#città e riflessione.
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Luce dalle Crepe: Una Scultura Che Parla di Resilienza e Bellezza Interiore. Una scultura che esprime la forza della fragilità e il potere della luce interiore che emerge dalle rotture della vita. Alessandria today
In un mondo in continua trasformazione, l'arte è uno degli strumenti più potenti per raccontare storie e suscitare riflessioni profonde.
In un mondo in continua trasformazione, l’arte è uno degli strumenti più potenti per raccontare storie e suscitare riflessioni profonde. La scultura nella foto è un’espressione magistrale del concetto di resilienza e bellezza interiore, rappresentando una figura femminile in posizione meditativa, con delle crepe attraverso le quali filtra una luce dorata. Questa immagine, che affascina e intriga…
#accettazione delle fragilità#accettazione delle imperfezioni#arte come riflessione#arte della rinascita#arte e meditazione#arte e paesaggi urbani#arte e storie di vita#arte illuminante#arte ispiratrice#bellezza attraverso le crepe#bellezza interiore#bellezza nella vulnerabilità#bellezza nelle cicatrici#città e riflessione.#Forza e Vulnerabilità#fragilità e forza#Kintsugi#luce dalle crepe#luce interiore#meditazione e arte#messaggi di resilienza#opere d’arte moderne#potere del kintsugi#potere della luce interiore#resilienza umana#riflessione e consapevolezza#scultura contemporanea#scultura e spiritualità#scultura meditativa#sculture e messaggi universali
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Stasera passeggiando nelle vie quasi deserte del centro dopo la chiusura dei negozi, ho incrociato una coppia che camminava affiatatamente abbracciata e persa nei suoi discorsi. Ho pensato a quanto dev'essere bello avere quella complicità, qualcuno vicino con cui parlare, uscire anche solo per fare una passeggiata in città per godersi l'autunno e poi tornare a casa e fare l'amore. Che la vita dev'essere migliore, dev'essere più leggera se si è felici in due.
-laragazzadagliocchitristi
#frasi e pensieri#riflessione#consapevolezza#complicità#coppia#autunno#città#passeggiate#amore#pensieri miei#frasi amore#pensieri#momenti#tristezza#tumblr
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AMAR-SÌ Poetry Slam di e con Hebe Munoz e Francesco Nigri a Madrid
AMAR-SÌ Poetry Slam di e con Hebe Munoz e Francesco Nigri a Madrid il 29 marzo 2025 SABATO 29 MARZO H 17,30 AMAR-SÌ Poetry Slam di e con HEBE MUNOZ e FRANCESCO NIGRI ESPACIO RONDA, Ronda de Segovia 50, Madrid Presenta MÁXIMO PEÑA, giornalista, psicologo e papà Con la partecipazione musicale di IGNACIO IZCARAY, cantautore Tratto dal libro di poesie bilingue in italiano e spagnolo “HEFRA…
#A Francesco Nigri il Primo Premio d&039;Eccellenza "Città del Galateo" per il libro IL SEGRETO DI EBE Sezione Libri Editi di Poes#adamar poesia di hebe munoz#Anna Maria Folchini Stabile#associazione berbumlandiart#belle poesie d amore#bellissime poesie d amore#capoversi maiuscole a capo doppi a capo#circolo degli scrittori del venezuela#contemporaneità non significa cedimento ma co evoluzione#cosmica poesia facebook page#Da Hebe Munoz e Francesco Nigri “HEFRA Amarsi Amarse”: i due poeti sposi annunciano il loro libro di poesie d’amore a quattro mani#desiderio di contemporaneità#discontinuità sillabe estetica non forzata non ricercata grazia passione per la vita l amare l essere l essersi poesia#ebe divinità giovinezza#ebe mitologia#Edizioni TraccePerLaMeta#endecasillabi#Enza Spagnolo#evolversi musicalità linguaggi#fotografo matteo mignani#frasi poesie d amore#hebe munoz poetessa#hebe munoz poetessa italovenezuelana#hefra 2#hefra II#hotel del quirinale roma#Il nuovo libro di poesie d&039;amore di Hebe Munoz e Francesco Nigri HEFRA | Acquistabile in Book Cartaceo su Amazon#inclinaziona agli accenti#la più bella poesia d amore#lasciare libera l oralità interiorità della declamazione lettura a compenetrazione riflessione confronto
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La porta socchiusa a mezzanotte
La nebbia si dissolveva lentamente, come se volesse concedere alla notte un momento di chiarezza prima di svanire del tutto. Ero seduta su una panchina di legno, in un piccolo giardino nascosto nel cuore della città. Le luci dei lampioni tremolavano appena, riflesse sulle pietre bagnate. C’era qualcosa nell’aria, una tensione dolce e misteriosa, che mi faceva sentire sospesa tra realtà e…
#Emozioni sospese tra realtà e immaginazione#La magia nascosta nelle città senza tempo#Misteri e incontri casuali nella notte#Racconti romantici ambientati a Roma#Storie d’amore e riflessione interiore
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CHIAMA I RICORDI COL LORO NOME
Nel 2019, la mia compagna, le mie figlie e io decidemmo di intraprendere un percorso che alla fine ci avrebbe portato a diventare la famiglia affidataria di un minore e questo implicava un sacco di incontri, singoli e di gruppo, con cui assistenti sociali e operatori valutavano la nostra capacità di accudimento e contemporaneamente ci informavano e ci formavano su cosa significasse prendersi cura di un minore in modo continuativo ma parallelamente alla famiglia biologica, con la quale dovevamo rimanere sempre in contatto.
(anticipo che poi la cosa finì in un nulla di fatto perché poco dopo scoppiò il caso Bibbiano - 30 km in linea d'aria da Parma - e per precauzione/paura tutti gli affidi subirono un arresto. E poi arrivò il Covid)
La mia riflessione nasce alla lontana da un video che youtube mi ha suggerito questa mattina presto - è poco importante ai fini della storia ma è questo - che mi ha ricordato una caratteristica della mia infanzia...
Difficilmente riuscivo a essere felice per le cose che rendevano felici gli altri e quella vecchia canzone - che è considerato l'Inno del Carnevale di Viareggio, mio luogo di nascita e dei primi 20 anni di vita - ne è l'esempio emblematico, direi quasi sinestesico.
Tutti i viareggini la conoscono e la cantano nel periodo più divertente e frenetico della città ma io la associo a un'allegria dalla quale ero sovente escluso, odore di zucchero filato che non mangiavo e domeniche che significavano solo che l'indomani sarei tornato a scuola, preso in giro dai compagni e snobbato dalla maestra.
Vabbe'... first world problem in confronto ad altri vissuti (in fondo ero amato e accudito) però l'effetto a distanza di anni è ancora questo.
Tornando al quasi presente, una sera le assistenti sociali chiesero al nostro gruppo di futuri genitori affidatari di rievocare a turno prima un ricordo triste e poi uno felice.
E in quel momento ebbi la rivelazione che la quasi totalità dei presenti voleva dare amore a un bambino o a una bambina non propri perché sapeva in prima persona cosa significasse vivere senza quell'amore: gli episodi raccontati a turno non era tristi, erano terribili... violenza, abbandono, soprusi, povertà e ingiustizie impensabili nei confronti di bambino piccolo e, ovviamente, quando arrivò il nostro turno (la mia compagna non ne voleva sapere di aprire bocca) mi sentivo così fortunato e quasi un impostore che, in modo che voleva essere catartico e autoironico, raccontai di quando la maestra in terza o in quarta elementare chiamò un prete che davanti a tutta la classe mi schizzò di acqua santa perché - a detta della vecchia carampana - sicuramente ero indiavolato.
Ribadisco che la cosa voleva essere intesa come un modo per riderci su e detendere l'atmosfera pesante che il racconto dei vissuti terribili aveva fatto calare sul gruppo ma mentre sto mimando con una risatina il gesto del prete con l'aspersorio, mi accorgo che tutti i presenti hanno sgranato gli occhi e hanno dilatato le narici, nella più classica delle espressioni che indicano un sentimento infraintendibile...
La furia dell'indignazione.
Cioè... tu a 10 anni hai visto tua madre pestata a sangue da tuo padre e fatta tacere con un coltello alla gola ed empatizzi con me che ti sto raccontando una stronzata buona per uno sketch su Italia Uno?
Mi sono sentito uno stronzo, soprattutto quando la furia ha lasciato il posto a gesti e parole DI CONFORTO per quello che, evidentemente, sembrava loro una prevaricazione esistenziale orribile (cioè, lo era ma, per cortesia... senso delle proporzioni, signori della giuria).
Mi sono quindi rimesso a sedere, incassando il supporto con un certo qual senso di vergogna, finché poi non è arrivato il momento della condivisione dei momenti felici.
Silenzio di tomba.
Nessuno parlava.
Nessuno riusciva a ricordare qualcosa che lo avesse reso felice.
Con un nodo in gola - perché avevo capito che razza di vita avevano avuto le persone attorno a me - mi rendo conto che io ne avevo MIGLIAIA di momenti felici da condividere ma che ognuno di essi sarebbe stato una spina che avrei conficcato nel loro cuore con le mie stesse mani.
E allora mi alzo e rievoco ad alta voce il ricordo felice per me più antico, quello che ancora ora, a distanza di decenni, rimane saldo e vivido nella parte più profonda del mio cuore...
-Le palle di Natale con la lucina rossa dentro. Quando ero piccolo, durante le vacanze di Natale aspettavo che mio papà e mia mamma andassero a letto e poi mi alzavo per andare a guardare l'albero... non i regali sotto, proprio l'albero. Era finto, di plastica bianca spennachiosa, ma mia mamma avvolgeva sempre intorno alla base una striscia decorativa verde a formare una ghirlanda e mio padre stendeva tutto attorno ai rami un filo con delle palle che, una volta attaccate alla presa elettrica, si illuminavano di rosso. Io mi alzavo di nascosto e nel caldo silenzio della notte guardavo le luci intermittenti dipingere gli angoli del divano e del tavolo, con un sottile ronzio che andava e veniva. Ero al caldo, ero protetto, voluto e amato. Se allungo le mani posso ancora tastare quel ronzio rosso che riempe la silenziosa distanza tra me e l'albero e niente potrà mai rendere quella sensazione di calda pienezza meno potente od offuscarne la completezza. Quello era l'amore che mi veniva dato e che a nessuno sarebbe mai dovuto mancare.
A un certo punto sento una mano che mi si poggia sul braccio (avevo chiuso gli occhi per rievocare il ricordo) e accanto a me c'è la mia compagna che sorride, triste e piena di amore allo stesso tempo.
E attorno a me tutti stanno piangendo in silenzio, esattamente quello che col mio ricordo semplice volevo evitare e che invece doveva aver toccato lo stesso luogo profondo del loro cuore.
E in mezzo alle lacrime (che figuriamoci se a quel punto il sottoscritto frignone è riuscito a trattenere) cominciano a scavare tra i ricordi e a tirarli fuori... il cucciolo che si lasciava accarezzare attraverso il cancello della vicina, il primo sorso dalla bottiglietta di vetro di cedrata, la polvere di un campetto da calcio che si appiccicava sulla pelle sudata, l'odore della cantina, il giradischi a pile...
E nulla. Non so più cosa dire e nemmeno cosa volessi dire.
Forse che sembriamo così piccoli, malmessi e fragili ma che se qualcuno ci picchietta sulla testa e sul cuore siamo capaci di riempire il mondo di cose terribili e meravigliose.
Decidere quali ricordare e quali stendere davanti a noi è una scelta che spetta non a chi picchietta ma a chi permette che essi fluiscano da quella parte profonda di sé a riempire lo spazio tra noi e il domani.
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Mi hai detto di pensare di notte. fuori a camminare nel silenzio della città, lontano da tutti gli stimoli infiniti da cui veniamo costantemente bombardati. dal momento che fuori viene giù il diluvio universale penso che possiamo già adattarci e apprezzare questo momento di riflessione sdraiata a letto. Non ho una particolare ispirazione al momento, volevo solo pensare un po' a te. ho lasciato andare in sordina tanto del nostro rapporto, cercando di nasconderlo nell'oblio quando il ricordo doloroso continuava ad affiorare provocandomi una fitta lancinante. quando ti ho perso il mio terrore era lasciare le nostre memorie, forse nella patetica speranza che finchè tu avessi continuato a vivere nella mia mente non te ne saresti mai andato davvero. continuavo a pensare ai ricordi con te, alle vacanze, ai primi mesi, sperando inconsciamente di dare il giusto peso a quei momenti, quello stesso peso che tu non stavi dando andandotene via. che stupida, pensandoci ora, che stupida sono stata a credere che non fosse stato importante per te, che tutto potesse essere rovinato e definito da una scelta fatta da una persona profondamente diversa rispetto a quella che avevo incontrato nell'ottobre di due anni fa. se ci penso ancora sorrido: rincoglioniti duri, senza sapere dove andare a parare, ci siamo buttati a capofitto completamente alla cieca, senza chiederci se avremmo avuto le forze di rialzarci. ho provato empiricamente che tutti hanno le risorse, o forse è solo uno stupido discorso che mi faccio senza avere realmente la percezione delle persone a me estranee. io ci ho messo la bellezza di nove mesi e anche se adesso mi sento tranquilla so bene che ci saranno ancora momenti distruttivi. saranno meno, certo, e sarà sempre più il tempo che intercorrerà tra uno e l'altro, ma resteranno finchè non sarò in grado di perdonarmi, di redimermi, di accettare i miei errori come accetto quelli di chiunque altro non sia io. purtroppo o per fortuna, se vogliamo analizzarla nell'ottica della crescita personale perpetua, quel momento non è ancora arrivato.
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Si continua a percepire la solitudine come un qualcosa di sbagliato che crea sofferenza ma questa nella realtà è un privilegio che permette di riflettere senza influenze sulle cose (non amo generalizzare ma qui, per ciò che esprimo, è d'obbligo). Da ragazzo, in quel periodo di adolescenza pura ne ho sofferto in modo luttuoso, pareva che ogni anima vicina al mio campo d'interesse si sottraesse al calcolo della reciprocità, inevitabilmente quest'isolamento mi portò ad una riflessione conscia su me stesso. Da quel momento vi furono una serie di spinte che mi portarono ad assecondare quegli interessi che fino a quel momento non avevo mai approfondito. Il tempo cominciò a diventarmi amico e più ne avevo per conoscere più si allontanava quel senso di dipendenza dagli altri. Gli interessi si moltiplicarono, attraverso una conoscenza più approfondita del cinema scoprii la fotografia, questo mi portò a capire l'ambiente circostante ed analizzarlo nella sua struttura civica e naturale; mi resi conto dell'importanza della scrittura ed iniziai a leggere certi tipi di romanzi, comiciai a studiare la struttura delle sceneggiature ed il comportamento della macchina da presa; maturato nella libertà del disimpegno mi resi conto di vivere in una delle città più importanti della storia del paese e recuperai tutte quelle storie che gli angoli della metropoli mi davano allo sguardo senza arrivare all'interesse.
Chi pensa che la solitudine sia una malattia, forse non ha mai capito il valore che ha e a cosa può portare l'essere nudi davanti alla propria immagine.
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Day 17
Giorno 17 - ieri.
Totale caffè bevuti, 2. Mi auto-applaudo: con il livello dei pasti di ieri e con la macchinetta sempre a disposizione, questo è un risultato nel risultato.
Trattandosi di un pranzo di compleanno per mia figlia, eviterò di fare il solito resoconto (a ciò basti una delle frasi più belle della lingua italiana tutta, e cioè: pasta al forno). A cena, in ogni caso, abbiamo finito quello che era rimasto dal pranzo.
Ho pregato mia madre di reintegrare qualsiasi genere di verdura da oggi in poi, di già perlomeno si è messa a preparare delle zucchine per la pasta.
La torta SG era molto buona e merita un piccolo aneddoto.
Avevo ordinato questa torta già durante il viaggio di arrivo, ed il forno che l'ha preparata mi aveva dato appuntamento ieri, a mezzogiorno, per ritirarla. Naturalmente mezzogiorno era più da vedersi come una indicazione di massima, un suggerimento, che non un vero e proprio appuntamento; e per fortuna sono andato a ritirarla da solo, senza la milanese che altrimenti avrebbe iniziato a sbuffare e piantare casini. Io invece ho detto al personale che non c'era problema: hanno chiamato il pasticcere che ha dato un tempo d'attesa di mezz'ora, per cui ho deciso di andarmene a fare un giro. Ne ho approfittato per andare a visitare la tomba di mio padre e metterci qualche fiore fresco, scambiarci due parole in silenzio, immerso nella pace unica che solo un cimitero d'estate può trasmettere. Torno al forno alle 12:35 abbondanti, ancora nessuna consegna: le ragazze, molto imbarazzate, chiamano il titolare, che sta arrivando. Si scusano profusamente. Mi offrono un succo di frutta, nonostante le mie rassicurazioni (sarebbe stato un caffè ma, visto? Non ho trasgredito alla regola) e quando, infine, il titolare arriva, mi offre uno sconto sul prezzo vista l'attesa - ancora una volta, nonostante io gli avessi detto (e sinceramente) che non era necessario. E lo credo tuttora: era 14 di agosto per tutti, specialmente per loro che dovevano fare fronte a un numero eccezionale di consegne. Però ho apprezzato molto il gesto, e la cordialità dei titolari, e ho pensato che forse preferisco un mondo che arriva un pelo in ritardo sulle consegne ma che non risparmia qualche sorriso e del calore umano. Ovviamente la mia coniuge mi aveva già mandato dei messaggi nei quali esprimeva il proprio lombardo disappunto per questa gente che non rispetta gli appuntamenti dati, ma che ci volete fa'... è calabrese anche lei, sotto sotto, e sono sicuro che prima o poi abbraccerà il suo retaggio. Pranzo con i fratelli, le nipoti etc. Riflessione: la mia famiglia è perennemente settata sul livello 11 in una scala da uno a dieci, su qualunque interazione. Ormai riesco a prenderli solo a piccole dosi, estraniandomi dagli infiniti duelli in punta di spada e di fioretto che si scatenano ogni cinque minuti e per - letteralmente - qualsiasi motivo. Mi porto dietro anche questa eredità genetica che cerco di combattere giorno per giorno, conscio però che venga fuori tutta, e bella prepotente, ogni volta che decido di duellare anche io. Per fortuna, non succede troppo spesso: ho sempre l'idea del buon Miyamoto Musashi che cercava di combattere solo battaglie nelle quali fosse possibile avere un vantaggio sull'avversario (e se pensate che sia disonorevole, dovreste investigare un po' della storia della sua vita: è illuminante).
Oggi niente mare per evitare calca e caldo, forse pomeriggio al cinema, per far vedere Inside Out 2 ai nanetti.
Mi godo la brezza incessante della città del vento che passa, come ha sempre fatto, dal salotto alla cucina di casa mia.
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Wicked: il potere del grande musical
Adattamento dell'omonimo successo di Broadway a cui è estremamente fedele, il film di Jon M. Chu è un grande spettacolo trascinato dalle splendide protagoniste: Cynthia Erivo e la sorprendente Ariana Grande.
In Il mago di Oz, sia nel film del '39 con Judi Garland che nel libro di L. Frank Baum, tutti gioiscono per la morte della Malvagia Strega dell’Ovest. Ma perché era così odiata? E soprattutto: come si è guadagnata l'appellativo di malvagia? Lo è sempre stata, oppure è successo qualcosa che l'ha resa la villain del mondo di Oz? Lo scrittore Gregory Maguire si è fatto queste domande e nel 1995 ha pubblicato il primo di una serie di romanzi che espande l'universo creato da Baum: Strega - Cronache dal Regno di Oz in rivolta. È proprio da questo libro che prende ispirazione il musical Wicked di Winnie Holzman e Stephen Schwartz, un classico di Broadway da 20 anni, a cui, a sua volta, si ispira il film di Jon M. Chu, arrivato al cinema.
Cynthia Erivo e Ariana Grande in Wicked
Anzi, non "si ispira": il Wicked cinematografico è uno degli adattamenti più fedeli mai visti di un musical. Al punto che, per non tagliare nulla, Universal Pictures ha deciso di dividerlo in due parti: la seconda arriverà a novembre 2025. Gli amanti dello spettacolo possono quindi stare tranquilli: chi ha realizzato il film è a sua volta un grande fan dell'opera originale.
Messi in conto quindi una grande disponibilità di mezzi e professionisti per la parte tecnica (lo sfoggio di costumi e scenografie è abbagliante), per far sì che Wicked fosse magico era fondamentale trovare le giuste protagoniste. L'impresa è riuscita: la "cattiva" Elphaba Thropp è Cynthia Erivo, dalla voce potentissima. La Strega Buona del Nord, Glinda, è invece Ariana Grande: la vera sorpresa del progetto. Sapevamo infatti che la pop star sapesse cantare, ma non che fosse un così grande talento comico. Le due in scena fanno, letteralmente, scintille.
Wicked: un cattivo non è mai solo un cattivo
Le fiabe, i miti e anche gran parte dei classici Disney ci hanno insegnato che esistono i buoni e i cattivi. Il viaggio dell'eroe (o dell'eroina) ha sempre al centro qualcuno che opera in funzione del bene, contro un antagonista che in genere è la sua ombra: ha uguale carisma (spesso anche di più), ma impegna le proprie capacità verso il male. E quindi, è matematico: l'eroe trionferà sul villain. Da qualche decennio però questo manicheismo è passato di moda: in nome di una maggiore complessità, i cattivi non sono più soltanto cattivi. Così come i buoni scoprono di avere dei lati oscuri.
Con Wicked accade esattamente questo: Elphaba è evitata da tutti perché ha la pelle verde. E poi perché è in grado di far accadere cose strane. In un regno guidato dal grande e potente Oz (Jeff Goldblum), che dice di essere un mago, quasi nessuno in realtà è davvero dotato di magia. Lei invece sì. Ed è per questo che diventa l'allieva di Madame Morrible (Michelle Yeoh), che vuole incanalare la sua rabbia per farle sviluppare sempre di più i suoi poteri. Per una serie di coincidenze, diventa amica di Glinda, la ragazza più popolare della scuola di magia. Il loro rapporto le porterà ad aprire gli occhi su una verità scomoda: la città di Smeraldo non è il regno perfetto che credevano.
Meglio volare liberi o non volare soli?
In un turbinio di glitter, magia e gorgheggi, Wicked è uno spettacolo emozionante, che non smette di fare domande allo spettatore. Dietro a ogni numero musicale si cela infatti un tema importante: sicuramente l'accettazione di chi è diverso, il bullismo, l'amicizia e perfino una riflessione su come trattiamo gli animali. Il cuore di tutto però è la ricerca della verità. Elphaba lo dice più volte ai suoi compagni di classe: come reagire una volta scoperto come stanno le cose? Meglio stare zitti, oppure battersi per ciò in cui si crede? Come spesso abbiamo scoperto in questi anni di social, la verità è una delle cose che oggi più fa paura: ed è proprio per questo che Elphaba diventa una figura scomoda. Perché non vuole piegarsi alle menzogne, azzerando le certezze di tutti.
Una scena di Wicked
Nella scena più importante di Wicked, quella della canzone Defying Gravity, la strega si dice: "Anche se volo da sola, almeno volo libera" (And if I'm flying solo/At least I'm flying free). Che prezzo ha inseguire la verità? A quanto pare essere ricordata come la cattiva della storia. Ecco, il musical, tra un brano e l'altro, ci dice proprio questo: i mostri spesso sono semplicemente persone incomprese. E i veri cattivi sono quelli che sorridono, mentre ci tolgono la libertà.
Conclusioni
Tra gli adattamenti più fedeli dell'opera originale mai visti sul grande schermo, se siete fan dello spettacolo di Broadway Wicked non vi deluderà. Certo, se non amate i musical questo film non fa per voi, perché è "tutto cantato, tutto ballato, un grande spettacolo"! come si dice in Moulin Rouge! di Baz Luhrmann. Straordinarie le due protagoniste Cynthia Erivo e Ariana Grande, la vera sorpresa del film: era scontato sapesse cantare, meno che fosse anche un'attrice brillante. E non è finita: questa è la prima parte, la seconda arriverà nel 2025.
👍🏻
La fedeltà al musical originale.
La potenza vocale di Cynthia Erivo.
La sorpresa Ariana Grande: oltre a saper cantare è anche un'attrice brillante.
La sfarzosità di costumi e scenografie.
La presenza di due fuoriclasse come Jeff Goldblum e Michelle Yeoh.
👎🏻
Se non amate i musical questo film non fa per voi.
La divisione in due potrebbe lasciare con l'amaro in bocca nel finale della prima parte.
#wicked#wicked movie#wicked the musical#wicked 2024#cynthia erivo#fiyero tigelaar#ariana grande#elphaba thropp#wicked elphaba#glinda the good witch#wicked glinda#wicked musical#elphaba
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Prospettiva di oggi, #157
Avevo detto niente più ansia (né panico) ed invece adesso ne ho. Non ha senso, come non ne ha avuto mai, ma il fatto che questa sensazione da cunicolo verso il disastro sia tornata adesso mi offre alcuni utili spunti di riflessione per decifrarne le origini più recondite. Io credo, e ovviamente può essere che mi sbagli, che sia legata alla convivenza, anche più che al lavoro le cui richieste si stanno concretizzando di più negli ultimi giorni. A dire la verità, la convivenza va (quasi) perfettamente, perché io e la mia amica professoressa emerita del Brasile ce la spassiamo parecchio tra cene e pranzi fuori, birrette e anche spezzoni di canna direttamente dalla sua Agenda delle Meraviglie®. Il fatto, temo, è che per fare spazio all’altro ed essere la fantastica anima sorridente che lei conosce io impiego delle energie che ritengo limitate. Non lo sono davvero, eppure mi va in crisi il cuore a pensare che se volessi non potrei mettermi un bel cappuccio sulla testa e non rivolgere la parola ad anima viva per 72 ore. Quindi quello che mi genera ansia, in fin dei conti, è l’impressione di non essere libera, che nel mio caso significa semplicemente non poter evitare di prendermi in qualche modo cura del prossimo - perché non esisto in una interazione che non sia così, che non priorizzi l’altro. Tranne quelle di coppia, credo, ma sarebbe da chiedere a Vale, che è in un vasetto al cimitero di Modena - un vasetto che manco ho mai visto, se proprio vogliamo. Potrebbe essere una risposta?
Vivere da sola e senza amici in una città sconosciuta mi è piaciuto, nonostante il peso di non poter contare proprio su nessuno - forse anche grazie a quel peso.
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Al Sindaco di Martina Franca
Egregio Sindaco,
offriamo alla Sua riflessione e a quella del Consiglio Comunale alcune valutazioni sulla figura di Carol Wojtyla alias Giovanni Paolo Secondo.
Nel suo ruolo di Monarca vaticano ha stretto la mano a dittatori crudeli come Pinochet.
Ha dato un supporto senza precedenti all’Opus Dei, una organizzazione che ha dato particolare sostegno alle dittature di destra violente e sanguinrie dell’America Latina.
Ha dato copertura planetaria ai pedofili clericali con la direttiva De Gravioribus.
Ha avviato una campagna di demonizzazione in Africa contro l’uso dei preservativi la cui assenza ha causato la morte per HIV di un numero incalcolabile di persone, compresi bambini.
Ha dato potere assoluto a Paul Marcinkus messo a capo dello IOR nel periodo del crack del Banco Ambrosiano e dell’omicidio di Roberto Calvi, e ne ha negato l’estradizione.
Ciò che emerge dalle inchieste giornalistiche sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, conferma che le coperture su quanto realmente accaduto, furono di tale mole che, a distanza di quaranta anni nessuna inchiesta potrà mai più disvelare come è stata fatta sparire.
Il 22 giugno 1983 Emanuela Orlandi scomparve e nessuno dei suoi cari potrà mai avere il conforto delle sue spoglie, ove fosse stata, presumibilmente uccisa.
Carol Wojtyla all’epoca era il Monarca assoluto del Vaticano e oggi, nella Città che Lei amministra, il suo nome è omaggiato con la intitolazione del palazzetto dello sport, il PalaWojtyla.
Nel quarantesimo anniversario della scomparsa di Emanuela Orlandi in nome del partito che rappresentiamo, Le chiediamo di revocare l’intitolazione a Giovanni Paolo II del palazzetto dello sport.
Alla luce delle già indicate considerazioni, mantenere quella intitolazione è quantomeno imbarazzante.
Cordialità
Carla Corseti
Segretaria nazionale di Democrazia Atea
Giuseppe Ancona
Referente di Democrazia Atea di Martina Franca
ww.democrazia-atea.it
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La città e le sue mura incerte di Haruki Murakami: Il confine tra sogno e realtà. Recensione di Alessandria today
Un viaggio onirico attraverso l'amore, il tempo e le barriere dell'esistenza
Un viaggio onirico attraverso l’amore, il tempo e le barriere dell’esistenza Recensione: La città e le sue mura incerte è l’ultimo romanzo di Haruki Murakami, pubblicato il 1 ottobre 2024, e conferma ancora una volta il suo inconfondibile stile narrativo, sospeso tra realtà e fantasia, tra concretezza e visione onirica. Questo romanzo ci trasporta in una storia intrisa di malinconia, desiderio…
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica Valentina Pace
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: Neri Pozza
Buona lettura a tutti!
OMICIDIO A CAP CANAILLE - CHRISTOPHE GAVAT
“… il comandante sa bene che i delinquenti marsigliesi non hanno nulla da invidiare ai loro colleghi della capitale in materia di criminalità. In quanto a tecniche per uccidere il prossimo il marsigliese, benché provinciale, non manca mai di immaginazione, e tiene a dimostrare al parigino che in questo campo, come su quello da calcio, il migliore è lui. E che non ha paura di dégun – di nessuno.”
Cos’hanno in comune un cadavere carbonizzato trovato nel portabagagli di un’auto abbandonata a Marsiglia: il cosiddetto “barbecue”, un sistema atroce per regolare i conti tra fuorilegge, con una serie di rapine a furgoni portavalori a Parigi?
Il comandante Henri Saint-Donat, da poco trasferito alla Brigata criminale della città provenzale dal 36 quai des Orfèvres, la celeberrima sede della Polizia giudiziaria di Parigi, capisce subito di trovarsi di fronte ad un caso molto complesso.
Henri ha un curriculum di tutto rispetto, è un poliziotto di grande esperienza ed estrema sensibilità; dopo tanti anni di matrimonio è ancora molto innamorato della sua Isabelle, ma è anche un uomo tormentato a causa di una tragedia familiare che lo ha segnato nel profondo e di cui nessuno dei suoi colleghi è a conoscenza.
Negli uffici dell’Eveché, sede della polizia giudiziaria, nel dedalo di strade che attraversa La Cayolle, quartiere labirintico e malfamato di Marsiglia, nei corridoi delle Baumettes, il tetro penitenziario, Henri non è solo. Lo supportano il giovane tenente Basile Urteguy e il capitano Lucie Clert.
Basile è un ragazzo pieno di vita, un appassionato di musica, un genio dell’informatica e, allo stesso tempo, un poliziotto di grande perspicacia: nel corso dell’indagine il suo apporto sarà fondamentale.
Lucie, invece, è una forza della natura: una gran bella donna dal carattere impossibile che ha il brutto vizio di saltare subito alle conclusioni. Sul lavoro è testarda e professionale, ma la sua vita privata è un vero disastro. Chissà che non trovi l’amore proprio nel corso dell’indagine…
“Omicidio a Cap Canaille” è un polar di azione che mostra al lettore le tecniche di investigazione della polizia francese, ma dà anche molto spazio alla vita privata e ai sentimenti dei suoi protagonisti.
I capitoli sono estremamente brevi e il linguaggio è semplice, diretto, crudo nel raccontare l’evolversi dell’inchiesta giudiziaria, ma altrettanto evocativo nelle pagine dedicate alla descrizione dei luoghi e degli stati d’animo, anche quando i sentimenti, le emozioni e il privato dei protagonisti prendono il sopravvento sul dovere professionale.
L’autore, Christophe Gavat, è lui stesso un commissario della polizia francese e, leggendo il romanzo la passione per il suo lavoro, il rispetto e l’ammirazione per i colleghi sono del tutto evidenti.
“È ancora un piedipiatti nell’anima, perché ama quell’atmosfera ovattata e notturna dell’Evêché, dove i passi riecheggiano nei corridoi vuoti, dove solo poche luci negli uffici, qualche grido o un’invettiva qua e là suggeriscono che ci siano ancora dei poliziotti al lavoro. Lavorano sempre. Soprattutto, sa di amare quegli agenti dal carattere forte, che non mancano né di energia, né di abnegazione, né di senso dell’umorismo per svolgere ogni giorno con passione il loro mestiere, tanto da farlo anche di notte.”
COSA MI È PIACIUTO
La lettura di “Omicidio a Cap Canaille” è stata la mia prima esperienza con un polar e ho apprezzato moltissimo la descrizione vivida dei luoghi, l’approfondimento psicologico dei personaggi e l’analisi dei rapporti che si creano tra di loro.
COSA NON MI È PIACIUTO
Il finale prevedibile.
L’AUTORE
Christophe Gavat, nato nel 1966, è entrato in polizia nel 1989. Parigi, Marsiglia, Grenoble, Guyana: nella sua carriera pluritrentennale è stato decorato al valore, messo sotto inchiesta e reintegrato. Ha avuto a che fare sia con i grandi casi che catturano l’attenzione mediatica, sia con i piccoli casi quotidiani che lasciano il segno. Già autore di tre libri sulla sua vita di poliziotto, con questo suo primo romanzo si è aggiudicato nel 2021 il Quai des Orfèvres, premio deciso da 21 giurati tra poliziotti, avvocati, magistrati e giornalisti.
LA CASA EDITRICE
Neri Pozza è una casa editrice veneta rinomata e prestigiosa, fondata nel 1946 dall’omonimo scrittore e ha pubblicato, nel corso degli anni, opere di autori molto famosi della letteratura italiana come Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale, Goffredo Parise, Massimo Bontempelli, Giuseppe Berto ai quali si affiancano oggi nomi internazionali grandiosi quali Romain Gary, Natsuo Kirino, Tracy Chevalier, Eshkol Nevo, Herman Koch.
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Nasce HEFRA 2 il libro di poesie d'amore di Hebe Munoz e Francesco Nigri con TraccePerLaMeta Edizioni
Nasce HEFRA 2 il libro di poesie d’amore di Hebe Munoz e Francesco Nigri con TraccePerLaMeta Edizioni In stampa la Seconda Edizione di “HEFRA Amarsi Amarse”, il libro bilingue in italiano e spagnolo di poesie d’amore dei due poeti Hebe Munoz e Francesco Nigri. Edita da TraccePerLaMeta Edizioni, la seconda edizione di HEFRA si arricchisce di un nuovo Poema in più del poeta venezuelano Josè…
#A Francesco Nigri il Primo Premio d&039;Eccellenza "Città del Galateo" per il libro IL SEGRETO DI EBE Sezione Libri Editi di Poes#adamar poesia di hebe munoz#Anna Maria Folchini Stabile#associazione berbumlandiart#belle poesie d amore#bellissime poesie d amore#capoversi maiuscole a capo doppi a capo#circolo degli scrittori del venezuela#contemporaneità non significa cedimento ma co evoluzione#cosmica poesia facebook page#Da Hebe Munoz e Francesco Nigri “HEFRA Amarsi Amarse”: i due poeti sposi annunciano il loro libro di poesie d’amore a quattro mani#desiderio di contemporaneità#discontinuità sillabe estetica non forzata non ricercata grazia passione per la vita l amare l essere l essersi poesia#ebe divinità giovinezza#ebe mitologia#Edizioni TraccePerLaMeta#endecasillabi#Enza Spagnolo#evolversi musicalità linguaggi#fotografo matteo mignani#frasi poesie d amore#hebe munoz poetessa#hebe munoz poetessa italovenezuelana#hefra 2#hefra II#hotel del quirinale roma#Il nuovo libro di poesie d&039;amore di Hebe Munoz e Francesco Nigri HEFRA | Acquistabile in Book Cartaceo su Amazon#inclinaziona agli accenti#la più bella poesia d amore#lasciare libera l oralità interiorità della declamazione lettura a compenetrazione riflessione confronto
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50 nerbate.
Espulso per sempre da tutte le scuole nazionali.
2 anni di galera, per adulti, non minori.
Al resto ci pensa Dio.
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Se questa è la scuola, meglio chiuderle tutte
A Fabriano alcuni studenti maltrattano e fanno morire un agnellino. Non ci sono più regole: ora punizione esemplare
di Francesco Teodori 24 Giugno 2024
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A volte è necessario anche per l’Inattuale abbandonare per un momento gli avvenimenti internazionali e abbassare lo sguardo verso la vita quotidiana, fonte inesauribile di indignazione. Il nostro sdegno si volge oggi verso la scuola e la sua squallida decadenza.
Alcuni studenti dell’istituto tecnico agrario di Fabriano, piccola e splendida città nelle Marche, mentre stavano svolgendo un periodo di alternanza scuola-lavoro all’interno di un’azienda agraria che ospita animali da allevamento (nello specifico pecore) hanno pensato bene di maltrattare un po’ le povere bestie. Uno di loro in particolare le ha aggredite calciandogli ripetutamente addosso un pallone. Mentre le pecore scappavano impaurite uno degli studenti ha catturato un agnellino, anch’esso in fuga per la paura, e l’ha lanciato al di fuori del recinto dove erano tenuti gli ovini.
Dopo aver rincorso la povera bestiola lo stesso studente lo ha acciuffato nuovamente, scaraventandolo all’interno del recinto da cui l’aveva prelevato. Il tutto sotto lo sguardo divertito del gruppo. L’agnello, secondo il verbale del direttore dell’azienda agraria indirizzato al dirigente scolastico della scuola, a causa del trauma subito ha riportato la paralisi di tutti e quattro gli arti ed è in seguito morto dopo una tremenda agonia.
Tutta la scena è stata ripresa dalle telecamere installate all’interno dell’azienda agricola. Da quanto abbiamo appreso da una docente dell’istituto, la quale ci ha anche raccontato per prima questa triste vicenda, al momento la decisione sulla sanzione da infliggere ai ragazzi (quasi tutti minorenni) responsabili di questo gesto efferato non è stata ancora presa. Nel frattempo, è stato chiesto ai carnefici di redigere un “tema” in cui avrebbero dovuto riportare una riflessione su quanto accaduto.
Da molti anni ormai osserviamo un rapido ed inesorabile disfacimento dell’istituzione scolastica in Italia, un declino a cui nessuno sembra voler prestare adeguata attenzione e che passa non tanto dalla, in genere pessima, preparazione degli studenti italiani, quanto proprio dall’incapacità della scuola di agire sulla formazione del carattere dei ragazzi. Questo sconcertante episodio ne è la prova.
Un agnello, simbolo dell’innocenza, è stato fatto oggetto della più assurda e gratuita brutalità. Una crudeltà senza scopo e dunque ancora più inquietante. Uccidere per gioco. Seviziare per il semplice gusto di farlo. Per di più un animale destinato ad essere parte di una fattoria didattica, dove le bestiole vengono allevate e curate dalla nascita fino alla morte naturale.
Se la scuola non è in grado di far comprendere a chi la frequenta la distinzione tra bene e male, tra civiltà e barbarie, allora tanto vale rinunciarvi definitivamente. Si chiudano tutte le scuole e si lasci che siano i social network, la strada, la musica o i siti porno ad educare i ragazzini. Se i risultati sono quelli che vediamo, almeno si risparmierebbero soldi pubblici, non più sprecati in inutili programmi educativi.
Ci domandiamo, dunque, se questa è la scuola. Se in un paese che si dica civilizzato sia possibile tollerare episodi del genere senza procedere, una volta appurati i fatti con certezza, ad una punizione esemplare, ammesso che ve ne siano per un gesto tanto crudele.
Così come ci domandiamo come sia possibile che un insegnante guadagni quanto un netturbino, che si possa dare delle “puttana” ad una professoressa senza temere alcuna conseguenza, che quasi la metà degli studenti al termine della scuola superiore non capisca un testo scritto in italiano. E nonostante ciò vengano promossi anche a pieni voti. In attesa di conoscere quale sia l’esito di questa tragica storia che abbiamo raccontato, ci auguriamo che il sacrificio involontario di quel povero agnellino serva quantomeno a far riflettere chi dovrebbe riflettere. E a far vergognare chi dovrebbe vergognarsi.
Francesco Teodori, 24 giugno 2024.
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Non ci sono parole, per di più frequentano una scuola ad indirizzo agrario.
Sarà un caso isolato di giovinastri senza educazione, cultura, formazione civica e formazione genitoriale? Non credo, è la china in discesa che hanno preso questi piccoli delinquenti da quattro soldi.
Ma forse anche sui genitori si dovrebbe indagare a fondo.
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NEANCHE UN PRETE PER CHIACCHIERAR…
Al contrario di Celentano io un prete per chiacchierare ce l’ho, ma soprattutto ho un prete da ascoltare. Ho pensato che come dono di Natale e come augurio per il nuovo anno, invece delle solite stupidaggini e dei soliti discorsi di circostanza, fosse interessante presentarvelo. Molti di Voi forse lo conosceranno già, alcuni lo conosceranno solo di nome, ma conoscere una persona solo di nome equivale a non conoscerla affatto. Perché voglio farvelo conoscere? Certamente perché sono un credente (anche se imperfetto), ma soprattutto perché continuo ad esserlo grazie a lui (non imperfetto, ma credente). Lo conosco da moltissimi anni e lo ascolto tutte le domeniche nella sua omelia dal “pulpito” del Duomo di Novara, dove celebra la Messa ogni domenica alle dodici (salvo imprevisti, s’intende). Si tratta di Don Carlo Scaciga: è lui la mia sicura guida spirituale. Don Carlo, oltre che un carissimo amico, è un fine intellettuale, anzi, a mio modo di vedere, una delle figure intellettuali e spirituali di maggior spessore di questa città. Lo so, può sembrare strano che in un social o in un blog si parli di un prete, e so anche che Don Carlo non ha alcun bisogno di un “endorsment” da parte di chicchessia, ma essendomi dato come scopo ultimo del mio scrivere, qui e altrove, quello di rendere partecipe il mio prossimo di ciò che valga la pena essere conosciuto, almeno secondo il mio modestissimo punto di vista, non potevo tacere a lungo su di lui. Don Carlo è un formidabile interprete della realtà, è il giusto tramite tra la verità rivelata dalla Bibbia e dai Vangeli e la realtà fattuale di ogni giorno. Ricordo bene le parole di mio nonno Giovanni che, lui socialista fino al midollo, credente laico e sui generis e magari anche un po’ anticlericale, qualche volta mi diceva di qualche sacerdote: “parla che non sembra neanche un prete!” Ecco, Don Carlo sarebbe piaciuto molto a mio nonno Giovanni, solo che il punto non è affatto quello di “non sembrare un prete”, Don Carlo lo è convintamente, il punto è che parla come dovrebbe parlare un prete. La sua omiletica porta con sé, oltre ad una profondissima conoscenza teologica, il seme che permette alla Parola di fecondare la nostra realtà quotidiana. La sua non è mai una “predica” è sempre una “riflessione”, ed una riflessione senza ipocrisie, senza preconcetti, senza elusione del dubbio. Don Carlo mi aiuta a comprendere ciò che mi circonda, i comportamenti dei miei simili e, conseguentemente, quali dovrebbero essere i miei. È spesso critico con i comportamenti della Chiesa della quale lui fa parte e della quale facciamo parte anche noi credenti, ma della quale tutti sono invitati a far parte. La Scrittura spesso non parla la stessa nostra lingua, spesso è allusiva, metaforica, profetica : ci vuole quindi qualcuno che sappia rendere vivo e tangibile ciò che le Sacre Scritture hanno predetto. La soglia del Duomo con Don Carlo, come dovrebbe accadere in ogni chiesa e con ogni celebrante, non è più il confine tra buoni e cattivi, tra giusto e sbagliato, quel confine che non esiste se non nei nostri pregiudizi. La chiesa diventa uno spazio dove interrogarci collettivamente e reciprocamente, scoprendoci a volte dei giusti, a volte degli indifferenti, spesso delle anime (o degli spiriti) smarriti. Don Carlo mi aiuta a capire chi sono, dove sbaglio, dove persevero nell’errore, ma mi suggerisce come essere diverso. Non lo fa con le tuonanti parole di un prelato, pur rispettandone formalmente tutti i crismi, lo fa magari conversando di arte, facendo cenno alla letteratura o alla musica, prendendo spunto dai giornali, alludendo ai sordidi comportamenti di certa politica. Insomma non parla come un prete, come brontolava mio nonno Giovanni. E allora, vi lascio questo invito, magari un po’ desueto per un social, per un blog o per un giornale on line: venite a “sentire” una Messa al Duomo di Novara, magari dopo averla “sentita” vi verrà voglia di parteciparvi. Ci sono sempre preti con cui vale la pena chiacchierare, ma anche solo starli ad ascoltare. Buon Natale.
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