#esperienza narrativa
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Addio a Tom Robbins: il genio della narrativa surreale ci lascia a 92 anni
Lo scrittore americano, maestro della controcultura letteraria, è deceduto nella sua casa di La Conner, Washington.
Lo scrittore americano, maestro della controcultura letteraria, è deceduto nella sua casa di La Conner, Washington. Tom Robbins, celebre autore americano noto per la sua prosa innovativa e surreale, è morto all’età di 92 anni. La notizia è stata confermata dal suo amico e dirigente editoriale Craig Popelars, che ha riferito che Robbins è deceduto domenica mattina nella sua residenza di La…
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“ Lo seguivo con tutta la mia attenzione. Mentre parlava, faceva navigare velocemente l'indice della mano destra sulla mappa, ma io faticavo a memorizzare i nomi di isole, capi, golfi e altri accidenti geografici. Gli chiesi un attimo di pausa per prendere familiarità con la carta, e lui accettò lasciandomi solo davanti al foglio spruzzato da migliaia di macchioline verdi. Ma prima di salire in coperta il capitano Nilssen mi guardò divertito. «Non è necessario che impari a memoria la mappa. È impossibile. Nessuno è capace di trattenere tanti nomi nella zucca. Prima di andarmene voglio raccontarle un aneddoto: un mio buon amico, un marinaio di Chiloé che si merita il titolo di lupo di mare, ha lavorato per molti anni come pilota nello Stretto di Magellano. Prendeva il timone di qualsiasi barca e la guidava senza problemi verso il Pacifico o verso l'Atlantico. Ma il mio amico aveva la colpa di non aver mai studiato in una scuola nautica, e per il colmo delle disgrazie era socialista. Quando ci fu il golpe del '73 e i militari si impadronirono di tutto, la Capitaneria di Porto di Punta Arenas lo chiamò a sostenere un esame per rinnovargli la licenza di pilota. Insomma, il mio amico César Acosta con i suoi quarant'anni di esperienza si sedette davanti a un imbecille con il grado di tenente di marina. L'ufficialetto distese sul tavolo una carta nautica dello Stretto e gli disse: 'Mi indichi dove sono i banchi di sabbia più pericolosi'. Il mio amico si grattò la barba e gli rispose: 'Se lei sa dove sono, mi congratulo. A me per navigare basta sapere dove non sono'.» “
Luis Sepúlveda, Il mondo alla fine del mondo, traduzione di Ilde Carmignani, TEA - Tascabili degli Editori Associati n° 1054, 2003, pp. 95-96.
[ Edizione originale: Mundo del fin del mundo, Tusquets Editores, Barcelona, 1994 ]
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IL PADRE FONDATORE DEI MANGA: oSAMU tEZUKA
In questo articolo parleremo di Osamu Tezuka: maestro della tradizione manga giapponese, a breve scopriremo la sua vita durante la seconda guerra mondiale e ci inoltreremo negli incredibili mondi nati dalla sua matita. La Trasformazione di un Medico in Artista: Il Percorso di Osamu Tezuka nel Mondo del Manga Nato a Toyonaka nel 1928 e cresciuto a Takarazuka, fu un rivoluzionario artista del…
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Ho avuto un'infanzia meravigliosa. Con i monti e i torrenti e gli alberi e le lucertole assolati del mio Paesello. E Dio che ci sorvegliava, sonnacchioso dentro ai tabernacoli delle chiese, insieme alle vecchiette con la bocca piena di caramelle Rossana e canti sacri nella luce colorata che filtrava attraverso le vetrate della Matrice.
A undici anni, il declino. Abusato il primo anno di scuole medie da un compagno di classe pluri-ripetente. Mi costringeva a masturbarlo di fronte a tutti. Nessuno mosse un dito. Temo che qualche professoressa sapesse; ma meglio non andarsi a infilare in faccende più grandi di sé... soprattutto se ti ritrovi disgraziatamente a buscarti il pane nel quartiere più violento e feroce di Palermo, a pochi anni della guerra e delle stragi di Mafia. Nessuno si vergognò. Né l'abusante, né i compagni, né chi sapeva e non ha mosso un dito. In compenso mi vergognai io. Questo causò una timidezza patologica, una goffaggine che superava il ridicolo. E di conseguenza il bullismo, il male minore fra quelli sopportati, mi costrinse a chiudermi in casa. Ad uscire solo per andare a scuola e incontrare giorno per giorno il mio carnefice. Perché conoscevo già cos'erano i doveri. La mia famiglia mi ha sempre amato - le uniche persone ad averlo mai fatto - e li ho ripagati essendo sempre ligio ai miei doveri di figlio.
Le superiori andarono un po' meglio. Ma anche qui, amicizie superficiali che si basavano sulla simpatia che sucitava il mio essere goffo e ridicolo e brutto - avevo denti sporgenti e pesavo quanto una vacca - e per il resto cinque anni passati in casa a leggere narrativa fino alla nausea.
En passant: Prima e unica esperienza sentimentale. Rifiutato e umiliato.
Botta di culo. Passo i test di medicina. Volo a Pavia. Ci resto sei anni.
Il primo anno, fantastico. I miei sono lontani. Mi sento in diritto di mollare la presa sulle mie remore morali. Inizio a fumare tabacco e a bere, quasi ogni sera. Passo alla marijuana. Sembra la svolta. Ma dietro l'angolo c'è il baratro. Divento dipendente dall'erba - sì, gente, come si può essere dipendenti da quella porcheria che è il porno si può benissimo essere dipendenti da un fumo magico che fa svanire le proccupazioni - fumo fino a 15 canne al giorno; e le fumo solo, uscendo fuori dalle grazie di Maria. Dimentico che sto lì per studiare e inizio a mandare a troie la possibilità di laurearmi, dicendomi c'è tempo, e raccontandomi un fottìo di fregnacce. Ma sono consapevole delle fregnacce e per tre anni non faccio niente, se non spendere soldi in droga, vedere film d'essai su megavideo e masturbarmi fino a stordirmi, perdere i sensi e finalmente dormire.
Un gruppi di belle persone mi raccatta dal fango a 22 anni. Tra i 22 e 24 finalmente vivo, mi diverto, sono felice, quasi quasi mi viene pure voglia di studiare e dare una bella ordinata alla mia vita... ma i traumi dell'infanzia sono troppo pesanti e mi ammalo. Esordio psicotico acuto. Fottuto. Per 10 anni passo la vita, tra ricoveri, farmaci, psicologi, psichiatri, testi di roschark (o come cazzo si scrive) e le urla, i pianti e la depressione di tutti i miei familiari.
Per 10 anni lotto... e ne vengo fuori. Trovo lavoro a Milano, le miei poesie vengono pubblicate da una piccola casa editrice di Roma che crede in me, mi metto in forma, da dipendente pubblico ho tutte le agevolazioni del mondo e uno stipendio che farebbe invidia al mio psicologo.
Ma perché questa carrellata sulla mia vita? Perché ieri ho visto questo angolino di luce che mi sono costruito a calci e mozzichi e mi sono detto: non ho nessun diritto ad essere così fortunato. E pensavo a Gaza, all'Ucraina, alle carceri libiche, alla barista del mio paese morta a 40 anni, senza aver mai visto la Luce.
Fortunato? Porca Madonna, l'unica fortuna è essere nato in un paese del primo mondo, avere una famiglia che mi ama, ed essere molto meno stupido della media. Tutte cose niente affatto scontate. Ma la Fortuna, cazzo, è un'altra roba.
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AAA CONSIGLIO CERCASI
Due settimane fa, mentre ero ancora in vacanza, mi ha scritto un amico dicendomi che il tizio del bar dove andiamo sempre gli ha chiesto se sto ancora cercando lavoro, perché a lui serve una persona.
Così l'ho contattato, chiedendogli quali fossero gli orari -risposta: "mattina, ora di pranzo"- e dicendogli che nel caso sarei stata disponibile a iniziare dal lunedì successivo ma attendevo ulteriori informazioni; lui mi ha chiesto se avessi esperienza (no) e voglia di mettermi in gioco(sì) e dopo aver letto le mie risposte mi ha ghostato.
Sono passati giorni e io giustamente ho pensato che semplicemente avesse trovato qualcun altro ma invece mi riscrive l'amico in questione, chiedendomi se fossi andata al bar e dicendomi che il tizio a lui aveva detto che ci dovevamo vedere.
Allora avantieri riscrivo al tizio, spiegandogli quello che era successo e chiedendo se avessi quindi capito male (non c'era niente da capire male: mi ha semplicemente ghostato ma ok), lui dice che effettivamente si aspettava che sarei passata da lui lunedì per parlare (e come dovevo capirlo io, se non me l'aveva mai detto? ma ok) allora addirittura mi scuso e scrivo testualmente: "Visto che non ci siamo più sentiti io nel frattempo ho preso un altro impegno fino a domani, quindi eventualmente lunedì potremmo vederci per parlare come avevi pensato tu o per fare una prova", lui di nuovo visualizza e non risponde.
*ed è tipo l'unico luogo con le birre senza glutine
**dicendo che non mi sento tranquilla ad iniziare un rapporto di lavoro con questi presupposti dato che chiaramente non ci capiamo/intendiamo tra di noi (questa è l'opzione che vorrei attuare, ma mi fa anche arrabbiare perché da un certo punto di vista mi sembra che vada ad alimentare la narrativa dei giovani che non vogliono lavorare e questa cosa mi fa girare i coglioni)
Tra l'altro anche per andare solo a parlare di persona con questo tizio, io devo spendere due euro e cinquanta "a buono a buono" mah
L'altra cosa che mi frena è che sto aspettando esca la maledettissima graduatoria per andare a fare le pulizie all'ospedale, cosa che a questo punto preferirei dato che me ne starei per i cazzi miei a pulire in tranquillità, anziché interfacciarmi con 'sti boriosi malati di testa
P.s. il tizio non ha scritto direttamente a me per orgoglio, perché "io non sono il tipo che ti manda un altro messaggio" ma ha scritto al mio amico chiedendogli di me, cosa che trovo francamente ridicola.
Non so davvero se dargli un'opportunità potrebbe essere una scelta sensata, se potrebbe essere meno criptico in futuro o mi vado solo a creare i guai o dovrei comunque provarci così magari faccio un periodo di prova e metto comunque qualche soldino in saccoccia o no. Il vero problema è che sono povera.
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[✎ ITA] Intervista : RM - "Infine, Park Chan-wook" | 25.02.23⠸
Infine, Park Chan-wook
Intervista con Namjoon (Pagg 181-191)
Volume da Collezione Dedicato al Regista Park Chan-wook ("Decision to Leave") per i Suoi 30 Anni di Carriera
youtube
INTRO
Dire di aver “guardato” Decision to Leave è riduttivo. Non c'è dubbio sia un' “esperienza”, ma se devo trovare un termine ancor più adatto, direi che lo si “vive”. Tra le persone che hanno vissuto Decision to Leave ve ne sono alcune che l'hanno sperimentato più profondamente e l'hanno riguardato più e più volte. Costoro si definiscono “헤친자/ Hechinja” (*Pazzi per Decision to Leave).
RM dei BTS ha confidato di essere tra coloro che vanno matti per Decision to Leave. Ha guardato il film 6 volte già solo al cinema, ha bevuto il whiskey apparso nel film, ha acquistato la sceneggiatura, ha concluso un'escursione in montagna con alcune battute di Decision to Leave. Questi sono i tipici sintomi di un Hechinja. Abbiamo chiesto a RM - musicista noto a livello globale, estimatore d'arte nonché appassionato di Decision to Leave - com'è stato vivere, soffrire ed amare questa pellicola. Come direbbe il regista Park Chan-wook, se dovessimo definire quest'intervista in 4 sillabe, diremmo “以心傳心” (cuore a cuore). Se anche voi andate matti per Decision to Leave, non potrete non approvare il viaggio di RM, il quale si è smarrito tra le “nebbie di Ipo*” e si è lasciato conquistare da quell'amore segreto.
* Ipo, “Città della nebbia”, luogo in cui è ambientato il film, n.d.t.
D: Stai partecipando a quest'intervista come rappresentante deə 헤친자 / hechinja (appassionati di DtL). Cosa ne pensi?
RM: Innanzi tutto, dato che sono sia un artista che un fan, (il film) ha suscitato moltissimi pensieri. Mi trovo un po' in imbarazzo, ma è anche una cosa positiva. So che ci sono molte altre persone ancor più appassionate di me e mi scuso (con loro) per essere io a fare da rappresentante per quest'intervista. Sono riuscito a darmi un contegno e a tenere la cosa privata fino alla mia 5a visione (del film), ma poi è uscito un articolo a riguardo e la cosa è diventata di pubblico dominio. Dato che ormai era cosa nota, ho deciso di dimostrare attivamente d'essere un fan. La sceneggiatrice Jung Seo-kyeong è stata ospite nella 3a puntata del programma che co-presentavo, il Dizionario delle Conoscenze Umane Inutili (tvN). Se guarderete lo show, vedrete che sono un vero fan.
D: C'è forse un qualche motivo speciale che ti ha spinto a guardare Decision to Leave? Puoi dirci cosa hai provato la prima volta che l'hai guardato?
RM: Mi erano già piaciuti i lavori precedenti del regista Park Chan-wook. E poi ho scoperto che era un film diventato virale tra i miei amici. Guardare film è da sempre uno dei passatempi preferiti della mia famiglia. La prima volta, l'ho guardato da solo. Probabilmente è perché l'ho iniziato senza sapere nulla della storia e della struttura narrativa, ma ero talmente preso dalla trama che credo di essermi perso tutti i dettagli della messa in scena ed i significati nascosti. Alla fine chi era il colpevole? “Quindi SeoRae ha ucciso HaeJoon?”, “Chi è il cattivo della situazione?”, “Cos'è successo?”, “(SeoRae) È morta?”, pensieri ed interrogativi simili continuavano a frullarmi in testa e non ero soddisfatto, mi sentivo un po' a disagio.
D: Dopo la prima visione, quindi, non ne sei rimasto soddisfatto, ma non riuscivi a togliertelo dalla mente, dunque sei andato al cinema e lo hai riguardato più e più volte. Saremmo curiosi di capire un po' meglio quella sensazione di disagio che hai menzionato.
RM: Ho pensato il film fosse proprio come la “nebbia di Ipo”, che appare nella pellicola. Non sono poi un così gran cinofilo o appassionato di film. Senza dubbio, ci sono volte in cui cerco specificamente pellicole indipendenti o che preferisco il cinema d'autore, quindi mi consideravo uno spettatore abituato a questo tipo di “film (che sono) come nebbia”.... Ma dopo aver visto Decision to Leave, mi son chiesto “E allora? Cos'è successo?”. Quindi ho realizzato che l'opera di questo regista era arte, è un film che è come nebbia e, il che, mi metteva un po' a disagio. È così che è andata la mia prima visione.
D: Nonostante ciò, non riuscivi a “smettere di pensarci, quindi, tornato al cinema, hai finito per rivederlo più volte”. È ciò che hai dichiarato, corretto?
RM: La prima volta che ho visto Decision to Leave era intorno agli inizi, quando è uscito, circa un mese dopo. Avevo molti impegni e stavo ultimando i preparativi per il mio album, quindi era un periodo un po' confuso per me, sotto diversi aspetti. In un certo senso, credo il tempismo sia stato perfetto. Circa un mese dopo, mi è tornato in mente Decision to Leave quindi sono andato a rivederlo per l'ennesima volta, cosa che di solito non faccio quasi mai. Era come se qualcosa mi attirasse. Credo il tempo sia un bene prezioso, e ci sono talmente tanti film e contenuti da consumare, che di solito non guardo mai una stessa cosa due volte. Eppure, come posso dire? Volevo liberarmi di quella sensazione di disagio. Ora che l'hai già visto, conosci la storia, non sarebbe male riguardarlo, no? Probabilmente riuscirai a concentrarti su altri aspetti, al di là della trama, giusto? È possibile ci sia dell'altro? E alla fine mi son deciso ad andare (a riguardarlo), forte di questo presentimento, c'era qualcosa che mi sfuggiva.
D: Quindi Decision to Leave è il primo film che hai riguardato più e più volte?
RM: Ci sono anche altri film che ho rivisto 2 o 3 volte, ma Decision to Leave è l'unico che ho riguardato più di 4 volte.
D: Quante volte hechinja-RM ha guardato Decision to Leave?
RM: L'ho visto 6 volte
D: La cosa più bella di questo film è che ogni volta che lo riguardi, noti cose nuove. Immagino che ciò che hai capito, le parti che hanno catturato la tua attenzione e ti hanno commosso fossero diverse dopo la seconda, terza e poi sesta visione. Sarebbe interessante capire cos'è cambiato di volta in volta, per te.
RM: La seconda visione è stata piuttosto drammatica, visto che ormai sapevo cosa succedeva. La prima volta mi ero concentrato su SeoRae (dato che sono anche un fan di Tang Wei), mentre la seconda ho prestato più attenzione alle battute di HaeJoon, al suo tono di voce ed espressioni facciali. Mi chiedo se fosse perché volevo capire il suo punto di vista, in quanto spettatore: “Perché diavolo ha agito così?”, “Quando ha iniziato ad innamorarsi?”. So che potrà sembrare una domanda piuttosto “sciocca”, ma perché?...Perché si è innamorato? Perché? Ho continuato a chiedermelo per tutta la durata del film.
D: Mentre guardavi il film, c'era forse qualcosa che avresti voluto chiedere al regista Park Chan-wook?
RM: Quale tipo di esperienze sentimentali ha vissuto il regista? Si ritiene forse un “변태 / perverso”?
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D: Quando ti ho visto citare le battute dette da Ki Do Soo (Yu Seung-mok) in Decision to Leave, durante quell'escursione, ho subito pensato fossi in piena modalità “hechinja (appassionato di DtL)” [ride]. Ho anche visto che hai postato uno screenshot della sceneggiatura del film sui tuoi social media. Ma apprezzare un film è una cosa, comprarne la sceneggiatura a stampa è un'altra. C'è forse un qualche motivo?
RM: Innanzi tutto, c'è da dire che ho scoperto che la sceneggiatura era stata pubblicata in formato libro tramite altri amici. Esteticamente, la copertina era anche molto bella. Non sono pratico di recitazione o dei meccanismi e processi che stanno dietro un film, quindi volevo farmene un'idea attraverso la sceneggiatura. Mi piace provare cose nuove. Volevo vedere come fosse leggere un film semplicemente in parole e battute stampate, senza l'aspetto recitativo e visivo, e tanto conoscevo quasi tutti i dialoghi. Visto che sono un fan, è stato un po' come comprare del merchandise, sa? (ride) E poi mi piace acquistare libri. Gli appassionati di lettura non fanno che comprare nuovi libri, anche se ne hanno ancora pile intere da leggere.
D: E, rispetto al film, com'è stato leggere la sceneggiatura?
RM: Ci sono molte parti diverse dalla pellicola, quindi mi sono chiesto come sarebbe stata una versione integrale di Decision to Leave. Dato che sono io stesso un artista e creativo, mi sono spesso posto la domanda “con che logica questa scena è stata tagliata?”. Alcune delle parti che nel film erano diverse avevano senso, di altre non ne capivo il senso. Ed avendo guardato prima il film e poi letto il libro, mi riusciva davvero terrificante immaginare che gli interpreti di HaeJoon e SeoRae sarebbero potuti non essere Park Hae-il e Tang Wei. Credo sia proprio questa la forza della recitazione e dei film. È ciò che ho realizzato. Ma soprattutto, ho proprio provato rinnovato rispetto per gli attori, gli autori, il regista e tutto lo staff. Credo quella filmografica sia proprio un'arte completa e grandiosa.
❝Ho detto di avere ancora una dignità, ricordi? Sai da cosa nasce la dignità? È frutto dell'autostima. Io ero un poliziotto stimato, ma mi sono innamorato follemente di una donna e ho mandato a monte le indagini, sai? Ero semplicemente... distrutto. Getta quel telefono in mare. Giù, giù, in profondità, così che nessuno possa trovarlo.❞ (battuta di Jang HaeJoon in Decision to Leave / * postata da Namjoon su IG)
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D: Hai scelto questa battuta di HaeJoon come tua preferita. Perché?
RM: Realizzare che la dignità nasce dall'autostima è stato come un colpo in testa. Non so di preciso perché io mi sia innamorato di questa battuta, ma penso sia anche per come è espressa da Park HaeJoon, con quale tono la dice. Credo di averla notata solo dalla 3a visione. In realtà, credo che in amore la dignità non significhi nulla, ma è qualcosa che deve già esistere. L'autostima è la prima cosa di cui si parla (nella battuta), poi viene menzionata la passione per una donna, il fallimento delle indagini...è un graduale processo di disintegrazione. E poi la frase riguardo al gettare il telefono in mare. Credo siano le parole usate e il modo in cui vengono enunciate a creare quella certa tensione e crescendo fino all'esplosione finale.
D: In questa battuta, troviamo una persona che ha vissuto con integrità ed autostima tutta la sua esistenza fare una pazzia e lasciarsi tutto alle spalle, sia il lavoro che i suoi ideali. È una scena che ci mostra letteralmente il “tracollo” di HaeJoon, ed è anche una dichiarazione d'amore, anche se l'uomo non se ne rende conto. C'è una qualche parte di questa battuta che ti ha colpito particolarmente?
RM: Più che la battuta di per sé (anche se inizialmente mi è sembrata molto d'impatto), è la messa in scena – con la finestra di ricerca che mostra la definizione di 'tracollo': “crollare, andare in frantumi”, la voce del traduttore automatico a metà strada tra il maschile ed il femminile e l'inquadratura su HaeJoon attraverso lo schermo del telefono – che, più passa il tempo, più mi sembra memorabile.
D: L'amore mostrato in Decision to Leave è particolare perché non potrà mai concretizzarsi e, al contempo, ne è la rappresentazione più profonda ed assoluta, indistruttibile. In particolare, il modo in cui SeoRae ama è diverso da quello di HaeJoon. Se tu dovessi indicare un personaggio che ti rappresenta e ti ha commosso maggiormente, chi sceglieresti tra questi due?
RM: Credo sceglierei HaeJoon.
D: E ora passiamo al finale del film. È un film profondamente toccante. Saremmo curiosi di sapere che emozioni hai provato nel guardare il finale di Decision to Leave?
RM: SeoRae che scende dalla montagna e torna sulla spiaggia e HaeJoon, che piange disperatamente seppur con un sorriso desolato, sono memorabili. Infine, il vero amore si è concretizzato o, fin dall'apertura, non è stato che l'inizio di una tragedia per entrambi? Mi ha fatto riflettere. Sono stati felici o è solo un amore sfortunato? O forse è entrambe le cose? È davvero come la nebbia? Il vestito blu, la montagna ed il mare ed il continuo contrasto tra i vari estremi. La vita e l'amore, si sa, sono davvero complessi e multi-sfaccettati. Non è facile distinguere tra il blu ed il verde. Non è forse qualcosa di molto soggettivo e personale?
D: Durante i titoli di coda, la sala si riempie delle profonde voci di due artistə, Jung Hoon-hee e Song Chan-Sik. La canzone finale, 'Fog' è protagonista a sua volta in quanto si fa espressione dei sentimenti ed emozioni che ci lascia il film. Tu sei un musicista, quindi immagino ne avrai avuto una percezione diversa e particolare. Come ti è parsa?
RM: Credo sia stata una scelta magnifica. Non è forse proprio per questo che i film sono una forma d'arte così completa? La canzone finale si sposa alla perfezione con l'estetica e la messa in scena del film, creando una certa sinergia. E poi si intitola “Fog (nebbia)”, quindi mi ha fatto pensare alla nebbia (del film). Ha un che di disperato e solitario, ma è meno triste di quanto si potrebbe immaginare, e riesce a toccare alcune delle nostre corde più sensibili.
D: In quanto musicista ed amante del cinema, immagino non ti dispiacerebbe provare a scrivere colonne sonore?
RM: Mmh... Credo prima di dovermi concentrare sul mio album. A volte si è più felici come semplici fan.
D: In quanto artista con un profondo interesse e conoscenza dell'arte, quale ti è sembrata la scena migliore sotto il punto di vista artistico? Che cosa ti ha colpito?
RM: Forse gli sfondi (le ambientazioni)? E poi, non so se possano essere definite artistiche, ma la scena in cui HaeJoon osserva SeoRae attraverso un binocolo e sembra siano l'uno di fianco all'altra, o quella in cui lui ha in mano una sigaretta e poi ci viene mostrato attraverso lo schermo del telefono.. trovo fossero davvero belle e piacevolmente innovative.
D: Credo Decision to Leave sia un film che permette allo spettatore di apprezzare e godersi appieno la visione di una pellicola in sala. Se dovessi scegliere la scena che ti ha commosso di più, quale sarebbe? Per caso hai versato qualche lacrima guardando il film?
RM: In realtà, non credo di aver pianto. Trovo sia un film emozionante e coinvolgente. Forse proprio perché è un “film (misterioso come la) nebbia”. Probabilmente è la scelta di molti, ma direi il grido finale di HaeJoon: “Dignità, autostima, tracollo”. E poi anche la scena sul monte Homi, quando SeoRae punta la torcia da capo sul volto di HaeJoon e lui si umetta le labbra, non potendo guardarla in viso. Sappiamo che per tutto il film ha sempre dovuto usare delle gocce per gli occhi, ma ciò che rimane impresso è la sua espressione e la realizzazione che, di fatto, non l'ha mai messa veramente a fuoco, vista con chiarezza. Credo tutti questi dettagli siano davvero memorabili.
D: Hai detto di amare i lavori del regista Park Chan-wook già da prima di Decision to Leave. Quand'è stata la prima volta che hai visto un suo film? Che pellicola era e perché l'hai guardata?
RM: Mi sembra fosse Oldboy. Immagino sia lo stesso per molti. L'ho visto perché si diceva fosse imperdibile.
D: Prima, hai osservato che Decision to Leave è un po' diverso rispetto ai lavori precedenti del regista Park Chan-wook. Come mai?
RM: Credo sia un'impressione condivisa da molti. Me ne sono reso conto particolarmente durante la mia 2a e 3a visione, ma ora che sono diventato un fan, non riesco più ad essere obiettivo a riguardo. In realtà, non saprei. Credo sia perché Decision to Leave è l'unico che ho visto più di due volte, tra i lavori del regista Park.
D: Credo tu abbia già praticamente risposto a questa domanda, ma se dovessi scegliere il tuo film preferito tra i lavori del regista Park Chan-wook, quale sarebbe?
RM: Ad esser sincero, non ho ancora visto tutti i film del regista Park, ma se devo dire quale amo di più, sicuramente Decision to Leave.
D: Ultima domanda: ti chiederemmo di lasciare un messaggio e dire ciò che vuoi al regista Park Chan-wook, che, nel 2022, ha festeggiato i suoi 30 anni di carriera.
RM: Regista Park, ha fatto un lavoro magnifico e.. spero continuerà così (ride). Se ci sarà mai l'occasione di incontrarci e bere qualcosa insieme, spero vorrà raccontarmi tanti retroscena e storie interessanti. Non vedo l'ora di guardare i suoi prossimi film. Grazie a lei, gli ultimi mesi sono stati molto piacevoli e divertenti.
⠸ eng : © fIytomyR00M ; © KNJsSource | ita : © Seoul_ItalyBTS⠸
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Non lo farà mai l'esame di coscienza perché è convinta di aver fatto tutto giusto e che la colpa sia solo delle ragazze.
Risultati a parte se dopo 6 anni a malapena le giovani l'hanno salutata e le altre nemmeno le hanno rivolto lo sguardo un motivo ci sarà.
Io comunque spero in qualche frecciatina da parte delle ragazze.
Riguardando un pò la situazione direi che hanno sbagliato entrambe le parti. Da una parte abbiamo le senatrici che ancora una volta si aspettavano la titolarità (quando Milena ha detto di voler far giocare le giovani, sembra che alcune giocatrici di lunga esperienza abbiano fatto il muso) e dall'altra abbiamo una ct che non ha saputo tenere bada uno spogliatoio frammentato, teso e confuso. Il suo trattamento verso Yaya e Gama è stato veramente infantile (pure io, come Gama, mi sarei inca**ata se avessi scoperto di essere fuori dai giochi tre giorni prima della convocazione finale senza una telefonata da parte della ct). Che alcune si aspettassero il posto sicuro non mi stupisce, comunque. Anche qui, sempre colpa di Bertolini che ha una visione tutta sua della nazionale, che non cozza con la realtà. Troppo lenta e indecisa nelle decisioni più importanti (il benedettissimo ricambio generazionale fatto alla ca**o di cane). Troppo accomodante in alcune occasioni (favoritismi ci sono stati per troppo tempo). Per forza che il clima ormai è più tossico del fiume Po.
Soncin avrà da lavorare su parecchio.
Ps: Vorrei aggiungere una cosa: Ovviamente non sappiamo la realtà, ma le parole hanno un peso. E dalle varie interviste (specialmente quella di oggi) viene fuori comunque un "film" raccontato in un modo che dipinge le calciatrici e bertolini come personaggi insufferabili, delle eroine incomprese che non sanno stare al mondo. Una narrativa che comunque mi sta stancando un sacco.
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E dopo il C0VID… il riscaldamento globale.
Post del 7 Maggio 2021
Il giornalismo di inchiesta è sostanzialmente sparito dai media mainstream mondiali. Per una ragione molto semplice: i proprietari di tali media sono talmente ricchi e potenti che meno si investiga e meglio è in generale, dal loro punto di vista. Al più si può spacciare la propaganda per inchiesta, quando questo si rivela funzionale agli interessi della proprietà, specialmente in funzione di character assassination di personalità scomode.
Allo stesso modo, chi prova ad indagare in senso opposto alla narrativa dettata dai giganti dell’informazione è liquidato come cospiratore nonché odiatore di professione. Una di queste schegge impazzite è Project Veritas (PV), un gruppo conservatore americano che porta avanti operazioni di “stinging” a telecamera nascosta. Più che giornalismo di inchiesta, si tratta di operazioni che mettono in grande imbarazzo personalità o organizzazioni che orbitano nella galassia del politically correct.
Ovviamente questo ha fatto sì che Project Veritas venisse liquidata come una entità che fa “disinformazione”. Accusa in realtà molto difficile da sostenere (i filmati prodotti in molti casi parlano da soli) e che ha portato il gruppo a reagire avviando cause per diffamazione tra gli altri contro il New York Times e la CNN.
E proprio la CNN è stata oggetto delle recenti attenzioni di PV, con una serie di operazioni che hanno messo in luce il segreto di Pulcinella, ovvero i giganteschi bias politici dell’emittente americana. Che in quanto “politici” non sono comunque oggetto del nostro interesse.
Molto più interessanti sono altre dichiarazioni, sfuggite al direttore tecnico della CNN in un colloquio con un membro del team di PV sotto copertura. Sono dichiarazioni interessanti perché gettano una luce sinistra sulla prossima operazione a cui verosimilmente tutto il mondo dell’informazione mainstream intende dedicare i suoi massimi sforzi, nel post-C0V!D.
Perché esperienza insegna che la narrativa della CNN (pur con diversità di accenti) è la stessa del New York Times, del Washington Post, del Guardian, dell’Independent, della Disney, del National Geographic, del Times, dell’Economist, dello Spiegel e di innumerevoli altri conglomerati mediatici dai quali, a sua volta, la stessa narrativa percola sul resto dei media planetari. Compresa, ovviamente, la provincia mediatica italiana.
Ed è per questo che le parole di Charlie Chester, direttore tecnico della CNN, pesano particolarmente. Tanto più che lo stesso Chester nell’intervista confessa che la “nuova” linea editoriale è stata dettata dal vertice dell’azienda, a seguito di non meglio precisate consulenze di alto livello.
CNN: C’è una certa “stanchezza da C0V!D”… E quindi quando vengono fuori delle storie nuove, la gente tende ad aggrapparvisi… I nostri capi ci hanno già detto che quando il pubblico sarà pronto, allora ci concentreremo sul clima… Il Global Warming e cose del tipo… “qual è il mondo che voglio”? Sarà questo il nostro nuovo focus come CNN: la “consapevolezza climatica”.
PV: In che modo lo farete?
CNN: Non ho ancora ben chiaro come lo faremo, ma comunque faremo cose del tipo… video martellanti sui ghiacci che si sciolgono, e i riflessi sull’economia.. Martelleremo su roba del genere…
PV: Chi ha preso questa decisione?
CNN: “Questa decisione è stata presa dal Presidente in persona, con i suoi consulenti… Sarà la nostra nuova…”storia pandemica”, che manderemo avanti fino alla morte, ma questa sarà più longeva del C0V!D. Non è come una pandemia, che prima o poi finisce… Il Global Warming è spendibile per anni, e quindi potremo rimestarci per un bel po’…”
PV: Quindi Global Warming a tutto spiano?
CNN: Si, preparatevi: sta arrivando.
PV: Quindi il Global Warming sarà il “nuovo C0V!D”?
CNN: Sì, è così che ce l’hanno venduta. A meno che non si tratti più che altro di una chiamata alle armi per farci scrivere sopra un bel po’, e poi vedere come viene..
PV: Quindi potrebbe essere una cosa del tipo… Paura per il clima?
CNN: Sì. La paura vende.
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Raffaele Murru - Il romanzo “Malfidano” Storie di coraggio e resistenza
Una narrazione intima e potente che dà voce alle donne e ai sacrifici dimenticati delle lotte operaie in Sardegna
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Raffaele Murru, scrittore sardo, presenta il suo romanzo “Malfidano” edito da Albatros il Filo e disponibile alla vendita dal 6 maggio 2024. L’opera si addentra nelle pieghe della storia per rievocare un tragico episodio avvenuto nel sud della Sardegna nel 1904, quando i minatori delle miniere Malfidano, a Buggerru, insorsero contro condizioni lavorative disumane. Lo sciopero, segnato dalla repressione violenta dei soldati del Regio Esercito, si concluse con un eccidio destinato a imprimersi nella memoria collettiva come il germe dei primi moti sindacali nell'isola.
Con una scrittura lineare ed evocativa, Raffele Murru non si limita a raccontare i fatti, ma ci invita a immergerci nel loro impatto umano e sociale, aprendo una finestra su un’epoca in cui la miseria e l’oppressione non lasciavano scampo. La scelta di adottare il punto di vista delle donne rappresenta il cuore pulsante di "Malfidano". Personaggi come Angela, Nora, Fella, Silvia e la piccola Anna non sono semplici comparse, ma chiavi di lettura fondamentali per comprendere la dura realtà di chi viveva ai margini di un sistema sociale ingiusto. Le lavoratrici delle laverie, madri, figlie e mogli dei minatori, sono le custodi di una resistenza silenziosa ma essenziale. Con la loro invisibile forza, emergono come simboli universali della lotta per la dignità umana, portandoci a riflettere non solo sulle battaglie passate, ma anche su quelle che ancora oggi affliggono le donne e i lavoratori in molte parti del mondo. La narrativa di Murru crea un parallelismo potente tra passato e presente trattando temi che, pur contestualizzati storicamente, restano rilevanti. La lotta per i diritti, le diseguaglianze sociali, il peso della condizione femminile e il coraggio umano di fronte all’ingiustizia trovano un terreno comune che invita il lettore a un coinvolgimento profondo, intimo.
Il romanzo si caratterizza per un nuovo Verismo capace di evocare il reale con la precisione delle immagini di un film. Le descrizioni delle miniere, dei volti segnati dalla fatica e dei paesaggi aspri della Sardegna, immergono il lettore in una dimensione che sembra tangibile, restituendo con intensità il clima che veniva respirato all’epoca. Questo approccio, insieme alla volontà di dare spazio alle voci dimenticate, rende “Malfidano” un’opera che attraversa i confini della letteratura storica per farsi monito e strumento di consapevolezza.
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Dietro questa opera c’è la figura di Raffaele Murru, nato a Cagliari nel 1996 e cresciuto a Iglesias, nel cuore delle aree minerarie che racconta con tanto trasporto. Con una formazione in Archeologia e Storia dell’Arte presso l’Università degli Studi di Roma Tre, lo scrittore coniuga la ricerca accademica con una spiccata sensibilità narrativa. La sua esperienza nel campo della cinematografia arricchisce ulteriormente il suo stile che assume una forte tridimensionalità. “Malfidano” non è solo un libro, ma un viaggio nel tempo che invita a mantenere viva la memoria dei sacrifici passati e a guardare con occhio critico il presente. Questo romanzo è una preziosa testimonianza di come la letteratura possa dare voce agli eventi spesso dimenticati dalla storia ufficiale.
Instagram: https://www.instagram.com/rafmurru/
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Un'altra vita di Antonia Calabrese: quando l'amore trionfa sulla morte.
Un viaggio transpersonale e spirituale nel profondo dell'animo umano.
Un viaggio transpersonale e spirituale nel profondo dell’animo umano. Antonia Calabrese, autrice prolifica e appassionata, ci regala con Un’altra vita un romanzo di formazione che attraversa i temi della spiritualità, della religiosità e delle scelte morali, toccando corde profonde dell’anima. Pubblicato il 25 luglio 2021, questo romanzo si pone come una riflessione sulla vita e sulla morte,…
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“ Mettiamo per ipotesi che volessimo ripercorrere la storia di un uomo terribile come Adolf Hitler. La raccontiamo dall’adolescenza alla presa del potere? Dalla presa del potere alla disfatta? Scegliamo solo un episodio significativo? Narriamo tutta la sua vicenda dagli inizi alla morte? Il problema più importante è decidere se il dittatore sarà il protagonista assoluto: sarà «visto» da un altro (o altri) oppure sarà raccontato oggettivamente? Nel primo caso verrà fuori un personaggio «filtrato» attraverso una precisa (e quindi parziale) esperienza; nel secondo egli risulterà così come realmente è stato, nella sua verità storica. Esaminiamo adesso questa seconda eventualità. Al di là della «autenticità» dei fatti che racconteremo, da un punto di vista strettamente narrativo siamo costretti a sciogliere un nodo molto difficile: riusciremo a rappresentare bene un personaggio così «negativo»? O meglio: riusciremo a renderlo in tutta la sua negatività? Nella nostra testa egli è la quintessenza della malvagità e del cinismo, ma poi, passando alla scrittura riusciremo a «restituirlo» così come lo immaginiamo? Sicuramente no, a meno di non renderlo «incredibile», falso, forzato. Non ci riusciremo perché nel momento in cui dobbiamo approfondire il personaggio - anche per cercare le ragioni più o meno oscure della sua violenza - finiamo fatalmente per trovargli una, seppur aberrante, giustificazione. E senza volerlo, faremo di Hitler un eroe, un sublime dannato, grande come un demone dell’apocalisse, una vittima di sé stesso, carismatico com’è carismatico il male.
Penso, ad esempio, al Riccardo III di Shakespeare, allo spietato duca di Gloucester, il quale riesce a salire sul trono d’Inghilterra dopo aver fatto assassinare mezza corte reale. La sete di potere acceca quest’uomo infelice (è nato storpio e claudicante) e quando alla fine il conte di Richmond giungerà a liberare il paese dall’usurpatore, questi, nel momento di morire, acquisterà la sua dimensione tragica ed eroica. Riccardo è un uomo reso cinico dalla natura, un «mostro» suo malgrado. La sua malvagità è in qualche modo legittimata dalla sua infelicità. Come potremmo noi, oggi, senza falsare smaccatamente la storia, trovare la spiegazione delle atrocità naziste nella contorta personalità di Hitler? Ogni tentativo di collegamento tra il carattere del dittatore e gli avvenimenti della storia è destinato al ridicolo.
Uno scrittore (di letteratura, di cinema, di teatro eccetera) non può fare a meno di andare nel fondo dei personaggi, di pescare nelle loro contraddizioni, nella loro essenza segreta. Là dentro si muovono forze creaturali capaci di rendere un uomo libero o schiavo di sé stesso. Ma in tutti e due i casi egli è innocente. Come può uno scrittore lavorare con un personaggio senza un briciolo di luce? Un Hitler tutto nero, insensatamente malvagio, rischia di diventare una caricatura, un burattino, la maschera del cattivo: niente di più schematico. Julien Sorel (protagonista di Il rosso e il nero), personaggio arrivista e assassino, è amato da Stendhal malgrado sia «negativo»: lo scrittore ne descrive con pietas il desiderio frustrato di adeguarsi alla morale della Restaurazione francese. Se volessimo dunque raccontare la malvagità di Hitler, sia come uomo sia come dittatore, senza «salvarlo» in qualche modo, saremmo costretti a farne un ritratto bugiardo. Quindi è meglio trovare un’altra strada, una maniera «trasversale» di raccontare il personaggio. Magari, come avevo accennato, cercando un altro protagonista e lasciare che sia lui a far da intermediario. “
Vincenzo Cerami, Consigli a un giovane scrittore. Narrativa, cinema, teatro, radio, Garzanti, 2002; pp. 28-30.
[1ª edizione: Einaudi, 1996]
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Come granelli di sabbia i momenti preziosi vissuti assieme scivolando dalle mie mani, inducendo in me la sensazione di esser spettatore della mia vita e non più artefice della stessa.
Vivere per me significa assistere ad un processo in continua evoluzione, il cui andamento però pare tanto periodico quanto ironicamente fuori dal nostro controllo: consapevolezza non implica cambiamento.
Frammenti fugaci di vite passate si manifestano sottoforma di sequenze di ricordi non lineari, mettendo in risalto un aspetto duale delle relazioni umane: anche dopo la loro fine il loro eco riverbera nel nostro immaginario sotto forma di analogia all'interno di quell'esperienza soggettiva che erroneamente etichettiamo come realtà.
Provocano in me una sensazione di estrema inquietudine, che definirei dissonanza cognitiva, causata dalla mia incapacità di conciliare aspetti contradditori del comportamento umano.
La maggior parte delle persone è in grado di costruire una narrativa semplicistica della loro esperienza di vita nascondendo le incongruenze sotto il tappeto, io non ci riesco.
Sento che per sopravvivere dovrò "morire" come muore una persona affetta da amnesia.
Che senso ha scegliere se sono consapevole di non esser in grado di prevedere il risultato delle mie azioni?
14/11/24 - 5 AM
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Il Viaggio di Paulo Coelho verso l’Icona Letteraria Globale
Paulo Coelho è diventato uno dei più celebri scrittori contemporanei grazie alla sua capacità di toccare corde universali con le sue storie spirituali e ricche di saggezza. Nato in Brasile, la sua vita è stata un percorso straordinario che lo ha portato da esperienze difficili a un successo globale come autore. Il suo cammino, nonostante le numerose sfide, ha ispirato milioni di lettori in tutto il mondo, e attraverso piattaforme come z.library Coelho ha visto le sue opere diffondersi tra coloro che amano la lettura digitale.
Le Origini di Coelho: Ribellione e Sogni Infranti
Il viaggio di Coelho inizia con una giovinezza turbolenta caratterizzata da una ricerca costante di libertà e comprensione. Cresciuto in una famiglia conservatrice, trovava spesso rifugio nei libri e nei sogni di diventare uno scrittore. Tuttavia, il suo spirito ribelle portò anche a difficoltà personali. Fu mandato in istituti psichiatrici dai genitori preoccupati per il suo comportamento anticonformista ma non si lasciò abbattere e usò queste esperienze come fonte d’ispirazione.
Un insegnamento nascosto nella sua esperienza adolescenziale è l’importanza della perseveranza e della ricerca di sé, valori che traspaiono in molti dei suoi scritti. È come se ogni libro fosse una parte di lui stesso riflessa tra le pagine.
Il Momento di Cambiamento: Santiago e il Pellegrinaggio
Uno dei momenti più significativi nella vita di Coelho avvenne quando decise di intraprendere il famoso cammino di Santiago de Compostela. Questo pellegrinaggio fu un’esperienza di trasformazione profonda che segnò una svolta spirituale e letteraria nella sua vita. Al termine del cammino, Coelho sentì il bisogno di condividere questa scoperta interiore attraverso la scrittura.
Il Pellegrinaggio divenne il primo romanzo in cui Coelho esplora il concetto di ricerca personale e realizzazione, un tema che sarebbe poi diventato centrale in tutta la sua opera. Per lui, scrivere non era solo raccontare una storia, ma offrire ai lettori una guida alla scoperta di sé.
L'Alchimista: Il Successo Mondiale
Con la pubblicazione de L’Alchimista, Paulo Coelho raggiunse il successo planetario. Questo romanzo, incentrato sulla ricerca del proprio destino, ha conquistato lettori di ogni età e cultura per la sua semplicità e profondità. L’alchimista ha venduto milioni di copie e ha trasformato Coelho in una figura iconica nella letteratura moderna.
La sua popolarità si basa su alcuni punti distintivi che fanno di lui un autore unico:
Storie dal linguaggio semplice e diretto
Temi universali come l’amore e la realizzazione personale
Spiritualità e filosofia accessibili a tutti
Utilizzo di personaggi che riflettono il viaggio interiore dell’autore
Inoltre, la presenza delle sue opere nelle biblioteche digitali ha permesso a sempre più persone di scoprire il suo mondo letterario senza dover andare in una libreria fisica.
Il Messaggio di Coelho: Trasformare il Dolore in Crescita
I libri di Paulo Coelho non sono solo romanzi ma veri e propri strumenti di riflessione per affrontare le sfide della vita. Coelho invita i lettori a considerare le difficoltà non come ostacoli, ma come opportunità di crescita e trasformazione. La sua filosofia si rivolge a chiunque cerchi uno scopo più profondo nella propria esistenza e riconosce che la vita è una continua evoluzione.
Riflessioni Spirituali nei Romanzi di Coelho
Le riflessioni spirituali sono il cuore della narrativa di Coelho. Nei suoi romanzi, ogni esperienza è vista come un tassello essenziale del viaggio umano. Tra visioni mistiche e insegnamenti antichi, Coelho invita ciascun lettore a esplorare la propria anima e a trovare risposte dentro di sé.
Un Esempio di Perseveranza per Scrittori Emergenti
Paulo Coelho è oggi una fonte di ispirazione non solo per i lettori, ma anche per molti scrittori emergenti che vedono nel suo percorso una prova che, nonostante le difficoltà, il successo è possibile.
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