#Procura di Alessandria
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Interrotto dai Carabinieri un giro di affari da oltre 30.000 euro generato dallo spaccio di droga nel tortonese. Castelnuovo Scrivia
Castelnuovo Scrivia – Un impegno incessante quello dei Carabinieri nel contrasto alla diffusione delle droghe nel territorio tortonese.
Castelnuovo Scrivia – Un impegno incessante quello dei Carabinieri nel contrasto alla diffusione delle droghe nel territorio tortonese. Il monitoraggio quotidiano e il “recupero” di piccole quantità di stupefacente da parte delle Stazioni e del Radiomobile della Compagnia di Tortona hanno permesso all’Aliquota Operativa di strutturare un’attività di indagine con servizi di osservazione, controllo…
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Il femminicidio a Solero (Al) dell'agrigentina Patrizia Russo. Com'era la coppia e cosa c'è di nuovo
Patrizia Russo, 53 anni lo scorso settembre, originaria della provincia di Agrigento, è stata trovata morta all'alba di oggi nella sua abitazione a Solero, in provincia di Alessandria, dove lavorava come insegnante di sostegno nella locale Scuola secondaria di primo grado «Lucio Ferraris». A causare la sua morte sarebbe stato il marito, Giovanni Salamone, 61 anni, che l'avrebbe accoltellata nelle prime ore del mattino. Secondo le prime ricostruzioni, Salamone avrebbe agito all'interno della loro casa in via Cavoli, dove la tragedia si è consumata nella camera da letto. Dopo aver compiuto il gesto, l'uomo ha allertato le forze dell'ordine. All'arrivo dei carabinieri e dei soccorritori, non è stato possibile fare altro che constatare il decesso della donna. La coppia si era trasferita a Solero circa un anno fa. La sera precedente al delitto, martedì, erano tornati da un viaggio in Sicilia, dove avevano partecipato alla raccolta delle olive. In quel momento, nell’abitazione non era presente nessun altro. La coppia ha due figli adulti, Francesco e Giuliana, che vivono altrove. Don Bianchi, il parroco della comunità, ha descritto la coppia come persone tranquille e partecipative alla vita religiosa locale. Ha raccontato che i vicini si sono svegliati a causa dell'arrivo dei soccorsi, senza aver sentito rumori sospetti prima della tragedia. Sui social del marito, tante le foto insieme, al mare o in famiglia. «Erano arrivati dalla Sicilia circa un anno fa, li conoscevo di vista», ha detto della famiglia Andrea Toniato, il sindaco del paese che dall'Alessandrino porta verso l'Astigiano. Il parroco don Mario Bianchi descrive l'uomo come molto riservato, la donna come solare, estroversa, molto credente e apprezzata come professoressa. La coppia - continua - come cordiale, “Entrambi partecipavano alla messa della domenica”. Ed ancora "Siamo rimasti tutti senza parole per quanto successo: marito e moglie erano sempre insieme, entrambi cordiali". Il sacerdote ha inoltre raccontato che poco dopo le sei i vicini di casa si sono svegliati a causa del trambusto dei mezzi di soccorso, senza aver avvertito rumori sospetti prima. ANCORA IGNOTO IL MOVENTE Giovanni Salamone, 61 anni, ha chiamato i carabinieri poco dopo le 5:30 del mattino per confessare di aver accoltellato sua moglie, Patrizia Russo, 53 anni. Non è ancora chiaro quale sia il movente dell’omicidio, anche se tra le ipotesi principali emerge quella di un litigio avvenuto tra i coniugi prima del tragico gesto. Dopo la telefonata, Salamone è stato arrestato e condotto in caserma, dove è stato interrogato dal pubblico ministero Andrea Trucano. Intanto, le indagini sono in corso e i rilievi scientifici sono affidati al Nucleo Operativo Radiomobile (Norm), sotto la direzione del capitano Graziano Del Rio. Le operazioni investigative sono coordinate dalla Procura e vengono condotte dalla compagnia di Alessandria, guidata dal maggiore Davide Sessa, per cercare di fare luce sulle dinamiche esatte dell’accaduto e sul possibile movente che ha portato all'omicidio. Read the full article
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Omicidio nell'Astigiano, fermata la figlia, ha 19 anni
La figlia dell’uomo ucciso nel tardo pomeriggio di ieri nell’Astigiano è in stato di fermo, con l’accusa di avere ucciso a coltellate il proprio padre, Akhyad Sulaev, 50 anni. La giovane, 19 anni, secondo quando rendono noto i carabinieri della compagnia di Canelli, coordinati dalla Procura di Alessandria, è stata fermata dopo le indagini della notte. L’episodio, per quanto accertato finora,…
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Signor curato! Storia pazzesca, su @la_stampa: Aveva pubblicato un annuncio su Badoo, un social network utilizzato da chi cerca compagnia a pagamento. Un sacerdote di 83 anni di un paese dell’Ovadese, nel messaggio in chat del 2018 richiedeva un badante. Un astigiano di 40 anni, disoccupato, aveva risposto. Fin dai primi scambi a distanza si era intuito che il prete fosse interessato a una compagnia maschile, proponendo di fare insieme una vacanza al mare. L’astigiano, a corto di denaro, accettò. L’appuntamento fu alla stazione ferroviaria di Quattordio, dove il sacerdote giunse in auto a prendere l’accompagnatore. Stettero alcuni giorni in Liguria, poi il ritorno alle proprie abitazioni. Cosa sia accaduto in quella settimana di vacanza resta un mistero. È possibile che i due abbiano litigato, ma la circostanza non è emersa con certezza. Circa un mese dopo, però, l’escort astigiano si trovò in casa i carabinieri, con un decreto di perquisizione della procura di Alessandria. L’ex parroco lo aveva denunciato per il furto di un anello. L’accompagnatore spiegò di averlo ricevuto in sostituzione del pagamento in contanti della prestazione e di averlo venduto ad un «Compro oro» ricavandone 430 euro. Si è andati a processo e il giudice Andrea Amati ha assolto l’escort, accogliendo la tesi del suo avvocato, Jacopo Evangelista, secondo il quale la denuncia poteva essere una vendetta del prete dopo una discussione: «Siamo intenzionati a presentare una querela per calunnia contro l’accusatore» ha fatto sapere il legale. L’uomo è tornato a vivere in Calabria e ha una famiglia. Il sacerdote ovadese ha lasciato la Chiesa cattolica divenendo vescovo ortodosso (...) https://www.instagram.com/p/ChxKrBEt_k1/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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“ Siamo «nell'anno quarto dell'episcopato di Cirillo, decimo del consolato di Onorio, sesto di Teodosio II, nel mese di marzo». Narra Socrate [Scolastico] che quando l'aggressione ha luogo la rabbia dei monaci è accresciuta, ironia della sorte, «dal tempo di digiuno». Monaci e parabalani* si riuniscono sotto il comando di Pietro il Lettore, anche costui un chierico, come il nome rivela, e insieme concepiscono, scrive Socrate, «un piano segreto». Afferma Suida, con Damascio, che «una moltitudine di uomini imbestialiti piombò improvvisamente addosso a Ipazia un giorno che ritornava a casa come suo solito». La figlia di Teone è tratta giù dalla lettiga e trascinata «alla chiesa che prende il nome dal Cesare imperatore» e cioè nel cortile del Cesareo recentemente edificato da Teodosio. Qui, «incuranti della vendetta e dei numi e degli umani questi veri sciagurati massacrarono la filosofa», scrive Damascio, «e mentre ancora respirava un poco le cavarono gli occhi». «La spogliarono delle vesti, la massacrarono usando cocci aguzzi, la fecero a brandelli. E trasportati quei resti al cosiddetto Cinaron, vi appiccarono fuoco», riferisce Socrate. «I pezzi del suo corpo brutalizzato vennero sparsi per tutta la città, e ciò ella patì per ostilità (phthonos) contro la sua straordinaria sapienza, specie astronomica» secondo la fonte pagana, che definisce il linciaggio «macchia enorme e abominio alla loro città». Nell'epitome che Fozio ci procura d'una fonte in gran parte perduta ma di pochi anni successiva ai fatti, la Storia ecclesiastica di Filostorgio, dichiaratamente ariano e perciò ostile al vescovo di Alessandria, si legge: «La donna fu massacrata per mano di quanti professavano la consustanzialità». Ma anche per il costantinopolitano Socrate fu «una non piccola infamia questa compiuta da Cirillo e dalla Chiesa di Alessandria. Poiché assassinii e guerriglie e cose simili sono qualcosa di totalmente estraneo allo spirito cristiano». È ben diverso il racconto di Giovanni di Nikiu, schierato con Cirillo in modo netto e quasi provocatorio. La narrazione copta mostra di considerare il linciaggio di Ipazia addirittura un'esecuzione legittima, un titolo di vanto per «il popolo dei fedeli» che l'ha compiuta. Pietro non è solo un lettore ma un magistrato e un perfetto servitore di Cristo. L'incontro fra i giustizieri e la vittima predestinata, colpevole «di ipnotizzare i suoi studenti con la magia» e di esercitare la «satanica» scienza degli astri, non è casuale n�� avviene nella clandestinità dell'agguato, ma in pubblico, là dove Ipazia insegna: emblematicamente è dalla cattedra, non dalla carrozza, che Ipazia viene trascinata via. Dunque, a parte la breve indicazione di Filostorgio, nelle antiche testimonianze cristiane a noi giunte abbiamo una doppia versione dei fatti: l'una, la Storia ecclesiastica di Socrate, a questi contemporanea, ne fornisce probabilmente la versione ufficiale; l'altra, la cronaca di Giovanni di Nikiu, poco più tarda, rispecchia con evidenza non solo la tesi ma l'ideologia della Chiesa locale egiziana, che dal cirillianesimo si sviluppò in antitesi all'ortodossia costantinopolitana. A conclusione il cronista dichiara, trionfale: «Tutta la popolazione circondò il patriarca Cirillo e lo chiamò nuovo Teofilo, perché aveva liberato la città dagli ultimi idoli». “
*Corpo di «infermieri-barellieri», setta di chierici in effetti, che costituiva in quel periodo ad Alessandria d’Egitto la milizia privata del vescovo Cirillo, papa della Chiesa Copta poi riconosciuto e venerato come santo anche dalla Chiesa Cattolica e da quelle Ortodosse.
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Brano tratto da Ipazia, l’intellettuale, saggio di Silvia Ronchey raccolto in:
AA. VV., Roma al femminile, a cura di Augusto Fraschetti, Laterza (collana Storia e Società), 1994¹; pp. 221-22.
#Silvia Ronchey#Ipazia l’intellettuale#femminicidio#scienziate#Impero Romano d'Oriente#saggistica#letture#leggere#libri#Storia delle donne#saggi#citazioni#civiltà romana#filosofia#Alessandria d'Egitto#oscurantismo#cristianesimo#astronome#fanatismo religioso#basso impero#donne intellettuali#filosofe#Storia della Chiesa#razionalismo#parabolani#settarismo#intellettuali del passato#insegnanti#maestri#educatori
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Regeni, omicidio di Stato. Cos'altro deve accadere per ritirare il nostro ambasciatore? Peggio che nell’Argentina dei generali fascisti. Un “garage Olimpo” sotto le Piramidi. Una cella, la “numero 13” in cui Giulio Regeni, cittadino italiano, è stato seviziato, torturato, brutalizzato per giorni prima di morire. Giulio Regeni, un assassinio di Stato. Torture e sevizie con oggetti roventi, calci, pugni, lame e bastoni che gli causarono “acute sofferenze fisiche” portandolo lentamente alla morte. Sono i pm di Roma a ricostruire nell’atto di chiusura delle indagini gli ultimi, drammatici giorni di vita di Giulio Regeni, catturato e torturato a morte dalla National Security egiziana dal 25 gennaio al 3 febbraio 2016, quando il suo corpo senza vita venne ritrovato lungo l’autostrada del deserto che collega Il Cairo ad Alessandria. (...) Nella ricostruzione dei magistrati si parla di violenze perpetrate per “motivi abietti e futili e con crudeltà” che hanno provocato “la perdita permanente di più organi”. Giulio, scrivono, è stato seviziato “con acute sofferenze fisiche, in più occasioni e a distanza di più giorni attraverso strumenti affilati e taglienti e di azioni con meccanismo urente”. Un trattamento che ha causato “numerose lesioni traumatiche a livello della testa, del volto, del tratto cervico-dorsale e degli arti inferiori”. (...) Ma dalla descrizione delle atrocità subite da Regeni emerge anche il nome di colui che, sostengono i pm, è stato il carceriere, l’aguzzino e il boia del giovane ricercatore: si tratta del maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. A inchiodarlo sono le parole di alcuni testimoni sentiti nei mesi scorsi dai pm di piazzale Clodio che hanno definito la morte di Giulio un “atto volontario e autonomo” da parte dell’indagato con l’aiuto di altre persone rimaste ignote (...) Ed ora signor presidente del Consiglio? Ed ora signor ministro degli Esteri? Ora che dei magistrati coraggiosi hanno ricostruito il brutale assassinio di un cittadino italiano. Ora che, come più volte scritto da Globalist, il rapimento, le sevizie, l’uccisione di Giulio Regeni sono acllarate responsabilità del regime sanguinario che ha a suo capo il presidente-carceriere Abdel Fattah al-Sisi. Ora cosa farete? Continuerete a vendere fregate e altri armamenti agli aguzzini del Cairo? Continuerete a sostenere, come ha fatto anche il senatore Renzi, che con l’Egitto dei desaparecidos bisogna sviluppare i rapporti di cooperazione, perché per stabilizzare il Nord Africa e il Medio Oriente c’è bisogno di al-Sisi? Ora che, si spera, abbiate letto le angoscianti testimonianze raccolte dalla Procura di Roma, quali passi avete intenzione di intraprendere verso l’Egitto? Presidente Conte, un’altra telefonata al presidente egiziano suonerebbe oggi come una intollerabile presa in giro. Richiamare l’ambasciatore Contini è il minimo. E quel minimo va fatto subito. Ogni ora che passa senza deciderlo, è un segno di concorso morale, e di complicità politica, con gli assassini di Giulio Regeni. Conte, Di Maio, battete un colpo se avete ancora un briciolo di dignità. E lo stesso facciano i ministri di quei partiti che si dicono progressisti e di sinistra. Non bastano i twitter. Occorre una decisione forte: rottura di ogni rapporto diplomatico, politico, commerciale con l’Egitto fino a quando non verranno consegnati alla giustizia italiana, o in subordine processati al Cairo, i quattro rinviati a giudizio. Se non lo farete, Zingaretti, Speranza, di rosso vi rimarrà solo la vergogna. globalist
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Sono passate quasi 48 ore dalla rivolta messa in atto da parte dei detenuti del carcere Sant’Anna di Modena e il bilancio somiglia sempre più a un bollettino di guerra.
Sette morti. La strage al carcere di Sant’Anna, 48 ore dopo
Sette, in totale, i detenuti morti. Tre sono stati rinvenuti all’interno della struttura modenese. Per gli altri quattro, invece, l’agonia si è prolungata per lunghe ore dato che sono morti al loro arrivo nelle carceri di Parma, Verona, Alessandria e Marino del Tronto (Ascoli Piceno).
Per quest’ultimo caso, si legge, “già al suo arrivo nella struttura ascolana le condizioni erano parse subito gravissime”. 18 i detenuti feriti di cui 6 ricoverati in terapia intensiva (2 al Policlinico di Modena, 3 all’ospedale di Baggiovara e 1 a Carpi).
A scatenare la rivolta è stata la notizia di detenuto risultato positivo al coronavirus e sembra che anche che la notizia fosse nota già dallo scorso fine settimana. All’interno del carcere modenese sono presenti ancora alcuni detenuti. 16 pare siano stati trasferiti a Parma e 15 a Sassari.
Queste le informazioni che trapelano dai giornali che sono gli unici, al momento, a fornire qualche dato. Le famiglie dei detenuti, infatti, dopo quasi 48 ore dall’inizio della rivolta, non sanno ancora dove siano stati trasferiti i propri cari e quali siano le loro condizioni di salute. Le informazioni che ora dopo ora stanno venendo fuori, inoltre, smentiscono tutto quello che era stato riferito loro domenica sera. I familiari, infatti, erano stati rassicurati sull’assenza di casi di contagio da coronavirus all’interno della struttura carceria. Oggi, in realtà, sappiamo che un primo detenuto contagiato era già stato individuato tra venerdì e sabato. “Perché, prima della cancellazione dei colloqui, a noi familiari è stato imposto di mantenere il metro di distanza durante gli incontri con i detenuti e il personale penitenziario invece non è stato dotato di alcun mezzo protettivo? Il corona virus poteva entrare nel carcere anche attraverso un poliziotto, non solo attraverso noi familiari”.
Eppure era la stessa Ausl di Modena a confermare le voci di uno dei detenuti trovati positivi al coronavirus. (Info da Modenatoday)
È stato questo, con buona probabilità, l’ultimo fatto che si è rivelato decisivo per l’inizio della rivolta dei detenuti che altro non chiedevano se non maggiori garanzie contro il contagio, soluzioni alternative per mantenere i contatti con i propri familiari e seri provvedimenti contro il sovraffollamento. Rimangono, ad oggi, due dati che vanno dunque sottolineati: da 48 ore i familiari non hanno alcuna notizia dei propri cari. Non sanno né dove si trovino adesso né in che condizioni siano. I detenuti stessi non hanno ancora avuto modo confrontarsi con i propri legali i quali, anche loro, aspettano notizie. Un vero e proprio limbo, insomma.
Nel mentre, anche i sindacati degli agenti della polizia penitenziaria del carceri di Marino del Tronto si dicono “preoccupatissimi e ritengono gravissimo che il Dipartimento abbia preso questa decisione senza avvertire” e anche al carcere di Sassari, dove sarebbero in arrivo 15 detenuti provenienti da Modena, non sembrerebbero averla presa affatto bene, come riportato qua.
“Se l’Amministrazione non blocca immediatamente questi trasferimenti scellerati, e prosegue con queste scelte scellerate, ci ritroveremo il contagio negli istituti penitenziari sardi. Il Ministro e il capo del Dap non fanno altro che prendere decisioni sbagliate. E’ gente che si deve dimettere subito perché stanno mettendo in grave pericolo tutto il sistema penitenziario. I fatti di Modena, con sei morti, ne sono l’espressione eloquente”, afferma Villa. Il segretario della Fns Cisl sarda afferma “che il Ministro e il Dap devono fermare immediatamente le traduzioni”. Chiaro che il rischio c’è, ed è concreto: “Se arriva un detenuto asintomatico dalla ‘zona rossa’ e dopo il periodo di incubazione invece risulta malato, contagia nel frattempo tutta la popolazione carceraria, compresi gli Agenti. L’unitarietà che stiamo mostrando qui in Sardegna tra Provveditorato, comandanti e sindacati – prosegue Villa -, devono dimostrarla a Roma, a livello centrale. Invece siamo in mano a gente che sta prendendo decisioni folli, in barba al Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dove sono citate più volte gli inviti a diminuire le movimentazioni da una regione all’altra. Negli Istituti stanno entrando persone senza controlli, altro che triage”.
L’ultimo dato invece, quello più grave, riguarda i sette detenuti morti. La Procura di Modena, infatti, ha avviato le indagini per i tre deceduti nella carcere di Sant’Anna. Per gli altri quattro, invece, viene meno la competenza territoriale e dunque sarà compito delle procure di Alessandria, Verona, Ascoli Piceno e Parma fare luce su quanto accaduto e soprattutto sulle responsabilità di chi ha permesso lo spostamento di queste persone senza verificarne lo stato di salute.
Misura che, con buona probabilità, avrebbe risparmiato loro la vita.
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Rubano 20mila euro a sessantenne dopo aver finto relazione, due denunce
Rubano 20mila euro a sessantenne dopo aver finto relazione, due denunce
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Ricettavano e riciclavano oro rubato: operazione dei Carabinieri tra Torino e Alessandria. Quattro misure cautelari eseguite per un giro di ricettazione e riciclaggio di materiali preziosi
Nella mattinata del 9 gennaio 2025, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Torino, coordinati dalla Procura della Repubblica, hanno portato a termine un’importante operazione, culminata con l’esecuzione di quattro misure cautela
Nella mattinata del 9 gennaio 2025, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Torino, coordinati dalla Procura della Repubblica, hanno portato a termine un’importante operazione, culminata con l’esecuzione di quattro misure cautelari nei confronti di soggetti residenti tra Torino e Alessandria. Gli indagati sono accusati di far parte di un’associazione a delinquere dedita…
#Alessandria today#Arresti domiciliari#Carabinieri Torino#contrasto reati.#contrasto ricettazione#Criminalità organizzata#criminalità urbana#Cronaca nera#furti in abitazione#giustizia Torino#Google News#indagine Alessandria#indagini preliminari#investigazione Carabinieri#investigazioni avanzate#italianewsmedia.com#laboratorio orafo abusivo#lotta alla criminalità#microcriminalità urbana#misure cautelari#obbligo di presentazione#operazione Carabinieri#oro rubato#pedinamento Carabinieri#Pier Carlo Lava#polizia giudiziaria#presunzione di innocenza#Procura della Repubblica#recupero refurtiva#ricettazione gioielli
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28 set 2021 09:36
RAI, DI TUTTO DI PUS - NELLA DENUNCIA DEL CAPOREDATTORE DELLA TGR DI TORINO TARCISIO MAZZEO VIENE FUORI IL MARCIO DELLA TV PUBBLICA: UN'AZIENDA FUORI CONTROLLO CON PROMOZIONI PILOTATE, APPALTI OPACHI E RIPOSI CAMUFFATI - MAZZEO HA RACCONTATO L'USO INCONTROLLATO E INGIUSTIFICATO DEI TAXI, I RIMBORSI DI 1 EURO PURE PER LA PIPÌ IN STAZIONE, I TRUCCHI PER RIMANERE IN SMART WORKING O NON LAVORARE ALL'ALBA DURANTE IL COVID, LE GUERRE INTERNE TRA CANDIDATI DI PARTITI DIVERSI: LUI HA FATTO CAUSA PER MOBBING E STALKING AZIENDALE PERCHÉ…
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Giacomo Amadori per “La Verità”
In tanti hanno provato a denunciare sprechi e giochi di potere dentro la Rai. Ma in pochi lo hanno fatto dall'interno, con un contratto in essere e da un osservatorio privilegiato, come può essere quello di caporedattore centrale della testata giornalistica regionale della tv pubblica, dove lavora la metà dei 1.750 giornalisti Rai.
I capiredattori centrali della Tgr in Italia sono quattro e hanno sopra di sé solo direttore, Alessandro Casarin, due condirettori (Roberto Pacchetti e Carlo Fontana) e sei vicedirettori.
Tarcisio Mazzeo, 64 anni, originario del Beneventano ma ligure di adozione, giornalista professionista dal 1982 e dipendente Rai dal 1990, è capo della redazione di Torino ed è uno di quei quattro capiredattori centrali.
A fine agosto, assistito dall'avvocato genovese Maurizio Mascia, ha presentato una denuncia alla Procura del capoluogo piemontese per mobbing e stalking aziendale, documento di cui La Verità è entrata in possesso.
Oggi Mazzeo è a casa per malattia. Nella querela ha descritto un'azienda stretta nella morsa sindacato-politica e in cui i giornalisti sono perennemente a caccia di privilegi. La causa scatenante della denuncia è stata la decisione della Rai di sollevarlo senza avviso da un incarico che di solito viene rinnovato automaticamente.
Il giornalista, che difenderà le sue ragioni in Tribunale, ritiene che la sua bocciatura sia legata a interessi superiori. Cdr e Usigrai gli avrebbero fatto «una guerra totale per sostenere il proprio candidato» e la direzione li avrebbe lasciati «lavorare nella prospettiva di sostituire» Mazzeo, «con il candidato del loro partito di riferimento», in questo caso la Lega. Mentre il predecessore di Mazzeo sarebbe stato d'area Pd.
Dunque il caporedattore sarebbe il vaso di coccio tra direzione e Usigrai, «che esercita con molta energia il proprio contropotere, favorendo gli amici». Con tanto di esempio: «In una sede regionale una bravissima collega destinata a diventare vicecaporedattrice non piaceva al sindacato, che proponeva un altro nome: poiché "non era il caso di fare un braccio di ferro", è passato l'altro. [] La mia direzione ha dimostrato di avere soggezione massima dell'Usigrai».
Ma il sindacato avrebbe messo lo zampino anche in altri avvicendamenti. Come si legge sempre nella querela: «Permettendo il mio allontanamento, dopo che lo stesso ha fatto in Toscana e allo stesso rischio è esposta la delicatissima sede di Trieste (fa anche tg e gr in lingua slovena), la direzione sta alimentando, a proprio evidentissimo danno, uno squilibrio pericoloso nel rapporto di forza con l'Usigrai, che tende a imporre la propria volontà» ha raccontato Mazzeo.
Il caporedattore in disgrazia fa accuse specifiche e circostanziate e parla anche di «demolizione della sua immagine professionale e personale», essendo stato descritto come «aggressivo, maleducato e indisponibile al dialogo».
Al suo arrivo a Torino il giornalista avrebbe trovato una situazione desolante: «Mi colpiscono l'alto numero di servizi che i colleghi si assegnano da soli, annunciando accordi già presi con operatori e persone da intervistare, e la quasi assoluta mancanza di controllo su ciò che va in onda».
Nella denuncia sottolinea anche «l'uso incontrollato e non sempre giustificato del taxi»; «l'abitudine di impiegare operatori in appalto facendoli partire da Torino anziché ricorrere a service locali, il cui utilizzo dimezzerebbe le spese, ma costringerebbe i giornalisti a recarsi personalmente sul posto anziché farsi portare»; «la gestione non sempre lineare degli stessi appalti, cui chiunque può chiedere strumenti tecnici aggiuntivi senza nessun controllo sui costi»; «le incongruenze della pratica "acquisto immagini", che prevede incredibili costi di invio (120 euro anziché zero utilizzando Internet) a fronte di un limitatissimo uso dei "girati"».
Mazzeo avrebbe provato a porre rimedio a questi sperperi e, a suo giudizio, questo sarebbe stato il casus belli che gli ha messo contro collaboratori e sindacato: «Ciò che ha con tutta evidenza disturbato una parte della redazione, trovando sostegno nella componente sindacale, sono stati i miei interventi sulle modalità di spesa del denaro pubblico» e in particolare la cancellazione della «comodità di partire da Torino per andare ovunque, usando gli operatori in appalto come autisti ovviamente pagati»; l'adozione della «regola aziendale per la quale i giornalisti devono farsi autorizzare il taxi e poi portare la ricevuta»; l'eliminazione della «pratica di accumulare recuperi trasformando i fine settimana di riposo in giorni coperti dalla legge 104»; l'abolizione dell'«uso di andare in un'altra città per partecipare come ospite a convegni utilizzando il regime di trasferta», anziché moderarli o fare da relatori nei giorni liberi dal lavoro.
A proposito dell'utilizzo della 104 Mazzeo fa l'esempio della responsabile del Tg Leonardo Silvia Rosa-Brusin e racconta che era solita segnarsi il permesso per assistere la mamma il sabato e la domenica, per poi smaltire d'estate i riposi accumulati durante l'anno: «In pratica non lavorava per tre mesi».
Ma il caporedattore segnala altri casi, come quello del caposervizio Daniele Cerrato, dal 2009 al 2021 presidente della Casagit salute, la cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti. Cerrato, a dire di Mazzeo, durante la presidenza dell'ente, «viene in redazione per cinque giorni al mese, conduce la trasmissione e poi torna a Roma dove nelle quattro settimane successive fa il presidente di Casagit, poi torna a Torino per un altro turno di conduzione e così via, salvo il periodo estivo, quando Leonardo non va in onda e lui si divide fra Casagit e vacanze».
Aggiunge Mazzeo: «L'orario di lavoro del gruppo Leonardo è incontrollabile: un vecchio caporedattore centrale si metteva dall'ascensore per salutare chi usciva con ampio anticipo rispetto agli altri, tutt'altro che gratificati da questa disparità».
L'inviato Maurizio Menicucci, invece, è stato al centro di uno strano caso legato al Covid. Nel 2015 mandò in onda un servizio su un esperimento effettuato dalle università della North Carolina e di Wuhan intitolato «Scienziati cinesi creano super virus polmonare da pipistrelli e topi. Serve solo per motivi di studio, ma sono tante le proteste».
Nel marzo 2020, a inizio pandemia, il servizio diventa virale e nello stesso periodo uno studio di Nature Medicine smentisce ogni collegamento della pandemia con l'esperimento, sostenendo che l'attuale virus è di origine naturale, non artificiale. Menicucci fa subito un servizio di rettifica sul Tg3. Ma non sarebbe bastato.
Mazzeo ricostruisce così quello che accadde: «La direzione dice di aprire tutti i Tg regionali» sul servizio virale, «mettendo nel titolo, nel lancio e in uscita l'avviso che la storia del 2015 era stata più volte smentita. Dieci minuti prima del Tg arriva un contrordine: non si mette niente. Gira voce che il segretario dell'Usigrai Di Trapani (Vittorio, ndr) abbia chiamato il direttore Casarin e gli abbia detto: ma come facciamo a mettere in onda un servizio dicendo prima e dopo che era tutto falso? Insomma Di Trapani si è sostituito al direttore?» domanda il querelante.
Successivamente Mazzeo chiede chiarimenti a Menicucci e questo sbotta: «È da ieri che mi state minacciando». Chi ha intimidito Menicucci per un servizio che dava la colpa del Covid a un esperimento cinese? Non è dato sapere.A Torino c'è pure chi, come Paolo Volpato, ha chiesto, innervosendo il capo della redazione, il rimborso di 1 euro per l'utilizzo dei servizi igienici alla stazione di Alessandria durante una trasferta.
Ricordiamo, infine, l'episodio che ha esacerbato definitivamente i rapporti tra Mazzeo e il sindacato ed è collegato al lavoro all'alba (il cosiddetto turno A) del giornalista del Tg Leonardo Antonio Sgobba: «Durante l'emergenza Covid prima ottenne un mese di distacco a Milano, dove risiede, con una richiesta difficile da respingere. Poi tentò di autoassegnarsi l'obbligo di fare quotidianamente il pendolare, cosa che lo avrebbe esentato dal lavoro all'alba».
La motivazione dell'istanza? Sgobba non aveva un regolare contratto di affitto a Torino e quindi non poteva dimostrare, in caso di controlli, di essere domiciliato nel capoluogo piemontese. Il caporedattore rimase basito di fronte a questa giustificazione e non le mandò a dire al collega: «Non gli consentii di fare il pendolare e allora mi denunciò al sindacato». Praticamente (giura Mazzeo) l'inizio della sua fine.
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Uomo ucciso nell'Astigiano: fermata la figlia, ha 19 anni
La figlia dell’uomo ucciso nel tardo pomeriggio di ieri nell’Astigiano è in stato di fermo, con l’accusa di avere ucciso a coltellate il proprio padre, Akhyad Sulaev, 50 anni. La giovane, 19 anni, secondo quando rendono noto i carabinieri della compagnia di Canelli, coordinati dalla Procura di Alessandria, è stata fermata dopo le indagini della notte. L’episodio, per quanto accertato finora,…
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Attirava le ragazze nel suo locale, le faceva bere e le stuprava: una minorenne è rimasta incinta
Attirava le ragazze nel suo locale, le faceva bere e le stuprava: una minorenne è rimasta incinta
Attirava le ragazze nel suo locale, le faceva bere e le stuprava. Due gli episodi accertati dalla Polizia di Novi Ligure nell’inchiesta coordinata dalla Procura di Alessandria. L’uomo è in carcere, ai domiciliari la compagna, complice. All’interno dell’appartamento della coppia era presente un impianto di registrazione video con cui i due riprendevano gli atti sessuali. Con la scusa di feste nel…
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ROSARNO-‘NDRANGHETA, OPERAZIONE “FAUST” 49 PERSONE ARRESTATE PER ASSOCIAZIONE MAFIOSA
SCAMBIO ELETTORALE POLITICO – MAFIOSO, USURA, TRAFFICO DI SOSTANZE STUPEFACENTI. Questa mattina, alle prime luci dell’alba, a Rosarno, Polistena, nonché nelle province di Messina, Vibo Valentia, Salerno, Matera, Brindisi, Taranto, Alessandria e Pavia, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica – Direzione…
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Estorsioni e violenza: tsunami sulla tifoseria della Juve, 12 misure cautelari
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Estorsioni e violenza: tsunami sulla tifoseria della Juve, 12 misure cautelari
Estorsioni e violenza: tsunami sulla tifoseria della Juve, 12 misure cautelari
Un vero e proprio tsunami si è abbattuto sulla tifoseria della Juventus. I capi e i principali referenti dei gruppi ultrà della Vecchia Signora (Drughi, Tradizione-Antichi valori, Viking, Nucleo 1985 e Quelli… di via Filadelfia), sono stati arrestati nell’ambito di un’indagine della procura di Torino che ha portato all’emissione di 12 misure cautelari. Le accuse sono, a vario titolo, associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio e violenza privata. In corso perquisizioni in diverse città.
Secondo gli inquirenti, grazie alla complicità di alcune ricevitorie i leader dei principali gruppi ultras della Juventus distribuivano illegalmente biglietti per entrare allo stadio. I ‘capi’ della curva secondo gli inquirenti, avrebbero anche strutturato una “capillare strategia criminale” per ricattare la società bianconera dopo che la Juve aveva deciso di interrompere una serie di privilegi concessi ai gruppi ultrà.
Tra gli arrestati il capo assoluto dei ‘Drughi’, Dino Mocciola, già finito in carcere all’inizio degli anni Novanta per aver ucciso durante una rapina un carabiniere e considerato uno dei responsabili delle infiltrazioni della ‘ndrangheta in curva, il suo braccio destro Salvatore Cava, il leader dei ‘Tradizione’, Umberto Toia. In manette anche un altro volto storico del tifo, Beppe Franzo, presidente dell’associazione ‘Quelli di via Filadelfia’. Per tutti le accuse sono a vario titolo di associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio e violenza privata.
L’inchiesta è partita ufficialmente circa un anno fa, quando la società bianconera ha denunciato il ricatto cui era sottoposta dai suoi ultrà. Alla fine del campionato 2017/2018 la società ha infatti deciso di interrompere alcuni privilegi concessi ai gruppi ultrà, scatenando la reazione delle tifoserie che, hanno cercato di ripristinare la loro posizione di forza nei confronti del club. L’indagine è legata anche ad un’altra operazione, condotta dalla squadra mobile di Torino, che aveva scoperto le infiltrazioni mafiose della ‘ndrangheta in curva.
Oltre ai leader delle varie tifoserie, sono coinvolte nell’inchiesta anche altre 37 persone, tutte iscritte nel registro degli indagati: si tratta dei referenti dei gruppi nelle varie città italiane e dei rappresentanti di un’altra sigla di ultrà, il “Nab” (Nucleo armato bianconero).
Da stamattina inoltre, sono in corso circa 39 perquisizioni in giro per l’Italia, coordinate dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione e con la collaborazione delle Digos di Alessandria, Asti, Como, Savona, Milano, Genova, Pescara, La Spezia, L’Aquila, Firenze, Mantova, Monza, Bergamo e Biella.
Un vero e proprio tsunami si è abbattuto sulla tifoseria della Juventus. I capi e i principali referenti dei gruppi ultrà della Vecchia Signora (Drughi, Tradizione-Antichi valori, Viking, Nucleo 1985 e Quelli… di via Filadelfia), sono stati arrestati nell’ambito di un’indagine dell…
Nadia Sessa
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Novi: in manette parcheggiatore abusivo 23enne
Nell’ambito dei servizi svolti dai Carabinieri di Novi Ligure finalizzati a fronteggiare il fenomeno dei parcheggiatori abusivi che, con atteggiamento molesto, chiedono denaro ai cittadini che parcheggiano nelle piazze principali del Comune di Novi Ligure, i militari della Compagnia e dell’Aliquota Radiomobile di Novi Ligure hanno tratto in arresto un nigeriano di 23 anni responsabile di resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale. I Carabinieri sono intervenuti in Piazza Gobetti notando il prevenuto richiedere denaro in modo petulante agli autisti che parcheggiavano in quella piazza. Una prima pattuglia si avvicinava al soggetto intimandogli di fermarsi per essere sottoposto a controllo. Il nigeriano, vedendosi circondato anche da un’altra pattuglia dei Carabinieri, si dava alla fuga. La pronta reazione dei militari consentiva di bloccare il ventitreenne nell’adiacente via Edilio Raggio. Nella circostanza, i carabinieri, scesi dalle loro autovetture, bloccavano il soggetto ingaggiando con lo stesso una breve colluttazione poiché lo stesso tentava in tutti i modi di divincolarsi, cercando di colpire i miliari. Tratto in arresto e condotto presso la Caserma dei Carabinieri di Novi Ligure, l’uomo veniva trovato in possesso di numerose monete per un totale di 42,58 euro, sottoposti a sequestro amministrativo. Successivamente è stato tradotto presso la casa circondariale di Alessandria su disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria. L’uomo, domiciliato a Serravalle e irregolare sul territorio nazionale, già colpito da provvedimento di espulsione nel luglio 2016, è stato trovato in possesso di numerose ricevute di schedine, il che lascia intendere che lo stesso non esercitasse l’attività di parcheggiatore per sopravvivere, come si potrebbe pensare, ma che avesse una evidente attitudine alle “scommesse” presso sale giochi del Comune di Novi Ligure. http://dlvr.it/PpyQk4
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Aggressioni a Novi Ligure: Arrestato il Responsabile grazie alle Indagini dei Carabinieri
Il lavoro investigativo dei Carabinieri di Novi Ligure porta all’arresto dell’aggressore di due donne, identificato grazie alle telecamere e all’attività di pedinamento.
Il lavoro investigativo dei Carabinieri di Novi Ligure porta all’arresto dell’aggressore di due donne, identificato grazie alle telecamere e all’attività di pedinamento. Una mattina di agosto a Novi Ligure è stata segnata da due gravi episodi di aggressione che hanno coinvolto due donne, rispettivamente di 56 e 54 anni. Gli eventi si sono svolti in via Pietro Isola, nei pressi di un bar e di un…
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