#anni ’50 in Italia
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2 gennaio 1960: Fausto Coppi, l’Airone che ha chiuso le ali. La scomparsa di una leggenda del ciclismo che ha scritto la storia dello sport italiano e mondiale
Fausto Coppi: l’uomo, l’atleta, il mito.
Fausto Coppi: l’uomo, l’atleta, il mito. Il 2 gennaio 1960 segna una delle date più tristi nella storia dello sport italiano e mondiale: la morte di Fausto Coppi, conosciuto come il “Campionissimo”. Nato il 15 settembre 1919 a Castellania (oggi Castellania Coppi), Coppi è stato uno dei più grandi ciclisti di tutti i tempi, capace di dominare le competizioni con uno stile unico e una…
#Alessandria today#anni ’50 in Italia#atleti leggendari#campionati del mondo di ciclismo#campioni dello sport#Campionissimo#Castellania#Castellania Coppi#ciclismo anni ’50#ciclismo e cultura#ciclismo e innovazione#ciclismo e storia#ciclismo e tradizione.#ciclismo internazionale#ciclismo italiano#ciclismo storico#ciclismo su strada#doppietta Giro-Tour#eredità di Coppi#Fausto Coppi#funerale di Coppi#Giro d’Italia#Giro di Lombardia#Giulia Occhini#Google News#icone dello sport#innovazione sportiva#italianewsmedia.com#La Dama Bianca#leggenda dello sport
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Comunque ho terrorizzato almeno un paio di amici con questa informazione quindi la condivideró anche qui.
Sebastian Vettel ha solo un anno in più di Yotobi.
#scoperto per caso e questa informazione mi mette terribilmente a disagio#in che senso yotobi non ha più 27 anni#in che senso sebastian vettel non ha spiritualmente 50 anni#mi devasta pensare a una realtà alternativa in cui Yotobi deve fare interviste per Sky Sport#'Allora Karim cosa ne pensi di DTS?' 'Mio Dio basta meme BASTA MEME'#o in cui Sebastian Vettel dice 'è finito il tempo delle mele puttana'#potevamo avere Yotobi che intervista Sebastian Vettel sul Late Night. POTEVAMO AVERE YOTOBI CHE INTERVISTA SEBASTIAN VETTEL-#nel migliore dei mondi possibili Yotobi e Sebastian Vettel giocano insieme a Dark Souls#Non si nasconde forse lo stesso sentimento nel pregare Vettel di tornare a correre e Yotobi di tornare a fare recensioni?#questo post è probabilmente troppo niche ma sarà una big hit per chi conserva ancora qualche buon ricordo di Youtube Italia#sebastian vettel#yotobi#nei loro campi sono e resteranno per sempre due icone
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Almeno il 67,7% dei morti "COVlD" avevano minimo 3 gravi patologie note. Il 71,2% per le donne. La quasi totalità aveva più di 60 anni, ma soprattutto over 70, over 80 e over 90. Ovvero sopra all'aspettativa di vita media di 81,5 anni nell'UE e di 81,4 in Italia.
Dei 130.463 morti "COVlD" al 5 ottobre 2021, l'età media era 82 anni. Il 97,1% dei deceduti era over 60. Solo 1.601 sotto i 50 anni, e solo 399 sotto i 40 anni. 15.584 da 60 a 69 anni + 32.886 da 70 a 79 anni + 52.886 da 80 a 89 anni + 25207 over 90 = 126.593 over 60
Hanno distrutto la vita a TUTTI gli italiani per un virus che uccideva quasi solo gli anziani, ma forse neanche loro, perché il 67,7% aveva almeno 3 gravi patologie e non tutti saranno morti a causa del COVlD, ma quello è ciò che hanno fatto credere per obbligare i VACClNl.
@ChanceGardiner
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Storia Di Musica #354 - Astor Piazzolla, Libertango, 1974
Nello stesso anno in cui in Brasile Jorge Ben iniziava la sua rivoluzione della musica del suo paese, nei territori dei cugini argentini si consumava il più famoso degli assassini musicali (premetto subito in senso simbolico). Fu però un delitto che non portò alla fine, ma alla rinascita e alla rivoluzione di uno mondo magico ma dalle regole ferree, fiero del suo conservatorismo: il tango. Oltre che musica e il più sensuale dei balli, il tango è poesia e cultura. Nessuno sa perchè si chiami tango (dal latino tangere, io tocco) solo che nacque agli inizi del ‘900 nella zona di Rio de la Plata, diffondendosi inizialmente in Uruguay e Argentina. Nella prima metà del secolo, dal punto di vista musicale, il tango si sviluppò come musica da orchestra e canto, con figure leggendarie, come quelle di Carlos Gardel, eroe nazionale argentino (anche se i maligni sostengono che fosse uruguaiano), Roberto Goyeneche o Carlos José Pérez. Il la musica e il canto, malinconico, emotivo, teatrale modellò il genere. Uno che però non amava tanto le fissità musicali fu Astor Pantaleon Piazzolla. Figlio di genitori italiani, Piazzolla visse i primi 16 anni a New York. Studia musica e direzione d’orchestra. Si trasferisce nella seconda metà degli anni 40 in Argentina, dove diviene un virtuoso del bandoneon, lo strumento inventato da Heinrich Band nell’800 e divenuto il principe delle orchestre di tango, che per caso arriva in Argentina al seguito dei marinai tedeschi, che lo tenevano sulle loro navi ad allietare i durissimi e lunghissimi viaggi transoceanici.
Piazzolla era affascinato dall'idea di fondere elementi della musica jazz alle strutture del tango. Fu un parto difficilissimo: ritornò a fine anni '50 a New York prontissimo a diventare musicista di colonne sonore, ma in quel momento la musica era in fermento per la rivoluzione del jazz che Kind Of Blue di Miles Davis e poi il nucleo del free jazz di Ornette Coleman stavano portando. Finì senza un soldo e solo per la generosità di un editore musicale che gli pagò un anticipo su una delle sue canzoni più famose (e che ritroveremo tra poco) ritornò in Argentina. Qui però un infarto lo segna profondamente, tanto che tramite alcuni amici si trasferisce in Italia. Ed è proprio qui, nella culla della sua famiglia, che inizia la rivoluzione: registrò nel 1974 l’album che lo fece conoscere al mondo interno.
Libertango, dall’unione tra libertad (in questo caso espressiva) e tango. Registrato a Milano con una favolosa sezione d’archi diretta da Umberto Benedetti Michelangeli, ma soprattutto con l’innesto di una sezione ritmica di chiara matrice jazz composta dal basso elettrico di Pino Presti e dalla batteria di Tullio de Piscopo, il disco ridisegna il tango, che attraverso le dissonanze del jazz, l’innesto di strumenti elettrici e una nuova idea compositiva diviene Tango Nuevo. I puristi ovviamente gridano allo scandalo, e definiscono Piazzolla el asesino del tango. Persino Borges se ne risentì, e si dice che lo chiamasse Astor Pianola. Fu persino accusato di non essere mai stato argentino, un camorreno, per le sue origine italiane. Ma poco possono le critiche contro la sensualità e dal forza di Libertango, meravigliosa, famosa per l’innumerevole quantità di usi cinematografici e pubblicitari (per esempio, nella pubblicità della Vecchia Romagna, prima del penoso remix di David Guetta). Vi aiuto a capire le differenze: confrontate la sua musica con quella che accompagna una delle scene più famose del cinema degli ultimi 30 anni: quando Al Pacino in Profumo Di Donna balla il tango, si muove sul ritmo di Por Una Cabeza, uno dei classici di Carlos Gardel: il titolo, Per Una Testa in senso letterale, è l'equivalente del nostro Per Un'Incollatura, ed è una brano che gioca sulla metafora della passione del protagonista per le corse dei cavalli comparata per la sua passione per le donne. Piazzolla sciorina partendo da Libertango la sua idea nuova in altri 6 momenti: Meditango, Undertango, Violentango (clamorosa), Novitango e la conclusiva Tristango. A legare il tutto una toccante e magnifica elegia al padre, Adios Nonino, dedicata al padre morto improvvisamente (Nonino era chiamato il Padre, Don Vicente Piazzolla, e in Argentina l’immigrazione italiana ha di fatto sostituito l’abuelo\a spagnolo con nonino\a dall’italiano nonno\a riferito in senso reverenziale alle persone anziane); scritta nel 1959, è la canzone la cui vendita dei diritti gli permise di ritornare in Argentina da New York, viene ripresa e ridisegnata secondo il conjunto electrico del Tango Nuevo, con una forza espressiva ed emozionale senza pari.
Il disco, un successo per la piccola etichetta Carosello che lo sopportò, proietta Piazzolla ai vertici della musica internazionale. Di lì a poco collaborerà con grandi del jazz, dirigerà intere orchestre e spedisce il tango in una dimensione nuova ed internazionale, e che rivitalizzerà il genere, fino alle ultime evoluzioni, tipo i Gothan Project, paladini del tango elettronico. Piazzolla dimostra come è possibile difronte ad un bivio, scegliere una strada pericolosa, rischiosa, ma che può portare a risultati grandiosi. Nel rispetto di se stessi, anche della tradizione, ma che non si ferma davanti alla difficoltà. Che sia di augurio per chiunque legga queste righe.
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Nasce la professione di "certificatori di reputazione", vale a dire laureati o diplomati che nell'era di internet e di profili "fake" sono in grado di alimentare con dati certi un innovativo algoritmo "umanizzato" per misurare abilità, competenze, meriti e onestà di persone fisiche e giuridiche.
Al via il primo bando per accedere alla formazione, gratuita, di questa nuova professione rivolto esclusivamente a donne: 214 (30 delle quali vittime di violenza). Il bando è finanziato dal Fondo per la Repubblica Digitale-Impresa sociale. Il termine per presentare la domanda è il 15 marzo (www.lumsa.it/odg).Si tratta di una sperimentazione ideata da Mevaluate Holding e Crop News.
L'ateneo Lumsa è il soggetto responsabile coordinatore dei rapporti di partenariato con il Fondo per la Repubblica Digitale che ha selezionato e finanziato il progetto e che entro il 2026 impiegherà 350 milioni di euro secondo la legge 233/2021 (attuazione del Pnrr e prevenzione delle infiltrazioni mafiose).
Il bando é riservato a donne fra i 19 e 50 anni, sia disoccupate che inoccupate ma anche dipendenti di operatori economici interessati ad accrescerne abilità e competenze digitali in funzione di migliori condizioni contrattuali. Ogni partecipante al progetto potrà beneficiare di 2.970 euro in formazione online per 224 ore e ricevere un tablet e sim dati Coop voce mentre al termine uno smartphone nel contesto di un percorso di inserimento lavorativo di 480 ore in collaborazione con 7 partner sostenitori, enti privati e pubblici, fra i quali Agens, Confindustria, diversi ordini professionali.
Le 214 donne che seguiranno il corso otterranno l'abilitazione a operare in esclusiva sulla piattaforma digitale Italia Virtute per la qualificazione reputazionale documentata e tracciabile di individui e organizzazioni grazie al rating reputazionale elaborato dall'«algoritmo umanizzato» (trasparente, inclusivo e imparziale) in proprietà di Mevaluate Holding. Sarà così possibile mettere in valore e misurare oggettivamente abilità, competenze, meriti e onestà. Mentre perdono finalmente l'anonimato illeciti e inadempimenti.
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Non so se ridere o piangere..."algoritmo umanizzato". Orwell ha fatto troppi proseliti. Quindi chi non si allinea al pensiero unico dominante avrà una reputazione pari a zero?
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Anche se non l'ho mai votata, qualche merito a Giorgia Meloni devo riconoscerlo. In Due anni ha cacciato tutti gli immigrati africani. Come e' riuscita a far "nomadare" tutti i Rom che prima erano in Italia. Sgombrate quelle baraccopoli di migranti illegali che infestavano questo Paese e rubavano il lavoro nei campi agli itialiani: Castel Vetrano, Piana di Gioia Tauro, Vittoria, Campobello di Mazara, San Ferdinando e mille altri. Azzerati i furti nelle case e le rapine ai danni di negozianti. I giornalisti di cronaca nera sono disperati perche' non hanno piu'nulla da pubblicare e i conduttori di talk televisivi sperano ci sia una partita al giorno tra cantanti e politici cosi da poter raccontare, almeno, gli abbracci Renzi-Schlein, visto che non c'e' altro che meriti l'attenzione del Paese. Passeggiare nelle citta' e' diventato un piacere, un coro di "scusi, grazie, prego si accomodi, le serve una mano per portare le buste" e non e' raro vedere un poliziotto che aiuta ad attraversare la strada. E.....sono tornate le chiavi alle toppe delle porte, come negli anni '40-'50. Non e' proprio tutto tutto perfetto perche' ancora c'e' qualche comunista.. @ilpianistasultetto
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Ogni giorno l'Italia diventa sempre più fascista e ogni giorno ci vogliono convincere sempre di più "nooo a noi c'è ne frega veramente delle minoranze in Italia" mentre la donna che ha detto che Mussolini è il miglior politico degli ultimi 50 anni è premier. Che merda
Cosa grave è che ti accusano pure di misoginia se fai notare che la nostra premier è fasc1sta fino al midollo
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In base alle statistiche dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) relative al 2023 l’Italia figura sesta nell’export mondiale, con un export di 670 miliardi di dollari (626 miliardi di euro secondo l’Istat). Escludendo i Paesi Bassi, le cui esportazioni sono costituite in gran parte da merci in transito nei porti e non da effettivo export di prodotti olandesi, l’Italia è in realtà il quinto esportatore mondiale, dopo Cina, Stati Uniti, Germania e Giappone.
Se poi escludessimo le auto (...) che costituiscono soltanto il 3 per cento degli scambi mondiali, l’Italia è addirittura il quarto esportatore nel restante 97 per cento del commercio internazionale, in virtù di una specializzazione merceologica estremamente diversificata e non legata a pochi macrosettori dominanti. Infatti, escludendo le auto, l’export italiano (657 miliardi di dollari) è ampiamente superiore anche a quello del Giappone (607 miliardi).
Un bel successo per un paese come il nostro che fino a una decina di anni fa era considerato in declino dalla maggior parte degli economisti (specie di casa nostra) e giudicato come un perdente sicuro nel quadro della competizione globale. (...)
Rispetto al 2015, l’export totale di merci dell’Italia è stato il più dinamico del G7 ed è cresciuto in dollari correnti del 48 per cento, cioè quasi del doppio rispetto a quelli di Francia (+28 per cento) e Germania (+27 per cento) e di oltre il triplo rispetto agli export di Giappone (+15 per cento) e Regno Unito (+12 per cento). (...)
Chi, sulla base di vecchi luoghi comuni o di analisi superate, continua a descrivere un’Italia come un paese industriale con bassa produttività o non competitivo, arretrato sul piano della tecnologia e dell’innovazione, sta semplicemente guardando un altro film rispetto alla realtà. (...)
La nostra forza risiede in un nucleo di circa 9 mila aziende esportatrici medie, medio-grandi e grandi con 50-1.999 addetti, che realizzano i tre quarti del nostro export manifatturiero, nonché in un ulteriore ristretto gruppo di una quarantina di imprese con oltre 2 mila occupati, che esportano un altro 12 per cento circa.(...)
Un altro nostro asso nella manica è la differenziazione dei prodotti esportati.
I “magnifici 7” settori del made in Italy si suddividono nelle “3F” (...): Fashion, Food, wine and tobacco e Furniture and building materials (e) le “4M” (...): Metal products, Machinery, Motor yachts and other transport equipment, Medicaments and personal care products. (...) L’Italia è stata nel 2022 il primo esportatore mondiale di 201 prodotti (...).
via https://www.ilfoglio.it/economia/2024/05/13/news/come-l-italia-ha-scalato-l-export-mondiale-6537828/
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Smart Working: preferenze diverse tra genitori e non, un’analisi per fasce d’età
Uno studio rivela come la scelta del lavoro agile varia in base a età, figli e ambizioni professionali
Uno studio rivela come la scelta del lavoro agile varia in base a età, figli e ambizioni professionali Lavoro agile: chi lo sceglie di più? Una recente ricerca mette in luce le differenze nelle preferenze per lo smart working tra le diverse fasce d’età e in base alla presenza di figli. Nella fascia 30-34 anni, i dati mostrano che il lavoro da remoto è scelto tre volte più frequentemente da chi…
#30-34 anni#45-49 anni#50 anni e oltre#Alessandria today#ambizioni professionali#aziende e smart working#bilanciamento lavoro e vita#cambiamenti nel lavoro#carriera e lavoro agile#conciliazione lavoro famiglia#differenze di età#Donne e Lavoro#donne in carriera#flessibilità lavorativa#flessibilità oraria#Futuro del Lavoro#genitori e lavoro#genitori e smart working#giovani e lavoro#Google News#impatto dello smart working#italianewsmedia.com#lavoratori over 50#Lavoro Agile#lavoro agile Italia#lavoro digitale#lavoro e carriera#lavoro e famiglia#lavoro femminile#lavoro post pandemia
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L’allarme nel 58esimo Rapporto annuale: «Rischio di frammentazioni nella spirale della costruzione di rigidi confini identitari». Profondi buchi di conoscenza in tutte le fasce d’età. Il 15 per cento della popolazione crede che l’omosessualità sia una patologia con origini genetiche. Quasi un italiano su due si sente minacciato dai migranti. E molti pensano che per essere italiani «occorra esibire determinati tratti somatici»
Quasi il 40 per cento della popolazione italiana si sente minacciata da chi vuole facilitare l’ingresso in Italia dei migranti, mentre un cittadino ogni cinque avverte ostilità nelle persone che professano un’altra religione, hanno un’etnia diversa, un colore della pelle differente.
E ancora: il 30 per cento delle donne o degli uomini italiani considerano come proprio nemico chi è portatore di una concezione della famiglia divergente da quella tradizionale, invece un italiano ogni dieci dimostra inimicizia nei confronti di chi ha un orientamento sessuale diverso.
I dati diffusi dal 58esimo Rapporto annuale sulla situazione sociale da parte del Censis «rivelano il pericolo che il corpo sociale finisca per frammentarsi dentro la spirale attivata dalla costruzione di rigidi confini identitari, in cui le differenze si trasformano in fratture e potrebbero degenerare in un aperto conflitto».
A complicare il quadro è l’indebolimento del ceto medio, «che rende oggi il paese non più immune al rischio delle trappole identitarie».
La «fabbrica degli ignoranti»
È l’allarme lanciato dal più prestigioso istituto di ricerca economica e sociale del paese, fondato nel 1964 da Giuseppe De Rita, Gino Levi Martinoli e Pietro Longo, ma non è l’unico. Anzi. Nella fotografia scattata dal Censis c’è grande spazio per quella che viene definita “La fabbrica degli ignoranti”.
Si tratta della descrizione di una società in cui una buona parte della popolazione che la compone pensa che per essere italiani «occorra poter esibire determinati tratti somatici, dove la cittadinanza è pensata come una identità cristallizzata e immutabile, con inconfondibili radici primigenie, che tra i suoi fattori costitutivi comprenderebbe la diretta discendenza da italiani e anche l’essere di fede cattolica», si legge nel rapporto.
Nello stesso documento, però, viene fuori che è anche quella stessa società che non riconosce più le proprie origini storiche e culturali: «Si palesano profondi buchi di conoscenza in tutte le fasce di età anche in relazione a nozioni che si sarebbe tentati di dare per scontate».
E qui il titolo di studio o la condizione sociale non c’entra. Perlomeno non direttamente. Ma è un fatto che la metà della popolazione ignori che Benito Mussolini sia stato arrestato nel 1943 e che un italiano su quattro pensi che Giuseppe Mazzini sia stato un personaggio politico della prima Repubblica. D’altronde, uno su tre non conosce l’anno dell’Unità d’Italia, mentre il 28,8 per cento tra gli intervistati dal Censis ignora quando sia entrata in vigore la Costituzione.
Fotografia
E poi il quadro impietoso tratteggiato dall’istituto di ricerca si aggrava, man mano che si considerano altre nozioni basilari, dalla letteratura italiana alla grande storia mondiale: la metà della popolazione italiana non conosce l’anno in cui è scoppiata la rivoluzione francese o quando l’uomo è sbarcato sulla Luna. E, per molti di loro, Richard Nixon è stato un grande calciatore inglese e Mao Zedong è conosciuto come l’uomo più anziano al mondo.
Si ignorano poi in percentuali altissime: Dante Alighieri, Gabriele D’Annunzio, Giovanni Pascoli, Giuseppe Verdi, Giacomo Leopardi, Eugenio Montale (per il 35 per cento è stato un autorevole presidente del Consiglio dei ministri degli anni ’50), il capoluogo della Basilicata, la capitale della Norvegia, le tabelline e la differenza tra potere esecutivo, legislativo e giudiziario. Ma in quest’ultimo caso, forse, siamo oltre le conoscenze basilari necessarie, in considerazione del fatto che oltre la maggioranza degli aventi diritto non si reca più alle urne.
E, tuttavia, «sono dati che per molti italiani pongono il problema di una cittadinanza culturale ancora di là da venire che lasciano prevedere una condizione di ignoranza diffusa anche nel prossimo futuro, quando le attuali giovani generazioni entreranno nella vita adulta e dovranno occupare posizioni di rilievo e responsabilità», scrive il Censis. Citando ancora, tra le risposte fornite dagli intervistati, pregiudizi antiscientifici e stereotipi culturali di questo tipo: «Attraverso la finanza gli ebrei dominano il mondo»; «L’omosessualità è una patologia con origini genetiche»; «Islam e jihadismo sono la stessa cosa».
D’altronde, ordini di discorso che capita di ascoltare, talvolta, anche in alcuni salotti televisivi e talk show, e perfino, sempre più spesso, in alcune sedi istituzionali.
L’altra indagine con Coldiretti
«Braccia rubate all’agricoltura», avrebbe recitato a tal proposito un vecchio adagio, se non fosse che, proprio da un’altra recente indagine condotta dal Censis insieme a Coldiretti, è emerso che in «un’epoca di crollo della fiducia nel sapere, nelle competenze, nelle capacità professionali e nell’operato degli attori dei vari settori economici, gli agricoltori sono riusciti a costruire un proprio specifico capitale di riconoscimento capovolgendo una pericolosa tendenza socioculturale che voleva imporgli un marchio di passatismo, di antico, di desueto».Dunque, se un tempo l’agricoltura veniva culturalmente tacciata di essere il passato, cioè un mondo destinato a sparire, oggi è sulla frontiera più avanzata dell’innovazione sociale. Peccato soltanto che la maggioranza degli italiani, invece, guardi indietro e, con essa, la gran parte della classe dirigente che detiene oggi il potere, politico ed economico.
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GLI EDIFICI AD ALTA EFFICIENZA ENERGETICA IN ITALIA SUPERANO QUELLI INEFFICIENTI
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Le prestazioni energetiche del parco edilizio nazionale italiano hanno raggiunto per la prima volta una percentuale di edifici nelle classi energetiche più efficienti che supera il 50%.
I dati raccolti sulla base degli Attestati di Prestazione Energetica registrati confermano il miglioramento delle prestazioni energetiche nel settore residenziale dove l’incremento delle classi più efficienti (A4-B) è stato di circa il 6% rispetto al 2022. Il Rapporto annuale sulla Certificazione Energetica degli Edifici realizzato da ENEA e dal Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente mostra un rapido aumento della qualità degli edifici in Italia e raccoglie le rilevazioni del percorso di perfezionamento dei Catasti Energetici Unici regionali, in funzione dello sviluppo del Catasto Unico Nazionale, del Portale nazionale per la Prestazione Energetica degli Edifici, strumenti che stanno implementando nuove pratiche di sostenibilità energetica per gli edifici e per la transizione verso la decarbonizzazione e un loro minore impatto ambientale.
La certificazione energetica, nota anche come Attestato di Prestazione Energetica, è un documento che descrive le caratteristiche energetiche di un edificio, abitazione o appartamento. Questo certificato fornisce informazioni sul consumo annuo di energia primaria necessario per l’uso dell’edificio e offre suggerimenti per eventuali interventi migliorativi per ridurre i consumi. L’APE è obbligatorio in casi come la compravendita, l’affitto, le nuove costruzioni e le ristrutturazioni importanti. È rilasciato da tecnici abilitati indipendenti e certificati ed è valido per 10 anni. I tecnici valutano l’immobile calcolando una classe di prestazione energetica che va dalla G (meno efficiente) alla A4 (più efficiente).
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Fonte: ENEA; immagine di Condrin Rusu
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“Cosa salveresti della scuola italiana?” Nulla. La rivoluzione si fa in un solo modo: decapitando il re.
Farò imbestialire una marea di persone con questo scritto. Così sia. Qualcuno deve dirlo.
Questi sono i dati, le statistiche e le fonti che dimostrano perché la scuola italiana debba crollare - e crollerà - prima di poter rinascere.
SALUTE MENTALE:
1. La scuola italiana è infelice. Solo il 26% delle ragazze e il 17% dei ragazzi si dice contento di andare a scuola, contro una media europea del 56%. (Fonte: OCSE)
2. La scuola italiana è impopolare. A 15 anni, il 92% dei ragazzi e il 90% delle ragazze risponde: “No” alla domanda “Ti piace la scuola?” (Fonte: OMS)
3. La scuola italiana è insalubre. Il 51,4% dei ragazzi soffre in modo ricorrente di stati di ansia o tristezza prolungati. Il 49,8% lamenta un eccesso di stanchezza. (Fonte: Agia)
4. La scuola italiana è la più stressante del mondo. Il 46,5% degli studenti dichiara di provare nervosismo costante sui banchi di scuola. La media mondiale è del 37%. (Fonte: WeWorld)
5. La scuola italiana mette a rischio la stabilità psichica degli insegnanti. Quasi la metà degli educatori è a rischio di burnout, o stress lavorativo cronico. (Fonte: Osservatorio sul Benessere dei Docenti dell’Università di Milano-Bicocca)
6. La scuola italiana è insoddisfacente. Meno del 50% degli insegnanti, degli alunni e dei genitori si dice soddisfatto della scuola italiana. È la terzultima in Europa. (Fonte: Save the Children)
INCLUSIONE:
1. La scuola italiana è esclusiva. È al terzo posto in Europa per tasso di dispersione scolastica (9,4%), dietro solo a Germania (12,8%) e Spagna (13,7%). Uno studente su dieci non si diploma. (Fonte: OCSE)
2. La scuola italiana è discriminatoria. Il 32,5% - uno su tre - degli studenti stranieri non completa il percorso di studi, contro una media europea del 22,2%. (Fonte: MIUR)
3. La scuola italiana è iniqua. Solo sei su dieci tra gli studenti considerati “eccellenti” ma aventi difficoltà socioeconomiche riportano di ambire alla laurea, contro nove su dieci dai contesti più privilegiati. (Fonte: OCSE)
4. La scuola italiana è classista. Ancora oggi i licei, in particolare il classico, rimangono appannaggio dei ceti benestanti. Chi li frequenta proviene da famiglie i cui genitori sono laureati o diplomati e tendenzialmente ottiene i risultati scolastici migliori. Gli altri, spesso provenienti da realtà socioeconomiche più depresse, sono relegati agli istituiti tecnici o professionali, costituendo dei veri e propri “ghetti educativi”. (Fonte: AlmaDiploma)
INSEGNANTI:
1. La scuola italiana è inaccessibile. Il 90% degli insegnanti che hanno partecipato al concorso per l’abilitazione alla docenza di scuola secondaria ha fallito. (Fonte: La Stampa)
2. La scuola italiana è sotto organico. Secondo le stime elaborate da ANIEF, nell’anno scolastico 2024/2025 gli insegnati precari saranno circa 250 mila.
3. La scuola italiana è imprevedibile. Sono solo lo 2,99% gli insegnanti a tempo indeterminato con meno di 35 anni. (Fonte: Openpolis)
4. La scuola italiana è vetusta. Più del 53% degli insegnanti ha superato i 50 anni, contro una media europea del 37%. (Fonte: OCSE)
5. La scuola italiana è datata. Solo il 50,4% degli insegnanti under-35 in Italia ha svolto una formazione completa, contro una media UE del 75%. Inoltre, il 75% dei docenti italiani non ha frequentato corsi di formazione nella scuola in cui insegna dopo l’abilitazione. La media europea è del 58%. (Fonte: OCSE)
6. La scuola italiana è irriconoscente. Gli insegnanti italiani sono i più sottopagati dell’area OCSE e hanno visto una perdita del 6% del potere d’acquisto tra il 2015 e il 2023. (Fonte: OCSE)
7. La scuola italiana non è meritocratica. In molti Paesi europei, se dalla valutazione emerge che un insegnante registra un rendimento insoddisfacente, si applicano misure correttive. Solo in Spagna, Italia e Slovacchia non sono previsti interventi. (Fonte: la Repubblica)
INVESTIMENTI:
1. La scuola italiana è sottofinanziata. La spesa pubblica per l’istruzione è pari al 4% del PIL, contro una media europea del 4,9%. (Fonte: OCSE)
2. La scuola italiana è inadeguata. Sei strutture su dieci sono prive di agibilità. Ogni tre giorni in una scuola italiana si verifica un crollo di calcinacci da soffitti e pareti di aule, laboratori e palestre. L’80% delle scuole è ubicato in edifici non adeguati. Il Ministro Valditara ha dichiarato l’edilizia scolastica “un’emergenza nazionale”. (Fonte: Avvenire)
3. La scuola italiana è sovraffollata. Più di 5000 aule, le cosiddette “classi pollaio”, ospitano oltre 27 alunni ciascuna su base giornaliera, per un totale di 165 mila studenti costretti a trascorrere l’anno in condizioni di sovraffollamento. (Fonte: MIUR)
RISULTATI:
1. La scuola italiana non aiuta a capire. Un quindicenne italiano su quattro fatica a comprendere testi di complessità elementare, e solo uno su venti riesce a distinguere i fatti dalle opinioni leggendo un testo su un argomento sconosciuto. (Fonte: OCSE)
2. La scuola italiana è insufficiente. La metà dei maturandi non raggiunge il livello minimo accettabile di competenze in matematica (oltre il 50%) o in italiano (sotto il 50%). (Fonte: Il Sole 24 Ore)
3. La scuola italiana è nozionistica. Gli studenti italiani hanno totalizzato 31 punti su 60 nella risoluzione di problemi in maniera innovativa con il pensiero laterale e divergente. (Fonte: OCSE)
4. La scuola italiana insegna l’individualismo, a scapito del lavoro di gruppo. Gli studenti italiani hanno totalizzato 478 punti contro una media OCSE di 500 punti nella “risoluzione collaborativa dei problemi”, ovvero la capacità di interagire con altri, condividendo sforzi e conoscenze per raggiungere la soluzione. L'Italia si classifica al 26° posto su 32 Paesi. (Fonte: OCSE)
5. La scuola italiana causa avversione al rischio. L’85% dei quindicenni italiani ha paura di prendere brutti voti, contro una media europea del 66%. (Fonte: OCSE)
FUTURO:
1. La scuola italiana è incostante. Mentre alle elementari gli studenti registrano risultati pari, se non superiori, a quelli dei coetanei europei, alle medie e alle superiori le metriche crollano.
2. La scuola italiana non orienta. Solo il 35,8% dei quindicenni italiani ha accesso a servizi di orientamento professionale nel contesto scolastico, contro una media dell’80-90% in Paesi come la Danimarca e Finlandia, per esempio. (Fonte: OCSE)
3. La scuola italiana non prepara al mondo del lavoro. L’Italia registra il periodo più lungo tra i Paesi del Nord Globale in quanto a transizione dalla scuola al lavoro, un attesa di 5,9 anni nel 50% dei casi. (Fonte: OCSE)
4. La scuola italiana produce analfabeti funzionali. L’Italia è in cima alle classifiche mondiali per analfabetismo funzionale. Il 27% delle persone tra i 16 e i 65 anni non è in grado di leggere un testo e rielaborarlo, capirlo a fondo e usare il proprio pensiero critico per distinguere ciò che è vero da ciò che è falso. (Fonte: OCSE)
5. La scuola italiana non combatte la disoccupazione. L’Italia è il primo Paese di giovani che non studiano né lavorano (NEET) con un tasso del 27,4% contro la media europea del 14%. (Fonte: ISTAT)
La scuola italiana va smantellata fino al suo nucleo e ricostruita da zero.
E credo che accadrà, che ti piaccia oppure no.
Non perché un bel giorno la politica si sveglierà capace e disposta a fare il proprio lavoro in modo adeguato. Ma perché l’intero sistema scolastico collasserà entro il 2050. La natalità in Italia parla chiaro: di questo passo, metà delle scuole in funzione oggi - circa 20.000 - chiuderà entro il 2030. E da lì si è in caduta libera. La disoccupazione e il precariato tra gli insegnanti sarà dilagante. I sistemi a cui ci siamo strenuamente aggrappati verranno abbandonati, e non per scelta, ma per obbligo. Non sarà piacevole. Ma è inevitabile. E questo darà inizio a un’era più prospera per la scuola e i suoi abitanti. E noi saremo lì a raccogliere i cocci. Saremo anche lì a crearli, appena prima.
Siamo in tanti ad aspettare quel giorno. Milioni di insegnanti, genitori, presidi e alunni che, come me, non criticano la scuola perché la odiano, ma perché la amano troppo per accettare il suo disfacimento standosene impalati a guardare.
Saranno proprio queste persone a ricostruirla. Saranno gli insegnanti che rifiutano i suoi limiti. Saranno gli insegnanti che non si danno per vinti. Saranno gli insegnati che ci credono, nonostante tutto. E sono tanti. Siamo tanti. Siamo molti di più noi che la critichiamo amandola di chi, magari difendendola a parole, poi se ne frega. Siamo la maggioranza silenziosa di chi non ne può più ma, nonostante tutto, continua a credere in un domani migliore.
Un domani possibile.
Sogno un domani non lontano in cui tutti noi, insegnanti e cittadini, ci riuniremo attorno al tavolo da disegno e congegneremo la Scuola dei Sogni: una Scuola più umana, felice e migliore.
Dunque, mi correggo: della scuola italiana salvo chi resiste.
P.s. Non critico MAI i singoli individui o le singole realtà. So bene che ce ne sono a migliaia, di insegnanti e Scuole che già incarnano la nostra rivoluzione nella loro esistenza quotidiana. Sono i nostri più grandi alleati sul territorio, infatti. La mia critica è rivolta solo ed esclusivamente al SISTEMA. Un sistema che, anziché valorizzare l’innovazione, la creatività e l’amore per la professione, nel migliore dei casi li ignora, e nel peggiore li penalizza, li sminuisce e li svilisce. Ma il suo tempo è scaduto.
Nicolò Govoni - Fondatore di "Still I rise"
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A Modena, nota per alluvioni e non certo benefici allagamenti, decidono di "investire" 6,6 milioni di euro per 12 autobus ad idrogeno; 3 verranno consegnati a breve termine, i restanti 9 nel 2026.
Già che sorrido osservando la data di consegna dei restanti autobus: spendere denaro per qualcosa che si renderà produttiva solo tra 2 anni, ma davvero vogliamo usare l'idrogeno in Italia?
Secondo gli studi (non chiari), questi autobus necessiteranno di 50 tonnellate/anno di idrogeno, gas noto per la sua leggerezza ed esplosività. Una massa sufficiente per far percorrere complessivamente 660 mila chilometri grazie alle pile a combustibile (peccato, i giapponesi credono sia meglio usare i motori endotermici, le materie prime assai pregiate e costose per le pile a combustibile non sono sufficienti che per poche centinaia di migliaia di esemplari...).
Vi sono due sole vie per produrre l'idrogeno; la separazione dal Metano CH4 attraverso il processo chimico del cracking, oppure utilizzando il processo elettrolitico.
Infatti, circa il 97% dell'idrogeno prodotto è ottenuto dai combustibili fossili, mentre soltanto un 3% si ottiene tramite l'elettrolisi dell'acqua. Questo processo, se condotto utilizzando combustibili fossili, porta all'emissione di elevate quantità di CO2.
La produzione su vasta scala dell'idrogeno avviene solitamente mediante il processo di reforming del gas naturale (o "steam reforming")
Tale processo consiste nel far reagire metano (CH4) e vapore acqueo (H2O) ad una temperatura intorno a 700–1100 °C, per produrre syngas (una miscela costituita essenzialmente da monossido di carbonio e idrogeno), secondo la reazione:
CH4 + H2O → CO + 3 H2 - KJ
Il calore richiesto per attivare la reazione è generalmente fornito bruciando parte del metano.
Il processo meno produttivo è per via elettrolitica, a temperatura ordinaria come a caldo, appena più efficiente.
Fermo restando che il rapporto di produzione energetica è di 3,5:1, ovvero, si devono spendere 3,5 punti di energia per avere 1 punto in energia di idrogeno, certamente questo processo non potrà essere sostenuto con le aleatorie energie rinnovabili, quindi, è sostanzialmente insostenibile dal punto di vista ambientale ed economico.
Domanderei, adesso, a chi ha sostenuto questa decisione all'interno delle politiche del Comune di Modena: non sarebbe stato molto più intelligente e produttivo investire questo denaro in opere per la prevenzione dell'esondazione dei corsi d'acqua e nell'acquisto di ben più economici ed affidabili modernissimi autobus a gasolio o gas naturale?
Fern. Arnò
#truffa energetica#truffa climatica#truffa rinnovabili#follia ecologica#kompagni merda#Modena#Emilia Romagna#idrogeno#mobilità sostenibile balla
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Candida Santomauro vince il trofeo Ventofashion con la sua collezione di abiti e accessori moderni, realizzati all’uncinetto sull’Isola
Grande successo di pubblico domenica, 18 agosto 2024, per la sesta edizione dell’evento Fashion Week Ventotene, ideata dalla stilista Elena Rodica Rotaru. L’evento, organizzato in un luogo simbolo per la nostra Europa, l’isola di Ventotene, è stato dedicato alla Pace, alla convivenza in armonia delle persone, in un momento storico difficile che attraversiamo, pieno di violenze e incomprensioni. “Il numero 6 è il numero che simbolizza la pace nel mondo. Il numero 6 è l’amore. Attraverso il tema scelto, vogliamo far emergere un filo simbolico che unisce l’antichità Egizia all'Eleganza e all'Arte Italiana, al Made in Italy, alla gioia del vivere insieme”.
Il Galà, a causa delle condizioni avverse del tempo, si è svolto presso il Centro Polivalente dell’Isola invece che nella location storica di Piazza Castello. La Sala dei Convegni, che in passato ha ospitato eventi d’importanza nazionale ed internazionale, ha accolto un pubblico numeroso ed entusiasta, formato da turisti e abitanti dell’Isola, insieme a ospiti arrivati da tutt’Italia.
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Antonella Brini,Candida Silvestri e Jano Di Gennaro
A vincere il trofeo Ventofashion, sesta Edizione, è stata Candida Santomauro, una vera artista che è nata e si è formata a Ventotene. La Giuria ha particolarmente apprezzato la sua collezione “Crete”, che comprende lavorazioni elaborate, realizzate a mano, accessori creati all’uncinetto e oggetti decorativi in ceramica. La sua sfilata piena di energia ha avuto come protagonisti bambini e ragazzi presenti sull’Isola: l’idea vincente di coinvolgere gli ospiti dell’Isola è ormai un’abitudine consolidata e apprezzata dell’Evento.
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Modella Rugiada Colò (Argentina)
Abiti uncinetto e ceramica di Candida Santomauro
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Modella Perla Turnu, abiti uncinetto e ceramica di Candida Santomauro
Seconda, Carla Ruggieri, protagonista del film documentario “Sarte Avventura”, andato in onda su Rai Tre. Con la sua collezione, ha fatto tornare il pubblico negli anni 50’ 70’ 90’ mostrando degli splendidi abiti da sposa e da prima comunione indossati dalle proprietarie per le occasioni più importanti della loro vita, tanti anni fa. Si tratta di donne e ragazze della provincia di Rieti, dei borghetti e paesini laziali: ogni abito ha una storia, raccolta e raccontata nel documentario dalla protagonista insieme a Elena Rodica Rotaru. Così è nato il documentario, a bordo del camper di “Sarte Avventura”. Un’umanità ritrovata, le storie di felicità e spensieratezza attraverso abiti bellissimi, nella storia del nostro territorio!
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Carla Ruggeri la seconda classificata con le sue modelle.
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Elisangela Dos Santos Santano Del Brasile
Modella/ vincitrice del concorso Miss Badante Italia 2023.
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Modelli
Rugiada Colò e Emanuel Vecchioli abiti sposta e sposo di Tiziana Casali e Marco Marchegiani sposati quasi 40 anni fa a San Polo di Tarano Rieti.
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Modella Cristel Mollo -abito da sposa oltre 35 anni fa di Corina Casali , San Polo di Tarano Rieti.
Al terzo posto la giovanissima stilista romana Giorgia Beniamin Salib. 22 ani, con una laurea in Fashion Design allo IUAV di Venezia, che ha presentato la sua ultima collezione “Old Chic”, ispirata all’antico Egitto, un omaggio alle sue radici egiziane. Colore dominante - il bianco della pace, impreziosito da accessori dorati, con accenti sull’eleganza del plissettato, la maestosità delle forme classiche, semplici ma di effetto, e dei materiali ricercati.
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Giorgia Beniamin Salib stilista romana .
La serata è stata completata da momenti artistici che hanno conquistato il pubblico, grazie alle voci e le canzoni evergreen di Antonella Brini e Jano Di Gennaro, in veste anche di conduttori - presentatori dell’evento. Un dei momenti più apprezzati è stato quello della sfilata di abiti ispirati al mondo arabo e all’Africa, firmata da Elena Rodica Rotaru. L’Organizzatrice del Festival ci ha portati in un viaggio pieno di colori, con tuniche impreziosite dai disegni tradizionali, turbanti eleganti e mantelli pregiati - tutti abiti raccolti da lei nei viaggi in paesi come Egitto, Dubai Turchia, Tunisia o Marocco. Grande entusiasmo e calorosa accoglienza per la presenza di Elisangela Dos Santos Santano, originaria del Brasile, la vincitrice in carica del Concorso nazionale “Miss Badante”, giunto quest’anno all’ottava edizione. Applausi calorosi a scena aperta anche per i numerosi bambini protagonisti dei balli pieni di energia presentati e diretti da Candida Silvestri.
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Elena Rodica Rotaru
La sua sfilata di abiti arabi.
https://youtu.be/oYoAa7Xfmng
La Giuria è stata presieduta da Cataldo Matrone – consigliere comunale di Ventotene ed è stata composta da Emanuel Vecchioli – Hairstylist VIP internazionale - vicepresidente della Giuria, Rosamaria Curcio – Proloco di Ventotene, Gianluca Cappabianca– Make-up VIP internazionale, Pietro Fizzotti – Corteggiatore Tv del programma “Uomini e Donne”, Rosy Filosa – professoressa che per diversi anni ha insegnato sull’isola di Ventotene.
Ecco anche alcune testimonianze a caldo:
Elena Rodica Rotaru, patron del Fashion Week Ventotene: “E’ stato un evento riuscito, sono contenta che, alla sesta edizione, il Trofeo è andato a un’artista dell’isola, Candida Santomauro, che trova la sua ispirazione e creatività proprio in questo territorio meraviglioso. Uno dei momenti più emozionanti per me è stato quello della sfilata dei bambini. Io amo la loro spensieratezza, la spontaneità e la gioia di partecipare ogni anno ballando e presentando abiti, accessori e non solo. Ringrazio i concorrenti che hanno fatto prova del loro talento, Candida Silvestri che, come sempre, è stata al mio fianco nell’organizzazione, la Giuria, i presentatori, il Comune di Ventotene, i nostri partner e sponsor Pandataria Film, Hotel Lo Smeraldo, SISA supermercati, C4 Premiazione. E invito già da adesso stilisti e designer per iscriversi all’edizione dell’anno prossimo, che sarà la settima!”.
Un ringraziamento speciale a tutti coloro che hanno sfilato per questa volta bambini, donne e maschi .
Bambini di Ventotene:
Angela Marina Gargiulo
Susanna Gargiulo
Sofia Rega
Alessandra Mihaly
Clara Vollono
Zoe Cocumelli
Arissa Langella
Bianca Masi
Flavia Musella
Meg Pandolfi
Ragazzi : Emanuel Vecchioli
Ragazze: Elena Cindroiu, Cristina di Felice, Cristel Mollo, Rugiada Colò, Carina Elena, Perla Turnu, Elisangela DOS Santos Santanos, Joyce Coutinho .
Cataldo Matrone: “Come presidente della giuria, posso dire che è stato un evento che ha coinvolto come sempre la comunità ventotenese dai più piccoli ai più grandi. L'entusiasmo di Elena contraddistingue il suo modo di lavorare insieme alla sua professionalità. Jano Di Gennaro, presentatore: “Il sesto anno e' stato una piacevole conferma, Elena Rodica Rotaru non si è risparmiata ed ha realizzato un evento impeccabile. Ogni anno tornare a Ventotene e rivedere quella magica cornice, respirare arte e moda a 360 gradi è sempre una grandissima e valida esperienza. Sono felicissimo di poter essere al timone di questo evento perché quando si investe in passione e gioia di fare i risultati solo sempre eccelsi. Infatti anche quest'anno il risultato finale è stata una armonia di tanti elementi, a partire dalla realizzazione dei capi indossati dalle modelle, fino ad arrivare alla musica che ne ha fatto da contorno. Senza parlare poi della professionalità della giuria e di tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita dell'intero evento”. Antonella Brini: “E’ stato l’evento più fashion dell’isola di Ventotene. Per il sesto anno consecutivo la moda è arrivata sull’isola sotto la baghetta della direttrice artistica International style Elena Rodica Rotaru. Live motive dell’evento: il numero sei che rappresenta nella storia egizia un numero positivo, rappresenta la pace e rappresenta l’amore. Elena Rodica Rotaru ha portato in Sfilata abiti che la stilista ha raccolto nei suoi viaggi in Egitto, Dubai, Turchia o da Marrakech, mirabilmente indossati da ragazzi ragazze e donne presenti sull’isola. Il premio a Candida Santomauro ha messo in valore le creazioni in ceramica e fatte con l’uncinetto, molto caratteristiche e legate al territorio, sottolineando la cultura dell’artigianato locale. La stilista emergente Giorgia Benjamin è una ragazza giovane di 22 anni che si è approcciata con degli abiti in omaggio al padre egiziano. Carla Ruggieri ha presentato degli abiti da sposa e da comunione che attraversavano gli anni 30, 50, 60, 90 praticamente rivitalizzandoli dagli armadi in cui erano posti. Bella l’idea di far eun film dove raccontare la storia dei proprietari di questi abiti tra i quali il suo di sessant’anni fa!”.
Partner e sponsor dell’Evento: Comune di Ventotene, LikaEventi di Elena Rodica Rotaru e Candida Silvestri, Pandataria Film, in collaborazione con Proloco di Ventotene, Hotel Lo Smeraldo, Hair Beauty Salon di Marilena Bãcanu - ROMA, il Supermercato SISA, C4 Premiazione di Guidonia.
Musica: Dj Jonatan e Pasquale Curcio. Fotografo Ufficiale: Vittorio Musella Riprese Video: Salvatore Braca e Dario Santomauro.
Partner Media: FashionLuxury.info, Pandataria Film, PaeseRoma Quotidiano, MTM, Media X Te di Miruna Cajvaneanu, Lika Rotaru Blogger.
Articolo di Miruna Cajvaneanu e @likarotarublogger @elenarodicarotaru-blog
Qui ⬇️⬇️⬇️ ci sono tutte le foto.
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La superficie boschiva in Italia è di oltre 11 milioni di ettari (11.110.315 per la precisione), pari al 38% del territorio nazionale. Germania e Svizzera sono al 31%. Negli anni '50 la superficie di territorio italiano coperta da boschi era la metà, 5,6 milioni di ettari.
Dal 1985 al 2015 le foreste hanno avuto un incremento pari al 28%, passando da 8.675.100 a 11.110.315 ettari, in graduale e costante espansione. Questa tendenza è legata principalmente all’abbandono delle aree agricole marginali di collina e montagna.
Le foreste italiane sono tra le più ricche a livello europeo, ospitando 117 specie differenti soltanto nello strato arboreo (2/3 delle specie arboree europee). Le tipologie forestali più diffuse in Italia sono le faggete, i boschi di rovere, roverella e farnia e le cerrete che occupano ciascuna una superficie di poco superiore a un milione di ettari; altre categorie molto rappresentate sono i castagneti, gli ostrieti e carpineti, le leccete e i boschi di abete rosso, che raggiungono superfici comprese tra mezzo milione e un milione di ettari.
In dieci anni, le foreste italiane hanno catturato 290 milioni di tonnellate di CO2 dall'atmosfera, cioè poco meno di quanto le attività antropiche italiane producono in un anno.
Fonte: “Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio”, realizzato dall’Arma dei Carabinieri con il supporto scientifico del Crea (2013-2020, dati 2015)
(Via web)
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