#emanuele macaluso
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paoloferrario · 8 months ago
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il ricordo di Emanuele Macaluso, a cento anni dalla nascita, articolo biografico di Daniela Preziosi, in Domani 21 marzo 2024
letto in edizione cartacea cerca in: https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/ricordo-emanuele-macaluso-prp0q4j6
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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L'Unità: il quotidiano torna in edicola
L'Unità, il quotidiano fondato da Gramsci nel 1924, è tornato in edicola. Dopo sette anni, ieri 16 maggio, è uscito il primo numero di quella che promette di essere un nuovo giornale. Edito da Romeo editore e diretto da Piero Sansonetti, il programma del quotidiano, disponibile in versione cartacea e online, è chiaro. L'Unità, il quotidiano degli operai e dei contadini L'Unità - Quotidiano degli operai e dei contadini nasce nel 1924 per idea di Antonio Gramsci come organo del Partito Comunista Italiano. Dal 1926 al 1945 il quotidiano esce come giornale clandestino. Viene editato prima in Francia e, dal 1942, torna in Italia. Dalle sue pagine segue le vicende del nostro Paese fino agli anni Novanta. In occasione del rapimento di Aldo Moro non esita a condannare le Brigate Rosse definendole "nemici della democrazia". Vede il crollo del muro di Berlino, lo scioglimento del Partito Comunista Italiano, e la nascita da allora di Partito Democratico della Sinistra e i Democratici di Sinistra. Con gli anni Ottanta iniziano i primi problemi legati alle vendite. Le numerose iniziative editoriali riescono a tenerlo a galla per alcuni anni ma gli anni Novanta e i primi Duemila sono caratterizzate da continue chiusure e rinascite. Come indicato da Gramsci, l'Unità continuerà ad essere dalla parte dei più deboli. E se all’origine era rivolto a contadini e operai, oggi sarà la testata anche di migranti e detenuti. Pur mantenendo sempre netta la propria indipendenza, l’Unità sarà vicina al Pd, principale forza politica della sinistra, e al pensiero di Papa Bergoglio che, attualmente, rappresenta un punto di riferimento ideologico.Piero Sansonetti alla presentazione della nuova edizione de l'Unità La Festa dell'Unità Nei suoi sessant'anni e più, l'Unità curato non solo la riflessione più strettamente legata all'attualità e alla politica ma si è proposto come luogo di scambio culturale. Ha ospitato scritti, tra gli altri, di Cesare Pavese, Italo Calvino, Ada Gobetti, Pier Paolo Pasolini. Ha editato i settimanali satirici Tango, curato dal vignettista Sergio Staino, e Cuore curato da Michele Serra. Quel legame tra appartenenza politica di sinistra e interesse culturale si esprimeva ancora maggiormente in quella che possiamo considerare un'iniziativa iconica del quotidiano: la Festa de l'Unità. Organizzata originariamente per finanziare il partito, la Festa de l'Unità diventa ben presto una rete di appuntamenti in diverse città d'Italia. La nuova Unità Dopo la direzione da parte di nomi quali Ottavio Pastore, Pietro Ingrao, Emanuele Macaluso, Massimo D'Alema, Walter Veltroni, Furio Colombo, la nuova edizione dell'Unità è diretta da Piero Sansonetti, ex direttore de Il Riformista. Come dichiarato dallo stesso Sansonetti, il quotidiano sarà "garantista, socialista, cristiano, liberale, non liberista". In edicola a 1,50 euro, la redazione del cartaceo conterà sei redattori, altri per la redazione online e diversi collaboratori esterni. Il giornale si comporrà di 12 facciate e ospiterà ogni settimana la rubrica Nessuno tocchi Caino, curata da Sergio D'Elia ed Elisabetta Zamparutti. Ogni giorno, infine, sarà pubblicato un articolo dall'archivio de l'Unità. Un archivio che ben presto sarà a disposizione di tutti online. In copertina foto di Pexels da Pixabay Read the full article
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malefica67 · 4 years ago
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Io rimpiango le sedi di confronto e di lotta politica che erano i partiti. Oggi non esistono luoghi dove si discute, si svolta, si dissente, si formano opinioni.
Emanuele Macaluso
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raucci · 6 years ago
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Ho voluto scrivere oggi su questa misera storia perché rivela un modo d'essere di una parte del quadro politico di questo movimento che, però, governa l'Italia
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adrianomaini · 3 years ago
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Un fare che Hobsbawm definì da sceriffo
Un fare che Hobsbawm definì da sceriffo
Fotocopiadi un ritratto di Hobsbawmfatto da Reinhard Koselleck,giugno 1947 (MRC, EHP, 937/7/8/1) – Fonte: Anna Di Qual, Op. cit. infra I racconti che Donini richiamandosi a Gramsci gli fece sui lazzarettisti e sui briganti aprivano una finestra su una realtà per Hobsbawm inedita: lui, uomo metropolitano che frequentava ambienti intellettuali di alto livello tra Cambridge, Londra e Parigi, trovò…
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toscanoirriverente · 3 years ago
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Giustizia, il Paese senza memoria
di Angelo Panebianco
Forse la lettera a Il Foglio con cui, alcuni giorni fa, Luigi Di Maio ci metteva al corrente della sua svolta garantista è il frutto di una autentica conversione. Oppure di un astuto calcolo: magari non ci saranno veti sul suo nome quando, tra qualche mese o anno, si apriranno le consultazioni per la formazione del futuro governo. O forse è il frutto di entrambe le cose. Ma non è importante. Quella svolta merita comunque apprezzamento. È essenziale però non sopravvalutarne le possibili conseguenze. In un Paese senza memoria storica si fa presto a scambiare gli effetti per le cause: si fa presto,ad esempio, a credere che siano stati i 5 Stelle a imporre all’Italia la loro visione forcaiola della vita pubblica. Talché, se Di Maio riesce a convertirli alla civiltà (giuridica in questo caso), il gioco è fatto,i problemi sono risolti. Ma no. Per niente. I 5 Stelle non sono una causa, sono un effetto. È perché in ampi settori dell’opinione pubblica era radicata quella visione forcaiola che i 5 Stelle hanno avuto successo, sono diventati addirittura il primo partito alle ultime elezioni. Ignora la storia e scambierai le lucciole per lanterne, le cause per gli effetti. Qualcuno si ricorda ancora del caso di Enzo Tortora? All’epoca l’espressione circo mediatico-giudiziario non era ancora stata inventata. Tortora venne arrestato nel giugno del 1983 per (niente meno) associazione camorristica. Si scatenò contro di lui, rinchiuso in una cella, una sarabanda mediatica selvaggia, violenta, durata mesi e mesi. Poiché coloro che si occupavano del caso alla Procura di Napoli avevano deciso che Tortora fosse un capo della camorra, l’intero Paese, per un bel po’, accettò di credere, a scatola chiusa, a quella bufala. Cosa accadde ai responsabili, giudiziari e non, di quella vicenda? Le loro carriere vennero stroncate? Furono per lo meno danneggiate? No, non pagarono dazio. Non subirono alcuna sanzione. Il caso Tortora dimostrò a tutti che in questo Paese è possibile sequestrare un innocente, tentare di distruggerlo, presentarlo come un mostro sui mezzi di comunicazione, senza che ciò comporti il benché minimo danno per la carriera dei responsabili e dei loro complici. La verità è che, come il caso Tortora dimostrò, il principio (di civiltà) della presunzione di non colpevolezza non è mai stato davvero accettato in questo Paese. Poi arrivò Mani Pulite. Colpì la diffusa corruzione. Essa doveva essere colpita. Ma i modi in cui ciò avvenne non furono tutti irreprensibili. Pochi oggi negano che ci furono degli eccessi: altro che rispetto della presunzione di non colpevolezza. Si verificò, inoltre, un rovesciamento dei rapporti di forza fra magistratura e politica i cui effetti perdurano tutt’ora. Posso assicurare per esperienza che a quell’epoca criticare certi aspetti della «rivoluzione giudiziaria» allora in atto significava diventare il bersaglio degli insulti di quello che allora era chiamato «popolo dei fax», coloro che inneggiavano alle manette, che volevano il sangue. Per inciso, sarebbe interessante se qualche psicologo studiasse gli effetti che produsse sui bambini e gli adolescenti di allora sentir dire da tutte le televisioni dell’epoca che l’Italia è un «Paese di ladri». È cambiato qualcosa? È stato ripristinato, nella coscienza dei più, il principio della presunzione di non colpevolezza? Si è posto fine alle gogne mediatiche? No, non è mai cambiato niente. Le cause sono diverse. C’è certamente la circostanza che la politica ha alimentato queste tendenze: i politici sono garantisti quando oggetto di provvedimenti giudiziari sono loro o i loro amici, sono forcaioli quando vengono colpiti i loro avversari. Ciò è il frutto di un atteggiamento strumentale e opportunistico (di tanti italiani, non dei soli politici) nei confronti delle leggi. Vale ancora, anzi vale più che mai, quanto disse circa cento anni fa Giovanni Giolitti: «In Italia, le leggi si applicano ai nemici e si interpretano per gli amici». Vale anche il fatto che, causa dell’unità delle carriere dei magistrati, molti italiani non riescono a distinguere fra un giudice e un procuratore. E se un procuratore è chiamato giudice, questo non è un errore innocente. Ne deriva infatti che i suoi provvedimenti verranno scambiati per sentenze: l’indagato diventa così un colpevole il cui reato è stato provato. Il processo diventa superfluo, anzi un fastidioso onere per i contribuenti. Al fondo naturalmente giocano le nostre tradizioni illiberali. Intendiamoci: anche nei Paesi anglosassoni, nei quali i principi liberali sono più saldi e che per questo alcuni di noi ammirano, ci sono nella pubblica opinione tendenze forcaiole. Ma, per lo più, in quei Paesi sono garantiste le élite, è garantista la classe dirigente. Essa è pertanto in grado di fare muro, di impedire alle pulsioni illiberali di una parte del pubblico di fare gravi danni. In Italia, invece, ci sono segmenti delle élite (per esempio, intellettuali) che condividono il credo forcaiolo di una parte dell’opinione pubblica. Per questo in Italia non ci sono vere barriere. Si noti che tutto ciò non dipende dalla divisione fra guelfi e ghibellini, fra la destra e la sinistra. Si pensi a un grande vecchio, un protagonista della storia comunista, scomparso di recente: Emanuele Macaluso. Combinava una visione togliattiana della politica e una concezione liberale della giustizia. Non credo che Di Maio riuscirà davvero a convertire molti fra i 5Stelle. Dovrebbero rinunciare alla vera «ragione sociale» del loro movimento politico. Dovrebbero rinunciare anche all’alleanza di fatto che hanno stabilito con il settore più politicizzato e militante della magistratura. In ogni caso, si ricordi che le ragioni che spiegano la prevalenza in questo Paese di atteggiamenti illiberali in materia di giustizia, sono profonde, vengono da lontano. La pur meritoria dichiarazione di un politico non basta a cambiare le cose . Non può sostituire una lunga e faticosa opera di rieducazione del pubblico. Che dovrebbe cominciare a scuola. Basta metterla così per capire quanto possa essere ardua l’impresa.
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paneliquido · 4 years ago
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CENT'ANNI DI COMUNISMO
Nessuno, il 24 febbraio scorso, ha festeggiato il centenario del partito nazista di Hitler, così come nessuno, il 21 gennaio prossimo, celebrerà propriamente il centenario del Partito Comunista, sezione italiana dell’Internazionale comunista legata alla Rivoluzione d’ottobre. Il paragone ci sta tutto: sono stati, entrambi, due partiti totalitari e corresponsabili delle peggiori atrocità del Novecento. Sul centenario comunista uscirà qualche libro: uno l’hanno già scritto Ezio Mauro e Mario Pendinelli per Marsilio («Quando c’erano i comunisti», titolo che infatti parla al passato) e un altro sta per pubblicarlo Emanuele Macaluso, che ha 97 anni. Le ombre di morte e atrocità che accompagnano questi totalitarismi sono le stesse per cui in Italia un serio partito fascista non esiste più (sarebbe fuorilegge) ma è anche la ragione per cui in Italia anche i comunisti non esistono più (sono assenti dal Parlamento) e non si trova quasi più nessuno disposto ad ammettere di essere stato comunista. Restano le accuse incrociate di essere «fascista» o «comunista» intese come insulti: ma la prima è la proiezione di un’ombra di settant’anni fa, la seconda è un’eredità di ieri che pesa ancora sulla società italiana, anche perché, come insegna una nota legge fisica, nulla si distrugge ma tutto si trasforma. In che cosa?La maggior parte degli ex comunisti ha optato per la versione di Walter Veltroni: «Eravamo solo i ragazzi di Berlinguer», cognome che ancor oggi suscita applausi per mera ignoranza o perché molti, in realtà, applaudono solo alla loro giovinezza. Peccato che anche qui - detto senza acrimonia - i più ignorino o rimuovano ciò che Berlinguer effettivamente disse e fece, tanto che certe «operazioni nostalgia» funzionano ancora benché recitino un copione surreale. Uno può rimpiangere chi vuole: ma la sinistra di Berlinguer, storicamente, è quella che perse il referendum sulla scala mobile, che scelse di non schierarsi con gli Stati Uniti, che flirtò ancora con i sovietici che intanto puntavano missili nucleari contro di noi, è la sinistra che non volle trattare durante il rapimento di Aldo Moro e che rifiutò ogni riformismo che era invece cavallo di battaglia di Craxi. Il quale fu odiato per molte ragioni, ma la principale fu che l’Occidente guardava a lui come una sinistra schierata dalla parte giusta, come diverse interviste fatte a Massimo D’Alema hanno ricordato. Purtroppo, nella recita generale, persino Matteo Renzi è riuscito a sostenere che Berlinguer «è stato il leader che per primo ha portato la sinistra italiana dalla parte giusta della storia»: il contrario perfetto della verità, perché le posizioni di Berlinguer su mercato e imprese e liberalismo erano da suicidio; ancora negli anni Settanta, a congresso, sosteneva che «è universalmente riconosciuto che nell’Urss esiste un clima morale superiore, mentre le società capitalistiche vengono sempre più colpite da un decadimento di idealità e valori etici e da un processo di corruzione e degrado». Il partito della «questione morale» berlingueriana, ricordiamo, prendeva segretamente rubli dall'Unione Sovietica, e il famoso il famoso «strappo da Mosca» non impedì al Partito di incamerare rubli sino a 1989 inoltrato, quando crollò tutto l'Est e il Pci dovette umiliarsi a cambiare nome. Saranno stati solo i ragazzi di Berlinguer, ma Berlinguer si schierò contro gli euromissili in risposta alla minaccia dell'Urss, cercò di salvaguardare lo zoccolo duro comunista e perse di vista i ceti emergenti, rimase assolutamente comunista («l’eguaglianza è molto più importante della libertà») e per lustri la sua sinistra bloccò ogni opera e infrastruttura pubblica che fosse più grande di una capocchia di spillo. Il 21 gennaio prossimo, a ben pensarci, si finirebbe per festeggiare la nascita di un partito che bloccò il nucleare (non da solo) ma che era anche contro la televisione (quella a colori in particolare) e contro l’automobile, contro l’Autostrada del Sole, contro la metropolitana, contro i grattacieli, contro i ponti e i sottopassaggi, contro l’alta velocità in ogni sua forma, contro i computer, contro l’automazione del lavoro, contro il part-time, contro tutto ciò che si è rivelato causa e conseguenza della modernizzazione di un Paese che oggi ci si lamenta non sia sufficientemente modernizzato: chissà come mai. I figli di Berlinguer erano comunque parte di una sinistra che condannava la famosa società dei consumi, e ricordarlo non è preistoria. L’Unità del 3 ottobre 1964: «Abbiamo l’autostrada, ma non sappiamo a che serve». L’Unità dell’8 gennaio 1977: «Gli investimenti in autostrade hanno aperto una falla difficilmente colmabile, a detrimento di investimenti la cui mancanza determina continui danni economici ed ecologici». Avevano già requisito la questione ecologica. Il 1977 del resto è l’anno in cui Berlinguer – alla vigilia di una straordinaria fase di espansione mondiale dell’Italia – dettava un’altra parola d’ordine: «Austerità… il mezzo per porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale».Non è un articolo storicheggiante, questo, non stiamo urlando «100 milioni di morti» e arrivederci: ricordiamo solo che negli anni Sessanta il tram era definito di sinistra e la metropolitana di destra, che la sinistra progressista si oppose a ogni sviluppo urbanistico verticale, a tutti i progetti di Alta velocità ferroviaria, alla variante di valico Firenze-Bologna, all’aeroporto della Malpensa, al progetto Mose per salvare Venezia, persino, come detto, alla televisione a colori che secondo l’Unità, nel 1977, era «caldeggiata dagli industriali» ma c’erano dubbi su «quando introdurla… chiarire se il Paese può sopportare questa spesa». La tv a colori ce l’aveva da decenni tutto il mondo occidentale. E non stiamo neanche a citare l’opposizione alle prime tv commerciali e a «un pluralismo televisivo illegale, incostituzionale e tecnicamente impossibile» (l’Unità). Già. Chi applaudiva ai pretori che spegnevano le tv di Berlusconi? chi si battè contro gli spot televisivi perché «non si interrompe un’emozione», come disse proprio Walter Veltroni?Rimosso tutto questo, dimenticata o falsificata la Storia, si riciccia allora il famoso «eurocomunismo» berlingueriano, oggetto misterioso che si rivolse ai partiti comunisti di Francia e Spagna e a un certo punto anche Inghilterra: sappiamo che doveva essere un progetto marxista intermedio al leninismo e al socialismo, e che, insomma, voleva reinventare il comunismo. Ma in realtà non sappiamo altro, a parte che una vera rottura con l'Unione Sovietica alla fine non vi fu, e che non fu mai sviluppata una strategia politica chiara e riconoscibile. L’unica cosa certa, e realizzata a livello europeo solo oggi, è che al posto del comitato centrale c'è un comitato economico e finanziario, e al posto dei proletari ci sono milioni di correntisti.Oggi dicono che «se ne occuperanno gli storici», ma forse è proprio questo a terrorizzare: che gli storici, com'è già accaduto, possano farsi soffocare da un conformismo il quale, per diradarsi, ha bisogno di decenni. Dicono «la Storia»: ma basta guardare a quanti poveracci, ancora, liquidino certi governi della Prima Repubblica come una fabbrica di debito pubblico e non (anche) come un motore della modernizzazione italiana dal Dopoguerra, quella che ci fece raggiungere il quinto posto tra i paesi industrializzati; basta guardare a quanti «ragazzi di Berlinguer» celebrino ancora Berlinguer che non ebbe ragione su niente. Basta guardare, chiediamo scusa, persino a questo governo: è composto in massima parte da ex comunisti o postcomunisti oltreché da grillini, una somma che, con la stessa e ipocrita aura di superiorità, favorì quell'antipolitica e quel qualunquismo che non si riversarono in una pulsione rivoluzionaria: si riversarono prima nel giustizialismo e poi nell’antipolitica. Insomma: i comunisti non esistono più, però sono al governo. E li riconosci anche con la mascherina.
Filippo Facci
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superfuji · 4 years ago
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Addio a Emanuele Macaluso, storico dirigente del PCI
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nandocan-posts-blog · 7 years ago
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Da Andreotti a Verdini, passando per Renzi
Da Andreotti a Verdini, passando per Renzi
Roma, 6 ottobre 2017 – Altro che l’eloquenza genericamente ansiosa di Ezio Mauro. A indicare con maggior precisione “il modo nuovo in cui una moderna sinistra deve agire” giustamente auspicato dall’ex direttore della Repubblica, ci ha pensato un sostituto procuratore di Pistoia, Fabio De Vizio, indicato oggi sullo stesso quotidiano da Sergio Rizzo  come uno “fra i massimi esperti di evasione e…
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glianni70 · 7 years ago
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Il teorema Calogero ed il PCI: la realtà supera ogni immaginazione nelle “oscure botteghe” della repressione!
Il teorema Calogero ed il PCI: la realtà supera ogni immaginazione nelle “oscure botteghe” della repressione!
Il teorema Calogero ed il PCI: la realtà supera ogni immaginazione nelle “oscure botteghe” della repressione!
Non siamo sorpresi e stupiti dalle dichiarazioni pubbliche di Umberto Contarello che, come giovane militante della F.G.C.I. padovana, è stato indottrinato direttamente nella sede del P.C.I. (capeggiato da Flavio Zanonato) e dal p.m. Pietro Calogerosu cosa dire e come dirlo, in qualità di…
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siciliatv · 2 years ago
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Sicilia, elezioni regionali del 25 settembre 2022. Ecco i candidati
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Elezioni Regionali Sicilia 2022: sono state pubblicate tutte le liste dei candidati presentate dai partiti per le votazioni che si terranno il prossimo 25 settembre riguardanti la regione. Le liste dei candidati Partito Democratico La lista dei candidati del Partito Democratico della Sicilia su base provinciale per le prossime elezioni regionali e il listino “Caterina Chinnici presidente”: - Catania: Barbagallo Anthony, Saverino Ersilia, Burtone Giovanni, Chinnici Valentina, Grasso Lev Salvatore Boris, Ferrante Massimo, Lo Giudice Antonino, Maugeri Mario, Panebianco Ketty Rita, Petta Giovanni, Randazzo Santi Maria, Faro Anna Maria Rita, D’Orto Concetta Antonella; - Agrigento: Catanzaro Michele, Martello Salvatore, Mazza Vita Maria, Passarello Calogero Raoul, Vella Stella, Zarcone Antonio; - Ragusa: Dipasuale Nello, Brullo Giuseppa, Stornello Francesco, Melia Silvia; - Trapani: Venuti Domenico, Bianco Giuseppe, Canino Lucia Daniela, Licari Maria Linda, Safina Dario; - Caltanissetta: Andaloro Marco, Castiglione Marina, Di Cristina Peppe; - Palermo: Cracolici Antonello, Angelini Fabio, Calabrese Antonio, Chinnici Valentina, Cosentino Isabelle Christine, Crisci Maria Rita, Giambona Mario, Li Calzi Cleo, Macaluso Pietro, Martorana Cettina, Mattaliano Cesare, Miceli Carmelo, Ribaudo Francesco, Spera Leonardo; - Enna: Venezia Sebastiano (Fabio), Patelmo Angela; - Messina: Bartolotta Antonino, Capria Francesco, Leanza Calogero, Mancuso Palmira, Mastroeni Giovanni, Pulejo Laura, Vitarelli Giuseppe; - Siracusa: Caramella katiuscia; Ciulla Vania; Cutrufo Gaetano; Spada Tiziano; Stefio Giuseppe. Centopassi per la Sicilia La lista dei candidai di Centopassi per le prossime elezioni di tutte le province: - Catania: Fava Claudio, Bellante Bruna, Benincasa Pompeo, Boria Laura, Brancati Domenico, Caruso Rosario, Colombrita Mario, Feltri Emanuele, Grassi Nicola, Grasso Domenico, Guglielmino Rosaria Valentina, Papa Marina, Zampaglione Amalia; - Agrigento: Aquilino Pietro, Fontana Vincenzo, Galvano Angela, Mallia Mario, Montalbano Giuseppe, Monteleone Teresa; - Enna: Zampaglione Amalia, Lentini Ettore; - Caltanissetta: Rubolo Fabio, Basile Valentina, Li voti Francesco. Forza Italia Anche la lista dei candidati di Forza Italia è stata pubblicata: - Agrigento: Margherita La Rocca Ruvolo, Riccardo Gallo, Vincenzo Fontana, Alessandra Fiaccabrino, Luigi Salvaggio, Angelo Vincenti; - Palermo: Miccichè Giovanni, Caputo Mario, Lentini Salvatore, Tamajo Edmondo, Alongi Pietro, Bruno Giuseppina, Cascio Francesco, Cicero Ilenia, Fricano Mario, Maniscalco Margherita, Mazzarino Adelaide, Mincica Giacomo, Morreale Pierluigi, Nicosia Silviane, Parisi Ferdinando, Vitrano Gaspare; - Catania: Marco Falcone, Alfio Papale, Nicola D’Agostino, Marco Maria Salvatore Alosi, Riccardo Angelo Pellegrino, Desirè Platania, Ivana Catena Pollicina, Antonino Russo, Salvatore Scollo, Marina Scordo, Deborah Tommasina Sozzi, Salvo Tomarchio, Antonio Villardita; - Enna: Francesco Occhipinti, Luisa Lantieri; - Messina: Bernardette Grasso, Tommaso Calderone, Giuseppe Picciolo, Giuseppe Corvaia, Bruno Cilento, Giovanni Villari, Donatella Sindoni, Daniela Di Ciuccio; - Palermo: Giovanni Miccichè, Mario Capito, Salvatore Lentini, Edmondo detto Edy Tamajo, Pietro Alongi, Giuseppina Bruno, Francesco Cascio, Ilenia Cicero, Mario Fricano, Margherita Maniscalco, Adelaide Mazzarino, Giacomo Mincica, Pierluigi Morreale, Silviane Nicosia, Ferdinando Parisi, Gaspare Vitrano; - Ragusa: Daniela Baglieri, Vincenzo Cannizzaro, Giovanni Cugnata, Marco Greco; - Siracusa: Edgardo detto Edy Bandiera, Corrado Bonfanti, Irene Ferrauto, Riccardo Gennuso, Concetta Morello; - Trapani: Antonino Detto Toni Scilla, Stefano Pellegrino, Nicola Li Causi, Rossana Palermo, Giusy Milazzo. Popolari e Autonomisti I candidati nella lista “Popolari e Autonomisti – Noi con la Sicilia. Schifani presidente”: - Palermo: Amato Paola, Barrale Valerio, Dell’Utri Giuseppe Paolo Emilio Alessandro, Di Carlo Calogero, Di Salvo Bartolomeo, Ferrigno Salvatore, Furio Maria, Gucciardo Manuela, Manfrè Gabriele, Marfia Annalisa, Panno Martina, Picone Morena, Saladino Paola, Testaverde Antonio, Lodato Patrizio, Vitello Claudia; - Trapani: Hopps Maria Concetta; Bonanno Giuseppe; La Barbera Claudia; Sturiano Vincenzo Patrizio; Rocca Angelo; - Caltanissetta: Caci Rosario, Dell’Utri Massimo, Ricotta Carmela; - Catania: Compagnone Giuseppe, Amendolia Antonino, Barchitta Francesco, Bucisca Martina Concetta, Caruso Gabriella Patrizia, Castiglione Giuseppe, Garigliano Francesca Filippa, Italia Salvatore, Lombardo Giuseppe, Porto Alessandro, Renna Sabrina Lucia Concetta, Sgroi Francesco, Spalletta Maria; - Siracusa: Bonomo Mario, Carta Giuseppe, Leone Raffaele, Tata Carmela, Raiti Adriana; - Enna: Colianni Francesco, Gemmellaro Francesca; - Messina: Genovese Luigi, Greco Marcello, Carnevale Emanuele, D’Angelo Nunziata, Frontino Luca, Mangano Paolo, Mazzeo Rosa Angela; - Agrigento: Di Mauro Giovanni, Galluzzo Assunta, Gulisano Giulia, Intorre Dyana, Licata Domenico, Maglio Vito; - Ragusa: Amato Paolo, Arestia Giuseppe, Nigro Rosaria, Vindigni Giovanni. Prima l’Italia – Lega Salvini Premier La lista dei candidati per il partito “Prima l’Italia – Lega Salvini Premier” è la seguente: - Agrigento: Carmelo Pullara, Carmelo D’Angelo, Sabrina Lattuca, Paola Sacco, Cesare Sciabarrà, Antonino Lauricella; - Caltanissetta: Oscar Aiello, Roberto Alabiso, Valeria Piera Rita  Vella; - Catania: Luca Rosario Luigi Sammartino, Fabio Cantarella, Anastasio Carrà, Santo Orazio Caruso, Carmelo Antonio Corsaro, Mercedes Floreana Di Mauro, Tiziana Fiscella, Agatino Giusti, Ignazio Mannino, Morsellino Brigida, Raffaela Musumeci, Sara Pettinato, Francesco Sanglimbene; - Enna: Nina Mancuso Fuoco, Lorena Amico; - Messina: Maria Aloisi, Antonella Bartolomeo, Giuseppe detto Peppino Buzzanca, Antonio Catalfamo, Giuseppe detto Pippo Laccoto, Giovanna Pantò, Davide Paratore, Marilena Salamone; - Palermo: Vincenzo Figuccia, Maria Anna Caronia detta Marianna, Alessandro Anello, Giovanni Di Giacinto, Giuseppe Arredi, Loredana Badalamenti, Carolina Barbagiovanni, Gaetano Cammarata detto Tanino, Maurizio Castagnetta, Salvatore Causarano, Michele Cerniglia, Giuseppe Di Vincenti, Simona Gallina, Davide Lercara, Alfonso Lo Cascio, Antonella Perrone; - Ragusa: Doriana Anzalone, Andrea La Rosa, Salvatore Mallia, Orazio Ragusa; - Siracusa: Vincenzo Vinciullo, Giovanni Cafeo, Deborah Marino, Corrado Roccasalvo, Martina Strano; - Trapani: Girolamo detto Mimmo Turano, Eleonora Lo Curto, Francesco Lombardo, Pietro Marino, Adelaide Terranova. Nuova DC I candidati per il partito “Nuova DC” in Sicilia sono i seguenti: - Agrigento: Carmelo Pace, Salvatore Fanara, Giuseppe Alaimo, Decio Terrana, Marinella Notonica, Chiara Cosentino; - Caltanissetta: Angela Cocita, Giuseppe detto Pino Federico, Calogero detto Gero Valenza; - Catania: Daniela Di Piazza, Maria Katia Muratore, Angela Reale, Cinzia Saccomando, Giovanni Bulla, Giovanni Giuffrè, Pietro Lipera, Giuseppe Marletta, Andrea Barbaro Messina, Giuseppe Orfanò, Giovanni Mario Rapisarda, Angelo Spina, Carmelo Tagliaferro; - Enna: Roberto Li Volsi, Filippa Greco; - Messina: Gabriella Barbera, Salvatore Merlino, Maria Teresa Prestigiacomo, Giovanni Princiotta, Federico Raineri, Carla Mariagrazia detta Mara Riscifuli, Massimo Russo, Salvatore Totaro; - Palermo: Nuccia Albano, Antonino Calia, Adriana Canestrari, Nicola Figlia, Giuseppe Gennuso, Nicola Greco, Elisabetta Liparoto, Giuseppe Manzella, Luciano Marino, Cristina Nasca, Sandro Oliveri, Angelo Onorato, Mauro Pantó, Carla Maria Grazia Riscifuli, Natale Tubiolo, Ignazio Zuccaro; - Ragusa: Ignazio Abbate, Sebastiano Gurrieri, Camerina Filippo Frasca, Paola Santificato; - Siracusa: Maria detta Maria Grazia Gennuso, Alessandra Giuffrida, Daniele Nunzio Lentini, Renzo Spada, Giuseppe Vasta; - Trapani: Giacomo Scala, Vito Gangitano, Rosalia Ventimiglia, Giuseppe Guaiana, Serafina Marchetta. Azione – Italia Viva La lista dei candidati con il partito “Azione – Italia Viva” è la seguente: - Agrigento: Fabrizio Di Paola, Rino Lo Giudice, Decimo Agnello, Giuseppe Pendolino; - Caltanissetta: Carmelo Migliore, Vincenzo D’Asero, Di Prima Giuliana; - Catania: Lucia Tuccitto, Nunzia Decembrino, Giuseppe Ferrante, Salvatore Bracci, Calogero Cittadino, Maria Alessandro Costarelli, Vincenzo D’Asaro, Davide Di Benedetto, Mario Greco, Massimo Maniscalco, Rosario Torrisi, Carmelo Sanfilippo, Cristiana Sammartino; - Enna: Andrea Virdi, Giuseppina Sinagra; - Messina: Gaetano Armao, Massimiliano Miceli, Maria Cristina Gambino, Antonio Giordano, Letterio Grasso, Luigi Sidoti, Noel Falduto, Massimo Maniscalco; - Palermo: Gaetano Armao, Francesco Bertolino, Aurelia Botto, Caronia Concetta Natalina detta Natalia, Calogero Randazzo, Domenico D’Agati, Guido Galipò, Leonardo Canto, Salvatore Biundo, Mauro Lo Baido, Sergio Burriesci, Maurizio Ficarra, Antonina Troia, Maria Calagna, Gaia Maria Perniciario, Manfredi Mercadante; - Ragusa: Maria Grazia Cultrera, Fabio Tolomeo, Vincenza Zagra, Tani Imelio; - Siracusa: Michelangelo Giansiracusa, Giuseppe Incatasciato, Giulia Licitra, Manuel Mangano, Giuseppina Valenti; - Trapani: Gaetano Armao, Giovanni Bavetta, Giuseppa Casabella, Francesca Incandela, Mariella Barraco. De Luca Sindaco di Sicilia Per quanto riguarda la lista dei candidati per il partito “De Luca Sindaco di Sicilia”, si tratta dei seguenti nomi: - Agrigento: Roberto Battaglia, Gaetano Cani, Ciro Miceli, Salvatore Monte, Maria Dalli Cardillo, Marzia Maniscalco; - Caltanissetta: Angelo Bellina, Marzia Maniscalco, Giampiero Modaffari; - Catania: Ludovico Balsamo, Alfio Barbagallo, Antonella Basso La Bianca, Salvatore, Giuseppe Canzoniere, Antonio Danubbio, Salvatore Giuffrida, Angelo Malannino, Davide Marraffino, Santo Orazio Primavera (detto Privitera detto Santo Privitera), Rita Graniti Puglia, Rita Carmelina Puglisi, Concetta detta Ketty Rapisarda, Davide Maria Catania Vasta; - Enna: Francesca Draià, Francesco Alberghina; - Messina: Cateno De Luca, Giuseppe detto Pippo Lombardo, Marco Giorgianni,Matteo Sciotto,Alessandro De Leo, Nicoletta D’Angelo, Concetta Crocè, Valentina Costantino; - Palermo: Ismaele La Vardera, Luigi detto Gigi Cino, Salvatore detto Salvo Geraci, Pietra detta Piera Chiarenza, Francesca Coco, Michele detto Ganci Gangi, Tommaso detto Massimo Gargano, Igor Gelarda detto Gelardi detto Gerarda, Antonella Panzeca detta Panseca, Salvina Profita, Umberto Richichi, Filippo Romano, Claudio Sala, Salvatore Sanfilippo, Pio Siragusa detto Siracusa, Thiyagarajah Ramani detto Ramy; - Ragusa: Saverio Buscemi, Lara Cavalieri, Antonio detto Antonello Firullo, Paolo Monaca; - Siracusa: Marco Bertoni, Mariano Ferro, Luigi Fiumara, Romina Miano, Luna Stella Sole; - Trapani: Daniele Mangiaracina, Giuseppe Lipari, Jessica Fici, Giuseppa Coppola, Franco Orlando. Sicilia Vera Invece, i candidati per la lista “Sicilia Vera” sono i seguenti: - Agrigento: Salvatore Malluzzo, Nicoletta Bonsignore, Alisia Casà, Eduardo Chiarelli Eduardo, Salvatore Marullo, Salvatore Nicolosi; - Caltanissetta: Marco detto Piero Maniglia, Guglielmo Panebianco, Maria Noemi detta Noemi Passaro; - Catania: Giuseppe De Luca, Luigi Messina, Angelo Villari Luigi Bosco, Rosa Contino, Nunziatina Di Cavolo, Vincenzo Di Silvestro, Federica Giangreco, Daniela Greco, Ginevra Liardo, Paola Marletta, Mirko Stefio, Attilio Luigi Maria Toscano; - Enna: Carlo Santangelo, Clorinda Perri; - Messina: Danilo Lo Giudice, Filippo Ricciardi, Antonio Restuccia, Marco Vicari, Eugenio Aliberti, Serena Giannetto, Stefania Giuffrè, Daniela detta Consolo Bruno; - Palermo: Antonino De Luca, Calogero Barbera, Giorgio Calì, Maria Carraro, Eugenio Ferraro, Maria Genduso, Vincenzo La Punzina, Valentina Lo Monte, Michele Longo, Maria Concetta Mandalà, Giovanni Mannino, Giuseppe Mineo, Maria Luisa Morici, Antonio Scaturro, Lina Vanessa Totaro, Francesco Valentini; - Ragusa: Andrea Distefano, Dario Giannone Malavita, Giulia Polizzi, Giuseppe Spadola; - Siracusa: Daniele Delia, Giuseppe detto Peppuccio Infantino, Maura Fontana, Enzo Vittorio detto Enzo Nicastro, Angelo Troia; - Trapani: Paola Badalucco, Sebastiano Grasso, Maria La Rosa, Francesco Poma, Salvatore Scianna. Movimento 5 stelle I candidati per il partito “Movimento 5 Stelle” sono i seguenti: - Agrigento: Giovanni Di Caro, Salvatore Ersini, Angelo Cambiano, Marcella Carlisi, Francesco Castrogiovanni, Veronica Bellicosi; - Caltanissetta: Nunzio Di Paola, Filippo Ciancimino, Maria Luisa Cinquerrui; - Catania: Nunzio Di Paola, Jose Marano, Cristiano Anastasi, Giuseppe Maria Purpora, Lidia Erminia Adorno, Martina Ardizzone, Teresa Corallo, Graziano Francesco Maria Bonaccorsi, Antonio Maria Bonaccorso, Angelo Attanasio, Giampaolo Caruso, Giuliana Gianna, Sebastiano Mario Valenti; - Enna: Angelo Parisi, Anne Ellen Devlin; - Messina: Antonino De Luca, Antonella Papiro, Cristina Cannistrà, Vera Giorgianni, Calogero Leanza, Lillo Valvieri, Giovanni Utano, Riccardo Zingone; - Palermo: Nunzio Di Paola, Luigi Sunseri, Roberta Schillaci, Adriano Varrica, Fabrizio Bilello, Provvidenza Barrovecchio, Massimo Ruggieri, Giorgio Castagna, Calogero Cerami, Maria Rosa Favuzza, Domenico Gambino, Irene Gionfriddo, Venera Lazareanu, Luca Lecardane, Antonino Parisi, Marianna Ruggeri; - Ragusa: Stefania Campo, Pietro Gurrieri, Gianluca Di Raimondo, Carmen Rabbito; - Siracusa: Giorgio Pasqua, Flavia Di Pietro, Fabio Fortuna, Carlo Gilistro, Serafina Prumeri; - Trapani: Nicolò La Grutta, Cristina Ciminnisi, Luca d’Agostino, Luana Maria Saturnino, Mauro Terranova. Fratelli d’Italia Il partito “Fratelli d’Italia” sta candidando le seguenti persone: - Agrigento: Paola Antinoro, Giovanni Cirillo, Giovanni Di Caro, Liliana Marchese Ragona, Matteo Mangiacavallo, Giusi Savarino; - Caltanissetta: Agata Amico, GiuseppeCatania, Salvatore detto Totò Scuvera; - Catania: Angela Foti, Gaetano Galvagno, Giuseppe Zitelli, Letterio Dario Daidone, Francesco D’Urso Somma, Tania Andreoli, Nocolò Bonanno, Riccardo Gabriele Castro, Santa Garilli, Francesco Longo, Barbara Agnese Mirabella, Carmelo Nicotra, Rosalba Giovanna Paglia; - Enna: Cermelo Barbera, Elena Pagana; - Messina: Elvira Amata, Giuseppe detto Pino Galluzzo, Luigi Miceli, Gaetano Nanì, Vincenzo Ciraolo, Ferdinando Croce, Giovanna Giacobbe, Teresa Pino; - Palermo: Alessandro Aricò detto Arricò detto Arigo, Brigida Alaimo, Antonella Calì, Simona Cascino, Fabrizio Ferrara, Valentina Guarino, Marco Intravaia detto Intravaglia (detto Intravia detto Travaglia detto Travaglio), Giosuè Maniaci, Giuseppe, Palmeri detto Pippo, Michele Pivetti Gagliardi detto Pivetti, Massimo Polizzi, Luisa Pullara, Giovanni Rossi, Francesco Paolo Scarpinato, Giuseppe Scialabba, Vincenzo Sclafani; - Ragusa: Giorgio Assenza, Mery Ignaccolo, Vincenzo detto Tato Cavallino, Alfredo Vinciguerra; - Siracusa: Giovanni Luca Cannata, Pietro Forestiere, Carlo Auteri, Francesca Catalano, Noemi Giangravè; - Trapani: Sergio Tancredi, Giuseppe Detto Peppe Bica, Nicolò Detto Nicola Catania, Antonietta Anna Maria Detta Antonella Pantaleo, Rita d’Antoni. Orgoglio Siculo Per la lista “Orgoglio Siculo”, i candidati che si presenteranno saranno: - Agrigento: Gianluca Lo Bracco, Marchetta Gerlando, Sicurello Giuseppe, Vassallo Anette, Vella Rosario Gioacchino, Vizzini Myriam; - Caltanissetta: Valeria Dell’Utri, Angelo Montebello, Francesco Rimmaudo; - Catania: Carmine Bertuccio, Annamaria Cannavò, Claudio Santi Collura, Paolo D’Amato, Salvatore Fiore, Donatella detta Donata Marchese, Pasquale Masi, Raffaele Panebianco, Pierpaolo Pecoraio, Agatino detto Tino Scarvaglieri, Caterina Scordo, Salvatore Stefio, Fabiana Famularo; - Enna: Rosa Maria, Antonio Messina; - Messina: Mario Briguglio, Vincenzo detto Enzo Pulizzi, Ivano Cantello, Serena La Spada, Rosaria detta Spinella Di Ciuccio, Daniela Zirilli, Concetta (detta Cettina Buonocore detta Cettina Bonocore), Francesco Fazio; - Ragusa: Antonino detto Tonino Converso, Valentina Maria Costanza Musumeci, Bastian Occhipinti, Sonia Tenerezza; - Siracusa: Agostino Rosolia, Salvatore Carcò detto Salvatore Glovo, Maria Luisa Garraffa, Carlo Palermo, Salvatore Ventura; - Trapani: Vanessa Barone, Fabrizio Misuraca, Francesco Sammartano, Eugenio Salvatore Strongone, Francesca Urzì. Siciliani Liberi - Catania: Eliana Silvia Saturnia, Ciro Lomonte, Sebastiano Antonucci, Giorgio Dadalamenti, Carmelo Camilleri, Carmela Cappello, Luisa Chifari, Angela Drago, Daniele Foti, Alfonso Genchi, Andrea Maugeri, Antonio Norrito, Ciro Emiliano Puopolo; - Palermo: Eliana Silvia Saturnia Esposito, detta Eliana, Ciro Lomonte detto Lo Monte, Giorgio Badalamenti, Carmela Cappello, Luisa Chifari, Francesco Calvagna, Alfonso Genchi, Marco Lo Dico, Anna Manzo, Andrea Maugeri, Renato Meli, Antonio Norrito, Mario Pagliaro, Emiliano Rini, Angela Romano, Salvatore Mario Cateno Turrisi; - Siracusa: Marco Lo Dico, Raffaella Esposito, Gianmarco Barraco, Mario Pagliaro, Angela Romano. Autonomia Siciliana - Enna: Ferdinando De Francesco, Irene Puzzo; - Messina: Cristina Catalfamo, Giovanna Detta Ivana De Vincenzo, Antonio Pennisi, Simona Oteri, Daniele Ruzzo, Giovanni Scopelliti, Bartolomeo Detto Cavallin Taranto (OlegTraclò); - Ragusa: Maria Grazia Angelica, Daniela Iurato, Cristoforo Nania, Daniela Ruta. Impresa Sicilia - Enna: Sebastiano Lombardo Facciale, Maria Crupi; - Messina: Ugo Sergio Detto Sergio Crisafulli, Francesco Detto Ciccio Conti, Cristiana Irrera, Anna Lo Bianco, Rita Pancrazia Micalizzi, Rocco Augusto Mordaci, Sara Rifici, Antonino Detto ToninoStracuzzi. Basta Mafie - Enna: Giuseppe Berittelli, Concetta Maria Iacona; - Messina: Oscar Andò, Marisa Arena, Grazia Calore, Salvatore Cosenza, Fabio Famà, Teresa Impollonia, Cristiano Tripodi, Roberto Zodda. Terra D’amuri - Enna: Antonio Di Marco, Maria Carmela Romano; - Messina: Irene Antonuccio, Alessandro Detto Briga Brigandì, Elisabetta Carrolo, Antonino Detto Nino Di Natale, Salvatore Ioppolo, Franco Maria Laimo, Marta Maniscalco, Salvatore Puccio. Lavoro in Sicilia - Enna: Lorenzo Messina, Benedetta Casullo; - Messina: Fortunato Barbaro, Nicoletta Campanella, Liborio Antonellomichele (detto Antonello Di Buono), Giuseppe Detto Pippo Fiocco, Stefania Formica, Mario Grazia Guido, Armando Mellini, Dorotea Sturiale. Giovani Siciliani - Enna: Cristian Cantale, Concetta Germanà; - Messina: Giulia Cappello, Alessandra Cardia, Giuseppe Di Mento, Tommaso La Macchia, Fabiana Mormino, Simone Natol, Domenico Ravidà, Francesco Detto Ciccio Romeo. Italia Sovrana e Popolare - Messina: Pietro Aloisi, Maria Baglione, Orazio Patrizio Felice Calì, Giusi Forestiere, Renzo Ioppolo, Giusi Orecchio, Gaetano Scoglio, Giuseppe detto Pino Siragusa; - Palermo: Fabio Maggiore, Calogero Pulici detto Carlo, Debora De Razza, Giuseppe Matranga, Alberto Lombardo, Domenico Ricotta, Maria Bentivegna detta Silvia, Marco Baiamonte, Gabriella Uccello, Massimo Marsala, Nunziatina Di Paola detta Nancy, Antonino Liberto detto Antonio, Maria Francesca Mosca detta Maria Francesca, Salvatore Vanella, Antonino Guaggente, Saverio Denaro; - Siracusa: Maria Franca Garro, Giuseppe Serrentino Giannone, Lorella Rossitto, Luigi Marletta, Armando Giovanni Zero; - Trapani: Calogero Detto Carlo Pulici, Giovanna Mazara, Giuseppe Matranga, Maria Detta Silvia Bentivegna, Carmela Marina Gabriele. Read the full article
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malefica67 · 4 years ago
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Un partito di sinistra è tale se la questione sociale (in tutte le forme, anche le più aggiornate e spesso ancora sottotraccia) ha un posto primario del suo programma, se c’è lotta, iniziativa non solo di denuncia ma di azione concreta.
Emanuele Macaluso
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raucci · 6 years ago
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Di certo non può essere Di Maio a fare da argine a Salvini, perché sorride, sorride, ma non ha consistenza.
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giancarlonicoli · 4 years ago
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11 apr 2021 19:36
“IL MONDO DEGLI INTELLETTUALI E DEI GIORNALISTI È PIENO DI INVIDIE” - MUGHINI INTERVISTATO DA "REPUBBLICA": "A SINISTRA NON MI HANNO MAI PERDONATO I MIEI GUADAGNI IN TV" - IL PATTO D’OMERTA’ DI "LOTTA CONTINUA" SULL’OMICIDIO CALABRESI, LE INCOMPRENSIONI CON NANNI MORETTI - "LA FOLLIA PIÙ GRANDE FATTA PER UN LIBRO? HO PAGATO 55MILIONI DI LIRE LE DUE LITOLATTE DEI FUTURISTI. PAGAI CON DEGLI ASSEGNI POSTDATATI. SOFFERENZE D’AMORE? LA MIA PARTE L'HO FATTA. SENNÒ CHE UOMO SEI. NON AVERE AVUTO FIGLI? SONO SEMPRE STATO TROPPO PRESO DA ME. NON SAREI STATO UN BUON PADRE"
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Concetto Vecchio per “la Repubblica”
Giampiero Mughini, i suoi si lasciarono quando lei aveva sette anni. Come visse la separazione nella Catania del 1948?
«Come un marchio. A scuola ero l' unico figlio di separati. Andai a vivere con la mamma dai nonni».
Perché si divisero?
«Mio padre era di una durezza spaventosa, tra lui e mamma c'erano vent' anni di differenza. Ma più di così non saprei entrare nel dettaglio. Si sono separati male».
Che ricordo le è rimasto?
«Mia madre dopo un po' cominciò a frequentare un altro uomo, "lo zio Aurelio". Anche lui era separato dalla moglie. Un giorno eravamo al cinema, io, la mamma e la nonna.
Non appena si spensero le luci, si avvicinò a noi una donna, che nel buio della sala cominciò a insultare mia madre: era la moglie dello zio Aurelio. "Usciamo", disse mamma, senza ribattere alla signora. Sgattaiolammo in silenzio, persi il film. Questa era l' Italia di allora».
Che rapporto aveva con suo padre?
«Lo vedevo ogni quindici giorni, in tutta la vita non mi ha rivolto più di trenta parole: ma sono state quelle decisive. Insieme a Clint Eastwood ha rappresentato il modello di uomo per me».
Che famiglia era la sua?
«Borghesia impoverita, che è peggio di essere proletari. I soldi per i quaderni me li dava mio padre, il ragionier Mughini: a Catania lo conoscevano tutti, perché era il commercialista più bravo della città. Quando morì, nel 1973, sul quotidiano La Sicilia venne salutato con un'intera pagina di necrologi».
Suo padre che idee politiche aveva?
«Era stato fascista, mentre io ero un ragazzo che faceva la contestazione. Una volta scrissi un pezzo in cui mi scagliai contro le squadracce fasciste. "Lo sai che ne facevo parte?" disse. Non era vero. Non aggiunse mai altro sul mio essere di sinistra».
Nel 1987 ha scritto "Compagni addio", un libro con cui ha divorziato dalla sinistra.
«Mi sono dimesso dall'estremismo di sinistra. Non ne potevo più dei partitini di Mario Capanna, di Lotta Continua implicata nel delitto Calabresi, di Luciano Lama cacciato dall'Università. Volevo chiudere con un mondo che giustificava i terroristi come compagni che sbagliano».
Non ha salvato proprio nulla, però.
«Non è vero. Mi avvicinai ai socialisti che erano usciti dal Pci dopo i fatti d'Ungheria, nel 1956. Stimavo Antonio Giolitti, Luciano Cafagna, Giorgio Ruffolo, Giuliano Amato. E Bettino Craxi».
Divenne socialista?
«Sì, anche se non ho mai avuto tessere di partito. Sono stato anticomunista, ma ho frequentato molti personaggi del comunismo italiano, da Piero Ingrao a Giorgio Amendola, da Alfredo Reichlin a Paolo Bufalini. Quando entravo nella stanza di Bruno Trentin alla Cgil mi sembrava di mettere piede in un tempio, tale era il suo carisma.Sono stato amico di Emanuele Macaluso, una figura leggendaria. Erano uomini di una statura incomparabile se confrontata con i politici di oggi».
Molti a sinistra non le hanno mai perdonato il Bar sport in tv, da ultrà della Juventus.
«Non mi hanno m ai perdonato i miei guadagni in tv, è diverso».
Non l'accusavano di fare il guitto?
«Invece ero me stesso. Facevo Mughini. Ho avuto successo. Mentre loro perdevano tempo a criticarmi, io scrivevo un libro all'anno. Ne ho pubblicati 33. La verità è che il mondo degli intellettuali e dei giornalisti è pieno di invidie, i cannibali al confronto sono dei vegani».
È diventato ricco con la tv?
«Non mi lamento. Nell'ultimo anno, a Controcampo mi davano sei milioni di lire a puntata, anche se metà se ne andavano in tasse. Mi sono sempre fatto trattare bene. Aldo Biscardi al Processo del lunedì mi offriva 500mila lire per sedere accanto a Gianni Brera, quando mi chiamò Maurizio Mosca chiesi il quadruplo. Indro Montanelli mi propose 250 mila lire a pezzo per la rubrica L'invitato sul Giornale . "Facciamo 300mila lire", replicai. Ovviamente li ebbi».
Oggi per chi vota?
«Pd. Vorrei votare per Renzi, che è l'unico fuoriclasse sulla scena del centrosinistra, il suo partito però è inesistente».
Cosa pensa di Enrico Letta?
«Non capisco come si possa dire che servono due donne capigruppo. La Thatcher è diventata tale perché era la più brava di tutti. E lo stesso Nilde Iotti, Emma Bonino, Hillary Clinton. Credo che Elsa Morante e Marguerite Yourcenar si sarebbero sentite offese di fronte a un discorso di quote».
Non esiste una questione femminile?
«Nel lavoro non ho mai distinto tra un uomo e una donna, ho avuto spesso donne come superiori. Quando mi dimisi dal Centro universitario cinematografico, che a Catania editava Giovane critica, indicai una donna al mio posto: la professoressa Silvana Cirrone».
Come valuta i primi passi di Draghi?
«È uno che può dire che Erdogan è un dittatore senza prendere pernacchie. Ho sempre reputato Conte un avvocaticchio che se la cava, ma la cui autorità è zero».
Conte non ha il merito del Recovery?
«Quei soldi li avrebbero dati anche a me e a lei».
Che Paese è oggi l'Italia?
«Rovinato dalla frattura provocata da Tangentopoli. Ha distrutto le storie politiche che avevano innervato i partiti a cui dobbiamo la ricostruzione del Paese, la Dc, il Pci, il Psi: un periodo strepitoso».
Non ci siamo più ripresi?
«Dopo sono arrivate figure modeste, è rimasta la protesta di Bossi e Grillo. Non capisco come il 32 per cento abbia potuto votare per i Cinquestelle. Se uno vede Di Battista e Di Maio capisce che è gente che non ha una storia. L'80 per cento dei neoeletti grillini nel 2013 non aveva mai compilato una dichiarazione di redditi».
A 80 anni cosa ha capito degli italiani?
«Siamo il popolo che osannava Mussolini e che il 26 luglio si scoprì antifascista».
Ha sempre guardato con curiosità alla destra. È un debito verso suo padre?
«Per nulla. È una cultura con cui fare i conti, la destra ha contato qualcosa, basti vedere Céline, Pound, Jünger».
Che ricordi conserva di Lotta Continua?
«Per tre anni sono stato il loro direttore responsabile, mi prestai perché volevo che andassero in edicola: prima di me lo fecero Marco Pannella e Pier Paolo Pasolini. Presi tre condanne».
Pensa che i dirigenti di Lotta continua abbiano stretto un patto di omertà sull'omicidio Calabresi?
«D'acciaio. E lo hanno fatto per proteggere le loro carriere. Ma a me non la raccontano. Li conosco uno per uno. E ho letto tre volte le 600 pagine della sentenza di primo grado: Marino è credibile. Tutto questo non mi fa velo nel riconoscere il grande talento intellettuale di Adriano Sofri».
È rimasto amico di Nanni Moretti?
«Ho recitato in due suoi film. Lo stimo come regista, meno quando dice banalità politiche. Ci furono delle incomprensioni tra noi.Lo incrociai anni fa e gli proposi di mettere da parte ogni rancore. Lo invitai a cena. "Va bene" disse. Mai più sentito».
Quanti libri possiede?
«Circa 25mila».
Cosa ha cercato nei libri?
«Il giro del mondo. Da ragazzo era un modo per fuggire dal piccolo cortile di Catania».
La follia più grande fatta per un libro?
«Ho pagato 55milioni di lire le due litolatte dei futuristi».
Cinquantacinque milioni?
«Pagai con degli assegni postdatati».
Come mai non sta su Twitter?
«Perché io mi faccio retribuire per le mie opinioni espresse in pubblico».
Scrive spesso del suo rapporto con le donne.
«È stato complicato. Ho avuto un paio di volte dei no che sembravano dei ni, e alla fine ho capito che il ni è un no più sofisticato e diabolico» ( Ride ).
Cosa ne ha dedotto?
«Che la donna lo fa per vanità, per un briciolo di indecisione, e perché non vuole precludersi ogni possibilità. Giusto così. È parte del fascino femminile».
Ha sofferto molto per amore?
«La mia parte l'ho fatta. Sennò che uomo sei?».
Come mai si è sposato soltanto a 79 anni?
«Con Michela stiamo insieme da trent' anni, "metti che schiatto" le ho detto un giorno».
Le dispiace di non avere avuto figli?
«No, perché sono sempre stato troppo preso da me. Non sarei stato un buon padre».
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toscanoirriverente · 7 years ago
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La Trattativa Stato-Mafia e “una sentenza che non convince per niente”. Parla Macaluso
I giudici hanno "condannato tre ufficiali dei Carabinieri ma nessuno che avesse un ruolo istituzionale nel 1993" 
"Le sentenze si rispettano, mancherebbe altro, ma si possono criticare” mi dice Emanuele Macaluso, che aggiunge subito: “Questo criterio generale vale per tutti, con una sola eccezione: i magistrati devono evitare giudizi pubblici su sentenze di colleghi, specie se relative a vicende di cui anche loro si occupano. Eppure il procuratore aggiunto Vittorio Teresi, quando una sentenza assolse il generale Mori, accusato dalla Procura di Palermo di avere volontariamente evitato di catturare Bernardo Provenzano, non solo la criticò ma le mise anche il voto. Merita un quattro, stabilì”.
Per la verità quella sentenza, che Marco Travaglio definì una bomba devastante per le tesi della Procura sulla trattativa, fu confermata in appello e resa definitiva dalla Cassazione. “Appunto. Dunque posso ben dire che la sentenza di primo grado pronunciata venerdì scorso non mi convince per niente. Leggo titoli dei giornali che parlano di una sentenza che conferma come effettivamente avvenuta una trattativa scellerata fra stato e mafia. In realtà il dispositivo condanna tre ufficiali dei Carabinieri ma nessuno che avesse un ruolo istituzionale nel 1993. Presidente della Repubblica era Oscar Luigi Scalfaro, presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi, ministro della Giustizia il professore Giovanni Conso, insigne giurista e uomo probo, che pure fu indagato. Assolti altri due ministri imputati, Nicola Mancino e Calogero Mannino, non resta che chiedersi se davvero la Corte d’assise pensa che i mandanti del Ros siano stati Scalfaro e Ciampi. Davvero nelle motivazioni scriveranno questo?”. Non resta che aspettare tre mesi. “Certo, leggeremo le motivazioni con la dovuta attenzione e le metteremo a confronto con le altre sentenze sulla stessa vicenda che nel frattempo sono divenute definitive. Intanto nel dispositivo lo stato non c’è, mentre campeggia nei titoli dei giornali. Penso sarebbe necessaria almeno po’ di prudenza”.
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edizionidistoria-blog · 4 years ago
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