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Curiosità: Un Tempo Femminile, Oggi Un'Attitudine Universale
La curiosità non ha più genere, è diventata un motore che spinge uomini e donne verso la scoperta del mondo e di sé stessi
La curiosità non ha più genere, è diventata un motore che spinge uomini e donne verso la scoperta del mondo e di sé stessi Per generazioni, il detto “La curiosità è femmina” ha attraversato le nostre vite, riflettendo uno stereotipo secondo cui l’interesse vivace e la voglia di conoscere fossero qualità prevalentemente associate alle donne. Ma oggi, nel mondo contemporaneo, la curiosità sembra…
#conoscere e crescere#crescita intellettuale#Crescita Personale#curiosità#curiosità e apprendimento#curiosità e creatività#curiosità e innovazione#curiosità e innovazione tecnologica#curiosità e scienza#curiosità e successo#curiosità e tecnologia#curiosità femmina#curiosità maschile#curiosità nel lavoro#curiosità nel mondo contemporaneo#curiosità nel XXI secolo#curiosità senza genere#curiosità umana#curiosità universale#desiderio di scoprire#educazione alla curiosità#Elon Musk#esplorazione e curiosità#evoluzione della curiosità#genere e curiosità#il futuro della curiosità#imparare con curiosità#intelligenza e curiosità#Marie Curie#motore della curiosità
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Finalmente leggo qualcosa che è perfettamente in linea con il mio pensiero. Ho letto i libri della Gabaldon( non l’ultimo pubblicato) e sinceramente mi è piaciuto il primo e poi la curiosità mi ha portato verso gli altri . La prima stagione è stata perfetta come ambientazione, costumi , luci e realismo recitativo. Ho sempre pensato che si poteva terminare con la stagione tre . Ho continuato a guardare le nuove serie per vedere se si ripeteva il miracolo della prima ma non è più successo . Forse la sceneggiatura , le scenografie, i costumi , la regia , gli attori, non lo so… recupereranno con le ultime ?Arrivero’ alla fine perché spero si vada ad una recitazione di cuore e non solo di buona tecnica . Grazie per essere qui con noi .
Dear (returning) @findanserwers,
Tante, tante grazie (mille!) per le tue belle parole - finalmente qualcuno ha capito perfettamente che quello che volevo dire era la mia opinione e solo la mia opinione! Ma prima, permettimi di tradurre ciò che mi hai così gentilmente inviato:
'I am finally reading something that is perfectly in line with my thoughts. I read Gabaldon's books (not the latest published) and honestly I liked the first one and then curiosity led me to the others. The first season was perfect in terms of setting, costumes, lights and acting realism. I always thought that it could end with season three. I continued to watch the new series to see if the miracle of the first one would be repeated but it never happened again. Maybe the script, the sets, the costumes, the direction, the actors, I don't know… will they catch up with the latest ones? I'll get to the end because I hope we'll go to heartfelt acting and not just good technique. Thank you for being here with us.'
Oh, darling: thank you for reading me and thank you for sending such an honest and positive message. I have very few things to add to it, in reality and I think you hit the nail on the head when you told me that you were hoping OL will end with 'heartfelt action, not just good technique'. I dare to think that this is what keeps us all still around - this hope the series and its cast could finally find a way to redeem and perhaps even free themselves from contrived acting and a terrible, terrible story line. At this point, I am very much tempted to add some more, but I will spare my judgement until we reach that much talked about Lord John/Claire subplot, lest people would accuse me of groundless charge against Gabaldon and her Masterpiece. Ahem.
Since Everest is apparently all the rage in this fandom, right now, may I recommend with all my heart Terzani's last travelogue, Un altro giro di giostra/One More Ride on the Merry-Go-Round? I discovered him many years ago, prompted by a very adamant Someone, and I have to tell you I have seldom read something more deep and beautiful and true about the Himalayas and the mystique surrounding it.
You are (always, always) welcome.
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Una forza e una generosità straordinarie sono il dono di ogni madre, e sono la base di quell’amore incondizionato che solo una madre sa offrire e che tutti dovremmo avere la possibilità di assaporare. Un vecchio proverbio napoletano recita: «Chi tene ‘a mamma, nun chiagne» (chi ha la mamma, non piange), ed è vero. Le madri sono scudo pronto a difenderci da ogni dolore, a volte persino esagerando.
La verità è che l’amore può tutto, che un sorriso, uno sguardo sincero, una carezza sono sorsi di eternità, che nel dolore la fiducia nel domani può soltanto diventare più grande.
Una terribile battaglia da combattere “un lungo addio”.. “un addio rubato..un addio mancato.. un addio finto”.
Perché tra di noi, mamma, non può esserci addio.
La mia persona più amata si dissolve lentamente in piccoli pezzi, ed è impossibile andare a ripescare quale sia stata l’ultima conversazione. Struggente ed emozionante, «il segreto della vita».
Tutto ruota intorno ai ricordi e alla memoria, al loro disperdersi e riemergere continuo e imprevedibile, trasportando tutti in una sorta di infinito presente. Una storia di cui non conosco né l’inizio né la fine, ma di cui ho vissuto e vivo intensamente ogni giorno con dolore, paura, rabbia, fatica, solitudine, curiosità, ostinazione. Facile perdersi in questo guazzabuglio di emozioni. Non so dire con precisione quando quel processo abbia avuto inizio. Sono stata incapace di cogliere i primi segnali quotidiani. E mi sono trovata direttamente a decidere quanti scatoloni avrebbero occupato i ricordi della mia infanzia e della mia adolescenza, riempiendoli ad una velocità molto superiore a quella delle mie emozioni, che mi soffocavano la gola. “Questo è il momento più difficile”, mi racconto ma intanto sto tatuando il mio cuore. In maniera indelebile.
Figlia unica di un genitore non autosufficiente, come la definisce la USL.
Il muro che ho dovuto attraversare per trovare il mio binario è fatto di rifiuto, disoriento.
Dovevo combattere con i fantasmi del mio passato, guardare negli occhi una persone che non mi riconosceva piu e specchiarmi nelle sue paure. Una micidiale danza di emozioni contrastanti: l’eterno presente senza ieri e senza domani il passato remoto improvvisamente prende vita catapultandoti in una dimensione surreale e spiazzante. Mi trito il cuore cercando di cogliere un’espressione diversa sul volto, un lampo negli occhi, un gesto, ma lei ė in un'altra dimensione e questo fa male. Come tenere tutto dentro.
Ecco come vedo, assisto e vivo questo lento perdersi. Un lento svanire. Spegnersi poco a poco, spettatore di questa surreale esibizione della vita. Dove il regista è il tempo e la trama è composta dalla memoria, dai ricordi, che a tratti riemergono da quel luogo fuori dallo spazio e dal tempo. Sono sempre lì. Sono sempre loro. Solo nascosti in qualche angolino. Basta aspettare il momento giusto... ed eccoli.
Un viaggio nei legami affettivi più forti, nelle nostre paure e nei nostri bisogni di amare, alla ricerca della felicità anche nelle situazioni apparentemente più avverse.
A 52 anni proprio non me lo aspettavo. Di figli ne avevo già uno, ormai grande, proiettato verso un futuro luminoso insieme alla famiglia che si era creato.
Ed io, invece, ecco che mi ritrovo, inaspettatamente, a dover fare i conti con la dolorosa esperienza di diventare “madre di mia madre", nel suo lento declino fisico e mentale.
Eppure il suo sguardo, di tanto in tanto, torna per un fugace momento (tanto fugace che, a volte mi chiedo se sia veramente successo) a fissarsi su di me, limpido e cosciente. Come se davvero fosse tornata a vederMi...tornata ad essere mia madre. Quella che si preoccupava per me. E si prendeva cura di me, sempre con un sorriso sulle labbra. Non so bene come spiegarmi. C’è da non trovare le parole quando hai a che fare con una persona che se ne sta andando lontano, sempre più, suo malgrado. C’è da augurarselo di non trovarle, mettere in fila i pensieri richiederebbe di voler vedere quello che si ha davanti e io non voglio.
“Mamma, sono io, sono Francesca”. Te lo ricordo, te lo ripeto, non perderlo il mio nome. Non lasciarmi andare. Nei tuoi pensieri troncati, assillanti, confusi non sei persa, perché non si può affogare in una pozzanghera, e non sei rinchiusa finché fai di tutto per stare a galla. Attaccati a me, aggrappati all'amo, salda più che puoi, con le mani e con lo sguardo, che ti tiro verso di me, non smettere di respirare.
Quanto fa male trasformarsi. “Sono io, mamma, sono Francesca”. “Lo so,” mi rispondi. Sei arrabbiata. In te c’è ancora forza...non molli, non cedi, ti ribelli. Mi prenderesti a schiaffi. Ti vedo, seduta sul divano. Ti stringi, ti rimpicciolisci, scompari, eppure io ti trovo sempre. So dove cercarti. So dove trovarmi. Anche se potremmo essere il gioco dei contrari io e te. Tu, che sei tanto diversa da me eppure ti assomiglio. Ho paura..e nello stesso tempo ho Il bisogno di non far vedere agli altri che sto male.
Ho tanti sensi di colpa: sono una mamma, come te. Quanta malinconia c’è, quanto mi ricordo di te..ricordi che si diluiscono. All’inizio mi concentro sul come fare per catturarti e quando ti ho catturata penso a come trattenerti; quando sto per perderti cerco di invogliarti a restare con un nuovo stratagemma; quando ti ho persa iniziano i propositi per fare meglio la volta dopo. Ricomincio, riprovo, non mollo mai. I tentativi si susseguono senza sosta. Non c’è fine, non c’è pausa. Ci pensi anche quando non lo fai. Ci deve essere da qualche parte una linea di confine che, se oltrepassata, è un cambio perenne di stato. E ci pensi mentre fai la spesa o sei in fila dal dottore, mentre parli al telefono con un’amica e perfino mentre ti fai la doccia. Quando sei sotto il getto dell’acqua tiepida piangi per il fallimento: non importa quanto poco ti consoli l’esserci per accudirla. L’acqua si miscela alle lacrime nel gorgo dello scarico e dovrebbe andare giù, lasciarti, non tornare, giusto? No, non va giù. La lacrima stagna, imputridisce. Si deposita. È l’acqua delle pozzanghere. Non conosce colore, non conosce fine. Non riflette tutto il cielo, non è nemmeno una finestra. Non bisogna scoraggiarsi.. ma mi mancano le forze o forse il coraggio. A volte ricordo i tempi piu felici che sono anche i più taglienti.“Eccomi! Ciao, come stai oggi? Hai visto che è arrivata l'estate???....
Guardami,
"sono Francesca, mamma
Mamma❤”.
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Storia Di Musica #326 - Tame Impala, Lonerism, 2012
L’edificio in copertina del disco di oggi (che ricordo è il fil rouge dei dischi di Maggio per questa rubrica) è un particolare di uno degli edifici dei Giardini di Lussemburgo di Parigi. È mostrato sovraesposto alla luce, un po' sfocato in una giornata soleggiata estiva, come potevano farlo le decine di migliaia di turisti in quel luogo quel giorno, ed è opera di Leif Podhajsky, grafico e artista visuale australiano, che decise di editarla proprio come se fosse una foto fatta quasi per caso, mancando il fuoco del soggetto. Con questa copertina, l’artista di oggi voleva esprimere la sottigliezza e spesso l’indifferenza dell’isolarsi contemporaneo, come simboleggia il cancello più a fuoco dell’edificio e del giardino di sfondo. Kevin Parker è stato sin da subito un tipo dalla fervente immaginazione e creatività. Australiano di Perth, sin da giovanissimo inizia a suonare in gruppi rock amatoriali, fin quando non ha un piccolo successo con i Dee Dee Dums, un rock duo dove lui canta e suona la chitarra e Luke Epstein la batteria. È quasi per scherzo che registra in maniera casalinga delle canzoni che pubblica su una pagina di MySpace (ode al leggendario social network), dando a questa idea il nome Tame Impala, in omaggio alla grande antilope africana. Sorprendentemente ottengono un successo per passaparola sulla piattaforma, tanto che una piccola casa editrice australiana, la Modular Recordings, lo scrittura. Parker è “costretto” a ingaggiare altri due musicisti per suonare dal vivo i brani, Dominic Simper (basso) e Jay Watson (batteria). Il 2008 è l’anno del loro lancio: firmano un Ep a nome Tame Impala (sebben la copertina con la scritta la scritta di tre stelle lo fa diventare famoso come Antares, Mira And The Sun) una loro canzone, Half Full Glass Of Wine diviene una piccola hit, suonano come supporter band ai The Black Keys e in numerosi festival, dove il loro suono proto-psichedelico ha un grande successo. Che perdura nel 2009: nuova canzone di successo, Sundown Syndrome, che addirittura è inserita nella colonna sonora del film pluricandidato agli Oscar I ragazzi stanno bene, ancora festival, concerti, critica innamorata di questo suono vintage-moderno peculiare. Nel frattempo Epstein se ne va, e Parker da solo scrive testi e musica del primo (tranne una canzone con Jay Watson), attesissimo, disco dei Tame Impala: nel 2010 viene alla luce Innespeaker, apoteosi di questo gusto del nostro per il rock psichedelico degli anni d’oro (metà anni 60) ma con tocchi pop spiazzanti, ma che funzionano a meraviglia. Disco acclamato dalla critica e dal pubblico, Parker è con il nome di una band una delle nuove sensazioni della musica.
È con curiosità che quando esce nel 2012 Lonerism ci si approccia a questo nuovo lavoro: c’è già chi lo aspetta alla prova del secondo disco modesto dopo un grande inizio. Ma quasi tutti vengono smentiti da un lavoro che prosegue in questo binomio creativo quanto meno singolare tra psichedelia e pop music, ma stavolta lo fa abbandonando le chitarre e il rock per spingersi molto di più sull’elettronica, echi di new wave, accentuando la spinta psichedelica con cascate di tastiere e effetti di sampling. Parker non si nasconde e vuole creare una musica che “sia psichedelica ma che abbia la grazia pop di Britney Spears”. Registrato tra Perth e Parigi, spesso in totale solitudine, solo con il fido ingegnere del suono Dave Fridmann al mixing, il disco si apre con il gioco di campionamenti di Be Above It (quasi un mantra pop), che si ripetono in Endors Toi, in una atmosfera solare, quasi da serie Tv californiana. La stupenda Apocalypse Dreams, primo singolo estratto e una delle canzoni più belle dell’intero repertorio Tame Impala, ha echi lennoniani e un finale che in più punti sembra un omaggio a David Bowie e alle sue esplorazioni spazial-musicali di qualche decennio precedente. La parte centrale del disco è invece quella più marcatamente psichedelica. Nel trittico Mind Mischief, Music To Walk Home By e Why Won't They Talk to Me? si sente il lavoro dietro il mixer di Dave Fridmann, già produttore dell'esordio, ma soprattutto collaboratore fisso di quei pazzerelli dei Flaming Lips. Elephant sfoggia un riff sporco e quasi funk e un determinato assolo di tastiere acide, bellissime sono l'onirica ballata Nothing That Has Happened So Far Has Been Anything We Could Control e la quasi marcetta pianistica di marcetta Sun's Coming Up. Discorso a parte merita l’ultimo singolo, Feels Like We Only Go Backwards, che lo stesso Parker ammetterà di aver scritto pensando a Walk In The Park dei Beach House: una sognante ballata power dream pop, che diventerà una delle canzoni dell’anno, usata in film (Divergent del 2011), serie Tv (The Imperfects su Netflix), e spingerà il disco ai posti più alti delle classifiche redatte dalle riviste specializzate come miglior lavoro dell’anno. Anche le vendite sono sbalorditive: solo Feels Like We Only Go Backwards vende un milione di copie tra fisiche e digitali. Nonostante per alcuni sia un divertissement, il secondo lavoro è portentoso per l’accuratezza di certi particolari, per il lavoro di produzione certosino e per la freschezza generale delle musiche, caratterizzate dall'uso spectoresco degli arrangiamenti, dalla stratificazione degli effetti e da una pomposità e magniloquenza che faranno scuola.
Ancora meglio farà Currents nel 2015: scritto, suonato e registrato tutto da solo, molto più dance, virando ancora di più sul pop psichedelico e sul synth-pop, venderà milioni di copie e vincerà il Grammy come Miglior Disco Rock e miglior Disco dell’anno nel 2016, decine di altri premi e scaraventa canzoni come Let It Happen, ‘Cause I'm A Man, Eventually e The Less I Know The Better a miliardi di visualizzazioni sui siti di streaming facendo di un ragazzo di Perth il nuovo Re Mida del pop internazionale.
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Curiosità su Julia Roberts e Richard Gere in Pretty Woman 🎬
Ruoli invertiti: Richard Gere inizialmente rifiutò più volte il ruolo di Edward Lewis. Solo dopo che Julia Roberts lo convinse durante un incontro, accettò finalmente la parte.
Cambio di titolo: Il film era originariamente intitolato "3000", in riferimento alla somma di denaro che Vivian (Julia Roberts) riceveva per la settimana. Il titolo venne cambiato in "Pretty Woman" ispirato alla canzone di Roy Orbison, che divenne un elemento distintivo del film.
Scena improvvisata: Una delle scene più iconiche del film, in cui Edward chiude bruscamente la scatola di gioielli sulle dita di Vivian facendola ridere, fu improvvisata. La reazione di Julia Roberts era autentica, e il regista Garry Marshall amò così tanto quel momento che decise di mantenerlo nel film.
Casting di Julia Roberts: Julia Roberts non fu la prima scelta per il ruolo di Vivian Ward. Molte attrici, tra cui Molly Ringwald, Meg Ryan e Daryl Hannah, rifiutarono la parte prima che venisse scelta Roberts. Questo ruolo fu la sua grande svolta, catapultandola verso la celebrità.
Scena delle scarpe: La scena in cui Edward mette la scarpa a Vivian fu un'idea di Richard Gere, improvvisata sul momento. Divenne uno dei momenti più memorabili del film.
Alchimia reale: La chimica tra Roberts e Gere era così forte che ebbe un ruolo significativo nel successo del film. La loro connessione sullo schermo rese la trama romantica più credibile e affascinante.
Performance al pianoforte di Richard Gere: Richard Gere compose e suonò realmente il pezzo al pianoforte presente nella scena dell’hotel. Questo aggiunse un tocco personale alla sua interpretazione, mostrando anche il suo talento musicale.
L’iconico abito rosso: Il famoso abito rosso indossato da Julia Roberts nella scena dell'opera rischiava di non essere creato. Inizialmente, l'abito era stato disegnato in nero, ma la costumista Marilyn Vance decise di cambiarlo in rosso all'ultimo minuto, creando uno dei momenti di moda più iconici nella storia del cinema.
Collaborazione di successo: Pretty Woman segnò l'inizio di una collaborazione di successo tra Roberts, Gere e il regista Garry Marshall. Il trio si riunì nel 1999 per il film Se scappi, ti sposo, che ebbe anch'esso un grande successo al botteghino.
Un successo al botteghino: Pretty Woman fu un enorme successo, incassando oltre 463 milioni di dollari in tutto il mondo. Divenne una delle commedie romantiche di maggior incasso di tutti i tempi, consacrando Julia Roberts come una delle attrici più richieste e Richard Gere come protagonista di spicco a Hollywood.
Crediti: Light Of Rumi / Betty Nurbaety
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“ Educare vuol dire togliere”
Quando un genitore dice: “io non ho mai fatto mancare niente a mio figlio” esprime la sua totale idiozia.
Perché il compito di un genitore è di far mancare qualcosa, perché se non ti manca niente a che ti deve servire la curiosità, a che ti serve l’ingegno, a che ti serve il talento, a che ti serve tutto quello che abbiamo in questa scatola magica, non ti serve a niente no? Se sei stato servito e riverito come un piccolo lord rimbecillito su un divano, ti hanno svegliato alle 7 meno un quarto la mattina, ti hanno portato a scuola, ti hanno riportato a casa, ti hanno fatto vedere immancabilmente Maria De Filippi perché non è possibile perdersi una puntata di Uomini e Donne, perché sapete che è un’accusa pedagogicamente brillantissima.
Ma una cosa di buon senso, il coraggio di dire di no? Vedete io me lo ricordo, tanti anni dopo, l’1 in matematica e non mi ricordo le centinaia di volte che mi hanno dato 6, perché il 6 non dice niente, è scialbo, è mediocre. Me lo disse mio padre quando tornai a casa. “Papà ho preso 1 in matematica”.
Pensai che avrebbe scatenato gli inferi, non sapevo cosa sarebbe successo a casa mia. Lui invece mi disse: “fantastico, 4 lo prendono in tanti, invece 1 non l’avevo mai sentito. E quindi hai un talento figliolo”. E poi passava dall’ironia ad essere serio: “Cerca di recuperare entro giugno se no sarà una gran brutta estate”. Fine. Non ne abbiamo più parlato. Perché lui credeva in me. E quando credi in un ragazzo non lo devi aiutare, se è bravo ce la fa. Perché lo dobbiamo aiutare? Io aiuto una signora di 94 anni ad attraversare la strada, ci mancherebbe altro. Perché devo aiutare uno di 18? Al massimo gli posso dire: “Sei connesso? Ecco, questa è la strada , tanti auguri per la tua vita”. Si raccomandano le persone in difficoltà, non un figlio. Perché devi raccomandare un figlio? Perché non ce la fa? Che messaggio diamo? Siccome tu non ce la fai, ci pensa papà. Tante volte ho sentito dire da un genitore: io devo sistemare mio figlio. “Sistemare”. Come un vaso cinese. Dove lo sistemi? Dentro la vetrinetta, sopra l’armadio? Hai messo al mondo un oggetto o hai messo al mondo un’anima? Se hai messo al mondo un’anima non la devi sistemare, l’anima va dove sa andare.
Educare non ha nulla a che fare con la democrazia, dobbiamo comandare noi perché loro sono più piccoli. In uno stagno gli anatroccoli stanno dietro all’anatra. Avete mai visto un’anatra con tutti gli anatroccoli davanti? È impossibile, è contro natura. Perché le anatre sono intelligenti, noi meno.
Un genitore è un istruttore di volo, deve insegnarti a volare. Non è uno che spera che devi restare a casa fino a sessant’anni, così diventi una specie di badante gratis. Questo è egoismo, non c’entra niente con l’amore. L’amore è vederli volare.
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1. Non cercare la vittoria. Il successo non è la misura della vita. Fa' semplicemente ciò che ti piace. Sii felice. 2. Segui la tua curiosità. Segui ciò che ti attrae, come una compulsione. Anche senza soldi o ricompensa. 3. Fa' ciò che ti piace. Non ti preoccupare se gli altri lo trovano sciocco. Guarda tutta la gente eccentrica che c'è al mondo, sono felicissimi! Segui la tua strada. 4. Credi nel potere dell'amore. Niente è più importante di fare ciò che si ama e stare con le persone che si amano. 5. Talento e retribuzione non hanno relazione tra loro. Il denaro non è una ricompensa del talento e del duro lavoro. L'obiettivo è la propria soddisfazione. Ogni sforzo vale la pena di esser fatto se si fa ciò che si ama. 6. Prendila con calma. Ovviamente, lavorare è necessario, ma non bisogna esagerare! Senza il riposo, arriva l'esaurimento. 7. Credi in ciò che non vedi. Le cose più importanti al mondo sono quelle che non puoi tenere in mano Shigeru Mizuki, Le 7 regole di vita art by_krummervogel_ ********************* 1. Don't seek victory. Success is not the measure of life. Just do what you like. Be happy. 2. Follow your curiosity. Follow what attracts you, like a compulsion. Even without money or reward. 3. Do what you like. Don't worry if others find it silly. Look at all the eccentric people in the world, they are so happy! Follow your road. 4. Believe in the power of love. Nothing is more important than doing what you love and being with the people you love. 5. Talent and compensation have no relation to each other. Money is not a reward for talent and hard work. The goal is your own satisfaction. Every effort is worth it if you do what you love. 6. Take it slow. Obviously, work is necessary, but you shouldn't overdo it! Without rest, exhaustion sets in. 7. Believe in what you don't see. The most important things in the world are the ones you can't hold in your hand Shigeru Mizuki, The 7 rules of life art by_krummervogel_
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Puoi raccontare che cosa ti è successo e qual è il farmaco che dà tutti questi problemi? per curiosità scientifica diciamo
Al momento non mi va di dire a tutti cos'ho, forse solo a qualche mutual in chat. Comunque è un farmaco oleoso da somministrare intramuscolo. Se doveste iniettarvi anche voi un farmaco del genere: riscaldate la chiappa con una bella borsa dell'acqua calda bollente, riscaldate bene il farmaco, massaggiate a lungo dopo l'iniezione e rimettete la borsa dell'acqua calda, ma soprattutto iniettatelo molto molto lentamente, anche facendo pause di 10 secondi tra una stantuffata e l'altra.
Ieri ho fatto così e oggi sembra andare meglio, rispetto all'altra volta, anche se non mi sono ancora alzata dal letto.
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Ti andrebbe di condividere con noi altri qualche titolo dei tredici e perché li hai scelti?
allora. il primo è stato Settembre nero di Veronesi, lo volevo leggere perché Il colibrì mi era piaciuto abbastanza e perché mi piace stare aggiornato sulle nuove uscite. se dovessi dire anche se i libri acquistati mi sono piaciuti e perché temo per la lunghezza della risposta, probabilmente diventerebbe una piccola rivista letteraria (comunque non mi è piaciuto). poi c’è stato Intermezzo di Rooney, anche qui, adoro Rooney e volevo stare aggiornato, e anche qui non aggiungo il mio giudizio, se no facciamo natale. duemilaventicinque.
in un giorno ho comprato Ogni prigione e un’isola di Bignardi e Cose che non si raccontano di Lattanzi. con questi due titoli subentra di prepotenza il motivo dietro il quale i libri comprati questo mese sono così tanti. in realtà entrambi li ho già letti mesi fa e li ho comprati per puro collezionismo, anzi peggio, perché li ho comprati in in versione eBook, quindi forse un gradino sotto il collezionismo, un prurito tra il consumismo e il desiderio di avere una libreria digitale completa. se ti stai chiedendo come li ho letti se non li possedevo, be’, ero un lettore povero ma curioso e scaricavo ogni cosa.
Leggere, scrivere, argomentare di Serianni, perché appena ho visto chi lo ha scritto non ci ho pensato due volte.
stesso giorno: Meno di zero di Ellis, romanzo d’esordio di uno dei miei scrittori preferiti, letto proprio quest’anno; Il male oscuro di Berto, ecco, con questo romanzo bellissimo si solleva un dispiacere che mi provoca l’idea di averli letti in versioni poi perdute, che hanno perso le sottolineature e le idee che mi hanno provocato alla prima lettura. anche se le sottolineature non le rileggo praticamente mai, infatti è più un dispiacere immaginario; L’ultima lezione di Rea, perché è uno scrittore che adoro e vorrei recuperare ogni cosa che ha scritto; Storia segreta della Ndrangheta di Gratteri e Nicaso, notato e sfogliato in libreria e comprato per curiosità ma con il sospetto che non lo leggerò mai.
Non per sempre ma per ora di Palahniuk, un acquisto paradossale e che forse spiega bene la frustrazione personale che mi ha portato a fare acquisti compulsivi perché non solo è un romanzo che ho già letto appena uscito nelle librerie, ma non mi è piaciuto. lui è un genio, ha inventato un genere e si vede, perché nonostante tutto è un romanzo che sotto certi aspetti è avanti a chiunque tenti di imitarlo, però - e mi fermo qui se no non la finisco più. Caos calmo di Veronesi: perché non ho ancora letto il suo successo più importante? Hidden Valley Road di Kolker, perché avrei voluto leggerlo anni fa ma mi ero scordato della sua esistenza.
I sorrisi fanno rumore di Tesio, perché anche se sono un lettore digitale amo profondamente le librerie fisiche e in una passeggiata tra gli scaffali di una libreria avevo visto e mi ero innamorato della sua copertina, quindi questo libro un po’ mi inseguiva e tormentava, ecco. non ho la minima idea di cosa parla.
se conti i libri di cui ti ho parlato scoprirai che manca qualche titolo, e il numero di acquisti è pure aumentato di almeno un paio di unità da quando ho pubblicato il post, però forse ho scritto troppo e in ogni caso ho finito le energie.
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Ho passato un altro compleanno a chiedermi come fosse possibile non essersi ancora incontrati. Mi perdo un po’ nelle canzoni di altri che non possono parlare di noi. M. fa il simpatico, io annaspo cercando la voglia di restare. Mica una ragione valida, solo una scintilla che sappia riscaldarmi. Il calore del tuo fiato è talmente distante che non ho superfici su cui disegnare il futuro. Ieri sera mi serviva un concerto e, invece, mi sono addormentata in un letto vuoto. Mi dico che quella insoddisfazione che mi anima in queste settimane sia frutto dell’instabilità lavorativa che mi perseguita. Invece, temo che sia una paura latente che non ho parole nuove per definire. Finisco sempre in questo circolo vizioso della paura, dove rincorro ciò che mi spaventa senza dargli un volto.
Un anno fa, D. cercava invano di programmare un incontro e io, con discreto successo, giocavo a nascondino. Mi merito le mie mani fredde. Lui mica me l’ha rinfacciato, io, però, sono consapevole anche degli errori che ho commesso nelle vite di altri. Se mi guardasse ora e mi urlasse contro che merito di trovare me stessa in altri, probabilmente fraintenderei. Le parole sono tiranne e lui mica lo sa. Ho già visto me dentro le mosse di altri, sono stata spettatrice e attrice della noia di altri, mi sono prestata ai rimandi di altri e sono stata investita dalla delusione derivante dal poco o totalmente assente amore di altri. Molto più preoccupante, però, è che mi sono vista dentro gli occhi di altri. Ma questo mica significa che sono appartenuta ad altri. Significa che ho cercato gli occhi di altri solo per vederci riflessa me. Significa che le mie carezze erano destinate a sfamare il mio ego e che i miei passi non erano dettati dall’amore per altri ma dalla mancanza di amore per me. La sindrome da specchietti retrovisori mi ha colpito sempre, soprattutto con D. Rettifico: la mia sindrome da specchietti retrovisori ha colpito soprattutto D. Non so, e questo spesso mi ha turbato, se D. con tutte le sue languide parole sia mai stato sincero o se, semplicemente, cercasse con parecchio dispendio di energia di raggiungere un non bene identificato obiettivo. Se fosse stato sincero, ora sarebbe molto ferito. Se fosse stato sincero, le sue ferite gli avrebbero impedito di ripresentarsi alla mia porta. Chissà se poi è vero, chè il dolore non mica è una grandezza universale.
Ho ancora voglia di restare e lo vedo nell’eccitazione del telefono che squilla, nella curiosità di scoprire e nell’illusione di capire. Però, negli ultimi tempi, solo la rabbia mi fa parlare. Mi sono detta che quello che mi manca è una chiave di interpretazione di questi miei pensieri a casaccio. Mentivo. Non mi serve qualcuno che mi sveli il sottotesto di queste mie divagazioni. So già che alla paura puoi dare molti nomi. Nel mio caso, sono sempre i soliti: rabbia, insoddisfazione ed insopportazione. So che G. non mi ha mai voluto bene e che io non mi sono permessa di conoscerlo a sufficienza per poterlo guardare, figuriamoci amare. So che D. mi ha tenuta tra le braccia un po’ ma so anche che in quell’abbraccio rimbombava un cuore solo. So che M. non ha a cuore il mio successo ma scelgo di credere che non voglia nemmeno essere il fautore del mio fallimento. So che 105 mq vuoti mi fanno terrore ma so anche che il silenzio che aleggia in quelle stanze è al contempo assoluzione e condanna. So che D. non ha la mia stessa risata e come puoi ballare se non sei sintonizzato sulla stessa frequenza? So che mi cibo di metafore, ma il concetto qui è molto banale: cerchi di far combaciare i contorni ma colori solo fuori dai bordi.
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Venerdì 18 ottobre
💰 Compleanni del giorno: Zac Efron e Chuck Berry 🙀 Canzone del giorno: Il giro giusto di Bugo 🍤 Film/Serie TV del giorno: It's Always Sunny in Philadelphia 🚌 Curiosità del giorno: Zac Efron non ha cantato nel primo film della saga di High School Musical. La voce di Troy Bolton nei grandi successi del primo fim è stata prestata Drew Seeley. Dopo il grande successo di High School Musical, Zac Efron ha preso delle lezioni di canto e si è imposto perché avesse la possibilità di cantare personalmente le canzoni del suo personaggio nel secondo film (e poi nel terzo).
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The Maze Runner - Il Labirinto (2014)
E’ arrivata su Netflix una saga letteraria young adult di successo, con elementi che rimandano in maniera più o meno diretta al mondo delle serie TV e dei videogame.
Quando Thomas si sveglia all'interno dell'ascensore che lo porta in superficie verso la Radura non ricorda ancora il suo nome, non sa chi è, dove si trova e perché è lì. Nulla del proprio passato, come tutti gli altri ragazzi che trova ad aspettarlo: la comunità vive senza memoria e secondo le proprie regole in questa valle selvaggia, circondata dalla mura di un misterioso labirinto le cui porte si aprono di giorno e si chiudono di notte.
Nessuno è mai riuscito ad attraversarlo, e nessuno è mai riuscito a vedere i misteriosi Dolenti che lo popolano e a restare vivo. Thomas è l'unico che sembra voler provare a capire, frammenti di ricordi affiorano durante i sogni, una sigla, una voce… "WCKD è buono". Ma le domande non sembrano avere una risposta, fino a che un giorno dall'ascensore sale una ragazza, Teresa: anche lei non ricorda nulla, tranne il nome di Thomas.
Lost in the maze
Maze Runner - Il labirinto: una scena tratta dal film fantascientifico
nel suo anno di uscita, IL 2014, c’era da parte dei produttori una ricerca compulsiva di un nuovo franchise rivolto al pubblico young adult, ma poco importava quale sia la derivazione del genere, da quello sci-fiction al soprannaturale o urban fantasy, quello che contava era creare il fenomeno trovando la storia giusta che riuscisse a diventare un successo cinematografico oltre che letterario.
Presentato come il nuovo Hunger Games (come del resto era stato per Divergent) Maze Runner - Il labirinto, dai romanzi di James Dashner (ovviamente una trilogia, più un prequel), si differenzia dagli altri sci fiction distopici essenzialmente per tre ragioni: un inconsueto approccio sostanzialmente più dark e meno patinato, la mancanza della descrizione, di solito posta come assunto iniziale, del nuovo ordine sociale distopico che ha portato allo svolgersi degli eventi, e soprattutto (almeno per questo film) si fa a meno dell'imprescindibile componente romantica.
Maze Runner - Il labirinto: una suggestiva scena del film
Già di per se questi tre fattori sarebbero sufficienti a conferire una certa dignità al film dell'esordiente Wes Ball, che nonostante vari difetti ha avuto il pregio di riuscire bene o male a mantenere desta l'attenzione dello spettatore fino alla fine, ma soprattutto di suscitare la curiosità di vedere come prosegue la storia. Se non fosse però per la durata eccessiva, potremmo trovarci davanti al perfetto pilot di un serial tv, sul cui impianto il film è costruito: in puro stile Lost, che ne costituisce il riferimento seriale più evidente, è scritto in maniera intelligente, dissemina enigmi e rimanda qualsiasi tipo di spiegazione: perché i protagonisti sono lì e chi ce li ha messi? Perché fanno quello che fanno? Bisogna arrivare alla fine del labirinto per avere le risposte, ma sono comunque parziali e (volutamente) insoddisfacenti, perché aprono le porte a nuovi scenari e nuovi quesiti che verranno chiariti nella prossima puntata.
Al livello successivo
Maze Runner - Il labirinto: una delle prime foto ufficiali del film post apocalittico
Nobili echi letterari che rimandano a Il Signore delle Mosche, la comunità di ragazzi isolata in un contesto selvaggio, la società adulta fatta di gerarchie e regole a volte brutali, il tentativo di ritrovare l'identità perduta e di far fronte alla paura che spinge a sentire la propria prigione come l'unico luogo sicuro: temi da sociologia di gruppo reinterpretati in chiave young adult, riproposti dunque in ottica da serial tv (dai quali infatti provengono i due interpreti Dylan O'Brien e Kaya Scodelario) e non ultimo contaminati da una forte estetica da videogame.
Non a caso, insieme alle serie televisive, l'altra forma di intrattenimento che è più tributaria nei confronti del cinema è proprio quella dei videogiochi, sia a livello creativo che di produzione. Al di là delle scene di inseguimento nel labirinto, con salti e scivolate, le porte che si chiudono e i mostri che inseguono in perfetto stile runner game, anche in questo caso ritroviamo soprattutto la filosofia multilivello: si è spinti ad andare avanti e a finire lo schema per sbloccare quello successivo, cambiare scenario e vedere quali sorprese riserva. La fine non è la fine, ma è un nuovo inizio, e in questo senso il film non potrebbe essere più esplicito: "La fase uno è finita, ora comincia la fase due".
Maze Runner - Il labirinto: una scena corale del film
Conclusione
Non è alla fine risultato essere il nuovo Hunger Games, ma è un passo avanti rispetto a Divergent. Strutturato come il pilota di una serie tv induce alla serialità, contaminandola con l'estetica e la filosofia del videogame: magari non così riuscito ed avvincente da rigiocarlo da capo, ma tutto sommato la voglia di vedere cosa c'è al livello successivo rimane.
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Storia Di Musica #307 - Edizione Speciale Natale 2023 - Dylaniati Vol.1
Per queste due ultime storie musicali del 2023 ho voluto giocare un po', sempre però partendo dal disco del mese, Bringing It All Back Home di Bob Dylan. Pochi dischi sono stati più seminali, nel vero senso del termine: non si parla solo di successo commerciale, questione che con Dylan è sempre stata relativa (per dirne una, ha più numeri 1 in Gran Bretagna che negli Stati Uniti), ma di una fondamentale spinta creativa e di ispirazione, che dura da 6 decenni. Dylaniato è il titolo che Tito Schipa Jr diede ad una sua compilation di riletture di classici dylaniani, nel 1987. Il titolo mi è sempre piaciuto, e lo userò per una carrellata di omaggi al menestrello di Duluth, che insieme ai Beatles è l'artista più coverizzato di sempre.
Isabella Lundgren è una giovane e talentuosissima jazzista svedese, che nel 2019 prende in prestito l'iconica copertina, cambiandone dei particolari: lei è insieme ai suoi musicisti, Dylan era con la moglie del suo manager Grossman, i dischi sul tappeto riprendono l'idea della copertina originale, tra le scelte dell'artista svedese spicca Kind Of Blue di Miles Davis. Lundgren sceglie alcuni capolavori della discografia di Dylan e li riarrangia con stile, accompagnata dalla sua voce calda e bellissima: spiccano una versione riuscitissima di The Times They Are A-Changin' (sempre dolorosamente attualissima) e una Forever Young dolcissima; il titolo non è una canzone di Dylan ma una nuova canzone scritta da Brian Kramer, cantautore newyorkese.
La musica di Bob Dylan è stata a lungo molto apprezzata in Giamaica (i Wailers registrarono una strana, inquietante versione di Like A Rolling Stone già nel 1966), e data la sorprendente elasticità mutevole delle sue canzoni (e l'altrettanto elastica adattabilità delle sue canzoni ai ritmi reggae), ecco a voi un disco celebrativo in stile reggae delle sue composizioni: sebbene suonino stranissime, alcune canzoni acquistano significati ancora più profondi, come Toots Hibbert che a Maggie's Farm conferisce un'ulteriore intensità in ricordo dei canti per far rimanere glis chiavi nelle piantagioni a lavorare, ma è notevole anche la Mr. Tambourine Man interpretata dal grande Gregory Isaacs. Del disco esiste anche un Volume 2, questo:
dove le stesse canzoni sono remixate in dub style.
Ma uno dei più recenti, siamo nel 2010, e interessanti omaggi al genio è questo, che si intitola Subterrean Homesick Blues: A Tribute to Bob Dylan's Bringing It All Back Home, dove alcuni dei più interessanti cantanti e musicisti della scena indie rock americana rilegge i classici immortali di questo disco, avvicinando ai capolavori originali l'ennesima generazioni di giovani. La compilation presenta le cover di artisti come The Morning Benders, Peter Moren del gruppo Peter Bjorn And John, i Castanets (con una versione originalissima di Maggie's Farm), Asobi Seksu, Mirah, o The Helio Sequence che rifanno con delicatezza Mr Tambourine Man. Tra le canzoni, anche alcune outtakes che uscirono nella leggendaria prima uscita delle Bootleg Series (The Bootleg Series Volumes 1–3 (Rare & Unreleased) 1961–1991, un disco fatto di "canzoni scartate" che sono tutti dei gioielli assoluti). Tra le curiosità, la versione di una di queste, If You Gotta Go, Go Now, reinterpretata da Josh Tillman, che fa parte dei bravissimi Fleet Foxes, grazie al fatto che venne usata in una serie TV, divenne una piccola hit.
Meraviglia di Dylan e delle sue canzoni!
Buon Natale e il 31 Puntata Speciale Numero 2.
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“ Educare vuol dire togliere” Quando un genitore dice: “io non ho mai fatto mancare niente a mio figlio” esprime la sua totale idiozia. Perché il compito di un genitore è di far mancare qualcosa, perché se non ti manca niente a che ti deve servire la curiosità, a che ti serve l’ingegno, a che ti serve il talento, a che ti serve tutto quello che abbiamo in questa scatola magica, non ti serve a niente no? Se sei stato servito e riverito come un piccolo lord rimbecillito su un divano, ti hanno svegliato alle 7 meno un quarto la mattina, ti hanno portato a scuola, ti hanno riportato a casa, ti hanno fatto vedere immancabilmente Maria De Filippi perché non è possibile perdersi una puntata di Uomini e Donne, perché sapete che è un’accusa pedagogicamente brillantissima. Ma una cosa di buon senso, il coraggio di dire di no? Vedete io me lo ricordo, tanti anni dopo, l’1 in matematica e non mi ricordo le centinaia di volte che mi hanno dato 6, perché il 6 non dice niente, è scialbo, è mediocre. Me lo disse mio padre quando tornai a casa. “Papà ho preso 1 in matematica”. Pensai che avrebbe scatenato gli inferi, non sapevo cosa sarebbe successo a casa mia. Lui invece mi disse: “fantastico, 4 lo prendono in tanti, invece 1 non l’avevo mai sentito. E quindi hai un talento figliolo”. E poi passava dall’ironia ad essere serio: “Cerca di recuperare entro giugno se no sarà una gran brutta estate”. Fine. Non ne abbiamo più parlato. Perché lui credeva in me. E quando credi in un ragazzo non lo devi aiutare, se è bravo ce la fa. Perché lo dobbiamo aiutare? Io aiuto una signora di 94 anni ad attraversare la strada, ci mancherebbe altro. Perché devo aiutare uno di 18? Al massimo gli posso dire: “Sei connesso? Ecco, questa è la strada , tanti auguri per la tua vita”. Si raccomandano le persone in difficoltà, non un figlio. Perché devi raccomandare un figlio? Perché non ce la fa? Che messaggio diamo? Siccome tu non ce la fai, ci pensa papà. Tante volte ho sentito dire da un genitore: io devo sistemare mio figlio. “Sistemare”. Come un vaso cinese. Dove lo sistemi? Dentro la vetrinetta, sopra l’armadio? Hai messo al mondo un oggetto o hai messo al mondo un’anima? Se hai messo al mondo un’anima non la devi sistemare, l’anima va dove sa andare. Educare non ha nulla a che fare con la democrazia, dobbiamo comandare noi perché loro sono più piccoli. In uno stagno gli anatroccoli stanno dietro all’anatra. Avete mai visto un’anatra con tutti gli anatroccoli davanti? È impossibile, è contro natura. Perché le anatre sono intelligenti, noi meno. Un genitore è un istruttore di volo, deve insegnarti a volare. Non è uno che spera che devi restare a casa fino a sessant’anni, così diventi una specie di badante gratis. Questo è egoismo, non c’entra niente con l’amore. L’amore è vederli volare.
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«Sono stordito dal niente che mi circonda»
Ieri, spinta dalla curiosità, ho provato a seguire una puntata di Uomini e donne. Se è uno dei programmi più seguiti in Italia un motivo dovrà pur esserci, mi sono detta. Però ciò che mi ha colpita non è stato il fatto che dicessero cose stupide, volgari, demenziali, ma che non dicessero nulla! Vedevo le loro labbra muoversi, ma non sono riuscita a trovare un senso logico, un senso qualsiasi nei loro discorsi.
La gente oggi non sa parlare, diceva Schopenhauer, ma vedete il problema non è tanto che la gente non sa parlare, è proprio tutto il resto che manca. Proprio qualche giorno fa una mia amica mi ha consigliato di leggere un libro. «È un libro bellissimo, vedrai, ne parlano tutti!» Io in genere diffido sempre dei «libri di cui tutti parlano», ma stavolta mi lasciai convincere. Presi questo libro, lessi le prima pagina e provai… un senso di sbalordimento.
«Ma no, dai,» non è possibile, pensai dentro di me. Perché questo libro aveva ottenuto centinaia di recensioni entusiastiche, i più importanti quotidiani del paese lo hanno decantato come un «capolavoro della letteratura», ma più lo leggevo, più il mio sbalordimento cresceva. Perché non è che racconti una storia brutta o che abbia personaggi piatti, noiosi… ma sembra scritto da un bambino di quinta elementare. È scritto con il linguaggio di un bambino di quinta elementare.
Ricordate quando alle elementari la maestra vi chiedeva di scrivere dei “pensierini”? Fanno tenerezza i primi temi scritti dai bambini, almeno quando sono i bambini a farlo. Fa spavento invece vedere un libro per adulti rivolto a persone presumibilmente mature scritto come se il proprio pubblico avesse dieci anni. E se ci fate caso è lo stesso linguaggio che usano molti giornalisti quando vogliono «spiegare» qualcosa alla popolazione: ci parlano come se avessimo dieci anni appunto. Allora mi domando: ma che diavolo è successo alle persone? Cosa diavolo sta succedendo? Qua non si tratta di superficialità e neanche di stupidità, ma è come se la gente fosse… anestetizzata. Inebetita. Ma in ogni caso prima di lavorare sull’intelligenza artificiale, perché non facciamo qualcosa per la stupidità naturale?
Guendalina Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X #cultura #istruzione #scuola #letteratura
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“Lies are sprinters, but the truth runs a marathon.”
Michael Jackson
#curiosity
With over 1 billion copies sold worldwide, Jackson is one of the most successful musical artists with sales comparable only to Elvis Presley and the Beatles.
"Le bugie sono velociste, ma la verità corre una maratona."
Michael Jackson
#curiosità
Con oltre 1 miliardo di copie vendute in tutto il mondo, Jackson è uno degli artisti musicali di maggior successo discografico con vendite paragonabili solo ad Elvis Presley e ai Beatles.
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