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Antonio Negri 1933-2023
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PAOLO MIELI, EX POTERE OPERAIO E FIGLIO DELLA SPIA BRITANNICA RENATO MIELI, NOME IN CODICE COLONNELLO RALPH MERRYL, FA IL FURBO...
di Redazione Paolo Mieli, il figlio del fondatore dell’Ansa, Renato Mieli e spia al servizio della corona britannica con il nome di copertura di Ralph Merryl, è stato colto, questo militonto di Potere Operaio che ha fatto carriera…, con le mani sulla tastiera a scrivere furbate sui conflitti che affliggono il mondo, Ucraina e Medio Oriente, tentando di scaricare sui paesi del Sud del mondo la…
#Centro ricerche economiche e sociologiche dei paesi dell’Est#guerra psicologica#Information Research Department#Ird#potere operaio#Psychological Warfare Branch#PWB#Renato Mieli#spionaggio
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Nanni Balestrini, Potere Operaio, 1969-2017 [Galleria Michela Rizzo, Venezia. © Nanni Balestrini]
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TECNOLOGIE PERSUASIVE
Possono le tecnologie modificare le nostre abitudini? Possono certe tecnologie spingerci a modificare le nostre abitudini, le nostre necessità, i nostri bisogni?
Si possono, possono farlo in maniera pervasiva. Le tecnologie non sono “neutre” chi le progetta sa benissimo quali modificazioni le tecnologie producono nella vita degli esseri umani.
Adesso grazie alle neuroscienze chi progetta tecnologie sa come manipolare le persone attraverso stimoli percettivi, emozionali, sensoriali con comprovata efficacia.
Grazie alla neuropsicobiologia tramite le tecnologie digitali e le loro interfacce chi detiene il sapere e la conoscenza di tali artefatti e li produce più se vuole stravolgere le nostre esistenze, spingerci a prendere determinate decisioni, ad assumere certi stili di vita ed anche a conformarci a determinate regole.
Non è che fosse necessario il digitale e la neuropsicobiologia per progettare tecnologie persuasive: pensiamo al Pan Opticon di Jeremy Bentham.
Spiega Focault : “Egli proclama una reale invenzione della quale dice ch’è «l’uovo di Colombo». E, in effetti, Bentham propone ai medici, ai penalisti, agli industriali, agli educatori proprio ciò che essi cercavano: egli ha trovato una tecnologia di potere capace di risolvere i problemi di sorveglianza.”
Focault descrive la struttura, la tecnologia architettonica teorizzata da Bentham:
”Poiché il principio era: alla periferia, un edificio a forma di anello; al centro, una torre; nella torre sono aperte larghe finestre che danno sulla facciata interna dell’anello. L’edificio periferico è diviso in celle, ciascuna delle quali ne attraversa l’intero spessore. Queste celle hanno due finestre: una aperta verso l’interno, che corrisponde alle finestre della torre; l’altra, che da verso l’esterno, permette alla luce riattraversare la cella da parte a parte.”
A questo punto, con tale struttura panottica è “sufficiente allora mettere un sorvegliante nella torre centrale, e in ogni cella rinchiudere un folle, un malato, un condannato, un operaio, o uno scolaro. Per un effetto di controluce, si possono vedere dalla torre le piccole sagome prigioniere nelle celle della periferia, che si stagliano nella luce. Insomma si inverte il principio della segreta; la piena luce e la sorveglianza captano meglio dell’ombra, che in ultima analisi proteggeva.”
Non è importante che il sorvegliante sia al suo posto è sufficiente che il malato, il prigioniero, il lavoratore sappia di poter essere continuamente sotto osservazione in maniera da essere indotto, spinto ad assumere comportamenti “conformi” a quelli che chiede il “padrone”.
Ma con l’avvento del digitale, delle tecnologie a schermo, con l’arrivo dei social network, dei robot e dei bot, dei sexbot umanoidi e delle voci suadenti degli assistenti artificiali il gioco della persuasione ormai è prassi e l’inganno e la manipolazione sono le armi con cui drogare ed indottrinare la società dei burattini di carne umana.
La manipolazione dolce che fa leva sulle nostre debolezze è molto più potente del manganello. Ma al giorno d'oggi il Potere non si accontenta più, perciò le usa entrambe. Gli uomini non sono mai stati così controllati e controllabili nella storia dell'umanità. Scordiamoci la favola della democrazia, mai e poi mai siamo stati sudditi a tal maniera senza neanche averne contezza.
Francesco Centineo
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" Anzitutto, gli eventi cileni estendono la consapevolezza, contro ogni illusione, che i caratteri dell’imperialismo, e di quello nord-americano in particolare, restano la sopraffazione e la jugulazione economica e politica, lo spirito di aggressione e di conquista, la tendenza a opprimere i popoli e a privarli della loro indipendenza, libertà e unità ogni qualvolta le circostanze concrete e i rapporti di forza lo consentano. In secondo luogo, gli avvenimenti in Cile mettono in piena evidenza chi sono e dove stanno nei paesi del cosiddetto «mondo libero», i nemici della democrazia. L’opinione pubblica di questi paesi, bombardata da anni e da decenni da una propaganda che addita nel movimento operaio, nei socialisti e nei comunisti i nemici della democrazia, ha oggi davanti a sé una nuova lampante prova che le classi dominanti borghesi e i partiti che le rappresentano o se ne lasciano asservire, sono pronti a distruggere ogni libertà e a calpestare ogni diritto civile e ogni principio umano quando sono colpiti o minacciati i propri privilegi e il proprio potere.
Compito dei comunisti e di tutti i combattenti per la causa del progresso democratico e della liberazione dei popoli è di far leva sulla più diffusa consapevolezza di queste verità per richiamare la vigile attenzione di tutti sui percoli che l’imperialismo e le classi dominanti borghesi fanno correre alla libertà dei popoli e all’indipendenza delle nazioni, e per sviluppare in masse sempre più estese l’impegno democratico e rivoluzionario per modificare ulteriormente, nel mondo e in ogni paese, i rapporti di forza a vantaggio delle classi lavoratrici, dei movimenti di liberazione nazionale e di tutto lo schieramento democratico e antimperialistico. Gli avvenimenti del Cile possono e devono suscitare, insieme a un possente e duraturo movimento di solidarietà con quel popolo, un più generale risveglio delle coscienze democratiche, e soprattutto un’azione per l’entrata in campo di nuove forze disposte a lottare concretamente contro l’imperialismo e contro la reazione. "
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Brano tratto da Imperialismo e Coesistenza alla luce dei fatti cileni, articolo di Enrico Berlinguer pubblicato il 28 settembre 1973 su Rinascita, periodico politico-culturale del Partito Comunista Italiano.
#Enrico Berlinguer#Salvador Allende#Augusto Pinochet#Cile#imperialismo americano#Richard Nixon#Henry Kissinger#America Latina#Plan Cóndor#XX secolo#Operation Condor#Operação Condor#CIA#democrazia#socialismo#dittatura#golpe#guerra fredda#rivoluzione#Compromesso Storico#Aldo Moro#PCI#Democrazia Cristiana#Prima Repubblica#Palacio de La Moneda#anni '70#Partito Comunista Italiano#America meridionale#dittature militari#DINA
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Ogni volta che la politica manda a effetto una operazione contro la classe operaia, i primi a gioirne o, “meglio”, i primi a dare manifestazioni esteriori della loro contentezza non sono i “pezzi grossi”, commissari di polizia od ufficiali delle regie guardie o dei carabinieri, ma sono i più umili agenti, i più modesti carabinieri, l’ultima delle guardie regie. Sono cioè gli agenti del governo usciti dalle file del proletariato più arretrato, costretti a questo passo dalla miseria o dalla speranza di trovare, abbandonando il campo o l’officina, una vita migliore, dalla persuasione di divenire qualche cosa di più di un povero contadino relegato in un paesetto sperduto fra i monti, di un manovale abbruttito dal quotidiano lavoro d’officina. Questa gente odia, dopo averne disertato le file, la classe lavoratrice con un accanimento che supera ogni immaginazione. “Ecco le armi”, urlò trionfante non so se un agente investigativo od un carabiniere in borghese, scoprendo una rivoltella durante la perquisizione all’ “Ordine Nuovo”. E rimase stupito, spiacente che nonostante tutta la buona volontà non si riusciva a trovare nulla di compromettente per il nostro giornale. all’ “Ordine Nuovo”. E rimase stupito, spiacente che nonostante tutta la buona volontà non si riusciva a trovare nulla di compromettente per il nostro giornale. all’ “Ordine Nuovo”. E rimase stupito, spiacente che nonostante tutta la buona volontà non si riusciva a trovare nulla di compromettente per il nostro giornale. Pochi minuti dopo, un altro agente udendo uno scambio di parole tra il commissario ed un nostro redattore, esclamò: : “Finiremo per arrestarli tutti! Li arresteremo tutti!” A questo pensiero la sua bocca si aprì ad un riso tanto cattivo da sbalordire chiunque non sia abituato a questo genere di fratellanza umana. Ho compreso allora perché nelle caserme e nei posti di polizia, carabinieri, guardie regie ed agenti gareggino nel bastonare gli operai arrestati, nel rallegrarsi delle loro torture. E’ un odio di lunga data. Gli agenti dello Stato addetti al mantenimento dell’ordine pubblico sentono attorno a sé il disprezzo che tutta la classe lavoratrice ha per i rinnegati, per quelli che sono passati nell’altro campo, per i mercenari che impegnano ogni loro energia per soffocare qualsiasi movimento del proletariato. E al disprezzo del proletariato s’aggiunge quello di gran parte della borghesia che guarda con occhio diffidente tutta rinnegati questa puzza di questura. Perché? Perché questa è la sorte di tutti i mercenari: al disprezzo e all’odio degli avversari s’aggiunge quasi sempre il disprezzo dei padroni. Ed è naturale, è umano che nell’animo di questa gente mal pagata, che non sempre riesce a procurarsi quanto occorre per una vita piena di stenti e di privazioni e che si sente circondata da una barriera che la divide dagli altri uomini, che la mette quasi fuori dalla società, germogli l’odio, metta radici la crudeltà: odio contro quelli che prima erano i fratelli, i compagni di lavoro e che ora disprezzano con maggior forza, crudeltà che si esplica contro di essi sotto mille forme diverse. Così, arrestare un operaio è una gioia, un trionfo, bastonarlo e malmenarlo, una festa, rinchiuderlo in carcere una rivincita. Solo nel momento in cui essi tengono un uomo fra le mani e sanno di poter disporre della sua libertà, della sua incolumità, sentono di possedere una forza che in qualche momento della vita li rende superiori ai loro simili. La gioia di acciuffare un uomo non proviene dalla consapevolezza di servire la legge, di difendere l’integrità dello Stato: è una piccola bassa soddisfazione personale, è la gioia di poter dire: “Io sono più forte”. Quale altra gioia possono essi provare? Quanti di essi sono in grado di formarsi una famiglia senza che la vita di stenti diventi vita di patimenti? Non è forse vero che a molti di questi transfughi del proletariato la vita non riserva altre soddisfazioni che qualche umile offerta di una passeggiatrice notturna in cerca di protezione?
Noi li abbiamo visti pochi giorni or sono nella nostra redazione. Moltissimi, dall’abito, potevano benissimo essere scambiati per operai in miseria. E’ certo che erano umilmente, più che umilmente vestiti non solo per introdursi tra gli operai, per raccoglierne i discorsi, per spiarli, ma anche perché non potrebbero fare diversamente. E guardavano con gli operai veri, quelli che si dibattono tra la reazione e la fame e cercano affannosamente la via della liberazione. Essi comprendevano, sentivano che chi lotta è sempre superiore a chi serve. E quando hanno ammanettato i giovani che difendevano il giornale del loro partito il giornale della loro classe, il loro giornale, gli agenti hanno avuto un lampo di trionfo, hanno riso. Ma non era un riso spontaneo, giocondo. Era un riso a cui erano costretti dalla rabbia, dal disprezzo degli altri, dalla loro vita, dal destino a cui non potevano sottrarsi. Quel riso era la smorfia di Gwynplaine.
(A.Gramsci “L’Ordine Nuovo”, 30 agosto 1921)
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3. Francesco Santini (Apocalypse and Survival Italy, 1994)
[from: https://libcom.org/library/apocalypse-survival-reflections-giorgio-cesaranos-book-critica-dell%E2%80%99utopia-capitale-expe — See also the pdf edition published by Malcontent Editions]
10.2 Two opposed points of view on organization.
In 1971 Comontism took shape and the group that had formed based on the positions of Invariance [the journal directed by Camatte] dissolved. It must be mentioned that both tendencies had diametrically opposed attitudes towards the “question of organization.” One of these attitudes was in fact that of Cesarano and a large part of the current. The idea of Comontism instead whimsically identified its own members (largely veterans of the similar Organizzazione Consigliare di Torino) with the historical party of the proletariat, or, even better, with the “human community.”
On this basis, it created an organization with branches in several Italian cities (see Maelström, No. 2), which erased any distinction between theoretical and practical activity, between public life and private life, between individual and organization. Comontism thus attempted to breathe life into a concrete communism, characterized by:
The collectivization of all resources for survival;
A “total” way of living together;
The constant practice of the “critique of everyday life” in order not to yield to the pressure imposed by society in the form of family, social milieu, legal relations, etc.
The immediatist illusion of the group caused it to overlook one fundamental fact: that between capitalism—that is, between personal relations dominated by valorization—and communism, there is a revolution that, according to Marx, serves among other things to “get rid of all the old shit.” For Comontism the Gemeinwesen [human community] had to be put into practice here and now: it was all about the passage to communism of twenty or thirty persons, communizing all relations all at once: this idea would lead inevitably and immediately to the production of an ideology: immediatism was rapidly followed by the elaboration of a whole set of “theoretical” corollaries.
In retrospect, we have to sympathize with Comontism: it was a group of courageous individuals who always stayed at their posts at the revolutionary front, bravely confronting harsh repression and fighting against various Maoist-workerist splinter groups that had specialized military structures crafted to ensure that the assemblies and demonstrations were conducted in a way that was acceptable to their father-master PCI (with the sole exception —besides, naturally, the Bordiguist groups that had already experienced the armed repression of the “extraparliamentary” Stalinists—of Potere Operaio, a group devoted to guerrilla tactics which, although it did not publicly defend the revolutionaries, was always opposed to […]the systematic calumnies of the left which had for several years been proclaiming that “situationists=fascists.” It is indisputable, however, that Comontism was a revolutionary group, which the Cronaca di un ballo mascherato justly cited as part of the radical communist current. Not in vain did it claim to have remained on the terrain of revolutionary practice, when so many other former Luddites had accepted the separation between the “militant” public life and private life, which soon led them to passive nihilism and, in many cases, to renounce the revolutionary option in favor of worldly success or simply a tranquil life. On the other hand, one cannot avoid criticizing the retreat of Comontism with respect to the level attained by Ludd. Comontist immediatism is nothing but a substitutionism of the proletariat carried to its logical extreme.
From this point of view, Comontism was an authentic model of ideology, based on an undeclared but easily recognizable hierarchy, which subjected its recruits to initiation tests and examinations of their radicality. The most disastrous aspect of Ludd, which we shall discuss in connection with Cesarano’s critique, became a systematically and relentlessly applied ideology. Among its ideological conclusions we find: the apology for crime (the only respected and recognized way to survive); the praise, not publicly proclaimed, but a constant feature within the group, for hard drugs as an instrument of destructuring and liberation from family and repressive relations; the sectarian attitude of superiority displayed towards every element external to the organization; the group’s hostility to the hard working, sheep-like proletariat, which was viewed as just as culpable as everyone else who was not part of the organization. All of this turned Comontism into a gang at war with all of humanity, and an uncritical follower of the criminal model. This is what we mean by “ideology”: the theorization of this practical attitude in fact prevented any critical procedure from assuming a material basis: they were dogmas embedded in the extremely coercive experience of the members of the group. This form of immediatism was certainly one of the reasons that prevented Cesarano from drawing practical conclusions, and which led him to lose himself in sterile abstractions.
However, behind this and other dead ends of Cesarano we find certain positions that are diametrically opposed to those of Comontism: the positions of Invariance.
Invariance had “resolved” the problem of organization by studying the measures employed by Marx to prevent the party from succumbing to bourgeois reformism during the period of counterrevolutionary retreat. This analysis was extremely partial, since it completely ignored all of Marx’s activity that was devoted to building the communist party, and distorted the revolutionary tradition by avoiding a critical examination of the purely political activity of Marx taken as a whole. This attitude was expressed in a text from 1969, published three years later by Invariance under the title, “On Organization,” signed by Camatte-Collu, which can be summarized as follows:
Under the real domination of capital every organization tends to be transformed into a Mafia or a sect;
Invariance avoided this danger by dissolving the embryonic group that had begun to form around the journal;
All organized groups are excluded a priori, because of the risk that they will be transformed into Mafias;
Relations between revolutionaries are only useful at the highest level of theory, which each individual can attain in a personal and independent way, or otherwise fall prey to followerism.
According to Camatte and Collu, the danger of individualism was of no account because the “production of revolutionaries” was already underway—in 1972: the extension of the revolutionary process was such that a network of interpersonal contacts at the “highest” level of theory was already guaranteed and was even evident.
Thus, Camatte and Collu expressed in the clearest way an error that was typical of the entire current and of Cesarano himself. In reality, a pre-revolutionary stage on an international level was not opening up in 1972 (despite the fact that the movement would continue to resist, although only in Italy), nor was an inexorable production of revolutionaries imminent (even Camatte and Collu would desert). Therefore, the disregard of individualism was nothing but an illusion. There was nothing glorious about dissolving the small group that was forming around the journal. This did nothing but accelerate what was already taking place: the dispersion of the sparse revolutionary forces that remained from 1968, forces which would not experience a resurgence (in France there were no more large-scale social uprisings, and in Italy the revolutionary current faced 1977 so weakened by individualism that it was incapable of undertaking any relevant interventions). In fact, individualism favored the dissolution of the revolutionary perspective: either because life in isolation produced a feeling of reduced self-esteem—which could only be escaped by comparing oneself with one’s peers—which prevented one from perceiving the movement and which generated discouragement and depression, the loss of one’s defenses against the invasion from “outside” and surrender to dominant tendencies; or because it disguised personalism and elitism, and served to enable one to get rid of those uncomfortable relations that could stand in the way of an opportunist reinsertion into bourgeois ideology. During the seventies and eighties the work of the liquidation of the organizational remnants (which were by then fragile and informal) and the unjustified fear of succumbing to politics, “workerism” or leftism, contributed the impulse to jump to the “other side of the barricade” for those exponents of the “elite” who had transformed theory into a fetish and who were mistrustful of the alleged danger of followerism (a danger that was actually imaginary and non-existent: in Italy no group or personality exercised any attraction or obtained passive followers such as the Situationist International had on the other side of the Alps. In France, in any event, Invariance never did so). We have been analyzing two views regarding organization that were typical of the seventies, which we can reject without any remorse, and above all without falling prey to any of the mystifications offered by the youngest elements. The first view, that of Comontism, is the model of the criminal gang-historical party-human community. Although respectable from a human point of view (like its current epigone, the French group, Os Cangaceiros), and although it was often interesting for the practical-organizational-lifestyle solutions that it proposed (the revolutionaries must live “as if” communism was already a fact and could thus face the terrible struggle for survival together, which was twice as hard for them), its vision was born from resentment: the proletariat is not revolutionary, so “we” (the tiny groups) are the proletariat; we are the now-realized human community. This led them to a dogmatic and ideological evaluation of their own sectarian activity and offered the most disastrous answers: the terroristic self-criticism imposed on every gesture and every word; the fetishism of coherence; the lurking possibility of political decline, caused above all by the spell cast by action, which led them to become a mere gang of loud-mouthed thugs. All of this was based on the totemic-fetishistic blackmail of “practice,” in the ideological scorn for theory and lucid action.
The other, “invariantist,” view, which would later spread over a large part of the radical current, is the model of the circle of relations among “theoreticians.” In this case, the enormous totem-fetish of theory conceals the unilateral nature of relations limited to a tiny elite of “critics.”
Such an attitude, now that the illusions regarding a rapid and abundant “production of revolutionaries” have dissipated, amounts in reality to pure and simple individualism. Instead, there is nothing left to do but to adjust to the fact that the revolutionaries are now isolated. To increase their current powerlessness by taking a position against organization does not make any sense. The alternative of continuing to pursue this option, in an environment of the anxious atomization of revolutionaries, insisting on the anti-Mafia phobia and on the exclusivity of relations between a handful of the elect (if one can find any such elect) at the highest level (higher than what?) of theory, is not very attractive.
Although it is now clear that the resurgence of activism and militancy rapidly leads back to politics, it is also clear that the fetish of theory separated from collective efficacy and, if possible, organized practice, offers no way out. Communist principles, united with a critical theory animated by its contrast with the theory of the previous two decades and with the principle results of the recent past—that is: a revolution of and for life, a questioning of the limits of the ego and of personal identity (which in the work of Cesarano are denounced vehemently and comprehensively), the experience of a revolution in the revolution—are the only antidotes against the Mafioso degeneration, which cannot be escaped by way of self-valorizing isolation, and much less by the original and personal road of an alleged creativity.
It is obvious that in 1970 there was no danger posed by the possibility that a militant-activist group associated with Invariance or a core group of “theoreticians” would be formed. In fact, the danger was just the reverse: disintegration and the neglect of the most important questions that should have been addressed:
The reformulation of the contribution of the historical ultraleft (Bordiga and the most consistent sector of the German revolution, which were decisive for the world revolution);
Draw up a balance sheet of the new contents contributed by the sixties;
The need to create a network of relations capable of enduring and prepared to reinitiate the revolutionary possibilities that were presented during the seventies.
According to Camatte and Collu the “production of revolutionaries” would magically resolve all problems, when what actually took place immediately thereafter was the dispersion of the revolutionaries, and it became evident that they were incapable of taking advantage of the opportunity that would be once again, and only in Italy, be presented.
In the following years the question of nihilism arose, still posed in terms that were upside down with respect to reality: in reality the expressions of nihilism were the abandonment of the revolutionary tradition, the end of the search for communist relations among subversives, the denial of the need to become an effective community, and the underestimation of the need to avoid being dragged down by the counterrevolution.
Comontism was a caricature of relations between revolutionaries, with its illusion that all problems could be magically resolved by the right ideology, and its pretension of being the embodiment of the theory of the sixties, now complete, which only had to be applied in practice without any delay. Although it was aberrant and unsustainable on the theoretical plane, this simplification was based on a profoundly correct demand: theory cannot be a separate and specialized activity, it is an integral part of the everyday coherence of revolutionaries and the need to change reality in its entirety, to have an impact on society and on history.
Comontism had a doubly counterproductive result:
Because it created a gang that proclaimed itself to be the enemy of society and the proletariat, preventing any possibility of forming a pole of regroupment and of having an effect on society;
Because it was easily recuperable by the most typical ideology of the seventies: that which consisted in justifying—as Toni Negri did—the groups produced by social disintegration, instead of subjecting them to a radical critique. This made Comontism incapable of providing any perspective to a sector, one that was much more coherent in 1977, of young people who broke with the hierarchical and instrumental armed practice of Autonomia Organizatta and who instead wanted to act for themselves, courageously but with impoverished and confused ideas.
Comontism, however, was right to reject the elitism of the few who act “at the highest level of theory.” Such elitism could only lead to the creation of relations rooted solely on the intellectual plane.
Cesarano was the only person who acted on the highest level, producing a clear and explicit theory, completely anti-esoteric, vainly trying to provide a human solution to this pseudo-intellectual milieu, characterized by its absolute fragility and by its tremendous incoherence (except for Piero Coppo and Joe Fallisi, the only other people among his comrades who preserved a revolutionary coherence, without nourishing any pretenses to superiority derived from the possession of theory).
[…]
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Subcomandante Marcos
Marcos è gay a San Francisco,
nero in Sudafrica,
asiatico in Europa,
chicano a San Isidro,
anarchico in Spagna,
palestinese in Israele,
indigeno nelle strade di San Cristóbal,
ragazzino di una gang a Neza,
rocker a Cu,
ebreo nella Germania nazista,
ombudsman nella Sedena,
femminista nei partiti politici,
comunista nel dopo Guerra fredda,
detenuto a Cintalapa,
pacifista in Bosnia,
mapuche nelle Ande,
maestro nella Cnte,
artista senza galleria o cartelle,
casalinga un sabato sera in qualsiasi quartiere di qualsiasi città di qualsiasi Messico,
guerrigliero nel Messico della fine del XX secolo,
scioperante nella Ctm,
reporter di note di riempimento nelle pagine interne,
donna sola nella metro alle 10 di sera,
pensionato annoiato nello Zócalo,
contadino senza terra,
editore marginale,
operaio disoccupato,
medico senza impiego,
studente anticonformista,
dissidente nel neoliberismo,
scrittore senza libri né lettori e,
certamente,
zapatista nel sud-est messicano.
Marcos è tutte le minoranze rifiutate e oppresse,
resistendo,
esplodendo,
dicendo “¡Ya basta!” – Ora Basta!
Tutte le minoranze nel momento di parlare e maggioranze nel momento di tacere e sopportare.
Tutti i rifiutati cercando una parola, la loro parola, ciò che restituisca la maggioranza agli eterni frammenti, noi.
Tutto ciò che dà fastidio al potere e alle buone coscienze, questo è Marcos.
E, per questo, tutti noi che lottiamo per un mondo diverso,
per la libertà e l’emancipazione dell’umanità,
tutti noi siamo Marcos.
Io si, lo sono.
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ieri ho partecipato alla presentazione che la domenica il collettivo ultima generazione tiene su zoom; vorrei, infatti, inserirmi nel giro o almeno sperare di fare un minimo contro il cambiamento climatico. le misure che intraprendono sono talvolta sufficientemente accese da non risultare dai più condivisibili; d'altro canto, penso non siamo nella condizione in cui possiamo permetterci di criticare, passivamente e senza far nulla, le azioni intraprese dagli attivisti, sentenziando cosa è opportuno e cosa no: agire in modo non violento, provando a fare ogni cosa possibile per smuovere l'opinione pubblica e da lì, si spera, il potere. non che abbia fiducia, ma non rimane altro da fare
a presentare il collettivo era un ragazzo che, con una evidente nota di disperazione e nervosismo, ha parlato di come l'aumento di 1,5 gradi sia da tempo inevitabile, in quanto le temperature odierne risentono dell'inquinamento effettuato circa vent'anni prima; come dire, se avessimo dovuto evitare il tetto degli 1,5 gradi avremmo dovuto agire a inizio degli anni duemila; e se dieci anni fa mi canzonavano per il mio interesse sul tema, non immagino quanto l'informazione a inizio millennio era inesistente. oltre a questo, ha anche parlato di come il famigerato aumento di 1,5 gradi comprenda non solo le terre emerse ma anche le acque che invece hanno temperature inferiori all'incirca di 7 gradi, e che quindi porterebbe l'innalzamento delle temperature su terraferma non di 1,5 gradi ma di 7-8 gradi come media globale
vorrei dunque tornare a una riflessione che ho scritto qualche giorno fa. quanto la comunicazione sul cambiamento climatico arriva al lavoratore medio? se da un lato sono contento che vox, in spagna, non abbia raggiunto la maggioranza, dall'altro mi ha preoccupato leggerne il programma, pregno di negazionismo. mi spaventa che in molti abbiano votato per quei punti ma al contempo mi chiedo le ragioni; trovo sia urgente partire dal modo in cui sono comunicate queste cose: infatti, ho l'idea che i concetti relativi alla lotta climatica non vengano approvati da molti perché non spiegati con semplicità - ovvio che poi gli estremisti di destra veri e propri purtroppo esistano, ma molti di quegli elettori non lo sono. stessa situazione accade con l'npd tedesca: a votarli spesso sono contadini i cui provvedimenti contro il riscaldamento globale attuati dal governo in carica stanno portando grossi problemi economici. come biasimarli, dopotutto?
gli scienziati ne parlano da decenni ma probabilmente non sono tra i migliori divulgatori. serve un'azione informativa trasparente, che spiega quanto il fenomeno sia tragico e come riguarda tutti noi in ogni parte del mondo, tra morti per caldo, acque acide, migrazioni di massa, tornadi ed eventi tropicali in zone insospettabili. dobbiamo superare l'allarmismo e pressapochismo che spiega nulla: non serve e crea inimicizie. d'altro canto, non amo l'approccio di slogan su cui estrema destra e populismo hanno aumentato il loro consenso, una diretta conseguenza di neoliberismo e social; forse però, quella comunicazione, privando al contempo la sinistra della narrazione da colti ed elitisti perché riprenda lo spirito operaio del novecento, potrebbe essere lo spiraglio per arrivare alle persone che non sono state educate o non hanno voglia né tempo di comprendere la complessità e la gravosità del cambiamento climatico
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Breve storia della lingua latina
Breve storia lingua latina Breve storia della lingua latina, un articolo che ripercorre le vicende della lingua latina dal primo periodo al latino moderno, con alcune citazioni illuminanti, collegamenti e materiali utili. Il latino è una lingua precisa, essenziale. Verrà abbandonata non perché inadeguata alle nuove esigenze del progresso, ma perché gli uomini nuovi non saranno più adeguati ad essa. Quando inizierà l’era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire e qualsiasi cafone potrà impunemente tenere un discorso pubblico e parlare in modo tale da non essere cacciato a calci giù dalla tribuna. E il segreto consisterà nel fatto che egli, sfruttando un frasario approssimativo, elusivo e di gradevole effetto 'sonoro' potrà parlare per un’ora senza dire niente. Cosa impossibile col latino. Giovannino Guareschi (1908-1968) Lo studentucolo che sa un po' di latino e di storia, l'avvocatuzzo che è riuscito a strappare uno straccetto di laurea alla svogliatezza e al lasciar passare dei professori crederanno di essere diversi e superiori anche al miglior operaio. Antonio Gramsci La lingua latina così esatta, così regolata e definita, ha nondimeno moltissime frasi ec. che per la stessa natura loro, e del linguaggio latino, sono di significato così vago, che a determinarlo, e renderlo preciso non basta qualsivoglia scienza di latino, e non avrebbe bastato l'esser nato latino, perocch'elle son vaghe per se medesime, e quella tal frase e la vaghezza della significazione sono per essenza loro inseparabili, né quella può sussistere senza questa. Giacomo Leopardi Sia in greco sia in latino, fino a Tertulliano, il significato che si dava al termine persona (che è l'equivalente del greco prosopon) era quello di "maschera" oppure di volto. Battista Mondin Il testo rappresenta il latino di oggi. È attraverso il testo che comunicano le élite (come voi, che state leggendo questo libro). Per le masse, invece, la maggioranza delle informazioni viene raccolta attraverso altre forme mediatiche: TV, film, musica e video musicali. Lawrence Lessig Escludete il Latino ed il Greco dalla vostra scuola e confinerete i vostri alunni entro angusti interessi limitati alla loro generazione e a quella immediatamente precedente, tagliando fuori tanti secoli d'esperienza quasi che la razza umana fosse venuta al mondo nel 1500. Thomas Arnold
Breve storia del latino Loquendum ut vulgus, Sentiendum ut Sapientes. Parliamo come il volgo e ragionimao come i sapienti. Omnia vincit amor, et nos cedamus amori. L'amore vince ogni cosa; cediamo all'amore. Virgilio Dum inter homines sumus, colamus humanitatem. Finché siamo tra gli esseri umani, cerchiamo di essere umani. Seneca Acceptissima semper munera sunt, auctor quae pretiosa facit. Doni sempre assai ben accetti, è il donatore che li rende preziosi. Ovidio Si vis amari, ama. Se vuoi essere amato, ama. Seneca Amicitiae nostrae memoriam spero sempiternam fore. Spero che il ricordo della nostra amicizia sia eterno. Cicerone Ad turpia virum bonum nulla spes invitat. Nessuna aspettativa può indurre un uomo buono a commettere il male. Seneca Aequam memento rebus in arduis servare mentem. Ricorda quando il percorso della vita è ripido per mantenere la mente calma. Orazio Acclinis falsis animus meliora recusat. La mente intenta alle false apparenze rifiuta di ammettere cose migliori. Orazio Ubi concordia, ibi Victoria. Dove c’è unità, c’è vittoria. Publius Syrus Semper inops quicumque cupit. Chi desidera è sempre povero. Claudian
Sintesi lingua latina La lingua latina era l'idioma dell'antica Roma e del vicino territorio del Lazio. Con la diffusione del potere romano il latino fu diffuso in ogni parte del mondo antico conosciuto e divenne la lingua dominante dell'Europa occidentale. Era la lingua degli studiosi e della diplomazia fino al XVIII secolo e della liturgia cattolica romana fino alla fine del XX secolo. La lingua latina non era originaria dell'Italia ma fu portata nella penisola italiana in epoca preistorica da popolazioni italiche emigrate dal nord. Il latino è un membro della sottofamiglia italica delle lingue indoeuropee; tra le lingue indoeuropee non italiche, è strettamente imparentato soprattutto con il sanscrito e il greco e con le sottofamiglie germaniche e celtiche. In Italia, il latino era originariamente il dialetto della regione intorno a Roma. All'interno delle lingue italiche il latino, il falisco e altri dialetti formavano un gruppo latino distinto dalle altre lingue italiche, come l'osco e l'umbro. Le prime iscrizioni latine sopravvivono dal VI secolo aC; i testi più antichi chiaramente in latino romano risalgono principalmente al III secolo a.C. Il latino fu influenzato dai dialetti celtici nell'Italia settentrionale, dalla lingua etrusca non indoeuropea nell'Italia centrale e dal greco, parlato nell'Italia meridionale già nell'VIII secolo a.C. Sotto l'influenza della lingua greca e della sua letteratura, tradotta per la prima volta in latino nella seconda metà del III secolo a.C., il latino si sviluppò gradualmente fino a diventare una grande lingua letteraria. Latino letterario antico La lingua letteraria latina può essere divisa in quattro periodi, corrispondenti in generale ai periodi della letteratura latina. Il primo periodo (240-70 a.C.). Questo periodo comprende gli scritti di Ennio, Plauto e Terenzio. L'epoca d'oro (70 a.C.-14 d.C.). Questo periodo è famoso per le opere in prosa di Giulio Cesare, Cicerone e Livio e per la poesia di Catullo, Lucrezio, Virgilio, Orazio e Ovidio. Durante questo periodo, sia nella prosa che nella poesia, la lingua latina si sviluppò in un mezzo di espressione altamente artistico e raggiunse la sua massima ricchezza e flessibilità. L'età dell'argento (14-130). Questo periodo è caratterizzato da una ricerca sia per l'elaborazione retorica e l'ornamento sia per l'espressione concisa ed epigrammatica, qualità queste ultime riscontrabili soprattutto nelle opere del filosofo e drammaturgo Seneca e in quelle dello storico Tacito.
Breve storia della lingua latina Il periodo tardo latino Questo periodo, che va dal II secolo al VI secolo d.C. (636 circa), comprende la patristica latina dei Padri della Chiesa. Durante il periodo tardo latino le tribù barbare invasori introdussero nella lingua numerose forme e idiomi stranieri; questo latino corrotto era chiamato lingua Romana e si distingueva dalla lingua Latina, la lingua classica coltivata dai dotti. Latino parlato antico Il linguaggio colloquiale dei romani colti appare nelle opere di vari scrittori, in particolare nelle commedie di Plauto e Terenzio, nelle lettere di Cicerone, nelle Satire ed Epistole di Orazio e nel Satyricon di Petronio Arbitro. È caratterizzato dalla libertà di sintassi, dalla presenza di numerose interiezioni e dall'uso frequente di parole greche. Questo linguaggio colloquiale della buona società (sermo cotidianus) non va confuso con il sermo plebeius, la lingua delle classi non istruite, che mostra un maggiore disprezzo per la sintassi, un amore per le parole nuove e una ricerca della semplicità, soprattutto nelle parole ordine. Il sermo plebeius è noto come latino volgare, termine che talvolta include il sermo cotidianus dei romani più colti. Le lingue romanze si svilupparono non dalla lingua latina letteraria ma dal sermo plebeius del periodo tardo latino, quando era conosciuto anche come lingua Romana. Ad esempio, equus ("cavallo") cadde in disuso, e caballus ("nag", "cavallo da soma") fornì le parole romanze per cavallo (cheval, caballo); allo stesso modo, la parola romanza per testa (tête, testa) non deriva dal latino caput, ma da una parola gergale latina per testa (testa), letteralmente “pentola”. Latino medievale Il latino era la lingua delle lettere nell'Europa occidentale nel Medioevo. Il latino di questo periodo è chiamato latino medievale o latino basso. Anche per il popolo in generale il latino continuò ad essere una lingua viva, perché la chiesa forniva un'enorme massa di letteratura ecclesiastica sia in prosa che in poesia. La lingua, tuttavia, ha subito molti cambiamenti. La sintassi fu ulteriormente semplificata, nuove parole furono adottate da varie fonti e vennero all'esistenza nuovi significati; tuttavia, il latino cambiò molto meno durante questo periodo rispetto al francese o all'inglese. Nuovo latino o latino moderno Nei secoli XV e XVI nacque il Nuovo latino, chiamato anche latino moderno. Gli scrittori del Rinascimento produssero una nuova e brillante letteratura latina che imitava da vicino gli scrittori classici latini e in particolare Cicerone. Quasi tutti i libri importanti, scientifici, filosofici e religiosi, furono scritti in latino in questo periodo, comprese le opere dello studioso olandese Desiderius Erasmus, del filosofo inglese Francis Bacon e del fisico inglese Isaac Newton, e il latino era il mezzo di comunicazione. rapporti diplomatici tra le nazioni europee. Solo alla fine del XVII secolo il latino cessò di essere una lingua internazionale. Durante i secoli XVIII e XIX, tuttavia, rimase la lingua degli studiosi classici, e anche nel XX secolo i trattati accademici sono talvolta composti in latino. La Chiesa cattolica romana utilizza ancora il latino come lingua dei suoi documenti ufficiali. Nell'insegnamento moderno del latino sono stati accettati diversi metodi di pronuncia. Il metodo continentale si basa sulla pronuncia delle lingue europee moderne, la principale pronuncia continentale oggi è quella usata dalla chiesa cattolica romana, che favorisce una pronuncia simile a quella italiana. Nel metodo inglese, le parole latine vengono pronunciate come in inglese, ma ogni sillaba viene pronunciata separatamente.
Modernità del latino Il metodo romano è una ricostruzione congetturale della pronuncia latina del periodo ciceroniano. Questo metodo è in uso nelle scuole e nelle università sia negli Stati Uniti che all'estero. I nomi propri, tuttavia, quando menzionati fuori dal loro contesto latino, vengono ancora pronunciati secondo i principi che governano la lingua del particolare paese; quindi, la pronuncia del nome Cicerone sarebbe in Germania Tsítsero, in Italia Chíchero, in Spagna Thíthero, in Francia Siséro, in Inghilterra Sísero. Il latino nell'antichità ha meno flessibilità e grazia del greco; il suo vocabolario era più limitato ed era meno capace di esprimere idee astratte. I romani si resero conto dei limiti della loro lingua e presero in prestito molte parole dai greci. Il latino, rigoroso nella sintassi e pesante nella dizione, ha vigore e precisione e si è rivelato nel corso dei secoli un mirabile veicolo per l'espressione di un pensiero serio. La sua sopravvivenza è stata duplice: non solo il latino letterario stesso è rimasto in uso fino ai giorni nostri, ma sopravvive anche nelle lingue romanze, che rappresentano l'evoluzione moderna del latino volgare; L'italiano, in particolare, può essere descritto come latino moderno (lingue romanze). L'inglese ha preso ampiamente in prestito dal latino, sia direttamente che indirettamente attraverso il francese. La lingua latina è significativa non solo per la sua letteratura, ma anche perché lo studio del suo sviluppo fornisce informazioni sulla storia della lingua in generale e in particolare sull'origine e lo sviluppo di alcune delle principali lingue dell'Europa moderna. Dal XVII secolo in poi, ma soprattutto durante il XVIII secolo, quando i modelli romani furono copiati in prosa e poesia, gli scrittori usarono parole o costruzioni grammaticali che avevano origine dal latino e che davano un'impressione del latino in inglese. Le parole di derivazione latina sono comunemente più lunghe e di significato più astratto rispetto alle loro controparti anglosassoni: ad es. visione (lat.) = vista (O.E.). In generale la dizione latina, quindi, sarà più astratta e suscettibile di essere polisillabica. La frase periodica è un tentativo di imitare la sintassi latina, lasciando il verbo principale fino alla fine della frase. Due prosatori del XVIII secolo appassionati di latinismo sono il dottor Johnson e Gibbon. Milton è famoso anche per le sue costruzioni latine in Paradise Lost (1667), come in "Him the Almighty Power/ Hurled headlong" che distorce il normale ordine inglese soggetto-verbo-oggetto in oggetto-soggetto-verbo. E per finire eccovi alcune tra le parole latine più famose che usiamo abitualmente tutti i giorni: Alter Ego/Bonus/Bonus/malus/Campus/Curriculum Vitae/Deficit/Et cetera/Ex Equo/Extra/Gratis/Idem/Incipit/In Extremis/Factotum/Junior/Lapsus/Monitor/Post Scriptum/Referendum/Sponsor/Super/Una Tantum/Tabula Rasa/Tutor/Vice Versa/Video/Virus. You can also read: Frasi e citazioni latine Proverbi e detti latini English, Greek and Latin Latin influence in the English language Latin and the English language Latin phrases in English Learn more visiting these useful websites: https://www.latin-english.com Latin English Dictionary https://www.etymonline.com Online Etymology Dictionary You can download the following books on Latin at this page: Latin Language: Bennett, Charles E.: New Latin Grammar; D’Oogle, Benjamin L.: Latin for beginners; Wine, women and songs. Medieval Latin Student’s Songs, including translation and commentary by John Addington Symonds. Read the full article
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Pisa, 27 ottobre 1969 Cesare Pardini ucciso dalla polizia
Ottobre 1969 a Pisa è un mese di violenza fascista e risposta antifascista.
Per il pomeriggio del 27 viene indetta una manifestazione da parte dei sindacati e dei partiti della sinistra istituzionale per dare un risposta alle aggressioni fasciste dei giorni precedenti.
Il corteo, che aveva visto sfilare per le vie cittadine più di 10’000 persone, si conclude con un comizio finale, con l’intervento del sindaco socialista Fausta Cecchini
Il corteo, che aveva visto sfilare per le vie cittadine più di 10’000 persone, si conclude con un comizio finale, con l’intervento del sindaco socialista Fausta Cecchini.
Diverse centinaia di manifestanti però si allontanano dalla piazza del comizio e decidono di dirigersi nuovamente verso la sede dell’Msi. I manifestanti cercano di forzare il blocco della polizia, che blocca le vie limitrofe.
Le cariche sono molto violente, i feriti saranno poi parecchie decine. I poliziotti sparano decine di lacrimogeni.
Cesare Pardini, studente di Legge di 22 anni, viene colpito a morte in pieno petto da un candelotto, sul lungodarno Gambacorta, vicino alla spalletta dell’Arno. Stava osservando la scena con un amico.
La questura dichiara subito che Pardini è morto d’infarto, le cariche della polizia non c’entrano nulla. Pochi giorni dopo l’autopsia stabilirà ufficialmente che la morte è avvenuta per “trauma toracico sopravvenuto dopo violento colpo subito all’altezza della regione cardiaca”.
I giornali dei giorni successivi sosterranno la tesi dell’infarto e si lanceranno contro i militanti di Potere Operaio, colpevoli di “aver fatto degenerare una civile manifestazione”. Sulla stessa lunghezza d’onda saranno anche i partiti della sinistra istituzionale che firmeranno un documento, proposto dallo stesso sindaco, che “ringrazia la cittadinanza per la grande e compatta manifestazione di ieri, condanna senza mezzi termini gli estremisti di Potere operaio, «che hanno strumentalizzato e distorto la manifestazione» ” (da “La Stampa” del giorno successivo).
A fine corteo la polizia farà 8 arresti, di questi tre sono operai, gli altri studenti.
Due giorni dopo, il 29 ottobre, più di 3000 persone parteciperanno ai funerali di Cesare Pardini.
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La scrittura per piacere è sempre stata privilegio di pochi, simbolo di nobiltà. Scrivere ora è diventato alla portata di tutti, popolare. Il problema è che questa tendenza invece di ampliare il numero di coloro che scrivono per piacere, ha portato al risultato che se si scrive, si deve scrivere per profitto. Ha reso la scrittura capitale, invece che rendere molti più popolani scrittori.
Per cui ora io di classe media mi ritrovo a poter scrivere apparentemente "per piacere", insoddisfatta delle modalità in cui mi viene permesso di scrivere "per produrre" e devo bermi la bella bugia che il progresso della società mi ha resa nobile, quando sono solo un operaio che produce con la testa. Sicuro che se mi metto a scrivere veramente "per piacere", non faccio una bella fine, perché in fondo non mi è veramente permesso, non c'è abbastanza reale benessere condiviso per permettere anche a me di scrivere a perditempo.
P.S.: punto di vista patentemente eurocentrico - che là fuori c'è chi muore ancora alla maniera dei medievali, per permettere a quattro gatti di avere dieci macchine.
Devo scrivere romanzi se voglio fare la scrittrice, non posso fare la scrittrice che scrive poi romanzi. A nessuno interessa di quello che vuoi essere, ma del prodotto che eventualmente puoi produrre.
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ECCO CHI ERA VERAMENTE TONI NEGRI parte 1
TONI NEGRI, POTERE OPERAIO, LOTTA CONTINUA, SUPERCLAN, BRIGATE ROSSE…
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Destra sinistra
La politica corrotta, clientelare, familistica che governa il nostro paese, con estrema fantasia si sposta da una parte o dall'altra, semplicemente per il proprio tornaconto. L'interesse dei cittadini è l'ultimo dei loro interessi. Ma, a ben vedere, la distinzione tra destra e sinistra ha ancora un suo valore, un suo perchè. Lasciate stare la storia. L'URSS, il regime dei colonnelli, il franchismo e tutto quello che segue sono solo accidenti della storia, deviazioni deliranti e sanguinolente che, periodicamente, affliggono l'umanità. Sembrerebbe, quindi,che non sia importante questa distinzione. Invece, io penso, la distinzione destra-sinistra appartiene alla storia dell'umanità, sin dai tempi più antichi, quando i popoli erano nomadi e poi cominciarono a creare le tribù, con un capo tribù. Ancora oggi che ci dividiamo tra destra e sinistra, questo principio vale. Qual è questo principio?
Nella visione della destra, come in quella della sinistra il principiio attiene al punto di partenza, alla dinamica del potere. Il pensiero che è alla base della concezione della società governata dalla destra parte dal vertice. Lo stato si preoccupa prioritariamente delle imprese. Per facilitare le imprese crea autostrade, infrastrutture, leggi che hanno, in via prioritaria, lo sviluppo delle imprese. In questa concezione, in questa realtà, l'assunto è che più l'impresa cresce, più assume. Più gente lavora, più persone hanno la possibilità di comprare prodotti, più prodotti si consumano, più l'impresa cresce e più l'impresa cresce, più persone assume e così via, in una dinamica virtuosa. Nel nostro paese, da sempre, questa è l'idea che è alla base della nostra società.
Il pensiero che è alla base della società governata dalla sinistra, parte dalla base. Lo stato dà tutto ai cittadini. Un tempo si diceva della Svezia che ti assisteva dalla culla alla tomba. Lo stato dà tutto ai cittadini. Dalla scuola dell'infanzia fino all'università, ci sono aiuti e incentivi per i più bisognosi o per i più meritevoli. Se perdi il lavoro ti assiste con sussidi seri e se sei fuori mercato ti forma con corsi seri di formazione, che nulla hanno a che vedere con le buffonate dei nostri corsi. E così via, dalla famiglia, ai figli e a tutti gli accidenti che possono capitarti, lo stato c'è e ti aiuta. E' evidente, a questo punto, che la sinistra, nel nostro paese, non esiste.
Poichè l'essere umano è imperfetto, per scegliere, bisogna pensare ai possibili aspetti negativi di entrambi i sistemi.
In una società governata dal pensiero di destra (governata dal pensiero di destra, non dalla destra!) potrebbe capitare che un bel mattino un operaio dell'impresa per la quale lavora, riceva un sms che gli comunica che la società ha chiuso i battenti e che lui è licenziato. Si precipita in azienda e scopre che, nottetempo, i capannoni sono stati svuotati delle merci e dei macchinari. Mi limito a questo solo esempio ma il campionario dei prenditori disonesti è molto vario e corposo.
E in una società governata dal pensiero di sinistra cosa potrebbe capitare? Che un operaio prenda, per fare un esempio, il sussidio di disoccupazione mentre lavora in nero? Difficile. Non ha bisogno di un lavoro in nero dal momento che lo stato lo assiste al meglio e il suo comportamento disonesto rischia di fargli perdere tutti gli altri preziosi benefici che lo stato gli assicura.
Se pensate che questo ragionamento possa essere valido, dovete convenire che, nel nostro paese, non esiste qualcosa che si possa definire "Sinistra".
Twitter @Maledettalogica
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Giuro che non voglio continuare all'infinito e se ti sei rotta il cazzo non postare. Però sinceramente io non volevo fare una lezione morale a nessuno... i toni aggressivi li imputavo a me e la questione del riflettere sui propri bias non portava con sé alcun tipo di moralismo, credo che tutt* noi abbiamo bias e che ci voglia uno sforzo attivo alla loro decostruzione. Forse un aspetto su cui divergiamo é che per me la critica ad una società che non permette a tutt* un accesso eguale all'istruzione e in cui il sapere può essere strumentalizzato per difendere una certa struttura sociale si declina anche nel riconoscere che é deleterio associare, anche solo in una questione di piccolo conto, la mancanza di una certificazione ad una mancanza di conoscenza e possibilità di parola.
sì diciamo che ci avviamo a conclusione anche perché mi pare che stiamo trovando una (non) sintesi e quindi possiamo tornare a fare altro, anche perché tra un po' pare di cercare di distinguere tra il partito comunista operaio dei lavoratori e il partito comunista dei lavoratori operai, per dire
importantissimo anche per me il discorso sui bias, appuntando però a margine che in alcuni casi si tratta solo opinioni divergenti, e non necessariamente di bias da superare. altrimenti il discorso è già impostato sulla divisione ragione/torto, se all'interlocutore si auto-attribuiscono un po' a casaccio dei bias di cui si deve liberare per accedere al piano della verità, ma okay.
sulla critica alla società etc etc.: allora è ovvio che a livello di opinione da bar, ma anche in un contesto più impegnato, tutti abbiano la stessa libertà di parola. così come non credo, né ho mai asserito, che una persona non laureata non possa avere conoscenze estesissime nel campo che più l'aggrada. ma la libertà di esprimere la propria opinione non equivale all'autorevolezza (che, ci piaccia o no, passa anche per il percorso formativo) con cui lo si fa, che tuttavia in alcuni contesti è fondamentale. personalmente trovo assolutamente irrealistico, alla stregua del mero esercizio retorico, sostenere che, poniamo, l'opinione di un commesso o di un'avvocata pesino quanto quella di un linguista a un convegno di linguistica. o che quella di una biologa e di uno studente di economia valgano quanto quella di un idraulico se c'è da riparare un guasto idraulico. e via dicendo. esiste il linguista cane? sicuramente più di uno. esiste il musicista con la passione per l'idraulica? sicuro. ma se l'eccezione è ammissibile è anche perché solitamente c'è una norma di riferimento - che appunto non è immutabile o incontestabile, ma fornisce quanto meno un parametro ben identificabile.
la contestazione è sacrosanta se riguarda la diseguaglianza nei punti di partenza, l'indisponibilità di mezzi che permettano di colmare le lacune, il fatto che accedere a determinati percorsi formativi sia un privilegio per pochi ecc ecc - tutto questo sì, derivante da un sistema ancora intrinsecamente classista. ma l'eguaglianza (cercare di raggiungerla e realizzare una società più equa) non ha proprio niente a che vedere col poter dire "adesso io che faccio x mi metto a discutere con un chirurgo vascolare e chi la vince opera il paziente, dato che le nostre opinioni valgono lo stesso". ragiono di proposito in maniera un po' iperbolica, ma se vale tutto arriviamo, per assurdo, anche a questi esiti
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Questa pubblicità risale a (circa) il 1975. In quell’anno lo stipendio medio era di 200mila lire al mese, quindi quest’auto costava circa 5 mesi di stipendio di un operaio normale. Oggi lo stipendio medio è di circa 1.200/1.300 euro al mese e una Panda costa più di 10mila euro. Ecco brevemente spiegato il motivo per cui l’economia va a rotoli, il motivo per cui il ceto medio sparisce e il motivo per cui 40 anni fa le persone avevano più del doppio del potere di acquisto di oggi.. Progresso? Regresso!
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