#Le parole che non ti ho detto
Explore tagged Tumblr posts
acrosstheuniverse02 · 9 months ago
Text
Tumblr media
[*] Kevin Costner e Robin Wright - "Le parole che non ti ho detto/Message in a bottle" (1999)
da: https://www.mymovies.it/film/1999/leparolechenontihodetto/
2 notes · View notes
lafilledusoleilblog · 2 years ago
Text
Quando finisce una storia, a causa di altre persone, non puoi fare altro che accettare e andare avanti.
Dopo aver dato tutto non resta che il silenzio e la musica, perché solo questa può spiegare quello che non si può dire.
12 notes · View notes
pier-carlo-universe · 2 months ago
Text
"Le parole che non ti ho detto…e quelle che ti ho scritto" di Alessandro Scotti. Recensione di Alessandria today
Alessandro Scotti, autore sensibile e profondo, ci regala con "Le parole che non ti ho detto…e quelle che ti ho scritto" un’opera che attraversa le più intime sfumature dell’amore, della perdita e della resilienza.
Un inno poetico all’amore e alla connessione umana Alessandro Scotti, autore sensibile e profondo, ci regala con “Le parole che non ti ho detto…e quelle che ti ho scritto” un’opera che attraversa le più intime sfumature dell’amore, della perdita e della resilienza. Pubblicata il 10 giugno 2024, questa raccolta poetica è un invito a riflettere sulle connessioni che ci definiscono, sulle…
0 notes
larosye · 8 months ago
Link
0 notes
ideeperscrittori · 6 months ago
Text
HO UN LINFOMA E FARÒ DEL MIO PEGGIO
Fra un mese compio 51 anni e pochi giorni fa ho scoperto di avere un Linfoma Non Hodgkin. È una patologia abbastanza aggressiva ma è stata presa in tempo. Ed è ben curabile, perché la scienza sta facendo passi da gigante nella cura dei linfomi.
Vivo a pochi passi di distanza da un ospedale all'avanguardia che mi ha preso in carico. Sotto molti aspetti, sono davvero fortunato e privilegiato rispetto a molte persone.
Quale sarà il mio atteggiamento di fronte alla malattia? Mi conosco bene e posso prevederlo, perché c'è una parola che lo definisce con precisione. È una parola significativa, addirittura emblematica, che riguarda il mio tasso di maschitudine alfa. Come potete intuire, non mi riferisco a "guerriero", quindi le metafore belliche possiamo tranquillamente metterle da parte.
La parola misteriosa è "mammoletta". Sì, sarò una mammoletta. Questo vuol dire che non vi darò lezioni filosofiche. Non diventerò un maestro di vita pronto a snocciolare grandi verità come "quello che non ci uccide ci rende più forti", "le sofferenze fanno parte dell'esistenza", "l'importante è apprezzare le piccole cose".
Sarò una mammoletta perché lo sono sempre stato, per esempio quando ho scoperto di avere una massa all'inguine. Era un rigonfiamento, duro come un sasso, grande come una pallina oblunga. La mia reazione? Due settimane senza far nulla. Mi sono detto: "Magari passa. Vuoi vedere che fra qualche giorno non ci sarà più? Non ho voglia di affrontare visite ed esami per un falso allarme. Odio gli ospedali".
Questo mio atteggiamento nasce anche da un'idea completamente sbagliata e irrazionale: la paura che gli esami possano creare malattie dal nulla. In pratica una zona oscura del mio cervello ragiona (si fa per dire) più o meno così: sei perfettamente sano, fai l'esame e ti trovano qualcosa. Lo so, non c'è niente di logico in questa convinzione, ma la mia mente non è mai stata fatta di pura logica.
Per quasi due settimane ho cercato di non pensarci anche perché ero in preda all'imbarazzo. Tra tutti i posti, proprio all'inguine doveva capitarmi? Ma la massa non ha dato cenni di sparizione e alla fine mi sono attivato.
Ho riscritto cinquanta volte il messaggio su WhatsApp prima di inviarlo alla mia dottoressa per fissare una visita, perché ogni volta il testo mi sembrava una molestia sessuale: "Buona sera, dottoressa, ho questa massa dura all'inguine e vorrei chiederle un appuntamento per mostrargliela". "Buona sera, dottoressa, ho un rigonfiamento...". Dopo un numero incalcolabile di tentativi, ho trovato le parole giuste e ho scritto un messaggio asettico, inequivocabilmente sanitario, con un perfetto stile burocratico ospedaliero.
Sono stato una mammoletta nei tre mesi e mezzo necessari per giungere alla diagnosi.
Sono stato una mammoletta nel giorno della TAC con mezzo di contrasto. Quella mattina sono giunto all'ospedale in autobus, dopo una notte insonne. Alla fermata ho controllato la cartella che conteneva i documenti. C'erano referti di ecografie, pareri medici e soprattutto l'impegnativa da presentare per svolgere l'esame. Ho controllato perché sono una persona molto precisa, di quelle che tornano indietro mille volte per verificare di aver chiuso il gas. "Non manca nulla", mi sono detto. Ho rimesso i documenti nella borsa. Ho raccolto le forze, mi sono alzato dalla panchina e ho raggiunto l'accettazione dell'ospedale. Senza la borsa. Vi lascio immaginare questa sequenza di eventi: imprecazione, insulti molto pesanti rivolti contro me stesso, corsa a perdifiato verso la fermata. La borsa era ancora lì. Nessuno me l'aveva fregata.
Per fortuna scelgo solo borse brutte.
Sono stato una mammoletta in occasione della PET, che ha rispettato un copione simile a quello della TAC. Venivo da una notte insonne e non ero in grado di comprendere istruzioni elementari, perché la mia intelligenza svanisce quando affronto esami medici. Mi chiedevano di porgere il braccio sinistro e porgevo il destro. Mi chiedevano il nome e recitavo il codice fiscale.
Sono stato una mammoletta quando mi hanno comunicato il risultato della biopsia. Per un considerevole lasso di tempo non ci ho capito nulla. La mia coscienza era come una trasmittente che passava una musica di pianoforte triste sentita mille volte in TV: quella che certi telegiornali usano per le notizie strappalacrime.
Ora guardo al futuro e la mia ambizione non ha limiti: raggiungerò nuove vette nel campo del mammolettismo. So di essere fortunato per molti motivi: l'ematologo, un tipo simpatico, mi ha rassicurato. Le terapie esistono e sono molto efficaci.
Ma mi lamenterò tantissimo, perché non voglio correre il rischio di essere considerato una persona ammirevole da qualcuno. Non lo ero, non lo sono e non lo sarò mai. Rivendico il diritto di essere fragile e fifone. Lasciatemi libero di essere una mammoletta. Per citare un motto di Anarchik, il mio piano è questo: farò del mio peggio.
[L'Ideota]
130 notes · View notes
ragazzadalsorrisonero · 3 months ago
Text
Tumblr media
ho letto poco tempo fa un post qui su tumblr in cui una “donna”, se così vogliamo definirla, citava il fatto che mostrare il seno o il culo, rende troia l'essere femminile.
ma pensa un po', perché non ci ho pensato prima, che peccato.
è questa la solidarietà femminile nel 2024 quindi.
“donna”, lo stesso ragionamento vale per gli “uomini”?
se così fosse, riguardo loro che mostrano il petto o addominali, oppure una classica foto in boxer, automaticamente dovrei definire un uomo puttano, no?
e di conseguenza, questa sarebbe la solidarietà maschile.
cazzo, magari esserci arrivata prima.
eppure ero rimasta che, definire una donna troia o un uomo puttano, siano persone che di loro spontanea volontà offrono il proprio corpo a chiunque consapevoli del fatto che siano tali persone, e su questo voglio ribadire che tali termini sono molto differenti ai termini prostituta e gigolò.
ora, stando di base al ragionamento di questa “donna”, dovremmo essere tutte delle troie e tutti dei puttani no?
pensate a tutte quelle sculture esposte nei musei in cui ritraggono donne e uomini nudi.
che troie e puttani che erano già all'epoca, non è così “donna”?
detto ciò, dato che siamo nel 2024 e normalizziamo fatti che non stanno né in cielo né in terra, direi che un esame di coscienza e cultura su ogni fronte non faccia male a nessuno.
però aspettate, nel caso aveste voglia di mostrare il vostro corpo, non fatelo eh, non sia mai che passi per una persona quale non sei.
che ridere.
cara “donna” sono certa che pure tu abbia mostrato il tuo corpo, quindi perché fare la finta santa se siamo tutti dei gran peccatori in questo mondo.
ah no giusto, la solidarietà.
che ridere.
e la cosa che fa altrettanto ridere, è il fatto che ancora nel 2024 le parole che si attribuiscono alle persone venga dato come se niente fosse.
tutto con così tanta leggerezza, non tenendo conto della pesantezza del significato dietro ogni termine.
cara “donna” un conto è mostrare volgarità, un conto è mostrare di essere compiaciuti da sé stessi.
se tu, “donna”, appena clicchi su questa applicazione, sulla home appare un blog in cui una persona posta/reblogga una donna o un uomo, che sia in intimo o nudo, tu sai per certo che questa persona si stia compiacendo? sai per certo che lo faccia per secondi fini? sai per certo che lo faccia per soldi?
no, non lo sai.
però rebloggare ragazzi o uomini in intimo o nudi va benissimo, vero “donna”?
che ridere.
come ho già detto, giudicare è facile.
quindi, anziché sparare merda a destra e manca, un po' di serenità.
non ti piace quel genere di post? non seguire il blog, non accetti contenuti per adulti, o anzi, addirittura una cosa molto sensata, elimina questa applicazione se proprio proprio devi provare “ribrezzo”.
ah no scusate, dovreste ricordare la solidarietà femminile e solidarietà maschile.
che ridere.
109 notes · View notes
ambrenoir · 3 months ago
Text
LA LETTERA D'AMORE PIU BELLA CHE IO ABBIA MAI LETTO.
"Cara Francesca,
Spero che questa mia lettera ti trovi bene.
Non so quando la riceverai. Quando io me ne sarò già andato.
Ho sessantacinque anni, ormai, e ne sono passati esattamente tredici dal nostro primo incontro, quando imboccai il vialetto di casa tua in cerca di indicazioni sulla strada.
Spero con tutto me stesso che questo pacchetto non sconvolga in alcun modo la tua vita. Il fatto è che non sopporto di pensare alle mie macchine fotografiche sullo scaffale riservato all’attrezzatura di seconda mano di un negozio o nelle mani di uno sconosciuto. Saranno in pessime condizioni quando le riceverai, ma non ho nessun altro a cui lasciarle e mi scuso del rischio che forse ti costringerò a correre mandandotele.
Dal 1965 al 1975 ho viaggiato quasi ininterrottamente. Nell’intento di allontanarmi almeno parzialmente dalla tentazione di telefonarti o di venire a cercarti, tentazione che da sveglio in pratica non mi lascia mai, ho accettato tutti gli incarichi oltreoceano che sono riuscito a procurarmi. Ci sono stati momenti, molti momenti, in cui mi sono detto: << All’inferno, vado a Winterset e, costi quel che costi, porto Francesca via con me>>.
Ma non ho dimenticato le tue parole, e rispetto i tuoi sentimenti. Forse avevi ragione, non lo so. So però che uscire dal viale di casa tua, in quella arroventata mattinata di agosto, è stata la prova più ardua che abbia mai affrontato e che mai avrò occasione di affrontare. Dubito, in effetti, che molti uomini ne abbiano vissute di più dure.
Ho lasciato il National Geographic, nel 1975 e da allora mi sono dedicato soprattutto a fotografare ciò che piaceva a me, prendendo il lavoro là dove potevo, servizi locali o regionali che non mi impegnavano mai più di pochi giorni.
Finanziariamente è stata dura, ma tiro avanti.
Come ho sempre fatto.
Buona parte del mio lavoro lo svolgo nella zona di Puget Sound. Mi va bene così. Pare che invecchiando gli uomini si rivolgano sempre più spesso all’acqua.
Ah, sì, adesso ho un cane, un golden retriever.
L’ho chiamato Highway, e lo porto quasi sempre con me, quando siamo in viaggio, se ne sta con la testa fuori dal finestrino, in cerca di posti interessanti da fotografare.
Nel 1972 sono caduto da una rupe nell’Acadia National Park, nel Maine, e mi sono fratturato una caviglia.
Nella caduta ho perso la catena e la medaglia, ma fortunatamente non erano finite lontano. Le ho recuperate e un gioielliere ha provveduto ad aggiustare la catena.
Vivo con il cuore impolverato, Meglio di così non saprei metterla. C’erano state delle donne prima di te, qualcuna, ma nessuna dopo. Non mi sono votato deliberatamente alla castità: è solo che non provo alcun interesse.
Una volta ho avuto modo di osservare il comportamento di un’oca canadese la cui compagna era stata uccisa dai cacciatori. Si uniscono per la vita, sai. Dopo l’episodio, ha continuato ad aggirarsi intorno allo stagno per qualche giorno. L’ultima volta che l’ho vista, nuotava tutta sola tra il riso selvatico, ancora alla ricerca. Immagino che da un punto di vista letterario la mia analogia sia troppo scontata, ma è più o meno così che mi sento anch’io.
Con la fantasia, nelle mattine caliginose o nei pomeriggi in cui il sole riflette sull’acqua a nord-ovest, cerco di immaginare dove sei e che cosa stai facendo.
Niente di complicato…ti vedo in giardino, seduta sulla veranda, in piedi davanti al lavello della cucina. Cose così.
Ricordo tutti. Il tuo profumo e il tuo sapore, che erano come l’estate stessa. La tua pelle contro la mia, e il suono dei tuoi bisbigli mentre ti amavo.
Robert Penn Warren scrisse: << Un mondo che sembra abbandonato da Dio >>. Non male, molto vicino a quello che provo per te certe volte. Ma non posso vivere sempre coì. Quando la tensione diventa eccessiva, carico Harry e, in compagnia di Highway, ritorno sulla strada per qualche giorno.
Commiserarmi non mi piace. Non è nella mia natura. E in genere non me la passo poi tanto male.
Al contrario, sono felice di averti almeno incontrata.
Avremmo potuto sfiorarci come due frammenti di polvere cosmica, senza sapere mai nella l’uno dell’altra.
Dio o l’universo o qualunque altro nome si scelga di dare ai grandi sistemi di ordini ed equilibri, non riconosce il tempo terrestre. Per l’universo, quattro giorni non sono diversi da quattro miliardi di anni luce. Per quanto mi riguarda, cerco di tenerlo sempre a mente.
Ma, dopo tutto, sono un uomo.
E tutte le considerazioni filosofiche non bastano a impedirmi di desiderarti, ogni giorno, ogni momento, con la testa piena dello spietato gemito del tempo, del tempo che non potrò mai vivere con te.
Ti amo, di un amore profondo e totale. E così sarà sempre."
“I ponti di Madison County”, R.J.Waller
Tumblr media
51 notes · View notes
der-papero · 5 months ago
Text
Come primo mese da padre, al di là delle battute che ogni tanto pubblico qui, è stato abbastanza duro.
Non che io le rimproveri nulla, ci mancherebbe. Come biasimare una persona che, dalla sera alla mattina, si ritrova un povero stronzo nella propria vita, senza aver avuto la possibilità di poter dire la sua, ed essere anche costretta suo malgrado a doverla accettare, quando nulla era dovuto a nessuno, solo perché le è andata di sfiga (certo, c'è di peggio, ma sempre di sfiga si tratta, è andata molto meglio al gatto di Ilaria, per capirci). Razionalmente l'ho sempre accettato, ma una cosa è dirla, una cosa è viverla, e io l'ho vissuta male, molto male, il suo tenermi a distanza, il suo volermi evitare a tutti i costi, quasi come a dire "so che devi essere il mio papà perché l'ha detto un burocrate qualsiasi, ma almeno non mi rompere il cazzo", e diciamo che così ho fatto, pieno di rabbia e delusione ci siam divisi, vivevamo come due studenti universitari che condividono una casa, ognuno per conto suo, e così è stato per giorni, non ci ho dormito per diverse notti, e non riuscivo a trovare una soluzione, nonostante ci provassi in tutti i modi, una via per comunicare, un modo per trovarsi, quelle robe di cui tutti sembrano capire tanto qui sopra e poi a nessuno funziona. Esausto e avvilito, mi sono arreso e ho fatto finta come se non esistesse più, se non nei miei stretti doveri, perché rompere le scatole mai, a nessuno.
Poi, non so bene cosa sia successo, un giorno si è svegliata e mi ha detto ti voglio bene, così, di botto, lasciandomi come un cretino. E non perché le servisse qualcosa o avesse un po' di melassa da smaltire, era sincera, si sentiva dal suo abbraccio. E da allora sembra come se stessimo insieme da sempre, la mia scrivania è piena di disegni che mi dedica, mi tira via dai meeting, ci tiene a dire davanti a tutti che passare il tempo con me è tutta un'altra cosa, e che vi devo dire, io ho ritrovato il sorriso, il sonno e la gioia di vivere. Non saprò mai perché, e non lo voglio manco sapere.
Personalmente sono contrario a mostrare foto che non sono mie, quindi qui non ci sarà mai, e pur se volessi legalmente parlando non potrei. Questi racconti sono le mie foto con lei, perché chissà, se non schiattiamo tutti forse riuscirà a leggerle queste parole un domani, e ci faremo insieme una bella risata e un bel pianto su.
95 notes · View notes
ilfildiarianna · 7 months ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Le parole che non ti ho detto.
Il telefono del vento🖤
Capannoli.
72 notes · View notes
canesenzafissadimora · 2 months ago
Text
Vi è mai accaduto di ritrovare qualcuno dopo tanto tempo e tanta vita in mezzo? A me sì. A fine luglio, nei direct di Instagram, mi è apparsa una notifica. Era mezzanotte, poco oltre. Il messaggio cominciava così: "Ci siamo scritti, per la prima volta, molti anni fa...". Aveva ragione. In principio, ci eravamo scritti nel 2008 - o giù di lì - e ci eravamo piaciuti subito, ma abitare in due città diverse complicava le cose e, in fondo, nessuno tra noi si sentiva veramente pronto. A dispetto delle difficoltà oggettive, nacque comunque un legame sincero, lieve, pulito. La sensazione di avere incontrato un'anima uguale alla propria e, insieme, il rammarico di non poterla sentire completamente vicina. Poi la vita, che fa la vita, tracciò il suo corso e lentamente, senza strappi, senza battaglie, ci perdemmo di vista. Così credevo, almeno. In realtà, lui non ha mai smesso di guardarmi, sia pure da lontano. Lui mi guardava e io non lo sapevo. Non me ne accorgevo. Di quante cose non mi sono accorta? Quante cose non ho visto? "Eravamo ragazzini" continuava il messaggio. Sì, lo eravamo. "Sei diventata una donna da ammirare". Lui un uomo bellissimo, con lo stesso cuore buono e la stessa delicatezza che così bene ricordavo. "Mi piacerebbe sapere come stai, quali strade hai percorso, e riprendere da dove avevamo interrotto...". Quella notte ho dovuto leggere e rileggere le sue parole molte volte prima di rispondere. È stato come una saetta, un lampo che entra d'un tratto, sfonda il vetro, illumina tutto a giorno e ti costringe a spalancare gli occhi. Il pomeriggio seguente l'ho sentito al telefono e la vita si è fatta improvvisamente piccola, si è compressa tutta in quella telefonata, in quella voce. Gli ho raccontato dell'auto, sapeva quanto la temessi. Ho detto una cosa che mi sembrava divertente, l'ho fatto per stemperare l'imbarazzo, lui ha riso tantissimo e io ho sentito una specie di disgelo calarmi nella pancia dopo secoli.
Da allora abbiamo cominciato a scriverci, con calma, con lentezza, con dolcezza. Io ho alzato molti muri, le mie ferite antiche continuano a spurgare, e l'ho costretto a sbatterci contro, a pagare conti che non sono i suoi conti. Eppure resta lì. "Ne parliamo a voce, se ne hai voglia" mi ha scritto tutte le volte in cui si è scontrato con uno dei miei scudi. "Se ne hai voglia" aggiunge sempre. Se te la senti, intende dire. Se mi permetti di entrare, senza forzature, senza pressioni, decidi tu la misura.
Lui non lo sa, ma ogni volta che esordisce a questo modo io vorrei tirarlo fuori dal telefono e baciarlo. Non lo sa perché non glielo dico, non gliel'ho mai detto, però stasera glielo scrivo, e lo faccio qui, dove in questi anni ho scritto pure il resto, dove ho tenuto traccia, dove mi sono spogliata a carne viva, libera dall'infamia, libera dalla vergogna. Mi pare equo, mi suona giusto.
Non ho idea di cosa sia e non voglio immaginare cosa diventerà. Per adesso mi piace pensare che, lì fuori, esiste qualcuno a cui so sempre dire: "Sì, ho voglia di parlarne".
Tumblr media
Antonia Storace - "Frumento e papaveri"
12 notes · View notes
sciatu · 4 months ago
Text
Tumblr media
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
CERAMICA DI SANTO STEFANO DI CAMASTRA
Anche oggi non ti ho detto che ti amo, Preso dagli affanni del giorno, dal leccare la vita per capirne ipocrisie e falsità, ho dimenticato di dirti che ti amo. O meglio, nel silenzio del giorno e nel nulla dei suoi attimi, non ho trovato tra le sue ombre e le parole vuote del mondo, il momento giusto per parlare al tuo cuore, per dirti di quanto ci lega, per confessare quello che ferma il tempo per creare un istante, un minuto delle nostre vere vite. Non volevo sconsacrare le parole che dovevo dirti, non volevo svendere il tesoro che mi doni, liquidare tutto nella banalità del quotidiano, per amarti per contratto, o glorificarti per noia. Non volevo svendere per poco, quello che sarebbe diventato il senso del giorno, nascondere tra consigli per gli acquisti e stragi degli innocenti, l’unico respiro dell’anima mia. Era troppo importante, anche se era naturale, era troppo semplice anche se è un giuramento quotidiano fatto alla tua vita perché sia la mia vita. È troppo banale sprecare quello che vuol dire amarti, è infantile ripeterlo, è assurdo pretenderlo anche se è necessario confermarlo ogni giorno, scriverlo nell’aria che ci divide, sognarlo nelle nostre notti, scambiarcelo nelle nostre carni, così che i nostri corpi siano il forziere, la vigna ed il mare di quello che proviamo, dell’ebrezza che ci scambiamo, delle emozioni su cui navighiamo. Un altro giorno muore senza averti detto che ti amo, Un altro giorno scivolato via senza sapore, diventato un anonimo giorno di pieno inverno, dove non vi sono colori, il sole è malato, il vento impazzisce e il mare diventa nemico. Eppure lo so, lo so bene, che solo quando ti dico che ti amo, il tempo ha un altro sapore, i miei affanni si sciolgono e tu mi rivesti con i sorrisi della primavera. Perché l’amore è un assegno in bianco che qualcuno ti dà e che tu devi spendere il giorno stesso perché domani non avrà più lo stesso valore e nessuno ti potrà garantire che domani ce ne sarà uno eguale. Un assegno gratuito che devi spendere in quel momento scrivendo il valore che tu dai a chi te lo ha dato. Ma se scrivi troppo o troppo poco, sei tu dopo, che dovrai pagare il doppio della cifra che hai scritto. Per questo, non dirti oggi che ti amo, è tenersi in mano quell’assegno incapace di spenderlo, incapace di sognare, incapace di volare, incapace di trasformare il grigiore dei palazzi in un intimo paradiso
Even today I didn't tell you that I love you, Caught up in the worries of the day, in licking life to understand its hypocrisies and falsehoods, I forgot to tell you that I love you. Or rather, in the silence of the day and in the nothingness of its moments, I didn't find among its shadows and the empty words of the world, the right moment to speak to your heart, to tell you how much binds us, to confess what stops time to create an instant, a minute of our true lives. I didn't want to desecrate the words I had to say to you, I didn't want to sell off the treasure you give me, liquidate everything in the banality of everyday life, to love you by contract, or glorify you out of boredom. I didn't want to sell off for a little, what would have become the meaning of the day, hide among shopping tips and massacres of innocents, the only breath of my soul. It was too important, even if it was natural, it was too simple even if it is a daily oath made to your life for it to be my life. It is too banal to waste what it means to love you, it is childish to repeat it, it is absurd to demand it even if it is necessary to confirm it every day, to write it in the air that divides us, to dream it in our nights, to exchange it in our flesh, so that our bodies are the treasure chest, the vineyard and the sea of ​​what we feel, of the intoxication we exchange, of the emotions we sail on. Another day dies without having told you that I love you, Another day slipped away without flavor, become an anonymous day in the middle of winter, where there are no colors, the sun is sick, the wind goes crazy and the sea becomes an enemy. And yet I know, I know well, that only when I tell you that I love you, time has another flavor, my worries melt away and you dress me with the smiles of spring. Because love is a blank check that someone gives you and that you have to spend that same day because tomorrow it will no longer have the same value and no one can guarantee you that tomorrow there will be an equal one. A free check that you have to spend at that moment by writing the value that you give to the one who gave it to you. But if you write too much or too little, it is you later, who will have to pay double the amount you wrote. For this, not telling you today that I love you, is holding that check in your hand incapable of spending it, incapable of dreaming, incapable of flying, incapable of transforming the grayness of the buildings into an intimate paradise
15 notes · View notes
dinonfissatoaffetto · 9 months ago
Text
Spero di guarire da te in pochi giorni. Devo smettere di fumarti, di berti, di pensarti. Ce la posso fare, osservando i precetti della morale di turno. Mi prescrivo tempo, astinenza, solitudine.
Ti può andare bene se ti amo solo una settimana? Non è molto, né poco, è abbastanza. In una settimana si possono radunare tutte le parole d’amore che si sono pronunciate sulla terra e le si può mandare al rogo. Ti scalderò col falò del loro amore in fiamme. E anche col loro silenzio. Perché le più belle parole d’amore vivono tra due persone che non si dicono nulla.
Bisogna bruciare pure quell'altro linguaggio, laterale e sovversivo, degli amanti (tu lo sai come ti sto dicendo che ti amo quando dico: “Che caldo che fa”, “Sai guidare?”, “Si sta facendo notte”…).
Tra la gente, in mezzo alla tua gente e alla mia, ti ho detto “s’è fatto tardi”, e tu sapevi che ti stavo dicendo “ti amo”.
- Jaime Sabines
34 notes · View notes
raccontidialiantis · 1 month ago
Text
Lettere e Latino
Tumblr media
Anna frequentava l'ultimo anno del liceo classico. Era stata eletta Reginetta d'Istituto per la sua bellezza prorompente. Alta 1,75 per 55 kg di peso; forme distribuite da uno scultore, grazia assoluta nelle movenze e nel porsi con gli altri. Nessun problema con compagne, compagni o altri al mondo. Ma il prof. Sasso, suo insegnante di Lettere e Latino, le stava sulle palle da sempre: inflessibile, distante e asettico. Incorruttibile. Al punto di dare agli allievi del 'lei' durante ogni possibile forma di contatto, interrogazione od occasionale che fosse. Quell'anno fu per lei particolarmente duro, non solo per gli esami di stato, ma soprattutto perché proprio poco prima degli esami perse il padre. Tra tutti, il più comprensivo e cruciale inaspettatamente per lei fu proprio lui: il prof. Sasso.
Tumblr media
Che la prese da parte in più occasioni. Cercò di indirizzarla verso un percorso psicologico di recupero e autoanalisi, al fine di re-instradarla su un binario di minima, ritrovata serenità. Il prof. Sasso: cinquantenne, un pizzico di stempiatura e di grigio sulla testa. Bassino: 1,65 di vitalità e con regolare pancetta dell'appagamento, malgrado il molto sport ancora praticato con assiduità. Scapolo riservatissimo: pochi ed esclusivi hobby. Le parlò tra una lezione e l'altra spesso di cose alte e belle. Le consigliò alcuni testi buddisti, tra cui riteneva il più essenziale "The Buddha in daily life" di R. Causton. Non gliene parlò per farle cambiare religione, ma perché sono quelli che ti sussurrano direttamente all'anima. E poi tu metabolizzi. Qualcosa di bello e buono ti resta comunque dentro.
Tumblr media
Le indicò poi altri testi fondamentali: “Il Palpito dell'Uno” e “Nel nome dell'Uno” di Angelo Bona. Da confrontare in un secondo tempo con “Molte vite, un'anima sola” e “Molte vite, molti maestri” di Brian Weiss. E altro ancora, di questi e altri autori. Le aveva dato l'incarico, a tempo perso, di fare un parallelo tra l'approccio europeo all'argomento trasmigrazione delle anime, alto e filosofico, rispetto a quello decisamente più terapeutico e concreto, pragmatico del collega americano. Sapeva che poi degli autori suggeriti sicuramente la giovane avrebbe acquistato anche altri titoli. E che così avrebbe allargato molto i suoi orizzonti.
Tumblr media
Avrebbe imparato a guardarsi dall'alto. Invitandola a leggere, le parlò a lungo dei percorsi delle anime e le garantì che avrebbe ritrovato il suo papà, prima o poi. Lei bevve letteralmente le parole del prof. Sasso e vi si aggrappò con tutta sé stessa. Iniziò le letture e divorò i libri: era tutto come lui le aveva detto ed era ansiosa di parlargli ogni giorno. Le anime sono assetate di reminiscenza e captano al volo le oasi di pace lungo il percorso terreno, quando le trovano. Sentiva ora per il prof. Sasso un sentimento misto tra attrazione e gratitudine ed era perciò molto sorpresa. Doveva vederlo, toccarlo, parlargli, sorridergli. Voleva affascinarlo. Si recò quindi un pomeriggio a casa sua.
Tumblr media
Lui fu molto lieto della visita e gli occhi gli sorrisero, nel vederla. Era oggettivamente un esemplare di donna spettacolare, seppur molto giovane. La fece accomodare in salotto e andò in cucina a prendere qualcosa da bere; quando tornò la trovò come una fiera selvaggia: bellissima e nuda, accovacciata sul divano. Col sesso in bella evidenza! Rimase interdetto e bloccato: “signorina Anna, ma cosa fa… si rivesta immediatamente…” però non mostrava troppa convinzione. Era stupito ma ipnotizzato ed estasiato.
Tumblr media
Non poteva credere a un regalo così bello proprio per lui. Non l'avrebbe mai confessato, ma quella ragazza era stata spesso oggetto delle sue fantasie, durante i suoi privatissimi momenti di felicità solitaria. L'aveva desiderata intensamente. Fu lei a sbloccare l'impasse e gli diede del tu: “ma che dici, Sasso: sei matto? Ti sto offrendo la cosa più bella e dolce che ho, qualcosa per cui tutti i ragazzi dell'Istituto farebbero la fila e tu mi dici di rivestirmi? Ti dico io cosa farai: ora ti inginocchierai subito, me la mangerai finché vorrò e poi forse ti regalerò qualcos'altro che gradirai moltissimo…” 
Tumblr media
Il prof. Sasso come un automa si inginocchiò e non poté fare a meno di obbedire, da studente modello, alla neo-professoressa. Promossa sul campo per meriti erotici. Ella godette dell'uomo e del suo scrupoloso leccarle la passera, ma forse ebbe maggior piacere per il potere che finalmente aveva su di lui. Comunque, dopo una mezz'ora si alzò e lo trascinò in camera da letto. Si fece montare come lei preferiva: a pecorina. Lo fece godere, godere e godere: voleva sinceramente ricambiarlo delle cure avute per la sua anima. Lo rese esausto ma felice. Lo accolse anche nel suo stupendo culo e lui una volta entrato lì dentro, in quel piccolo antro delle delizie, pensò sinceramente di aver così toccato il paradiso. Anche perché mentre la inculava teneva le mani a coppa su quei piccoli seni morbidi e perfetti.
Tumblr media
La sorreggeva delicatamente. Subito a seguire, mentre la baciava e scopava in modo più tradizionale, di quelle mammelle acerbe ne avrebbe assaggiato il dolce sapore e annusato l'odore meraviglioso, cose che gli si sarebbero conficcate nell'anima per la vita. Il giorno dopo tutto tornò uguale a prima. Anna finalmente, grazie al prof. Sasso aveva ritrovato un po' di pace e speranza nel domani. L'uomo di converso aveva capito, dopo averlo soltanto studiato e quasi al tramonto del proprio percorso esistenziale, cosa vuol dire veramente innamorarsi. Provava la sensazione frizzante di sentire il cuore che impazzisce dalla voglia di dirle continuamente che lei era la cosa più bella mai capitatagli. E tramite messaggi ringraziava la sua giovane insegnante.
Tumblr media
Era lacerato dentro, dalle esigenze del suo cuore, dalla sua brama di possederla nuovamente e dalla paura che qualcosa potesse incrinare la sua rispettabile, integerrima facciata di serio professore mostrata pubblicamente. Quindi, le chiedeva ogni volta di non contattarlo più: non sta bene, la differenza d'età, il decoro, la reputazione, l'etica. Lei se lo rigirava con sapienti capriole di parole e infine concludeva invariabilmente con: "a che ora ci vediamo stasera per… l'ultima volta? Me la vorrai concedere, no?"
Tumblr media
E il gioco del "rimorso che fa a tira-la-corda col desiderio" ricominciava uguale il giorno dopo. Ma era il secondo a vincere. Sempre. E la storia andò avanti. Non avrebbero più smesso, fino a che lei non si trasferì in un'altra città per l'università. Però anche Anna sentiva dentro il profondo bisogno del Prof. Sasso e quando tornava a casa, la prima persona che andava a trovare era sempre lui.
Tumblr media
Quei due si amavano veramente. Scherzavano di continuo, come sedicenni. Due anime probabilmente legate da secoli, peregrinano nello spazio e nel tempo. Cercandosi inconsciamente. E perciò quando si ritrovano nella contemporaneità di un periodo non si lasciano più. A dispetto di convenzioni, età anagrafica e ostacoli vari che si frappongano sul cammino dell'amore.
Tumblr media
RDA
33 notes · View notes
ross-nekochan · 6 months ago
Text
Oggi il mio direttore mi ha scritto su Teams se il mio onboarding sta andando bene e se ho problemi. Avrei voluto sfilargli tutta la corona di lamentele: mi stanno insegnando tutto troppo lentamente, sembra che disturbo e rompo le palle alla mia tutor ogni volta che le chiedo qualcosa perché pare sembra indaffaratissima e io stessa ho paura di disturbare, etc etc... ma a che pro? Quindi via con il "va tutto bene grazie". Alla fine è solo una settimana che sono qua quindi pretendere che mi sia insegnato tutto forse è pure pretenzioso.
Poi oggi ho dovuto rispondere alla prima telefonata perché la mia tutor ha (giustamente) detto che se non le prendo mai, mai imparerò. Il povero cliente ogni volta che gli chiedevo di ripetere, mi parlava sempre più lento, scandendo bene le parole ma io gli volevo dire:"amo io il tuo giapponese lo capisco benissimo, è che proprio non so di cosa tu stia parlando e cosa ti devo rispondere"... però vabbè alla fine con qualche risata di troppo, è andata.
Qua sta facendo un caldo assolutamente inumano in questi giorni e un altro diritto che vedo tolto ai lavoratori è il diritto di non andare in ufficio quando devi uscire di casa alle 7 e fanno già 32°C. Sto sistema ci vuole proprio morti.
21 notes · View notes
sayitaliano · 2 months ago
Note
Ciao sono nata in Italia ma il mio italiano fa comunque schifo è incomprensibile. Vorrei migliorare il mio lessico la scrittura e quando parlo ho problemi.
Come posso migliorare? Dovrei avere un tutor?
Ciao!
Da quello che hai scritto non mi sembra che tu abbia grossi problemi, anzi. Vivi sempre in Italia, giusto? Lo sai che noi stessi siamo i primi a non parlare correttamente la nostra lingua, a metterci dentro errori e via dicendo...
Quello che posso suggerirti è di provare a lavorare sulla punteggiatura quando scrivi, e anche quando parli: non ti ho ascoltata e non ti conosco, per cui non so se sia questo il problema, ma non preoccuparti se devi prenderti delle pause per pensare prima di esprimerti. Abbiamo preso la brutta abitudine di fare tutto di corsa, sembra che non abbiamo mai tempo per nulla, invece ne siamo pieni e finiamo anche con l'avanzarlo... Quindi davvero, non preoccuparti.
Per migliorare il lessico (ma anche il tuo parlato/scritto) leggi (dai giornali, ai libri, alle riviste, alle poesie... lo so a scuola ce ne fanno leggere molte, ma ce ne sono di più belle: cerca anche quelle straniere tradotte, prova a capirne le sfumature e cerca di capire se tu avresti usato parole differenti); se non ti piace leggere, guarda serie tv o film anche storici, o documentari (non tutti sono noiosi... prova con argomenti che sono di tuo interesse, anche video su youtube vanno bene). Se trovi parole complesse o sconosciute, cercane il significato sul dizionario e usale in un paio di frasi. Studia la grammatica anche se è noiosissima: diventa curiosa sul perché qualcuno abbia usato quelle parole, quella punteggiatura, quel tempo verbale invece che un altro. Trova gli errori dei giornalisti, per esempio: non per qualcosa, ma per ricordarti di ciò che sai tu. Da quello che ho capito con questo blog, a scuola non ci insegnano molte cose in maniera diretta, ma solo in maniera indiretta: le apprendiamo con la pratica, vivendo, interagendo con gli altri e aprendoci ai nostri errori, che, come detto, ci stanno. Italians are imperfect beings! :P. Ah, vale anche aprire il dizionario a caso e leggere le definizioni di un paio di parole ogni tanto, e provare ad usarle sia in alcune frasi di prova che mentre parli. La decisione finale è la tua, ma non credo che tu abbia bisogno di un tutor: credo che tu possa ancora concederti del tempo, no? Prova a scrivere un diario giornaliero, anche poche parole su quello che hai fatto o inventando storie di poche righe, magari appunto usando parole nuove. Tra un mese dimmi come va, se è cambiato qualcosa oppure no. E poi decidi. :)
Continua a provare ad esprimerti, non chiuderti. Non convincerti di non essere capace di fare qualcosa: questo è il blocco più grande che ci possa essere. Sei tu che ti controlli, e se ti convinci di qualcosa, sarà difficile non seguire quella tua convinzione inconsciamente. Le tue paure e insicurezze prenderanno il sopravvento e ti bloccherai, trovando solo conferme sulle tue incapacità. In poche parole, se ti convinci di non essere abbastanza brava a comunicare o di essere incomprensibile (specialmente se per qualsiasi motivo qualcuno te lo ha detto e tu hai iniziato a crederci), finirai davvero per esserlo perché l'ansia di voler comunicare al meglio ma non sapere come farlo (in realtà lo sai, ma magari hai smesso di fidarti di te), ti saboterà fino a farti balbettare o avere dubbi su qualsiasi cosa. Tante volte le persone si chiudono nelle loro paure, e nel chiudersi ci chiudono fuori a nostra volta. Non sempre hanno ragione però. Non aver paura di essere te stessa, di prenderti del tempo, di parlare a modo tuo con le tue sfumature. Chi vuole aspettarti ti aspetta comunque. Gli altri, lasciali andare. E datti tempo anche tu. ...Forse mi sono lasciata prendere dal momento qui, ti chiedo scusa se ho detto qualcosa che non dovevo o che non c'entra con la tua situazione. Ma succede che ciò che non va sul piano emotivo si rifletta sul piano comunicativo. Siamo esseri complessi...
In bocca al lupo!
11 notes · View notes
jadarnr · 2 months ago
Text
Tumblr media
TRINITY BLOOD
RAGE AGAINST THE MOONS
(Storia: Sunao Yoshida // Illustrazioni: Thores Shibamoto)
Vol.1 From the Empire
FLIGHT NIGHT - Capitolo 3
Traduzione italiana di jadarnr dai volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il suo prezioso contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
Tumblr media
“È ferita?”
Gli occhi di Jessica fissavano il vuoto senza espressione. “S—sono… sono tutti morti. Tutti…” balbettò. Crollò sul pavimento, stringendo le braccia attorno a sè.
Erano riusciti a correre via lontano dal ponte, ma non riusciva a fare a meno di guardarsi intorno nervosamente. Le sembrava che quel mostro fosse ancora con lei, ne sentiva ancora il sudiciume addosso.
Abel poteva quasi a vedere i pensieri che le passavano per la testa. Cercò di calmarla e portarla a concentrarsi su quello che avrebbero dovuto fare ora.
“Non ci seguirà. Persino un vampiro avrá bisogno di tempo per guarire da ferite del genere. Quello che il Duca ha detto é vero?”
“Sì, ha detto che avrebbe fatto schiantare la nave su Roma” singhiozzò “E il signor Dickins ha cercato di fermarlo, ma… e poi il capitano…” le sue parole si spezzarono a mezz’aria.
“Va tutto bene… Ora cerchi di calmarsi.”
Abel mise un braccio attorno alle spalle di Jessica scosse dai tremiti ed alzò lo sguardo verso il soffitto come se cercasse aiuto da Dio. Che incubo. Il computer di bordo era compromesso, c’era un vampiro terrorista a piede libero ed il ponte di comando era inservibile. Se i passeggeri lo fossero venuti a sapere, si sarebbe scatenato il panico.
“Padre, cosa dovremmo fare?” Chiese Jessica.
“Dobbiamo fermarlo.”
Ma come? Si domandò Jessica. Tutto l’equipaggio era morto ed il computer era stato sabotato. Non avevano possibilità di salvezza.
“Ho visto il progetto di questa nave. Ha un ponte inferiore, giusto? Si trova nell’hangar dove ci sono i tutti dispositivi di comunicazione. Possiamo controllarla da lì.”
“Impossibile” disse la ragazza, chiedendosi come avesse fatto il prete a mettere le mani sui disegni di progettazione della nave. “La Tristan ha inserito l’auto pilota al momento. Disabilitarlo manualmente è estremamente complicato, ci sono innumerevoli livelli di sicurezza. Dovremmo poterli sbloccare. Ed è tutto controllato dal computer.”
I computer erano una delle reliquie più misteriose lasciate indietro dopo l’Armageddon. Solo specialisti chiamati ‘programmatori’ erano in grado di decifrare l’enorme volume di codici e dare una logica a tutti quegli uno e zero. Non sapeva cosa il vampiro potesse avere fatto al sistema, ma un neofita ci avrebbe messo anni a capirlo.
“Ho un’idea. Potremmo disconnettere i controlli del computer e pilotare la nave dal ponte inferiore”
Lei esitò: “Tecnicamente… potremmo farlo. Ma non abbiamo un timoniere”.
Sia il timoniere che il comandante erano morti. Anche il navigatore era stato assassinato. Come mai avrebbero potuto pilotare la nave e farla atterrare?
“Il timoniere é proprio qui, davanti ai miei occhi”
Jessica sussultò: “Cosa?” Si allontanò da lui, con un’espressione come se fosse stata colta sulla scena di un crimine.
“Impossibile! Assolutamente impossibile! Non sono in grado”
“Ma prima stasera ha detto—“ iniziò Abel ma lei lo interruppe.
“Teoria e pratica sono due cose completamente diverse! Io sono solo una hostess…”
“Allora la situazione si complica…”
Gli occhi del prete si spostarono improvvisamente verso il corridoio. Si sentivano dei passi avvicinarsi lentamente.
“Oh no! Non può essere…”
“Non é lui, i passi sono troppo leggeri” disse Abel.
Il ragazzino con il palloncino rosso apparve timidamente da dietro l’angolo. Sembrava essersi perso. Quando vide Jessica corse verso di lei, scoppiando in lacrime.
“Piccolo, vieni qui. Ti sei perso?” Disse Jessica abbracciandolo ed asciugandogli le lacrime.
Il bambino annuì energicamente. Era spaventato anche lui, perché tremava tutto.
“Non ti avevo detto di tornare dalla tua mamma?” Gli chiese
“La mia mamma non è qui”
“Come?”
Il ragazzino tirò su col naso e continuò “La mamma sta lavorando a Roma. Il papà ed io stiamo andando a trovarla.”
Il bimbo sorrise, probabilmente pensando a quando avrebbe rivisto la sua mamma a Roma l’indomani.
Jessica si morse il labbro. Questo bambino non vedrá più la sua mamma. Probabilmente morirà. E non solo lui. Tutti gli altri passeggeri, compresa lei, sarebbero morti, e la nave che la sua stessa madre aveva contribuito a costruire sarebbe stata distrutta.
“Padre?” Sussurrò.
“Sì Jessica?”
Abel sorrise riconoscendo la luce nello sguardo di Jessica. La disperazione e lo shock avevano lasciato il posto ad una forte determinazione— ora era pronta.
“Mi può aiutare? Per prima cosa dobbiamo riportare questo bambino dal suo papà”
“E poi?”
Si strinse nelle spalle “E poi faremo ciò che si deve fare”.
“Sì, lo faremo insieme. Mi piace questa determinazione degli esseri uman—“ Abel si interruppe a metá frase e scosse la testa.
Tumblr media
La trasmissione radio che arrivò alle 01.40 di mattina era forte e chiara, nonostante il suo significato fosse assurdo: Il Vaticano deve liberare tutti i vampiri prigionieri entro un’ora o distruggeremo Roma.
“Abbiamo ricevuto delle informazioni preliminari dal Dipartimento dell’Inquisizione!” Gridò un assistente.
“Il Duca di Meinz, Alfredo, vampiro— ricercato per sessantasette omicidi e furto di sangue. Come diavolo ha fatto quel pazzo omicida a salire sulla Tristan? Come ha fatto a superare la sicurezza in aeroporto?”
Era una follia. Al Castello di Sant’Angelo, il Salone dell’Angelo Messaggero, anche conosciuto come la war room del Vaticano, era in fermento—persone urlavano e volavano scartoffie da tutte le parti. Tutti quelli che contavano erano lì presenti: il Sacerdote Capo della Sicurezza Papale, il Ministro dei Trasporti e perfino la sorella del Papa, Ministro degli Affari Esteri. Erano stati tutti buttati giú dal loro letto, ma nessuno di loro mostrava segni di stanchezza.
Il ragazzo magrolino a capotavola, d’altro canto, sembrava sul punto di addormentarsi.
“Vostra Santità, siete ancora sveglio?”
Il giovane, Alessandro XVIII, trecentonovantanovesimo Papa, la bocca spalancata in un enorme sbadiglio, alzò lo sguardo sorpreso verso la bellissima donna in piedi accanto a lui, vestita con l’abito rosso da Cardinale.
“Scusa sorella mia, devo essermi assopito” disse imbarazzato.
“Non serve che tu stia alzato per questo, Alex. Possiamo occuparcene noi.” Disse la Duchessa di Milano, Ministro degli Affari Esteri Cardinale Caterina Sforza, guardando Alex calorosamente da dietro il suo monocolo. “Dovresti essere a riposare ora”.
Lui sbattè le palpebre rapidamente “Sto bene. Cosa sta succedendo?”
“Qualcosa di brutto”. La sua espressione calma minimizzò la gravitá della faccenda.
La situazione all’interno della nave era ancora poco chiara, e non c’era nulla che il Vaticano potesse fare a quel punto. “Nella peggiore delle ipotesi dovremo accontentare le loro richieste” disse Caterina.
“S—se gli ostaggi sono in pericolo, non c’è altro che possiamo fare, giusto?”. Balbettò il giovane Papa.
Annuendo seriamente, Alessandro tamburelló sulla superficie del tavolo. “Sì, rilasceremo i prigionieri.” Dichiarò.
Una profonda voce baritonale si alzò per obiettare: “Non possiamo farlo Sua Santità” tuonò la voce.
“Fratello maggiore?”
“Cardinale Medici” Caterina fece un cenno con il capo, salutando l’uomo che aveva parlato.
I fratelli si scambiarono un’occhiata gelida.
Il Segretario della Dottrina Papale Vaticana Francesco de’ Medici era un uomo grande e minaccioso. Il suo corpo era più adatto alla guerra che al clero. Si tolse il suo copricapo e si inchinò rigidamente al Papa, senza mostrare traccia di emozione. “Sono tornato dalla mia visita alla Base Aerea di Assisi”.
“Q—quando siete arrivato, fratello? Pensavo che saresti stato via fino alla p—prossima settimana” balbettò il ragazzo.
“Sono appena arrivato. Ed ho appreso dell’incidente sulla Tristan. Ebbene Caterina?” Chiese il Cardinale Medici.
La bellezza bionda si irrigidì al suo tono di rimprovero.
“Dovresti dare consigli migliori al Papa che dirgli di accontentare le richieste di terroristi vampiri. Così diventerá un debole ai loro occhi— un pupazzo che possono prendere in ostaggio ogni volta che lo vorranno. Dovresti vergognarti!” Abbaiò.
“Fratell… mi scuso, volevo dire Cardinale Medici” si rivolse al suo fratellastro “Cosa dovremmo fare? La Tristan viene da Albion, ed è piena di civili di Albion. La deadline per la firma del trattato di pace col Regno di Albion è la prossima settimana. Non possiamo permetterci che il minimo problema ostacoli i negoziati di pace. Le questioni riguardanti Albion devono essere trattate con delicatezza” spiegó. Il suo volto rimase sereno, ma i suoi occhi non mostravano la minima traccia di calore.
“Il Vaticano non negozierà con i terroristi. Specialmente terroristi vampiri!” si scherní il Cardinale Medici “Vostra Santitá, non dobbiamo sottometterci alle loro richieste. Bisogna impedire che entrino nello spazio aereo del Vaticano.”
“Obbediranno ai nostri ordini?” Si chiese il Papa. Nella sala calò il silenzio ed il giovane ed inesperto Papa sentì gli occhi di tutti su di lui. Deglutí faticosamente “Se fossero stati il tipo di persona che obbediscono agli ordini non avrebbero nemmeno dirottato la nave, giusto? Scusate, sono proprio inutile.”
“Sì, probabilmente sarebbe uno spreco di tempo” confermò Caterina.
“Allora cosa possiamo fare?” Chiese timidamente il Papa.
“Gli daremo un ultimatum. Se invaderanno il nostro spazio aereo, li abbatteremo. È molto semplice.” Disse il Cardinale Medici. Le sue parole si abbatterono sulla sala come una tonnellata di mattoni.
Caterinà protestò urlando “Sei forse fuori di testa, Cardinale Medici?! Ho appena detto che la Tristan é una nave di Albion!”
“Beate sumpto qui muribundum in Dominum. Beati coloro che muoiono nel nome del Signore. Stiamo parlando della gloria di Dio e della dignitá umana. Non possiamo dare ascolto a quelle empie voci!” Rispose Francesco, battendo con forza lo scettro da Cardinale sul pavimento come se fosse una spada, con un impeto degno di un rappresentante di Dio in terra.
“Il Vaticano è la più alta autoritá terrena ed il potere più forte dell’umanitá. Una tale istituzione sacra ed inviolabile non può piegarsi a nessuna minaccia! Non è questa un’opportunità perfetta per dimostrare a questi abomini che non esiste la parola ‘negoziazione’? Facciamo vedere a quei parassiti che non sanno qual’é il loro posto in terra quale sará il loro destino!”
“Beati coloro che muoiono nel nome del Signore!” ripetè con voce fervente uno dei sacerdoti in piedi accanto a Francesco. Un coro di voci eccitate si alzò da varie parti del Salone in risposta a quelle parole.
“Noi siamo il Vaticano—l’autoritá esecutrice della volontà di Dio in terra!”
“Non possiamo tirarci indietro!”
Caterina guardó ognuno degli uomini presenti in sala, ma vide solo bestie assetate di sangue.
Il suo fratellastro maggiore era un uomo molto carismatico, ma abusava troppo spesso della sua autoritá all’interno del Vaticano. I tempi sono cambiati. Il popolo non tollererá altra violenza inutile. Le persone non sono più un gregge di pecore senza opinioni. Il filo dei pensieri di Caterina fu interrotto da uno dei Diaconi.
“Cardinale, signora, abbiamo un’informazione urgente” disse il Diacono precipitosamente. Porse velocemente a Caterina una lista di nomi.
“È la lista dei passeggeri della Tristan? Ottimo lavoro”
Il cuore di Caterina sprofondò quando vide quanto lunga era la lista di nomi. Ognuno di loro era un fratello o una sorella, una madre o un padre, un figlio. Ed erano tutti in grave pericolo.
Ma quando si accorse di un nome in particolare, il suo atteggiamento cambiò istantaneamente. “Non può essere… Ne avete la certezza?”
“Sissignora. È stato confermato da tre fonti differenti” disse il Diacono avvicinandosi alla donna “È un’informazione certa. C’è un Crusnik sulla Tristan. L’abominio infernale era di ritorno al Vaticano dopo aver arrestato Padre Scott”.
“Faccia attenzione a come parla, Diacono. L’ ‘abominio infernale’ è uno dei miei più leali agenti. Convochi subito tutti gli agenti della AX. Chi di loro può essere immediatamente disponibile?
Il Diacono si inchinò: “Le porgo le mie scuse, Cardinale. La Iron Maiden e Gunslinger sono pronti a partire. Possono essere in contatto con la Tristan in quattro ore.
“Loro due potranno essere di supporto al Crusnik e mettere al sicuro la Tristan. Ci sarà dello spargimento di sangue…” si interruppe, prendendo un profondo respiro “Saranno accettabili vittime finchè rimarranno sotto al cinquanta percento dei passeggeri. Un numero più alto rovinerebbe le nostre possibilità di pace con Albion.”
Caterina si guardò intorno. Il Salone continuava ad essere in frenetica attività. Il Cardinale Medici abbaiava ordini. Sembrava un pazzo che riusciva a malapena a controllarsi. Nel frattempo il povero Alec sembrava completamente sopraffatto. Avere il suo piú fidato agente della AX a bordo della Tristan era stato certamente un dono del Signore.
Allora forse Roma era ancora tra le grazie del Signore. E così lo era anche lei.
9 notes · View notes