#fantasia nei bambini
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susieporta · 1 month ago
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Fante di Coppe
"La Verità del Cuore".
Idealizzare è un processo della Mente.
E' un meccanismo di difesa.
Da bambini è un processo vitale per la sopravvivenza affettiva ed emotiva qualora la figura adulta di riferimento risulti deficitaria o assente nelle cure parentali.
Il bambino idealizza per non morire di dolore.
Da adulti impariamo ad affrontare l'Altro con lo stesso schema distorsivo.
Creiamo un'immagine fantasiosa del legame. Qualcosa che non esiste. Ricamiamo sull'Altro un immagine finta e distante dalla realtà.
Siamo i maghi del convincimento: tratteniamo dentro di noi l'immagine dell'Altro fino alle estreme evidenze, anche quando le maschere cadono e producono un tonfo al Cuore inimmaginabile.
Principi e principesse con cui intratteniamo anni della nostra vita, perdendoci nel gioco dell'illusione, giustificando ogni comportamento lesivo in nome di un Sentimento che non esiste, inventato, qualificato dalla svalutazione e dalla finzione.
Il piedistallo ad un certo punto crolla.
E le macerie ci sommergono.
"Io credevo che mi amasse".
Il crollo dell'immagine dei Genitori è qualcosa di immensamente doloroso. Molto più doloroso e impattante della destrutturazione di un rapporto di coppia.
Non essersi sentiti amati e accolti nell'Amore e nell'Accettazione fa male.
Ma la Verità è che molti individui, a loro volta traumatizzati o violentati nelle cure parentali, non provano nulla dentro di loro. Hanno il Cuore completamente asserragliato e congelato.
Non amano.
Non ne sono capaci.
E il bambino lo sente. Ma deve sopravvivere. Non può morire. E si inventa ogni stratagemma di compensazione interiore. Si inventa le storie. Si offre alla fantasia e alla creatività per costruire madri e padri che in realtà in fondo in fondo gli vogliono bene. Ma non riescono ad esprimerlo.
E da grandi si raccontano le medesime bugie.
E i castelli di onnipotenza genitoriale, diventano castelli di rabbia e frustrazione.
La principessa diventa una strega e il principe un ranocchio.
Idealizzare l'Altro nasconde una ferita profondissima.
Metterlo sul piedistallo e adorarlo, onorarlo, divinizzarlo è una "forma di oggettivazione".
E guai uscire da quello spazio di idealizzazione. Guai se l'Altro si sottrae al copione e "si presenta per quello che è".
L'Altro è costretto a stare forzatamente dentro a quell'idealizzazione. Altrimenti deve prepararsi ad essere accusato di "alto tradimento".
Ma l'Altro non sarà mai all'altezza dell'idealizzazione. E' un essere umano in carne e ossa. E' reale. E' emozione vera. E se ha compiuto un percorso di Verità interiore, non può fermarsi ad adempiere al bisogno dell'Altro di aspettativa irrealistica di rapporto.
La Relazione è Cuore.
E il Cuore non idealizza. Sente.
Sente se c'è purezza, se c'è gentilezza, se c'è Verità nei gesti, nelle parole, negli sguardi, nella stretta di mano.
L'Altro non è uno "strumento di compensazione". E se è radicato nella sua Autenticità, non potrà mai esserlo. Sarebbe pura finzione.
E prima o poi giungerà il fatidico momento in cui l'Altro, conscio della "condizione di strumento", deluderà l'aspettativa e se ne andrà. Ed allora verrà sminuito, svalutato e scartato.
Essere veri, radicati, presenti, onesti con noi stessi e l'Altro è il primo presupposto per intrattenere una relazione sana.
Lasciamo cadere le idealizzazioni e sentiamo a Cuore aperto la Verità.
Spalanchiamo gli occhi e le orecchie e guardiamo i "fatti".
Non ci sono giustificazioni o castelli da costruire. Ci sono "fatti".
Non ci sono promesse che tengano.
C'è la Verità.
Impariamo a seguirla.
Piedi ben radicati a terra e Cuore aperto alla Vita. Così si prosegue. Così si può generare Amore e riceverne in abbondanza.
L'Autunno spoglia gli alberi dalle foglie ingiallite. E anche le illusioni.
Per lasciare spazio alla nudità, alla rigidità dell'Inverno. Che all'interno custodisce una Forza generatrice tutta nuova.
Un Amore nuovo.
Una Vita nuova.
Un nuovo Cammino.
Mirtilla Esmeralda
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libero-de-mente · 3 months ago
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Alberto Angela: Un divulgatore nell'Antica Roma
(Spunto per un racconto di fantasia)
Immaginatevi se Alberto Angela, con la sua solita passione e il suo inconfondibile stile, si trovasse catapultato indietro nel tempo, nell'antica Roma. In quell'epoca del passato che tanto lo affascina e rapisce.
Immaginiamo il nostro amato divulgatore cortese, con la sua barba curata e i capelli con quel disordine ordinato, in mezzo ai Fori Imperiali, ma invece di spiegare ai telespettatori, di ritrovarsi a dover interagire con i romani dell'epoca.
Tutto inizia quando, durante la ripresa per una nuova puntata di Stanotte sul Grande Raccordo Anulare, Alberto si avvicina troppo a una strana macchina del tempo nascosta che sbuca dal terreno, dopo l'ennesima ricognizione archeologica in merito ai lavori della nuova metropolitana, la Linea Legio XV.
Alberto inavvertitamente calpesta la parte appena sporgente, un bagliore improvviso e... ecco fatto! Si ritrova in toga, con i capelli raccolti in un elegante nodo, e una pergamena in mano invece degli appunti di Stanotte a.
"Salve, cittadino romano!" - lo saluta un centurione, guardandolo con aria perplessa.
Alberto, pur cercando di mantenere la calma, non può fare a meno di balbettare - "Ehm... salve! Io sono... Alberto Angela, un umile studioso del vostro tempo".
Il centurione lo osserva attentamente, poi esclama - "Un umile studioso? E cosa mai studierai, cittadino? Forse la filosofia? O forse la retorica?"
Alberto, con un sorriso imbarazzato, risponde - "Beh, diciamo che studio un po' di tutto dalla storia all'archeologia, passando per la paleontologia".
Il centurione, con gli occhi spalancati, lo interrompe - "Paleontologia? Ma chi è mai questa paleontologia? Forse una nuova divinità?"
Il centurione trovando alquanto strano questo Albertus Angelus (io quando ero in Spagna negli anni '80 parlavo in italiano mettendo sempre la "s" finale, così come con il latino metto "us" e vado da dio... anzi da Giove) decide di portarlo in Senato.
Da quel momento in poi, Alberto davanti ai senatori, cercherà di spiegare cosa sia un documentario ma viene scambiato per un mago; tenta di analizzare un reperto archeologico con una lente d'ingrandimento ma viene accusato di spiare; per non parlare del momento in cui cerca di spiegare la teoria dell'evoluzione.
Mentre cerca di spiegare il concetto di "evoluzione" ai senatori romani, Alberto si ritrova a disegnare un albero genealogico che parte da un pesce e arriva fino all'uomo moderno. L'assemblea scoppia in una risata fragorosa - "Un pesce che diventa un uomo? Cittadino, forse hai bevuto troppo vino!"- esclama un senatore con aria di sufficienza.
Per nulla sconfortato, Alberto cerca un modo per dimostrare le sue teorie e decide di organizzare una sorta di "lezione pratica" nei Fori Imperiali. Raduna un gruppo di bambini romani, i quali si dimostrano entusiasti della novità, iniziando a mostrare loro fossili e reperti archeologici. Ma le cose non vanno come previsto, un bambino affascinato da un teschio, lo scambia per una maschera e inizia a usarlo per giocare.
Nel frattempo, a palazzo imperiale, l'imperatore Tito, incuriosito dalle strane voci che circolano sulla presenza di un "mago" che parla di pesci che diventano uomini, decide di incontrare personalmente Alberto.
Alberto viene invitato a una cena sontuosa e, durante il banchetto, l'imperatore gli chiede di eseguire una dimostrazione delle sue capacità. Alberto, ricordandosi i consigli di Paco Lanciano, improvvisa una sorta di "esperimento scientifico" con del vino, dell'acqua e un uovo sodo, cercando di simulare la formazione della Terra.
L'imperatore, pur non capendo nulla, rimane affascinato e lo nomina "mago ufficiale" della corte.
Ma l'avventura non finisce qui. Alberto infatti verrà da prima coinvolto in una rissa tra gladiatori, poi tenterà di introdurre l'uso della carta igienica nel mondo romano e, per sbaglio, attiverà un meccanismo all'interno del Colosseo, facendo uscire tutte le fiere ingabbiate nei sotterranei dell'anfiteatro.
Per rabbonirle e permettere la loro cattura, Alberto imposterà la voce come quando narra i documentari della BBC durante Noos. I felini così incantati, con tanto di fusa, rientreranno docilmente nelle gabbie.
Alla fine, esausto ma felice, Alberto riuscirà a tornare nel presente, portando con sé un'esperienza unica. Con tanti spunti per scrivere un nuovo libro: Magus Scriptor - Come si divulgava cultura nell'antica Roma. Prossimamente solo nella libreria di casa mia.
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kon-igi · 2 years ago
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PUZZOLENTI PEZZI DI PUZZLE
C’è che aveva l’amico immaginario con cui parlare e giocare e poi c’ero io che avevo l’amico immaginario con cui parlare e giocare ma era un bambino mutante del Popolo della Notte che avevo conosciuto in sogno. In un certo modo capisco la maestra che in terza o in quarta elementare chiamò il prete che mi asperse di acqua santa davanti a tutta la classe.
‘Il Sintetico più simpatico’ era l’appellativo di un personaggio (persona artificiale, per l’esattezza) che intorno ai 18 anni creai per una serie di tavole cyberpunk ambientate nel 2020. La storia ci insegna, però, che per quanto tu possa futurizzare con la fantasia, la gente che vuole l’hoverboard di Ritorno al Futuro è decisamente meno di quella che desidera una macchina con rombante motore alimentato a diossina.
Sempre da bambino, pronunciavo la parola ‘puzzle’ così come la leggevo, finché un giorno mio padre mi corresse... Si dice ‘pàsol’ - e io controbattei che no, se c’è scritto PUZZLE si dice PUZZLE sennò avrebbero scritto PASOL! E poi senti che odore cattivo di colla e carta vecchia! PUZZANO! Fu la prima vera lezione sulla dissonanza cognitiva del mondo degli adulti.
‘L’italiano deve morire!’ ho detto l’altro giorno a una persona non italiana che parlava l’italiano meglio del 70% degli italiani. E ovviamente non mi riferivo a un ostaggio in mano a una milizia straniera ma alla lingua. Nello specifico, dell’idea di lingua come immutabile fregio di superiorità nei confronti dell’altro. Siccome tra 350 milioni di anni ci sarà l’impatto del supercontinente e tra 1,5 miliardi di anni l'inclinazione assiale della Terra subirà uno spostamento fino a 90° con la devastazione totale di ogni forma di vita sulla superficie, non vedo perché perdere tempo a lagnarsi di chi usa termini come cringe o triggerare. Moriremo tutti e nel frattempo io ghosto tutti i rompicoglioni puristi in anticipo.
‘Non sono queste le cose importanti’ (o ‘Mi ci sciacquo il culo!’ se sono indispettito) è un mantra che via via sto ripetendo(mi) sempre più frequentemente: perché perdere tempo (sebbene io apprezzi grandemente chi lo fa tipo @firewalker) a spiegare alla gente che l’aggettivo SINTETICO accanto a CARNE non ha senso alcuno? Le persone vogliono sentir strillare un ipotetico maiale e credersi al sicuro nella quotidiana routine tradizionale, senza mai soffermarsi a riflettere che il vino con cui si demoliscono il fegato ha lo stesso alcol di quello che bevevano i loro nonni, tranne che questi ultimi inorridirebbero davanti ai correttori di acidità, ai solfiti e agli acceleratori di macerazione dei processi di vinificazione moderni. Sì, ok... tu che stai per lussarti il dito sul tasto del reblog il vino lo fai in modo ‘naturale’ ma cerca di capire il senso di quanto vado dicendo.
Se fosse per me, imporrei nelle scuole un’ora a settimana di addestramento a ChatGPT. E non intendo che i bambini imparino a conoscerlo ma che proprio lo addestrino con ogni minchiata che viene loro in mente. Vi prego... molto meglio che lo facciano loro piuttosto che una masnada di cinquantenni col terrore delle novità. Preferisco che il navigatore prenda il controllo della mia macchina e cominci a chiedere con tono lamentoso ‘Siamo arrivati? Siamo arrivati? Ma quando si arriva?’ rispetto ad algoritmi che girano sempre attorno a cali di peso, soldi facili e malattie immaginarie.
Per quanto io sia consapevole che questo comporterà altrettanti problemi, mi ha fatto piacere sentirmi dire da @ross-nekochan che io sono un BOOMER INVERSO cioè che invece di fossilizzarmi sulla sedia a dondolo e indicare col bastone i giovinastri moderni in modo sprezzante, al contrario mi sto aprendo sempre di più nei loro confronti. Lo so che il rischio è diventare il meme di Steve Buscemi "How do you do, fellow kids?" ma al massimo sarò considerato un bizzarro vecchietto simpatico e non quello che si lagna rabbioso che ai suoi tempi giocava a tirare sassi ai maiali e non ai videogames violenti.
E comunque @ross-nekochan, non è che le donne non facciano seppuku con la katana... nemmeno gli uomini lo fanno! La katana è troppo lunga per essere impugnata correttamente e sventrarsi in modo efficace (è lunga circa 1 metro con 70 cm di lama), perciò si usava il wakizashi, cioè la spada più corta (mezzo metro di lama) che era la ‘guardiana dell’onore’, mano sinistra sull’impugnatura, mano destra su un panno di seta avvolto attorno alla lama. Di solito la propria katana veniva consegnata a una persona fidata che, messasi dietro, avrebbe decapitato il sacrificante per evitargli disonorevoli smorfie di dolore.
Le donne, invece, facevano seppuku con il tanto (pugnale corto) e tagliandosi la gola... ma dopo essersi legate le gambe con l’obi perché sia mai che qualcuno sbirciasse sotto il kimono mentre agonizzavi.
Credo che per oggi basti così <3
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fridagentileschi · 1 year ago
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Ho sentito un bambino di 5 anni annunciare “che l’anno prossimo, come tutti gli italiani all’estero”, non voterà.
Bambine delle elementari invece hanno visto “lei che bacia lui che bacia lei che bacia me”.
Altre bambine si annoiano ma sono contente quando lui fa “la disco paradise”.
Poi ci sono quelli che salutano con le mani, con i piedi e con il c*lo. Ciao ciao!
Per non parlare di quei bambini che stanno sotto la scritta al neon di un seksy shop.
Questi bambini, che vediamo ovunque, nei parchi, in spiaggia, davanti alle scuole (a volte dentro le scuole, quando fanno le recite di fine anno) sono tanto carini quando cantano e fanno tanta tenerezza. Ma capiscono quello che dicono? Qualcuno si è posto il problema delle parole che vengono messe in bocca a dei bambini piccoli? O di spiegargliele?
Quando io ero piccola esistevano le canzoni per i bambini, lo Zecchino d’oro, Mariele Ventre che con la sua delicatezza e dolcezza ha fatto crescere e cantare generazioni di bambini, c’era Cristina D’Avena, c’erano le canzoni per i piccoli.
I ragazzi ascoltavano musica diversa.
Gli adulti altra ancora.
Oggi invece gli adulti ascoltano Cristina D’Avena e i bambini Achille Lauro.
E soprattutto si sta restringendo sempre di più lo spazio in cui è permesso essere bambini, perché si è subito ragazzi.
Che poi, questi poveri bambini, hanno tutta la vita per essere “grandi”, e solo pochi anni per essere piccoli.
È così terribile lasciare ai nostri figli la possibilità di godersi il breve tempo dell’infanzia, della fantasia, dei sogni, o abbiamo fretta di trasformarli il prima possibile in consumatori?
Web
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katnisshawkeye · 1 year ago
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The Hunt I
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Scheda informativa
Titolo completo: The Hunt I - Che la caccia abbia inizio Autore: Charlie Moon Editore: Sonzogno Prima edizione: giugno 2023 Pagine: 234 Prezzo: € 18,90
Trama
Builth Wells, Galles. A prima vista, sembrerebbe un ordinario ballo d’inverno: adolescenti in abiti eleganti, musica di dubbio gusto e l’atteso lento da condividere con la crush di turno. Charlie vorrebbe evitare tutto ciò, non sapendo come confessare a Tom che non potrà mai innamorarsi di lui, né recuperare il rapporto con Lance e Jake, un tempo suoi migliori amici, ora quasi estranei. Ma quando, al ballo, Charlie incontra per caso Hailee, tutti i ricordi riaffiorano e il suo cuore torna a battere per lei. E proprio quando le incomprensioni e le tensioni irrisolte sono sul punto di esplodere, succede il peggio: tre misteriosi sconosciuti tentano di rapire Jasmine, la sorella di Jake. Nell’impeto della lotta per cercare di salvarla, uno dei ragazzi scopre di potersi trasformare in un animale totem, acquisendo straordinarie capacità sensoriali. Ma da dove derivano questi poteri? Per risalire all’unicità, Charlie e i suoi amici dovranno scavare nel loro passato per imparare a conoscersi e ad accettarsi, preparandosi così ad affrontare una battaglia che affonda le radici nella notte dei tempi e li riguarda molto da vicino.
Recensione
È il secondo libro uscito, e che leggo, della content creator Charlie Moon, che “nata” nel mondo YouTube gaming ha sempre dimostrato una grande passione per il raccontare storie: chi era lì allora, a guardare i suoi video di Minecraft, può ben ricordare che il suo giocare sul gioco a cubetti della Mojang andava oltre il semplice “giocare”. Charlie Moon costruiva mondi, e ne viveva avventure al loro interno.
Ed è quello che ha fatto anche con il primo volume di questa trilogia fresca di scrittura, che racconta di un periodo invernale facendo il possibile per rinfrescare il lettore nella calda estate della sua uscita. È un libro che va oltre la sua trama, narrando temi attuali e di dibattito pubblico, dalla lotta per il riconoscimento dei diritti della comunità LGBTQIAPK+ — su cui il primo libro di Charlie Moon, Dicono di noi, è incentrato — ai temi di rispetto e sostenibilità ambientale.
Così come la natura ci ha creato, allo stesso modo ci distruggerà.
La natura è al centro della narrazione di The Hunt I fin dalle prime pagine del libro, dove i sei protagonisti — Charlie, Jasmine, Jake, Tom, Lance e Hailee — si ritrovano a giocare insieme durante l’estate, in quella che è un’infanzia fatta di fantasia e magia come tutti i bambini dovrebbero avere.
[...] Sorrido di rimando, pensando che non ha idea di cosa mi stia passando per la testa in questo momento. Mentre lo guardo uscire dalla biblioteca, penso che nemmeno io so cosa gli stia passando per la testa. [...] O forse vuole semplicemente smetterla di cercare di essere la persona che gli altri si aspettano che sia. [...] Chissà se agli altri capita mai di sentirsi come la neve a settembre. [...] Noi esseri umani viviamo nella convinzione che esista solo ciò che vediamo. Ci è stato insegnato che è la luce che dà forma al mondo. Nonostante tutto, ci interroghiamo spesso su cosa si nasconda nel buio. [...]
È una storia in cui emerge l’interrogazione dell’essere umano rispetto a quello che fa e a quello che pensa, aprendo il libro dei perché senza però trovare le risposte alle numerose domande che, prima o poi, tutti si fanno. È, però, anche l’introduzione a tutte le risposte che, molto probabilmente, seguiranno nei prossimi due libri della trilogia, che daranno un’interpretazione, un punto di vista, una visione del mondo per rispondere alle tante domande che l’essere umano si pone. Perché esistiamo? Perché siamo al mondo? Qual è il nostro scopo? 
The Hunt I è anche un libro di crescita personale. La protagonista, un’adolescente, è alla ricerca della sua strada. Nel libro la crescita personale è posta sotto una chiave magica, con una trasformazione alla lettera: ma chi può negare che, nella vita, le persone si trasformano per davvero? Charlie, in questo primo capitolo della sua avventura, se ne rende conto: passando per le difficoltà, e per il timore di non essere utile, si interroga sul modo giusto di reagire quando la vita prende una piega che va oltre tutto quello che è stato sempre insegnato. E non è forse il capire che, crescere, è una cosa bella? Che non riguarda solo l’avere sempre più responsabilità?
Ed è anche una storia di amicizia. Di come le amicizie, a volte, possono disfarsi con il tempo, ma anche di come le stesse amicizie possono sopravvivere a lungo, anche se ci si perde di vista per lungo tempo.
Dal punto di vista della scrittura, c’è da considerare che scrivere un buon fantasy è difficile, in quanto è complessa la creazione di un mondo che riesce a stare in piedi. Il fatto che si tratti anche di un urban ha facilitato l’autorə nel non creare un mondo da zero, posizionandosi in una località gallese, ricca di leggende druidiche, che ben si adatta alla realtà del suo libro. Ottima è la ricerca sulle capacità degli animali, e come queste sono diventate i superpoteri dei sei protagonisti. Ben fatto, anche se abbastanza superficiale, probabilmente dovuto a una visione “da esternə”, è l’inserimento di elementi che richiamano la popolazione studentesca e la cultura nerd della reale Builth Wells. Seppure parla a ragazzə giovanə nel loro stesso linguaggio, non è invece ottimale l’utilizzo dei numerosi intercalari volgari usati dai personaggi come espressioni di rabbia o stupore, dimostrando una poca ricercatezza nel lessico utilizzato.
Questo non significa che l’ignoranza sia da condannare.
La trama si svolge abbastanza linearmente, anche se è possibile intuire prima della conclusione chi è l’eroe, chi è la principessa da salvare e chi è il cattivo. È ottima, inoltre, la cura dei dettagli nelle scene di combattimento. In alcuni punti, invece, non ci si trova del tutto coerenti con il tempo cronologico degli avvenimenti, un errore comunque comune tra gli autori di fantasy, e che un autorə urban fantasy alle prime armi può solo migliorare con l’esperienza.
Perché finché ci sarà una luna a cui ululare, nessuno scriverà la parola fine.
Questo primo volume della trilogia The Hunt, dunque, si conclude mettendo le basi per lo svolgimento dell’avventura sovrannaturale dei sei protagonisti, lasciando nella mente del lettore una sola domanda: e ora?
La parola scoiattolo è contenuta 12 volte all’interno del primo volume. Seguite lo scoiattolo!
Valutazione
★★★☆☆ 3/5
Dellə stessə autricə
Dicono di noi, Sonzogno, 2019
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telefonamitra20anni · 1 year ago
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Il perché dei bambini.
Il dove e il quando, il come e il perché.
Aveva un modo particolare di dire grazie, pronunciato flebile, pudico sommesso. Come lo pronuncerebbe chi crede di non meritare tanto. Il suono di quel ringraziare ricorda una carezza, di cui si può fare a meno, ma che si accetta con il pruriginoso desiderio di volersi scansare. In quel suo pronunciarlo, c'era il mondo di un bambino che ha fatto i conti con certe durezze della vita troppo presto; c'era un bambino a cui il fascismo, e la guerra e le sue fatiche, hanno levato l'infanzia. Avete fatto caso alla curiosità e verità dei bambini? Chiedono il perché di ogni cosa. Marcello era quello stesso bambino, che si chiedeva il perchè ma poi ha smesso. Da adulto non ha mai amato ricordare la sua infanzia, ritornare nei luoghi d'origine gli costava emotivamente troppa fatica; voleva separare l'oggi, dal quel passato. Da bambini però, si ha la capacità di trasformare le cose con il super potere della fantasia. Quando scattava l'allarme dei bombardamenti, e bisognava correre al rifugio, quel momento di terrore, in un attimo, con la forza della fantasia che solo i bambini hanno, diventava un gioco. Giocare, jouer, è stato il suo riscatto. Lo ha fatto anche da adulto. Sempre. Sosteneva che recitare lo fosse. Recitare gli permetteva di essere eternamente bambino, gli lasciava il lusso di vivere mille infanzie possibili, non vissute, ma sentite. Fare l'attore, era la maniera di non scostarsi da quella carezza che si faticava a ricevere, era vincere la timidezza, lasciarsi andare al gioco della fantasia non ancora del tutto consumata, e poterlo fare da adulto che chiede ancora il perché.
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scienza-magia · 2 years ago
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Le origini della stregoneria
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Le streghe sono da sempre uno dei pilastri della cultura popolare italiana  da nord a sud. Esse hanno spesso terrorizzato i nostri antenati e le loro famiglie in molti luoghi geografici. Il termine stregoneria deriva dalla parola latina “ strix” con la quale si indicava un rapace notturno dal verso acuto che nelle leggende popolari aveva un ruolo molto sinistro dal momento che in tali leggende si sosteneva che lo “ strix” succhiava il sangue delle capre e quello dei bambini. In questo articolo ci interesseremo delle origini della stregoneria fenomeno che ha scatenato la fantasia popolare degli uomini del passato più o meno recente. Le origini più antiche della stregoneria risalgono a un passato molto lontano ovvero al “ codice di Hammurabi” che venne stilato da un’altra famosa strega dell’antica Grecia durante il regno del re babilonese Hammurabi che regnò dal 1792 al 1750 a.C. Si fanno risalire a tale codice le origini più antiche della stregoneria poiché in questo codice sono presenti delle disposizioni molto severe contro gli stregoni e i maghi che hanno arrecato danni ad altre persone utilizzando mezzi magici . Troviamo esempi molto famosi di stregoneria anche nell’antica Grecia . Per fare degli esempi Omero parla di stregoneria negli episodi sulla maga Circe che trasformava i marinai di Ulisse in maiali ed inoltre era Medea che lanciava il malocchio con intrugli che otteneva mescolando diversi ingredienti . Anche nella letteratura latina si trovano diversi esempi nella credenza dell’esistenza delle streghe . Le “ striges” di Ovidio erano dei mostri per metà uccelli e per metà donne mentre quelle descritte da Orazio erano donne a tutti gli effetti. A sua volta Apuleio parlò invece sia di mostri rapaci sia di donne che potevano trasformarsi in animali per mezzo di un unguento magico . Nel mondo latino venne fuori la figura della “ malefica” ovvero la strega come oggi viene ancora intesa cioè una donna che praticava la magia allo scopo di danneggiare le altre persone. Con l’avvento del Cristianesimo le streghe vennero accusate di avere un rapporto diretto con il diavolo considerato il signore delle streghe . Di conseguenza la strega cominciò a essere considerata un’ apostata che aveva rinnegato la religione cristiana per diventare serva del diavolo . Esistono però etimologie diverse nelle varie nazioni del termine di “ strega “ e conseguentemente di “ stregoneria “ cosicché la parola acquisisce una notevole varietà di significati. In francese la parola sorcier deriva dalla parola latina “ sortilega “ che originariamente indicava chi svolgeva un’attività divinatoria. In inglese invece la parola weche  e in tedesco la parola hexe venivano inizialmente usate per indicare chi era sapiente . Nei paesi anglosassoni esiste ancora oggi una distinzione tra le parole “ witches craft “ ( stregoneria ) e sorcery ( magia nera ) . In tali paesi anglosassoni la stregoneria indica una predisposizione innata generalmente ereditata a compiere il male con la sola forza del pensiero. Al contrario nel mondo anglosassone per magia nera si intende la pratica di gettare sortilegi e incantesimi mediante rituali magici oppure con pozioni magiche di vario tipo . Invece nella lingua italiana la parola “ stregoneria “ viene usata come sinonimo di “ magia nera “ . Con il Cristianesimo e in particolare con la famosissima inquisizione la stregoneria è stata definita in maniera più complessa  e articolata come “ stregoneria diabolica “. Il termine stregoneria diabolica veniva utilizzata dagli inquisitori nei processi contro la magia cerimoniale , magia amorosa  l’astrologia i malefici e la necromanzia . Molti studiosi della stregoneria hanno messo in evidenza la differenza sostanziale tra “ stregoneria rurale “ ( caratterizzata dal complesso di credenze pagane e precristiane ) “ e “ stregoneria cittadina “ caratterizzata soprattutto dai fenomeni di possessione demoniaca . Interessante è la definizione di stregoneria formulata dall’associazione italiana di professori di storia della Chiesa che definiscono la stregoneria come quella particolare forza che per mezzo di specifici rituali magici compiuti con l’aiuto di esseri soprannaturali esercita un dominio sulle forze della natura e sull’essere umano allo scopo di causare danni   di vario genere. Molto famosa è la definizione di magia formulata da Sant ‘ Agostino . Egli considerava il culto degli dei pagani così come anche le superstizioni popolari come opera di satana e i suoi servi i diavoli . Sant’ Agostino si spinge ancora oltre affermando che gli dei pagani non erano altro che demoni travestiti cosicché i pagani anche se adoravano gli dei in realtà inconsapevolmente adoravano satana . Di conseguenza per Sant’ Agostino le arti magiche di qualunque tipo erano considerate come opera del diavolo e quindi la magia era definita senza mezzi termini da Agostino opera del diavolo. Esistono dei riferimenti alla stregoneria anche nella Bibbia anche se il termine stregoneria in maniera esplicita è presente una sola volta in una lettera di Paolo  ovvero la lettera ai Galati . Tuttavia nella Bibbia si ritrovano parole quali sortilegio necromante e necromanzia divinazione magia indovini e fattucchieri. Per fare un esempio nel vecchio testamento si parla di pratiche magiche nel Levitico nell’Esodo e nel Detereumonio mentre nel Nuovo Testamento si parla di pratiche magiche di vario tipo nell’Apocalisse e nella lettera ai Galati . Passeremo ora a considerare in che modo venivano intese la magia e la stregoneria nell’Alto Medioevo . La Chiesa dell’Alto medioevo considerò la magia e la stregoneria insieme al culto degli dei come residui del paganesimo e soprattutto come effetto delle illusioni del demonio. Prova di ciò è il “ canon episcopi” che era un testo di formazione per i vescovi sull’atteggiamento da tenere nei confronti della stregoneria . Il testo in questione fu attribuito al concilio di Angira del 314 ma in realtà si fa risalire a un periodo storico successivo . Il canone episcopi definiva la stregoneria “ culto verso il demonio” ma sosteneva che le streghe non potevano volare fisicamente come molti credevano. Tuttavia il Canone episcopi affermava che tali voli notturni ritenuti materialmente impossibili e illusori potevano però realizzarsi con lo spirito . A tale riguardo riteniamo opportuno citare ciò che sta scritto su tale testo : pur volando con lo spirito e l’immaginazione queste streghe sono ugualmente colpevoli come se lo avessero fatto in carne e ossa.” Nonostante le sue contraddizioni questo testo era ed è ancora un documento storico importante dal momento che ci fa comprendere la posizione della Chiesa cattolica nei confronti della stregoneria . Tuttavia nel XII secolo il Canone Episcopi creò non pochi problemi ai demonologi a causa delle sue contraddizioni. Per tale ragione tale testo non poteva essere considerato un testo di riferimento per combattere la stregoneria . Molto interessante è quella parte del Canone Episcopi dove si affermava che i vescovi e i loro ministri dovevano cercare in ogni modo di sradicare interamente dalle proprie parrocchie la pratica perniciosa e divinazione della magia  cosicché se i vescovi trovavano persone che praticavo tali riti dovevano bandirli dalle loro parrocchie . Nel testo inoltre si menzionava Diana come dea pagana si mettevano in guardia i vescovi sulle donne che erano convinte di obbedire ai suoi ordini mentre in realtà obbedivano agli ordini del diavolo . Dobbiamo mettere in evidenza che il Canone Episcopi era un documento abbastanza moderato con il quale la stregoneria non era punibile con il carcere o con la pena capitale ma con l’allontanamento delle streghe dalla comunità dei credenti. Verso la metà del XV secolo gran parte degli inquisitori e dei demonologi cominciarono a prendere le distanze dal Canone Episcopi a causa delle sue contraddizioni interne preferendo usare nuovi manuali inquisitoriali tra cui il più diffuso fu il “ Malleus Maleficarum “. Tale testo diventò il simbolo della lotta contro la stregoneria durante tutto il periodo storico della caccia alle streghe. Esso rappresentava un vero manuale per istruire i giudici su come identificare interrogare e imprigionare le streghe. Secondo questo testo erano tre gli elementi necessari alla stregoneria: le intenzioni malvagie, l’aiuto del demonio e il permesso di Dio. Il volume si suddivide in tre sezioni . Nella prima si tratta dell’esistenza del diavolo e dei rapporti sessuali tra le donne e i diavoli come mezzo per diventare streghe. Nella seconda sezione sono discussi casi reali , si parla dei poteri delle streghe e come queste reclutano adepti nonché quali metodi sono efficaci per contrastarle . Infine nella terza sezione si descrivono i metodi per perseguire una strega con una guida dettagliata per istruire un processo. In particolare si danno istruzioni agli inquisitori per raccogliere le accuse interrogare testimoni e definire l’imputazione delle accusate . Il Malleus Maleficarum è un segno dei cambiamenti dei tempi e può dimostrare come feroce divenne la caccia alle streghe che nell’Alto Medioevo era stata molto meno feroce poiché il testo di riferimento in quel periodo storico era molto più moderato Canon Episcopi . Prof. Giovanni Pellegrino Read the full article
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sguardimora · 2 years ago
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“Un giorno, da grandi, andremo in campagna, ma non sapevamo quando. Poi all’improvviso ci siamo detti andiamo ed abbiamo abbandonato le nostre città”: così Cinzia e Alex hanno iniziato il loro racconto, subito dopo averci accolto in quella che definiscono il cuore pulsante della loro associazione, la yurta costruita all’interno del giardino che ospita anche un arboreto di duecento piante che stanno crescendo. “Avevamo bisogno di rallentare e costruire qualcosa di nostro” continuano ancora i fondatori di Strada San Germano APS, associazione culturale che si trova alle porte del territorio marchigiano, nello colline tra Tavullia e Pesaro, che ieri abbiamo incontrano insieme agli artisti rumeni in residenza a Mondaino. 
Davanti a delle ciambelle fatte in casa e a una tazza di the caldo, Cinzia e Alex hanno condiviso la loro scelta di creare questo spazio che si nutre di natura e arte, un luogo dedicato ai bambini ma anche agli adulti e a chi ha bisogno di ascolto e attenzione. 
Come alieni in un territorio dedicato al motociclismo, Cinzia e Alex, tessitrice lei e artista lui, hanno creato una realtà che cerca di sostenersi in autonomia e attraverso piccolo sostegni che negli anni hanno trovato. Il luogo infatti è stato strutturato in modo che sia autosufficiente e utilizzano la metafora dell’orto per raccontare come lavorano, come investono le risorse che arrivano dalle loro attività: “concimare, lavorare, togliere sassi e riconcimare, coltivare e poi dopo anni mangiare qualcosa e qualcosa utilizzare da piantare di nuovo nell’anno successivo. Così accade nella campagna e così è stato per la nostra attività”. E questa affinità con la campagna si ripercuote anche sul teatro: le rassegne teatrali che organizzano vengono immaginate come un buffet per far vedere alla gente la bellezza e la potenzialità del teatro e in questi semini che ogni anno immettono nelle persone che incontrano quello che succede è un processo di educazione alla visione del teatro. “Il teatro è come un pranzo” dice Alex “un mix di assaggi differenti che è anche come il mondo che mostra la diversità di individui che formano una comunità”. 
Oltre alle rassegne teatrali le loro attività spaziano dalle feste ai laboratori, dai giochi passando ai corsi di telaio, dal supporto alle persone con difficoltà  all’orto sociale, dalle api e biomonitoraggio della qualità dell’aria del territorio attraverso il loro aiuto. E proprio il mondo delle api, il loro modo di vivere e lavorare insieme per il bene comune, è parte di quel racconto che Alex nei panni di Florindo narra ai bambini e alle bambine delle scuole del territorio che scoprono grazie a San Germano APS la semplicità dell’essere umano e della natura. Qui è concesso tutto ai bambini e alle bambine che hanno un’unica regola da seguire: rispettare gli adulti, gli animali e le cose. 
E poi: la tessitura come azione per entrare in un altro tempo; i corsi come momenti per far stare insieme le persone, per aiutare l’emotività attraverso la manualità; vedere gli adulti che i bambini già hanno in potenza; aprire il sacchetto della fantasia e mangiarsela; la fiducia delle maestre come gesto di coraggio; la necessità di creare una comunità consapevole sia della natura, della campagna, che del teatro; l’idea delle comunità utopiche che hanno come modello quello di autosostenersi e di non dipendere dallo stato.
Questi e tanti altri i discorsi che si sono aperti nella scorsa mattinata, ai quali nel pomeriggio si sono intrecciati i pensieri e le riflessioni emerse da un’altra comunità “fluida” che gli artisti hanno incontrato. 
Davanti a un aperitivo, accolti dal Bar la Loggia di Mondaino, Erik, un ex professore tedesco che da anni abita in un paesino abbandonato sulle colline marchigiane, Stefano, un designer milanese, Silvia, un’attrice di origini marchigiane che abita nel paesino limitrofo, Saludecio, Bianca e Liliana, due donne rumene che con le loro famiglie da anni vivono nel nostro territorio, accompagnati dalla mediazione linguistica di Denisa, hanno condiviso le loro storie e le loro riflessioni sul futuro, sull’idea di comunità e sull’utopia. 
L’innamoramento istantaneo nei confronti di Mondaino; l’utopia come forma di sopravvivenza; il modificarsi impercettibile delle cose; il turismo come forma di terrorismo; Ernst Bloch e il principio della speranza; l’architettura e le strutture urbane che influenzano la comunità; la struttura urbana di Mondaino che rappresenta la comunità che abbraccia, accoglie; l’utopia che non la si può toccare ma che è ciò che ti fa sognare; l’esistenza come preesistente all’essenza; se voglio trovarmi devo crearmi: queste alcune delle riflessioni emerse in questo lungo pomeriggio condiviso che, alla domanda “Che cos’è una comunità per voi?”, si sono chiuse con: la comunità è dove mi sento a casa. 
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"One day, when we grow up, we will go to the country, but we didn't know when. Then, all of a sudden, we said: let's go and left our cities": this is how Cinzia and Alex began their story, immediately after welcoming us to what they call the beating heart of their association, the yurt built inside the garden that also houses an arboretum of two hundred plants that are growing. "We needed to slow down and build something of our own," continue the founders of Strada San Germano APS, a cultural association on the outskirts of the Marche region, in the hills between Tavullia and Pesaro, whom we met yesterday along with the Romanian artists in residence in Mondaino.
Over homemade donuts and a cup of hot tea, Cinzia and Alex shared their choice to create this space that feeds on nature and art, a place dedicated to children but also to adults and those in need of listening and attention.
Like aliens in an area dedicated to motorcycling, Cinzia and Alex, she a weaver and he an artist, have created a reality that seeks to sustain itself independently and through small supports they have found over the years. In fact, the place has been structured so that it is self-sufficient, and they use the metaphor of the vegetable garden to tell how they work, how they invest the resources that come from their activities: "fertilize, work, remove stones and recultivate, cultivate and then after years eat something and something use to plant again in the following year. That's how it happens in the countryside and that's how it was for our activity." And this affinity with the countryside is also reflected in the theater: the theater festivals they organize are imagined as a buffet for people to see the beauty and potential of theater, and in these little seeds that each year they put into the people they meet what happens is a process of educating them to see theater. "Theater is like a lunch," Alex says, "a mix of different tastes that is also like the world that shows the diversity of individuals that make up a community."
In addition to theater reviews, their activities range from parties to workshops, from games passing to loom classes, from supporting people with difficulties to the social garden, from bees and biomonitoring the air quality of the area through their help. And it is precisely the world of bees, their way of living and working together for the common good, that is part of that story that Alex as Florindo tells to the boys and girls of the area schools who discover thanks to San Germano APS the simplicity of human beings and nature. Everything is allowed here for the boys and girls who have only one rule to follow: respect adults, animals and things.
And then: weaving as an action to enter another time; classes as moments to bring people together, to help emotionality through manual dexterity; seeing the adults the children already have in power; opening the bag of imagination and eating it; trusting the teachers as a gesture of courage; the need to create a community aware of both nature, the countryside, and the theater; the idea of utopian communities that have as a model to be self-sustaining and not dependent on the state.
These and many others were the discourses that opened up last morning, to which in the afternoon were interwoven the thoughts and reflections that emerged from another "fluid" community that the artists met.
Over an aperitif, welcomed by the Bar la Loggia in Mondaino, Erik, a former German professor who has lived for years in an abandoned village in the hills of Marche, Stefano, a designer from Milan, Silvia, an actress of Marche origin who lives in the neighboring village, Saludecio, Bianca and Liliana, two Romanian women who living with their families in our area for years, accompanied by Denisa's language mediation, shared their stories and reflections on the future, the idea of community and utopia.
Instantaneous falling in love with Mondaino; utopia as a form of survival; the imperceptible changing of things; tourism as a form of terrorism; Ernst Bloch and the principle of hope; architecture and urban structures influencing community; the urban structure of Mondaino representing the community that embraces, welcomes; utopia that you cannot touch but is what makes you dream; existence as pre-existing to essence; if I want to find myself I must create myself: these were some of the reflections that emerged in this long shared afternoon that, when asked "What is a community for you? ", closed with: community is where I feel at home.
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afnews7 · 15 days ago
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Gianni Rodari e la Fiaba - Tu e la tua responsabilità nei confronti dei bambini
Gianni Rodari parla della Fiaba: View this post on Instagram A post shared by Ivan Petruzzi (in arte, Tragicomico) (@tragicomico.it) Insomma, quando si è bambini si capisce benissimo la differenza tra la fantasia e la realtà, dice Rodari, e lo sappiamo tutti per esperienza diretta. Tutto ok. Poi, mentre per le fiabe magari glielo diciamo che sono fiabe, comincia l’indottrinamento (diciamo,…
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m2024a · 7 months ago
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Florence Mary Anderson è stata un'artista e illustratrice attiva all'inizio del XX secolo, nota per il suo lavoro nei libri per bambini. Nel 1916 creò illustrazioni per una versione di “Cenerentola” che avrebbe rispecchiato il suo stile stravagante e delicato, spesso caratterizzato dall'uso di penna, inchiostro e acquerello1. Le sue illustrazioni di quel periodo erano caratterizzate da una caratteristica qualità fiabesca, fondendo la fantasia con un'influenza Art Nouveau. Se sei interessato al suo lavoro, potresti trovare piuttosto incantevoli anche le sue illustrazioni per altre fiabe e storie, come la versione sudamericana di "La principessa nera" intitolata "Chrysantheme". Riepilogo: Il testo selezionato si riferisce alle illustrazioni di Florence Mary Anderson per "Cenerentola" create nel 1916, mostrando il suo stile artistico unico che affascina il pubblico da oltre un secolo.
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ghenghenga · 9 months ago
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L'AI e l'ispirazione artistica
Quando un artista crea un'opera dentro ci mette tutti gli artisti che ha amato, tutto il suo vissuto e la sua personalità creando così un suo stile.
Uno stile è quindi qualcosa di intimo che si evolve col tempo.
Un AI in teoria non ha una personalità, almeno che un artista non crei un AI e la alleni solo ed esclusivamente con le sue opere, prodotte da lui stesso negli anni, in questo modo le opere create con l'AI sarebbero coerenti con quelle dell'artista che l'ha creata, ma senza evoluzione.
Se l'AI fosse allenata con le opere di un artista a sua insaputa, questo sarebbe un plagio.
Un AI non è in grado di rielaborare e creare uno stile nuovo, può però produrre opere che potrebbero stimolare la fantasia degli artisti per quella illogicità tipica del suo procedimento di produzione di immagini, è un po' come la genialità nei disegni di quasi tutti i bambini piccoli.
Nell'immagine un quadro di Millet reinterpretato da Vangogh
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pettirosso1959 · 11 months ago
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Se Cristo s'è fermato ad Eboli, a Padova c'è morto.
Padova, la città della Cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto, e che ora è diventata l'ultima roccaforte comunista in Veneto.
A Padova, Gesù non c'è più.
E' stato sostituito da Cucù.
Così è stato deciso dal "concilio" delle streghe.
Vale a dire delle insegnanti di una locale scuola elementare, precisamente ad Agna, la Edmondo De Amicis.
E così, nella recita di Natale dei bambini, Gesù non c'è più.
E manco San Giuseppe e la Madonna, gli angeli e compagnia bella.
C'è Cucù, nei canti e nelle poesie.
Un personaggio di fantasia ideato per NON OFFENDERE i bambini musulmani presenti nella scuola (e il loro tolleranti genitori, direi, soprattutto, perché i bambini sono bambini e non si offendono per queste cose, si offendono solo se li tratti una merda).
Ma che bello.
Cucù, è morto Gesù, adesso ci sto io.
Persino a me, che ormai guardo i preti come Peter gli Zombi in Dawn of the Dead, persino a me che, più mi avvicino alla fine e più i precetti religiosi mi suscitano dubbi orribili e paure indescrivibili, persino a me, sempre ormai più agnostico e sfiduciato, questo Gesù inizia a fare una pena sempre più insopportabile e non tanto e non solo per il supplizio della Croce.
Ma per come è stato abbandonato, di nuovo, e tradito dalla Sua stessa Chiesa, dai Suoi stessi credenti, che non hanno più il coraggio di difenderlo e lo abiurano ormai, massa di vigliacchi e venduti.
Cucù, Gesù non c'è quaggiù, così il marocchino non s'offende più.
Ma io, così agnostico ormai da essere quasi ateo, sono nato Cristiano.
Ho ricevuto i sacramenti, conosco il Vangelo, ho nutrito e nutro ancora profonda ammirazione per quell'uomo, figlio di Dio o NON figlio di Dio.
E so benissimo di un Gesù misericordioso ma anche umano, molto umano e pure incazzoso.
Gesù che prende a calci i mercanti del Tempio, che gli urla contro.
E mi ci voglio immedesimare.
E allora mi immagino mentre prendo a calci in culo quelle fottute idiote, quelle STRONZE, cacciandole fuori dal portone della scuola.
E mi immagino mentre gli urlo in faccia i peggiori insulti, mamme e sorelle loro incluse nel pacchetto, le mamme, soprattutto, che l'hanno partorite, mettendo al mondo tali canaglie.
E mi immagino nel mentre prendo a calci, parimenti, qualsiasi stramaledetto straniero che abbia mezza parola da dire.
Ti offendi ? E allora vaffanculo al paese tuo.
Che se vengo in Algeria, in Libia, in Nigeria, in Pakistan, per i figli miei, Cristiani, di certo alle vostre tradizioni e usanze, soprattutto religiose, non rinunciate e se m'offendo mi pestate a sangue e mi schiaffate pure in carcere.
Mi immagino così, insomma, Angelo Vendicatore del Povero Gesù, un angelo dalla pedata e dalla parolaccia facile, che caccia i farisei dalle scuole italiane, e ci godo.
Un Angelo che urla :
" Viva Gesù, vaffanculo Tu, e Cucù" !
Giuseppe Sabatino.
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lamilanomagazine · 11 months ago
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Rieti, “neiBORGHI Festival” un'iniziativa culturale e turistica
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Rieti, “neiBORGHI Festival” un'iniziativa culturale e turistica "neiBORGHI Festival" - dal 21 al 30 dicembre 2023 nei Comuni di Antrodoco e Cittaducale – Provincia di Rieti "neiBORGHI Festival" è un'iniziativa culturale e turistica realizzata con il sostegno della Regione Lazio ed il contributo dei Comuni di Antrodoco e Cittaducale. La direzione artistica, affidata a Lorenzo Pasquali / Ondadurto Teatro, ha ideato un progetto per la valorizzazione e la promozione del territorio attraverso un calendario di spettacoli e performance presentate dalle compagnie più interessanti della scena contemporanea nazionale e internazionale. L'idea nasce con l'intento di sviluppare le potenzialità territoriali attraverso l'arte, il gioco, la danza, la musica, il teatro, l'immaginazione. Due i comuni della provincia di Rieti che dialogano e creano ponti e sinergie: Antrodoco e Cittaducale. Comunità in connessione per la vicinanza dei territori sullo stesso asse stradale della Via Salaria. La stessa natura nell'essere dei borghi dotati di piazze, luoghi all'aperto, che ben si prestano per l'esibizione di artisti e soprattutto l'omogeneità del pubblico in età scolare, pubblico già in connessione, che si intende raggiungere vista anche la presenza sui rispettivi territori di scuole dell'infanzia, scuola primaria e scuola media ricadenti nell'Istituto Comprensivo "Valle del Velino" che le riunisce. Questa prima edizione - "Fantasie di realtà" - porterà in scena, dal 21 al 30 dicembre, l'immaginario come terreno di costruzione e collante di una comunità, vista nella rete di relazioni e interconnessioni che la animano, sia tra persone che con il territorio. La realtà che si forma giorno per giorno a partire da sogni condivisi e partecipati. La manifestazione ambisce a stimolare il dialogo tra "quello che potrebbe essere" e le vite reali delle persone, che si mettono in gioco attraverso l'uso della fantasia per riscoprire il senso di meraviglia davanti a ciò che troppo spesso si dà per scontato. Diverse le attività di spettacolo in chiave mutidisciplinare e le attività di laboratori e di audience engagement che andranno ad arricchire il palinsesto in una visione che mette in comunicazione i luoghi, i territori e i suoi abitanti. Si comincia il 21 dicembre ad Antrodoco presso il Teatro Sant'Agostino. Alle ore 17,30 ed alle ore 18,30 la presentazione aperta a pubblico e famiglie del "Laboratorio di Teatro per le nuove generazioni". Il 22 dicembre, sempre ad Antrodoco, doppio appuntamento. Alle ore 18,00, in Corso Roma, la performance di danza urbana"Juliette on the road" della Compagnia Cie Twain. Alle ore 21,00, al Teatro Sant'Agostino, lo spettacolo teatrale "Fiabe da tavolo", a cura del Teatro delle Apparizioni. Il festival prosegue il 23 dicembre a Cittaducale con tre iniziative. Alle ore 15,00, in Piazza del Popolo, Daria Greco della Compagnia Chiasma con la performance partecipativa itinerante "Crangon Crangon +"; alle ore 15,45, sempre in Piazza del Popolo, la perfromance di installazione partecipata "Steli", a cura della Compagnia Stalker Teatro. La giornata si concluderà alle ore 21,00 – presso la Sala Mostre di Palazzo Maioli – con lo spettacolo di circo contemporaneo "No Stop", della Compagnia Duo Flosh. Il 27 dicembre, giornata ricca di appuntamenti a Cittaducale. Presso la Sala Mostre di Palazzo Maioli il "Laboratorio di letture animate" intratterrà dalle ore 10,30 alle ore 12,30, i bambini dai 6 ai 9 anni mentre dalle 15,00 alle 17,00 i ragazzi dai 10 ai 13 anni. Per concludere, dalle ore 17,30 alle ore 19,30 il "Laboratorio creativo di cucito", aperto a tutte le età. Per tutti i laboratori si consiglia la prenotazione. Il 28 dicembre si torna ad Antrodoco dove, in Piazza IV Novembre ci sarà il "Camion Teatro", con due rappresentazioni, alle ore 16,00 ed alle ore 17,00 con il teatro d'immagine "Manoviva", con Girovago e Rondella e due rappresentazioni, alle ore 18,15 ed alle ore 19,15 con il teatro d'immagine "Antipodi" della Compagnia Dromosofista. Gli spettacoli sono riservati ad una massimo di 30 persone, si consiglia pertanto la prenotazione. Dalle ore 17,00 alle ore 19,00 – presso il Teatro Sant'Agostino – il "Laboratorio creativo di cucito", aperto a tutte le età. Si consiglia la prenotazione. La giornata si concluderà alle ore 21,00, sempre al Teatro Sant'Agostino, con la performance "Sciaboletta" del one man show Alessandro Blasioli. Il 29 Dicembre il festival si sposta a Cittaducale. Alle ore 15,00 Piazza del Popolo di animerà con lo spettacolo di teatro circo "La battaglia dei cuscini", a cura della Compagnia Il Melarancio. Alle ore 16,00/17,00/18,00/19,00 quattro rappresentazioni presso la Sala Mostre di Palazzo Maoli con la performance di marionette e circo contemporaneo "Trucioli", della Compagia Coppelia Theatre. Gli spettacoli sono riservati ad un massimo di 15 persone, si consiglia pertanto la prenotaione. Gran finale alle ore 21,00 – sempre presso la Sala Mostre di Palazzo Maoli – con lo spettacolo "Personal Margò" di Ondadurto Teatro con la one woman show Margò Paciotti. Il festival chiuderà i battenti il 30 dicembre ad Antrodoco dove, alle ore 17,00, presso il Teatro Sant'Agostino, andrà in scena lo spettacolo di teatro figura e musica "Le avventure di Don Chisciotte" della Compagnia Burattinmusica. INFO LINE – [email protected] – whatsapp +39.351.6521328 FB e INSTA: neiborghifestival... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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personal-reporter · 1 year ago
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Le origini misteriose di Halloween: Una breve storia delle festività dell'orrore
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Halloween è una festa che si celebra la notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre, in occasione della vigilia di Ognissanti. È una festa popolare, caratterizzata da costumi spaventosi, zucche intagliate, dolcetti o scherzetti e falò. Ma quali sono le origini di questa festa? Le origini di Halloween sono misteriose e controverse. La teoria più accreditata è che Halloween derivi dall'antica festa celtica di Samhain, che si celebrava il 1º novembre. Samhain era il capodanno celtico, che segnava la fine dell'estate e l'inizio dell'inverno. In questa notte, secondo le credenze celtiche, il mondo dei vivi e quello dei morti si incontravano, e gli spiriti dei defunti potevano tornare sulla terra. In occasione di Samhain, i Celti accendevano falò per allontanare gli spiriti maligni e indossavano costumi spaventosi per camuffarsi da loro. Si dice che in questa notte i druidi, i sacerdoti celtici, raccogliessero le anime dei defunti in una borsa di pelle di capra. Nel corso dei secoli, le tradizioni di Samhain si sono mescolate con elementi cristiani, dando vita a Halloween. La Chiesa cattolica istituì la festa di Ognissanti nel 731 d.C., in occasione della quale si celebravano tutti i santi e i martiri. La vigilia di Ognissanti, chiamata All Hallows' Eve, divenne gradualmente Halloween. Nel XIX secolo, gli immigrati irlandesi portarono Halloween negli Stati Uniti, dove la festa iniziò a diffondersi rapidamente. Negli anni '50, Halloween divenne una festa popolare anche in altri paesi del mondo. Le tradizioni di Halloween Halloween è una festa ricca di tradizioni, che variano da paese a paese. In Italia, le tradizioni più comuni includono: Costumi spaventosi: i bambini si vestono da streghe, fantasmi, zombie e altri personaggi dell'orrore. Zucche intagliate: le zucche vengono intagliate per creare facce spaventose, chiamate jack-o'-lantern. Dolcetto o scherzetto: i bambini vanno di casa in casa a chiedere dolcetti, minacciando di fare uno scherzo se non vengono accontentati. Falò: in alcune località vengono accesi falò per allontanare gli spiriti maligni. Halloween nel mondo Halloween è una festa celebrata in tutto il mondo, con tradizioni che variano da paese a paese. In Irlanda, Halloween è una festa molto importante, che viene celebrata con grande entusiasmo. Le tradizioni più comuni includono: Samhain: una cena tradizionale a base di carne, patate e pane nero. Candles in the Dark: una passeggiata notturna nei boschi, illuminata solo da candele. Fortune telling: la lettura della fortuna con le nocciole o con le foglie di tè. Negli Stati Uniti, Halloween è una festa commerciale molto importante. Le tradizioni più comuni includono: Trick-or-treating: i bambini vanno di casa in casa a chiedere dolcetti, minacciando di fare uno scherzo se non vengono accontentati. Costumi spaventosi: i bambini e gli adulti si vestono da streghe, fantasmi, zombie e altri personaggi dell'orrore. Partite a palloncini d'acqua: le persone si lanciano addosso palloncini pieni d'acqua. In Giappone, Halloween è una festa relativamente recente, che è stata introdotta negli anni '70. Le tradizioni più comuni includono: Costumi spaventosi: i bambini e gli adulti si vestono da personaggi dell'orrore, ma anche da personaggi di anime e manga. Dolcetto o scherzetto: i bambini vanno di casa in casa a chiedere dolcetti, ma non c'è la minaccia di scherzi. Halloween cakes: torte decorate a tema Halloween. Halloween: una festa tra orrore e divertimento Halloween è una festa che celebra l'occulto e l'orrore, ma è anche una festa divertente e allegra. È una festa che permette di esprimere la propria fantasia e creatività, e di passare una serata in compagnia di amici e familiari. Fonti: Wikipedia: Halloween FocusJunior: Come nasce Halloween Irlandando: Samhain Foto di Alexa Read the full article
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ferro5 · 1 year ago
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IL LIBRO CHE IL VATICANO VORREBBE CENSURARE
IN VENDITA SU AMAZON
digitando titolo o nome dell’autore.
“LE CAREZZE DEL DEMONIO”
Questo romanzo/inchiesta non è solo il frutto della fantasia dell’autore e di un’attenta ricerca, ma è l’impellente necessità di raccontare con una storia inventata, quello che in realtà si cela dietro ognuna di quelle realmente accadute. Storie autentiche con vittime reali in carne e ossa. Quest’opera non ha la pretesa di sostituirsi alla verità, ma piuttosto, far comprendere in che modo sia stato possibile, arrivare ad accertare quella oramai diffusa e svelata.
In ogni pagina l’autore ha raccontato con abilità narrativa e crudo realismo, il modo in cui molti bambini, anzi troppi, siano caduti nelle trappole di seduttori malvagi e ingannevoli, in abito talare.
Il libro raccontando la vita del protagonista, ripercorre anche quella del nostro paese appena uscito dalla guerra, per giungere fino ai giorni nostri. La storia di una nazione romantica e provinciale, mossa da ideali sani, principi sacri e una profonda fede cattolica.
Come ha scritto nella magnifica prefazione di questo libro il prof Alessandro Meluzzi, e come nell’elogio di Vittorio Sgarbi in TV, l’autore tratta il tema delicatissimo della pedofilia in ambiente clericale, senza riserva alcuna. Indossando i guanti di velluto nei confronti delle vittime e sferrando il pugno di ferro contro i carnefici, com’è giusto che sia.
Ricostruendo nello stesso tempo con dovizia di particolari, fatti di cronaca realmente accaduti. Ci sono libri che mentre li leggi ti graffiano l’anima, questo certamente lascerà un segno in quella di ognuno di Voi.
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canyousayineffable · 1 year ago
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Good Omens Ficlet /// V
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In retrospettiva, avrebbe dovuto aspettarsi di trovare Aziraphale nel centro dei singolari eventi di quella primavera.
Crowley, che in quel momento si trovava a Roma, aveva cominciato ad interessarsi alla vicenda per via degli accenni sempre più fitti che comparivano fra la corrispondenza vaticana.
(La visita agli archivi della cancelleria papale era per Crowley una tappa fissa nelle occupazioni della settimana: ne usciva portandosi dietro pacchi di lettere provenienti da ogni angolo del mondo, che poi sfogliava pigramente stravaccato in riva al Tevere, sorbendo vino all'ombra dei platani. All'epoca, rappresentavano la sua fonte preferita per comporre i rapporti da inoltrare Di Sotto, nonché per i pettegolezzi).
Lungi dall'interessare solo le segreterie di corte, però, la storia della ragazzina che in nome di Dio aveva preso le armi per il Re di Francia accendeva la fantasia di tutti; voci sempre più inverosimili si rincorrevano nelle osterie e sui sagrati, fra i monelli nei vicoli e le donne nei mercati.
"Una pischella a comandare l'esercito. Ha! Se butta male, dal re ci mando mi' socera!"
"C'è poco da ridere. Un fatto del genere, contro la legge, contro il buonsenso e la consuetudine fomenterà ribellione e caos. Se davvero la manda Dio, è per punire l'arroganza dei Francesi."
"Eppure l'hanno interrogata, sai? Esaminata e messa alla prova in tutti i modi, e non gli è riuscito di prenderla in castagna."
"Avrà un diavoletto a bisbigliarle all'orecchio."
"Quella povera famiglia. Che vergogna. Dicono che si è tagliata i capelli, che racconta di parlare con gli angeli."
In capo a un paio di settimane, Crowley aveva ceduto alla curiosità ed era partito alla volta del regno di Francia. O di quel che ne restava.
°°°
Da quando Crowley aveva messo piede in territorio francese, le voci, anziché quietarsi, erano aumentate; e per quanto si affrettasse verso Nord, gli eventi sembravano susseguirsi più veloci di quanto fosse possibile raccontarli.
La fanciulla conduceva l'esercito verso la città assediata di Orléans, no, l'aveva liberata; era stata trapassata da una freccia, no, era sopravvissuta a un colpo mortale a Jargeau e già guidava l'avanzata su Beaugency, sventolando lo stendardo bianco come un vessillo angelico. Era un'adolescente esile come un giunco, portava le armi e cavalcava come un soldato; era una contadina ignorante, teneva testa ai teologi perché Dio ha un libro che nessun dotto ha mai letto; brandiva la spada, non aveva mai versato sangue, piangeva confortando i nemici morenti, scriveva al re d'Inghilterra lettere di fuoco.
Quando finalmente raggiunse l'esercito accampato, Crowley aveva pressoché la certezza di trovarci il proprio nemico ereditario.
Si trattava dell'accampamento militare più bizzarro del mondo, pieno di donne con i bambini in collo e risuonante di inni sacri; nell'aria aleggiava una tale devozione che Crowley quasi ne aveva l'orticaria.
Ed eccolo lì Aziraphale, mescolato al nugolo di ecclesiastici che accompagnavano la Pucelle come un coro angelico. Portava un saio monacale; ma in mezzo a tante figure identiche spiccava l'aureola dei suoi capelli impossibilmente biondi, illuminata dal sole radente del tramonto.
Crowley aveva appena posato gli occhi su di lui che Aziraphale alzò lo sguardo a propria volta, come si fosse sentito chiamare; e nel vedere il demone il suo viso si illuminò.
Gli corse incontro con tale slancio che Crowley si fermò, confuso, sui propri passi.
"Non posso crederci, stavo pensando a te," rise l'angelo senza fiato, appena lo raggiunse; e gli occhi gli brillavano di una tale luce che, per un momento, anche il respiro di Crowley inciampò in un improvviso affanno.
Durò appena un istante, prima che Aziraphale abbassasse lo sguardo, nascondendo le mani nel saio. "Naturalmente," proseguì, rivolgendo a Crowley un sorriso più misurato e tinto da un leggero imbarazzo, "immagino che avrai i tuoi motivi per essere venuto fin qui."
Crowley si riscosse e farfugliò qualcosa di indistinto, prima di riuscire ad articolare, "No! No; pura, oziosa curiosità. Nessun obiettivo particolare."
Qualcosa di simile al sollievo rischiarò di nuovo il viso di Aziraphale. "Oh. In questo caso." Mosse una mano verso gli attendamenti poco lontani. "Ho una piccola ma gradevolissima scorta di vino della zona da farti assaggiare, mentre ti aggiorno sui fatti."
"...quando la metti così, angelo," rispose Crowley, raffazzonando un sorriso.
°°°
L'intuizione di Crowley si rivelò corretta: Aziraphale non era stato un semplice testimone degli avvenimenti, ma aveva accompagnato Jeanne fin da quando era bambina.
Davanti alla corte come sul campo di battaglia l'aveva protetta come una chioccia i suoi pulcini, e ora ne parlava con l'orgoglio entusiasta di un insegnante per l'allievo favorito.
"Non vedevo tanta audacia dai tempi di Alessandro il Grande, una fede così ardente dalla morte di Caterina," disse animatamente, tornando a riempire il bicchiere di Crowley.
Parlavano ormai da ore, ma Aziraphale era così di buonumore che non permetteva alla bottiglia di vuotarsi.
"Ed è anche spiritosa, sai? Brillante e vispa come una gazza."
"E pestifera. Non è scappata di casa?" fece Crowley alzando un sopracciglio.
"Molte volte!" rise Aziraphale. "Ha anche schiacciato in tribunale il malcapitato che voleva sposarla. Trova sempre il modo di fare le cose a modo suo."
"Ti sei proprio innamorato, Aziraphale," ridacchiò Crowley sotto i baffi; l'angelo gli gettò un'occhiata in cui un sorriso si mascherava da indulgente rimprovero. Scosse la testa, considerando il fondo del proprio bicchiere.
"Oh, è testarda, e curiosa. E ha una certa lingua affilata..! Mi ricorda così tanto..." Si interruppe, alzando su Crowley i grandi occhi chiari. "Mi è molto cara," disse piano.
Per un breve momento, Crowley non riuscì a rispondere. Poi il senso lieve di turbamento prese una sfumatura più amara.
"Aziraphale," disse a voce bassa, "sai che il mondo non è gentile con chi fa di testa propria."
Lo sguardo di Aziraphale si soffuse di una luce più dolce e più dolorosa allo stesso tempo.
"Oh, Crowley," sospirò; e il demone non riuscì a capire se per rimprovero, rassegnazione o rimpianto. "Lo so," proseguì Aziraphale, tornando a sedere con più compostezza. "Ma questa volta sarà diverso. Dio l'ha chiamata. Dio la proteggerà."
"Se lo dici tu, angelo, sarà vero," mormorò Crowley, senza però riuscire a guardarlo in viso.
°°°
Un'altra cosa che, in retrospettiva, Crowley avrebbe dovuto immaginare era che si sarebbe lasciato trascinare da Aziraphale nel mezzo di tutto quel nonsense guerresco.
Non c'era una singola buona ragione per trovarsi nel bosco nel freddo umido dell'alba, con le ginocchia nella terra ed ogni speranza di mimetizzarsi annullata dalla strenua opposizione del biancospino sotto cui era nascosto. L'albero gli aveva conficcato le proprie spine ovunque e ora rifiutava di lasciarlo andare senza combattere.
La squadra di esploratori francesi lo oltrepassò lanciandogli occhiate in tralice, prima di scomparire alla vista scivolando silenziosamente nel sottobosco. Erano in cerca di un qualsiasi segnale che rivelasse la posizione dell'accampamento inglese; l'armata di Jeanne aveva bisogno di un vantaggio, e in fretta.
Crowley imprecò sottovoce, dando uno strattone che fece fremere l'intera pianta fino alla cima; quando riuscì finalmente a estrarsi dalla spinosa stretta del biancospino, trovò che gli esploratori lo avevano distanziato, che l'alba era ormai prossima, e che nella radura ammantata di foschia aveva fatto la sua apparizione un cervo dai palchi enormi, che lo studiava ruminando altezzoso.
"Che c'è?" sbottò Crowley, spazzando via le foglie che gli si erano impigliate fra i capelli. "Se fossero fatti per strisciare, questi corpi non avrebbero le gambe."
Un sonoro clack dalle sue articolazioni inferiori gli fece sibilare fra i denti un'imprecazione particolarmente colorita; il cervo continuò a osservarlo, senza apparire particolarmente impressionato.
"Oh, non fare il gradasso solo perché non hai le ginocchia, tu," borbottò Crowley.
I cervi hanno le ginocchia? si chiese poi mentre annusava nervosamente l'aria cercando di rintracciare i soldati francesi. Se le avevano, allora erano montate al contrario. No, dovevano avere le ginocchia; altrimenti come avrebbero fatto a correre?
"Oh!"
Crowley fu solleticato da un'idea improvvisa. Un largo sorriso gli scoprì i denti.
"Di' un po'," si rivolse al cervo, "avresti voglia di farti due risate?"
°°°
La battaglia di Patay fu la prima combattuta in campo aperto dall'esercito di Jeanne e fu coronata da una clamorosa vittoria.
Fu anche caratterizzata da una incredibile concatenazione di casi fortuiti, a partire da quando i soldati inglesi rivelarono le proprie posizioni per gettarsi all'inseguimento di un cervo che passò correndo nei pressi del loro accampamento.
Scoperta la posizione del nemico, l'esercito francese poté attaccare prima che gli Inglesi avessero avuto il tempo di erigere le palizzate difensive e schierare i micidiali arcieri.
Da lì in poi, i soldati inglesi furono vittime di una tale sequela di errori, malintesi e fatali coincidenze che nessuno dubitò che Dio stesso avesse posato la propria mano sul Re di Francia, e che avesse preso la forma gentile di una mano di fanciulla.
°°°
Un mese dopo, la città di Reims divenne per un giorno il centro dell'universo.
Nel sole sfolgorante di luglio, fra una folla oceanica giunta da tutto il Paese in un delirio di gioia, nel mezzo del risuonare a stormo delle campane della cattedrale cui fecero eco tutte le chiese dei dintorni, Carlo VII fu finalmente incoronato Re di Francia, sotto lo sguardo (presunto) di Dio e quello (reale e commosso) di Jeanne la Pucelle.
Naturalmente, Crowley non poté entrare nella cattedrale per assistere alla cerimonia. Mentre se ne stava a braccia conserte all'ombra di un vicolo nelle vicinanze, si disse che non gli importava affatto. L'intera messinscena durava da ore, anticipata da un corteo senza fine di dame e cavalieri che pareva la cornice miniata di un libro d'ore; da dentro la chiesa provenivano musica e squilli di trombe; sembrava che dal cielo piovessero fiori.
Ah, al diavolo. Crowley si decise a staccarsi dal muro, per andare alla ricerca di una bettola qualsiasi in cui si servisse vino fresco; ma era appena uscito dal vicolo che Aziraphale gli piombò quasi fra le braccia.
"Eccoti!" rise, splendente come il sole del mattino sui tetti di Reims, prendendo di slancio le mani di Crowley fra le proprie; e Crowley si trovò ad afferrarle senza volerlo, sperando che il tremito che gli attraversò i polsi restasse inosservato.
"Là ne avranno ancora per un pezzo," disse Aziraphale accennando con il capo alla cattedrale, "una cosa magnifica, dozzine di musici e cantori, cento stendardi, e così tanta gente che i padri tengono i bambini sulle spalle per permettere loro di vedere - "
"Mgf. Già," borbottò Crowley, senza osare muovere un muscolo. "Ma, uhm, così non ti perderai i festeggiamenti, angelo?"
"Non mi sembra festa, se non ci sei tu," fu la risposta leggera di Aziraphale, e il petto di Crowley fece qualcosa come un'ostrica che venga aperta da dita golose.
Annaspò un istante, prima di farfugliare, "Stavo andando - verresti a bere qualcosa?" Non osò aggiungere con me, perché le sue mani erano ancora in quelle di Aziraphale ed era già un grave sforzo non stringerle più di così, non muovere le dita per imprimersene tutti i particolari nella memoria.
Aziraphale aveva sorriso; ed erano sfuggiti insieme alla calca e al sole cocente per rimanere insieme fino all'alba del giorno dopo, a bere e ridere e parlare. Aziraphale era così raggiante da dimenticare ogni prudenza e ogni timore; gli sedeva così vicino che Crowley poteva sentire l'odore della sua pelle, mescolato a quello dell'incenso e della polvere; e guardava il demone di sotto in su con occhi luminosi, che restavano in quelli di Crowley senza fuggire.
E Crowley aveva dimenticato cosa di preciso si fossero detti, mentre non riusciva a staccare lo sguardo da Aziraphale e si lasciava ubriacare dal vino, dalla vicinanza dell'angelo e dall'afflato di inusitata speranza che si era impadronito di entrambi: la sensazione eccitante che tutto fosse possibile, in un mondo che sembrava pronto a cambiare in un solo colpo d'ala, ad aprirsi oltre il velo squarciato da una sola anima ribelle.
°°°
Alcuni mesi dopo l'incoronazione di Reims, quando ormai le cose sembravano volgere al meglio per il regno di Francia, Aziraphale aveva ricevuto l'ordine di trasferirsi in Medio Oriente.
Solo a quel punto anche Crowley smise di indugiare in territorio francese; aveva la vaga idea di trascorrere qualche tempo vagabondando fra le isole greche, al calore del Mediterraneo.
La notizia lo raggiunse troppo tardi, e troppo lontano.
Quando arrivò a Rouen ormai tutto si era compiuto da tempo. Tuttavia era certo che, anche questa volta, avrebbe incontrato Aziraphale.
Non osò pensare che l'angelo lo stesse aspettando; ma quando Crowley lo trovò, assorto a guardare l'orizzonte dall'alto delle mura cittadine, il suo sguardo sperduto si aggrappò a quello del demone con desolato abbandono.
Crowley gli si avvicinò in silenzio, restando al suo fianco mentre senza parlare guardavano rincorrersi nuvole lontane.
"...Non aveva ancora compiuto vent'anni," mormorò infine Aziraphale, senza staccare lo sguardo dall'orizzonte.
La sua voce non tradiva alcuna emozione; ma a Crowley non sfuggì la stretta troppo immobile, quasi spasmodica, delle sue mani allacciate in grembo, le spalle incurvate come sotto una pioggia battente.
"Mi dispiace, Aziraphale," mormorò Crowley. Un'impotenza amara gli legava la voce.
Aziraphale era pallido contro il cielo grigio. "Continuo a pensare..." Lasciò morire la frase, stringendo le labbra, come se le parole gli sfuggissero e non gli riuscisse di raggiungerle. Levò in alto uno sguardo inquieto, come spiando l'arrivo di una tempesta. "...ci dev'essere qualcosa che non riesco a capire," disse, tornando finalmente a guardare Crowley in viso.
Così smarrito e fragile, sembrava allo stesso tempo troppo giovane e troppo vecchio.  "...deve esserci un errore," mormorò come una supplica, come un'accusa, "di sicuro devo aver sbagliato-"
"Non è stata colpa tua," sibilò Crowley scattandogli vicino, nel disperato impulso di gettarsi fra lui e il cielo, di fargli da scudo, di forzare la morsa di quella pena come le sbarre di una prigione; con tanta più angoscia in quanto sapeva che non era del tutto vero. Aziraphale aveva contribuito a mettere in moto gli eventi. Aveva tenuto per mano Jeanne e poi l'aveva abbandonata sulla strada che l'aveva condotta al rogo.  Soltanto in obbedienza agli ordini, certamente. Ma questo era mai stato di qualche sollievo?
Se la ragazza non avesse mai lasciato il suo paesino, se non avesse mai imbracciato le armi, se fosse rimasta una semplice contadina...
Tutto questo era scritto negli occhi di Aziraphale, nel suo minuto curvarsi sotto un peso invisibile; e il petto di Crowley si struggeva di amarezza. Non è giusto.
"Forse è successo perché mi sono immischiato," gli uscì di bocca. "Sono un demone, Aziraphale. Forse venendo qui ho contaminato... Ho rovinato..."
Aziraphale gli afferrò una mano e la strinse con impeto, una luce feroce negli occhi chiari. "Non dirlo," lo ammonì con voce soffocata. "Non è così, Crowley." Il cuore di Crowley batteva a colpi così forti da fare male. Dovette sforzarsi per non trattenere la mano di Aziraphale quando egli, dopo qualche momento di intensità dolorosa, lasciò andare la sua. "...ma ti ringrazio," sussurrò l'angelo abbassando gli occhi. "Tu mi avevi avvertito. Ricordi?"
"Aziraphale..." Perché lasci ancora che ti facciano questo. 
"Forse è un errore cercare di capire," mormorò l'angelo con una contrazione incredula delle sopracciglia. "Forse..." e di nuovo tacque, serrando le labbra; e forse stai pensando che a loro non importa, che a nessun altro importa, angelo, ma a te importa, oh, io so che a te importa.
Crowley si morse la lingua e strinse i pugni per costringersi a tacere; abbassò lo sguardo, lo lasciò vagare sulla campagna davanti a loro, sulla città alle loro spalle. Rimasero in silenzio, uno accanto all'altro, sotto un cielo che si faceva sempre più nero.
"Andiamo a ripararci, prima che diluvi," mormorò Crowley; l'odore della pioggia imminente gli permeava le narici. 
Aziraphale sembrò non averlo udito, lo sguardo ancora perso nell'orizzonte; quando si rivolse di nuovo al demone, la sua voce tradiva un fremito. "Accetteresti una promessa da me, Crowley?" Nei suoi occhi c'era qualcosa di fragile, luminoso e inflessibile come vetro. "Voglio farla a te, perché ho paura di non essere capace di mantenerla, se la facessi a me stesso," spiegò timidamente; per poi proseguire, con un'inflessione di scuse, "e non mi basta il coraggio per farla...ad altri."
Quasi soffocato dal batticuore, Crowley riuscì solo ad annuire in silenzio. Aziraphale si lasciò andare a un lungo sospiro. Raddrizzò la schiena, sollevò il mento. Nell'aria umida, Crowley avrebbe potuto indovinare il profilo delle sue ali.
"Qualsiasi cosa accada da oggi in poi," disse Aziraphale con voce limpida, "voglio esserci fino in fondo. Non lascerò le cose a metà. Non volterò le spalle."
Crowley attese un istante, sforzandosi di ignorare il battito del proprio cuore. Non voleva che la voce lo tradisse. 
"...ti ho udito, Aziraphale," rispose infine. Aveva la sensazione di aver appena suggellato qualcosa di solenne. Il sorriso che gli rivolse Aziraphale conteneva troppe cose. "Grazie, Crowley," sussurrò.
Il momento passò al cadere delle prime gocce di pioggia. 
Aziraphale si riscosse. "Sono uno sciocco," esclamò, coprendosi con il cappuccio della veste monastica, "ti ho trattenuto qui fuori all'addiaccio, quando c'è un posticino delizioso proprio ai piedi del Gros Horloge..!" 
Crowley inspirò a fondo l'odore della pioggia, cercando di scacciare il bizzarro intreccio di déja-vu e trepidazione, la vertigine che a volte ancora gli dava la loro strana esistenza a metà di innumerevoli crocevia.
"Andiamo, angelo," annuì; e si incamminò insieme ad Aziraphale, mentre la pioggia cadeva lieve.
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