondazione, il club ha compreso l'importanza di investire nelle nuove generazioni, creando un ambiente in cui i giovani calciatori possono crescere sia sul piano tecnico che umano.
L'Accademia del TSG si distingue per la sua struttura all'avanguardia e per l'approccio scientifico alla formazione. Gli allenatori dell'accademia sono altamente qualificati e seguono metodi moderni, integrando tecniche di allenamento innovativo che si adattano alle esigenze specifiche di ogni atleta. Questo non solo migliora le abilità calcistiche, ma sviluppa anche la mentalità vincente e la resilienza necessarie per competere ai massimi livelli.
Uno degli aspetti più significativi dell'accademia è il suo impegno per l'inclusività e la diversità. Hoffenheim si sforza di attrarre talenti da diverse aree e background, assicurandosi che il club rappresenti una comunità ampia e variegata. Inoltre, il programma di scouting è attivo e ben strutturato, permettendo al club di individuare e coltivare giovani promesse fin dalle prime fasi della loro carriera.
Un ulteriore punto di forza è la sinergia tra l'accademia e la prima squadra. I giocatori più promettenti hanno l'opportunità di allenarsi con i professionisti e di partecipare a partite di campionato, aumentando così la loro esperienza e esponendoli a un ambiente competitivo. Questa strategia ha portato alla promozione di numerosi talenti nell'elite del calcio tedesco, confermando l'efficacia del sistema di sviluppo del club.
Il TSG 1899 Hoffenheim non si limita a formare calciatori, ma investe anche nella loro formazione personale. Programmi di educazione e supporto psicologico sono integrati nel percorso di crescita, preparando i giovani a gestire le pressioni del calcio professionistico e della vita al di fuori del campo.
In conclusione, l'accademia del TSG 1899 Hoffenheim è un modello di eccellenza nella formazione giovanile. Con un approccio innovativo e inclusivo, il club non solo contribuisce al futuro del calcio, ma costruisce anche una base solida per il suo successo a lungo termine, garantendo che la tradizione di Hoffenheim continui a prosperare.
4. Successo in Campo
Il successo del TSG 1899 Hoffenheim in campo è il risultato di una combinazione vincente di innovazione, investimenti strategici e un forte spirito di squadra. Dalla sua promozione in Bundesliga nel 2008, il club ha continuato a dimostrare la sua capacità di competere ad alti livelli, conquistando il rispetto non solo in Germania, ma anche a livello internazionale.
Uno degli aspetti chiave del successo di Hoffenheim è stato il suo stile di gioco dinamico e offensivo. Gli allenatori che si sono succeduti hanno implementato un gioco basato sul possesso palla, la velocità e il pressing alto, rendendo la squadra una delle più temute nel campionato. Questa filosofia di gioco attraente ha contribuito a creare una solida identità per il club, attirando tifosi e appassionati.
In campo, il TSG ha saputo sfruttare al massimo le sue risorse, puntando su una rosa di giocatori talentuosi e diversificati. Molti di loro, provenienti dall'accademia del club, hanno avuto un impatto immediato nella prima squadra, dimostrando che il lavoro svolto in fase di formazione sta dando i suoi frutti. La combinazione di giovani promesse e giocatori esperti ha permesso al TSG di costruire una squadra equilibrata, in grado di affrontare qualsiasi avversario.
I risultati parlano chiaro: Hoffenheim ha raggiunto posizioni di vertice in Bundesliga, qualificandosi per le competizioni europee in diverse occasioni. La partecipazione all'Europa League e alla Champions League ha rappresentato un traguardo significativo, evidenziando la crescita del club e la sua capacità di competere con le migliori squadre del continente.
Nonostante i successi, il TSG 1899 Hoffenheim ha affrontato anche sfide, come la gestione delle aspettative e le pressioni derivanti dal successo. Tuttavia, il club ha dimostrato resilienza, continuando a puntare su un approccio sostenibile e a lungo termine.
In sintesi, il successo a campo del TSG 1899 Hoffenheim è il risultato di una visione chiara e di un forte impegno in tutte le aree del club. Con un mix di innovazione, talento e tradizione, Hoffenheim si è affermato come un protagonista nel panorama calcistico, preparando il terreno per un futuro promettente.
5. Conclusione
Il TSG 1899 Hoffenheim rappresenta un modello esemplare di come innovazione e tradizione possano coesistere e contribuire al successo nel calcio moderno. Dalle sue radici storiche come club amatoriale fino a diventare una delle squadre più rispettate della Bundesliga, Hoffenheim ha dimostrato che è possibile raggiungere l'eccellenza mantenendo un forte legame con la comunità e i valori fondanti.
L'adozione di tecnologie all'avanguardia e un approccio scientifico alla preparazione atletica hanno rivoluzionato il modo in cui il club opera, permettendo di massimizzare le prestazioni dei giocatori e migliorare continuamente la qualità del gioco. Inoltre, l'accento posto sull'educazione e sulla crescita dei giovani talenti attraverso un'accademia ben strutturata ha assicurato una continuità di talento e una solidità per il futuro.
Il successo a campo, evidenziato da risultati significativi e da una filosofia di gioco affascinante, ha trasformato Hoffenheim in una squadra temuta e rispettata, capace di competere ai massimi livelli. Questo equilibrio tra ambizione sportiva e responsabilità sociale ha reso il TSG 1899 Hoffenheim un modello da seguire nel calcio europeo.
Guardando al futuro, il club è ben posizionato per continuare a scrivere la propria storia, mantenendo salde le sue radici mentre si spinge verso nuove sfide. Con una visione chiara e un impegno costante, il TSG 1899 Hoffenheim non solo continuerà a prosperare, ma servirà anche da ispirazione per altri club che aspirano a coniugare tradizione e innovazione nel mondo del calcio.
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La Polo: Un Pilastro dell’Abbigliamento Sportivo e del Casual Elegante
Le Origini della Maglia Polo
Le radici della maglia polo affondano nella cultura sportiva dell’India coloniale, dove gli ufficiali inglesi scoprirono e adottarono il gioco del polo. Questo sport, già praticato in Persia, Tibet e Cina, fu introdotto in India dai conquistatori musulmani nel XIII secolo. Gli ufficiali britannici, affascinati da questa attività, iniziarono a praticarla con passione, fondando nel 1859 il primo Polo Club, seguito da quello di Calcutta nei primi anni Sessanta dell’Ottocento. Durante le partite, indossavano maglie leggere, perfette per le esigenze del gioco e ideali per le condizioni climatiche indiane.
Il diffondersi delle attività sportive tra nobiltà e borghesia europea alla fine del XIX secolo stimolò la creazione di capi di abbigliamento sportivo adeguati. La maglia polo si inserì perfettamente in questo contesto, diventando un capo essenziale non solo per il polo, ma anche per altre discipline che richiedevano un abbigliamento pratico e comodo. La sua leggerezza e la capacità di assorbire il sudore la resero particolarmente adatta a sport come il tennis e il golf.
L’Introduzione della Polo nel Tennis
Il tennis, uno sport che all’inizio del XX secolo veniva giocato con abiti molto formali, subì una rivoluzione stilistica grazie al tennista francese René Lacoste. Nel 1926, Lacoste disegnò una nuova maglietta, chiamata “jersey petit piqué”, ispirata proprio alla maglia utilizzata dai giocatori di polo. Questo capo, con il suo colletto e i suoi bottoni, era un’innovazione rispetto agli abiti ingombranti e scomodi indossati fino ad allora sui campi da tennis.
Lacoste introdusse una maglia che non solo migliorava la libertà di movimento, ma che si affermò rapidamente come standard per l’abbigliamento sportivo. L’idea di Lacoste di applicare un piccolo coccodrillo sulla maglietta – un simbolo che oggi è sinonimo di eleganza sportiva – rese la polo ancora più riconoscibile e desiderabile. Con la fondazione dell’azienda Chemise Lacoste nel 1933, la maglia polo divenne un fenomeno globale, conquistando sia il mondo dello sport che quello della moda.
L’Evoluzione della Polo: Dallo Sport all’Uso Informale
Il termine “polo” originariamente significava “palla” (dal tibetano “pula”), ma presto venne associato all’indumento indossato dai giocatori di questo sport. A fine Ottocento, i giocatori di polo cominciarono a preferire maglie con colletto e bottoni, per evitare che i colletti si sollevassero durante il gioco. Questa innovazione stilistica fu notata da John Brooks, che la introdusse nella produzione delle camicie “button-down”, ancora oggi un classico nell’abbigliamento sportivo e casual.
Negli anni Cinquanta, il termine polo si estese a tutte le magliette utilizzate nel tennis, consolidandosi come un capo di riferimento. Nel 1972, Ralph Lauren lanciò la sua linea di moda chiamata “Polo”, consacrando definitivamente la maglia polo come un’icona di stile, sia sui campi da gioco che nelle occasioni informali.
L’azienda argentina La Martina, fondata nel 1985, ha contribuito ulteriormente alla diffusione della maglia polo, producendo non solo selle e stivali, ma anche magliette per le squadre di polo. Le maglie Replica, fedeli riproduzioni delle maglie indossate dai giocatori, sono oggi molto popolari per il loro design accattivante e i dettagli curati, inclusi loghi e numeri ricamati.
La Polo Oggi: Un Capo Versatile e di Tendenza
Oggi, la maglia polo è un elemento chiave dell’abbigliamento sportivo e casual in tutto il mondo. Grazie alla sua capacità di combinare stile e praticità, la polo è ampiamente utilizzata in contesti dove non è richiesto un abbigliamento formale, ma dove un look completamente casual potrebbe risultare inappropriato. La versatilità della polo, disponibile in versioni a manica corta o lunga, la rende una scelta ideale per chi cerca un compromesso tra eleganza e comfort.
La polo continua a essere un capo fondamentale nell’abbigliamento sportivo, apprezzata non solo per la sua storia e tradizione, ma anche per la sua capacità di adattarsi alle esigenze moderne. Che sia indossata sul campo da golf, durante una partita di tennis, o semplicemente per un’uscita informale, la maglia polo rimane una scelta di stile senza tempo, capace di attraversare decenni senza mai passare di moda.
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Regione Lombardia: protocollo d'intesa con Lega nazionale calcio dilettanti per promuovere lealtà, solidarietà e rispetto delle regole
Regione Lombardia: protocollo d'intesa con Lega nazionale calcio dilettanti per promuovere lealtà, solidarietà e rispetto delle regole. Promuovere e sviluppare la cultura sportiva calcistica dilettantistica. Questo l'obiettivo del Protocollo d'intesa sottoscritto a Palazzo Lombardia dal sottosegretario alla Presidenza con delega allo Sport e Giovani e il presidente del Comitato regionale Lega nazionale dilettanti, Sergio Pedrazzini. Ha partecipato anche l'assessore regionale all'Università, Ricerca e Innovazione. L'intesa prevede la realizzazione di iniziative specifiche che favoriscano l'integrazione e l'inclusione attraverso lo sport, nell'ottica di un percorso coordinato e condiviso. "Questo documento - ha detto il sottosegretario - sigla la collaborazione con un sistema che conta 1.350 società in Lombardia, 180.000 tesserati, 40.000 tesserati tra dirigenti e tecnici e 48.000 gare organizzate. Numeri importanti sottolineati dalle recenti vittorie nel campionato d'Italia under 17 anche femminile. A dimostrazione che lo sport non è di genere, ma di qualità di uomini e donne capaci di esprimere al meglio il loro percorso sportivo. Lo sport è infatti quella disciplina che ci aiuterà ad essere - anche in vista dei prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026 - più convincenti in un percorso di aggregazione, di inclusione. Questa intesa vuole quindi rinforzare questa opportunità di crescita e di inclusione inserita anche nel libro bianco della Comunità europea". La collaborazione avrà come obiettivo anche quello di dare risalto ai valori olimpici e dello sport, con uno sguardo particolare alla crescita sportiva e turistica del territorio lombardo. "Questo protocollo - ha concluso Sergio Pedrazzini - è motivo d'orgoglio perché il calcio dilettantistico ha un importante valore sociale. È il terzo tempo dei ragazzi insieme a quelli della famiglia e all'istruzione. Siamo quindi al fianco di Regione Lombardia per portare avanti eventi che vanno nella direzione dell'educazione, dell'istruzione, dell'apprendimento e del vivere assieme come insegna lo sport". ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Ferrari FW 2024
La Potenza dell’Eccellenza Italiana sulla Passerella della Moda Ferrari FW 2024, il leggendario marchio italiano noto per la sua eccellenza nel mondo automobilistico, ha fatto il suo debutto straordinario sulla passerella della moda con la collezione Autunno/Inverno 2024. Con una fusione di eleganza sportiva, innovazione tecnologica e stile senza tempo, Ferrari ha portato la sua iconica estetica…
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Luxe è Innovazione: Ciò che Differenzia i Saloni Auto di Zagabria
In u core di a Croazia si trova Zagabria, una cità pulsante di ricchezza culturale è dinamisimu ecunomicu. À mezu à e so strade animate è l'architettura storica, Zagabria vanta un incantu unicu chì si estende ancu à u so paisaghju di l'automobile. Quì, trà i camini di ciottoli è piazze vibranti, si trova una cullizzioni di showrooms di vitture chì ridefinisce u lussu è l'innuvazione in l'industria di l'auto. Scupritemu ciò chì distingue i saloni di l'auto di Zagabria è perchè stanu cum'è epitomi di eccellenza.
Prima, i saloni di l'auto di Zagabria uniscenu à a tradizione cù l'innuvazione. Mentre entra in questi showrooms, site salutatu micca solu da l'ultimi mudelli è tecnulugia d'avanguardia, ma ancu da una profonda apprezzazione per l'artigianalità è u patrimoniu. Ch'ella sia una vittura sportiva elegante o una berlina di lussu, ogni veiculu in mostra conta una storia di cuncepimentu meticulosu è prudenza ingegneria. Questa fusione di u passatu è di u presente crea una atmosfera chì appellu sia à l'amatori esigenti sia à l'amatori di tecnulugia.
Inoltre, i saloni di l'auto in Zagabria priorizzanu l'esperienza di u cliente cum'è nimu altru. Da u mumentu chì mette u pede in i so spazii eleganti, avete un serviziu persunalizatu chì risponde à ogni esigenza. I membri di u staffu cunniscenze vi guidanu attraversu a gamma di opzioni, offrendu insights è assistenza per aiutà à piglià decisioni infurmate. Ch'ella sia in cerca di un SUV di famiglia o di una supercar d'alta prestazione, u staffu di i saloni di l'auto di Zagabria hè dedicatu à assicurà a vostra satisfaczione, rendendu u prucessu di compra di vittura una sperienza memorabile è piacevule.
Inoltre, i saloni di l'auto di Zagabria sò in prima linea di a sustenibilità è a cuscenza ecologica. In un'era induve a rispunsabilità ambientale hè di primura, sti showrooms vanu sopra à offre alternative ecologiche è prumove pratiche sustinibili. Da i veiculi ibridi è elettrici à iniziative destinate à riduce l'impronta di carbone, i saloni di l'auto in Zagabria sò impegnati à guidà un cambiamentu pusitivu in l'industria di l'automobile. Priurità di a sustenibilità senza compromette u lussu o u rendiment, stabiliscenu un novu standard per l'eccellenza in u campu.
Inoltre, i saloni di l'auto di Zagabria servenu cum'è centri di l'innuvazione è l'avanzamentu tecnologicu. Cume u paisaghju di l'automobile cuntinueghja à evoluzione, questi showrooms si adattanu è abbraccianu e tendenze è e tecnulugia emergenti. Da i sistemi di infotainment di punta à e funzioni di guida autonoma, i saloni di l'auto di Zagabria mostranu l'ultime innovazioni chì ridefinisce l'esperienza di guida. Sia chì site intrigatu da i veiculi alimentati da AI o affascinati da e pussibulità di a tecnulugia di e vitture cunnesse, sti showrooms offrenu una visione di u futuru di a mobilità.
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A Pitti Uomo Esercito Italiano si presenta con linea inclusiva
Inclusività, sostenibilità, innovazione e tradizione si uniscono nella nuova linea sportiva Esercito Sportswear Autunno – Inverno 24 – 25, presentata oggi a Pitti Uomo 105, e negli accessori in nylon riciclato realizzati con Ciak Roncato. Nella collezione di abbigliamento prende forma l’impegno per la sostenibilità, l’upcycling e l’inclusività, proseguendo la valorizzazione per dare nuova forma…
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Scopri come le rivoluzionarie tecnologie di OPPO stanno trasformando l'esperienza sportiva per i fan in tutto il mondo
Nonostante siamo solo a luglio, gli amanti dello sport hanno già avuto l'opportunità di godere di un inizio di stagione estiva sportiva straordinario. Dalla finale della UEFA Champions League al momento in cui l'ultima palla ha colpito l'erba del Centre Court di Wimbledon, ogni istante è stato ricco di ispirazione grazie alla forza, all'ottimismo e alla grandezza delle persone che lo hanno reso possibile. L'azienda, che si impegna costantemente nella ricerca dell'"Inspiration Ahead", ha avuto un legame stretto con il mondo dello sport per quasi un decennio. A partire dalla sua prima collaborazione sportiva nel 2015, ha continuato a supportare i campioni del tennis attraverso le sue partnership con Roland-Garros e Wimbledon, oltre alla collaborazione con la UEFA Champions League. Questi legami con eventi sportivi internazionali di alto profilo permettono all'azienda di offrire al pubblico globale l'opportunità di immergersi ancora di più nell'emozione e nell'ispirazione che lo sport può trasmettere, sfruttando la sua tecnologia e innovazione. Con la sua brand proposition "Inspiration Ahead", l'azienda crede nel superare le sfide e le avversità con determinazione e positività, due qualità che sono alla base delle ambizioni di ogni atleta. Con questa convinzione, vuole portare più passione e ispirazione nello sport con i suoi dispositivi e le sue tecnologie leader a livello mondiale, permettendo ai fan di tutto il mondo di catturare, godere e condividere i momenti migliori dei loro sport preferiti. Le tecnologie di imaging dell'azienda offrono esperienze straordinarie agli appassionati di tennis. Per il quinto anno consecutivo, collabora con Wimbledon e Roland-Garros, rafforzando il potente legame tra tecnologia e tennis. Vivi l'adrenalina dello sport come mai prima d'ora grazie alle innovative tecnologie di OPPO L'azienda ha continuato a utilizzare le sue tecnologie di imaging professionale per catturare i momenti di ispirazione dei tornei e condividerli con gli appassionati di tennis di tutto il mondo. Nel 2021, per celebrare il suo terzo anno come partner premium di Roland-Garros, ha lanciato la campagna "Play with Heart" per incoraggiare i fan a condividere la loro passione per il tennis sui social media. Come parte della campagna, ha creato il "Wall of Heart", una serie di campi da tennis rinnovati a Parigi e Londra, progettati per motivare gli appassionati a praticare il tennis. Durante Roland-Garros 2022, l'azienda ha sfruttato in modo creativo le capacità fotografiche in condizioni di scarsa luminosità del suo top di gamma Find X5 Pro per catturare immagini luminose che potessero rappresentare al meglio il sostegno dei fan di tutto il mondo, creando ancora una volta un forte legame con i momenti di ispirazione sul campo da gioco. In collaborazione con The Championships, Wimbledon, l'azienda ha anche creato una serie di attivazioni in tutto il mondo per permettere ai fan di vivere e condividere i momenti più speciali durante il torneo. Insieme a Getty Images, ha lanciato la campagna "Courting the Colour" durante Wimbledon 2021 per ripristinare il colore di vecchie foto iconiche della competizione e raccontare le storie che vi sono dietro, facendo rivivere i momenti più belli e toccanti del torneo in un modo mai visto prima. Inoltre, dal 2019 ha stretto una partnership con All England Lawn Tennis Club per l’Breakthrough Inspiration Award, che premia i giovani giocatori che si sono distinti a Wimbledon e li incoraggia a raggiungere nuovi traguardi nella loro carriera. L'emozione di Wimbledon 2023 prende vita grazie all'azienda. Per celebrare il suo quinto anno consecutivo come partner ufficiale dell'evento, ha portato ancora una volta i suoi smartphone di punta sul Centre Court per catturare i momenti di ispirazione e condividerli con gli appassionati di tennis di tutto il mondo. All'evento di quest'anno, l’esclusivo Find N2 Flip ha permesso ai tifosi di creare e condividere storie con altri appassionati di tennis. Utilizzando la modalità FlexForm del Find N2 Flip, i fan hanno potuto catturare l'azione sul Centre Court in 4K con estrema chiarezza, tenendo il Find N2 Flip come una videocamera per una ripresa più stabile. Grazie al supporto dell'ampio schermo esterno, i fan hanno potuto registrare se stessi e i loro amici nel pieno dell'azione, approfittando della comodità delle anteprime e utilizzando i gesti per scattare selfie ultra nitidi con il minimo sforzo. Gli utenti del Find N2 Flip hanno anche beneficiato della potente batteria da 4.300 mAh e della carica flash SUPERVOOC da 44 W, quest'ultima in grado di ricaricare il telefono dallo 0% al 50% in soli 23 minuti, permettendo loro di immortalare tutte le azioni più memorabili di Wimbledon senza limiti. Con il Find N2 Flip come compagno d’avventura, l'emozione non-stop di Wimbledon 2023 è diventata più di un semplice ricordo, ma una collezione di momenti indimenticabili da condividere con amici e familiari. Catturando l'energia del gioco e migliorando l'accesso dei fan attraverso una tecnologia all'avanguardia, l'azienda ispira e coinvolge i consumatori attraverso lo sport e offre esperienze uniche ai fan di tutto il mondo. 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Santarcangelo Festival 2019: dalle “sirene” alla “bombastica” Pamela Anderson, passando per una performance sulle badanti ucraine. Oggi il teatro attraversa una cupa crisi di idee…
Merman Blix ha lasciato il segno. Nell’acqua. A due anni di distanza dalla performance del “sirenetto” Santarcangelo Festival torna a strizzare l’occhio (e i costumi) all’elemento liquido per antonomasia, qui ancora una volta “tavola materica investigativa” di una rappresentazione. “Dragon, rest your head on the seabed”, performance firmata dagli spagnoli Pablo Esbert Lilienfeld e Federico Vladimir Strate Pezdirc e portata in scena – o meglio, in piscina – il 5 e il 6 luglio al Multieventi di San Marino è la moltiplicazione (con tanto altro) dell’assolo di Blix, ed unisce l’arte della danza all’attività sportiva (forse più la seconda della prima).
Al di là della potenziale e inutile discussione sulla natura dello spettacolo – è teatro quindi “teatron” nell’accezione di “luogo dello sguardo” oppure, sic e sempliciter, disciplina sportiva? – “Dragon, rest your head on the seabed” è un mosaico di sei nuotatrici che vengono frantumate in sei “pezzi” e che solamente nell’acqua ritrovano l’unità scomposta. Ad un incipit penalizzato da una lentezza narrativa e da un palcoscenico che tende a disperdere la tensione – la piscina da 50 metri annacqua il pathos – segue, negli ultimi 25 minuti, un’accelerazione più visiva che semantica: le sei nuotatrici si ricompattano e ritmo di tunz tunz e ridanno vita al “Dragon” acquatico, una creatura in sospeso tra un “Nessie” di Lochness 4.0 e un omaggio alle fantasie oniriche del Sol Levante. Più sport che teatro, probabilmente, anche se non mancano i momenti d’impatto teatrale: il rumore del microfono sbattuto sull’acqua, l’utilizzo delle torce “waterproof” che illuminano e disegnano strade subacquee, gli arazzi delle gocce che schizzano in alto quando le gambe impattano sulla superficie. C’è un aspetto più squisitamente estetico, quella dell’alternatività. Se la buona norma apparente della scena richiede attori e attrici filiformi, freak o con fisici da lottatori di Sumo, la sensualità tonica delle sei nuotatrici forgiate in vasca diventa un messaggio di straordinaria bellezza, o di moderna frizione: si può essere attori anche unendo l’esercizio mentale a quello fisico senza necessariamente doversi agghindare con colori improbabili o con vestiti che odorano di muffa.
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Hanno messo quello che mancava, quello che oggi serve per capire: il suono. Ronin, solido gruppo musicale rock italiano attivo sulle scene da 20 anni, ha racconto e vinto la sfida, quella di creare un tessuto di note di accompagnamento al film muto “The Unknown” (1924) diretto da Tod Browning. Ed il risultato è stato piacevolmente sorprendente: arpeggiamenti incisivi e adiacenti ai dialoghi della pellicola. Peccato solo che la programmazione gratuita in piazza Ganganelli si limiti alla proiezione di alcuni film e non a qualche spettacolo di teatro vero, come è accaduto in passato: basterebbe anche un lavoro a sera per “far assaggiare” a un pubblico clementino – che per crescere numericamente si deve rinnovare – quello che viene proposto negli spazi chiusi del Festival. Eppure la piazza, in passato, ha ospitato, tra gli altri, anche Ascanio Celestini, Davide Enia, Pippo Delbono e Silvio Castiglioni. Come dimenticare il suo monologo del 2013 – quando al Festival si vedeva ancora il teatro di parola – dedicato Nino Pedretti, “L’uomo è un animale feroce”? Un lavoro che ha saputo contagiare il numeroso pubblico presente e interpretato con grinta e qualche imprò gradevole (a inizio spettacolo uno spettatore ha chiesto “voceee” e Silvio Castiglioni ha recitato per qualche secondo con un tono burrascoso e quasi urlato, tra le risate della platea).
Due pubblici quindi, quello del Festival e quello di chi sceglie la piazza per fare un giro con il cane o per degustare un gelato. Un peccato perché due gocce d’acqua, come insegna Tonino Guerra (che era di casa a Santarcangelo), potrebbe fare una goccia più grande.
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Gli spettacoli cosiddetti “belli” (e “Italia-Brasile 3 a 2” di Davide Enia ospitato in piazza Ganganelli – e quindi per tutti – in occasione del Festival 2003 è davvero un sublime viaggio nel Belpaese pallonaro) in realtà “non hanno tempo”. Perché, nella memoria collettiva dello Stivale, “il Mondiale” è sempre e ancora quella di Spagna, 1982, l’epopea di un’Italia che lasciava gli Anni ’70 per entrare nel nuovo decennio. Ci sono motivi sociologici, dietro, più tondi e pesanti di una sfera di cuoio. Lo spettacolo muove da un breve riepilogo dei fatti accaduti quell’anno: da Vasco Rossi a Sanremo all’omicidio La Torre, dal prezzo della benzina all’avvento del colore nella tv di casa. Proprio attorno ad un nuovo, e bellissimo, Sony Black Triniton quello storico 5 luglio 1982 si raccoglie la famiglia del protagonista: ognuno con i propri riti, con le proprie scaramanzie, con i propri gesti: il padre (vestiti mai lavati, per tutte le partite della squadra nazionale), la madre (accarezzava quasi tutto il tempo la testa di piccolo Enia), le nazionali dello zio, il caffè “che quando l’Italia ha segnato il suo primo gol ai mondiali in Spagna c’era chi stava bevendo un caffè”. La scaramanzia, i numeri del lotto (1-48-90) lì dove l’1 è l’Italia, il 48 “morto che parla” (Paolo Rossi) e 90 la paura, la grande paura. Il grande Brasile. Eder, Junior, Socrates, Falcao. E qui l’omaggio: Enia cambia nome e imitando Carmelo Bene, snocciola la definizione, Falcao “Il più grande giocatore al mondo… senza mondo” (lì dove il secondo “mondo” è il pallone). Si ride, ma con la mente, e con il cuore pieno, che quando la divagazione tocca le corde del cuore, le parole si fanno sasso, lama, martello e polveriera: Garrincha, il giocatore del Brasile Anni ’50 azzoppato da una malattia che gli aveva regalato una gamba più corta dell’altra, 6 cm 6, mica uno sputo, prova te a vivere e giocare a calcio con una gamba lunga e una corta. Il passerotto Garrincha morto, dimenticato e povero, mezzo alcolizzato nel 1983, che ha avuto giusto il tempo di vedere la partita, e piangere. O l’eroica fine della squadra del Dinamo Kiev, sterminata dai nazisti nel 1942: Tusevich, mica Dino Zoff e i suoi 40 anni, che viene fucilato. Un uomo avrebbe chiuso gli occhi. Lui – ed Enia – no: l’istinto è l’istinto, e non lo puoi fermare, e Tusevich si tuffa, e para il proiettile con il cuore. E lì dall’oltretomba, il sorriso, compiaciuto e denso di tabacco, del grande Gianni Brera…
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Quando in piazza a Santarcangelo si protestava. Pare ieri, ma sono già trascorsi 14 anni da quel meraviglioso rigurgito di anni Settanta. Piazza Ganganelli, un lunedì sera dell’anno di grazia 2005, era davvero gremita. La gente del teatro era incazzata nera per i tagli che ha subito il FUS, il Fondo Unico per lo Spettacolo. Dal 1985, ossia da quando è stato istituito, il Fondo non solo non era stato incrementato seguendo gli aumenti del costo della vita ma anche solo rimanendo costante, senza tagli, aveva perduto il 20 anni il 51% del suo valore. Ancora più preoccupante era un altro aspetto: pur restando costante l’ammontare dell’economia del Fondo, il numero delle compagnie sovvenzionate era passato da 300 a 200. In parole povere, e per ragioni più o meno clientelari, si estendeva a dismisura l’area dei purètt, dei poveracci, costretti a spartirsi le briciole.
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Da sempre il teatro crea una “simulazione fisica di uno stato mentale”, come afferma Derrick de Kerkhove. In Italia il punto di partenza fu quella lontanissima Ivrea 1967 quando fu promosso – da personaggi di un certo spessore, tipo Carmelo Bene, Franco Quadri, Leo De Berardinis, Luca Ronconi e altri ancora – il “Convegno del Nuovo Teatro”, che sancì, di fatto, l’avvio di un’era di sperimentazioni. Nel “Manifesto” pubblicato nel novembre del 1966 sulla rivista “Sipario” si affermava che ci si deve “servire del teatro per insinuare dubbi, per rompere delle prospettive, per togliere delle maschere, per mettere in moto qualche pensiero”.
La situazione geopolitica e artistica però era molto differente da quella di oggi. In un teatro attuale che al 90% è morto, che è fatto di routine e abitudine e un certo snobismo (specie nella Provincia di Rimini, dove gli attori non vanno mai a vedere gli spettacoli dei colleghi), accanirsi a portare in luce i difetti (che senza dubbio esistono) dei pochi, pochissimi spettacoli “vivi” ancora in circolazione, di quegli spettacoli e di quegli artisti che hanno davvero qualcosa da dire e non salgono sul palco per moda, per noi, per benessere familiare (spesso i genitori foraggiano i figli) o per sentirsi fighi, significa appiattire il proprio sguardo e quello del pubblico.
Oggi il teatro attraversa una profonda crisi di idee. Una crisi dilagante. Nel teatro, e dentro il teatro. A parole, tutti sottoscriverebbero il principio che debba essere finanziato chi osa innovare. Ma quando il teatro di innovazione (o, come mi ha detto, bene, Mariangela Gualteri del Teatro Valdoca, “il teatro contemporaneo”) diventa una categoria burocratica e massonica in cui far rientrare ogni sorta di realtà non altrimenti catalogabile, le distinzioni si complicano enormemente. Persino il concetto di “gruppi giovani” è ambiguo e piuttosto precario: tutti si sentono teenager, nonostante qualche capello bianco. Oggi chiudono le fabbriche e i lavoratori vengono mandati a casa. Non c’è nulla di così profondamente drammatico se una compagnia abbassa le saracinesche: se saprà rimboccarsi le maniche e trovare finanziamenti in maniera autonoma, allora potrà proseguire nel personale percorso drammaturgico. Altrimenti si faccia altro: i mestieri sono tanti e infiniti, e uno buono lo si troverà di certo. Questa volta non si butti via il bambino con l’acqua sporca e con la sua culla: si tagli il cordone ombelicale che lega l’infante capriccioso alla mamma-cassa, e si inizi a camminare con le proprie gambe. Il teatro non è un obbligo. È, tutt’al più, una necessità.
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Nei giorni post mobilitazione, il Collettivo Aurora ha scritto una bella lettera. Tra le tante affermazioni contenute (e pienamente condivisibili), due meritano spazio. La prima è di carattere economico, la seconda di natura squisitamente artistica.
Il Collettivo, nella sua missiva, ha fatto due conti. “Su 803 mila euro di entrate previste per il 2005, 530 mila provengono da contributi pubblici; 141 mila dall’attività associativa; 132 mila da sponsor e simili. Queste le cifre ufficiali. Ci si chiede: Santarcangelo dei Teatri è un’associazione non lucrativa o una società? (…) Malgrado i tagli della Finanziaria, il Comune di Santarcangelo ha beneficiato di una discreta maggiorazione di fondi: +20 mila euro”.
Condivisibile financo la singola virgola le parole sugli spettacoli. “Lasciamo da parte i giudizi artistici: anche quelli benevoli, che d’altronde sembrano concentrarsi quasi esclusivamente nel gazzettino che gli organizzatori stessi fanno scrivere agli studenti del DAMS in cambio di appetitosi crediti formativi”.
Il Collettivo poi ha raccontato la giornata di mobilitazione. In punta di penna. “Giornata di mobilitazione nazionale: nientemeno. Scomodati istituto comizionale e Majakovskij. Che sinistra non riuscirebbe a commuoversi? Gran mossa: così i panni sporchi di casa Festival finiscono nella cesta degli orrori nazionali. Il buon Paolino (Rossi), convinto da cachet e dalle nobili intenzioni, se l’è bevuta come i santarcangiolesi e tutti gli altri. Riassumendo e rilanciando: rastrellamento aggressivo di fondi, disinteresse verso i partner, trasparenza zero, cariche, ruoli, impieghi blindati per consuetudine nepotistica e clientelare, arbitrarietà totale, impunità sulle scelte gestionali, buchi di bilancio. Anche questo è il festival”.
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Calviniano ma non calvinista, sociologicamente contemporaneo, ibrido nella sua forma scenica, “Lighter than Woman” di Kristina Norman non è assolutamente uno spettacolo teatrale ma una “performance-documentario” sul mondo delle badanti ucraine che vivono a Bologna e a Santarcangelo. “Calviniano”, questo lavoro, lo è soprattutto nell’ouverture: l’artista di Tallinn difatti dona al pubblico, accaldato e stipato nella saletta della Collegiata come pulcini nelle gabbie, la propria teoria sulla gravità e sulla pesantezza (chiaro e cristallino il riferimento a “Le lezioni americane” di Italo Calvino), mettendo a specchio Samantha Cristoforetti e le donne dell’est che lavorano in Italia. Storie di sofferenza, di potenziali abusi, di mancanza di diritti, di nostalgia – nell’accezione di nostos greco –, di lavori di fatica fisica e di difficoltà nel farsi accettare. I numeri snocciolati con un sorriso da Kristina raccontano di un fenomeno che ha la forma dell’iceberg: 2 milioni di donne pagate, la metà in nero, quindi un “sommerso chiuso nelle case delle persone anziane, senza garanzie e senza welfare.
Se poeticamente l’operazione si può dire indovinata (l’argomento comunque, va detto, è di facile presa sul pubblico), più di qualche dubbio si instilla sulla durata (novanta minuti) e sulla messa in scena, che alterna frammenti di comicità a passaggi che smorzano la tensione. Si chiamano le badanti dell’ex Unione Sovietica, rimarca l’attrice, “così le donne italiane possono dedicarsi pienamente alla vita professionale”. Come se fossero prive di sentimenti, come se un potpourri di cliché possa dare più veridicità al lavoro, crocifiggendo i sentimenti di chi ha un parente non più autosufficiente.
Gli aghi del pietismo si conficcano nelle guance di chi è in sala e ascolta le memorie delle badanti. Così la voce e il viso di una donna a cui sono state fatte proposte indecenti, così una signora in su con l’età che sogna di ritornare a casa, così una ragazza che ha perduto un figlio in grembo, così un gruppo di ucraine che si ritrova alla Montagnola di Bologna la domenica pomeriggio e che fatica a parlare italiano dopo lustri e lustri di vita nello Stivale. Così chi ricrea un’ambientazione primordiale della propria infanzia, una composizione floreale realizzata per ingentilire un luogo.
Non ingannino i tanti applausi che hanno salutato la chiusura dello spettacolo: non dicono assolutamente nulla. Sono solo, piuttosto, un “chiedere scusa” alle accuse lanciate dalla Norman verso chi era presente, o un rito aggregativo di partecipazione, come se dietro al biglietto fosse scritto, in una scrittura che si rivela solo agli spettatori, che è un gesto che si deve compiere sempre quando il buio torna in sala e decreta la chiusa della mise en scene.
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La bombastica Pamela Anderson? La gattosa Hally Berry? La gattina orientale Céline Tran? La lista delle bellezze feminine che negli anni Novanta hanno fatto battere il cuore a milioni di teenager è infinita e cambia da persona a persona. Marco D’Agostin – in scena al Lavatoio con “First love” – è poeticamente “anarchico” e decisamente controcorrente: per lui la prima infatuazione ha un nome, Stefania, e un cognome, Belmondo. È alla campionessa sportiva dello sci di fondo che ha deciso di dedicare i suoi 40 minuti di monologo, un assolo fatto di parole e di danza che, in scena, si traduce in una spoglia telecronaca della medaglia d’oro conquistata nella 15 km a tecnica libera ai XIXesimi Giochi Olimpici Invernali di Salt Lake City nel 2002. La “restituzione” delle emozioni provate dall’attore “Premio UBU 2018 come miglior performer under 35” alla Belmondo è poco altro: ottima davvero la sua voce, questo va sottolineato, specie quando sale e si fa concitata, ma complessivamente lo spettacolo – eccezion fatta per una bella chiusura con Marco che si siede ai margini del fondale mentre scende la neve e una luna si fa grande e luminosa – non brilla per incisività.
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Anticipato da una lunga didascalia in cui vengono rimarcati i problemi di censura incontrati dagli attori nei loro lavori precedenti, con “Domínio Público” – portato per la prima volta fuori dal Brasile – Elisabete Finger, Maikon K, Renata Carvalho e Wagner Schwartz focalizzano la propria indagine drammaturgica su “La Gioconda” di Leonardo da Vinci: dal furto “firmato” da Vincenzo Peruggia (che sottrasse la tela al museo del Louvre nel 1911) alla modella (o al modello) ritratto nel quadro – Lisa Gherardini o Gian Giacomo Caprotti detto “Salaì”? – alla postura delle mani, passando per la mancanza di gioielli e un po’ di gossip (pare che Leonardo se li fosse portati a letto), lo spettacolo a quattro voci si riduce a una lezione di storia dell’arte. Certo, importante, ma nulla di più. Sarebbe curioso avere l’opinione di Vittorio Sgarbi…
Alessandro Carli
*In copertina: immagine tratta dallo spettacolo “Dragon, rest your head on the seabed” (photo Enrique Escorza); nel servizio immagini dal progetto di Marco D’Agostin e di Kristina Norman
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Come eravamo? Innovazione e costruzione della proposta turistica nel Salento degli anni Settanta.
di Cristina Manzo
“Apparve il porto. Più da vicino, apparve al monte in cima di Pallade il delubro.
Allor le vele colammo, e con le prove in terra demmo. È di ver l’Oriente un corvo seno in guisa d’arco, a cui di corda invece sta d’un lungo macigno un dorso avanti.
Ove spumoso il mar percuote e frange. Nei suoi due corni ha due scogli, anzi due torri, che con due braccia il mar dentro accogliendo, lo fa porto e l’asconde sopra il porto. Lungi dal lido è il tempio.”
(Eneide, libro III)
Fig.1, «Porto Badisco (Le). Approdo di Enea». Il luogo baciato dal mito traspira rusticità e affetto. I muretti a secco contengono la vegetazione spontanea e tutto si colora di mediterraneità (1)
La Puglia, terra di arte e di magia, terra di abbracci e di incanto, con il Salento, quella fantastica terra dove i due mari si incontrano, è la regione più bramata dal turismo ai nostri giorni, ma non è stato sempre così. La storia del turismo nel Mezzogiorno d’Italia ha cominciato a modificarsi lentamente, quando la politica e le istituzioni pubbliche hanno cominciato a capire che c’era un impellente bisogno di attenzione alle innovazioni e di elasticità nelle concessioni, per far si che degli investimenti mirati portassero il meridione al centro dell’idea di meta turistica ambita, sia nei viaggiatori del resto d’Italia che in quelli stranieri.
Agli inizi degli anni Cinquanta il Salento era un’immensa miniera d’oro a cui non veniva concessa la possibilità di essere profondamente esplorata. Un potenziale non attivo. Mancavano le strutture ricettive, la bonifica di immensi territori campestri, adiacenti alle spiagge, inselvatichiti e grezzi. Mancavano i servizi, l’acqua e la luce in moltissimi siti adiacenti al mare, che avrebbero potuto diventare dei grandi stabilimenti balneari, la capacità di accoglienza e anche la costruzione pubblicitaria della vacanza e dei territori vacanzieri. Bisogna anche dire che, fino a quel momento, l’idea di vacanza, nel senso stretto del termine, era stata prerogativa di pochi, ma un’indagine Istat svolta tra il 1958 e il 1959 cominciò ad attestare l’esistenza di una neo-formazione del flusso turistico italiano.
Inizialmente si trattava di vacanzieri che si concedevano brevi soggiorni in località termali, con pochi pernotti, o di gite organizzate appena fuori porta in cui ci si attrezzava per consumare il classico pic-nic, fai da te. Negli anni Sessanta però, le vacanze cominciano ad estendersi fino a coprire tutta la durata delle ferie, per una media di circa quindici/venti giorni, nel mese d’agosto, periodo in cui di solito uffici, scuole o fabbriche osservavano, di prassi, la classica chiusura estiva, con i fruitori che sembrano prediligere luoghi incontaminati, ma ospitali, per godere di meritato riposo.
Alle vacanze degli italiani, si affianca in questi anni una timida percentuale di turisti stranieri che cominciano a visitare con interesse le nostre città d’arte e le nostre bellissime coste, fino a trasformare in pochi decenni l’Italia nella prima meta mondiale e il Salento, in Puglia, nella prima località preferita.
Negli anni Settanta quindi si rende finalmente necessario affrontare la realtà: con l’aumento della domanda c’è un reale bisogno di arricchire anche l’offerta, che prevede agibilità, interventi e ristrutturazioni per ampie superfici dell’entroterra costiera.
La successiva indagine Istat del 1985, rivelerà che ormai è quasi il 50% della popolazione ad andare in vacanza. Sono gli anni in cui cominciano a prendere piede le agenzie turistiche e immobiliari del turismo (per un compito che fino ad allora era stato svolto da singole persone che lavoravano in autonomia, chiamati “sensali”)(2) e comincia a svilupparsi anche il mestiere di “venditore della vacanza” e di un pacchetto “all inclusive” con una copertura di orari “full time” che è una concezione tutta nuova della vacanza dedicata a tutte le fasce societarie. Così si comincerà a pensare in grande, grandi alberghi, grandi stabilimenti, e anche grandi villaggi come nel caso del primo “Club mediterranee” aperto a Otranto, nel Salento, o del complesso turistico residenziale Serra degli Alimini, sempre a Otranto.
Negli anni Settanta comincia il boom delle vacanze nel Salento anche per le migliaia di persone emigrate per lavoro, nel resto d’Italia o all’estero, per una vera esigenza “fisica” di contatto con il nostro meraviglioso mare, le nostre coste, la nostra cultura contadina e ospitale, le nostre tradizioni… i profumi della terra. Il Salento, da questo momento in poi comincia la sua corsa inarrestabile verso la “pole position”, la “top ten” dei luoghi più ambiti e del “sold out”. Ovviamente non prima di essere riusciti a superare una certa serie di difficoltà. Molti centri balneari, con coste meravigliose e cultura e storia degne di nota, hanno dovuto lottare duramente per potersi vedere riconosciuta la loro importanza e per emergere, nonostante fossero in possesso di tutte le qualità necessarie. Prendiamo Gallipoli, ad esempio, che in mancanza di un buon piano regolatore per il turismo, fino agli anni Settanta, come unica attrattiva, puntava sul carnevale gallipolino, sulla pesca o su qualche manifestazione estiva folkloristica o sportiva. Non aveva alcuna forma di tutela per l’artigianato locale, e le uniche infrastrutture nella cittadina e dintorni a disposizione dei viaggiatori erano: “Gran Hotel Costa Brada”, “Hotel Lido San Giovanni”, “Hotel Artù”, “Motel di Marittima” e “Camping La Vecchia Torre”. La Pro-loco cittadina non provvedeva a fare nessuna forma di campagna pubblicitaria per mancanza di fondi nelle casse. La stessa sorte vale per tantissime altre località che faticano non poco a entrare appieno nella cintura del turismo d’arte e di balneazione salentina. Infine accadrà, i comuni e le province prenderanno iniziative, e le nuove idee di turismo prenderanno forma ma, non senza il rovescio della medaglia. Come nel Giano Bifronte, infatti, guardando indietro ci saranno le meravigliose coste baciate dalla natura incontaminata e, guardando avanti, un abusivismo edilizio che una volta cominciato avanzerà veloce a suon di enormi fabbricati che come titani si ergeranno tra le romantiche dune e a picco sulle coste, offuscandone, in taluni casi, il pittoresco panorama. Gli insensibili affaristi del vista mare, infatti, non esiteranno a costruire e inquinare le acque e i territori secondo il canone dei propri interessi. Ci sono zone dove hanno vinto la natura e il buon senso e zone dove l’uomo ha alterato il suo equilibrio, qualche volta in maniera irreversibile.
Proprio di questi mesi è l’articolo pubblicato dal “Quotidiano di Puglia” su uno di questi delicati e annosi problemi: «Demolire entro trenta giorni “la casa albergo” di Tricase Porto». Il sindaco Carlo Chiuri firma l’ordinanza di abbattimento del rustico di un albergo ristorante che domina la vista del porto. Costruito negli anni ’60 e rimasto abbandonato a se stesso sino a oggi, ora l’immobile è considerato un pericolo. Questo storico immobile, che nel tempo si è trasformato in un ecomostro, nasceva come un piccolo gioiello: completato nell’estate del 1967, ospitò inizialmente i proprietari finché a fine febbraio 69, iniziò il contenzioso tra Prefettura e Comune. Da allora la struttura è stata abbandonata. Dopo più di 40 anni di “assenza e trascuratezza” un gruppo di cittadini formò un comitato per l’abbattimento ma, alla fine, a decretare la fine dell’immobile ci ha pensato la natura, che con tutta la furia del tornado ha deciso di riprendersi il costone3.
Fig.4, «Gallipoli. Spiaggia lido San Giovanni». È il lido cittadino per antonomasia: quello frequentato dalla gente che conta.
Fig.5, «Lido delle conchiglie, litorale Santa Maria al Bagno – Gallipoli». È la spiaggia dei cittadini di Sannicola che ne hanno sempre rivendicato l’esclusività.
Fig. 6, Santa Maria al Bagno, (Lecce). La montagna spaccata. Benvenuti nel mare di Gallipoli
Fig. 7, S. Maria al bagno. Lungomare. La Rotonda e la piccola Promenade qualificano urbanisticamente la località nota per i bagni salutari e …affollatissimi.
Fig.8, “Santa Caterina di Nardò”, panorama e pineta. Lo sguardo abbraccia il vasto orizzonte che si posa sin sulla torre “D’altolido”.
Fig. 9, «Nardò, (Lecce). Panorama dalla Torre Dell’Alto». Riviera sullo Jonio. Veduta suggestiva dalla sommità della serra che domina la ridente costiera dove si adagiano le ambite località di soggiorno estivo di Santa Caterina e Santa Maria al Bagno
Con istanza del 20 dicembre 1972 il sindaco del Municipio di Lecce, in esecuzione della deliberazione adottata dall’assise cittadina nella seduta dell’11 dicembre 1970, chiese alla regione Puglia il riconoscimento della stazione di soggiorno e turismo del territorio comunale in tutta la sua estensione e in ogni area urbana. La Giunta regionale, in data 30 maggio 1973, espresse parere di approvazione e accolse l’istanza. Nelle ragioni che promossero la storica capitale di Terra D’Otranto ad area di pregnante valore turistico giocò un ruolo determinante la ricchezza di monumenti e di testimonianze storico-artistiche della “città-chiesa”, in quanto denominata, alternativamente la “Firenze del sud” e l’”Atene delle Puglie”: grazie all’inconfondibile tocco d’architettura del suo barocco gentile, che ne ha reso celebri i sontuosi templi della fede e i possenti palazzi del notabilato. Ebbe, parimenti, la sua importanza la dotazione, nel casalingo e lungo litorale, di una serie continua di località balneari che conobbero, negli anni sessanta, un deciso sviluppo turistico-residenziale: «con vari impianti ricettivi che integrano efficacemente i motivi di richiamo nel centro capoluogo». Ne discese un movimento di viaggiatori che, durante il 1972, raggiunse livelli ritenuti considerevoli dall’Ufficio regionale istruente la caldeggiata pratica. Si ritenne, allora, soddisfatta la condizione prioritaria per la concessione dell’ambito titolo come indicava nella normativa vigente: e cioè il “concorso dei forestieri” che «deve costituire l’elemento essenziale all’economia della località». L’Assessorato regionale al Turismo dette il via ufficiale all’avventura di Lecce città ospitale, d’arte e di cultura. Con decreto del presidente dell’ente del 22 marzo 1974, n. 779, venne, alfine, istituita l’Azienda autonoma di soggiorno e turismo, con sede nel comune. Dopo la lontana istituzione (1928) della prima Azienda autonoma (di cura) di Santa Cesarea terme, la Puglia meridionale tutta, con Lecce si pose al centro dell’attenzione dell’esigente ampio mercato dei consumi turistici (nazionali e non solo) di qualità certificata. La più orientale città dell’ultima penisola accolse, entusiasta, la palma di prima Azienda turistica sorta in un capoluogo di provincia della Puglia.
Fig. 10, «Santa Cesarea Terme (Lecce). Panorama dagli Archi». É il posto prediletto per i bagni in un contesto di rocce precipiti.
Fig. 11, «Santa Cesarea Terme. Piscina olimpionica Carmen Longo». Blu dolce e blu salmastro folgorano i bagnanti felici immersi in uno scenario di roccia e acqua esaltante
Nel mentre ci si disponeva a raffigurare su carta patinata i paesaggi di solare mediterraneità, l’attacco del mattone alle coste procedeva a ritmi sostenuti. Le “saracinesche sul mare” ne occultavano le visuali. Cortine di tufo rendevano arduo l’accesso alla battigia. Il disordine dell’edilizia delle “seconde case” andava montando. Un problema, questo dell’abuso dei litorali, che suscitava vivo allarme nell’opinione pubblica informata. Già lanciato dalla stampa negli anni del boom, del primo sacco costiero, fu particolarmente avvertito ad avviamento dei Settanta allorquando la situazione degli squilibri ecologici dell’interfaccia terra-mare stava precipitando.
«I fatti noti: lungo tutto il litorale jonico tra l’Oasi delle Quattro Colonne e S. Maria al Bagno, nei pressi delle numerosissime costruzioni abusive sorte in questi ultimi anni come funghi, il Pretore di Nardò […] ha fatto piantare dei cartelli con i quali impedisce l’accesso agli addetti ai lavori [di quei cantieri]. Poi c’è il caso della lottizzazione di “Baia Verde” a Gallipoli, a farla da primo attore. Poi Otranto per la questione dell’amplissima zona pinetata denominata Mari-Frassanito. Poi nella verdeggiante e silente campagna di Ortelle, sul rilievo che guarda a Castro Marina, dove sorge un centro turistico-alberghiero che, differenziandosi arbitrariamente dal progetto originale, finisce col causare un guasto irreparabile del paesaggio in una zona completamente boschiva ancora vergine.
Poi fu la volta di Porto Cesareo, nel frattempo divenuto meta preferita da coloro che risiedevano a Copertino, Veglie, e Leverano. La sua costa fu stravolta dai saccheggiatori di sabbia fino a perdere la naturale barriera protettiva delle mobili gibbosità della esaltante fascia marittima “un richiamo diverso da quello offerto dalle scogliere di S. Caterina e S. Maria al Bagno. La devastazione dell’ambiente retrodunale salentino procedette spedita per tutto il decennio considerato e, quella bellissima costa, devastata dall’abusivismo edilizio e dall’inquinamento provocato dall’incuria degli uomini. Si stavano letteralmente mettendo i lucchetti al mare.
In un articolo apparso su “La Tribuna del Salento”, a. XIX, n. 30, 4 ottobre 1977, di Ugo Tapparini, dal titolo “Porto Cesareo, l’abusivismo diventa paradossale. La spiaggia sotto chiave” si legge «Cancelli dovunque, la consegna è “Non si passa”. Timidi turisti, stranieri inconsapevoli di trovarsi in un’altra “Repubblica”, diversa da quella italiana, vengono sistematicamente respinti solo che osino varcare, in cerca del mare, la soglia della proprietà». I proprietari del villaggio Tabù, non si fecero scrupoli nel proibire l’accesso al loro esclusivo stabilimento, il doppio cancello praticamente vieta ai cittadini e ai turisti, stranieri compresi, di recarsi su un tratto di spiaggia candida e bellissima di proprietà pubblica. Con gli steccati tra Porto Cesareo e Torre Lapillo, si sbarrò la strada al turismo accogliente e sostenibile. Ma, a onor del vero, non tutti gli imprenditori del settore sono state persone prive di coscienza, di accortezza e di amore nell’approccio a questa nuova impresa, in cui bisognava anche crederci, e investire capitali propri con tutti in rischi connessi. La storia del turismo salentino l’hanno fatta soprattutto quelle persone che, dotate di un’idea imprenditoriale lungamente elaborata hanno davvero scommesso sulla carta, tutta da scoprire. Tra gli alti e bassi degli inizi, un pugno di innovatori – che non seguirono la solita strada dell’improvvisazione di operatori rapaci senza retroterra culturale- si spese per svecchiare veramente il comparto della vendita di pacchetti-vacanza, in comode stanze in bellavista, nell’ultima penisola baciata dal Mediterraneo più fulgido.
A Castro come a Leuca, a Gallipoli come a Porto Cesareo (a Otranto la storia prese, più che altro, il verso degli impianti villaggistici di matrice esogena e dirigisticamente concordata) andarono a localizzarsi ben fatti complessi per confortevoli soggiorni tutto mare e spiaggia. Il caso di studio dell’imprenditore Attilio Caroli (1910-1987) chiarisce benissimo il percorso seguito per arrivare al traguardo odierno, con l’inventiva di uno degli antesignani dell’”industria alberghiera” quale egli è stato, insieme alla sua famiglia, giunta alla quarta generazione, a perseguire e ad ampliare questo grandioso progetto (4). Siamo nel 1965 quando Attilio Caroli e Gilda Nuzzolese decidono di intraprendere a Santa Maria di Leuca una nuova scommessa. Attilio è originario del comune di Taurisano, centro agricolo del Capo di Leuca, e Gilda è una maestra di scuola elementare nata a Bari, e trasferitasi a Taurisano per insegnare. Essi erano del tutto nuovi al mondo dell’ospitalità alberghiera quando vi si affacciarono; Attilio insieme al padre Cosimo e ai fratelli, seguiva l’azienda agricola di famiglia che commerciava in vino e olio del Salento, ma era nota soprattutto per la raccolta dei fichi secchi che venivano impiegati dalle aziende di trasformazione per produrre distillati e surrogati del caffè, per poi essere esportati finanche oltre confine, sul mercato austriaco. Attilio e Gilda quando decisero di lanciarsi in questo sogno neofita, dove avrebbero investito il capitale dei profitti della loro impresa rurale, erano supportati dalla figlia Maria Domenica e dal genero Mario, un medico chirurgo anch’egli all’oscuro del nuovo mondo turistico, ma passo dopo passo con il loro entusiasmo portarono la piccola “Portici”, di Leuca, il piccolo gioiellino ricco di colori e di casette con terrazze e giardini privati simbolo dell’aristocrazia di fine secolo a non essere più solo un centro vacanziero per pochi membri d’élite. I Caroli, potenziarono il centro vacanze con l’innesto di una nuova grande struttura, modernissima con tantissimi posti letto che rendevano confortevole il soggiorno pur senza avere i lussi e l’esclusività delle ville. Nacque l’”Hotel Terminal” di Santa Maria di Leuca. I loro buoni rapporti con gli agenti di viaggio, sia nazionali che esteri, quelli che oggi chiamiamo tour operator la grande capacità di saper già trattare con il pubblico e il privato per il commercio, l’apertura mentale alle innovazioni e l’inventiva nel sapersi presentare e pubblicizzare fecero il resto. La nuova struttura in Santa Maria De Finibus Terrae, portò in breve al raddoppio, e oltre, del fenomeno turistico nel basso Salento. Nel 1976 questa nuova impresa di famiglia si arricchirà con la nascita del Complesso alberghiero “Le Sirenuse” di Gallipoli. Siamo appena all’inizio dell’industria turistica salentina ma la scommessa è vinta!
Con l’arrivo della terza generazione della famiglia Caroli-Caputo, Annamaria, Attilio, Gilda e Pierluigi, nella perla dello Jonio si acquisiscono altre strutture ricettive: a Santa Maria di Leuca, “Villa La Meridiana” e a Gallipoli, il “Joli Park Hotel” ed il “Bellavista Club” (5). Nasce la “Caroli Hotels”, che oggi affianca alla gestione di oltre mille posti letto la commercializzazione con il marchio “Caroli House & Boat” di immobili di pregio in Puglia e “charter in barca a vela” e con “La Dispensa di Caroli” promuove le prelibatezze enogastronomiche salentine, riprendendo la tradizione di famiglia, quella tradizione rurale e genuina, legata alle radici della terra da cui tutto era partito, in un felice connubio “fichi-hotellerie”. Ed ora la quarta generazione della famiglia rappresentata dai pronipoti di Attilio, Mario e Gabriele, continua la tradizione innovandola con nuove idee6.
Fig. 12, Preso dal mare, l’Hotel terminal mette in bella mostra il suo volto fresco e confortevole. Negli anni dell’avvio dell’attività ricettiva, l’avere una discesa diretta alla dirimpettaia spiaggia privata rappresentò l’elemento di spicco dell’offerta alberghiera leucana: un must dell’ospitalità dell’estremo Salento. Per essere visibili, invidiati e alla moda si doveva dimostrare . una volta tornata a casa dalle vacanze mirifiche – di essere à la page. Cosa di meglio di un ludico insediamento nell’arenile dorato, piantonato dal camerino da bagno di primo Novecento appartenuto alla villa di una famiglia in vista della “Leuca dei signori”?
Fig. 13, I fondatori del “Terminal”, i coniugi Caroli, nella reception nei primi tempi dell’operatività alberghiera (1967). Telefono centralizzato e macchina da scrivere in primo piano ci dicono che tutto è pronto per non sfigurare con i turisti che prenotano le loro vacanze degli agi in albergo
Fig.14, Con l’”Hotel Terminal”, il lungomare di santa Maria di Leuca acquisisce ancora di più la veste di moderna promenade in linea con i tempi esigenti della villeggiatura di livello medio-alto. L’affaccio diretto all’ultimo spettacolare mare a oriente d’Italia fa dell’albergo nuovissimo un sito privilegiato di ludica osservazione per il turista che si vuole godere veramente la vacanza a due passi dal bacio dell’onda: nella tranquillità riservata della spiaggia servita di tutto punto. Per elevare l’ospitalità bisognava, d’altronde, offrire tutti i comfort a cui il montante benessere di una fetta consistente della popolazione italiana . a cavallo tra i sessanta e i settanta – aspirava velocemente. Ci si sintonizzò, quindi, sulla frequenza allora in voga, delle richieste di qualità: si irrobustì così l’offerta alberghiera di buon livello. Leuca poté soddisfare un target in sintonia col suo passato splendore vacanziero. Fig. 15. Dépliant dell’”Hotel Terminal”. Nei primi anni settanta di crescita lenta, ma costante, del movimento turistico nazionale, occorreva dare indicazioni precise sull’area prescelta per le vacanze “decentrate”. Il pieghevole pubblicitario assolve al suo compito itinerario mettendo in dovuta evidenza le distanze chilometriche da percorrere, dai principali centri urbani regionali e dell’Italia di mezzo e del Nord, per arrivare alla mèta leucana, dalla quale poi è possibile agevolmente raggiungere, via Litoranea Salentina, le località balneari delle due costiere del Sole (opportunamente segnalate)
Fig.16, lo scatto di metà dei settanta riprende la struttura edilizia in via di completamento del complesso alberghiero “Le Sirenuse”, ubicato nel retro-duna del seno meridionale di Gallipoli, in Contrada “Li Foggi”.
Fig. 17, l’albergo “Le Sirenuse” è ormai una realtà sul finire del decennio degli anni settanta. Dotato di spiaggia privata e pineta, accoglie turisti provenienti da ogni dove
Di recente, cercando libri in biblioteca, mi sono imbattuta in un piccolo romanzo dal titolo “Salento nel cuore” stampato negli anni Ottanta, che ha toccato il mio, di cuore, riportandomi alla memoria la storia di tanti, anche miei parenti, che tra gli anni Venti e gli anni Settanta dovettero lasciare il Salento per cercare un futuro lavorativo e una migliore speranza di vita.
È una storia autobiografica ma, raccontata in terza persona, di un ragazzo, Giorgio, che rimasto orfano viene adottato dalla zia, che per salvaguardare la sua eredità da altri parenti perfidi, scappa con lui dal paese d’origine portandolo nel capoluogo salentino, dove il ragazzo frequenterà il collegio, sino alla sua maggiore età, per poi trasferirsi altrove, in Italia, dove completerà gli studi diventando medico, e dove si sposerà mettendo su famiglia. Un giorno, però, venendo a sapere che la zia era sul punto di morire, torna nel Salento, per restare al suo capezzale sino alla fine. “L’emigrazione verso la Svizzera e la Germania aveva allontanato i giovani contadini dai poderi dei vecchi genitori, rimasti soli a sfiancarsi in mezzo alle viti che non rendevano più come una volta, anche perché il mercato non assorbiva totalmente il prodotto, a causa delle solite crisi agricole. Altre bevande surrogavano il buon vino del Salento, varie miscele sostituivano il magnifico olio pugliese. Prodotti artefatti o sofisticati , lanciati reclamisticamente alla televisione, gettavano nello sgomento molte famiglie di contadini, i cui figlioli preferivano inurbarsi alla ricerca di un lavoro presso industrie del nord o verso più lontane metropoli europee, anche se il cuore rimaneva nel Salento, il quale malgrado le grandi metamorfosi socio-economiche restava immutevole nella sua arcaica bellezza. […] Certo qua e là le spiagge salentine presentavano un aspetto diverso, più mondano. Ma la svolta nel meridione era assolutamente necessaria. Chalets e ristoranti, pensioni ed alberghi richiamavano stranieri e genti del nord, incantate nella scoperta di spiagge naturali, fatte di soffice bianca sabbia, di scogliere invitanti a tuffarsi tra le onde trasparenti. La mitica terra del sud apriva le sue corolle, faceva conoscere le splendide bellezze inesplorate: Castro, Santa Cesarea, Santa Caterina…Campomarino, Torre Ovo, Lido Silvana: autentiche perle dalle iridescenze opalescenti fra soli…ed azzurri interminabili. Dal maggio al settembre inoltrato durava la lunga estate salentina, smagliante di luce e di colori, di forza generosa, di atavica genuinità. […] Ricordava bene quella sera: partito con il treno alla volta del Garda, avvertì uno strano inspiegabile malessere, per cui sceso a Brindisi, raggiunse in taxi Lecce, rientrando in casa inaspettato. Egli non se la sentiva di allontanarsi dai cari luoghi; ancora una volta il Salento lo tratteneva…al mattino seguente, Giorgio si riconciliò con la vita, il malessere era scomparso. Ogni pomeriggio il nostro attraversava la città dalle quattro porte: solo, per le vie solitarie, Giorgio riscopriva la “capitale del Salento”, non si stancava di ammirarla e ne comprendeva la vera sostanza che ora maternamente lo avvolgeva. Aveva rivisto i vecchi compagni, insieme ridevano con il Salento nel cuore, il loro passato, le inveterate tradizioni, la vecchia Lecce delle giravolte, le carrozze, caracollanti tra stazione e piazza Vittorio Emanuele; il profumo di caffè tostato; i dolci dell’Alvino; il campo sportivo Carlo Pranzo con partite di pallone tra studenti. Tutto questo passato veniva confrontato con i problemi attuali, con la realtà presente, a volte drammatica, fino a coinvolgere i figli, dopo il cruccio di tante illusioni cadute. Le ansie umane svaniscono al cospetto della genuina dolcezza del Salento, invitante i suoi figli a restare; a continuare una vita più autentica, a cogliere il profumo di un’arcaica terra, dove realtà e leggenda s’intrecciano, sciogliendosi nei contorni diafani di un’esistenza ineffabile”7. Ci deve essere un motivo se tutti coloro che vi sono nati o, hanno conosciuto il Salento, non riescono a starne lontani. C’è sempre l’idea fissa di tornarci e quando ciò non si compie, quell’idea si trasforma in un macigno adagiato sul cuore, in un vuoto da colmare, in un nostalgico e sopito dolore. Si può viaggiare, partire, tornare, riandare, girare il mondo intero, ma nessun paese potrà eguagliare la magia che il nostro mare e i nostri “trecento kilometri” di costa infondono nell’animo del Viaggiatore. E quindi…Arrivederci dall’incantato Salento.
BAIA DI PUNTA DELLA SUINA, GALLIPOLI, PUGLIA
immagine tratta da http://www.expopuglia.it/turismo/visita-la-puglia/brindisi-e-provincia/lecce-e-provincia/gallipoli-e-i-gabbiani-lecce-208
Note:
1La caletta di Porto Badisco si chiama effettivamente “ Approdo di Enea”, anche se ormai varie teorie e ricerche storiche aggiungono a questo sito altre tre probabili candidate location per l’avvenuto sbarco di Enea nel Salento, ovvero Castro, Otranto e Leuca.
2Il sensale era già conosciuto dai persiani e dagli arabi dove rispettivamente era denominato “sapsar” e “simsar”, mentre nell’antica Grecia la figura del sensale era conosciuta con il termine proxenètes, dal quale trae origine la parola “proxenèta”, utilizzata sia in epoca romana che nel periodo medievale. Inizialmente la sua funzione consisteva nel mettere in contatto persone del luogo per soddisfare esigenze anche diverse da quelle di carattere commerciale, mentre successivamente, nell’antica Roma, il “proxenèta” assunse la figura di “intermediario di matrimoni” e di “conciliatore di dissidi familiari”. Solo successivamente, grazie allo sviluppo dell’impero romano, la sua figura assunse la più importante funzione di “mediatore in affari commerciali”. Già ai tempi dei Romani la figura del proxenèta era giuridicamente conosciuta e codificata: a testimoniarlo è il Corpus Iuris Civilis o Corpus Iuris Iustinianeum. .Il 1º gennaio 1866 nacque il Codice di Commercio del Regno d’Italia, nella cui legislazione i sensali divennero “mediatori” e vennero distinti in due categorie: quelli pubblici, i quali erano muniti di mandato, e i “mediatori in altre specie di mediazione”, ovvero i sensali di merci, di assicurazione, per noleggio navi e quelli per trasporto per terra e acqua. La legge del 20 marzo 1913, n.272 sancì che la professione di mediatore fosse libera e senza necessità di iscrizione ai Ruoli della Camera di Commercio, eccezion fatta per gli agenti di cambio e coloro che svolgevano incarichi pubblici. Nel 1958 venne invece reintrodotto l’obbligo dell’iscrizione al Ruolo della Camera di Commercio: agli iscritti per la prima volta venne attribuita la qualifica di “agenti di affari in mediazione”. https://it.wikipedia.org/wiki/Sensale
3 https://quotidianodipuglia.it/lecce/tricase_porto_via_lo_storico_ecomostro_demolito_entro_un_
4 Michele Mainardi, “Camere con vista mare. Enti di promozione ed imprese nell’innovazione turistica del Salento, degli anni settanta”, Edizioni Grifo, Lecce, 2010.
5Tutte le notizie riguardanti la storia d’impresa e la biografia di Attilio Caroli e famiglia provengono dalle fonti dell’archivio familiare.
6 https://www.carolihotels.com/storia/
7 Luigi Camassa, Salento nel cuore, pp.72-82 I.T.E.S. Lecce, 1973.
8 Tutte le immagini (in bianco e nero) contenute nell’articolo sono presenti all’interno del libro di Michele Mainardi, Camere con vista mare. Enti di promozione ed imprese nell’innovazione turistica del Salento, degli anni settanta”, Edizioni Grifo, 2010.
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Pescare Show 2022 a Vicenza
Pescare Show 2022 a Vicenza
La novità della pesca sportiva e della nautica da diporto sono le protagoniste di Pescare Show 2022, a Vicenza da venerdì 18 a domenica 20 novembre. Giunto alla settima edizione, il Boating Show propone nel quartiere fieristico vicentino le novità di prodotto dei grandi marchi della nautica italiana e internazionale, tra innovazione ed eccellenza tecnologica. (more…)
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La Spezia, nuova palestra al servizio del palazzetto dello sport "G.Mariotti"
La Spezia, nuova palestra al servizio del palazzetto dello sport "G.Mariotti". La Spezia 11 marzo 2024 - Questa mattina il Sindaco della Spezia Pierluigi Peracchini, l'Assessore agli Impianti sportivi Marco Frascatore, l'Assessore ai lavori pubblici Pietro Antonio Cimino hanno effettuato un sopralluogo presso il Palamariotti per l'avvio dei lavori della nuova palestra a servizio del palazzo dello sport. Erano presenti l'Amministratore delegato della ditta appaltatrice e la direzione lavori. I lavori sono stati affidati alla ditta TIPIESSE SPA che dovrà realizzare il progetto che prevede la realizzazione di una palestra dedicata in particolare alla ginnastica artistica che ha ottenuto i finanziamenti dal PNRR. "Una nuova palestra dedicata alla ginnastica artistica – dichiara il Sindaco della Spezia Pierluigi Peracchini - che amplierà ulteriormente l'offerta e la qualità dei nostri impianti sportivi. Una richiesta che arriva dalle società sportive che hanno centinaia di giovani impegnati in questa disciplina, molti dei quali anche a livello nazionale, e oggi devono andare ad allenarsi fuori provincia o addirittura fuori regione. Con questo intervento di grande innovazione tecnologica e risparmio energetico diamo una risposta fondamentale e un ambiente ottimale per la crescita di tanti giovani talenti e aspiranti atleti." Per la sua realizzazione sono previsti investimenti per un importo di € 5.349.886,38: sarà utilizzabile sia per l'allenamento sia per l'organizzazione di competizioni e sarà a servizio del palazzetto dello sport. La progettazione, sulla base delle indicazioni fornite dall'Amministrazione comunale, è stata elaborata da uno studio professionale costituito dall'arch. Flippo Franchetti Rosada (capogruppo – mandatario), ing. Leonardo Catarzi, arch. Luca Peghini, ing. Federica Landi. L'area oggetto di intervento è situata nelle immediate vicinanze del palazzetto G. Mariotti compresa tra via della Pianta e Via Federici. In questa porzione dunque nascerà una nuova struttura, ecocompatibile, all'avanguardia e moderna che diventerà, come detto, non solo un punto di riferimento per gli atleti locali, ma sarà in grado in grado di poter ospitare gare di livello locale e regionale, rispetterà le normative vigenti del Coni e tutti i requisiti sul risparmio energetico. Proprio per le specifiche peculiarità della ginnastica artistica l'impianto sarà infatti dotato di idonee "buche" necessarie per svolgere in sicurezza le esercitazioni. Sono previsti spazi interni così suddivisi: due spogliatoi per arbitri e una zona destinata agli spettatori, dotata di idonei servizi igienici e percorsi separati per l'ingresso. Inoltre saranno costruite tribune con una capienza di circa 198 spettatori. L'area parterre, tra la zona destinata all'attività sportiva e quella per ospitare gli spettatori saranno distinte. Le dimensioni della zona per gli atleti sono di 24 x 39 m., comprese quelle di rispetto perimetrali di larghezza pari a 1,50 m., per una superficie complessiva di 936 mq. L'utenza prevista è di 43 atleti (50 se si considerano anche gli arbitri). L'impianto sarà dotato di 4 spogliatoi per gli sportivi, tutti accessibili anche in modo indipendente dall'esterno tramite disimpegni, e altri due per i direttori di gara. Inoltre sono state distinte le aree di sosta a servizio dell'impianto destinate agli atleti da quelle per gli spettatori. Il progetto, oltre alla costruzione della nuova struttura, ha l'obiettivo di riorganizzare l'area adiacente a quella del Palasport, che attualmente risulta occupata da un riempimento di terreno e si inserisce nel contesto locale caratterizzato dalla presenza di altri impianti sportivi quali il Palasport "Mariotti" e dalla piscina di prossima realizzazione. Gli accessi potranno avvenire da due direzioni: l'ingresso principale, con brevi rampe a norma per soggetti diversamente abili, sarà quello previsto dall'adiacente via Federici, quello secondario si trova nell'area esistente da Via della Pianta. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Festival del digitale popolare
Torino sarà la “casa” del digitale con il Festival del digitale popolare. Sabato 8 e domenica 9 ottobre – con un’anteprima venerdì 7 – nel capoluogo piemontese si terrà il primo evento italiano dedicato alla cultura e alle policy digitali, organizzato dalla Fondazione Italia Digitale con il patrocinio del Comune di Torino. Festival del digitale popolare, ospiti Il fumettista e autore televisivo Makkox; l’attrice e dirigente sportiva Cristiana Capotondi; l’epidemiologo Gianni Rezza; l’ex calciatore Claudio Marchisio; la capitana della Nazionale di calcio Sara Gama; il filosofo Maurizio Ferraris; l’esperta di comunicazione social ed ex creativa e strategist team TikTok Uffizi Ilde Forgione; il gruppo musicale La Rappresentante di Lista. Questi i primi ospiti annunciati oggi in occasione della conferenza di presentazione della manifestazione che si è tenuta nella Sala Colonne alla presenza dell’assessora alla Transizione Ecologica e Digitale, Progetto Smart city e Innovazione della Città di Torino Chiara Foglietta e del presidente della Fondazione Italia Digitale Francesco Di Costanzo. Ospite “speciale” della presentazione il calciatore e imprenditore Giorgio Chiellini, tra i protagonisti del Festival, che ha inviato un video saluto da Los Angeles, e che proprio nella città di Torino ha vissuto alcuni dei momenti più belli e decisivi della sua carriera. Le parole di Chiara Foglietta “La trasformazione digitale riguarda innanzitutto le persone: è un’alleata preziosa per migliorare la qualità della vita dei cittadini e promuovere più democrazia, uguaglianza, inclusione e crescita sostenibile – commenta l’assessora Chiara Foglietta – Ma la tecnologia deve rappresentare un’opportunità per tutti i cittadini e le cittadine e non essere causa di divario a favore di un’oligarchia tecnologica ed economica. La tecnologia può essere un mezzo per lottare contro le disuguaglianze e favorire l’inclusione sociale e lavorativa, a patto che chiunque possa disporne appieno – evidenzia ancora Foglietta – Anche nella nostra città sono tante, troppe, le persone senza connessione, che non dispongono di competenze digitali sufficienti o non si trovano a loro agio nell’ecosistema digitale. Per questo è importante parlare di digitale popolare: il cammino verso questo obiettivo non può prescindere dal coinvolgimento sempre maggiore di quelle fasce di popolazione finora rimaste ai margini”. “Il digitale è una grande opportunità nella vita quotidiana di tutti noi, con la pandemia c’è stata un’accelerazione e si è acceso un riflettore enorme su questi temi con la crescita della consapevolezza da parte di cittadini, pubbliche amministrazioni, imprese – spiega il presidente di Fondazione Italia Digitale Francesco Di Costanzo – adesso è il momento di rendere strutturale questo cambiamento, di portare il digitale nei luoghi della normalità, di renderlo popolare. Per questo con Fondazione Italia Digitale ci stiamo impegnando quotidianamente su cultura e policy digitali. Il digitale svolge il suo compito al meglio se è semplice, equo, concreto, sicuro, alla portata di tutti. Da qui l’idea di un Festival del digitale popolare, per la prima volta nel nostro Paese e in una città, Torino, da sempre sensibile e attenta all’innovazione”. Ancora ospiti Il parterre degli ospiti si arricchisce anche con la presenza di esperti e personalità del mondo istituzione, tra questi anche Patrizio Bianchi, ministro dell’Istruzione. Nel corso del Festival, infatti, uno spazio particolare è dedicato proprio al mondo dei giovani con il diretto coinvolgimento delle scuole e focus importante sull’educazione al digitale. Temi PA, scuola, sport, cultura, musei, libri, viaggio, turismo, mobilità, podcast, satira, nuove forme di fruizione dei contenuti, gaming, diritti, sanità, sostenibilità, mobilità, lavoro, economia, comunicazione e informazione, questi e molti altri i temi che saranno affrontati con il filo conduttore della rivoluzione digitale. Nel corso della conferenza è stato svelato il logo ufficiale del Festival, che ha come slogan Restart, riavviare il sistema a segnare la ripartenza del Paese dopo più di due anni di pandemia. Mentre è affidato al fenomeno italiano del fumetto Josephine Yole Signorelli, in arte Fumettibrutti, la realizzazione del Manifesto della manifestazione. Una collaborazione nata grazie a Etna Comics. Talk, workshop, approfondimenti e laboratori animeranno la kermesse che si apre con un’anteprima venerdì 7ottobre a La Nuvola Lavazza per entrare nel vivo sabato 8 negli spazi di CAP 10100 e terminare domenica 9 a La Nuvola Lavazza. Obiettivi Obiettivo della kermesse è portare i tanti temi del digitale vicino alla gente attraverso un Festival inclusivo, aperto alla partecipazione di tutti. Info e programma del Festival in continuo aggiornamento su www.fondazioneitaliadigitale.org e sui canali social della Fondazione. Questa la pagina dedicata alla manifestazione fondazioneitaliadigitale.org/festival-digitale-popolare. Il Festival del digitale popolare è realizzato grazie alle partnership con pagoPA, TikTok, Best Western, INWIT, Affidea, Karma Metrix, TOP-IX, Onda, Nuovi Sogni, Torino Wireless, CSI Piemonte, Etna Comics, Arci Torino e il supporto organizzativo e di comunicazione di To Be Events e Mate Agency. Molti altri partner stanno per aderire alla manifestazione. Sostenitori e partner Partecipano al Festival i soci sostenitori e partner di Fondazione Italia Digitale Amazon Web Services, Bird, Campus Biomedico, Colossus, Flixbus, Google, HT&T Consulting, Meta, Municipia, Next Code Academy, Osservatorio Digitale, Sicurtransport, Synesthesia, Torelli - Hanzo e i fondatori Associazione PA Social, Istituto Piepoli, Open Comunicazione, Lievito Consulting, Mediaddress, L’Eco della Stampa, Associazione PerCorso, datamagazine.it, cittadiniditwitter. Read the full article
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