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pier-carlo-universe · 16 hours ago
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Assente per malattia di Morgana Leo. Un giallo ricco di suspense con una protagonista straordinaria. Recensione di Alessandria today
Biografia dell’autore: Morgana Leo è un’autrice emergente del panorama letterario italiano. Con una passione per i romanzi gialli e una straordinaria capacità di creare trame avvincenti e personaggi realistici, si è guadagnata l’attenzione di lettori e cr
Editore: Agenda EdizioniData di pubblicazione: 25 ottobre 2024 Biografia dell’autore:Morgana Leo è un’autrice emergente del panorama letterario italiano. Con una passione per i romanzi gialli e una straordinaria capacità di creare trame avvincenti e personaggi realistici, si è guadagnata l’attenzione di lettori e critica. Assente per malattia è la sua opera più recente e ambiziosa. Analisi…
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maledettadaunangelo · 2 years ago
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Da grande voglio fare il bambino, per conservare una parte che lasci sempre spazio all’entusiasmo, che non lo perda mai, per continuare a pungermi con le mie rose senza mai la paura di toccarle.
Massimo Bisotti
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susieporta · 1 year ago
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[Lei s’innamorò come s’ innamorano sempre le donne intelligenti:
come un’ idiota]
La zia Daniela s’innamorò come s’innamorano sempre le donne intelligenti: come un’idiota. Lo aveva visto arrivare un mattino, le spalle erette e il passo sereno, e aveva pensato: «Quest’uomo si crede Dio». Ma dopo averlo sentito raccontare storie di mondi lontani e di passioni sconosciute, si innamorò di lui e delle sue braccia come se non parlasse latino sin da bambina, non avesse studiato logica e non avesse sorpreso mezza città imitando i giochi poetici di Góngora e di suor Juana Inés de la Cruz come chi risponde ad una filastrocca durante la ricreazione. Era tanto colta che nessun uomo voleva mettersi con lei, per quanto avesse occhi di miele e labbra di rugiada, per quanto il suo corpo solleticasse l’immaginazione risvegliando il desiderio di vederlo nudo, per quanto fosse bella come la Madonna del Rosario. Gli uomini avevano paura di amarla, perché c’era qualcosa nella sua intelligenza che suggeriva sempre un disprezzo per il sesso opposto e le sue ricchezze.
Ma quell’uomo che nulla sapeva di lei e dei suoi libri le si accostò come a chiunque altra. Allora la zia Daniela lo dotò di un’intelligenza abbagliante, una virtù angelica e un talento d’artista. Il suo cervello lo guardò in tanti modi che in capo a dodici giorni credette di conoscere cento uomini.
Lo amò convinta che Dio possa aggirarsi tra i mortali, abbandonata con tutta se stessa ai desideri e alle stramberie di un uomo che non aveva mai avuto intenzione di rimanere e non aveva mai capito neppure uno di tutti i poemi che Daniela aveva voluto leggergli per spiegare il suo amore.
Un giorno così com’era venuto, se ne andò senza neppure salutare. Non ci fu allora in tutta l’intelligenza della zia Daniela una sola scintilla in grado di spiegarle ciò che era successo.
Ipnotizzata da un dolore senza nome né destino, diventò la più stupide delle stupide. Perderlo fu un dolore lungo come l’insonnia, una vecchiaia di secoli, l’inferno.
Per pochi giorni di luce, per un indizio, per gli occhi d’acciaio e di supplica che le aveva prestato una notte, la zia Daniela sotterrò la voglia di vivere e cominciò a perdere lo splendore della pelle, la forza delle gambe, l’intensità della fronte e delle viscere.
Nel giro di tre mesi divenne quasi cieca, le crebbe una gobba sulla schiena e dovette succedere qualcosa anche al suo termostato interno, perché, nonostante indossasse anche in pieno sole calze e cappotto, batteva i denti dal freddo come se vivesse al centro stesso dell’inverno. La portavano fuori a prendere aria come un canarino. Le mettevano accanto frutta e biscotti da becchettare, ma sua madre si portava via il piatto intatto mentre Daniela rimaneva muta, nonostante gli sforzi che tutti facevano per distrarla.
All’inizio la invitavano in strada, per vedere se, guardando i colombi e osservando la gente che andava e veniva, qualcosa in lei cominciasse a dare segni di attaccamento alla vita. Provarono di tutto. Sua madre se la portò in Spagna e le fece girare tutti i locali sivigliani di flamenco senza ottenere da lei nulla più di una lacrima, una sera in cui il cantante era allegro. La mattina seguente inviò un telegramma a suo marito:«Comincia a migliorare, ha pianto un secondo». Era diventata come un arbusto secco, andava dove la portavano e appena poteva si lasciava cadere sul letto come se avesse lavorato ventiquattr’ore di seguito in una piantagione di cotone. Alla fine non ebbe più forze che per gettarsi su una sedia a dire a sua madre:«Ti prego, andiamocene a casa».
Quando tornarono, la zia Daniela camminava a stento, e da allora non volle più alzarsi dal letto. Non voleva neppure lavarsi, né pettinarsi, né fare pipì. Un mattino non riuscì neppure ad aprire gli occhi.
«E’ morta!», sentì esclamare intorno a sé, e non trovò la forza di negarlo.
Qualcuno suggerì a sua madre che un tale comportamento fosse un ricatto, un modo di vendicarsi degli altri, una posa da bambina viziata che, se di colpo avesse perso la tranquillità di una casa sua e la pappa pronta, si sarebbe data da fare per guarire da un giorno all’altro. Sua madre fece lo sforzo di crederci e seguì il consiglio di abbandonarla sul portone della cattedrale. La lasciarono lì una notte con la speranza di vederla tornare, affamata e furiosa, com’era stata un tempo. La terza notte la raccolsero dal portone e la portarono in ospedale tra le lacrime di tutta la famiglia.
All’ospedale andò a farle visita la sua amica Elidé, una giovane dalla pelle luminosa che parlava senza posa e che sosteneva di saper curare il mal d’amore. Chiese che le permettessero di prendersi cura dell’anima e dello stomaco di quella naufraga. Era una creatura allegra e attiva. Ascoltarono il suo parere. Secondo lei, l’errore nella cura della sua intelligente amica consisteva nel consiglio di dimenticare. Dimenticare era una cosa impossibile. Quel che bisognava fare era imbrigliare i suoi ricordi perché non la uccidessero, perché la obbligassero a continuare a vivere.
I genitori ascoltarono la ragazza con la stessa indifferenza che ormai suscitava in loro qualsiasi tentativo di curare la figlia. Davano per scontato che non sarebbe servito a nulla, ma autorizzarono il tentativo come se non avessero ancora perso la speranza, che ormai avevano perso.
Le misero a dormire nella stessa stanza. Passando davanti a quella porta, in qualsiasi momento, si udiva l’infaticabile voce di Elidé parlare dell’argomento con la stessa ostinazione con la quale un medico veglia un moribondo. Non stava zitta un minuto. Non le dava tregua. Un giorno dopo l’altro, una settimana dopo l’altra.
«Come hai detto che erano le sue mani?», chiedeva.
Se la zia Daniela non rispondeva, Elidé l’attaccava su un altro fronte.
«Aveva gli occhi verdi? Castani? Grandi?».
«Piccoli», rispose la zia Daniela, aprendo bocca per la prima volta dopo un mese.
«Piccoli e torbidi?», domandò Elidé.
«Piccoli e fieri», rispose la zia Daniela, e ricadde nel suo mutismo per un altro mese.
«Era sicuramente del Leone. Sono così, i Leoni», diceva la sua amica tirando fuori un libro sui segni zodiacali. Le leggeva tutte le nefandezze che un Leone può commettere. «E poi sono bugiardi. Ma tu non devi lasciarti andare, sei un Toro: sono forti le donne del Toro».
«Di bugie sì che ne ha dette», le rispose Daniela una sera.
«Quali? Non te ne scordare! Perché il mondo non è tanto grande da non incontrarlo mai più, e allora gli ricorderai le sue parole: una per una, quelle che ti ha detto e quelle che ha fatto dire a te».
«Non voglio umiliarmi».
«Sarai tu a umiliare lui. Sarebbe troppo facile, seminare parole e poi filarsela».
«Le sue parole mi hanno illuminata!», lo difese la zia Daniela.
«Si vede, come ti hanno illuminata!», diceva la sua amica, arrivate a questo punto.
Dopo tre mesi ininterrotti di parole la fece mangiare come Dio comanda. Non si rese neppure conto di come fosse successo. L’aveva portata a fare una passeggiata in giardino. Teneva sottobraccio una cesta con frutta, pane, burro, formaggio e tè. Stese una tovaglia sull’erba, tirò fuori la roba e continuò a parlare mettendosi a mangiare senza offrirle nulla.
«Gli piaceva l’uva», disse l’ammalata.
«Capisco che ti manchi».
«Sì» disse la zia Daniela, portandosi alla bocca un grappolo d’uva. «Baciava divinamente. E aveva la pelle morbida, sulla schiena e sulla pancia».
«E com’era… sai di che cosa parlo», disse l’amica, come se avesse sempre saputo che cosa la torturava.
«Non te lo dico», rispose Daniela ridendo per la prima volta dopo mesi. Mangiò poi pane e burro, formaggio e tè.
«Bello?», chiese Elidé.
«Sì», rispose l’ammalata, ricominciando a essere se stessa.
Una sera scesero a cena. La zia Daniela indossava un vestito nuovo e aveva i capelli lucidi e puliti, finalmente liberi dalla treccia polverosa che non si era pettinata per tanto tempo.
Venti giorni più tardi, le due ragazze avevano ripassato tutti i ricordi da cima a fondo, fino a renderli banali. Tutto ciò che la zia Daniela aveva cercato di dimenticare, sforzandosi di non pensarci, a furia di ripeterlo divenne per lei indegno di ricordo. Castigò il suo buon senso sentendosi raccontare una dopo l’altra le centoventimila sciocchezze che l’avevano resa felice e disgraziata.
«Ormai non desidero più neppure vendicarmi», disse un mattino a Elidé. «Sono stufa marcia di questa storia».
«Come? Non mi ridiventare intelligente, adesso», disse Elidé. «Questa è sempre stata una questione di ragione offuscata: non vorrai trasformarla in qualcosa di lucido? Non sprecarla, ci manca la parte migliore: dobbiamo ancora andare a cercare quell’uomo in Europa e in Africa, in Sudamerica e in India, dobbiamo trovarlo e fare un baccano tale da giustificare i nostri viaggi. Dobbiamo ancora visitare la Galleria Pitti, vedere Firenze, innamorarci a Venezia, gettare una moneta nella Fontana di Trevi. Non vogliamo inseguire quell’uomo che ti ha fatto innamorare come un’imbecille e poi se n’è andato?».
Avevamo progettato di girare il mondo in cerca del colpevole, e questa storia che la vendetta non fosse più imprescindibile nella cura della sua amica era stata un brutto colpo per Elidé. Dovevano perdersi per l’India e il Marocco, la Bolivia e il Congo, Vienna e soprattutto l’Italia. Non aveva mai pensato di trasformarla in un essere razionale dopo averla vista paralizzata e quasi pazza quattro mesi prima.
«Dobbiamo andare a cercarlo. Non mi diventare intelligente prima del tempo», le diceva.
«E’ arrivato ieri», le rispose la zia Daniela un giorno.
«Come lo sai?»
«L’ho visto. Ha bussato al mio balcone come una volta».
«E che cosa hai provato?»
«Niente».
«E che cosa ti ha detto?»
«Tutto».
«E che cosa gli hai risposto?»
«Ho chiuso la finestra».
«E adesso?», domandò la terapista.
«Gli assenti si sbagliano sempre».
Ángeles Mastretta
[racconto tratto dal libro “Donne dagli occhi grandi”]
*traduzione di Gina Maneri
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ambrenoir · 4 months ago
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Sapevi che l'accumulo di oggetti in casa e il disordine sono legati a diversi tipi di paure?
Come la paura del cambiamento, la paura di essere dimenticati o di dimenticare, la paura della mancanza, e simboleggiano anche confusione, mancanza di concentrazione, caos, instabilità e possono significare incertezza riguardo ai tuoi obiettivi, alla tua identità o a ciò che desideri dalla vita. Inoltre, il luogo in cui si accumulano disordine e oggetti in casa riflette quale area della tua vita è problematica. Per esempio, si dice che l'armadio o la cabina armadio riflettano come ti senti emotivamente e che, una volta organizzati, i tuoi conflitti interni si calmeranno. Oppure, una coperta sbiadita potrebbe significare che la tua vita sentimentale ha perso il suo splendore.
Hai mai conservato per lungo tempo oggetti rotti o danneggiati pensando di ripararli un giorno? Questi simboleggiano promesse e sogni infranti, e se si tratta di elettrodomestici, mobili elettronici o stoviglie e li conservi, ad esempio, in cucina o in bagno, potrebbero indicare problemi di salute o ricchezza.
Se il disordine è nella tua stanza, potrebbe significare che tendi a lasciare le cose incompiute e che hai difficoltà a trovare un partner o a mantenere un lavoro stabile. Le camere dei bambini sono solitamente disordinate perché non hanno ancora attraversato il processo di capire cosa vogliono dalla vita, ma studi dimostrano che i bambini che tengono le loro stanze ordinate tendono ad andare meglio a scuola.
❍ Tipi di accumulo • Accumulazione recente: Questo tipo di accumulo indica che stai cercando di fare troppe cose contemporaneamente, non ti concentri su ciò che dovresti fare e hai perso la direzione. • Accumulazione vecchia: Riguarda oggetti che non hai usato da molto tempo e che sono impilati in soffitta, in garage, negli armadi... Vecchi documenti di lavoro e file sul computer che non usi più, riviste di oltre 6 mesi fa o vestiti che non hai indossato da più di un anno. Questo riflette il fatto che vivi nel passato, lasciando che le tue vecchie idee ed emozioni prendano il sopravvento sul presente, impedendo l'ingresso di nuove opportunità e persone nella tua vita.
❍ 10 cose che puoi fare oggi per controllare il disordine: • Liberati prima degli oggetti più grandi: la cyclette che non usi più o il grande orso di peluche che hai da quando eri a scuola. • Restituisci le cose che ti hanno prestato, come CD, libri, vestiti, attrezzi. • Raccogli ciò che è per terra e mettilo in un cesto o una borsa fino a quando non potrai riporlo nel posto giusto. • Metti riviste, cataloghi e giornali in una borsa o un cesto. • Togli dall'armadio 10 capi che non hai usato nell'ultimo anno e donali. • Pulisci le finestre, è un modo figurativo e letterale per far entrare luce nella tua vita. • Svuota i cestini della spazzatura di bagni, cucina, ufficio; rappresentano ciò di cui non abbiamo più bisogno o che non vogliamo nella nostra vita. • Tira fuori dai cassetti del tuo armadio i calzini spaiati, puoi usarli per pulire i mobili. • Libera la scrivania, archivia i documenti che non usi più, rivedi e organizza la posta ricevuta. • Getta via penne e pennarelli che non funzionano più.
❍ Il significato del disordine nella nostra casa Gli esseri umani inviano messaggi e segnali attraverso la disposizione dei loro oggetti personali, anche nei cassetti. L'accumulo di oggetti è un modo per emettere segnali; troppi oggetti emettono il segnale di saturazione, idee, progetti e piani totalmente confusi, molto poco strutturati e definiti. Il disordine altera il tao o il percorso per raggiungere i nostri obiettivi. Blocca le vie d'accesso alle opportunità e ci fa perdere tempo, che potrebbe essere prezioso per strutturare in modo ordinato e disciplinato il nostro piano di vita. A seconda del luogo in cui si accumula il disordine, si emette un messaggio specifico: • Disordine o oggetti accumulati all'ingresso di casa indicano paura di relazionarsi con altre persone. • Disordine o oggetti accumulati nell'armadio indicano mancanza di controllo nell'analisi e nella gestione delle emozioni. • Disordine o oggetti accumulati in cucina simboleggiano risentimento o fragilità sentimentale. • Disordine sulla scrivania o nell'area di lavoro riflette frustrazione, paura e bisogno di controllare le situazioni. • Disordine dietro le porte indica paura di non essere accettati dagli altri, la sensazione di sentirsi costantemente osservati. • Disordine sotto i mobili significa dare troppa importanza alle apparenze. • Disordine o oggetti accumulati in garage riflettono paura e mancanza di capacità di aggiornarsi. • Disordine e oggetti accumulati in tutta la casa simboleggiano rabbia, pigrizia e apatia verso tutti gli aspetti della vita. • Disordine o oggetti accumulati nei corridoi indicano conflitti nella comunicazione, paura di dire e manifestare ciò che si desidera nella vita. • Disordine o oggetti accumulati in camera riflettono la paura del rifiuto sociale. • Disordine in sala da pranzo indica paura di non fare passi fermi e solidi, con un senso di dominanza da parte della famiglia.
Louise L. Hay dice sul disordine:
Fai spazio al nuovo, sì, fai spazio al nuovo. Svuota il frigorifero, butta via tutti quei resti avvolti nella stagnola. Pulisci gli armadi, liberati di tutto ciò che non hai usato negli ultimi sei mesi. E se non l'hai usato per un anno, è sicuramente troppo nella tua casa, quindi vendilo, scambialo, regalalo o brucialo.
Gli armadi affollati e disordinati riflettono una mente in disordine. Mentre pulisci gli armadi, ripeti a te stesso che stai pulendo i tuoi armadi mentali. L'Universo ama i gesti simbolici...
Autore sconosciuto
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et3rnauta · 4 months ago
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"La prima regola che io metto è "Non si molla". Mai. Possiamo giocare male, possiamo avere una brutta giornata, però non si molla. Se si molla sono dolori. La seconda è no alla cultura degli alibi, cioè attribuire ad altri la responsabilità dei nostri fallimenti. La terza regola è che l'errore fa parte dell'apprendimento"
"Se i nostri figli dicono che il professore ce l'ha con loro non siamo noi a dover stabilire se è vero, piuttosto dobbiamo fargli capire che bisogna imparare ad avere a che fare anche con chi ce l'ha con te. Altrimenti succede che il nostro ragazzo non sbaglia mai e la colpa è sempre di qualcun altro. Se vogliamo proteggerli dandogli ragione e dicendogli ci penso io, il sottotesto è che non pensiamo davvero che possano cavarsela. Dare fiducia, anche per la loro autostima, vuol dire: risolvitela da solo, so che puoi farlo. Essere coraggiosi non significa non avere paura ma saperci convivere, saperla accettare"
"Non direi di essere stato uno dei tecnici più grandi ma posso dire di essere uno dei più aggiornati. Ho sempre cercato di rubare qualcosa. Dai libri, dai film, dagli altri sport. Sono un ladro di idee."
"Accettare di perdere significa sapere perdere. Invece nei comportamenti prevalenti c’è sempre un colpevole, c’è sempre un motivo: l’arbitro, il tempo, il fuso orario… Saper perdere significa non dare la colpa a nessuno, non dire niente… Ho conosciuto centinaia di atleti. Alcuni vincenti, altri perdenti. La differenza? I vincenti trovano soluzioni. I perdenti cercano alibi."
Julio Velasco
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angelap3 · 4 months ago
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Sapevi che l'accumulo di oggetti in casa e il disordine sono legati a diversi tipi di paure?
Come la paura del cambiamento, la paura di essere dimenticati o di dimenticare, la paura della mancanza, e simboleggiano anche confusione, mancanza di concentrazione, caos, instabilità e possono significare incertezza riguardo ai tuoi obiettivi, alla tua identità o a ciò che desideri dalla vita. Inoltre, il luogo in cui si accumulano disordine e oggetti in casa riflette quale area della tua vita è problematica. Per esempio, si dice che l'armadio o la cabina armadio riflettano come ti senti emotivamente e che, una volta organizzati, i tuoi conflitti interni si calmeranno. Oppure, una coperta sbiadita potrebbe significare che la tua vita sentimentale ha perso il suo splendore.
Hai mai conservato per lungo tempo oggetti rotti o danneggiati pensando di ripararli un giorno? Questi simboleggiano promesse e sogni infranti, e se si tratta di elettrodomestici, mobili elettronici o stoviglie e li conservi, ad esempio, in cucina o in bagno, potrebbero indicare problemi di salute o ricchezza.
Se il disordine è nella tua stanza, potrebbe significare che tendi a lasciare le cose incompiute e che hai difficoltà a trovare un partner o a mantenere un lavoro stabile. Le camere dei bambini sono solitamente disordinate perché non hanno ancora attraversato il processo di capire cosa vogliono dalla vita, ma studi dimostrano che i bambini che tengono le loro stanze ordinate tendono ad andare meglio a scuola.
❍ Tipi di accumulo • Accumulazione recente: Questo tipo di accumulo indica che stai cercando di fare troppe cose contemporaneamente, non ti concentri su ciò che dovresti fare e hai perso la direzione. • Accumulazione vecchia: Riguarda oggetti che non hai usato da molto tempo e che sono impilati in soffitta, in garage, negli armadi... Vecchi documenti di lavoro e file sul computer che non usi più, riviste di oltre 6 mesi fa o vestiti che non hai indossato da più di un anno. Questo riflette il fatto che vivi nel passato, lasciando che le tue vecchie idee ed emozioni prendano il sopravvento sul presente, impedendo l'ingresso di nuove opportunità e persone nella tua vita.
❍ 10 cose che puoi fare oggi per controllare il disordine: • Liberati prima degli oggetti più grandi: la cyclette che non usi più o il grande orso di peluche che hai da quando eri a scuola. • Restituisci le cose che ti hanno prestato, come CD, libri, vestiti, attrezzi. • Raccogli ciò che è per terra e mettilo in un cesto o una borsa fino a quando non potrai riporlo nel posto giusto. • Metti riviste, cataloghi e giornali in una borsa o un cesto. • Togli dall'armadio 10 capi che non hai usato nell'ultimo anno e donali. • Pulisci le finestre, è un modo figurativo e letterale per far entrare luce nella tua vita. • Svuota i cestini della spazzatura di bagni, cucina, ufficio; rappresentano ciò di cui non abbiamo più bisogno o che non vogliamo nella nostra vita. • Tira fuori dai cassetti del tuo armadio i calzini spaiati, puoi usarli per pulire i mobili. • Libera la scrivania, archivia i documenti che non usi più, rivedi e organizza la posta ricevuta. • Getta via penne e pennarelli che non funzionano più.
❍ Il significato del disordine nella nostra casa Gli esseri umani inviano messaggi e segnali attraverso la disposizione dei loro oggetti personali, anche nei cassetti. L'accumulo di oggetti è un modo per emettere segnali; troppi oggetti emettono il segnale di saturazione, idee, progetti e piani totalmente confusi, molto poco strutturati e definiti. Il disordine altera il tao o il percorso per raggiungere i nostri obiettivi. Blocca le vie d'accesso alle opportunità e ci fa perdere tempo, che potrebbe essere prezioso per strutturare in modo ordinato e disciplinato il nostro piano di vita. A seconda del luogo in cui si accumula il disordine, si emette un messaggio specifico: • Disordine o oggetti accumulati all'ingresso di casa indicano paura di relazionarsi con altre persone. • Disordine o oggetti accumulati nell'armadio indicano mancanza di controllo nell'analisi e nella gestione delle emozioni. • Disordine o oggetti accumulati in cucina simboleggiano risentimento o fragilità sentimentale. • Disordine sulla scrivania o nell'area di lavoro riflette frustrazione, paura e bisogno di controllare le situazioni. • Disordine dietro le porte indica paura di non essere accettati dagli altri, la sensazione di sentirsi costantemente osservati. • Disordine sotto i mobili significa dare troppa importanza alle apparenze. • Disordine o oggetti accumulati in garage riflettono paura e mancanza di capacità di aggiornarsi. • Disordine e oggetti accumulati in tutta la casa simboleggiano rabbia, pigrizia e apatia verso tutti gli aspetti della vita. • Disordine o oggetti accumulati nei corridoi indicano conflitti nella comunicazione, paura di dire e manifestare ciò che si desidera nella vita. • Disordine o oggetti accumulati in camera riflettono la paura del rifiuto sociale. • Disordine in sala da pranzo indica paura di non fare passi fermi e solidi, con un senso di dominanza da parte della famiglia.
Louise L. Hay dice sul disordine:
Fai spazio al nuovo, sì, fai spazio al nuovo. Svuota il frigorifero, butta via tutti quei resti avvolti nella stagnola. Pulisci gli armadi, liberati di tutto ciò che non hai usato negli ultimi sei mesi. E se non l'hai usato per un anno, è sicuramente troppo nella tua casa, quindi vendilo, scambialo, regalalo o brucialo.
Gli armadi affollati e disordinati riflettono una mente in disordine. Mentre pulisci gli armadi, ripeti a te stesso che stai pulendo i tuoi armadi mentali. L'Universo ama i gesti simbolici...
Autore sconosciuto
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blindhades · 8 months ago
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ci sto prendendo gusto a postare in italiano quindi beccatevi un altro mio tema che credo sia una delle cose migliori che io abbia mai prodotto
ENG: i'm enjoying this whole posting in italian thing so now you're getting another one of my essays- which i think is one of the best things i've ever written (use google translate or something)
CORO La vicenda si svolge nell’aldilà, nel labirintico supermercato che tutte le anime sono costrette ad attraversare per raggiungere la pace eterna. Si tratta infatti di una sorta di pellegrinaggio nel quale le anime riflettono sulla loro vita terrena mentre vagano per le corsie alla ricerca di un’uscita. In questo luogo si incontrano alcuni celebri personaggi: l’eroico Don Chisciotte della Mancia, il suo fedele compagno Sancio Panza e il principe di Danimarca Amleto.
[entrano DON CHISCIOTTE e SANCIO PANZA]
DON CHISCIOTTE Per l’amor di Dio, quale misterioso luogo è mai questo? Oh compare, questa è indubbiamente opera del terribile mago Frestone! Ma ora guarda, una schiera di nemici pronta ad attaccarci! [indica una scaffalatura piena di detersivi]
SANCIO PANZA Ma quali nemici? Quelli che stai indicando sembrano a me dei bizzarri recipienti inanimati. Nessuno di loro mi pare in alcun modo una minaccia.
DON CHISCIOTTE Oh Sancio, quanto sei inesperto! Quelli che vedi sono invero dei nemici, ma il tuo occhio ti inganna. Ascolta dunque chi è conoscitore delle avventure cavalleresche dei più nobili condottieri e fatti da parte! [brandisce la spada contro gli scaffali di detersivo]
[entra AMLETO]
AMLETO Ma che diamine state facendo, puntando la vostra arma a quel modo contro dei contenitori?
DON CHISCIOTTE State indietro! Siete disarmato, potreste rimanere ferito! Questi recipienti sono in realtà illusioni create dal temibile mago Frestone, colpevole del furto dei miei preziosi libri. È dunque mio dovere far fronte a questo pericolo, per difendere le donzelle di questa strana selva.
AMLETO E i danesi che davano a me del pazzo! Abbassate quella spada, suvvia! Le accuse di follia quasi mi costarono la vita, quando i miei stessi compagni, che ritenevo leali, mi condussero in Inghilterra perché io fossi ucciso! Voi invece siete qui, già graziati dal sonno eterno, e vi ostinate a combattere dei finti pericoli!
DON CHISCIOTTE Molte volte sono stato chiamato pazzo, ma siete voi incapaci di vedere la realtà per ciò che è e non per come appare. Una volta affrontai con audacia degli orrendi giganti, ai quali Frestone aveva fatto assumere le sembianze di semplici mulini a vento.
SANCIO PANZA Oh, avreste dovuto vedere il coraggio e la temerarietà con cui si scagliava verso i nemici!
AMLETO Non dubito certamente della vostra alacrità e forza! Ritengo tuttavia necessario farvi notare che ciò che voi chiamate nemici pericolosi, sono in verità dei bottiglioni appoggiati sopra ad uno scaffale. Vi invito invece a rivolgere le vostre energie e il vostro desiderio di giustizia nel combattere i veri antagonisti di questo mondo, ovvero gli uomini disonesti e sleali, coloro che sono usurpatori e traditori come lo fu mio zio nell’avvelenare mio padre e sposare mia madre.
DON CHISCIOTTE Non posso che concordare sull’esigenza di contrastare gli uomini malvagi, ma osservate ora attentamente: davanti a noi è posta una schiera di nemici, ordinatamente disposti e camuffati grazie alla magia del mago Frestone! Ma cosa accade ora laggiù? Avanti Sancio Panza, affrettati a soccorrere quella donzella che pare aver creato un grande trambusto urtando il ripiano!
[exit SANCIO PANZA]
DON CHISCIOTTE Decidete dunque se avete intenzione di affrontare insieme a me questo esercito o rimanere in disparte, che è giunto per me il momento di dare prova del mio coraggio!
AMLETO Perdonatemi ma proprio non riesco a capirvi: non credete che sia inutile perdere tempo a combattere quando abbiamo già concluso la più grande delle nostre battaglie, la vita?
DON CHISCIOTTE Che senso c’è allora se non combattiamo per qualcosa, per un ideale? Per quale motivo non lottate? Come fate ad essere in pace con voi stesso?
AMLETO Non ritengo ci sia bisogno di combattere in continuazione, ma è invece necessario ogni tanto soffermarsi a riflettere sulle nostre azioni, su ciò che stiamo facendo e chiederci per quale motivo lo stiamo facendo.
Nella mia vita spesso mi fermai a meditare sugli avvenimenti e sulla moralità delle azioni. Fui pure tentato di porre fine alla mia vita, ma fui frenato dal non conoscere cosa mi avrebbe aspettato nell’aldilà. Oh, come sono grato di essere stato bloccato da questo pensiero, perché se così non fosse stato mi sarei ritrovato prima in questa selva assurda!
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questouomono · 10 months ago
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Questo uomo no, #137 - Quello che parla dei libri che non ha letto per dimostrare di non sapere le cose di cui parla
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Mi scuso in anticipo per la parentesi molto personale, ma certe cose fanno davvero troppo ridere e credo sia giusto farne esempio utile a più persone possibile.
Di per sé il tipo di maschilista di cui parlo non sarebbe un soggetto nuovo, rappresenta l'ennesima versione di ignorante che merita un posto nella Armata delle Tenebre. Però in questo caso mi ha molto colpito che l'ignoranza venisse proprio da una categoria alla quale appartengo: quella di chi lavora in filosofia. In più (ignoranza al quadrato?) parlando di un libro che affronta argomenti di filosofia: il mio ultimo.
Il soggetto in questione - non importa il nome come non importa il titolo del mio libro, tanto è una scenetta che puntualmente si ripete a ogni libro che tratti di problemi di genere commentato da chi lavora con la filosofia - si produce su un social in un primo commento che già da solo, secondo la nota "Lewis' Law", giustifica l'esistenza del libro stesso:
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Ovviamente non mi sento colpevole affatto, visto che descrivo semplicemente chi sono secondo concetti assolutamente non colpevolizzanti - se li si conosce e li si sa usare. Non vorrei citarmi addosso di nuovo, ma qui si legge evidentemente una coda di paglia enorme, resa rogo fiammeggiante dalla maschia immagine di un Platone intento a prendermi a pugni. Almeno forse mi riterrebbe degno dei suoi colpi; uno che scrive usando i concetti in questo modo probabilmente a Platone farebbe tanto schifo da non volerlo toccare manco per menarlo.
Ma il meglio deve ancora venire: sollecitato da un suo "amico" sui social, il nostro lascia la prova che il libro di cui parla non l'ha letto, o se l'ha letto ha capito cose che non erano nel libro ma già nella sua testa:
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Basta anche solo leggere la quarta di copertina o le bandelle del mio libro per rendersi conto che lamento proprio (tra le altre cose) il fatto che i filosofi hanno sempre messo molto poco, nel loro lavoro, del loro corpo sessuato. In più, Butler praticamente non la cito manco per sbaglio; essendo una post-strutturalista, forse "costruttivista" come viene detto ma certo non fenomenologa come lo sono io, non "uso" in nessun modo il suo pensiero.
Poi vabbè, tutta la pomposa storiella su ideologia e religione rientra nella solita retorica ignorante "antigender" che come vedete è stata ben assimilata senza un briciolo di ricerca o di critica anche da chi ha una cattedra universitaria in filosofia (sì, il soggetto autore delle parole sopra riportate rientra in questa nobile categoria).
Ah, per chi se lo chiedesse: sì, il commento in cui si invoca la pistola (di altro "amico" suo di social) sarebbe da querela, ma già non ho tempo da perdere con gli ignoranti, figuriamoci con i loro amici.
Il problema non è essere d'accordo o no con quello che scrivo eh, figuriamoci. Intravedo un problema più grande nell'essere un cattedratico di filosofia e professare maschilismo ignorante senza neanche rendersene conto. Che è esattamente uno degli argomenti del mio ultimo libro.
Non posso che ringraziare pubblicamente l'autore di questa involontaria ma utile dimostrazione di quanto sostengo. Aggiungo che no, questo uomo no.
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firewalker · 8 months ago
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Post che mi farà perdere un sacco di follower
Io vi ho avvisato. Lista (forse non esaustiva) di robe che a voi piacciono da morire, amate alla follia, cullate fin da bambini e ne serbate un ricordo tenero, emozionante e *con gli occhi sbrilluccicosi* e a me invece fanno pena (eufemismo) pur avendole viste-lette-ascoltate
Film Ritorno al futuro, tutta la saga Star Wars, tutta la saga
Musica Imagine di John Lennon I Beatles in generale I Pink Floyd
Serie TV Lost Fringe
Libri Pet Sematary di Stephen King
Fumetti Qualsiasi cosa disegnata da Zerocalcare Calvin & Hobbes
La lista potrebbe essere incompleta. Comunque sappiatelo, sono una persona pessima.
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pier-carlo-universe · 5 days ago
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Una cotta irresistibile: un viaggio nel romanticismo contemporaneoLayla Hagen racconta una storia d’amore magnetica che cattura il cuore. Recensione di Alessandria today
Nel romanzo Una cotta irresistibile, Layla Hagen ci porta nel mondo di intense emozioni e scelte di vita. La storia ruota attorno a due protagonisti che, nonostante differenze e passati complicati, si trovano inesorabilmente attratti l’uno dall’altra.
Amore, passione e seconde possibilità. Nel romanzo Una cotta irresistibile, Layla Hagen ci porta nel mondo di intense emozioni e scelte di vita. La storia ruota attorno a due protagonisti che, nonostante differenze e passati complicati, si trovano inesorabilmente attratti l’uno dall’altra. Un mix perfetto di romanticismo e tensione, il libro esplora i temi delle relazioni, del perdono e della…
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susieporta · 5 months ago
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"La fonte...dove ha letto questa cosa?"
Per fortuna dei mie passati meccanismi di dissociazione, ho tenuto l'aspetto positivo "visualizzo, vado avanti e non rispondo".
Ma qualcosa la vorrei dire.
Per fortuna ricevo pochi commenti del genere, ma li leggo spesso nelle pagine di colleghi e professionisti seri.
Ma se andate da un avvocato, commercialista, architetto, medico...
Vi verrebbe mai in mente di chiedere...mi dica dove ha letto questa cosa?
Allora perché farlo sulle pagine di noi psicoterapeuti?
Lavoriamo soprattutto con le parole, ma non solo...
Prima di parlare ci connettiamo con noi stessi, con la persona difronte a noi...
Lavoriamo su percezioni, sensazioni, immagini, archetipi, intuizioni.
Prima di parlare lavoriamo su noi stessi, ci rivolgiamo come calzini e paghiamo altri professionisti per aiutarci a vedere ciò che non possiamo vedere perché ci siamo troppo dentro.
Parliamo dopo aver studiato una vita intera e continuiamo a farlo nonostante la stanchezza e la voglia di riposo.
La psicoterapia è un ARTE che si impara agendo, si affina con gli anni, si manifesta nelle interazioni.
Un mio didatta diceva solo alcuni sono POSSEDUTI DAL DEMONE DELLA PSICOTERAPIA, molti restano legati a libri, teorie e rassicuranti comodità.
Il nostro ruolo è al confine tra scienza, neuroscienze e l'essenza dell'anima che non può rientrare in nessuna categoria mentale limitante.
Bisogna fidarsi del processo, non c'è altra strada.
Altra frase che leggo spesso " Io ho fatto anni di terapia e non è servita a nulla"
E io rispondo "chi ti ha costretto a restare?"
Credo che ogni esperienza porti un insegnamento, ma soprattutto che a volte di vada avanti anni in percorsi più superficiali per prepararsi ad accogliere la verità.
Inoltre la psicoterapia non è magia, la psicoterapia è PRENDERSI LE PROPRIE RESPONSABILITÀ, AGIRE, CAMBIARE, SCEGLIERE, ANDARE OLTRE, RESPIRARE, FARE ESERCIZI PRATICI, INVII AD ALTRI PROFESSIONISTI ESPERTI IN ALTRO...
Questo nessuno lo può fare al tuo posto!
Hai fatto tutto questo prima criticare la psicoterapia?
Io mi riferisco ai colleghi seri che lavorano come me. Poi non siamo tutti uguali e so che qualcuno di voi non ha avuto esperienza positive e mi dispiace.
Ma dovete saper dividere il grano dalla zizzania per non perdere tutto il raccolto...
Annarita Bavaro
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ambrenoir · 5 months ago
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Sapevi che l'accumulo di oggetti in casa e il disordine sono legati a diversi tipi di paure?
Come la paura del cambiamento, la paura di essere dimenticati o di dimenticare, la paura della mancanza, e simboleggiano anche confusione, mancanza di concentrazione, caos, instabilità e possono significare incertezza riguardo ai tuoi obiettivi, alla tua identità o a ciò che desideri dalla vita. Inoltre, il luogo in cui si accumulano disordine e oggetti in casa riflette quale area della tua vita è problematica. Per esempio, si dice che l'armadio o la cabina armadio riflettano come ti senti emotivamente e che, una volta organizzati, i tuoi conflitti interni si calmeranno. Oppure, una coperta sbiadita potrebbe significare che la tua vita sentimentale ha perso il suo splendore.
Hai mai conservato per lungo tempo oggetti rotti o danneggiati pensando di ripararli un giorno? Questi simboleggiano promesse e sogni infranti, e se si tratta di elettrodomestici, mobili elettronici o stoviglie e li conservi, ad esempio, in cucina o in bagno, potrebbero indicare problemi di salute o ricchezza.
Se il disordine è nella tua stanza, potrebbe significare che tendi a lasciare le cose incompiute e che hai difficoltà a trovare un partner o a mantenere un lavoro stabile. Le camere dei bambini sono solitamente disordinate perché non hanno ancora attraversato il processo di capire cosa vogliono dalla vita, ma studi dimostrano che i bambini che tengono le loro stanze ordinate tendono ad andare meglio a scuola.
❍ Tipi di accumulo • Accumulazione recente: Questo tipo di accumulo indica che stai cercando di fare troppe cose contemporaneamente, non ti concentri su ciò che dovresti fare e hai perso la direzione. • Accumulazione vecchia: Riguarda oggetti che non hai usato da molto tempo e che sono impilati in soffitta, in garage, negli armadi... Vecchi documenti di lavoro e file sul computer che non usi più, riviste di oltre 6 mesi fa o vestiti che non hai indossato da più di un anno. Questo riflette il fatto che vivi nel passato, lasciando che le tue vecchie idee ed emozioni prendano il sopravvento sul presente, impedendo l'ingresso di nuove opportunità e persone nella tua vita.
❍ 10 cose che puoi fare oggi per controllare il disordine: • Liberati prima degli oggetti più grandi: la cyclette che non usi più o il grande orso di peluche che hai da quando eri a scuola. • Restituisci le cose che ti hanno prestato, come CD, libri, vestiti, attrezzi. • Raccogli ciò che è per terra e mettilo in un cesto o una borsa fino a quando non potrai riporlo nel posto giusto. • Metti riviste, cataloghi e giornali in una borsa o un cesto. • Togli dall'armadio 10 capi che non hai usato nell'ultimo anno e donali. • Pulisci le finestre, è un modo figurativo e letterale per far entrare luce nella tua vita. • Svuota i cestini della spazzatura di bagni, cucina, ufficio; rappresentano ciò di cui non abbiamo più bisogno o che non vogliamo nella nostra vita. • Tira fuori dai cassetti del tuo armadio i calzini spaiati, puoi usarli per pulire i mobili. • Libera la scrivania, archivia i documenti che non usi più, rivedi e organizza la posta ricevuta. • Getta via penne e pennarelli che non funzionano più.
❍ Il significato del disordine nella nostra casa Gli esseri umani inviano messaggi e segnali attraverso la disposizione dei loro oggetti personali, anche nei cassetti. L'accumulo di oggetti è un modo per emettere segnali; troppi oggetti emettono il segnale di saturazione, idee, progetti e piani totalmente confusi, molto poco strutturati e definiti. Il disordine altera il tao o il percorso per raggiungere i nostri obiettivi. Blocca le vie d'accesso alle opportunità e ci fa perdere tempo, che potrebbe essere prezioso per strutturare in modo ordinato e disciplinato il nostro piano di vita. A seconda del luogo in cui si accumula il disordine, si emette un messaggio specifico: • Disordine o oggetti accumulati all'ingresso di casa indicano paura di relazionarsi con altre persone. • Disordine o oggetti accumulati nell'armadio indicano mancanza di controllo nell'analisi e nella gestione delle emozioni. • Disordine o oggetti accumulati in cucina simboleggiano risentimento o fragilità sentimentale. • Disordine sulla scrivania o nell'area di lavoro riflette frustrazione, paura e bisogno di controllare le situazioni. • Disordine dietro le porte indica paura di non essere accettati dagli altri, la sensazione di sentirsi costantemente osservati. • Disordine sotto i mobili significa dare troppa importanza alle apparenze. • Disordine o oggetti accumulati in garage riflettono paura e mancanza di capacità di aggiornarsi. • Disordine e oggetti accumulati in tutta la casa simboleggiano rabbia, pigrizia e apatia verso tutti gli aspetti della vita. • Disordine o oggetti accumulati nei corridoi indicano conflitti nella comunicazione, paura di dire e manifestare ciò che si desidera nella vita. • Disordine o oggetti accumulati in camera riflettono la paura del rifiuto sociale. • Disordine in sala da pranzo indica paura di non fare passi fermi e solidi, con un senso di dominanza da parte della famiglia.
Louise L. Hay dice sul disordine:
Fai spazio al nuovo, sì, fai spazio al nuovo. Svuota il frigorifero, butta via tutti quei resti avvolti nella stagnola. Pulisci gli armadi, liberati di tutto ciò che non hai usato negli ultimi sei mesi. E se non l'hai usato per un anno, è sicuramente troppo nella tua casa, quindi vendilo, scambialo, regalalo o brucialo.
Gli armadi affollati e disordinati riflettono una mente in disordine. Mentre pulisci gli armadi, ripeti a te stesso che stai pulendo i tuoi armadi mentali. L'Universo ama i gesti simbolici...
Autore sconosciuto
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tizianacerralovetrainer · 1 year ago
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IL FIGLIO CHE COSTA DI PIÙ
Quando sei mamma di un figlio, ce n'è uno che costa di più.
È quello che ti risponde,
quello che ti sfida,
quello che ti "impara",
quello che ti fa leggere tutti i libri di aiuto, per cui fai sessioni di terapia, per cui ascolti podcast, video, audio,
Vai ai gruppi di sostegno.
Questo è il figlio che costa di più.
E costa di più perché è quello che ci assomiglia di più, è quello che proietta ciò che ancora non abbiamo visto in noi stessi, è quello che ci ricorda ciò che siamo, è quello che riflette che non siamo ancora la versione migliore di noi stessi.
Questo figlio ha bisogno di più amore e
più attenzione di quanto immagini, è quella che ha bisogno di più controllo anche se ti supplica con il suo atteggiamento che ha bisogno di stare da solo, è quella di cui ha bisogno una mamma presente perché ancora non riesce a controllarsi.
Quindi, anche se a volte senti di non poterlo fare, tienilo stretto, vedrai che non si muoverà.
Anche se senti di voler esplodere davanti a qualcosa che ti dica, voltati e digli:
"Ti amo come sei",
e noterai che il suo viso si rilassa.
Anche se vuoi gridargli che non è lì, che questa non è la strada, prendi e meglio prendi la sua mano e guidalo dove credi più conveniente.
Anche se vuoi perdere la pazienza, non farlo perché ogni atto di ribellione è un grido disperato di tuo figlio per voltarlo a vederlo, insegnagli che non deve farlo in questo modo, che basta che ti dica che ha bisogno,
diglielo sempre
"Eccomi",
"Sono ancora qui",
"Ti ascolto",
"dimmi di cosa hai bisogno",
"Sono sempre qui".
E anche se non sai come,
dai per scontato che tutto andrà bene, perché l'unica cosa di cui tuo figlio ha bisogno è la tua presenza, il tuo tempo e il tuo sguardo.
Quel figlio che costa di più,
è il meno forte e
quello che ha più bisogno di te,
è colui che non sa dove, è colui che ti ha scelto come mamma perché sapeva da prima di nascere che tu avresti potuto guidare i suoi passi sempre.
#reflexionesdevida
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donaruz · 1 year ago
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Ma tutto quest'odio dove lo mettete?
Avete armadi
borsoni
valigie
credenze
cantine
dove stiparlo?
Come fate a odiare così tanto?
State contaminando tutti
state imbruttendo le meraviglie
che stavano nei cuori
nelle teste delle persone
state corrodendo le parole
i libri
i giornali
le canzoni
i racconti dei nonni
state ripercorrendo gli incubi dei superstiti
calpestando ideali
togliendo la vita
ad anni di progresso sociale
culturale
umano
umanistico
siete i campioni d'odio
avete il primo posto
sul podio
di chi vuol male.
Come fate a far entrare tutto
quel rancore
la frustrazione
gli insulti
dentro le vostre bocche
sulle vostre lingue
senza perdere la voce
senza soffrire di disturbi di coscienza
come fare a crescere un figlio
insegnandogli l'ignoranza?
Non vi siete accorti
che il mare piange
la terra brucia
gli alberi stramazzano
le persone vagabondano
e i bambini
persino loro
non hanno più molto da immaginare
il mondo che abitate
è anche nostro
le persone che incontrate
siamo anche noi
e non ci lasciate più respirare
dovrebbero creare nei luoghi pubblici
le sale per odiatori
e non odiatori
ci state intossicando
ci state uccidendo
ci state mortificando
col fuoco armato
del vostro odiare.
(Simone Carta - da "Appesi a un feeling: Se non sai come dirlo, fallo con una poesia")
Immagine: Dipinto di Álex Alemany
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francescacammisa1 · 1 year ago
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Perdere è un po’ perdersi, c’è una solitudine nella sconfitta, uno smarrirsi nel restare indietro. Perdere è un po’ perdersi quando non hai vicino qualcuno che, qualunque cosa succeda, sarà mappa e bussola, quando non hai qualcuno che sia stella da fissare nella notte. Perdere è un po’ perdersi quando ti sembra che gli altri ti stiano vicino fintantoché funzioni, fintantoché servi: ma se solo cadi, se solo cedi, poi chi s’è visto s’è visto. Perdere è un po’ perdersi quando ci provi e non ce la fai, e senti di essere cascato in un mondo bello solo per quelli che ce la fanno.
Enrico Galiano - Geografia di un dolore perfetto
Ph Stephan Vanfleteren
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diceriadelluntore · 11 months ago
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Un bicchiere di vino con un panino....
In una mia riposta ad un post molto bello di @cinismoerancore avevo scritto che se mi fosse piaciuto il finale del libro che stavo leggendo ne avrei scritto, perché si legava ad un tema che il post tendeva a sottolineare (anche @biggestluca mi ha chiesto che libro fosse).
Voglio subito dire due cose: Felicità© di Will Ferguson, scritto per la prima volta nel 2001, uscito per Feltrinelli qualche anno dopo e riproposto, con nuova traduzione di Andrea Bezzi, che curò anche la prima stampa, da Accento, è un libro da leggere. Per due terzi meraviglioso, sul finale si poteva fare di più. Vi dico subito l'altra cosa che non mi è piaciuta, la copertina:
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Quella di Accento non ha nessun riferimento al libro, mentre invece la prima di Feltrinelli si
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(per chi è curioso lo spiego in privato).
Restano da dirvi due cose: il libro è la storia di Edwin De Valu, junior editor alla Panderic Inc., casa editrice di New York il cui più grande successo sono i Manuali di Mr Etica, bizzarro personaggio che voleva insegnare fondamenti filosofici per vivere meglio, ma va in carcere per aver ucciso e sotterrato in giardino gli ispettori del Fisco che erano andati a fargli visita. Edwin è specializzato in manuali di autoaiuto, alla Panderic quando arrivano manoscritti del genere vengono messi ad attendere in uno spazio, la montagna di fuffa, sopra la quale campeggia la lavagna con la collezione delle più improbabili espressioni trovate alla prima, unica e superficiale lettura. I libri si accumulano, ma un giorno arriva a Edwin un manoscritto di oltre mille pagine, con appunti a penna e stantii adesivi di margherite. Ha un titolo, Quello che ho imparato sulla montagna, e un autore, Tupak Soiree, che ad Edwin puzzano di broglio da chilometri. Il libro fa la fine di tutti gli altri. Solo che stavolta il suo capo, il Signor Mead, nell'attesa di pubblicare il manuale definitivo sul perdere peso mangiando porco fritto, vuole un titolo che rimpiazzi quelli di Mr Etica. Edwin spavaldamente dice di averne uno straordinario, solo che ritornando nel suo cubicolo ufficio non trova più il libro con le margheritine. Inizia qui il primo viaggio: alla ricerca fisica del manoscritto. Che nel modo più assurdo possibile verrà pubblicato. E nel modo più assurdo funzionerà, regalando ai suoi milioni di lettori la felicità. Ma qui viene il bello (che ovviamente non vi svelo): che conseguenze ha sul mondo il fatto che la gente, di punto in bianco, si senta felice?
In uno stile ironico, lineare e a certi tratti sottilmente drammatico (poichè dietro certi passaggi da ridere ci sono riflessioni profondissime), Ferguson lega il mondo della comunicazione con quello della costruzione sociale di ciò che siamo: lo scrisse nel 2000, quindi lontano da quello che siamo adesso dove l'aspetto è totalmente più pervasivo, ma ci sono già dei pilastri del sistema ben chiari. Non è solo ironia sul ruolo dell'autoaiuto, che oggi si è spostato dai manuali al webinar o alle pagine dei social network, non è solo la capacità di dare l'impressione che siamo in grado di prevedere gli eventi (frase cult: "il marketing? come capacità predittive delle tendenze siamo una tacca sotto al controllo delle viscere degli animali), ma anche l'accento, tra il serio e il faceto, su tutte le attività che sappiamo chiaramente distruttive (spesso per noi, spesso anche per gli altri) ma che sono fondamentali per la vita economica, sociale e persino culturale del mondo, tanto che il povero Edwin si troverà a fronteggiare una parte di questa porzione di mondo rimasta tagliata fuori dall'esplosione della felicità, venendo a mancare questo assunto:"tutta la nostra esistenza si fonda sul dubbio e l'insoddisfazione. Pensa che cosa succederebbe se tutti fossero veramente, autenticamente, felici" (pag. 230).
Si può fare critica sociale ridendoci su? La domanda sembra quasi inopportuna: però ci sono state delle pagine, quando all'inizio il cambiamento si diffonde come un virus alternativo, che mi hanno fatto pensare davvero tanto. Perchè è lampante come certi meccanismi ormai non siano nemmeno più sottotraccia, tipo passare dall'idolatria al dileggio in pochi giorni o scoprire alla prova dei fatti che le ricchezze basate sul nulla producono soldi veri per pochissimi e fregature per tantissimi, oppure indirizzare l'attenzione a specifiche categorie sociali, incapaci o a cui non è più permesso un coinvolgimento intellettuale a ciò che sta intorno loro, e che sia evidente che questi meccanismi siano ormai irrefrenabili, se non cambiando radicalmente il sistema, tanto che segnalarne le storture è presa come una questione di invidia.
Edwin De Valu , lo dice in un passo delizioso quando il Signor Mead gli chiede di lavorare su &lt;<un manuale di autoaiuto per donne sovrappeso che spieghi come fare a mangiare maiale e perdere peso. sarà una nuova teoria. Possiamo chiamarla "il paradosso del porco">> (pag. 150), si è laureato in letteratura comparata con tesi su Proust, da una prospettiva postmoderna. Lui è l'autore di una delle più grandi immagini della felicità, che come rassicurazione suppongo sia ancora presente nell'animo di molti di noi:
Mi portai alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato che s’ammorbidisse un pezzetto di madeleine. Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano mischiate le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me. Una deliziosa voluttà mi aveva invaso, isolata, staccata da qualsiasi nozione della sua casa. Di colpo mi aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, agendo nello stesso modo dell’amore, colmandomi di un’essenza preziosa: o meglio, quell’essenza non era dentro di me, io ero quell’essenza. Avevo smesso di sentirmi mediocre, contingente mortale. Da dove era potuta giungermi una gioia così potente? Sentivo che era legata al sapore del tè e del dolce, ma lo superava infinitamente, non doveva condividerne la natura. Da dove veniva? Cosa significava? Dove afferrarla? Bevo una seconda sorsata nella quale non trovo di più che nella prima, una terza che mi dà un po’ meno della seconda.
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